1 -
L'ANNUNCIO DEL
DILUVIO
uando Dio vide che le genti del clan di
Seth
trasgredivano il suo
comando, che non vi fossero rapporti o alleanze con le genti
della razza del malvagio Cáin,
decise di mandare il diluvio [dílinn] per spazzare
via il genere umano. Soltanto
Nóe, figlio di Laimíach,
trovò grazia agli occhi di Dio.
Un profeta e messaggero divino si accostò così al patriarca e gli disse: “Costruisci un'arca in
legno leggero, perché arriverà un diluvio e sommergerà ogni cosa vivente, a
causa del grave omicidio che Cáin, figlio di Ádam,
compì ai danni di suo fratello
Abél.
E nessun uomo del seme di Ádam sfuggirà a quella catastrofe, a parte te, tua moglie, i tuoi tre figli e le
tue tre figlie, perché non vi siete accompagnati al clan
di Cáin. Infatti, come tu hai preso per moglie tua sorella, le tue figlie
hanno sposato i tuoi figli”.
Nóe
aveva infatti per moglie Cobba, che era
sua sorella. E i suoi tre figli, Sem,
Cham
e
Iafeth, avevano sposato le loro tre sorelle
Olla, Oliva e Olívana (o, come dicono altri,
Cata Rechta,
Cata Flavia
e
Cata Chasta).
|
2
- LA STIRPE DI BITH
a
sebbene le Sacre Scritture ne ignorino l'esistenza, Nóe
aveva anche un
quarto figlio, Bith.
Saputo dell'arrivo del diluvio, costui si avvicinò al padre: “E io cosa
farò?” gli chiese.
— Io non lo so — rispose Nóe: — Per la gravità dei
tuoi peccati, non mi è permesso farti salire sull'arca.
Poco dopo, il patriarca fu avvicinato dal suo parente Fintán
mac Bochra. Non è ben chiaro se costui fosse stato figlio o
soltanto nipote di Laimíach;
Bochra era infatti il nome di sua madre.
— E io cosa farò? — chiese
Fintán a Nóe.
— Io non
sono il tuo custode — gli rispose Nóe. — E non
sfiderò il potere divino conducendoti con me sull'arca.
Giunse Ladra,
figlio di Bith. — E io cosa farò? — chiese a
Nóe.
— Non lo so — rispose il patriarca. — Ma non mi è permesso trasportarti sull'arca.
Per ultima giunse Cessair,
figlia di Bith; nonché figlia adottiva
di Saball mac Manúaill.
— E io cosa farò? — chiese a
Nóe.
— Non lo so — rispose ancora una volta Nóe.
— L'arca non è una nave di ladri, e non è un covo di malfattori. |
3
- ORIGINE DELL'IDOLATRIA
llora Bith, Ladra
e Fintán si
riunirono a consulto e si dissero l'uno all'altro: —
Che cosa faremo? Che decisioni prenderemo? È ormai certo che
verrà il diluvio sulla terra, e noi, come potremo essere
pronti?
— Facile! — intervenne Cessair.
— Datemi la vostra obbedienza e sottomettetevi a me. Se lo
farete, io vi darò un ottimo consiglio.
— Te la daremo! — promisero i tre uomini.
— Allora prendete voi stessi un idolo — disse lei. — Adoratelo
e allontanatevi dal Dio di Nóe.
Le genti di Cessair
costruirono un idolo e cominciarono ad adorarlo. E
questa fu la prima volta nel mondo che qualcuno
abbandonava la fede in Dio per rivolgersi a false
divinità. A un certo punto l'idolo prese la
parola e disse alla tribù di Bith:
— Imbarcatevi e mettetevi in viaggio sul mare. — Ma loro non
sapevano, né lo sapeva l'idolo, quando il diluvio sarebbe
venuto.
|
4
-
IL VIAGGIO PER ÉRIU
i
comune accordo, i compagni di Cessair
obbedirono al consiglio dell'idolo e costruirono tre navi.
— Fuggite ai confini occidentali del mondo — consigliò loro Nóe.
— Può darsi che laggiù il diluvio non vi raggiunga.
Bisognava infatti trovare un luogo dove nessuno fosse mai
giunto fino ad allora, dove non fosse mai stato commesso alcun delitto, né alcun
peccato, un posto libero dai rettili e da tutti i mostri del mondo. Solo un
simile luogo, riteneva Cessair,
avrebbe potuto offrire loro scampo e salvezza dal diluvio. I druidi da lei
consultati le confermarono che soltanto la lontana isola di Ériu, ai confini
occidentali del mondo, rispondeva a tali requisiti.
Di martedì, il
quindicesimo del mese, le genti di Cessair
partirono dalle isole di Meroén, sul fiume Níl, e giunsero in Éigipt.
Per sette, forse dieci anni, le navi di Cessair costeggiarono l'Éigipt. Poi la
flottiglia si mise nuovamente in viaggio, e
Ladra
era il loro pilota. Navigarono attraverso il Muir Caisp [Mar Caspio] per venti giorni, e
altri dodici ne impiegarono per raggiungere il Muir Cimirda [Mar Cimmero], nel
gelido settentrione. Un giorno
rimasero in Aissia Bic [Asia Minore], poi entrarono nel Muir Torrian [Mar
Tirreno]. Una navigazione di venti giorni prima di vedere Slíab nElpa [il monte
Alpi], e dopo altri nove giorni raggiunsero Espáin
[Ispania]. A quel punto, entrati nell'oceano, nove giorni di navigazione furono
loro necessari per coprire il tragitto da Espáin a Ériu.
Ma quando si avvicinarono alla dirupata costa del Múmu occidentale, due navi
naufragarono durante l'approdo. La rimanente prese terra a Dún na mBárc, nel
Corco Duibne. Era sabato, il quinto del mese, dell'anno 2242 dopo la Creazione del Mondo [2956 a.C.].
E mancavano soltanto quaranta giorni al diluvio.
|
5 -
SPARTIZIONE DELLE DONNE
|
Lo sbarco di Cessair (✍
1992) |
Jim Fitzpatrick (1952-), illustrazione. |
bordo
della nave vi erano tre uomini e ben cinquanta donne. Gli uomini erano:
Bith mac Nóe,
Fintán mac Bochra e
Ladra mac Betha. Tra le fanciulle vi era Cessair,
capo della spedizione, oltre a
Barrḟinn, moglie di Bith, e
Balba, moglie di
Ladra.
I
Muintir Cessrach,
le «genti di Cessair», furono i primi esseri umani a toccare il suolo di Ériu.
Alcuni dicono che con loro vi fosse anche un bambino, Bath
mac Betha, che però annegò nel pozzo di Dún na mBárc il giorno stesso
dello sbarco, da cui l'antico, enigmatico detto «parte Bith, non Bath».
I tre vennero con le loro donne a Miledach, il cui nome era a quel tempo Bun
Súainme, alla confluenza dei fiumi Siúr, Eór e Berba. E qui, nel luogo chiamato
Cumar na Trí nUisce, «confluenza delle tre acque», i tre uomini si divisero le
cinquanta fanciulle.
Fintán scelse
Cessair, e con lei gli toccarono
Lot,
Luam, Máil,
Marr, Froechar,
Femar, Faíble,
Foroll,
Ciper,
Torrian, Tamall,
Tam,
Abba, Alla,
Raichne e Sille, diciassette donne in tutto.
