MITI

CELTI
Irlandesi

MITI CELTICI
I NOMI DI ÉRIU
DARE UN NOME ALLA TERRA
La prima e assoluta protagonista del mito irlandese è proprio lei, Ériu, l'Isola di Smeraldo, con le sue pianure e i suoi laghi, le sue colline e i suoi fiumi. L'Irlanda, con le cinque province e il suo fiero popolo, i suoi eroi furibondi e i suoi malinconici poeti.
Scogliera a Inis Meain
Così dovettero apparire le coste di Ériu ai suoi primi visitatori.
 E voi, che nome dareste a questa terra?
1 - I MOLTI NOMI DI ÉRIU

 

riu, l'Isola di Smeraldo, ha avuto, nel corso della sua storia, un gran numero di nomi.

Il primo nome fu Inis na Fidbad, «Isola dei Boschi», e le fu dato da Adna mac Bitha, discendente di Nin mac Béil, perché, quand'egli vi giunse, trovò l'isola coperta da un solo immenso bosco, fatta eccezione per la spoglia pianura di Mág nElta. Per tre volte, invero, Ériu si coprì di boschi, e per tre volte si spogliò del tutto.

Il secondo nome fu Críoch na Fuinedach, la «Terra dei limiti remoti», perché Ériu si stagliava davanti all'oceano, agli estremi confini del mondo.

Il terzo nome fu Inis Elga, «Isola Nobile». Così Ériu venne chiamata al tempo dei Fir Bólg e durante il dominio delle Túatha Dé Dánann.

Il nome successivo fu Inis Fáil, «Isola di Fál», e furono le Túatha Dé Dánann a dare ad Ériu questo nome. Esso derivava dalla Lía Fáil, il Saxum fatale, la pietra che lanciava un grido quando la calpestava il legittimo re supremo di Ériu. Ma tale pietra non gridò più dal tempo di Conchobar mac Nessa, perché i falsi idoli del mondo vennero messi a tacere quando nacque Cristo.

Come dice il poeta:

Dalla pietra che è sotto i miei due calcagni,
è stata chiamata Inis Fáil;
tra le sponde del possente oceano,
Mag Fáil su tutta Ériu.

Ériu, Banba e Fódla furono i tre nomi che le diedero le Clanna Míled, in onore delle regine delle Túatha Dé Dánann. Si chiamavano infatti Ériu, Banba e Fódla le spose dei tre re supremi che a quel tempo si dividevano la sovranità sull'isola, regnando ciascuno, a turno, per un anno. Poiché era lo sposo di Ériu a regnare l'anno in cui giunsero le Clanna Míled, fu il nome di Ériu ad imporsi sopra gli altri due. (Altri dicono tuttavia che questo nome provenisse da Aeria, l'antico nome con cui era conosciuta l'isola oggi chiamata Creta o Candia, poiché fu in quella terra che le genti di Gaedal Glas si fermarono per qualche tempo dopo essere fuggite dall'Egitto.)

I due nomi successivi di Ériu furono Inis Ceoí e Muic Inis, cioè «Isola delle nebbie» ed «Isola dei porci». Questi nomi le diedero parimenti le Clanna Míled quando, nel loro tentativo di sbarcare in Ériu, videro un'isola nebbiosa con la forma di un dorso di porco, a causa degli incantesimi che i druidi delle Túatha Dé Dánann avevano lanciato loro nel tentativo di impedirgli l'approdo.

I greci la chiamarono Ōgygía, come testimonia Ploútarchos. E invero questo nome vuol dire insula perantiqua, l'«isola più antica», titolo assai appropriato visto che Ériu fu abitata fin dai tempi del diluvio universale.

I romani la chiamarono Hibernia, nome che nelle fonti classiche si presenta in diverse lezioni (è Ivernia in Ptolemaîos, Iverna in Solinus, Vernia in Eustáthios, Ierna in Claudianus), anche se nessuno degli antichi autori comprese mai l'origine e il significato di questo nome. Cormac mac Culennáin afferma, ma il suo etimo ha scarso fondamento, che provenisse da una radice greca dal significato di «isola occidentale». Altri dicono che l'isola ebbe tale nome in quanto i Gaeli discendevano dalle Clanna Míled, i quali erano giunto dall'Iberia.

