|
Nani al lavoro
(✍ 1871) |
W.J. Wiegand (Goddard 1871) |
I - DVERGAR, I NANIGli stadi più antichi della
tradizione germanica riguardante i nani ci sono sconosciuti. Il loro nome è
attestato come dweorg (dweorh) in antico inglese, twerg in
antico alto tedesco, dvergr in norreno, tutti derivati da un archetipo
antico-germanico ricostruito come *dwergaz.
Quest'ultimo termine manca di un'etimologia sicura. Alcuni
studiosi lo fanno derivare da un proto-indoeuropeo *DʰEUR
«danno»; altri dalla radice *DʰREUGʰ- «ingannare» (cfr.
norreno draugr, «spettro»; nonché tedesco Traum e inglese dream
«sogno»). Un'interessante teoria fa derivare il termine dalla radice
proto-indoeuropea *DʰWER- «porta». In tal caso, il termine
germanico per «nani» significherebbe forse «portinai».
Secondo altri studiosi, *dwergaz andrebbe inteso nel
senso di «esseri demoniaci», in relazione con il sanscrito dhvarās,
termine indicante una sorta di dèmoni femminili. Altri ancora interpretano la
parola come «ridotto, rattrappito», relazionandola con l'antico persiano drwa-
«minuscolo» (nel senso anche di «deforme»), o con il lettone drugti
«ridursi». (Isnardi 1991)
Non è difficile dare una rappresentazione del popolo dei
nani. Fiabe popolari, come ad esempio quella di Biancaneve, hanno conservato il
loro carattere di avidi e industriosi signori del sottosuolo. I romanzi di
J.R.R. Tolkien ne hanno nobilitato l'immagine e li hanno privati del loro
carattere soprannaturale, ma ne hanno restituito una descrizione
fedele. Più difficile è cercare di capire chi o cosa fossero
esattamente i dvergar nel mito nordico, ed è quanto faremo in questo capitolo. |
II -
CREAZIONE DEI NANI DALLA TERRA La
Vǫluspá descrive la creazione dei nani in
due strofe alquanto problematiche:
Þá gengu regin ǫll
á rǫkstóla,
ginnheilǫg goð,
ok gættusk of þat
hvárt skyldi dverga
dróttir skepja
ór Brimis blóði
ok ór Bláins leggjum. |
Andarono allora gli dèi tutti
ai troni del giudizio,
divinità santissime
e su questo deliberarono
chi dovesse dei dvergar
le schiere foggiare
dal sangue di Brimir
e dagli ossi di Bláinn. |
Þar vas Móðsognir
mæztr af orðinn
dverga allra,
en Durinn annarr;
þeir manlíkun
mǫrg of gerðu
dverga í jǫrðu,
sem Durinn sagði. |
Là
Móðsognir era
il più eccellente
fra tutti i dvergar
e Durinn era secondo.
Là, d'aspetto umano,
molti furono fatti,
dvergar dalla terra;
come Durinn diceva. |
Ljóða Edda
> Vǫluspá [9-10] |
Nella prima strofa,
Vǫluspá [9], i
nomi Brimir e Bláinn sembrano essere epiteti di
Ymir. Il primo nome viene forse da brim «onda», mentre bláin
vuol dire «scuro», con riferimento al profondo azzurro del cielo e del mare
(cfr. blá- «blu»), e mare e cielo, come sappiamo, furono formati dal
sangue e dal cranio del macroantropo Ymir.
La strofa si chiude in una doppia kenning in quanto «sangue di
Brimir» è metafora per indicare il
mare, e «ossa di Bláinn» per
indicare la terra e le pietre. Le rocce che compongono la terra e le acque che
formano il mare sono le carni e il sangue del macroantropo primordiale e, come i
vermi si formano nelle carcasse in decomposizione, i dvergar nacquero da queste
carni di fango e roccia.
La seconda strofa,
Vǫluspá [10],
è ancora più ardua. Afferma che i dvergar furono plasmati «dalla terra» [ór
jǫrðu] (redazione R) o «nella terra» [í jǫrðu] (redazione H),
ma non viene detto da chi. La seconda parte della strofa è impersonale e gli
studiosi si sono sentiti autorizzati ad avanzare molte ingegnose interpretazioni
nel tentativo di dare alla frase un complemento d'agente. Parte dell'enigma è
forse insito nei nomi di
Móðsognir e Durinn, che
sembrano essere i primi due dvergar creati. Ma mentre
Durinn lo ritroveremo nei
cataloghi dei nani, di Móðsognir
non vi è più alcuna traccia in letteratura. Alcuni studiosi ritengono che
fossero proprio loro i due demiurghi responsabili della creazione dei nani
(Meli 2008).
Passi come questi sarebbero rimasti in larga parte enigmatici, se lo scrittore
islandese Snorri Sturluson (1178-1241), nel suo manuale di tecnica scaldica, la
Prose Edda,
non ci avesse fornito dettagliate spiegazioni dei poemi mitologici. Egli esegue
una parafrasi di questo passo, aggiungendo alcuni interessanti dettagli:
Þar næst settust goðin
upp í sæti sín ok réttu dóma sína ok minntust, hvaðan dvergar hǫfðu kviknat í
moldinni ok niðri í jǫrðunni, svá sem maðkar í holdi. Dvergarnir hǫfðu skipazt
fyrst ok tekit kviknun í holdi Ymis ok váru þá maðkar, en af atkvæðum goðanna
urðu þeir vitandi manvits ok hǫfðu manns líki ok búa þó í jǫrðu ok í steinum. |
Poi gli dèi s'insediarono
sui loro troni, si riunirono in giudizio e ricordarono in che modo i dvergar avessero preso vita nel fango e sotto la terra, come i vermi nella carne. I
dvergar furono creati per primi e presero vita nella carne di
Ymir, dove erano come vermi, tuttavia per
decisione degli dèi ricevettero la conoscenza del sapere umano e l'aspetto degli
uomini, e abitarono nella terra e nelle rocce. |
Snorri Sturluson:
Prose Edda
> Gylfaginning
[14] |
L'origine dei dvergar è legata al fango, che altri non è che una
mistura di terra inumidita dall'acqua, e dunque ritorniamo al «sangue di
Brimir» e alle «ossa di
Bláinn» di cui sopra. A questa
origine fa riferimento il nome di una regione da cui alcuni dei dvergar sarebbero
venuti: Aurvangar «campi di umida
argilla», sito in Jǫruvellir «pianure
sabbiose» (Vǫluspá [14]).
La nascita dei dvergar, nel racconto di Snorri, è un evento
spontaneo, simile a quello dei vermi che si generano – come allora si riteneva –
dalle carni in disfacimento. Ma l'immenso corpo di
Ymir si era ormai tramutato in roccia. I
dvergar stanno dunque alla pietra come i vermi alla carne. Solo in seguito, dopo
che ebbero acquistato aspetto umano e furono divenuti intelligenti come gli
uomini, dice Snorri, essi andarono ad abitare «nella terra e fra le pietre» [í
jǫrðu ok í steinum].
Snorri è chiaro anche su un altro punto: furono gli dèi a
dare aspetto umano e intelligenza a queste creature spuntate dal fango. Questo
dettaglio spiega gli ultimi due versi della strofa della
Vǫluspá [10]. Da qui la nostra traduzione «là d'aspetto umano,
molti furono fatti, nani, dalla terra» [þeir manlíkun | mǫrg of gerðu |
dverga í jǫrðu], sottinteso «dagli dèi» quale complemento d'agente. È invece
sicuramente da scartare l'ipotesi di quanti ritengono che siano i dvergar stessi il
soggetto della frase. Ad esempio Sophus Bugge interpreta: «Questi nani fecero
molti fantocci nella terra» a cui gli dèi avrebbero poi infuso il soffio vitale
(Bugge 1881 | Polia 1883). La spiegazione di Snorri
a nostro avviso chiude la questione.
|
III - RUOLO COSMOLOGICO DEI NANI
Costretti nei recessi sotterranei, i dvergar si presentano più come creature elementali. Nella letteratura a noi pervenuta, non hanno un netto ruolo
cosmologico, tranne in una singolare eccezione. Snorri afferma che, nel creare
il mondo, Óðinn e i suoi fratelli
utilizzarono il cranio del gigante Ymir per
farne la volta del cielo:
Tóku þeir ok haus hans ok
gerðu þar af himin ok settu hann upp yfir jǫrðina með fjórum skautum, ok undir
hvert horn settu þeir dverg. Þeir heita svá: Austri, Vestri, Norðri, Suðri. |
Presero anche il suo cranio,
ne fecero il cielo e lo posero sopra la terra con quattro angoli, e sotto
ciascun angolo posero un dvergr. I dvergar si chiamano così:
Austri,
Vestri,
Norðri,
Suðri. |
Snorri Sturluson:
Prose Edda
> Gylfaginning
[8] |
Questi nomi sono i termini norreni per i quattro punti cardinali: est, ovest,
nord, sud. Può sembrare curioso che la cosmologia norrena imponga a dei nani – e
non a dei giganti – il ruolo di sostenere il cielo, quasi fossero degli Atlanti
boreali. Che in una fase anteriore del mito germanico, i dvergar potessero
avere ruoli «cosmici», diversi da quelli in seguito attribuiti loro, può esserci
suggerito da alcuni dei loro nomi, le cui etimologie ci consegnano significati
poco in linea con il carattere sotterraneo e litico di queste creature.
È il caso ad esempio dei nani Nýi
e Níði, citati nel «catalogo»
della
Vǫluspá, appena prima di
Austri,
Vestri,
Norðri,
Suðri. Allitterati nella formula
Nýi ok Níði, i due nomi significano «luna piena e luna nuova», come
leggiamo nel
Vafþrúðnismál:
Ný ok Nið
skópo nýt regin
ǫldom at ártali. |
Luna piena e Luna nuova
crearono gli dèi propizi
per segnare agli uomini il tempo. |
Ljóða Edda
>
Vafþrúðnismál [25] |
|
IV - LE DIMORE DEI NANI
Quando gli Æsir decisero di imprigionare
Fenrir, non trovavano catene abbastanza
robuste che il lupo non riuscisse a infrangere. Allora
Óðinn decise di rivolgersi ai dvergar.
Á sendi Allfǫðr þann er
Skírnir er nefndr, sendimaðr Freys, ofan í Svartálfaheim til dverga nǫkkurra ok
lét gera fjǫtur þann er Gleipnir heitir. |
Allfǫðr mandò il messaggero di
Freyr, che si chiama
Skírnir, giù nello
Svartálfaheimr, presso certi
dvergar dai quali fecero forgiare il laccio che si chiama
Gleipnir. |
Snorri Sturluson:
Prose Edda
> Gylfaginning
[34] |
Il laccio consegnato dai dvergar era sottile come il nastro di una fanciulla,
ma, forgiato con infinita sapienza e arte magica, era più resistente di
qualunque altro materiale. Una volta legato con esso, il lupo non riuscì più a
liberarsi e rimase incatenato fino alla fine del mondo.
Sempre Snorri racconta che, in un'altra occasione,
Óðinn mandò
Loki nello
Svartálfaheimr, alla ricerca del
nano Andvari e dell'oro da
questi custodito (Skáldskaparmál
[47]).
I dvergar abitavano dunque in un luogo chiamato
Svartálfaheimr, «mondo degli elfi
neri». Snorri distingue due categorie di álfar: i
Ljósalfar, o «elfi chiari», che dimorano in cielo, e i
Døkkálfar, o «elfi scuri», che dimorano nel
sottosuolo (Gylfaginning [17]). Vi sono ottime ragioni
per identificare questi ultimi con i dvergar (d'altra parte alcuni nomi di nani – Alfr, Gandálfr, Vindalfr – sono composti sulla parola álfr «elfo»; e
l'unico nome di elfo tramandato dalle fonti, Dáinn, è anche nome di un nano).
Dove si trovi lo Svartálfaheimr,
Snorri lo afferma chiaramente: nell'espressione ofan í Svartálfaheim, ci
indirizza «giù», verso il basso, in una direzione ctonia. I dvergar vivevano
sottoterra.
Un'altra sede dei dvergar sembra collocarsi nelle
Níðavellir, le «valli di
Níði», dove si troverebbe una
dimora escatologica destinata ad accogliere i giusti dopo il
ragnarǫk:
Si ritiene che Sindri (dal
norreno sindr, «scintilla») sia un nano, sebbene altri studiosi lo
ritengano un gigante del fuoco. Snorri, equivocando, afferma invece che
Sindri sia il nome della dimora
aurea e che si trova sui monti Níðafjǫll
(Gylfaginning [54] | Cfr.
Vǫluspá
[66]). Si noti che la redazione T della
Prose Edda
sostituisce quest'ultimo toponimo con l'espressione fiollom nocvrvm,
«montagne della notte», fornendoci un'interessante interpretazione del nome di
Níði e riconducendoci, ancora una
volta, in un buio e tenebroso mondo infero. |
V - L'ASPETTO DEI NANI
|
Móðsognir e Durinn
(✍ 1895) |
Lorenz Frølich (1820-1908), illustrazione.
(Gjellerup 1895) |
I poemi eddici non descrivono mai l'aspetto dei dvergar: quei testi erano destinati
a essere declamati dinanzi a un pubblico che aveva già un'idea precisa di queste
creature, e non c'era quindi alcun bisogno di fornire inutili spiegazioni.
L'impressione è che, almeno in origine, i nani non fossero piccoli e bassi, come
li delineeranno le tarde concezioni folkloristiche. Quattro di essi, come
abbiamo visto, sorreggono addirittura la volta del cielo, immagine che
suggerisce una forza e una robustezza degna piuttosto dei giganti.
I dvergar tendono a confondersi con altre specie mitologiche, come i troll
e gli stessi jǫtnar. Se accettiamo la loro identificazione con i
Døkkálfar, o «elfi scuri», abbiamo ragione
di dipingerli «più neri della pece» [svartari biki]
(Gylfaginning [17]).
Un poema eddico aggiunge che alcune delle
Nornir erano «figlie di Dvalinn» [dǿtr Dvalins]
(Fáfnismál [13]), cioè, puntualizza Snorri,
appartenevano alla «stirpe dei nani» [dverga ættar], mentre altre
appartenevano alla famiglia degli Æsir
o degli Álfar (Gylfaginning [15]). Questa notizia ci
permette una volta di più di indurre interessanti considerazioni sui rapporti
tra le varie classi di esseri soprannaturali del mito nordico, che sarebbe un
errore incasellare in strutture rigide e impermeabili.
Alcuni indizi sulla fisionomia dei dvergar ci vengono fornite dalla figura di
Reginn.
Conosciamo bene questo personaggio. La
Ljóða Edda
gli dedica un intero canto, il Reginsmál o
«Discorso di Reginn»; la sua vicenda è inoltre riassunta da Snorri e
approfondita nella Vǫlsunga saga. Abile e
sapiente, Reginn era il precettore del giovane
Sigurðr. Saldò per lui i due tronconi della spada
Gramr, quindi lo condusse presso la grotta dove il
drago Fáfnir custodiva un favoloso tesoro.
Sigurðr riuscì a uccidere il drago ma, quando si
accorse che Reginn meditava di farlo fuori a sua
volta, per tenersi l'oro, gli mozzò la testa.