Bith prese con sé sua moglie
Barrḟinn, e con lui andarono Sella,
Della, Duib,
Addeós, Fotra,
Traige, Nera,
Buana, Tamall,
Tanna, Nathra,
Leos, Fodarg,
Dos, Clos,
Las, diciassette donne in
tutto. Ladra prese con sé sua moglie
Balba, e con lui
andarono Bona,
Albor, Aíl,
Gothiam, German,
Aithne, Inde, Rodarg,
Rinne,
Iachor, Aín,
Irrand, Espa, Sine e
Samoll, sedici donne in tutto.
|
6
- I PRIMI A MORIRE IN TERRA DI ÉRIU
contento
e irritato per l'ineguale spartizione,
Ladra partì con le sue sedici ragazze,
e morì per abusi sessuali (sebbene altri
dicano per essere stato penetrato da un remo nel didietro). Il luogo dove fu
seppellito prese nome Árd Ladrann.
Le sedici donne di Ladra ritornarono
indietro. Cessair mandò a chiamare suo
padre Bith, il quale arrivò nel luogo dove
si trovava la figlia con Fintán.
I due uomini decisero di dividersi equamente le ragazze.
Bith, dalla testa riccioluta, si recò al nord con le sue donne e fu il secondo a morire.
Con grande fatica, le donne lo seppellirono
sotto un carn, un tumulo di pietre, presso la montagna che da lui prese
il nome di Slíab Betha.
Dopo la morte di Bith, le sue ragazze tornarono a Cumar na Trí nUisce per porsi
sotto l'autorità dell'unico uomo rimasto. Ma come
Fintán si trovò dinanzi tutte
quelle donne, scappò via. Abbandonò Bun Súainme, varcò lo Siúr e giunse a Slíab Cúa.
Passò oltre, sempre diretto ad ovest, finché giunse alla cima di Cenn Febrat. A
questo punto, piegò a nord, raggiunse lo Sínnan e, dopo averlo guadato, lo
costeggiò, tenendo il fiume sulla sinistra, finché giunse nel Duthaig Arad. Una collina sorgeva presso il Loch
Dergdeirc, e Fintán vi si
arrampicò fino in cima e si nascose in una caverna.
Cessair lo inseguì insieme alle compagne
e il suo cuore, già duramente provato per la morte del fratello e del padre, e
ora anche per la fuga del marito, le si spezzò al centro del petto. Il luogo dove
ella morì prese
prese nome Cúl Cessrach, nel Connacht, e il tumulo sotto cui fu seppellita si
chiamò Carn Cessrach.
Mancavano soltanto sette giorni al diluvio.
|
|
Fintán (✍ 1994) |
Giacinto Gaudenzi (1952-), I tarocchi dei Celti. |
7 - FINTÁN NELLA «COLLINA
DELL'ONDA»
intán
era ancora nascosto nella sua caverna quando si scatenò il
diluvio. Le acque straripanti sommersero Ériu, spazzando
via tutte le donne, e l'onda
salì mugghiando verso la vetta.
Fintán
era ormai certo che sarebbe anch'egli perito nel
cataclisma, ma Dio, pietoso, chiuse l'imboccatura
della grotta in cui egli si trovava. Così
quando l'immane onda sommerse la
collina, Fintán
si trovava ormai al sicuro dentro la caverna.
Fintán
rimase per un anno intero rinchiuso nella grotta in
cima alla collina, la quale sarebbe stata
conosciuta come Tul Tuinne, la «collina
dell'onda». Non aveva nulla da
mangiare e da bere, ma Dio lo fece cadere in un
sonno lungo e profondo. Per un anno intero
Fintán
rimase addormentato nella sua arca di pietra e,
soltanto quando le acque del diluvio tornarono a defluire, si svegliò ed
uscì dalla
grotta.
Aveva ritrovato la vera fede.
|
8 - FINTÁN L'IMMORTALE
eso
immortale, Fintán trascorse i
secoli prendendo di volta in volta la forma di un salmone, di un'aquila e di un
falco, e fu testimone di tutte le successive invasioni che toccarono le sponde
di Ériu. Favorito dalla sua vita lunghissima, Fintán poté così tramandato la
memoria delle sue genti, i
Muintir Cessrach
, che altrimenti sarebbero stati dimenticati dalla storia.
Sembra che Fintán mac Bóchra
vivesse ancora nel settimo anno del regno dell'árd ríg Diarmaid mac
Cerbaill (±551 d.C.), allorché fu interrogato dal poeta di corte, Amargin mac
Amlaí, che, per costringerlo a rivelargli le sue memorie, digiunò per tre giorni
e tre notti innanzi a lui e alla presenza degli uomini e delle donne di Temáir.
Da questi racconti sarebbero nate le Dinnṡenchas.
Così cantò Fintán: — In Ériu, qualunque cosa mi domandiate, io so la risposta.
Conosco tutto ciò che vi accadde dal principio del melodioso mondo.
Cessair venne da est, la donna era
figlia di Bith, con le sue cinquanta
fanciulle, e tre soli uomini. Le acque del diluvio coprirono Bith in Slíab Betha,
non è un segreto; Ladra in Árd Ladrann,
Cessair in Cúl Cessrach. Ma in quanto a
me, mi seppellì Dio stesso, in alto, sopra i miei compagni. In Tul Tuinne,
Egli mi fece scampare al diluvio. Un anno rimasi sotto le acque nella
possente collina; non avevo niente per nutrirmi, meglio mi fu un sonno senza
risveglio.
E dopo aver tramandato le memorie di tutti i popoli che, nei secoli dopo il
diluvio, avevano invaso Ériu,
Fintán concluse, fiero:
— Una lunga vita mi fu data in sorte, non lo nasconderò, dal Re del cielo coperto
di nuvole. Io sono Fintán il
bianco, il figlio di Bóchra, e dopo il diluvio qui sono
nobile e grande tra i più saggi.
Secondo un'altra tradizione, Fintán
sarebbe morto intorno al III sec. d.C., allorché, in forma di salmone, fu
catturato e messo in graticola da Finn mac Cumaill,
il futuro capo dei Fíanna. Allora Finn era
solo un ragazzo, ma, scottandosi nel cuocere il salmone, portò il
dito alla bocca ed ebbe di colpo l'antica sapienza di
Fintán.
|
9 - I QUATTRO
CHE SOPRAVVISSERO AL DILUVIO
he Fintán
sia o meno sopravvissuto al diluvio è questione
controversa, in quanto le Sacre Scritture affermano a chiare lettere che nessun
uomo, tranne gli otto che si trovavano sull'arca, scampò al cataclisma. A
salvarsi, furono
soltanto Nóe, sua moglie, i suoi tre figli e le mogli dei tre figli. Nessun
altro, stando al vero Canone, poté sopravvivere.
Tuttavia alcuni antiquari affermano che Dio
permise a quattro uomini di sfuggire al diluvio, e ciascuno si trovava a uno dei
quattro angoli della Terra. Essi erano:
Fintán
ad ovest,
Ferón
a nord,
Fors
ad est,
Andóid
a sud. La questione è tuttavia fortemente
dibattuta perché, come si è detto, questa tradizione è contraria alle Scritture.
Come giustamente ha ricordato un antico poeta:
Il nome dei quattro assolti dalla giustizia,
che Dio salvò dal diluvio,
Fintán,
Ferón e Fors retto e mite,
e Andóid mac Ethóir.
Fors nelle terre dell'est, l'oriente gli fu dato;
Ferón dal freddo del nord cercò di proteggersi;
Fintán
dolcemente al limite occidentale;
E Andóid nel meridione della Terra.