Inis Naom, «Isola dei Santi», fu detta Ériu dopo l'arrivo di Pátraic e la sua conversione. E invero non esistette altro luogo, oltre ad Ériu, in cui la fede in Críost fosse sentita in maniera più profonda e più dolce.

Durante il medioevo fu detta Scotia, dal nome di Scota, figlia del faraone Nectonibus e antenata dei Clanna Míled, e Scoti furono parimenti detti i suoi abitanti.

Irland «terra degli Iri», dal nome di Ír, il primo delle Clanna Míled a morire ed essere sepolto in Ériu, fu la denominazione germanica che i Lochlannaig (i vichinghi) diffusero alla fine dell'VIII secolo. Con questo nome Ériu in seguito fu conosciuta dai Sasanaig (gli inglesi), che la occuparono e la tennero a lungo e duramente.

Oggi, dopo aver a lungo sofferto e lottato, e dopo aver conquistato infine la sua indipendenza, l'isola è tornata a riprendere il suo antico nome: Poblacht na hÉireann, «Repubblica d'Irlanda». Ed Ériu la chiameremo anche noi.

Fonti

1 Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [II: 1]
I - ÉRIU: LA SPLENDIDA PROTAGONISTA

Difficile dare un'etimologia al nome poetico dell'Irlanda, Ériu. È senz'altro un nome antichissimo, risalente alle origini stesse delle lingue indoeuropee se è vero, come affermano alcuni studiosi (ma in realtà senza un vero fondamento), che sia collegato al termine sanscrito Arya, all'inizio etnonimo degli invasori indoeuropei dell'Īrān e dell'India e poi, per slittamento semantico, «nobile». Se così fosse, l'Irlanda avrebbe un legame con il lontano Īrān, Airyānəm Vaejāh, con la quale avrebbe in comune l'etimologia del nome.

Dunque prima e assoluta protagonista della mitologia irlandese è proprio la stessa Isola di Smeraldo, Ériu, quell'Irlanda che è tutt'uno con l'animo fiero e tenace del suo popolo. L'isola che secoli fa San Colum Bán già cantava con accenti appassionati e che ha trovato il suo ultimo grande bardo in James Joyce. Nel racconto The Dead, che chiude la raccolta Dubliners, il protagonista Gabriel si affaccia a una finestra e di colpo la sua percezione, trasportata dalla neve che cade, si allarga a coprire l'intera Irlanda. Ma l'animo di Gabriel è stranamente turbato. Come dice il testo, con spirito profondamente celtico, «la sua anima si era già accostata a quella regione dove dimorano le vaste schiere dei morti». E l'Irlanda che si dilata nella sua mente non è soltanto quella disegnata sulle mappe geografiche, ma anche e soprattutto quella terra interiore che abbraccia insieme mente e cuore, realtà e aldilà.

Yes, the newspapers were right: snow was general all over Ireland. It was falling on every part of the dark central plain, on the treeless hills, falling softly upon the Bog of Allen and, farther westward, softly falling into the dark mutinous Shannon waves. It was falling, too, upon every part of the lonely churchyard on the hill where Michael Furey lay buried. It lay thickly drifted on the crooked crosses and headstones, on the spears of the little gate, on the barren thorns. His soul swooned slowly as he heard the snow falling faintly through the universe and faintly falling, like the descent of their last end, upon all the living and the dead.

Sì, il giornale aveva ragione, c'era neve in tutta l'Irlanda. Cadeva dovunque sulla scura pianura centrale, sulle colline senza alberi, cadeva dolcemente sulla pianura di Alle e, più a occidente, cadeva dolcemente nelle scure onde ribelli dello Shannon. Cadeva anche dovunque nel cimitero isolato sulla collina dove Michael Furey era sepolto. Si posava in grossi mucchi sulle croci storte e sulle lapidi, sulle lance del cancelletto, sugli sterili pini. La sua anima si abbandonò lentamente mentre udiva la neve cadere lieve nell'universo e lieve cadere, come la discesa della sua ultima fine, su tutti i vivi e i morti.