Che Reginn sia un nano è dimostrato dal fatto
che sia contemplato nel «catalogo» in
Vǫluspá [12], sebbene la versione riportata da Snorri ne
sostituisca il nome con Rekkr. Anche la sua
erudizione e la sua abilità di fabbro lo avvicinano di prepotenza al mondo dei
dvergar. Tuttavia, un'annotazione prosastica al Reginsmál,
effettua un'interessante distinzione:
Reginn […] sonr
Hreiðmars. Hann var hverjum manni hagari ok dvergr of vǫxt. Hann var vitr,
grimmr ok fjǫlkunnigr. |
Reginn,
[...] figlio di Hreiðmarr. Era più abile di ogni
uomo, ma nano di statura. Era sapiente, astioso ed esperto di incantesimi. |
Ljóða Edda > Reginsmál [formáli] |
Quel «nano di statura» [dvergr of vǫxt], che distingue gli autentici
nani dagli esseri umani affetti da nanismo, è una probabile interpretazione del
redattore del Codex Regius, forse dovuta a uno scrupolo di realismo. Ma è
anche una spia del fatto che, alla fine del XIII secolo, l'immagine dei
dvergar si
fosse fissata in quella di omiciattoli di bassa statura. Nel caso di
Reginn, la deformità fisica è anche espressione di
un'infima levatura morale. |
VI - I NANI COME
ESSERI SOPRANNATURALI LEGATI AL REGNO DEI MORTI
I molti nomi di dvergar fornitici dalla
Vǫluspá
e da Snorri, ai quali si possono aggiungere agevolmente diversi altri nomi
forniti nelle þulur, ci aiutano a definire il carattere e la natura di
questi esseri soprannaturali. I dvergar sono essenzialmente creature del mondo ctonio, legati alla terra e alle pietre. Snorri narra del re svedese Sveigðir,
ossessionato dalla ricerca del paese degli dèi, dove dimorava il suo antenato
Óðinn. Una sera, dopo il tramonto, mentre
tornava a casa dopo una solenne bevuta, egli vide un dvergr seduto su una grossa
roccia. Questi invitò Sveigðir a seguirlo all'interno del macigno, dove avrebbe
potuto incontrare Óðinn. Il re saltò in
un'apertura spalancatasi nella pietra, questa si richiuse alle sue spalle e
nessuno lo rivide più (Ynglinga saga [12]).
Snorri basa la vicenda su una strofa del famoso «catalogo
degli Ynglingar» fornito da Þjóðólfr ór Hvíni:
En dagskjarr
Dúrnis niðja
salvǫrðuðr
Sveigði vélti,
þás i stein
enn stórgeði
Dusla konr
ept dvergi hljóp,
ok salr bjartr
þeira Sǫkmímis
jǫtunbyggðr
við jǫfri gein. |
Guardingo del giorno,
il guardiano della sala
dei figli di Dúrnir,
illuse Sveigðir,
quando il magnanimo
nipote di Dusli
balzò nel macigno
seguendo il dvergr,
e la fulgida sala
di quelli di Søkkmímir,
gremita di giganti,
ingoiò il principe. |
Þjóðólfr
ór Hvíni: Ynglingatal [2] |
Questo breve brano è interessante per molte ragioni. La prima della quale è
il fatto che la pietra nel quale il dvergr invita re
Sveigðir rassomiglia in modo inquietante a un tumulo funerario. Nelle
leggende nordiche tali tumuli erano spesso visti come «varchi» per il regno dei
morti. In alcune saghe li vediamo aprirsi affinché i morti si affaccino per
parlare ai parenti ancora vivi; o viceversa, per permettere ai vivi di unirsi ai
congiunti deceduti. L'invito che il dvergr rivolge a re
Sveigðir ha un significato ovvio: per incontrare
Óðinn bisogna morire. Egli appare come
una sorta di custode dell'ingresso al mondo soprannaturale. L'incontro avviene
ovviamente dopo il tramonto, ché il dvergr, «guardingo del giorno» [dagskjarr],
rifugge la luce del sole. La kenning proposta da
Þjóðólfr lo definisce «guardiano della sala dei figli di
Dúrnir» [Dúrnis niðja
salvǫrðuðr], e che questo Dúrnir
sia a sua volta un nano, ce lo assicurano le þulur
(Dverga heiti [3]).
Può darsi che le più antiche credenze nordiche deputassero proprio ai
dvergar il
ruolo di guardiani di questi ingressi all'altro mondo. La
Vǫluspá,
nel descrivere il terrore di tutte le creature dinanzi alla fine del mondo,
aggiunge questo dettaglio:
Stynja dvergar
fyr steindurum
veggbergs vísir.
Vituð ér enn eða hvat? |
Gemono i dvergar
dinanzi alle porte di pietra,
esperti di rocce scoscese.
Che altro tu sai? |
Ljóða Edda
> Vǫluspá [48] |
|
Dvergar davanti alle porte di pietra
(✍ 1895) |
Lorenz Frølich (1820-1908), illustrazione.
(Gjellerup 1895) |
Questo gemere dei nani «dinanzi alle porte di pietra» [fyr steindurum]
è forse motivato dal fatto che l'avvento del
ragnarǫk li costringerà a
spalancare i passaggi per il mondo dei morti. D'altra parte il nome del nano
Durinn vuol dire effettivamente
«portinaio».
Esiste dunque un legame tra i dvergar e i morti, entrambi abitatori dei tumuli e
delle profondità della terra. In tal senso può essere letta l'apostrofe che
Þórr rivolge al nano Alvíss: «Perché sei
così pallido tra le narici? Sei stato di notte tra i cadaveri?» [Hví ertu svá
fǫlr um nasar | vartu í nótt með na?] (Alvíssmál [2]).
Molti nomi di dvergar attestano tale legame. Così
Dáinn «morto»,
Dúfr «assonnato»,
Fullangr «cattivo odore»,
Haugspori «[colui che] va sui
tumuli», Nár e
Náli «cadavere», e lo stesso
Dúrnir «[colui che] dorme». Il
nome di Móðsognir «[colui
che] succhia la forza» può forse suggerire l'immagine di un dèmone incubo o
vampiro (Isnardi 1991).
La connessione dei dvergar con la morte sembra risalire alle origini stesse del
mondo: non dimentichiamo che essi si formarono come vermi nelle carni del
cadavere del macroantropo Ymir. Ma il
sacrificio di Ymir ha caratteri
ambivalenti: è anche l'evento da cui si originarono il mondo e tutti gli esseri
che lo abitano. Non c'è dunque da stupirsi se molti nomi di dvergar rimandano a
caratteri di esseri antichi e primigeni, collocati alle origini delle stirpi.
Così Ái «antenato» (anche nome di un
progenitore delle classi sociali umane),
Búri «generato»,
Ingi o
Yngvi «progenitore»,
Náinn «parente stretto»,
Nefi «nipote», Ǫlnir
«figlio». I dvergar potrebbero anche essere stati visti, in epoca remota, come
spiriti tutelari delle famiglie, soccorrevoli verso i loro componenti.
(Isnardi 1991)
Quali creature del mondo soprannaturale, i dvergar non sono ben distinti da
altre classi di esseri, come i giganti. Alcuni nomi di dvergar, come Jaki
«ghiacciolo» e Frosti
«ghiacciato», sembrano essere nomi di jǫtnar (Frosti in effetti è anche nome di un gigante
del gelo). Inoltre, il luogo che re Sveigðir trovò dentro la pietra è chiamato
«fulgida sala di
Søkkmímir e i
suoi» [salr bjartr þeira Sǫkmímis],
sala che è detta essere «gremita di giganti» [jǫtunbyggðr];
Søkkmímir è il
nome del gigante che Óðinn afferma
di aver ucciso in
Grímnismál
[50].
Molti nomi di dvergar si rifanno in effetti alle tenebre e
all'oscurità. Le fonti ci informano che essi temevano la luce del giorno, in
quanto il sole, sorgendo, era in grado di pietrificarli (questa è la fine del
nano Alvíss, che Þórr trattiene fino
all'alba con domande e indovinelli, come narrato nell'Alvíssmál).
Þjóðólfr ór Hvíni definisce «guardingo del giorno» [dagskjarr] il nano che adesca re Sveigðir (Ynglingasaga
[2]). A tale concetto si riferiscono nomi come Sólblindi «[colui che
viene] accecato dal sole», Dagfinnr «[colui che] trova il giorno» (oppure «finno
del giorno»), Bláinn «scuro», Brúni
«scuro», Nípingr «oscuro»,
Blindviðr «di cieca vastità». |
VII - I NANI COME FABBRI E ARTIGIANI IMPAREGGIABILI I
dvergar, quali esseri sotterranei, sono anche i conoscitori dei metalli e i
depositari del segreto del fuoco primordiale che li ha plasmati. Come tali, sono
visti come fabbri abilissimi e ricordati come gli artigiani che hanno forgiato
gli oggetti più preziosi appartenenti agli dèi.
|
Eitri e Brokkr forgiano Mjǫllnir (✍
1914) |
Illustrazione di Rona F. Hart
(Young ~ Field 1914) |
Tra i nani-artigiani sono ricordati innanzitutto gli
Ívaldasynir, i figli di Ívaldi,
nome che significa forse «[colui che] ha potere sull'arco» (o
«assai potente» o «divinità della terra»), i quali avevano forgiato per
Freyr la nave magica
Skíðblaðnir, per Óðinn la lancia
Gungnir, e per
Sif una chioma d'oro che cresceva come i
suoi capelli naturali. A questi si opponevano altri due nani: i fratelli
Eitri
«veleno» e Brokkr «frammento», i quali donarono a
Óðinn l'anello magico
Draupnir (anch'esso nome di nano), a
Þórr il martello Mjǫllnir, a
Freyr il cinghiale d'oro
Gullinbursti
(Skáldskaparmál [44]).
①
Freyja possedeva ancora un cinghiale,
Hildisvíni, che era era stato forgiato da altri due
dvergar: Dáinn «morto» e Nabbi
«punta, gobba» (Hyndluljóð [7]). Ella
possedeva inoltre il medaglione Brísingamen (cioè
il «monile dei Brísingar», i dvergar della stirpe del fuoco), al quale lavorarono
quattro nani chiamati: Álfrigg «elfo potente»,
Berlingr «piccola trave»,
Dvalinn «colui che indugia»,
Grérr «rumoroso» (Sǫrla þáttr [1]).
Anche opera dei dvergar fu il laccio
Gleipnir col quale fu legato
Fenrir
(Gylfaginning [34]).
Altri dvergar sono ricordati quali costruttori di una dimora celeste detta Lýr.
Essi erano: Uni «contento»,
Íri «irlandese», Óri
«eccitato», Bári (o Bárri)
«ruvido» (o «pazzo»?), Varr «attento»,
Vegdrasill «cavallo della via»,
Dóri «[colui che] nuoce»,
Úri «fabbro»,
Dellingr «luminoso»,
Atvarðr «guardiano» (?) e
Liðskjálfr «disarticolato» (?); in questo elenco è curiosamente citato
anche Loki (Svipdagsmál >
Fjǫlsvinnsmál [34]). Un altro palazzo, fatto interamente d'oro e posto
a Níðavellir, nella parte
settentrionale del mondo, è attribuito alla stirpe di
Sindri «scintilla» (Vǫluspá [37]).
Al lavoro dei dvergar come fabbri alludono anche molti nomi quali
Hannarr «abile»,
Fili «lima»,
Heptifili «manico di lima»,
Kili «cuneo» (?),
Næfi «abile», Næfr
«abile», Skáfiðr «colui che]
raschia», Skirvir «abile
artigiano», Veigr «cuneo».
|
VIII - I NANI COME CREATORI DI SPADE
Nella redazione lunga della
Hervarar saga ok
Heiðreks, si narra del
re variago Sigrlami, il quale, uscito a cavallo per
cacciare, rimase isolato dai suoi uomini. Al tramonto, passò nei pressi di una
grande roccia e vide, sotto di essa, due dvergar. Subito trasse il coltello dalla
cintura e bloccò la porta spalancata nella pietra, impedendo ai nani di
rifugiarsi al suo interno. I due chiesero allora di riscattare la loro vita. Il
re chiese i loro nomi: si chiamavano
Dvalinn e Dúlinn, e dissero di essere degli
abilissimi fabbri.
|
Reginn (✍
1911) |
Arthur Rackham (1867-1939) |
Sigrlami ordinò loro di forgiare una spada. Pomo
e impugnatura dovevano essere d'oro, la lama in grado di tagliare il ferro come
fosse un semplice tessuto, e non doveva essere intaccata dalla ruggine. Il
giorno stabilito, il re tornò alla roccia e i dvergar gli consegnarono la spada.
Era esattamente come aveva ordinato. Ma prima di attraversare la soglia,
Dvalinn si voltò e disse:
“Prendi pure la spada. Essa ucciderà un uomo
ogni volta che sarà sguainata. Chiunque la impugnerà sarà costretto a compiere
tre azioni nefande. E alla fine, essa reclamerà la tua vita”. Infuriato,
Sigrlami lanciò l'arma contro i
dvergar , ma le porte della roccia si erano ormai richiuse e la spada si conficcò
nella pietra fino all'elsa. Il re la estrasse e la chiamò
Tyrfingr. Da allora, se ne servì in ogni battaglia e duello, riportando
ovunque la vittoria. Ma come i dvergar avevano annunciato, la lama non voleva
saperne di infilarsi nel fodero se prima non veniva intinta nel sangue umano. Maledizione fatalmente destinata ad arrivare a segno.
(Hervarar saga ok Heiðreks [1])
Abilissimi fabbri, sembra naturale ricondurre alle fucine dei dvergar la forgia di
molte spade famose. Un'altra era Dáinslef, «eredità
di Dáinn». Essa apparteneva a
Hǫgni, un sovrano danese dei tempi antichi e, come
Tyrfingr, provocava la morte di un uomo ogni volta
che veniva sguainata. I suoi colpi andavano sempre a segno e le ferite che
provocava non guarivano mai.
(Skáldskaparmál [64]).
La spada Naglring, appartenente a re
Þjóðrekr af Bern (Teodorico di Verona), era stata
strappata al dvergar Álfrikr.
(Þiðreks
saga)
In quanto a Gramr, la spada che
Óðinn donò a
Sigmundr e fu in seguito ereditata da Sigurðr,
non sappiamo chi la forgiò: ma fu Reginn a
saldarne abilmente i tronconi. Era così tagliente che poteva dividere in due
anche un bioccolo di lana trasportato dalla corrente di un fiume.
(Reginsmál |
Skáldskaparmál [48] | Vǫlsunga saga) |
IX - I NANI COME GUARDIANI
DI TESORI Signori delle viscere della terra e dei preziosi metalli
che essa contiene, i dvergar sono anche conosciuti come gelosi guardiani di questo
regno e dei suoi tesori. Il più noto in questo senso è forse
Andvari, il quale dimorava nello
Svartálfaheimr e nuotava in un
laghetto in forma di pesce. Il suo enorme tesoro venne confiscato da
Loki, e questo è l'oro maledetto che
fornisce l'ossatura del dramma dei Niflungar (Skáldskaparmál [47]).
I dvergar, in qualità di guardiani delle soglie tra la terra e l'altro mondo,
possono essere interpretati come sentinelle deputate a sbarrare l'accesso
a quanti intendono penetrare nel loro mondo per trafugarne i tesori. Non
dimentichiamo che nei tumuli sepolcrali dell'età del ferro, i capi e i nobili
venivano spesso sepolti con ricchi arredi che potevano far gola agli sciacalli.
Questo legame tra le ricchezze e il mondo dei morti è attestato in molte
culture, compresa la classica (dove il re dei morti Háıdēs
porta l'epiteto di Ploútōn «[colui che]
elargisce la ricchezza»). E che fosse possibile, almeno in teoria, penetrare nei
tumuli funerari per trarne tesori, lo attesta Snorri quando tratta dei poteri di
Óðinn:
Óðinn vissi um alt
jarðfé, hvar fólgit var, ok hann kunni þau ljóð, er upp laukst fyrir honum
jǫrðin, ok bjǫrg ok steinar, ok haugarnir, ok batt hann með orðum einum þá er
fyrir bjoggu, ok gékk inn ok tók þar slíkt er hann vildi. |
Óðinn sapeva dov'erano nascosti tutti i
tesori della terra, e conosceva i canti che gli aprivano la terra e le rocce, le
pietre e tumuli: legava con le sole parole quelli che vi abitavano, poi entrava
e prendeva tutto quello che gli piaceva. |
Snorri
Sturluson: Ynglinga saga [7] |
Dunque, i dvergar, in qualità di creature legate al mondo ctonio, di protettori
del sonno dei morti, erano sicuramente deputati alla vigilanza dei tumuli
sepolcrali, delle rocce che nascondevano i tesori della terra, delle porte tra
questo e l'altro mondo. Alcuni nomi di dvergar, tra quanti li qualificano come
esseri battaglieri e ostili, possono forse essere letti in questo senso. È il
caso di Dóri «[colui che] nuoce»,
Dólgþvari «lancia nemica»,
Dólgþrasir «[colui che]
combatte con inimicizia» o «avido di battaglia», Eggmóinn «serpente della spada»
(con allusione al drago Fáfnir, guardiano di tesori?),
Eikinskjaldi «scudo in
quercia», Hildingr «guerriero»,
Hlévargr «lupo famoso» o «lupo dei luoghi protetti»,
Hleðjólfr «lupo protettore»,
Jari «[ansioso di] battaglia»,
Mjǫðvitnir «lupo infuriato», Níðhǫggr «[colui che] colpisce con odio»,
Rekkr «guerriero»,
Váli «piccolo combattente»,
Þorinn «coraggioso»,
Þrasir
«minaccioso».
