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La
poesia eddica
Con l'espressione «poesia eddica» si indica
una scuola poetica fiorita in
Islanda tra il IX e l'XI secolo, attestata
da un certo numero di composizioni anonime,
di argomento mitico o eroico; e dunque ben
distinta – in
termini di argomento, metro e stile
– dalla
successiva poesia scaldica.
In senso più specifico, l'espressione «poesia eddica»
viene spesso ristretta alle ventinove
composizioni contenute nel manoscritto oggi
conosciuto come Codex Regius della Ljóða Edda. Quest'ultima definizione
è però meno rigorosa, in quanto circoscrive
un genere letterario al contenuto di un
singolo codice e non piuttosto sulla
base delle sue caratteristiche formali.
Questa imprecisione pesa tuttora sulla
classificazione dei poemi eddici,
il cui corpus viene talvolta
distinto
in «Edda
poetica» (le composizioni contenute nel
Codex Regius) ed «Edda
minore» (le composizioni
affini attestate in altre fonti).
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Scoperta del canzoniere eddico
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Brynjólfur Sveinsson |
Nel 1643, l'erudito Brynjólfur Sveinsson (1605-1675),
vescovo nella diocesi di Skálholt, in
Islanda, venne in possesso di un
codice medievale nel quale erano contenuti ventinove
poemi mitologici, incentrati sugli dèi e gli
eroi della tradizione pagana.
Brynjólfur era un collezionista di antichi
manoscritti e possedeva già un prezioso codice trecentesco
dell'Edda
di Snorri Sturluson (1179-1241), un manuale
per apprendisti scaldi nel quale venivano
citate numerose strofe tratte dagli antichi
poemi mitologici. Il vescovo si accorse che
il nuovo manoscritto conteneva, in
forma completa, i medesimi poemi citati da
Snorri, e ritenne di possedere la raccolta da questi
consultata per la
compilazione della sua Edda. Poiché al
nuovo
manoscritto mancava un titolo, Brynjólfur lo
intitolò
anch'esso «Edda», stabilendo così un
legame ideale con l'opera di Snorri.
Ma alla nuova «Edda» occorreva anche
un autore e Brynjólfur pensò che un'opera così importante
non potesse che essere stata compilata dal sacerdote Sæmundr Sigfússon
inn fróði (1056-1133), che la
tradizione ricordava per la vasta erudizione e per aver scritto una
Historia regum
norvegicorum, «Storia dei re norvegesi», in latino. Sebbene al
tempo di Brynjólfur quest'opera fosse già
andata perduta, se ne conosceva il contenuto
grazie al Nóregs
konungatal, il «Catalogo
dei re di Norvegia», un poema dinastico-genealogico composto intorno al
1190, ed era noto che fosse
servita come fonte per diversi scrittori
successivi, compreso lo stesso Snorri. Brynjólfur
fece copiare il manoscritto e, poiché esso
era privo titolo, scrisse di proprio pugno
sulla copia la pomposa epigrafe Edda Sæmundi
Multiscii, «l'Edda del
sapientissimo Sæmundr».
Da allora, si usa
distinguere tra la raccolta detta «Edda
poetica» [Ljóða Edda], «Edda
di Sæmundr» [Sæmundar Edda] o «Edda
antica» [Eldri Edda], e l'opera di
Snorri detta «Edda in prosa» [Prose
Edda], «Edda di Snorri» [Snorra
Edda] o «Edda giovane» [Yngri
Edda].