James Joyce: Dubliners > The Dead

II - DARE UN NOME ALLA TERRA: LA TRADIZIONE DEI DINNṠENCHAS

Il nome della terra ha sempre avuto una grande importanza per i suoi abitanti, in quanto porta in sé tutto il peso mitico delle tradizioni e della cultura di chi vi abita. L'anglo-singalese Ananda K. Coomaraswamy definiva Land-namá, con termine tratto dalle saghe vichinghe, l'operazione del dare un nome a una nuova terra, perché era attraverso i nomi che un popolo definiva il triplice legame tra sé stessi, la terra in cui si era venuti ad abitare e le proprie tradizioni (Coomaraswamy 1935). Dando un nome alla terra, questa finiva con l'appartenere profondamente al popolo che la abitava. Come notava Joseph Campbell, ogni popolo che viene ad abitare una terra si affretta subito a legare i luoghi della nuova regione al proprio mondo mitico e tradizionale. La nuova terra e tutte le sue creature vengono assimilate dal popolo immigrato al proprio patrimonio originale di miti, vengono collegate agli archetipi (spirituali, psicologici e sociologici) del sistema mitico che il popolo si porta dietro e dentro (Campbell 1959).

Nel caso dell'Irlanda, l'importanza dei nomi del territorio sembra elevata al quadrato. Non si è lontani dalla verità affermando che quasi non esiste, nell'immensa raccolta di storie tradizionali irlandesi, un solo mito che non sia a suo modo toponomastico. In tutta l'antica Ériu non vi era una località che non fosse legata in qualche modo a un personaggio o un evento mitico. È per questo che, nella nostra raccolta di storie irlandesi, vedremo spesso i personaggi lasciare il proprio nome a una collina, un lago, un tumulo, un fiume, un guado, una fiera, una città. Sono ricordati alla perfezione i luoghi dove i personaggi sbarcarono, combatterono, si amarono, morirono, vennero sepolti. Vengono persino indicati i «letti della coppia», i luoghi dove mitici amanti si diedero convegno. Se pensiamo che nella loro disperata fuga d'amore, Diarmaid e Gráinne dormirono ogni notte, per un anno, in un luogo diverso, si avrà un'idea di quanti «letti della coppia» esistano sul suolo di Ériu!

Il paesaggio ibernico viene insomma individuato e differenziato tramite questo continuo processo di identificazione con eventi e personaggi mitici, tanto che non è forse sbagliato parlare, in mancanza di un vero e proprio mito cosmogonico irlandese, di una sorta di «topogonia» dove il territorio viene «creato» successivamente ogni volta che un mito toponomastico ne segna l'esistenza con un nome appropriato. Non è inutile notare come, nei miti di creazione, le cose vengano portate all'esistenza nel momento in cui sono evocate con un nome.

I dinnṡenchas, le «storie toponomastiche», dove cioè si narrava come e perché quel determinato posto avesse ricevuto il suo nome, erano un vero e proprio genere letterario nella tradizione sapienziale dell'Irlanda celtica. Insomma, i miti irlandesi sono inestricabilmente legati al territorio irlandese, molto più di quanto non avvenga in altri corpora mitologici. La lettura degli antichi racconti irlandesi risulta davvero completa solo qualora si seguino gli spostamenti dei personaggi sulla carta geografica!

Bibliografia

  • AGRATI Gabriella ~ MAGINI Maria Letizia: Saghe e racconti dell'antica Irlanda, vol. I. Mondadori, Milano 1993.
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  • CAMPBELL Joseph. The Masks of God: Primitive Mythology. Viking Press, New York 1959. Penguin Group, New York 1969. → ID. Le maschere di Dio: Mitologia primitiva. Mondadori, Milano 1990.
  • COOMARASWAMY Ananda K. The Ṛgveda as Land-náma-bok. Luzac and Company, Londra 1935.
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  • GREEN Miranda Jane: Dictionary of Celtic Myth and Legend. Londra 1992. → ID. Dizionario di mitologia celtica. 1999.
  • MacCULLOCH John A.: The Religion of Ancient Celts. Edimburgo 1911. → ID. La religione degli antichi Celti. Vicenza 1998.
  • ROLLESTON T.W.: Myths and Legends of the Celtic Race. 1911. → ID. I miti celtici. Milano 1994.
  • SQUIRE Charles: Mythology of Celtic People. 1912. → ID. Miti e leggende dell'antico popolo celtico. Mondadori, Milano, 1999.
BIBLIOGRAFIA
Intersezione Aree: Holger Danske
Sezione Miti: Asteríōn
Area Celtica: Óengus Óc
Ricerche e testi di Dario Giansanti e Oliviero Canetti.
Ha collaborato: Mara Ricci.
Creazione pagina: 22.04.2004
Ultima modifica: 30.04.2016
 
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