Alcuni dvergar portano nomi che li caratterizzano come esseri brillanti,
luminosi e colorati, e che possono forse essere interpretati in relazione alle
ricchezze il cui bagliore illumina le viscere della terra. Tra questi si
annoverano Blávorr «luminoso»,
Fáinn «variopinto», Fár
«variopinto», Glói o
Glóinn «luminoso»,
Litr «colorato» (costui è il
dvergr che durante il funerale di Baldr capitò
tra i piedi di Þórr che stava consacrando
il rogo col martello: con un calcio il dio lo gettò sulla pira, dove morì
bruciato); Ljómi «splendente»,
Mjǫklituðr «molto colorato». |
X - LA SAPIENZA DEI NANI
I dvergar, forse in virtù della loro antichità, sono esseri di profonda sapienza,
conoscitori di tutti i segreti della terra, esperti in incantesimi e in rune.
Un dvergr particolarmente saggio è Alvíss «[colui
che] sa tutto», protagonista del poema eddico che da lui prende il nome, l'Alvíssmál. Qui il dvergr chiede in sposa la figlia di
Þórr, e il dio lo trattiene per tutta la
notte interrogandolo sulle denominazioni poetiche date agli elementi del cielo e
della terra dai vari esseri che abitano l'universo (uomini,
æsir,
vanir,
dvergar, jǫtnar, álfar, creature del regno dei morti). Tutto preso dalla sua
esibizione di sapienza, e ormai certo di aver conquistato la mano della
fanciulla, Alvíss non si accorge di essere stato ingannato da
Þórr. Ironicamente, il dio ammette la
sapienza del nano solo quando sopraggiungono le prime luci dell'alba, che lo
tramuteranno fatalmente in pietra:
Í einu brjósti
ek sák aldrigi
fleiri forna stafi;
miklum tálum kveð
ek tældan þik:
Uppi ertu, dvergr, of dagaðr,
nú skínn sól í sali |
Nel petto d'uno solo
mai ho visto
più antica scienza.
Da un inganno possente
ti dico ingannato:
dal giorno, dvergr, sei stato sorpreso:
già il sole irrompe nella sala. |
Ljóða Edda
> Alvíssmál [35] |
Anche il
Hávamál
tratta in due riprese della sapienza dei dvergar. Cita prima
Dvalinn, come il nano che più di
ogni altro è esperto nell'incidere le rune
(Hávamál
[143]); più sotto, il poema tratta del nano
Þjoðrǿrir «[colui che] eccita il popolo» che, col
suo canto, avrebbe infuso forza agli Æsir,
coraggio agli álfar e saggezza a Óðinn [Hroptatýr]
(Hávamál
[160]). Questo sarebbe avvenuto davanti alle «porte di
Dellingr» [Dellings durum],
quindi dinanzi a un altro di quei passaggi tra la terra e il mondo
soprannaturale custoditi dai dvergar:
Þat kann ek it fimmtánda
er gól Þióðrerir
dvergr fyr Dellings durum:
afl gól hann ásum,
en alfum frama,
hyggiu Hroftatý. |
Questo conosco per quindicesimo:
quel che cantò Þjóðrǿrir
il nano, dinanzi alle porte di Dellingr.
Cantò potenza agli Æsir
e agli álfar
coraggio,
saggezza a Hroptatýr. |
Ljóða Edda
> Hávamál [160] |
Altri nomi di saggi dvergar sono Fjǫlsviðr «assai sapiente», Muninn «memoria»,
Nýraðr «di nuovo consiglio»,
Ráðspaðr «di acuto consiglio», Ráðsviðr «di rapido consiglio»,
Vitr «saggio».
Analogamente, nel mito sull'origine della poesia, è detto che l'idromele che
rende poeti chi lo beve venne distillato da due nani, i quali uccisero il saggio
dio Kvasir e mescolarono il suo sangue con il miele
(Skáldskaparmál [4]). Costoro erano
Fjalarr «sapiente» e
Galarr «[colui che] canta
magicamente». Anche il nome del nano
Mjǫðvitnir «lupo
dell'idromele» sembra ricollegarsi a questo mitema: forse alla base di questo
nome vi è un mito perduto. |
XI - IL «CATALOGO DEI NANI»
Se conosciamo molti nomi di dvergar è grazie al cosiddetto «catalogo dei nani», una
composizione forse originariamente indipendente inclusa in
Vǫluspá [10-16]. In sette fittissime strofe, composte quasi del
tutto da una sequela di nomi strettamente allitterati, il poema fornisce un
lungo elenco degli antenati della stirpe dei dvergar o dei più importanti esponenti
di questa razza sotterranea. Questa, secondo la redazione diplomatica del poema,
che è quella contenuta nel Codex Regius [R]:
Nýi ok Níði,
Norðri, Suðri,
Austri, Vestri,
Alþjófr, Dvalinn,
Bívǫrr, Bávǫrr,
Bǫmburr, Nóri,
Ánn ok Ánarr,
Ái, Mjǫðvitnir. |
Nýi e
Níði,
Norðri,
Suðri,
Austri,
Vestri,
Alþjófr,
Dvalinn,
Bívǫrr,
Bávǫrr,
Bǫmburr,
Nóri,
Ánn
e Ánarr,
Ái,
Mjǫðvitnir. |
Veigr ok Gandálfr,
Vindálfr, Þráinn,
Þekkr ok Þorinn,
Þrór, Vitr ok Litr,
Nár ok Nýráðr,
nú hefk dverga,
Reginn ok Ráðsviðr,
rétt um talða. |
Veigr e
Gandálfr,
Vindálfr,
Þráinn,
Þekkr e
Þorinn,
Þrór,
Vitr e
Litr,
Nár e
Nýráðr,
ordunque i dvergar,
Reginn e
Ráðsviðr,
doverosamente ho enumerato. |
Fili, Kili,
Fundinn, Náli,
Heptivili,
Hannarr, Svíurr,
Frár, Hornbori,
Frægr ok Lóni,
Aurvangr, Jari,
Eikinskjaldi. |
Fili,
Kili,
Fundinn,
Náli,
Heptivili,
Hannarr,
Svíurr,
Frár,
Hornbori,
Frægr e
Lóni,
Aurvangr,
Jari,
Eikinskjaldi. |
Mál es dverga
í Dvalins liði
ljóna kindum
til Lofars telja,
þeir es sóttu
frá salarsteini
aurvanga sjǫt
til Jǫruvalla. |
È tempo che i dvergar
della stirpe di Dvalinn,
ai figli degli uomini,
fino a Lofarr enumeri.
Loro che arrancarono
dal suolo roccioso,
dimora di Aurvangar,
fino a Jǫruvellir. |
Þar vas Draupnir
ok Dólgþrasir,
Hár, Haugspori,
Hlévangr, Glói,
Skirvir, Virvir,
Skáfiðr, Ái, |
C'era a quel tempo
Draupnir
e Dólgþrasir,
Hár,
Haugspori,
Hlévangr,
Glói,
Skirvir,
Virvir,
Skáfiðr,
Ái, |
Alfr ok Yngvi,
Eikinskjaldi,
Fjalarr ok Frosti
Finnr ok Ginnarr;
þat mun æ uppi,
meðan ǫld lifir,
langniðja-tal
til Lofars hafat. |
Álfr e
Yngvi,
Eikinskjaldi,
Fjalarr e
Frosti
Finnr e
Ginnarr.
Sarà ricordata a lungo
finché gli uomini vivranno
questa lista degli antenati
fino a Lofarr. |
Ljóða Edda
> Vǫluspá [R: 11-16]
|
L'altra redazione della
Vǫluspá, quella contenuta nell'Hauksbók
[H], non è sempre concorde nell'ordine con i quali i nani sono citati in
R e presenta interessanti lacune e aggiunte nei nomi dei nani.
Nýi ok Níði,
Norðri, Suðri,
Austri, Vestri,
Alþjófr, Dvalinn,
Nár ok Náinn
Nípingr, Dáinn,
Viggr, Gandálfr,
Vindálfr, Þorinn, |
Nýi e
Níði,
Norðri,
Suðri,
Austri,
Vestri,
Alþjófr,
Dvalinn,
Nár e
Náinn
Nípingr,
Dáinn,
Viggr,
Gandálfr,
Vindálfr,
Þorinn, |
Bífurr, Báfurr
Bǫmburr, Nóri,
Ánn ok Ónarr
ok Mjǫðvitnir.
Þrár ok Þráinn,
Þrór, Litr ok Vitr,
Nýr ok Nýráðr,
nú hefi ek rekka
Reginn ok Ráðsviðr,
rétt um talða. |
Bífurr,
Báfurr,
Bǫmburr,
Nóri,
Ánn e
Ónarr,
e Mjǫðvitnir.
Þrár e
Þráinn,
Þrór,
Litr e
Vitr,
Nýr e
Nýráðr,
ordunque i dvergar,
Reginn e
Ráðsviðr,
doverosamente ho enumerato. |
Fili, Kili,
Fundinn, Náli,
Heftifili,
Hannarr ok Svíðr,
Nár ok Náinn
Nípingr, Dáinn,
Billingr, Brúni,
Bíldr ok Búri,
Frór, Fornbogi,
Frægr ok Lóni. |
Fili,
Kili,
Fundinn,
Náli,
Heftifili,
Hannarr e
Svíðr,
Nár e
Náinn
Nípingr,
Dáinn,
Billingr,
Brúni,
Bíldr e
Búri,
Frór,
Fornbogi,
Frægr e
Lóni. |
Aurvangr, Jari,
Eikinskjaldi.
Mál es dverga
í Dvalins liði
ljóna kindum
til Lofars telja,
þeir es sóttu
frá salarsteini
aurvanga sjǫt
til Jǫruvalla. |
Aurvangr,
Jari,
Eikinskjaldi.
È tempo che i dvergar
della stirpe di Dvalinn,
ai figli degli uomini,
fino a Lofarr enumeri.
Loro che arrancarono
dal suolo roccioso,
dimora di Aurvangar,
fino a Jǫruvellir. |
Þar vas Draupnir
ok Dólgþrasir,
Hár, Haugspori,
Hlévargr, Glóinn,
Skirfir, Virvir,
Skáfiðr, Ái,
Alfr ok Yngvi,
Eikinskjaldi. |
C'era a quel tempo
Draupnir
e Dólgþrasir,
Hár,
Haugspori,
Hlévargr,
Glóinn,
Skirfir,
Virvir,
Skáfiðr,
Ái,
Álfr e
Yngvi,
Eikinskjaldi. |
Þat mun æ uppi,
meðan ǫld lifir,
langníðia-tal
Lofars hafat. |
Sarà ricordata a lungo
finché gli uomini vivranno
questa lista degli antenati
di Lofarr. |
Ljóða Edda
> Vǫluspá [H: 11-16]
|
Le due redazioni della
Vǫluspá sono tuttavia concordi tra loro nel
ripartire i dvergar in due schiere. I dati che abbiamo sono però troppo avari di
dettagli per poter comprendere esattamente come fossero organizzati i signori
del sottosuolo. Il primo gruppo [R 11-12]
segue la dichiarazione che i nani vennero plasmati dalla terra in «figure umane»
[manlíkun], e quindi forse enumera i nomi dei primi dvergar, antenati
dell'intera specie. Segue una dichiarazione inserita nel testo, «ordunque i nani [...] doverosamente ho enumerato» [nú hefi ek rekka [...] rétt um talða],
che pare chiudere l'elenco, ma segue un'ulteriore strofa priva di altre
specificazioni [R 13] che pare aggiungere
un'altra serie di nomi al primo gruppo. Il secondo gruppo
[R 15-16] riguarda invece i dvergar che appartenevano alla stirpe di
Dvalinn, antenati di un certo
Lofarr; di costoro è detto che
vennero da Svarinshaugr «suolo
roccioso» e da Aurvangar «campi di
umida argilla», località poste nella terra di
Jǫruvellir, mitica regione abitata
dai dvergar.
Un po' di luce la fornisce Snorri, che cita estesamente il «catalogo dei
nani» nel quattordicesimo capitolo della sua
Prose Edda. La lista che egli fornisce,
tuttavia, non coincide esattamente con le due redazioni della
Vǫluspá,
ma presenta alcune variazioni sia rispetto a R che
ad H. I versi esplicativi sono sostituiti con
inserti in prosa, cosa che permette a Snorri di definire con più precisione le
ripartizioni tra le varie schiere, che però egli scinde in tre gruppi. Il primo
gruppo, secondo Snorri, è formato da quei dvergar che vivevano nella terra molle o
nel fango [í moldu], coincidente grosso modo con le strofe
[11-13] della
Vǫluspá.
Un secondo gruppo sono coloro che abitavano nelle rocce [í steinum], e
questi sarebbero i dvergar citati nella strofa [15], a
cui Snorri sottrae gli ultimi quattro nomi e aggiunge altri nomi non contemplati
nel poema. Solo ai dvergar del terzo gruppo, cioè gli ultimi quattro nomi della
strofa [15] della
Vǫluspá
e a tutti quelli della strofa [16], Snorri
attribuisce la cittadinanza di Jǫruvellir.
Riguardo a questi ultimi è doveroso notare un'interessante differenza: la
Vǫluspá
dice che essi furono gli antenati del nano
Lofarr, mentre Snorri parla al
plurale dei Lofarr (o
Lovarr). Secondo la Isnardi,
Lofarr sarebbe un membro
della stirpe dei Lofarr
(Isnardi 1991); più probabile, a nostro avviso, un
errore di interpretazione dello stesso Snorri.