Questo registrano gli amanti
di cose antiche
ma il vero Canone non menziona che
Nóe, nell'arca insieme ai suoi figli,
e le loro mogli, che ottennero la salvezza della
vita. |
|
Fonti
1 |
Lebor gabála Érenn
R1 [I: 8-10];
R2 [I: 13-20 | III: 9];
R3
[I: 8 | III: 4, 8]
Lebor gabála Érenn
> Poema I: «Slúag nád chlóe cúa-chel»
Lebor gabála Érenn
> Poema V: «Athair cáich, Coimsid Nime» [38-39,
43-45]
Lebor gabála Érenn
> Poema VIII: «Dia hAine docuas inti»
Cfr. Bǝrēʾšîṯ [VI-VIII] |
2 |
Lebor gabála Érenn
R2 [III: 3, 7, 9-10];
R3 [III: 7, 9-10]
|
3 |
Lebor gabála Érenn
R2 [III: 11];
R3 [III: 11-12]
Seathrún
Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 3]
|
4 |
Lebor gabála Érenn
R1 [III: 4-7];
R2 [III: 1, 5-7];
R3 [III: 14-17]
Lebor gabála Érenn
> Poema XXXIII:
«Cessair, can as táinic sí»
Lebor gabála Érenn
> Poema XXIV:
«Cetracha tráth don túr tind...»
Míchél
Ó Cléirigh [Michael
O'Clery]: Annála
Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2242]
|
5 |
Lebor gabála Érenn
R1 [III: 9];
R2 [III: 8, 13-14];
R3 [III: 13, 17-18, 20, 25]
Lebor gabála Érenn
> Poema XXIV:
«Cetracha tráth don túr tind...»
Lebor gabála Érenn
> Poema XXV:
«Cáin raind do raindsemar etrond...»
Seathrún
Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 3]
|
6 |
Lebor gabála Érenn
R1 [III: 7];
R2 [III: 7, 15-16];
R3 [III: 17, 19, 21-22]
Lebor gabála Érenn
> Poema XXI:
«hÉriu cia ḟiarfaiġther dim...»
Lebor gabála Érenn
> Poema XXIV:
«Cetracha tráth don túr tind...»
Míchél
Ó Cléirigh [Michael
O'Clery]: Annála
Ríoghdhachta Éireann [A.M. 2242]
Seathrún
Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 3]
|
7 |
Lebor gabála Érenn
> Poema XXI:
«hÉriu cia ḟiarfaiġther dim...»
Seathrún
Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 4]
|
8 |
Lebor gabála Érenn
> Poema XXI:
«hÉriu cia ḟiarfaiġther dim...»
Seathrún
Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 4]
|
9 |
Seathrún
Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 4]
|
|
|
I - LE GENTI DI
CESSAIR: UN
RACCONTO ACCESSORIO AL CICLO DELLE INVASIONI?
Nel ciclo delle invasioni di
Ériu, l'episodio dei
Muintir Cessrach, o «genti di Cessair», sembra non trovare buona accoglienza,
ragion per cui anche nei migliori libri di mitologia celtica
viene spesso ignorato, o rimosso. Questo è strano, perché il
racconto è presente nella più autorevole delle compilazione
mitologiche irlandesi, il
Lebor Gabála Érenn,
compilato tra l'XI e il XII secolo, che utilizza come fonte
una serie di poemi (tra i principali, il XXIII,
«Cessair, can as táinic sí»,
e XXIV:
«Cetracha tráth don túr tind...»).
Altri testi, tuttavia, avviano il ciclo degli invasioni con i
Muintir
Partholóin, ignorando i
Muintir Cessrach. Nello
Scéal Tuáin maic Carill,
ad esempio, si
afferma soltanto:
Cóic
gabala ém ol se ro gabad hÉriu
íar nilind ⁊
nís ragbad íar nilind coro chateá di bliadain .xii.
ar .xxx. Is iar sein ro gab Partholon
mac Sera... |
Cinque volte Ériu fu conquistata dopo il diluvio, e non fu conquistata dopo il
diluvio finché non furono trascorsi dodici anni e trecento. Fu allora che
Partholón mac
Sera occupò [Ériu]... |
Scéal Tuáin maic Cairill |
Questa
divergenza nei testi antichi fa pensare che in epoca
medievale, allorché le antiche storie tradizionali venivano
messe per iscritto, vi dovesse essere una polemica riguardo la
possibilità di un'invasione antidiluviana di Ériu, polemica nei riguardi della
quale l'ignoto compilatore della
Scéal Tuáin maic Carill,
appellandosi all'autorità dell'immortale testimone di tutte le
invasioni irlandesi, prende posizione negando che prima del
diluvio qualcuno sia giunto in Irlanda.
In effetti, se una simile
tradizione fosse effettivamente esistita, è
evidente che l'autore del testo, compilato
in ambiente monastico, abbia avvertito la
contraddizione con quanto raccontato nelle
Scritture. Se la Bibbia afferma categoricamente che
nessuno, tranne
Nōḥ e coloro
che si trovavano con lui a bordo dell'arca,
scampò al diluvio, come poter ammettere che Fintán invece sia sopravvissuto al cataclisma nella
lontana Irlanda? Ma accordandosi alle Scritture, e
supponendo che anche Fintán fosse
perito nei flutti del diluvio, si poneva un nuovo dilemma:
come era stata tramandata la memoria dell'arrivo in Ériu
delle genti di Cessair? L'unica risposta possibile
era che non vi fosse stata alcuna invasione in
Irlanda prima del diluvio e che la storia di Cessair fosse soltanto un'elaborata menzogna,
ragione per cui il compilatore dello
Scéal Tuáin maic Caril deve
aver deciso di ignorare l'intera tradizione.
Mezzo millennio più
tardi, tuttavia, la tradizione dell'arrivo di Cessair in
Ériu era ancora ben conosciuta, tant'è vero che
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating] la riassume nei suoi
Foras feasa ar Éirinn. Ma dopo aver narrato la storia di Cessair, compresa
la scena di Fintán che scampa
al diluvio nella sua collina, Céitinn si sente tuttavia in
dovere di esternare le sue perplessità, le medesime dei suoi
predecessori. Egli scrive:
Bíoḋ a ḟios agat, a léaġṫóir, naċ mor stáir ḟírinniġ ċuirim an
gaḃáil seo síos, ná aon ġaḃáil d'ár luaiḋeamar go ró so; aċt do ḃríġ go ḃfuaras
scríoḃṫa i sein-leaḃraiḃ iad. Agus fós ní ṫuigim cionnus fuaradar na seanċaḋa
sceula na ndrong adeirid do ṫeaċt i n-Éirinn ria n-dílinn, aċt munab iad na
deaṁain aerḋa do ḃíoḋ 'na leannánaiḃ síḋe aca re linn a mbeiṫ págánta tug dóiḃ
iad: nó munab i leacaiḃ cloċ fuairsiod scríoḃṫa iad iar dtráġaḋ na dílinne,
dámaḋ fíor an sceul; óir ní ionráiḋ gurab é an Fionntain úd do ḃaoi rés an
dílinn do ṁairfeaḋ d'á héis, do ḃríġ go ḃfuil an Scrioptúir 'na aġaiḋ, mar a
n-abair naċ deaċaiḋ do'n droing daonna gan báṫaḋ, aċt oċtar na háirce aṁáin,
agus is follus ná'r ḋíoḃ sin éisean. |
Capisci bene, o lettore, che ho raccontato la storia di
questa invasione – o delle altre di cui ho trattato prima di questa – non perché
la ritenga autentica, ma solo perché l'ho trovata scritta negli antichi libri.