Nel 1650, re Frederik III di Danimarca (♔ 1648-1670) chiese
a Brynjólfur di assumere l'incarico di
storico reale, al posto dell'erudito Stephan
Hansen Stephanius, morto quello stesso anno. Il vescovo ricusò la nomina, ma
promise al re che avrebbe fornito alla biblioteca reale una quantità di antichi
manoscritti islandesi. Fu così che, nel 1662, il codice della
Ljóða Edda e quello della
Prose Edda, fino ad allora
posseduti da Brynjólfur, giunsero
in Danimarca in dono a re Frederik e, per
tale ragione, furono poi conosciuti come
Codices Regii. Dalla vecchia
collezione reale [Gammel kongelig samlin],
i due manoscritti
passarono poi alla Biblioteca Reale di Copenhagen, dove vennero registrati con le
segnature GKS 2365 4° (la Ljóða Edda) e GKS 2367 4°
(la Prose Edda).
Il manoscritto della Ljóða Edda sarebbe
ritornato in Islanda solo il 22 aprile 1971, dopo una lunga e complessa vicenda
giudiziaria che si concluse con l'impegno da parte della Danimarca di restituire
tutti quei manoscritti che potessero essere considerati patrimonio culturale
della lontana isola nord-atlantica. Nel 1985 anche il manoscritto della
Prose Edda tornò in Islanda.
Entrambi i codici sono ora custoditi nella
biblioteca dell'Istituto Árne Magnússon, a
Reykjavík, dove ci si riferisce a essi come
al «Codex
Regius dell'Edda
poetica» [Konungsbók Eddukvæða]
[R] e al «Codex Regius dell'Edda di Snorri» [Konungsbók
Snorra-Eddu] [Rs].
Che i due codici abbiano lo stesso nome,
come le due opere in essi contenute, non
deve però trarre in inganno. A rigore, il
nome «Edda» appartiene di diritto
soltanto all'opera di Snorri; fu il
vescovo Brynjólfur a estendere
impropriamente questo titolo alla raccolta
da lui trovata. Che i due manoscritti siano oggi conosciuti come Codex Regius
dipende soltanto dalle circostanze storiche, in quanto entrarono entrambi a far
parte della collezione di re Frederik III. Ma detto
questo, i due manoscritti sono
originariamente indipendenti e non hanno
nulla a che vedere l'uno con l'altro.
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Il
Codex Regius
Il Codex
Regius della Ljóða Edda − il manoscritto scoperto
da Brynjólfur Sveinsson nel 1643 − può
essere considerato il
cuore della poesia eddica. Di
aspetto quasi insignificante, questo codice è
composto di 45 fogli, con una lacuna di
sedici pagine dopo il trentaduesimo. Contiene ventinove composizioni di argomento
mitologico ed eroico.
Il Codex
Regius risale alla seconda metà del XIII
secolo e certamente non fu compilato
da Sæmundr Sigfússon, il quale era
vissuto due secoli prima. Si ritiene che il
nucleo del manoscritto risalga ai primi del
1200,
pressappoco al periodo in cui anche Snorri
compilava la sua Edda.
Gli studi paleografici hanno evidenziato che il Codex
Regius si
formò per successiva aggiunta di materiale,
assemblato in tempi successivi e secondo
diversi principi editoriali. Certamente
alcuni editori lavorarono con meno scrupoli
di altri, intervenendo nel testo,
sostituendo passaggi in versi con riassunti
in prosa, e mettendo insieme strofe di diversa
origine intorno a specifici nuclei tematici.
Fu però sicuramente unico il compilatore
finale del codice, come si evince
dall'attenta cura con cui i poemi sono
ordinati nel manoscritto: prima i dieci
mitologici, poi i diciannove di
argomento eroico. Questi ultimi sono
disposti secondo un preciso criterio
cronologico: prima il canto su
Vǫlundr, che ha
un suo proprio argomento; poi i tre poemi
incentrati sull'eroe
Helgi; infine il lungo ciclo su
Sigurðr
e i Niflungar.
I brani sono collegati da passi in prosa, i
quali forniscono chiarimenti e colmano le
lacune.