Móðsognir var ǿztr ok
annarr Durinn. Ok þessi segir hon nǫfn þeira: |
Móðsognir fu il primo e il secondo Durinn. E
questi, disse [la vǫlva], erano i loro nomi: |
{17} |
Nýi, Níði,
Norðri, Suðri,
Austri, Vestri,
Alþjófr, Dvalinn,
Nár, Náinn,
Nípingr, Dáinn,
Bifurr, Báfurr,
Bǫmbǫrr, Nóri,
[Órinn[, Ónarr,
Óinn, Mjǫðvitnir. |
|
|
Nýi,
Níði,
Norðri,
Suðri,
Austri,
Vestri,
Alþjófr,
Dvalinn,
Nár,
Náinn,
Nípingr,
Dáinn,
Bífurr,
Báfurr,
Bǫmburr,
Nóri,
[Órinn], Ónarr,
Óinn,
Mjǫðvitnir. |
{18} |
Vigr ok Gandálfr,
Vindálfr, Þorinn,
Fili, Kili,
Fundinn, Vali,
Þrór, Þróinn,
Þéttr, Litr, Vitr,
Nýr, Nýráðr,
Rekkr, Ráðsviðr |
|
|
Vigr e
Gandálfr,
Vindálfr,
Þorinn,
Fili,
Kili,
Fundinn,
Váli,
Þrór,
Þróinn,
Þekkr,
Litr,
Vitr,
Nýr,
Nýráðr,
Rekkr,
Ráðsviðr. |
En þessir eru ok dvergar
ok búa í steinum, en inir fyrri í moldu: |
Anche questi erano
dvergar e
abitavano nelle rocce; quelli nominati per primi, invece, nel fango: |
{19} |
Draupnir, Dolgþvari,
Haurr, Hugstari,
Hleðjolfr, Glóinn,
Dóri, Óri,
Dúfr, Andvari,
Heptifili,
Hár, Svíarr. |
|
|
Draupnir,
Dólgþvari,
Hǫrr,
Hugstari,
Hleðjólfr,
Glóinn,
Dóri,
Óri,
Dúfr,
Andvari,
Heptifili,
Hárr,
Svíarr. |
En þessir kómu frá
Svarinshaugi til Aurvanga á Jǫruvǫllu, ok eru komnir þaðan Lovarr. Þessi eru
nǫfn þeira: |
Questi invece vennero da
Svarinshaugr fino ad
Aurvangar, nello
Jǫruvellir, e da questi giunsero i
Lovarr. Questi erano i loro nomi: |
{20} |
Skirfir, Virvir,
Skáfiðr, Ái,
Alfr, Ingi,
Eikinskjaldi,
Falr, Frosti,
Fiðr, Ginnarr |
|
|
Skirfir,
Virvir,
Skáfiðr,
Ái,
Alfr, Ingi,
Eikinskjaldi,
Falr,
Frosti,
Fiðr,
Ginnarr». |
Snorri
Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning [14] |
Abbiamo dunque tre versioni distinte del «catalogo dei nani»:
- la redazione nella
Vǫluspá contenuta nel Codex Regius [R];
- la redazione nella
Vǫluspá contenuta nell'Hauksbók [H];
- la redazione riportata da Snorri in
Gylfaginning [14], che sostanzialmente coincide nei quattro manoscritti del testo (il
Codex Regius [Rs], il Wormianus [W], il Traiectinus [T]
e l'Uppsaliensis [U]).
Una comparazione tra le tre versioni mostra diverse importanti differenze tra
la redazione di Snorri e i due codici della
Vǫluspá.
Vi sono infatti due gruppi di nomi (Nár,
Náinn,
Nípingr e
Dáinn {17};
e Rekkr/Reginn e
Ráðsviðr
{18}) che Snorri ha in comune con il codice
H ma mancano in R.
D'altro canto una breve sequenza presente in Snorri (Falr,
Frosti,
Fiðr e
Ginnarr
{20}) non è presente in H ma si trova in
R (con sostituzione di
Fjalarr a
Falr). Un'altra breve sequenza si
trova unicamente in Snorri (Dóri,
Óri,
Dúfr,
Andvari
{19}) ma manca nei due codici eddici. Al contrario,
Snorri ignora una lunga sequenza di cui la prima parte si trova soltanto in
H (Billingr,
Brúni,
Bíldr e
Búri), mentre la seconda sia in
R che in H (Frár,
Hornbori,
Frægr,
Lóni,
Aurvangr,
Jari,
Eikinskjaldi). Si noti che
Eikinskjaldi viene ripetuto
due volte nei codici eddici, mentre Snorri lo cita una volta soltanto.
Tutto questo fa capire che il testo di Snorri è indipendente sia da R che da H, per quanto
sia forse più vicino a questa seconda versione. Pur pervenutoci in varie
redazioni, il «catalogo dei nani» discende da un antigrafo il quale dipende a
sua volta dalle þulur, antichi elenchi in versi dove si forniscono gli
heiti (ovvero i nomi, gli epiteti o le definizioni poetiche) di cose,
persone, divinità o creature mitologiche. Le þulur dedicate alle
denominazioni dei nani [dverga heiti] ci forniscono un canone di base su
cui far riferimento per interpretare i nomi forniti dalla
Vǫluspá
e da Snorri.
Telk Mótsogni
ok Mjǫklituð,
Miðvið, Muninn
ok Mjǫðvitnir,
Blindviðr, Búinn,
Bumburr, Nýi,
Bívurr, Blǫ́vurr,
Bláinn ok Norðri. |
Io dico
Móðsognir
e Mjǫklituð,
Miðvið, Muninn
e Mjǫðvitnir,
Blindviðr, Búinn,
Bǫmburr,
Nýi,
Bífurr, Blǫfurr,
Bláinn e Norðri. |
Grímr, Nár, Níði,
Níðhǫggr, Dvalinn,
Náinn, Næfr, Nefi,
Nífengr ok Dolgr,
Nýráðr ok Nýr,
Norðri ok Suðri,
Skávær, Skáviðr,
Skirfir, Virfir. |
Grímr, Nár,
Níði,
Níðhǫggr, Dvalinn,
Náinn, Næfr, Nefi,
Nífengr e Dolgr,
Nýráðr e
Nýr,
Norðri e
Suðri,
Skávær, Skáviðr,
Skirfir,
Virfir. |
Alþjófr, Austri,
Aurvangr ok Dúfr,
Ái, Andvari,
Ónn ok Draupnir,
Dóri ok Dagfinnr,
Dulinn ok Ónarr,
Álfr ok Dellingr,
Óinn ok Dúrnir. |
Alþjófr,
Austri,
Aurvangr e
Dúfr,
Ái,
Andvari,
Ónn e
Draupnir,
Dóri e Dagfinnr,
Dulinn e Ónarr,
Álfr e Dellingr,
Óinn e Dúrnir. |
Vindálfr ok Vitr,
Vífir, Óri,
Varr, Gollmævill,
Viðr ok Ǫlni,
Ginnarr ok Þrór,
Gandálfr, Þorinn,
Þekkr, Þrár, Þolinn,
Þrasir ok Fullangr |
Vindálfr
e Vitr,
Vífir, Óri,
Varr, Gollmævill,
Viðr e Ǫlni,
Ginnarr e
Þrór,
Gandálfr,
Þorinn,
Þekkr,
Þrár, Þolinn,
Þrasir e Fullangr |
Fáinn, Fár, Fili,
Fjǫlsviðr, Glóinn,
Fríðr, Hár, Farli,
Frosti og Tigvi(?),
Hannarr, Fǫrvi,
Heptifíli,
Heri, Hugstari
ok Hornbori. |
Fáinn, Fár,
Fili,
Fjǫlsviðr, Glóinn,
Fríðr, Hár, Farli,
Frosti e Tigvi (?),
Hannarr, Fǫrvi,
Heptifili,
Heri, Hugstari
e Hornbori. |
Hljóðolfr, Kili,
Hildingr ok Litr,
Ráðspakr, Lofarr,
Reginn ok Ljómi,
Ráðsviðr, Lóinn,
Rekkr ok Eitri,
Jaki, Eggmóinn,
Eikinskjaldi. |
Hljóðolfr, Kili,
Hildingr e Litr,
Ráðspakr, Lofarr,
Reginn e Ljómi,
Ráðsviðr, Lóinn,
Rekkr e Eitri,
Jaki, Eggmóinn,
Eikinskjaldi. |
Þulur
> Dverga heiti [1-6] |
Questo «elenco telefonico» dei nani ci permette di risolvere molti dubbi che
nascono dal confronto tra le due redazioni della
Vǫluspá
con Gylfaginning.
Ad esempio, il Rekkr che Snorri
cita laddove H ha invece
Reginn, non è una variante di
quest'ultimo, visto che entrambi i nomi compaiono nelle þulur. È anche
interessante notare che i nomi compresi nella lunga sequenza attestata in
Vǫluspá [13] ma ignorata da Snorri, sono assenti nelle þulur.
A una sequenza strettamente allitterata in á (Ánn,
Ánarr,
Ái) in
Vǫluspá [11], corrisponde in
Gylfaginning
{19} una sequenza allitterata in ó-,
i cui termini però sono assortiti diversamente in ogni manoscritto, facendo
comprendere che in origine doveva esservi una redazione più lunga (alla
fine si evincono i nomi di: Óri, Órinn,
Ónarr,
Óinn). Pur
ipotizzando un'alternanza á-/ó-, le
due serie dei nomi mostrano tuttavia una sola precisa corrispondenza:
Anarr
↔ Ónarr. Nalle þulur troviamo invece attestati – non in sequenza – i nomi di Óri,
Órinn,
Óinn,
Ónn e
Ónarr, dai quali si può trarre
un'ulteriore corrispondenza: Ánn
↔
Ónn. Rimane fuori il nome di
Ái che, nelle due redazioni della
Vǫluspá,
viene ripetuto due volte (in R è alla strofa
[11] e alla [15]), mentre in Snorri si trova
soltanto nella {20}, cioè
in riferimento a
Vǫluspá [11].
Se ne deduce che sia quest'ultima la collocazione originale di
Ái, il quale sia stato poi
erroneamente duplicato in [11] a causa di una
confusione con un originario nome *Áinn (non attestato dalle fonti, ma
indirettamente rivelato da Snorri, che fa cadere al suo posto il nome di
Óinn). In quanto a
Óri, non fa
parte probabilmente della sequenza originale: appare soltanto in uno dei quattro
manoscritti di Snorri, in confusione con
Órinn. La sua collocazione
originale sembra essere nella successiva strofa
{19}, dove compare un
Óri in
allitterazione con Dóri
Nella tabella riassuntiva riportiamo i nomi dei dvergar nelle varie ortografie
presenti nei vari manoscritti, evidenziando le inclusioni ed esclusioni. Per
forza di cosa si ignorano alcune variazioni nell'ordine delle strofe nelle varie
fonti. Il segno di uguale (=) divide forme alternative di un medesimo nome, la
tilde (~) nomi di personaggi differenti che occupano lo stesso posto nelle varie
redazioni del «catalogo dei nani».
|
|
Vǫluspá |
|
Gylfaginning |
|
|
|
[R] |
|
[H] |
|
|
[Rs] |
[W] |
[T] |
[U] |
|
|
|
Dvergar nati dalla terra |
|
|
Dvergar
che dimorano nella terra |
Nýi
Níði
Norðri
Suðri
Austri
Vestri
Alþjófr
Dvalinn
Nár (1)
Náinn (1)
Nípingr (1)
Dáinn (1)
Bífurr =
Bívǫrr
Báfurr =
Bávǫrr
Bǫmburr =
Bǫmbǫrr
Nóri
Ánn ~ Órinn ~ Óri (1)
Ónarr =
Ánarr
Óinn ~ Ái (1)
Mjǫðvitnir. |
|
[11] |
Nyi
Niþi
Norðri
Svðri
Ꜹstri
Vestri
Alþiofr
Dvaliɴ
Bivꜹʀ
Bavꜹʀ
Bꜹmbꜹʀ
Nori
Án
Anaʀ
Ai
Mioðvitnir. |
[11]
[12] |
Nyi
Niþi
Norðri
Svðri
Avstri
Vestri
Alþiofr
Dvalin
Naar
Nain
Nipingr
Dain
Bifvʀ
Bafvʀ
Bǫmbvʀ
Nori
Ąn
Onaʀ
Ai
Miǫðvitn |
|
{17} |
Nyi
Niþi
Norðri
Svðri
Avstri
Vestri
Alþiolfr
Dvalinn
Nár
Nainn
Nipingr
Dainn
Bifvrr
Bafvrr,
Bavmbavrr
Nori
Onarr
Oinn
Mǫðvitnir |
Nyi
Nidi,
Nordri
Svdri
Avstri
Vestri
Alþiolfr
Dvalinn
Nar
Nainn,
Nipingr
Dainn
Bifr
Bafr
Bavmbr
Nori
Orinn
Onar
Oinn
Miodvitnir. |
Nyi
Niðí
Norðri
Svðrí
Avstr
Vestri
Alþiofr
Dvalínn
Naar
Nainn
Nipingr
Dainn
Bifvrr
Bavvrr
Bombvrr
Nóri
Ori
Onarr
Ai
Míǫðvítner |
Nyi
Niþi
Norþri
Svþri
Avstri
Vestri
Alþiofr
Dvalinn
Nani
Niningr
Dani
Bivor
Bavrr
Bambavrr
Nori
Orr
Annarr
Onni (?)
Mioþvitnir |
Veigr =
Veggr =
Vigr
Gandálfr
Vindálfr
Þorinn
Þrór
Þróinn =
Þráinn
Þrár ~ Þekkr
Vitr
Litr
Nár (2) ~ Nýr
Nýráðr
Reginn ~ Rekkr
Ráðsviðr |
|
[12] |
Veigr
Gandalfr
Vindalfr
Þoriɴ
Þror
Þraiɴ
Þeccr
Vitr
Litr
Nár
Nyraþr
Regiɴ
Raðsvidr |
[11]
[12]
|
Veggr
Gandalfr
Vindąlfr
Þorin
Þror
Þrain
Þrar
Vitr
Litr
Nyr
Nyrąðr
Regin
Rąðsviðr |
|
{18} |
Vigr
Ganndalfr
Vinndalfr
Þorinn
Þror
Þroinn
Þeckr
Vitr
Litr
Nyr
Nyraðr
Reckr
Raðsviðr |
Vigr
Gandalfr
Vindalfr
Þorinn
Þror
Þroinn
Þetr
Vitr
Litr
Nyr
Nyradr
Rekr
Radsvidr |
Vigr
Gandalfr
Vindalfr
Þorínn
Þror
Þroenn
Þekkr
Vitr
Litr
Nyr
Nyraðr
Rekkr
Raðsvíðr |
Vigg
Gandalfr
Vindalfr
Þorinn
Þior
Þorinn [sic]
Vitr
Litr
Nyraþr
Reckr
Raþsviþr |
Fili
Kili
Fundinn
Náli ~ Váli
Heptifili |
|
[13] |
Fili
Kili
Fvndiɴ
Nali
Heptivili |
[13] |
Fili
Kili
Fvndin
Nali
Hefti fili |
|
|
Fili
Kili
Fvndin
Vali
Heptifili |
Fili
Kili
Fvndinn
Vali
Heftifili |
Filí
Kilí
Fvndinn
Valí
Heptifilí |
Fili
Kili
Fvndinn
Vali
Heptifili |
|
|
|
|
|
|
Dvergar
che dimorano
tra le rocce |
Hannarr ~ Hárr (1)
Svíurr =
Svíarr
Nár (3)
Náinn (2)
Nípingr (2)
Dáinn (2)
Billingr
Brúni
Bíldr
Búri
Frár =
Frór
Hornbori ~ Fornbogi
Frægr
Lóni
Aurvangr
Jari
Eikinskjaldi (1) |
|
|
Hanaʀ
Svioʀ
Frar
Hornbori
Fręgr
Loni
Ꜹrvangr
Iari
Eikinscialdi |
[14] |
Hanarr
Svidr
Nąr
Náin
Nipingr
Dáin
Billingr
Brvni
Billdr
Bvri
Fror
Fornbogi
Fręg
Loni
Avrvangr
Iari
Eikinkialldi |
|
{19} |
Hárr
Siarr
|
Harr
Sniar |
Hrr
Sviarr |
|
|
|
|
Dvergar
di Jǫruvellir |
|
|
|
|
|
|
Draupnir =
Draufnir
Dólgþrasir ~ Dólgþvari
Hár(r) (2) ~ Hǫrr
Haugspori ~ Hugstari
Hlévargr ~ Hleðjólfr
Glóinn
Dóri
Óri (2)
Dúfr
Andvari |
|
[15] |
Drꜹpnir
Dolgþrasir
Hár
Hꜹg spori
Hlęvangr
Gloi |
[15] |
Dravfnir
Dolgþraser
Hąr
Havgspori
Hlevargr
Gloin |
|
|
Dravpnir
Dolgþvari
Havrr
Hvgstari
Hleðiolfr
Gloinn
Dori
Ori
Dvfr
Andvari |
Dravpnir
Dolgþvari
Havr
Hvgstari
Hleþiofr
Gloinn
Dori
Ori
Dvfr
Andvari |
Dravpner
Dolgþvarí
Havrr
Hvgstarí
Hleðiolfr
Gloinn.