Non capisco come gli antichi autori abbiano potuto ottenere notizie di popoli
che, per loro stessa asserzione, sarebbero giunti in Ériu prima del diluvio, a
meno che non gliele abbiano fornite i demoni dell'aria, o non siano stati
informati dalle leanán síde, loro amanti nei tempi pagani, o che
non abbiano trovato iscrizioni incise sulle pietre emerse dopo il diluvio,
sempre che la storia sia veritiera. Ma non mi si venga a dire che quel Fintán,
che viveva prima del diluvio, sia poi sopravvissuto, perché le Scritture dicono
il contrario, laddove affermano che nessun essere umano ebbe altra sorte se non
l'annegamento, tranne le otto persone che si trovavano sull'arca, ed è evidente
che Fintán non era tra questi. |
Seathrún Céitinn:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 4] |
Notando
la presenza di alcuni antichi scritti dove si dichiarava che
nessuno fosse sopravvissuto al diluvio, Céitinn riflette anche
sul fatto che tale racconto sia sconosciuto fuori
dall'Irlanda:
Is tuigṫe as sin naċ ceudfaiḋ ċoitċeann do na seanċaḋaiḃ uile
aon díoḃ so do ṁarṫain d'éis dílinne: giḋeaḋ, dá n-abraḋ aon tseanċaiḋe, mar
ċaoṁna ar ċlaonaḋ an ċreidiṁ, gur báiṫeaḋ Fionntain fear mar ċáċ fó'n dílinn,
agus gur haiṫḃeoḋuiġeaḋ é le Dia, d'á éis sin, do ċaoṁna agus do ċoiméad
imṫeaċta na sean, go n-a sceulaiḃ, go haimsir Ṗádraic, agus iar sin go haimsir
Ḟinnéin Maiġe Bile; ní ṫuigim cionnus buḋ féidir a ċoiṁ-iongantaċ so do níḋ do
ceilt ar feaḋ na hEorpa, agus a ṁionca, re linn Ḟinnéin, agus ó sin i leiṫ, do
ċuadar dronga dearsgnuiġṫe do ḋiaḋairiḃ agus d'ḟeallsaṁnaiḃ, agus mórán do
ḋaoiniḃ eolċa eagnuiḋe eile a hÉirinn fo ċríoċaiḃ oirrḋearca Eorpa do ṁúnaḋ
cléire agus coiṁtonól, agus do ṫeagasg scol gcoitċeann: agus a ráḋ naċ biaḋ ar a
lorg deisciobal éigin le' ḃfúigfiḋe laoiḋ nó litir i n-a mbiaḋ luaḋ nó iomraḋ ar
Ḟionntain, agus a ṁionca do scríoḃadar neiṫe eile atá re n-a ḃfaicsin indiu;
agus fós naċ faicim iomraḋ air i bpríṁleaḃraiḃ barántaṁla; agus saolim, d'á réir
sin, naċ fuil aċt finnsceul filiḋeaċta i san stáir d'ḟaisnéiḋfeaḋ Fionntain do
ṁarṫain ria ndílinn, agus 'na diaiḋ. |
Da qui si capisce che
non sia opinione prevalente tra gli
antiquari che qualcun altro sia
sopravvissuto al diluvio. Ma se
anche i nostri
storici avessero detto, in salvaguardia della
fede, che Fintán fosse annegato nel diluvio come tutti gli
altri uomini, e fosse stato poi riportato in vita da Dio, affinché
potesse trasmettere le memorie della sua gente fino
all'epoca di Pátraic, e poi fino al tempo di Finnian di
Mág Bíle, ebbene, in questo caso non
capisco come sia stato possibile nascondere una cosa tanto sorprendente
a tutta l'Europa! Sia all'epoca di Finnian che in seguito, molte compagnie di
religiosi e filosofi, accompagnati da eruditi e sapienti, si mossero
da Ériu e si recarono nei principali paesi europei per istruire il
clero e le loro congreghe, e per insegnare nelle pubbliche scuole. Possibile che
non ci siano stati, con loro, dei discepoli, ai quali avrebbero potuto affidare
un poema, o una lettera, con qualche riferimento a Fintán o un
racconto su di lui? Considerato il vasto numero di scritti che
essi hanno lasciato su ogni altro
argomento, e che ancora oggi possono essere esaminati, non ho
mai letto tra le loro opere alcun riferimento a Fintán. Ritengo pertanto una mera finzione poetica
il racconto di Fintán, vissuto prima del diluvio e sopravvissuto
ad esso. |
Seathrún Céitinn:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 4] |
Céitinn
raggiunge dunque la conclusione che il racconto di Fintán fosse
finzione poetica e non avesse alcun valore storico, al contrario
degli altri racconti sulle invasioni d'Irlanda, che per
Céitinn erano memorie di avvenimenti reali. Vi sono tuttavia
molti elementi per ritenere che la storia di Cessair e Fintán non solo
fosse antichissima, ma in origine facesse parte
integrante del ciclo delle invasioni, da cui ne
sarebbe stata espulsa semplicemente per la sua
incompatibilità col mito biblico.
Delle ragioni per cui l'episodio
delle genti di Cessair
è un elemento importante nell'economia del
ciclo delle invasioni, abbiamo già parlato
nei saggi generali relativi al ciclo stesso ①. Secondo
R.A. Stewart Macalister, il racconto di Cessair è
addirittura il residuo di una perduta cosmogonia: esso
avrebbe tuttavia fatto parte di un testo originariamente
separato, che lo studioso chiama Pericope
Antidiluvianorum, poi disposto nel
Lebor Gabála Érenn
(Macalister 1939). Eppure,
l'ipotesi di Macalister appare debole. Raffronti del
racconto di Cessair
con altri miti, tra cui
quello indiano della formazione delle caste,
mostrano una stretta analogia, segno possibile di
un'origine comune ai primordi della diaspora
indoeuropea (Rees ~ Rees 1961).
Al contrario di quel che sosteneva Macalister, il mito di Cessair e di Fintán non sembra essere un racconto accessorio al ciclo delle
invasioni: ne è forse parte integrante.
|
II
-
CESSAIR, UN MITO TOPOGONICO
Pur ignorata in alcune versioni
del ciclo delle invasioni, Cessair è ben più di un personaggio accessorio,
sebbene lo stato in cui i miti ci sono pervenuti rendono
difficile individuare la sua fisionomia originale. Gli
studiosi hanno a lungo questionato sulla sua figura. Il
Lebor Gabála Érenn presenta Cessair come la leader della prima invasione di Ériu,
avvenuta in tempi remotissimi, prima del diluvio.
Il ciclo delle invasioni, come abbiamo visto
altrove, è un mito di appropriazione del territorio
irlandese, una sorta di topogonia compiuta attraverso una
successione di eventi mitici – sbarchi, battaglie, imprese,
morti – eternati nel nome delle varie regioni, pianure, laghi, fiumi e baie in cui sono
avvenuti. Il paesaggio ibernico viene individuato e
differenziato tramite questo continuo processo di
lándnáma, ed è qui utile ricordare come le «storie
toponomastiche» o dinnṡenchas siano uno dei generi
letterari più importanti della letteratura gaelica. ①
Quando Cessair sbarca in Ériu, l'isola non ha ancora un
nome, né alcun elemento del suo territorio è stato ancora
«segnato» da una toponomastica. In un certo senso, l'isola
viene «creata» nel momento in cui i
Muintir Cessrach vi arrivano per la prima volta. Dún
na mBárc e Cumar na Trí nUisce, il luogo dello sbarco e,
quindi, la «confluenza dei tre fiumi» essi dove si stabiliscono,
sono forse i primi due nomi assegnati al paesaggio
irlandese; i luoghi delle principali sepolture, Árd Ladrann, Slíab
Betha, Cúl Cessrach e Fert Fintáin, sono i primi elementi
del territorio «identificati» da un personaggio. È l'inizio
di un processo creativo del paesaggio irlandese che
accelererà
vertiginosamente con l'arrivo dei successivi popoli invasori di Ériu.