Questo il contenuto del Codex
Regius [R]:
CANTI
MITOLOGICI
-
Vǫluspá, «Profezia della Veggente»
-
Hávamál, «Discorso di Hál»
-
Vafþrúðnismál,
«Discorso di Vafþrúðnir»
-
Grímnismál,
«Discorso di Grímnir»
-
Skírnismál, «Discorso di
Skírnir»
- Hárbarðsljóð, «Canto di
Hárbarðr»
-
Hymiskviða, «Carme di Hymir»
- Lokasenna, «Insulti di Loki»
-
Þrymskviða, «Carme di Þrymr»
-
Alvíssmál, «Discorso di Alvís»
CANTI EROICI
- Vǫlundarkviða, «Carme di Vǫlundr»
Ciclo di Helgi
- Helgakviða
Hundingsbana in
fyrri, «Primo carme
di Helgi uccisore di Hundingr»
- Helgakviða
Hjǫrvarðssonar, «Carme di Helgi
figlio di
Hjǫrvarðr»
- Helgakviða
Hundingsbana ǫnnor, «Secondo carme di Helgi uccisore di Hundingr»
Ciclo di Sigurðr e dei Niflungar
- Grípisspá, «Profezia di Grípir»
-
Reginsmál, «Discorso di Reginn»
-
Fáfnismál, «Discorso di Fáfnir»
-
Sigrdrífomál, «Discorso di Sigrdrífa»
-
Brot
af
Sigurðarkviðo, «Frammento del
carme di Sigurðr»
- Guðrúnarkviða
in fyrsta, «Primo carme di Guðrún»
- Sigurðarkviða
in skamma, «Carme breve di Sigurðr»
- Helreið Brynhildar,
«Viaggio di Brynhildr verso gli
inferi»
- Guðrúnarkviða ǫnnor,
«Secondo Carme di Guðrún»
- Guðrúnarkviða
in
þriðja, «Terzo carme
di Guðrún»
- Oddrúnargrátr,
«Lamento di Oddrún»
- Atlakviða
in grǿnlenzka, «Carme
groenlandese di Atli»
- Atlamál
in grǿnlenzka, «Discorso
groenlandese di Atli»
- Guðrúnarhvǫt,
«Incitamento
di Guðrún»
- Hamðismál,
«Discorso di Hamðir»
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Il Codex
Arnamagnæanus
La seconda fonte, in ordine di importanza, per la nostra conoscenza sulla poesia eddica,
è il frammentario manoscritto conosciuto
come Codex Arnamagnæanus [A],
oggi custodito nella biblioteca
dell'Istituto Árne Magnússon, a Reykjavík,
con la segnatura AM 748 I 4°. Di questo
codice, redatto agli inizi del XIV secolo,
cioè pochi anni dopo la redazione finale del
Codex Regius, si sono conservati
soltanto sei fogli, per un totale di sette
poemi, tutti di argomento mitologico:
-
Grímnismál, «Discorso di Grímnir»
-
Hymiskviða, «Carme di Hymir»
-
Baldrs
Draumar, «Sogni di Baldr
-
Skírnismál,
«Discorso di Skírnir»
-
Hárbarðsljóð, «Canto di Hárbarðr»
-
Vafþrúðnismál, «Discorso di Vafþrúðnir»
-
Vǫlundarkviða, «Carme di Vǫlundr
Solo i primi tre poemi sono completi. I tre
seguenti presentano lacune più o meno
vistose, mentre dell'ultimo, il Vǫlundarkviða,
rimangono solo il prologo in prosa e
l'incipit. Sei delle sette composizioni
sono conosciute anche al Codex Regius,
con varianti minime. La rimanente,
il Baldrs
Draumar,
è invece attestata solo nel Codex
Arnamagnæanus, dettaglio che rende
questo manoscritto di valore inestimabile.
Naturalmente non è possibile sapere quale
fosse l'estensione del codice originale e
quali altri poemi contenesse. |
Le altre
fonti
Altri manoscritti riportano dei poemi
eddici, anche
se nessuno di essi è ricco e vario come il
Codex Regius e il Codex Arnamagnæanus.