Dori
Orí
Dvfr
Andvarí |
Dramir
Dolgþvari
Hár
Hvgstari.
Hleiþolfr
Gloni
Dori
Ori
Dvfr
Andvari |
|
|
|
|
|
|
|
|
Dvergar
di Jǫruvellir |
Skirvir =
Skirfir
Virvir =
Virfir
Skáfiðr
Ái (2) |
|
|
Scirvir
Virvir
Scafiþr
Ai |
|
Scirf
Virv
Skafiðr
Ai |
|
{20} |
Skirfir
Virvir
Scafidr
Ai |
Skirfir
Virvir
Scafidr
Ai |
Skirver
Virver
Skafiðr
Aí |
Skirvir
Virvir
Skafiþr
Ai |
Álfr
Yngvi =
Ingi
Eikinskjaldi (2)
Fjalarr ~ Falr
Frosti
Finnr =
Fiðr
Ginnarr |
|
[16] |
Alfr
Yngvi
Eikinscialdi
Fialaʀ
Frostri
Fiɴr
Giɴaʀ |
|
Ꜳlfr
Yngvi
Eikinskialldi |
|
|
Alfr
Ingi
Eikinscialldi
Falr
Frosti.
Fidr
Ginnarr |
Alfr
Ingi
Eikinscialldi
Falr
Frosti
Fidr
Ginnarr |
Alfr
Ingi
Eikinskialldí
Falr
Frosti
Fiðr
Ginnarr |
Alfr
Yngvi
Eikinskialli
Falr
Frosti
Fiðr
Ginar |
|
Le stirpi dei dvergar
(✍ 1895) |
Lorenz Frølich (1820-1908), illustrazione.
(Gjellerup 1895) |
|
XII - I NOMI DEI NANI Riportare un elenco esaustivo di
tutti i nomi dei nani che compaiono nelle fonti norrene è compito ingrato e
impossibile. Il seguente novero non va considerato completo.
|
Ái |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 11, 15
| H: 15]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {20}
Þulur > Dverga heiti [3] |
«Avo, antenato».
Uno dei nani di Jǫruvellir. Il suo
nome lo caratterizza come un antenato dei nani in generale, o forse soltanto
della stirpe di Lofarr. La citazione
di questo nano in
Vǫluspá [R:
11] è probabilmente una intromissione indebita (Snorri sostituisce nello
stesso verso il nome di Óinn).
Entrambe le redazioni del poema tornano infatti a citare
Ái nella strofa
[15], e questa è anche la collocazione che di questo nano fornisce
Snorri.
Ái è anche il nome di uno dei progenitori
delle classi sociali degli uomini, citato in Rígsþula
[2-5]. |
|
Álfr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 16
| H: 15]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {20}
Þulur > Dverga heiti [3] |
«Elfo».
Uno dei nani di Jǫruvellir. Il nome
suggerisce una possibile analogia tra elfi e nani. Pare infatti che i nani
vadano identificati con gli elfi neri [døkkálfar] di cui parla Snorri.
Si vedano al riguardo anche i nani
Gandálfr e Vindálfr. |
|
Alþjófr |
Alþjólfr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 11
| H: 11]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {17}
Þulur > Dverga heiti [3] |
«[Colui che] depreda».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano nella terra. Attestato regolarmente
sia nella Ljóða
Edda che nella
Prose Edda, il nome compare nella forma
alternativa
Alþjólfr in due dei quattro codici
snorriani, R e W. |
|
Andvari |
Ljóða Edda >
Reginsmál [pr. | 2]
Snorri Sturluson:
Prose Edda
> Gylfaginning {19}
Snorri Sturluson:
Prose Edda
> Skáldskaparmál [47 | 49]
Þulur > Dverga heiti [3] |
«Vigilante».
Uno dei nani primordiali che vivevano tra le pietre e le rocce. È attestato in
una sezione presente nella
Prose Edda, ma non contemplata dalla
Vǫluspá.
Suo era il tesoro trafugato da Loki, da cui
prende l'avvio la vicenda dei Niflungar, svolta
sempre da Snorri in Skáldskaparmál [47-49]. |
|
Aurvangr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 13
| H: 14]
Þulur > Dverga heiti [3] |
«[Colui che abita] i campi d'umida argilla».
Uno dei nani creati dalla terra all'inizio del tempo. È attestato unicamente
nella
Vǫluspá, in una sequenza non contemplata da Snorri. Il nome è da
mettere probabilmente in relazione con la regione di
Aurvangar «campi d'umida argilla»,
dove dimorava in origine la stirpe di nani di
Jǫruvellir. |
|
Austri |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 11
| H: 11]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning [8 | 14: {17}]
Þulur > Dverga heiti [3] |
«Est».
Uno dei nani creati dalla terra all'inizio del tempo, reggeva il cielo a
oriente. |
|
Báfurr | Bávǫrr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 11
| H: 12]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {17} |
«Fava».
Forse nel senso di «[piccolo come una] fava»? (Isnardi
1991)
Uno dei nani creati all'inizio del tempo,
appartenente alla schiera di coloro che dimoravano nella terra. La forma
Bávǫrr è attestata unicamente nel codice R della
Vǫluspá.
L'alternanza -f-/-v- va intesa come semplice variante ortografica
del suono [f], e non rispecchia una differenza di pronuncia. |
|
Bífurr | Bívǫrr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 11
| H: 12]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {17}
Þulur > Dverga heiti [1] |
«Castoro».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano nella terra. La forma Bivǫrr
è attestata unicamente nel codice R della
Vǫluspá.
L'alternanza -f-/-v- va intesa come semplice variante ortografica
del suono [f], e non rispecchia una differenza di pronuncia. |
|
Bíldr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [H: 13] |
«Freccia», o forse «vomere».
(Isnardi 1991)
Uno dei nani creati dalla terra all'inizio del tempo. È attestato unicamente nel
codice H della
Vǫluspá, essendo contenuto in una sequenza
non contemplata da R e ignorata anche da Snorri. |
|
Billingr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [H: 13]
Ljóða Edda >
Hávamál [97] |
«Gemello».
Uno dei nani creati dalla terra all'inizio del tempo. È attestato unicamente nel
codice H della
Vǫluspá, essendo contenuto in una sequenza
non contemplata da R e ignorata anche da Snorri. È dubbio se sia da
identificare col personaggio omonimo citato nel
Hávamál [97], la cui figlia è oggetto delle attenzioni di
Óðinn. |
|
Brúni |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [H: 13] |
«Scuro».
Uno dei nani creati dalla terra all'inizio del tempo. È attestato unicamente nel
codice H della
Vǫluspá, essendo contenuto in una sequenza
non contemplata da R e ignorata anche da Snorri. Il suo nome è identico a
Brúni, epiteto di
Óðinn (Þulur
> Óðins nǫfn [6]). |
|
Búri |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [H: 13] |
«Generato». Cfr. norreno búrinn
«nato».
Uno dei nani creati dalla terra all'inizio del tempo. È attestato unicamente nel
codice H della
Vǫluspá, essendo contenuto in una sequenza
non contemplata da R e ignorata anche da Snorri. Il nome di questo nano è
identico a quello di Búri, l'antico gigante
antenato di Óðinn, forse a testimoniare
una confusione tra nani e altre creature primordiali. |
|
Bǫmburr | Bǫmbǫrr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 11
| H: 12]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {17}
Þulur > Dverga heiti [1] |
«Persona minacciosa».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano nella terra. |
|
Dáinn |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 11]
Ljóða Edda
>
Hávamál [143] (elfo)
Ljóða Edda >
Hyndluljóð
[7]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {17} |
«Morto» (cfr deyja «morire»).
(De Vries 1957)
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano nella terra. Sconosciuto al codice R della
Vǫluspá,
Dáinn è citato due volte dal codice H. Soltanto la prima occorrenza
[H: 11] è in relazione
col testo fornito da Snorri (Gylfaginning {17}); la seconda
[H: 13] ricorre in una
sezione presente soltanto in H. Nell'Hávamál,
Dáinn è detto essere un elfo e
lascia sospettare una non precisa distinzione tra le varie categorie di esseri
soprannaturali, peraltro legate al regno dei morti. |
|
Dólgþrasir
|
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 15 |
H: 15] |
«[Colui che] combatte con inimicizia» o
«Avido di battaglia».
Uno dei nani di Jǫruvellir. Il suo
nome è attestato unicamente nei due codici della
Vǫluspá.
Snorri lo sostituisce con
Dólgþvari. |
|
Dólgþvari |
Snorri
Sturluson: Prose Edda >
Gylfaginning {19} |
«Lancia nemica»
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano tra le pietre e le rocce. Il suo
nome è attestato unicamente in Snorri. La
Vǫluspá
lo sostituisce con Dólgþrasir. |
|
Draupnir |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 15 |
H: 15]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {19}
Þulur > Dverga heiti [3] |
«Gocciolante»
Secondo la
Vǫluspá, uno dei nani di
Jǫruvellir. Secondo Snorri, faceva
parte della schiera dei nani primordiali che vivevano tra le pietre. Forse da
mettere in collegamento con l'anello Draupnir,
appartenente a Óðinn, anch'esso forgiato
dai nani. |
|
Dóri |
Ljóða Edda >
Svipdagsmál
>
Fjǫlsvinnsmál
[16]
Snorri Sturluson: Prose Edda
> Gylfaginning {19}
Þulur > Dverga heiti [3] |
«Colui che nuoce».
Uno dei nani primordiali che vivevano tra le pietre e le rocce. È attestato in
una sezione presente in Snorri, ma non contemplata dalla
Vǫluspá.
|
|
Dúfr |
Snorri
Sturluson: Prose Edda >
Gylfaginning {19}
Þulur > Dverga heiti [3] |
«Assonnato»
Uno dei nani primordiali che vivevano tra le pietre e le rocce. È attestato in
una sezione presente in Snorri, ma non contemplata dalla
Vǫluspá.
Il suo nome è forse da intendere in relazione al mondo dei morti. |
|
Durinn |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [10]
Snorri Sturluson: Prose Edda
> Gylfaginning [14] |
«Portinaio».
Il secondo dei nani primordiali, dopo
Móðsognir. Il nome forse
indica il suo status di guardiano delle «porte di pietra» che fornivano
l'accesso al regno dei nani. |
|
Dúrnir |
Þjóðólfr ór
Hvíni: Ynglingatal [2]
Þulur > Dverga heiti [3] |
«Colui che dorme».
Forse da intendere in relazione al mondo dei morti. Con
interessante kenning, Þjóðólfr ór Hvíni definisce i nani «figli di
Dúrnir» [Dúrnis niðjar] (Ynglingatal [2]). |
|
Dvalinn |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 11
| H: 11]
Ljóða Edda >
Hávamál [143]
Ljóða Edda >
Alvíssmál
[16]
Ljóða Edda >
Fáfnismál
[16]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {17 | 23}
Þulur > Dverga heiti [2] |
«Colui che indugia» (?)
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano nella terra. Pare fosse anche il
signore o il più saggio dei nani, stando a quando afferma
Óðinn nel
Hávamál.
La
Vǫluspá considera
Dvalinn il progenitore dei nani di
Jǫruvellir, antenato di Lofarr.
Snorri, che cita questa stirpe dei nani, non fa parola sul fatto che
Dvalinn ne fosse l'antenato. Il
Fáfnismál afferma che alcune delle
Nornir fossero «figlie di
Dvalinn», cioè che
appartenessero ai nani.
Questo nano appare stranamente legato al sole, che in una kenning citata
nell'Alvíssmál è detto «compagna di giochi
di Dvalinn». |
|
Eikinskjaldi |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 13, 16
| H: 14, 15]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {20}
Þulur > Dverga heiti [6] |
«[Colui che ha] lo scudo di quercia».
Uno dei nani creati dalla terra all'inizio del tempo, appartenente alla stirpe
dei nani di Jǫruvellir. Il suo nome
ricorre due volte nel «catalogo dei nani». La ricorrenza in
Vǫluspá [R 16 | H 15] è riportata anche da Snorri
ne Prose Edda {20}. Lo ritroviamo poi attestato in
Vǫluspá [R: 13 | H: 14],
in una sequenza non contemplata da Snorri. |
|
Falr |
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {20}
Snorri Sturluson:
Prose Edda > Skáldskaparmál
[10] |
Forse da intendersi nel senso di «colui che salda le lance». In
norreno, falr è infatti l'incavo sulla punta delle lance.
Uno dei nani di Jǫruvellir. È
attestato soltanto da Snorri. Il codice R della
Vǫluspá
lo sostituisce con Fjalarr (la
sezione corrispondente manca nel codice H). Per quanto non sia
improbabile ritenere
Fjalarr e
Falr
due varianti di un medesimo nome, Snorri li cita separatamente nello
Skáldskaparmál. |
|
Fili |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 13 |
H: 13]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {18}
Þulur > Dverga heiti [5] |
«Lima» (Isnardi 1991)
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano nella terra. Il significato del
nome è probabilmente da vedere in relazione all'attività artigianale a cui erano
dediti i nani. Si veda anche il nano
Heptifili «manico di lima».
Citato in tutte le redazioni del «catalogo dei nani» in allitterazione con
Kili. |
|
Finnr > Fiðr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 16]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {20}
Snorri Sturluson:
Prose Edda > Skáldskaparmál
[31]
Þjóðólfr ór Hvíni:
Haustlǫng [13f] |
«Finno», nel senso di «finnico» (-ðr è
il normale esito di -nnr nella tarda fase della lingua norrena).
Uno dei nani di Jǫruvellir. Il nome è
forse inteso nel senso che i Finni erano considerati esperti nelle arti magiche
e nelle pratiche sciamaniche. Attestato nel codice R della
Vǫluspá
(ma non nell'H) e in Snorri. È anche citato da
Þjóðólfr ór Hvíni nel poema Haustlǫng,
dove «Finnr delle montagne» [fjalla
finnr] è una kenning per «gigante». Si intende più precisamente il
gigante Hrungnir che, in un racconto, salì in piedi su uno scudo per impedire
che Þórr lo attaccasse da sotto terra (e dunque il
«ponte dei calcagni del
Finnr delle montagne» è lo scudo appartenuto al
poeta). L'ardua kenning è spiegata da Snorri in
Skáldskaparmál [31]. |
|
Fjalarr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 16]
Snorri Sturluson:
Prose Edda > Skáldskaparmál
[4] |
Uno dei nani di
Jǫruvellir. È attestato soltanto nel
codice R della
Vǫluspá, ma manca nel codice H.
Snorri lo sostituisce con Falr, che
è probabilmente da intendere come un diverso personaggio.
Nel racconto riferito da Snorri,
Fjalarr e Galarr furono i due
nani che uccisero Kvasir e dal suo corpo
distillarono l'idromele della poesia, di cui poi s'impossessò il gigante
Suttungr. |
|
Fornbogi |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [H: 13] |
«Arco antico».
Uno dei nani creati dalla terra all'inizio del tempo. È attestato unicamente nel
codice H della
Vǫluspá, mentre nel codice R il suo
nome è sostituito da Hornbori.
La sequenza non è contemplata da Snorri. |
|
Frár | Frór |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 13 |
H: 13] |
«Lesto».
Uno dei nani creati dalla terra all'inizio del tempo. È attestato unicamente
nella
Vǫluspá, in una sequenza non contemplata da Snorri. Più
esattamente è presente come
Frár nel codice R, e
Frór nel codice H. |
|
Frosti |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 16]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {20}
Þulur > Dverga heiti [5] |
«Ghiacciato»
Uno dei nani di Jǫruvellir. Attestato
nel codice R della
Vǫluspá (ma non nell'H) e in
Snorri. Ha lo stesso nome del gigante elementale
Frosti. |
|
Frægr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 13 |
H: 13] |
«Famoso, glorioso».
Uno dei nani creati dalla terra all'inizio del tempo. È attestato unicamente
nella
Vǫluspá, in una sequenza non contemplata da Snorri. |
|
Fullangr |
Þulur > Dverga heiti [*] |
«Cattivo odore».