Ci si aspetterebbe, tuttavia, che siano i
Muintir Cessrach, o addirittura la stessa Cessair, a dare un nome all'intera isola. Questo passaggio
viene è ignorato dal
Lebor Gabála Érenn. Del
resto, il
nome Cessair non è mai usato in senso toponomastico, ed
è raro anche nella letteratura mitologica (in seguito lo
porterà soltanto Cessair Cruthach, moglie di re
Úgaine Mór, nel VI o V sec. a.C.). Alcune tradizioni
parallele possono però illuminarci in proposito.
Secondo
il perduto
Lebor/Cín Droma Snechta (✍ VIII-X
sec.?), citato nel
Lebor Gabála Érenn,
Banba era il nome
della donna che giunse in Ériu prima del diluvio, ed è proprio
da lei che l'isola avrebbe preso uno dei suoi nomi poetici,
Banba. Il racconto è un evidente doppione di
quello di Cessair, e vi ricompare anche
Ladra:
Is ed isbert Lebor Droma Snechta comad Banba ainm na ced ingine fogabad Erinn
ria nilind, .i. comad uaithi nobet Banba for Eirinn. Tri cóicat ogh do dechaid ⁊
triar fer. Ladra in tres fer, is e ced marb Erenn insin: is uad ainmnigter Ard
Ladrann. Cetracha bliadan badar is an indsi: dosainic iaram galar, conerbailtar
uili an aen sechtmain. Da cet bliadan iarsin do bi Eriu can aen duine beo, con
iaram tainic dili. |
Stando a quanto afferma il Lebor Droma Snechta,
Banba fu il nome
della prima donna che trovò Ériu prima del diluvio, ed è proprio da lei che Ériu
ha preso il nome di Banba. Ella era giunta accompagnata da tre volte
cinquanta fanciulle, e tre uomini.
Ladra, uno dei tre uomini, fu il primo a
morire in Ériu, a quel tempo: da lui ha preso nome Árd Ladrann. Per quaranta
giorni costoro rimasero sull'isola; poi li colpì un'epidemia ed essi morirono
nel giro di una settimana. Dopo di che Ériu rimase per duecento anni senza una
persona vivente, poi vi fu il diluvio. |
Lebor/Cín Droma Snechta,
apud
Lebor Gabála Érenn
R1 [III: 2] |
In alcuni versi
del
Saltáir Chaisil di Cormac mac Culeannáin,
oggi perduto, citato da Seathrún Céitinn, troviamo una
versione appena differente del medesimo racconto:
Trí hinġeana Ċáin ċain,
maraon re Seṫ mac Áḋaiṁ,
adċonnairc an m-Banḃa ar dtús:
is meaṁair liom a n-iomṫús. |
Tre le fanciulle figlie di Cáin,
insieme a Seth, figlio di Ádam,
loro per prime videro
Banba,
ricordo la loro avventura. |
Saltáir Chaisil apud Seathrún Céitinn:
Foras feasa ar Éirinn
[I: , 1] |
Qui non viene fornito il nome delle tre
fanciulle, ma l'isola viene chiamata di nuovo Banba
②.
Si può presumere che questo sia stato appunto il nome di una
delle tre. Il nome
Banba ricomparirà in seguito, nel
Lebor Gabála Érenn,
in un importante mito toponomastico:
Banba, Ériu e Fódla
sono infatti le tre regine delle
Túatha Dé Danann
che dàranno i loro nomi all'Irlanda.
Le tre spose dei tre uomini dei
Muintir Cessrach, e cioè Cessair moglie di Fintán,
Barrḟinn
moglie di Bith, e
Balba
moglie di
Ladra, potrebbero
dunque riecheggiare questa triade di dee eponime
d'Irlanda. Il nome Balba è un doppione di Banba, mentre
Barrfinn, «punta lucente», sembra essere un altro
termine poetico per indicare l'Irlanda stessa.
A fungere da traît-d'union tra le tradizioni è un passo
del
Chronicon Scotorum
(metà del XII sec.) dove la prima donna a giungere in Irlanda
ha tre nomi, e questi sono: Ériu e Banba e Cessair.
Kl u. f. l. x. im.lxcix. anno mundi. |
Kal. v. f. l. 10. Anno Mundi 1599. |
In hoc anno uenit félia alicuius de
Grecis ad Hiberniam cui nomen erat Heru no Berba no Cessair et .l. filiae et iii
uiri cum ea. Ladhra gubernator eorum fuit qui primus in Hibernia tumulatus est.
Hoc non narrant antiquari Scotorum. |
Quest'anno la figlia
di uno dei Greci venne
in Hibernia;
il suo nome era Ériu
o
Banba
o
Cessair,
e cinquanta fanciulle e
tre uomini erano con
lei.
Ladra
era il loro pilota, che
fu il primo uomo ad
essere seppellito in
Hibernia. Questo, le
antiche fonti degli
Scoti non lo riportano. |
Chronicon Scotorum |
Ritroviamo qui, almeno per due terzi, la triade della regine
danann, ma il terzo nome è quello di
Cessair. Ci troviamo di fronte a una delle numerose
sostituzioni che tanto ingarbugliano i miti irlandesi?
Sembra proprio di sì, ma il testo fa più che presentare una
triade: raccoglie i tre nomi in un unico personaggio.
Mettiamo a confronto i vari rami di questa tradizione:
-
Lebor/Cín Droma Snechta.
Prima del diluvio giunge in Ériu
Banba,
con tre volte cinquanta fanciulle.
Con esse è
Ladra, il primo uomo a
morire sul suolo irlandese.
Banba dà il suo
nome all'isola.
-
Saltáir Chaisil. Prima del diluvio, giungono in Ériu
le tre figlie del malvagio
Cáin.
Con loro è
Seth figlio di Ádam.
Non viene fornito il nome delle ragazze, ma l'isola è
chiamata nel testo Banba.
-
Chronicon Scotorum.
Prima del diluvio giunge in Ériu
una compagnia di tre uomini e
cinquanta donne. La guida una donna
chiamata
Ériu [Heru],
Banba
[Berba] o
Cessair, figlia di «uno dei Greci». Con loro è
Ladra, il pilota della
nave.
-
Lebor Gabála Érenn.
Prima del diluvio giunge in Ériu
una compagnia di tre uomini e
cinquanta donne. Gli uomini sono
Fintán,
Bith e
Ladra, il pilota della
nave; le loro mogli sono
rispettivamente
Cessair, Barrḟinn e Balba.
-
Lebor Gabála Érenn.
Dopo il diluvio, nel corso
dell'ultima invasione, i Meic
Míled
dànno all'Irlanda i nomi delle tre
regine delle
Túatha
Dé Danann:
Banba,
Ériu
e Fódla.
Si tratta
di diverse versioni di un unico, antico mito, nel
quale tre donne, o un'unica donna di triplice aspetto o con
tre nomi, giunge per prima in Ériu, imponendo il proprio nome
(i propri nomi) all'isola, stabilendone il principio di
identità. I nomi più ricorrenti in questa
tradizione sono
Cessair e Banba
(Berba, Balba), a cui possiamo aggiungere l'Ériu
del
Chronicon Scotorum.
Difficile dire se si tratta di un solo personaggio o di tre
personaggi distinti: forse la questione non ha importanza,
anche considerando l'indefinitezza di certe figure divine,
ma l'idea – sottolineata dal
Chronicon Scotorum – di un
solo personaggio con tre nomi, sembra piuttosto significativa.