Ad esempio, la
Vǫluspá è attestata
anche nell'Hauksbók
[H] di Hauk Erlendsson (prima
metà del XIV secolo), in una versione
la cui scansione in strofe è diversamente
organizzata da quella del
Codex Regius.
Tra le fonti eddiche si ricorda poi il Flaytejarbók [F]. Un tempo
custodito nella Biblioteca Reale di
Danimarca, questo codice è
stato restituito all'Islanda insieme al Codex Regius e
oggi si
trova anch'esso nella biblioteca
dell'Istituto Árna Magnússon,
con la segnatura GkS 1005 fol. Il Flaytejarbók
consta di ben 225 fogli, vergati con cura e
splendidamente illustrati. Questo
preziosissimo manoscritto contiene alcune delle più belle saghe
storiche, tra cui la Óláfs saga Tryggvasonar,
«Saga di Óláfr Tryggvason», la
Óláfs saga Helga, «Saga di Óláfr il
santo», la Sverris saga, «Saga di Sverri», e la
Hákonar saga Hákonarsonar, «Saga di Hákon»; contiene inoltre diversi
interessantissimi racconti, tra cui il
Vǫlsa þáttr, «Racconto del fallo», il
Nornagests þáttr, «Racconto di
Nornagestr», e alcune composizioni
poetiche di argomento religioso. Riguardo ai
poemi eroico-mitologici, il Flaytejarbók
ne riporta soltanto tre, di cui due, il Reginsmál
e l'Helreið Brynhildar, sono presenti anche
nel Codex Regius; il terzo, l'Hyndluljóð, si trova
solo in questo manoscritto e viene così ad
aggiungersi a un ideale corpus della
poesia eddica. |
I poemi
eddici in Snorri
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Snorri Sturluson |
Un'altra importantissima fonte eddica è rappresentata dalla
Prose Edda di Snorri Sturluson,
scritta tra il 1222 e il 1225. La prima parte di
questo manuale di arte scaldica, il
Gylfaginning,
è un vero e proprio trattato di mitologia,
materia evidentemente considerata
indispensabile al bagaglio culturale
dell'apprendista
poeta. Nel narrare la creazione e
distruzione del cosmo, la fisionomia degli dèi e
le
loro imprese, Snorri fa puntualmente
riferimento ai poemi eddici, soprattutto
alla
Vǫluspá, al
Vafþrúðnismál
e al
Grímnismál
(i più importanti dal punto di vista
dell'erudizione mitologica), riportandone a più riprese dei lunghi passi.
Le strofe citate non hanno alcuna pretesa di
continuità o di completezza: compaiono a
scopo unicamente illustrativo, come fonte e
testimonianza del racconto prosastico di Snorri.
Il vescovo Brynjólfur Sveinsson riteneva
che Snorri avesse attinto direttamente al
Codex Regius. Sappiamo che non è
così, sia perché il
Codex Regius è stato ultimato almeno
mezzo secolo dopo la composizione dell'opera
di Snorri, sia perché i versi citati da Snorri presentano, in molti punti, delle
varianti rispetto a quelli contenuti nella Ljóða Edda. Addirittura, Snorri completa una strofa
mutila sia in
R che in A
(Vafþrúðnismál
[31]). Dunque Snorri aveva a sua disposizione
il testo di numerosi poemi eddici, ma
provenienti da una fonte diversa dal
Codex Regius. Ciò rende le varianti che
egli fornisce degne della massima
attenzione. Ma la principale ragione per cui
l'opera di Snorri
risulta straordinariamente importante per la
nostra comprensione dei poemi eddici è dovuta al fatto che egli
ne spiega le parti più complesse e sviscera
molti dei miti a cui essi fanno riferimento.
Senza i suoi chiarimenti e le sue
osservazioni, buona parte della
poesia eddica risulterebbe per noi del tutto incomprensibile.