Forse da connettersi anch'esso al mondo dei morti. |
|
Fundinn |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 13 |
H: 13]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {18} |
«Trovato».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano nella terra. Il suo nome, di senso
non chiaro, forse si riferisce a un mito andato perduto. |
|
Galarr |
Snorri
Sturluson: Prose Edda >
Skáldskaparmál [4] |
«[Colui che] canta magicamente».
Nel racconto riferito da Snorri,
Fjalarr e
Galarr furono i due nani che
uccisero Kvasir e dal suo corpo
distillarono l'idromele della poesia, di cui poi s'impossessò il gigante
Suttungr. Mentre
Fjalarr è citato nel
«catalogo dei nani» della
Vǫluspá come uno dei nani di
Jǫruvellir, nulla viene detto al
riguardo sul suo compagno Galarr. |
|
Gandálfr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 12 |
H: 11]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {18}
Þulur > Dverga heiti [4] |
«Elfo incantatore, elfo stregone».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano nella terra. La Isnardi traduce il
suo nome «elfo ingannatore», in base alla capacità magica di cambiare aspetto e
sviare i sensi (Isnardi 1991). In norreno gandr
ha un'ampia gamma di significati, tutti relati nel campo semantico di «magia,
portento, strumento magico, creatura soprannaturale» (cfr. gǫndull, che è
la «verga magica», ma anche il «pene»).
Il termine «elfo» (presente nei nomi dei nani
Álfr,
Gandálfr e
Vindálfr) sembra testimoniare
un certo grado di confusione che doveva sussistere tra le varie creature
soprannaturali.
Si noti che è proprio dal nome di questo nano che deriva il popolare personaggio
dello stregone Gandalf nei romanzi di J.R.R. Tolkien. |
|
Ginnarr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 16]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {20}
Þulur > Dverga heiti [4] |
«Ingannatore».
Uno dei nani di Jǫruvellir. Attestato
nel codice R della
Vǫluspá (ma non nell'H) e in
Snorri. Il nome di questo nano è identico a
Ginnarr, un epiteto minore di
Óðinn, attestato nelle þulur. |
|
Glóinn | Glói |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 15 |
H: 15]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {19}
Þulur > Dverga heiti [5] |
«Luminoso».
Secondo la
Vǫluspá, uno dei nani di
Jǫruvellir. Secondo Snorri, faceva
parte della schiera dei nani primordiali che vivevano tra le pietre. Il nome
forse allude ai metalli, il cui bagliore illumina le viscere della terra.
Secondo la
Vǫluspá, era uno dei nani di
Jǫruvellir. |
|
Hannarr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 13 |
H: 13]
Þulur > Dverga heiti [5] |
«Abile artigiano».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano tra le pietre e le rocce. Attestato nella
Vǫluspá. Snorri fa corrispondere nel
verso corrispondente, il nome Hárr.
|
|
Hár | Hárr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 15 |
H: 15]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {19}
Þulur > Dverga heiti [5] |
«[Colui che ha lunghi] capelli», forse nel senso di «grigio,
canuto».
Il termine hár in norreno sta per «chioma, capelli» (cfr. tedesco Har,
inglese hair, danese e svedese hår), mentre l'aggettivo
corrispondente hárr vale per «irsuto, dai lunghi capelli».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano tra le pietre e le rocce. Entrambi
i codici della
Vǫluspá riportano questo nome nella forma
Hár
alla strofa [15], a cui però corrisponde in Snorri
il nome Hǫrr
(Gylfaginning {19}).
Nella stessa strofa, Snorri riporta anche la dizione
Hárr,
anche se in corrispondenza dell'Hannarr
di
Vǫluspá [13]. Le þulur
attestano invece la forma
Hár.
Il codice U della
Prose Edda è l'unico a segnalare
Hár in luogo di
Hǫrr, ma lo stesso codice manca
anche di Hárr in corrispondenza di
Hannarr. Dunque, anche se rimane
incerto se Hárr e
Hǫrr vadano considerati due
varianti di uno stesso nome, è evidente che tutti e quattro i codici di Snorri
li distinguono l'uno dall'altro.
Non è nemmeno certo se anche Hár e
Hárr vadano a loro volta distinti.
In tal caso è possibile che il primo vada letto come havar > hár «alto»,
divenendo così identico all'epiteto Hár
attribuito a Óðinn. Tuttavia, il fatto
che il codice U della
Prose Edda abbia
Hár e non
Hárr, induce a pensare che si
tratti di un medesimo personaggio riportato in due diverse varianti grafiche. |
|
Haugspori |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 15 |
H: 15] |
«[Colui che] va sui tumuli».
Uno dei nani di Jǫruvellir. Il suo
nome è attestato unicamente nei due codici della
Vǫluspá.
Snorri lo sostituisce con Hugstari.
Il nome forse suggerisce un collegamento tra i nani e il regno dei morti. |
|
Heptifili |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 13 |
H: 13]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {19}
Þulur > Dverga heiti [5] |
«Manico di lima».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano nella terra. Il suo nome presenta un
probabile riferimento all'abilità artigianale attribuita ai nani. Si noti
che il nome di questo nano, unico nel codice R della
Vǫluspá,
viene scisso in due nomi distinti nel codice H: Hepti «presa,
maniglia, manico» e
Fili «lima». |
|
Hleðjólfr |
Snorri
Sturluson: Prose Edda >
Gylfaginning {19} |
«Lupo protettore»
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano tra le pietre e le rocce. Il suo
nome è attestato unicamente in Snorri. La
Vǫluspá
lo sostituisce con Hlévargr. |
|
Hlévargr |
Hlévangr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 15 |
H: 15] |
Uno dei nani di Jǫruvellir.
È attestato unicamente nei due codici della
Vǫluspá.
Più esattamente, il nome compare come Hlévangr «campo riparato» nel
codice R della
Vǫluspá, ma come Hlévargr «lupo dei
luoghi protetti» o «lupo famoso» nel codice H. La seconda interpretazione
sembra più ragionevole. Snorri lo sostituisce con
Hleðjólfr. |
|
Hornbori |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 13]
Þulur > Dverga heiti [5] |
«Colui che soffia nel corno».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, forse da mettere
in relazione alla credenza popolare che l'eco sia la voce dei nani (Isnardi 1991). È attestato unicamente nel codice
R della
Vǫluspá, mentre nel codice H il suo
nome è sostituito da Fornbogi.
La sequenza non è contemplata da Snorri. |
|
Hugstari |
Snorri
Sturluson: Prose Edda >
Gylfaginning {19}
Þulur > Dverga heiti [5] |
«Dall'ostinato pensiero» (oppure «resistente
ai colpi»?)
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano tra le pietre e le rocce. Il suo
nome è attestato unicamente in Snorri. La
Vǫluspá
lo sostituisce con Haugspori. |
|
Hǫrr |
Snorri
Sturluson: Prose Edda >
Gylfaginning {19} |
«[Biondo come il] lino».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano tra le pietre e le rocce. Il suo
nome è attestato unicamente in Snorri, in corrispondenza con l'Hár(r) riportato nella
Vǫluspá (nome che ricompare nel codice U di Snorri).
Snorri considera evidentemente Hǫrr
diverso da Hár(r), che cita
separatamente nella stessa strofa, in corrispondenza all'Hannarr della
Profezia. |
|
Jari |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 13 |
H: 14] |
«Ansioso di battaglia»
Uno dei nani creati dalla terra all'inizio del tempo. È attestato unicamente
nella
Vǫluspá, in una sequenza non contemplata da Snorri. |
|
Kili |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 13 |
H: 13]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {18}
Þulur > Dverga heiti [6] |
Forse «cuneo».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano nella terra. Il significato del
nome è probabilmente da vedere in relazione all'attività artigianale a cui erano
dediti i nani. Citato in tutte e sei le redazioni del «catalogo dei nani» in
allitterazione con Fili. |
|
Litr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 12 |
H: 12]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {18} [49]
Þulur > Dverga heiti [6] |
«Colorato».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano nella terra. Secondo Snorri,
intralciò il passo a Þórr il quale lo
spedì con un calcio nel rogo funebre di Baldr,
bruciandolo (Gylfaginning [49]). Citato, in allitterazione con
Vitr, in tutte le redazioni del
«catalogo dei nani». |
|
Lofarr | Lovarr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 14, 16
| H: 14, 16]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning [14]
Þulur > Dverga heiti [6] |
«[Colui che] loda».
Nano appartenente alla discendenza di
Dvalinn, i cui antenati
provenivano da Jǫruvellir. Snorri
parla di lui al plurale (i Lofarr/Lovarr) intendendo probabilmente la
stirpe di cui il nano Lofarr era
discendente. |
|
Lóni |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 13 |
H: 13] |
«Pigro»
Uno dei nani creati dalla terra all'inizio del tempo. È attestato unicamente
nella
Vǫluspá, in una sequenza non contemplata da Snorri. |
|
Mjǫðvitnir |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 11 |
H: 12]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {17}
Þulur > Dverga heiti [1] |
«Lupo dell'idromele».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano nella terra. Si confronti con
Miðvitnir, padre del gigante
Søkkmímir. |
|
Móðsognir |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 10 |
H: 10]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning [14]
Þulur > Dverga heiti [1] |
«[Colui che] succhia la forza» oppure «[colui
che] è senza forza».
Detto il più nobile di tutti i nani, mentre
Durinn sarebbe stato secondo
soltanto a lui. Dal nome si potrebbe associare il personaggio a qualche tipo di
vampiro o dèmone incubo. |
|
Náinn |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [H: 11, 13]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {17}
Þulur > Dverga heiti [2] |
«Parente stretto».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente alla schiera di coloro
che dimoravano nella terra. Sconosciuto al codice
R della
Vǫluspá, questo nome è citato due volte dal
codice H. Soltanto la prima occorrenza
[H: 11] è in relazione
col testo fornito da Snorri (Gylfaginning {17}); la seconda
[H: 13] ricorre in una
sezione presente soltanto in H. |
|
Náli |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 13 |
H: 13] |
«Cadavere».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente alla schiera di coloro
che dimoravano nella terra. Il suo nome indica chiaramente un collegamento tra i
nani e il mondo dei morti. Attestato nelle due redazioni della
Vǫluspá, viene sostituito da
Váli nella
redazione di Snorri (Gylfaginning {18}). I due nomi sono
stati forse scambiati tra loro per via di qualche legame con la coppia formata
da Váli e
Nari, figli di Loki. |
|
Nár |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 12 |
H: 11, 13]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {17}
Þulur > Dverga heiti [2] |
«Cadavere».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente alla schiera di coloro
che dimoravano nella terra. Il nome, come il precedente, indica un collegamento
col mondo dei morti. Questo nome è citato due volte dal codice H. Soltanto la prima occorrenza
[H: 11] è in relazione
col testo fornito da Snorri (Gylfaginning {17}); la seconda
[H: 13] ricorre in una
sezione presente soltanto in H. Il codice R cita
Nár una volta
sola [R: 12],
sebbene in corrispondenza col Nýr
di H; quest'ultimo nome è però quello
corretto in questo punto, come rivela l'allitterazione con
Nýráðr. |
|
Níði |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 11 |
H: 11]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {17}
Þulur > Dverga heiti [2]
Cfr. Ljóða
Edda >
Discorso di Vafþrúðnir [25] |
«Luna nuova».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente alla schiera di coloro
che dimoravano nella terra. Il «catalogo dei nani» lo allittera con
Nýi nella formula «Nýi ok
Níði» che nel suo complesso significa «luna piena e luna nuova». In
un canto eddico compare la strofa «luna piena e luna nuova / crearono gli
dèi propizi / per segnare agli uomini il tempo» [ný ok nið / skópo nýt regin / ǫldom at ártali] (Discorso
di Vafþrúðnir [25]). |
|
Nípingr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [H: 11, 13]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {17} |
«Oscuro» (De
Vries 1957).
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano nella terra. Sconosciuto al codice R della
Vǫluspá,
questo nome è citato due volte dal codice H.
Soltanto la prima occorrenza [H: 11] è in relazione col testo fornito da Snorri
(Gylfaginning {17});
la seconda [H: 13] ricorre in una sezione presente soltanto in H.
|
|
Norðri |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 11 |
H: 11]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning [8] {17}
Þulur > Dverga heiti [1 | 2] |
«Nord».
Uno dei nani creati dalla terra all'inizio del tempo, reggeva il cielo a
settentrione. |
|
Nóri |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 11 |
H: 12]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {17} |
«Ritaglio»
(letteralmente «pezzettino»).
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente alla schiera di coloro
che dimoravano nella terra. |
|
Nýi |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 11 |
H: 11]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {17}
Þulur > Dverga heiti [1]
Cfr. Ljóða
Edda >
Vafþrúðnismál [25] |
«Luna piena».
(Letteralmente la parola indica il «rinnovamento» della luna. Si noti che in
norreno l'espressione ha senso perfettamente opposto rispetto all'italiano, dove
è detta «luna nuova» la fase in cui la luna è in ombra).
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente alla schiera di coloro
che dimoravano nella terra. Il «catalogo dei nani» lo allittera con
Níði nella formula «Nýi ok
Níði» che nel suo complesso significa «Luna piena e luna nuova». Si
veda la strofa «luna piena e luna nuova / crearono gli dèi propizi / per
segnare agli uomini il tempo» [ný ok nið /
skópo nýt regin / ǫldom at ártali] (Vafþrúðnismál [25]). |
|
Nýr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [H: 12]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {18}
Þulur > Dverga heiti [2] |
«Nuovo».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente alla schiera di coloro
che dimoravano nella terra. È probabilmente da mettere in relazione con
Nýi, di cui
Nýr è,
anzi, una variante grammaticale. In tal caso il significato sarebbe da intendere
nel senso di «luna piena» [supra].
Il suo nome compare solamente nella redazione H della
Vǫluspá.
La redazione R riporta al suo posto il nome di
Nár, che è da considerare un refuso
per Nýr. |
|
Nýráðr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 12 |
H: 12]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {18}
Þulur > Dverga heiti [2] |
«Nuovo consiglio».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente alla schiera di coloro
che dimoravano nella terra. È posto in allitterazione con
Nýr in tutte le redazioni del
«catalogo dei nani», tranne in R, dove un refuso vi sostituisce il nome
di Nár. |
|
Óinn |
Ljóða Edda > Reginsmál [2]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {17}
Þulur > Dverga heiti [3] |
«Timoroso».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente alla schiera di coloro
che dimoravano nella terra. Il suo nome manca nella
Vǫluspá (che lo sostituisce con
Ái). È invece
attestato nella
Prose Edda, nei
codici R e W; manca nel codice T (dove è di nuovo
sostituito da Ái), mentre è
riportato nel codice U nella forma erronea Onni. Viene inoltre citato nel
Reginsmál come padre di
Andvari. |
|
Ónarr | Ánarr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 11 |
H: 12]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {17}
Þulur > Dverga heiti [3] |
«Eccitato» (nel senso
di «ubriaco»).