L'identificazione tra Ériu
e
Cessair è confermata anche da un glossatore del
Lebor Mór Lecain, che ha
scritto la formula «.i. Ere» sopra il nome di
Cessair in quasi ogni punto dove appare, nella versione
ivi contenuta del
Lebor Gabála Érenn.
E nell'Eachtra Thaidhg mheic Céin,
un testo contenuto nel Leabhar Mhic Cárthaigh Riabhaigh
(il «Libro di Lismore»), il protagonista
Tadg mac Céin viene salutato da
Cessair e Fintán, qui entrambi immortali, con le stesse
parole con cui Ériu
accoglie i Meic Míled nel
Lebor Gabála Érenn:
“La vostra venuta mi era stata profetizzata da molto tempo”.
Dopo Cessair, i successivi
invasori d'Irlanda, daranno nomi alle regioni, alle pianure,
alle montagne, ai laghi, ai fiumi, alle baie,
completando via via tutta l'orografia dell'Isola di
Smeraldo. Ma Cessair, la prima persona a mettere piede in
Irlanda, è colei che col suo arrivo «crea» l'isola. Non sono
corretti quegli studiosi che hanno visto in lei una delle
tante donne simbolo di regalità dei miti irlandesi; Cessair non è la prima regina d'Irlanda, anzi, non
è nemmeno una regina,
bensì è, in un certo senso, la stessa
Irlanda che viene «creata», acquistando una forma, una
identità, una fisionomia.
|
III - CESSAIR, UN MITO COSMOGONICO
R.A. Stewart Macalister, nel suo imponente studio sul
Lebor Gabála Érenn, ritiene che la sezione
delle invasioni pre-gaeliche di Ériu si sia originata
dall'inserzione di un documento che egli definisce Liber
Originum, inserito nel testo. A sua volta, Macalister
ritiene che quest'ultimo sia formato da due testi
originariamente indipendenti: una Pericope
Antediluvianorum, con il mito di Cessair, e un Liber Praecursorum, con la
storia delle invasioni post-diluviane. La prima parte,
stando a Macalister, è quanto rimane di un'antica cosmogonia; la
seconda parte sono variazioni di una
teogonia. In pratica, il Liber Originum del
Lebor Gabála si presenterebbe come una delle
più vaste raccolte europee di miti precristiani, nonostante
le incomprensioni dei redattori abbiano pesantemente
travisato il testo originario.
(Macalister 1939)
Il mito di Cessair, dunque, come racconto cosmogonico.
Macalister punta innanzitutto l'attenzione sul significato
dei nomi dei personaggi, che riecheggiano motivi cosmici e
primordiali (es. Bóchra
«oceano»,
Cessair «grandine», Bith
«universo, mondo, vita»). La vicenda è forse, secondo
Macalister, una versione irlandese di un mito del diluvio;
Cessair e Fintán erano forse, in origine, una coppia sul tipo
Deukalíōn e
Pýrrha. E poiché, in tema di
diluvio, gli autori del
Lebor Gabála
riconoscevano solo l'autorità del racconto biblico del
Bǝrēʾšîṯ, hanno
adattato la leggenda di
Cessair e Fintán inserendola nel contesto della vicenda
Nōḥ/Nóe,
collegando la famiglia di Bith
con quella del patriarca. Ma estrapolando i dettagli rimasti
incastonati nel racconto irlandese, si può tentare di
ricostruire un mito in cui l'arca di
Cessair e Fintán, dopo aver solcato le acque diluviali,
approda in Dún na mBárc, la «fortezza delle navi»,
luogo equivalente ai monti dell'Ărārāṭ di
Nōḥ e al monte Parnassós di
Deukalíōn. Questo luogo,
nel mito originale, non doveva trovarsi necessariamente
sulla costa; forse era tutt'uno con Tul Tuinne o con il Cumar na Trí nUisce.
(Macalister 1939)
Ragionando sull'ipotesi di Macalister, si possono
tuttavia notare altri parallelismi con i miti del diluvio.
L'immortalità ottenuta da Fintán (o dalla coppia
Cessair e Fintán, nella versione dell'Eachtra Thaidhg mheic Céin),
ricorda l'analoga apoteosi dell'eroe diluviale nei miti
della Mesopotamia: il sumerico
Ziusudra, gli accadici Atraḫasîs
e Utanapištîm. Tutti
questi eroi diluviali vanno incontro a un singolare destino:
vengono resi immortali e traslati in un paradiso
oltremondano – assai simile alle isole felici descritte
negli immrama irlandesi –, che lo
Ša nagba îmuru,
l'epopea ninivita di Gilgameš, definisce pû-nārāti,
la «confluenza dei fiumi». In quest'ordine di idee, il Cumar na Trí nUisce,
la «confluenza delle tre acque», capita troppo a proposito nel
mito cessariano per essere un dettaglio casuale. Ma d'altra
parte, il trovarsi nel punto di incontro dei fiumi cosmici è
un particolare significativo nella geografia di ʿĒḏẹn: il luogo paradisiaco dove, nel mito ebraico, viene
condotto il patriarca Ḥănôq,
anch'esso reso immortale, è luogo dove nascono i
quattro fiumi cosmici. ①
Cessair e Fintán erano forse, in un ipotetico antimito, la
coppia originaria che, sopravvissuta al diluvio, dava
origine al genere umano. L'autorità del canone biblico
dovette portare i redattori dell'ipotetico Liber Originum
a modificare irreparabilmente il racconto cessariano in modo
da minimizzare il contrasto con le «verità scritturali»,
rendendolo del tutto irriconoscibile.
|
IV - L'«INCANTEVOLE COMPAGNIA»
Abbiamo visto come, nel racconto dell'invasione di Cessair si incentrino sia motivi cosmogonici che
topogonici, per quanto le precise relazioni siano ormai
irrimediabilmente perdute e quasi impossibili da decifrare.
L'identificazione di Cessair con Ériu,
o di
Cessair, Barrḟinn e Balba
con Ériu, Fódla
e
Banba,
ci mostra che ci troviamo di fronte all'eroina eponima di
Irlanda: colei che scopre o «crea» l'isola, sbarcandovi – se
l'ipotesi di Macalister è corretta – dopo il ritiro delle
acque diluviali.
In tal caso, che senso dare alle cinquanta fanciulle che
componevano il seguito di Cessair?
I loro nomi sono riportati nel
«Cáin
raind do raindsemar etrond», poema
XXV del
Lebor Gabála Érenn, dove
Fintán le chiama, galantemente, «la nostra
incantevole compagnia». Fornire un'etimologia dei vari nomi non è
facile, e le variazioni ortografiche, nelle lezioni fornite
dai vari manoscritti, rendono l'operazione assai poco
significativa ①. Di seguito, il possibile significato di
alcuni dei nomi, secondo Gerry Tobin. Per la maggior
parte dei casi si tratta di ipotesi molto fragili, basate
sulla pura assonanza
(Tobin 2000).
Alcuni nomi rimandano ai vari
aspetti del territorio, come Rinne
«promontorio»,
Tam «terreno disboscato»
(cfr. irlandese tamnach),
Fodarg «terra
arata»,
Rodarg «terra profondamente arata»,
Foroll «regione ricca di rupi o scogliere»
(?),
Aíl «rupe, roccia» (cfr. irlandese
aill «scogliera»),
Abba «fiume» (cfr. protoceltico *abonā- «fiume»).
Sella potrebbe
forse significare «possedimento, proprietà» (cfr. irlandese seilbh);
e Clos «campo, recinto».
Nathra, forse, «[terra con] serpi» (cfr.
irlandese nathair «serpente»).
A livello cosmologico, troviamo Tamall «spazio, distanza» e
Irrand «terra, mondo».