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente alla schiera di coloro
che dimoravano nella terra. È Ánarr nel codice R della
Vǫluspá, Ónarr nel codice H. Snorri riporta
la forma Ónarr, tranne nel codice U dove
ritorna la forma Annarr, forse per accostamento con il personaggio di
Annarr, già identificato da Snorri
con Óðinn. |
|
Ónn | Ánn |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 11 |
H: 12]
Þulur > Dverga heiti [3] |
«Ottimo amico».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente alla schiera di coloro
che dimoravano nella terra. Il nome di questo nano compare soltanto nella forma
Án[n]
nella
Vǫluspá, ma è assente in Snorri. La forma
Ónn, attestata nelle þulur, restituisce l'alternanza á-/ó- già attestata in una serie di nani dai nomi
strettamente allitterati, presenti nella prima lezione nella
Ljóða Edda, nella seconda nella
Prose Edda. |
|
Óri |
Ljóða Edda >
Svipdagsmál
>
Fjǫlsvinnsmál
[34]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning [14: {17}, {19}]
Þulur > Dverga heiti [4] |
«Eccitato».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente alla schiera di coloro
che dimoravano nella terra. Questo nome è sconosciuto alla
Vǫluspá, ma è attestato due volte da Snorri. La prima ricorrenza
{17} sembra sorta per una confusione con
Órinn, nome
che compare nel codice W, mentre
Óri compare in T e U. La seconda ricorrenza
{19} è attestata da tutti e
quattro i manoscritti snorriani ed è probabilmente quella originale. |
|
Órinn |
Snorri
Sturluson: Prose Edda >
Gylfaginning {17} |
«Eccitato».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente alla schiera di coloro
che dimoravano nella terra. Il nome di
Órinn
compare soltanto nel codice W della
Prose Edda, nel posto occupato da
Óri nei codici T e U. Questo fa pensare a una
confusione tra i due nomi. Che si tratti di due varianti grafiche di un unico
nome potrebbe essere escluso dal fatto che un secondo
Óri è attestato da Snorri nella
strofa {17} (in tutti e quattro i codici). Non si può tuttavia tacere il fatto che le þulur
conoscano Óri
ma non Órinn. |
|
Ráðsviðr
|
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 12 |
H: 12]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {18}
Þulur > Dverga heiti [6] |
«Saggio consigliere».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che vivono nella terra. |
|
Reginn |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 12 |
H: 12]
Ljóða Edda >
Grípisspá
[11]
Ljóða Edda >
Reginsmál
[passim]
Ljóða Edda >
Fáfnismál
[pr., 22-39]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {18}
Snorri Sturluson:
Prose Edda > Skáldskaparmál
[47-48 | 50]
Vǫlsunga saga
Þulur > Dverga heiti [6] |
Uno dei nani creati
all'inizio del tempo, appartenente alla schiera di coloro che dimoravano nella
terra. Presente soltanto nella
Vǫluspá,
Snorri lo sostituisce con Rekkr.
La sua importanza nel mito norreno è legata al suo ruolo di tutore di
Sigurðr nel ciclo dei
Niflungar. Come tale, Reginn
compare nel Reginsmál (poema intitolato
espressamente a lui), in un lungo racconto inserito nello
Skáldskaparmál di Snorri, e nella
Vǫlsunga saga. |
|
Rekkr |
Snorri
Sturluson: Prose Edda >
Gylfaginning {18}
Þulur > Dverga heiti [6] |
«Guerriero»
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente alla schiera di coloro
che vivono nella terra. Il nome è attestato unicamente da Snorri, dove
sostituisce Reginn, riportato
nella
Vǫluspá. |
|
Skáfiðr |
Skáviðr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 15 |
H: 15]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {20}
Þulur > Dverga heiti [2] |
«Colui che raschia».
Uno dei nani di Jǫruvellir. Il suo
nome fa riferimento all'attività artigianale attribuita ai nani, oppure
all'operazione di scavare gallerie nel cuore della terra. |
|
Skirvir | Skirfir |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 15 |
H: 15]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {20}
Þulur > Dverga heiti [2] |
«Abile artigiano».
Uno dei nani di Jǫruvellir. Il suo
nome fa riferimento all'attività artigianale attribuita ai nani. |
|
Suðri |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 11 |
H: 11]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning [8] {17}
Þulur > Dverga heiti [2] |
«Sud».
Uno dei nani creati dalla terra all'inizio del tempo, reggeva il cielo a
meridione. |
|
Svíurr | Svíarr | Sviðr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 13 |
H: 13]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {14} |
Forse da intendersi «[colui che] scompare».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano tra le pietre e le rocce. Il suo
nome è attestato in molte diverse ortografie. È Svíurr nel codice R
della
Vǫluspá, mentre è Sviðr nel codice H. I vari
manoscritti di Snorri riportano Sjárr, Snjárr o Svjárr.
Tali variazioni hanno probabilmente soltanto valore ortografico o non devono
necessariamente essere riferiti a diversi personaggi. |
|
Váli |
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {18} |
«Piccolo combattente»
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano nella terra. È presente unicamente nella
redazione di Snorri, dove sostituisce il
Náli attestato nelle due redazioni
della
Vǫluspá. I due nomi
sono stati forse scambiati tra loro per via di qualche legame con la
coppia formata da Váli e
Nari, figli di
Loki. Si noti che il
medesimo nome è attribuito al dio Váli
figlio di Óðinn. |
|
Veigr | Viggr | Vigr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 12 |
H: 11]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {18} |
Uno dei nani creati
all'inizio del tempo, appartenente alla schiera di coloro che dimoravano nella
terra. Le varie forme di questo nome fornite nelle varie versioni del
«novero dei nani» non sono tra loro sovrapponibili. Il codice R della
Vǫluspá
fornisce la forma Veigr «[colui che ha] l'andatura traballante»
(Isnardi 1991), se non è invece da intendere come
forma maschile del sostantivo veig «bevanda inebriante» (cfr. il nome di
Gullveig «ebbrezza dell'oro»). Il
codice H ha la forma Viggr «destriero»; anche se la Isnardi rende
«cuneo» (Isnardi 1991). In Snorri compare la grafia
Vigr «lancia», forse da intendersi come «[fabbro di] lance»
(Isnardi 1991). |
|
Vestri |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 11 |
H: 11]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning [8] {17} |
«Ovest».
Uno dei nani creati dalla terra all'inizio del tempo, reggeva il cielo a
occidente. |
|
Vindálfr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 12 |
H: 11]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {18}
Þulur > Dverga heiti [4] |
«Elfo del vento».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano nella terra. Il termine «elfo»
(presente nei nomi dei nani Álfr,
Gandálfr e
Vindálfr) sembra testimoniare
un certo grado di confusione che doveva sussistere tra le varie creature
soprannaturali. |
|
Virvir | Virfir |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 15 |
H: 15]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {20}
Þulur > Dverga heiti [2] |
Forse, «cavallo».
Uno dei nani di Jǫruvellir. Il nome
va forse inteso con connessioni falliche? Oppure nel senso di dèmone incubo? In
quest'ultimo caso la ragione è che l'incubus era visto, nella tradizione
germanica, nella forma di un cavallo che costringeva il dormiente a spossanti
cavalcate (si veda la parola inglese nightmare «incubo», letteralmente
«giumenta notturna»). |
|
Vitr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 12 |
H: 12]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {18}
Þulur > Dverga heiti [4] |
«Saggio»
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano nella terra. Citato, in
allitterazione con Litr, in tutte
le redazioni del «catalogo dei nani». |
|
Yngvi | Ingi |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 16 |
H: 15]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {20} |
Forse, «Progenitore».
Uno dei nani di Jǫruvellir. Nella
Vǫluspá l'ortografia del nome è Yngvi. Snorri tuttavia
scrive Ingi, forse per evitare confusione con l'Yngvi
epiteto di Freyr che è alla base delle
dinastie da lui narrate nella Ynglinga saga
(solo nel manoscritto U della
Prose Edda, il nome torna a essere Yngvi). |
|
Þekkr |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 12]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {18}
Þulur > Dverga heiti [4] |
«Obbediente, disponibile, piacevole».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente alla schiera di coloro
che dimoravano nella terra. Attestato della redazione R della
Vǫluspá, ma sostituito da
Þrár nella redazione H.
Tutti i codici snorriani lo riportano con diverse ortografie, tranne U
che lo ignora. Si noti che Þekkr è
anche un heiti di Óðinn
(Grímnismál [46] |
Gylfaginning [20]). |
|
Þorinn |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 12 |
H: 11]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning [{18}]
Þulur > Dverga heiti [4] |
«Coraggioso».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente
alla schiera di coloro che dimoravano nella terra. Nel codice U
della Prose Edda,
il suo nome viene riportato due volte, ma il confronto con la
Vǫluspá
e gli altri codici di Snorri mostra che la seconda occorrenza è probabilmente
dovuta a una confusione con Þróinn. |
|
Þrár |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [H: 12]
Þulur > Dverga heiti [4] |
«Testardo, cocciuto».
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente alla schiera di coloro
che dimoravano nella terra. Questo nome è citato unicamente nella
redazione H della
Vǫluspá, in cui sostituisce il
Þekkr di R e di Snorri.
Per quanto a volte considerato una variante di
Þrór,
Þrár è probabilmente un
personaggio indipendente. Entrambi i nomi sono infatti citati separatamente non
soltanto in H, dove permane la possibile di un errore, ma anche nelle
þulur. |
|
Þráinn | Þróinn |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 12 |
H: 12]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {18} |
Forse, «proficuo». O
«minaccioso». (Isnardi 1991)
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente alla schiera di coloro
che dimoravano nella terra. Il nome è attestato come
Þráinn
nella
Vǫluspá e come
Þróinn in Snorri. Nel codice U della
Prose Edda
il nome viene sostituito, probabilmente per errore, da
Þorinn, ripetuto qui per la
seconda volta. |
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Þrór |
Ljóða Edda >
Vǫluspá [R: 12 |
H: 12]
Snorri Sturluson:
Prose Edda >
Gylfaginning {18}
Þulur > Dverga heiti [4] |
Forse, «proficuo».
(Isnardi 1991)
Uno dei nani creati all'inizio del tempo, appartenente alla schiera di coloro
che dimoravano nella terra. Si noti che
Þrór è anche un heiti di
Óðinn (Grímnismál [49] |
Gylfaginning [20]). |
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XIII - «ADDOMESTICAMENTO» DEI NANI NELLA
LETTERATURA FRANCESE E TEDESCA I poeti della rinascita letteraria tedesca,
grossomodo tra il 1240 e il 1300, trovarono nelle antiche leggende teutoniche un
serbatoio inesauribile di vicende a cui attingere per le loro composizioni.
Produssero così un gran numero di poemi – per la maggior parte di scarso valore
letterario – in cui si mescolavano disinvoltamente l'epico e il fiabesco. Non è
raro ritrovare in questo materiale gli antichi esseri mitologici, quali appunto
i nani, recuperati in un contesto ormai del tutto demitizzato. È il caso, ad
esempio, delle composizioni incentrate su Dietrich von
Bern (ancora Teodorico di Verona), protagonista di un vero e proprio
ciclo epico basato su materiali orali provenienti dal Tirolo o dall'Alto Adige.
È sicuramente questo il caso del poema König Laurin
o Der Rosengarten, ambientato tra le
Dolomiti.
Signore di un giardino di rose di meravigliosa bellezza, nascosto tra le
inviolate cime delle Alpi altoatesine, l'agguerrito nano
Laurin, forte di una magica cintura che gli conferiva la potenza di
dodici uomini, bloccava chiunque tentasse di oltrepassare il filo di seta che
segnava il confine del suo regno. Dietrich decise
di tentare l'impresa ma, entrato nel Rosengarten, rimase affascinato alla
vista delle splendide rose coltivate dal nano. Assai meno nobile d'animo, il
guerriero Witege devastò il giardino, venendo
subito abbattuto da Laurin.
Con uno stratagemma, Dietrich strappò la cintura
al nano, costringendolo all'obbedienza. Laurin
condusse allora Dietrich a visitare il suo regno
sotterraneo ma, datogli da bere un filtro magico, lo fece addormentare e lo
rinchiuse in prigione insieme a Witege. Ma con
l'aiuto di una principessa, rapita tempo prima da Laurin,
Dietrich e Witege
riuscirono a liberarsi, e dopo aver vinto le schiere di nani e giganti sollevate
contro di loro, presero prigioniero lo stesso Laurino e lo depredarono di tutti
i suoi favolosi tesori. Condotto a Verona, il nano venne fatto battezzare e
accolto a corte dallo stesso Dietrich, in modo che
lo intrattenesse con le sue arti magiche e i suoi giochi di prestigio.
E ancora oggi, secondo la tradizione ladina, l'Enrosadira, il bel
colore rosato che le Dolomiti assumono all'alba e al tramonto, è un riverbero
della luce riflessa dal misterioso giardino delle rose di re
Laurin.
Un testo come questo si colloca in una fase in cui l'originaria crudezza del
mito teutonico viene addomesticata per il divertimento del pubblico raffinato
delle corti sveve. Non vi è più alcuno scopo sapienziale, ma il semplice intento
di un poeta di corte di compiacere il suo pubblico. Nella descrizione del regno
sotterraneo di Laurin, con le sue caverne
sfavillanti di gemme, si scorge un ricordo dei nani guardiani di tesori delle
antiche leggende. Ma re Dietrich (Teodorico)
strappa Laurin dal suo regno mitologico e lo
trapianta in una realtà più prosaica, dove i nani si esibiscono come giullari
per il sollazzo delle corti.
Altro nano destinato a un «addomesticamento» letterario è
Alberich, versione continentale dell'Álfrikr norreno. Alberich fa
una rapida apparizione nel Nibelungenlied
(XIII sec.), versione cortese, in medio alto tedesco, della
Vǫlsunga saga. Qui,
Siegfried abbatte due principi, Schilbung e
Nibelung, e si impossessa del loro immenso tesoro,
custodito nelle caverne di una montagna. Dopodiché abbatte i guerrieri
nibelunghi e, per ultimo, vince il possente nano Alberich,
a cui strappa la Tarnkappe, il cappuccio dell'invisibilità.
Siegfried gli risparmia la vita, lo nomina suo
servitore e lo pone a custodia del tesoro (Nibelungenlied [87-98]).
Com'è evidente, Alberich occupa qui il posto che
nella Vǫlsunga saga apparteneva ad
Andvari. Ma Alberich
sembra fosse stato un personaggio assai diverso. Il suo nome vuol dire «re degli
elfi» e pare che i Merovingi lo considerassero un antenato della loro stirpe. In
un altro poema medio-alto-tedesco, l'Ortnit,
anch'esso collegato al ciclo di Dietrich von Bern,
il nano Alberich è padre del protagonista
Ortnit, re di Lombardia. È detto avere cinquecento
anni, è un abile fabbro e un eccellente arpista. Alto come un bambino di quattro
anni, è di bellissimo sembiante e ha la forza di dodici uomini. Possiede una
pietra meravigliosa che, messa in bocca, gli permette di intendere e parlare
tutte le lingue del mondo. Quando suo figlio Ortnit
si innamora di una splendida principessa, figlia di un re pagano,
Alberich lo accompagna in una spedizione in
Oriente, rendendosi visibile solo a lui. Ed è
proprio Alberich a rapire la fanciulla, dopo aver
giocato al padre di lei ogni sorta di tiri birboni.
(Grunanger 1967).
Ereditato con il nome di Aubéron nelle chansons de geste francesi, il
nostro nano riappare come co-protagonista del poema cavalleresco
Huon de Bordeaux, probabilmente composto in
Piccardia tra il 1225 e il 1260. Figlio di Giulio Cesare e della Fata Morgana,
Aubéron è il re delle fate e abita nella città di
Monmur, nelle foreste tra Gerusalemme e il Mar Rosso. Il suo aspetto è quello di
un nano gobbo, alto non più di tre piedi. È però molto avvenente e assai ben
vestito. Nessuno dei viandanti che entrano nel suo dominio, narra la chanson,
può sfuggirgli se se è così incauto da accettare di conversare con lui: in
questo caso diverrà suo prigioniero per tutta la vita. Ma se qualcuno rifiuta di
rispondergli, Aubéron monta subito in collera ed è
capace di scatenargli contro una tempesta. Si tratta però solo di un'illusione,
creata per suscitare terrore. Se il viandante riesce a ignorare lampi, vento e
pioggia, allora può proseguire indisturbato lungo la propria strada.
Nonostante le premesse, Aubéron fa amicizia con Huon,
un giovane cavaliere bordolese, inviato in missione da Carlo Magno, e gli dona
una coppa di vino inesauribile e un corno d'avorio con il quale, in caso di
necessità, Huon può invocare un esercito fatato in
proprio aiuto. (Huon de Bordeaux)
Nella Francia del XIII secolo, ben disposta al gusto del meraviglioso,
Aubéron si presenta con un aspetto che a stento
potremmo ricondurre ai nani della coeva letteratura norrena. È un essere piccino
e leggiadro, che pure nella sua astuzia e malizia, detiene una sorta di grazia
birichina. La sua apparenza da folletto, più che da nano, è dovuta forse a
influenze di origine celtica. Comunque stiano le cose, la chanson
Huon de Bordeaux riscosse una tale
popolarità che ben presto diede origine a un vero e proprio ciclo, nel quale non
mancava un testo dedicato interamente al simpatico nano:
Le Roman d'Aubéron (1311).
Tre secoli dopo, egli sarebbe ricomparso come Oberon,
l'altero re delle fate, nel Midsummer Night's Dream
di Shakespeare. |
XIV - SOPRAVVIVENZA DEI NANI NEL FOLKLORE
E NELLE FIABE Terminata l'epoca vichinga, completata la cristianizzazione
della terra del nord, elfi e nani cessarono di avere un ruolo nella mitologia e
sopravvissero solo nel folklore e nelle fiabe.
Gli elfi divennero argomento di molte ballate, ma non così i nani, che
scomparvero quasi del tutto dai canti popolari. Nessuna ballata che li riguardi
è stata registrata in Norvegia; le pochissime riscontrate in Danimarca e in
Svezia sono perlopiù incentrate sul tema della fanciulla rapita da un essere
soprannaturale, il quale può essere via via un elfo, un troll, il «re del
monte», o l'«uomo del mare». In alcune ballate (ad esempio nella danese
Jomfruen og Dværgekongen, «La fanciulla e il
re dei nani», DGF37), il rapitore è un nano, ma si tratta di una variante a un
tema generico che non aggiunge nulla a quanto sappiamo su queste creature.
Un'altra ballata danese, Peder Gudmandsøn og
Dværgene, «Peder Gudmandsøn e i nani» (DGF35), narra di un cavaliere,
Peder Gudmandsøn, che va in visita alla sua dama ma smarrisce la strada e si
ritrova in una caverna abitata dai nani, dove viene imprigionato per un anno.
Peder chiede aiuto alla figlia del re dei nani, la quale si rivela essere una
fanciulla rapita nell'infanzia e portata nel mondo sotterraneo. Ella gli insegna
inizialmente le rune per fuggire dalla caverna, ma poi, utilizzando la medesima
magia, lo riconduce indietro, perché nel frattempo si è innamorata di lui. Peder
la prega allora di lasciarlo tornare a casa soltanto per un giorno, e la ragazza
glielo concede. Ma all'uscita dalla caverna, egli traccia delle rune sulla
soglia, rompendo l'incantesimo che lo lega alla ragazza. Peder ritorna dalla sua
dama e la sposa: i due vivranno felici e contenti.
Nella versione svedese di questa ballata, Herr Peder
och dvärgens dotter, «Peder e la figlia del nano», assai breve e meno
elaborata, Peder tronca con la spada la testa e la mano della figlia del re dei
nani.
Assai più ricca la presenza dei nani nelle fiabe, per quanto essi siano
spesso utilizzati in temi generici. La parte dell'essere soprannaturale
soccorrevole nei confronti di chi è gentile con lui, ma vendicativo verso chi si
comporta in maniera sgarbata, può essere interpretato altrettanto bene da un
nano, un elfo, una strega o un animale fatato. Bisognerà quindi prendere in
considerazione soltanto quelle vicende in cui i nani mostrano caratteristiche
tipiche della loro specie.
I nani fanno diverse apparizioni nella raccolta dei fratelli Jacob e Wilhelm
Grimm, Kinder- und Hausmärchen
(1857), spesso mantenendo l'aspetto di esseri sotterranei, custodi di
tesori, in linea con le fonti mitologiche. È il caso dei sette nanetti della
celeberrima fiaba Schneewittchen und die sieben Zwerge,
«Biancaneve e i sette nani»
[53]. Ma li ritroviamo ancor più nelle malevoli
creature descritte dall'orso nella fiaba Schneeweißchen und
Rosenrot «Biancaneve e Rosarossa» [161],
il quale si allontana dalla casa dove le due fanciulle l'hanno ospitato durante
la fredda stagione, dicendo: «Devo andare nella foresta per custodire i miei
tesori dai nani cattivi. Durante l'inverno, quando il gelo indurisce la terra,
essi se ne devono stare rintanati nelle loro grotte e non possono uscire. Ma ora
che il sole ha riscaldato la terra e l'ha ammorbidita, i nani scavano lunghe
gallerie e rubano tutto quello che trovano. Ciò che è finito nelle loro mani e
che essi nascondono nelle grotte non si può riavere facilmente».
Nella storica antologia di fiabe norvegesi
Norske folke-sagn, di Andreas Faye
(1802-1869), viene riportata un'interessante testimonianza raccolta nel paesino
di Smeddal, secondo la quale i nani lavoravano il ferro nella loro fucina sul
monte Fillefell. Ma quando i canti della chiesa di San Tommaso, edificata
nell'angolo orientale della valle, cominciarono ad arrivare alle loro orecchie,
i nani si ritirarono ancora più su nel monte, abbandonando i loro attrezzi e le
loro cose. Secondo l'informatore di Faye, le persone dotate della seconda vista
riuscivano ancora a vedere grosse barre di ghisa grezza, pesanti tenaglie e
incudini disposte sotto la parete di roccia, sebbene fosse impossibile cercare
di rimuoverle. Dopo l'abbattimento della chiesa, però, i nani pare siano tornati
a gironzolare nelle loro antiche dimore. (Faye 1833)
Lo stesso Faye riporta l'immagine che il popolino norvegese aveva dei nani
nella prima metà dell'Ottocento: «Sono piccoli, vivono nei monti e sottoterra,
sono servizievoli, buoni e pazienti. Tuttavia spesso si divertono a prendere di
mira la gente rubando loro gli attrezzi da lavoro, e sghignazzando glieli
ridanno, così che il possessore, dopo una lunga ricerca, se li ritrova proprio
davanti al naso. Sono esseri abili, specialmente fabbri eccellenti; si dice che
essi abbiano forgiato i cristalli esagonali [dvergsmie] e lame di falci
con cui si possono tagliare in due il legno e la pietra. […]. Il popolo in
Norvegia fa differenza tra nani ed elfi. I primi si pensa che vivano da soli e
in silenzio, gli altri invece in compagnia, che amino la danza e la musica, e
che spesso abbiano la loro dimora in vecchi alberi.» (Faye
1833)
Poco presenti nel folklore islandese, i nani sono però permasi a lungo nelle
credenze popolari delle Fær Øer, la cui descrizione, raccolta dalla viva voce
degli isolani nell'Ottocento, non stona affatto con i modelli antichi: «I nani
sono bassi e robusti, senza barba, ma non sempre brutti. Abitano nei macigni o
nei tumuli alla base delle rocce, e in molti luoghi in tutto l'arcipelago si
possono trovare pietre appartenenti a loro. I nani sono solitamente benevoli, ma
non sopportano che qualcuno litighi vicino alle loro dimore. La pietra nanesca
di Skuo si spaccò in due perché un paio di ragazzi litigarono e si azzuffarono
accanto ad essa. I nani se ne andarono via, ma non prima di aver spezzato la
pietra. I nani sono fabbri eccellenti e hanno arnesi che possono lavorare da
soli. È stato proprio da loro che gli uomini hanno imparato a temperare il ferro
nell'acqua. Prima di allora, infatti, lo battevano mentre era freddo. La forza
dei nani si trova nella cintura che stringono in vita e, se qualcuno gliela
porta via, rimangono privi dei loro poteri e si può costringerli a fare
qualunque cosa gli si chieda; sono persino disposti a farsi restituire la
cintura barattandola con oggetti di grande valore. Sotto le pietre nelle quali
abitano si possono scorgere le ceneri volate fuori dalla loro fucina. A
Gásadalur si erge uno scoglio abitato dai nani, dal cui interno proviene a volte
un rumore di officina. Un uomo assai povero, che una volta era andato a nord a
raccogliere torba, vide lo scoglio aperto e i nani al lavoro al suo interno.
Andò a osservarli da vicino, e uno di loro giunse alla porta e gli disse: “Sei
assai curioso per essere tanto povero; prendi questo coltello!” E gli gettò un
coltello dalla lama così affilata che poteva tagliare qualsiasi cosa, per quanto
dura potesse essere.» (Criagie 1896)
Si noti che anche nelle Fær Øer
sia possibile controllare un nano rubandogli la cintura. È lo stesso motivo che
abbiamo trovato nella storia di Dietrich e re
Laurin. È notevole il fatto che un elemento tratto
da un poema epico tedesco del XIII secolo possa essere spiegato in base ai dati
del folklore feringio raccolti sei secoli più tardi.
Nel folklore, un po' come nella
tarda letteratura epica, i nani finiscono per essere sostituiti da folletti,
gnomi e altri esseri dispettosi: perdono la loro gravità e assumono un carattere
capriccioso e leggero. In Norvegia, lasciano il posto ai tusser, specie
di folletti che tirano scherzi alla gente. In Germania, vengono sostituiti dai
Wichtelmänner, esserini spesso soccorrevoli, come i famosi «folletti
ciabattini» descritti dai Grimm nell'omonima fiaba [39],
ma a volte piuttosto antipatici, capaci di sostituire un bimbo nella culla con
un mostriciattolo. |
XV - RECUPERO DEI NANI
NELLA LETTERATURA FANTASY E NEI ROMANZI DI J.R.R. TOLKIEN
Relitto semi-dimenticato dell'antica mitologia teutonica, a stento sopravvissuti
nel folklore e nelle fiabe, i nani sono tornati oggi a godere di ottima salute
grazie alla letteratura fantasy.
J.R.R. Tolkien, in particolare, ha costruito i suoi nani sulla base di quanto
attestato nei testi norreni. Li ha strappati dal rango di capricciosi folletti a
cui li aveva ridotti la letteratura tardo-medievale e ha conferito loro una
sorta di burbera rispettabilità. Sotto la sua penna, i nani hanno acquistato una
statura simile a quella umana, guadagnando in forza fisica e robustezza. Signori
del sottosuolo, avidi quanto esperti, si sono fatti attenti, gravi, a volte
addirittura seriosi. Tolkien ha conferito ai suoi nani spessore e realismo,
creandone le genealogie, i tratti culturali, il linguaggio; ha dedicato loro un
apposito mito di creazione, e ha tracciato una storia della loro stirpe,
articolata e complessa, attraverso le varie ere della Terra-di-Mezzo. Nella
presentazione dei dodici nani che apre The Hobbit, come pure nelle
dettagliate liste dei sovrani apposte in appendice a The Lord of the Rings,
vi è senz'altro un eco del «catalogo dei nani» delle þulur norrene.
I tredici nani che fanno visita a Bilbo Baggins, all'inizio de The Hobbit,
Balin, Dwalin, Kili, Fili, Dori, Nori, Ori, Oin, Gloin, Bifur, Bofur, Bombur e
Thorin, hanno nomi che derivano dalla versione del «catalogo» contenuta nella
Prose Edda.
Solo il primo nome, Balin, è stato inventato da Tolkien, gli altri li ritroviamo
tutti in Snorri: Dvalinn,
Kili,
Fili,
Dóri,
Nóri,
Óri,
Óinn,
Glóinn,
Bífurr,
Báfurr,
Bǫmburr e
Þorinn. Si può ancora aggiungere Thorin era chiamato
Oakenshield «Scudodiquercia», ed è infatti questo il significato
del nome di un altro dei dvergar eddici:
Eikinskjaldi.
Anche Gandalf, lo stregone che giunge a casa di Bilbo assieme alla numerosa
compagnia, deriva il suo nome da quello del dvergr
Gandálfr, nome che significa
«elfo incantatore» (in norreno gandr è parola legata alle pratiche
magiche e incantatorie [supra]).
Gandalf avrà poi una parte importantissima nella successiva trilogia del Lord
of the Rings. Il suo nome, tuttavia, è attribuito a un nano nelle fonti
norrene.
Nel primo tomo della trilogia, The Fellowship of the Ring, Tolkien
descrive la maestosa città sotterranea dei nani, Moria o Khazad-dûm. Di tale
città non vi è traccia nei miti nordici. Sono però interessanti le
porte di accesso alla città, scolpite nella roccia, che nel romanzo sono
chiamate «Porte di Durin». Abbiamo già spiegato l'importanza dei nani come
guardiani degli accessi all'altro mondo e citato i nani gementi davanti «alle
porte di pietra» [steindurum] di cui tratta
Vǫluspá [48]. Ma anche la scelta di porre un nano a nome Durin
come guardiano delle porte di Moria non è casuale, in quanto nelle fonti eddiche
Durinn non è solo detto essere
uno dei nani più antichi, ma ha un nome che significa appunto «portinaio». La
conoscenza di Tolkien di tali valenze è in molti casi piuttosto esplicita.
Diversi altri nomi di nani, citati da Tolkien nel corso del romanzo e negli
alberi genealogici apposti in appendice all'opera, hanno un riscontri nei miti
nordici. È il caso di diversi sovrani del popolo dei nani, alcuni dei quali sono
chiamati Dáin e Náin (che corrispondono al
Dáinn e
Náinn eddici), o Thráin e Thrór
(cioè Þráinn e
Þrór). Tra i capi-nani che
entrarono a Moria con Balin, troviamo elencati Lóni e Náli (gli eddici
Lóni e
Náli), Frár e Frór (l'eddico
Frár =
Frór, che Tolkien distingue in due
personaggi). Molti altri nomi, invece, Tolkien li inventa.
Ma allo stesso tempo, Tolkien ha privato i nani del loro carattere
soprannaturale, trasformandoli in una delle tante «razze» della Terra-di-Mezzo,
allo stesso livello di uomini, elfi e hobbit. E questa è una differenza
importante, una scelta che contrasta profondamente con la natura del mito. Non
stiamo muovendo una critica a Tolkien, ma soltanto sottolineando la principale
differenza che intercorre tra mito e letteratura. Gli autori dei poemi eddici,
nel riportare i miti sui dvergar, le liste dei loro nomi, gli elenchi delle loro
stirpi, tramandavano una sapienza ereditata dai loro antenati. Tramite
l'esibizione di erudizione mitica, essi attualizzavano la propria visione
del mondo, e con essa ribadivano i rapporti tra la dimensione umana e le sfere
soprannaturali dell'essere.
Il pensiero mitico colloca creature come i nani e gli elfi in una dimensione
non diversa da quella a cui appartengono gli stessi dèi o le anime dei morti. I
dvergar, in particolare, si configurano sì, come creature ctonie, ma in qualità di
esseri elementali, tutt'uno con le rocce e la terra, oltreché guardiani
delle aperture e dei passaggi tra i mondi. Tutte queste implicazioni sono
volutamente e necessariamente ignorate nei romanzi di Tolkien, a cui i nani
servono da pedine per intrecciare le sue avventurose vicende. Nella composizione
della «compagnia dell'anello», il nano Gimli viene disposto insieme a due
uomini, uno stregone, un elfo e quattro hobbit, in un microcosmo in cui sono
rappresentate tutte le «razze» della Terra-di-Mezzo. Nel mondo costruito da
Tolkien – contrariamente a quanto accade nel mito – non traspare alcuna
differenza metafisica tra uomini, hobbit, nani ed elfi. Ma è una scelta
legittima, necessaria per gli scopi che Tolkien si prefiggeva, e il risultato è
eccellente.
In definitiva, la popolarità di cui hanno goduto i libri di Tolkien – con
l'innumerevole serie di epigoni – ha avuto l'effetto di diffondere nel grande
pubblico una nuova immagine dei nani. Non più esseri soprannaturali, ma
co-protagonisti, al nostro fianco, dei piccoli e grandi drammi della vita umana. |
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BIBLIOGRAFIA ► |
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