Leos può significare «luce». I
nomi Bona e
Buana potrebbero avere il senso di «eterna» (cfr. irlandese buan
«durevole, stabile»), o forse essere le dee eponime del
fiume Bóann (angl. Boyne); analogamente,
Sinn potrebbe essere la dea
eponima del fiume Sínnan (angl. Shannon).
Alcuni nomi sembrano riferirsi alle
qualità della
ragazza, come
Froechar «selvaggia»,
Duib
«nera, bruna»,
Della «[cha ha] bell'aspetto» (cfr. irlandese deilbh
«apparenza, figura»), Femar
«oziosa», Faíble
«alacre, operosa».
Molti
nomi sembrano riferirsi a varie entità etno-geografiche.
Albor rimanda
forse ad Alba, la Scozia; Gothiam
ai Goti,
German ai Germani,
Traige alla Tracia,
Espa alla Spagna [Espáine],
Torrian ai Tirreni o Etruschi,
Aithne agli Ateniesi,
Cipir
a
Cipro,
Sille alla Sicilia (?), e forse
Inde alla lontana India. Altri sono più difficili da
interpretare,
come
Iachor che potrebbe avere a che fare con l'Icaria
o con l'Italia [Iccail],
Marr che potrebbe essere legato alla Mauritania [Muirid] o
all'Armenia [Mairmen];
Alla potrebbe riferirsi agli Alani, o all'Elvezia;
Fotra forse alla Partia o alla Persia;
Addeós all'Etiopia, o all'Egeo; e via interpretando.
I due nomi Lot e
Luam
potrebbero essere identificati congiuntamente con
Lot Luimnech, madre di
Cícal
Crigencosach, forse intesa come un'antenata del
mitico popolo dei
Fomóraig.
La lista è anche presente nella terza redazione del
Lebor Gabála Érenn,
R3 [III:
25], seppure con qualche variazione. Ad esempio,
nella compagnia di Bith, al verso [3e]
del poema, Fodarg,
Rodarg, Dos, Clos, il
Lebor Gabála
sostituisce: Fodord, Dos, Clos, Las, quindi
eliminando
Rodarg (che comunque è ripetuto
al verso [4d]) e aggiungendo
Las.
Due delle compagne di Cessair sono anche ricordate nelle dinnṡenchas
metriche: Fraechnat
(identificabile con Froechar)
fu seppellita in Slíab Fraech (Dinnṡenchas
[IV: 254]); e la guaritrice
Aba (identificabile con
Abba) si addormentò sulla
spiaggia e venne seppellita dalla marea a Tracht Eba
(Dinnṡenchas [IV: 292]):
senza dubbio, nella storia originale, una vittima del
diluvio.
Forse, in una
fase anteriore
del mito, Cessair era una sorta di Magna mater, e
queste donne le sue figlie, le mitiche antenate dei vari
popoli della terra, e qui non si può fare a meno di pensare
al «catalogo dei popoli» del
Bǝrēʾšîṯ.
|
V -
FINTÁN E LA SUA
COLLINA
Anche la figura Fintán mac Bóchra, come quella di Cessair, risulta difficilmente analizzabile, a
causa del pesante inquinamento dei testi operato dai
redattori del
Lebor Gabála Érenn
e, in misura probabilmente maggiore, dagli autori dei suoi
antigrafi.
Inoltre, la figura di Fintán si è in parte sovrapposta a quella di un
altro «testimone immortale» della mitologia irlandese, Tuán mac Cairill. Entrambi i personaggi sono gli
unici a sopravvivere alla totale distruzione del loro popolo (rispettivamente i
Muintir Cessrach e i
Muintir Partholóin); entrambi, assunte varie
forme animali, assistono alle
successive invasioni di Ériu; entrambi vengono infine
pescati e uccisi in forma di salmone. Forse non è così
importante sapere quale dei due personaggi sia derivato
dall'altro, o se entrambi a loro volta derivino da un
archetipo comune.
Rispetto a Tuán,
Fintán mostra però diversi tratti del suo antico
carattere cosmogonico. È un personaggio assai più
sfaccettato di quanto non sia Tuán, il cui mito è totalmente incentrato sul
motivo delle metamorfosi animali. Sembra dunque più
probabile che il nucleo del mito di
Fintán verta piuttosto sul racconto del diluvio,
che non sul suo ruolo di «testimone immortale». Ruolo che,
nel sua caso, è forse un adattamento letterario eseguito sul
modello di Tuán, e quindi inutile ai fini di
un'interpretazione della figura di
Fintán.
Ma, a parte le relazioni con il mito
diluviale, che abbiamo analizzato sopra, cos'altro possiamo
dire sul personaggio di Fintán?
Sappiamo che sua
madre si chiamava Bóchra,
nome da mettere in correlazione con il sostantivo irlandese
bóchna «oceano». Tale pseudoetimologia appartiene già
ai testi originali: in alcuni manoscritti del
Lebor Gabála Érenn, il nome della madre di Fintán viene appunto reso con
Bóchna. C'è stato chi ha voluto vedere in Fintán i
caratteri di un'antica divinità marina, ma
nulla nel personaggio mostra una
relazione col mare.
Piuttosto suggestiva è la vicenda della
fuga Fintán dinanzi alle cinquanta ragazze. È curioso il
fatto che egli riesca a sopravvivere proprio evitando i
contatti sessuali, laddove Ladra
muore proprio per «eccesso di donne», come probabilmente lo
stesso Bith (il poema XXIV,
«Cetracha tráth don túr tind...»,
suggerisce tale lettura). È improbabile che il motivo sia stato
inserito dai redattori del
Lebor Gabála Érenn, sebbene la vicenda è
stata sicuramente letta in termini di morale cristiana.
Ancora più interessante, però, la storia di Fintán che sopravvive al diluvio rifugiandosi in
una grotta sulla cima di Tul Tuinne, la «collina dell'onda».
Questa mito è sicuramente originale, proprio perché in
esplicito contrasto con il dettato biblico; per quanto i
redattori del
Lebor Gabála abbiano cercato di minimizzarne
il contenuto, il racconto era comunque riportato nel poema
XXI,
«hÉriu cia ḟiarfaiġther dim...»,
assai più difficile da alterare o censurare. Possiamo dunque
fidarci del suo contenuto: un antichissimo mito in cui un
personaggio dei tempi primordiali, detto «figlio
dell'oceano», sfugge al diluvio arrampicandosi in cima a una
collina.
Il mitografo islandese Snorri Sturluson
ricorda, nella sua
Prose Edda,
l'antichissimo mito germanico del gigante
Bergelmir,
già frammentario all'inizio del XIII secolo, il quale, nel
tentativo di sfuggire al diluvio di sangue
destinato ad annegare la sua razza, si arrampica in cima a
un lúðr (forse, un mulino), riuscendo così a sfuggire
al cataclisma ed a divenire il capostipite di una nuova
razza di jǫtnar
(Gylfaginning [8-9]) ①.
Il lúðr sul quale sale
Bergelmir
è stato variamente interpretato, ma si ritiene possa essere un'immagine del grande
frassino Yggdrasill, l'asse cosmico intorno a cui ruota
tutto l'universo. È troppo lungo in questa
sede enumerare l'immensa mole di lavori riguardanti
l'asse cosmico, ed i pochi versi che citano
Bergelmir
(Vafþrúðnismál
[35]) pongono più problemi di quanti in
realtà ne risolvano (De Santillana
~ Von Dechend 1969) ②.
Non è affatto certo che il mito di Fintán e quello di
Bergelmir
siano interrelati: siamo soltanto al livello di una vaga
ipotesi. In entrambi i casi si può tuttavia inferire la
presenza del mito di un passaggio tra due cicli cosmici. In questo caso
Bergelmir diventerebbe una
sorta di guardiano dell'asse cosmico, destinato a chiudere
un ciclo del tempo e ad aprire il successivo. In uno
scenario di questo genere,
Fintán
si configura come il traît-d'union tra due cicli
cosmici, colui che sopravvive al vecchio mondo per poi trasmettere agli uomini del ciclo successivo tutto il suo
sapere storico e tradizionale.
|
VI - TOPOGRAFIA IBERNICA
NELL'INVASIONE DI CESSAIR
Il tragitto compiuto dalle navi di Cessair per arrivare in Ériu ha pochissimo senso.
Il poema XXIII,
Cessair, can sa táinic sí, fa
salpare la flottiglia di Cessair da Meroë [Meroén], che è detta essere un
arcipelago (o un'isola) sul Nilo (in realtà l'antica città di Meróē o Meruwāh si trovava sulla
riva orientale del fiume, in un luogo posto nell'odierna Sudan), ma poi la fa
incomprensibilmente sostare in Egitto per dieci anni (che divengono sette in R2, mentre
R3 riporta entrambe le versioni). Dopodiché, in trentadue
giorni, la flottiglia passa dal Mar Caspio [Muir Caisp] al Mar Cimmero [Muir
Cimerda], ovvero l'Oceano Artico. In modo incomprensibile, si ritrova
poi nel giro di un giorno in Asia Minore [Aissia Bic].
In venti giorni, le navi passano dal Mar Tirreno [Muir Torrian] al monte Alpi [Slíab
nElpa], e in altri nove arrivano in Spagna [Easpáin].
Da qui, sembra ovvio che abbiano passato lo stretto di Gibilterra,
costeggiato la penisola iberica dal lato dell'Atlantico e, in nove giorni, siano
arrivate in Irlanda. Il
Lebor Gabála Érenn, che si
rifà all'autorità del poema, mantiene lo stesso percorso, sebbene con qualche
variante nella durata di alcune tappe. Il resto
del tragitto dura più o meno tre mesi lunari.
Assai più precisi, i testi, quando si tratta di collocare le
tappe della spedizione di Cessair sul suolo ibernico. Il mito irlandese, come
sappiamo, è assai attento ai dati toponomastici; e anche nel caso di questa
prima occupazione antidiluviana, le imprese e soprattutto le morti dei
protagonisti vengono fissati indelebilmente nel paesaggio di Ériu.
|
I luoghi della spedizione di Césair |
(A) Dún na mBárc. Sito dello sbaco dei
Muintir Cessrach.
(B) Cumar na Trí nUisce. Spartizione delle donne; residenza di Fintán.
(C) Árd Ladrann.
Morte e sepoltura di Ladra.
(D) Slíab Betha. Morte e sepoltura di Bith.
(E) Carn Cessrach. Morte e sepoltura di Cessair.
(F) Slíab Cúa. Tappa nella fuga di Fintán.
(G) Cenn Febrat. Tappa nella fuga di Fintán.
(H) Tul Tuinne. Fintán sopravvive al diluvio. |
Ⓐ Dún na mBárc, la «fortezza delle
navi». Il
Lebor Gabála Érenn localizza il luogo dello sbarco dei
Muintir Cessrach nel Corco Duibne, od. Corca Dhuibhne (Corkaguiney, co.
Kerry), termine che oggi indica la più settentrionale delle penisole che si protendono sulla costa
occidentale del Múmu. Ma poiché l'espressione irrus deiscirt Corco
Duibne, «promontorio meridionale di C.D.», fa pensare che
l'antica baronia comprendesse in origine anche la
prospiciente penisola di Uíbh Ráthach (Iveragh, co. Kerry),
posta immediatamente a sud, si è ipotizzato che Dún na mBárc
possa essere identificato con la baia di Baile an Sceilg
(Ballinskellings, co. Kerry) (Macalister 1939).
Sebbene il toponimo non sopravviva più in questa zona, una
località chiamata Dún na mBárc (Dunamark) è
localizzata presso Beanntraí (Bantry, co. Cork), che però è
troppo a sud rispetto al Corco Duibne. Altri autori hanno
proposto altre identificazioni come, ad es., sulla costa di
Sligeach (Sligo, co. Sligo).
Ⓑ Cumar na Trí nUisce, la
«confluenza delle tre acque», viene descritto come il luogo
dove si mescolano i fiumi Siúr, Eóir e Berba. Costoro sono
gli odierni an tSiúir, an Fheoir e an
Bhearú (Suir, Nore, Barrow), anche detti le «tre
sorelle». Il Nore e il Suir confluiscono nel Barrow a una
ventina di chilometri di distanza l'uno dall'altro, ed è
in questa zona che si trova probabilmente il territorio descritto dal
Lebor Gabála. Poco più a valle, finalmente
riunite, le acque dei tre fiumi sfociano in una baia a
sudovest dell'odierna Port Láirge
(Waterford, co. Waterford). I toponimi Miledach e Bun
Súainme si riferiscono al medesimo territorio.
Ⓒ Árd Ladrann è in genere identificata con
l'od. Ardamine (co. Wexford), poco più a nord del Cumar na Trí nUisce.
Ⓓ Slíab Betha è identificato con l'od. Slieve Beagh, al confine tra le contee di Fermanagh, Tyrone e Monaghan. Sulla cima dell'altura vi era originariamente un
carn dell'età del bronzo, oggi scomparso, ma citato anche negli
Annála Ríoghdhachta Éireann
[A.M. 2242], e considerato tomba di Bith.
Ⓔ Carn Cessrach, in Cúl
Cessrach,
è stato identificato dagli autori più antichi con l'uno o l'altro dei cairn
preistorici che tappezzano la collina di Cnoc Meadha (Knockma, co. Galway), nel
Connaught. Altri ritengono invece si tratti di un tumulo,
chiamato Knockadoobrusna, presso la cittadina di
Mainistir na Búille (Boyle, co. Roscommon)
(Macalister 1939).
Ⓕ Slíab Cúa, la prima tappa della fuga di Fintán, corrisponde alla collina di Cnoc Mhaoldomhnaigh (Knockmealdown Mountains,
794 m, sul confine tra le contee di Waterford e Tipperary). Fintán la raggiunge provenendo da Cumar na Trí nUisce,
dopo aver guadato il fiume Siúr/Suir. A questo punto egli si dirige verso ovest,
giungendo a Cenn Febrat.
Ⓖ Cenn Febrat, tappa successiva della fuga di Fintán, è la collina di Suí Finn (Seefin, 528 m, co. Limerick), nella catena delle Sliabh Riabhach (Ballyhoura Mountains), non lontano dall'od. Cill Fhíonáin (Kilfinnane, co.
Limerick). Superatala, Fintán prosegue in direzione nord fino al fiume
Sínnan, od. Sionnan (Shannon), lo guada da qualche parte tra Limerick e Killaloe, e tenendolo sulla
sinistra, arriva al Loch Deirgeirt (Lough Derg), il maggiore dei laghi
formati dal Sionnan. Qui si leva la collina di Tul Tuinne.
Ⓗ Tul Tuinne, la «collina
dell'onda», rifugio di Fintán, corrisponde all'attuale cima di Tonn
Toinne (Tountinna, 457 m, co. North Tipparary), la cima più alta degli
Sliabh an Ara (Arra Mountains), sulle
sponde del Loch Deirgeirt. Dúthaig Arad è parte dell'attuale
baronia di Uaithne agus Ara (Owney and Arra, co. North Tipperary).
Di una Fert Fintain, o «tomba di Fintan», si è persa la memoria.
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