Se la
Vǫluspá, il
Vafþrúðnismál
e il
Grímnismál
erano noti da Snorri in una forma molto
simile a quella del Codex Regius, la
stessa cosa non si può dire per altri poemi.
Snorri cita ad esempio una strofa tratta dal Lokasenna
(Gylfaginning
[20d {29}])
che sembra essersi originata da un
collage di strofe differenti nella
versione attestata in R. È anche possibile che Snorri non conoscesse la
Þrymskviða, la cui vicenda
è del tutto ignorata nella sua
Edda. Forse non
conosceva nemmeno la Dissertazione sulle
rune
presente nell'Hávamál, in
quanto non fa alcun accenno né dà alcuna
spiegazione alle oscure strofe sull'autosacrificio
di
Óðinn. Inoltre Snorri cita
alcuni versi da un poema, non contenuto nel
Codex Regius, a cui dà il titolo
di Vǫluspá in
skamma, la «Breve profezia della veggente»; questa composizione, che egli
aveva probabilmente conosciuto come poema
indipendente, è stata poi interpolata nell'Hyndluljóð, poema contenuto nel
Flateryjarbók. Il fatto che Snorri non
citi brani dei poemi eroici (a
parte un breve passo dal Fáfnismál),
fa pensare che egli avesse a disposizione
una piccola raccolta di composizioni
esclusivamente mitologiche, assai simile al Codex Arnamagnæanus.
Ma Snorri cita anche diversi brani tratti da composizioni
che non ci sono pervenute. È il caso
del breve e bellissimo scambio di battute
tra tra Njǫrðr
e
Skaði
(Gylfaginning
[23b-23c {33-34}]); o della
scena dove i
Vanir osservano Gná volare nell'aria
sul suo destriero
(Gylfaginning
[35p-35q {40-41}]); o della cinica
risposta di
Þǫkk agli
ambasciatori che vengono a chiederle di
piangere la morte di Baldr
(Gylfaginning
[49y {52}]). In
un caso, Snorri fornisce persino il titolo di
un'opera ormai perduta, l'Heimdallargaldr,
l'«Incantesimo
di Heimdallr», di cui fornisce un
unico verso
(Gylfaginning
[27c {38}]). Infine, nella seconda parte del suo
libro, lo Skáldskaparmál, Snorri cita
integralmente una composizione non riportata
da nessuna altra fonte, il
Grottasǫngr, la «Canzone
del [mulino] Grotti».
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Eddica
minora
Poiché il Codex Regius identifica la raccolta della Ljóða Edda, ci si riferisce al
complesso dei composizioni provenienti da
altre fonti come Eddica minora.
Si tratta tuttavia di una distinzione
effettuata sulla base delle
composizioni contenute nel manoscritto
principale o da esso escluse, e non
ha alcuna pretesa filologica.
I due poemi più importanti classificati come Eddica minora
sono il Baldrs
Draumar, contenuto nel Codex Arnamagnæanus,
e l'Hyndluljóð,
presente nel
Flateyjarbók. Entrambi non stonerebbero
affatto accanto a quelli del Codex
Regius, e molte edizioni della Ljóða Edda
giustamente
li comprendono. Anche il
Grottasǫngr è annoverato nell'Eddica minora.
Il Codex Wormianus [W], uno dei quattro manoscritti della
Prose Edda di Snorri, tramanda
un altro poema eddico, la Rígsþula o «Sequenza
di Rígr»,
di cui è l'unica fonte.
Altri poemi esclusi dai manoscritti principali
si trovano inclusi in alcune saghe. Ad esempio, il
Darraðarljóð, «Canto
dello stendardo», è conservato
nella Njáls saga. Il
Gátur
Gestumblinda, «Enigmi
di Gestumblindi», il Hlǫðskviða, «Carme
di Hlǫðr» (o «Battaglia tra Goti e Unni»), e l'Hervararljóð, «Canto di Hervǫr» (o «Risveglio di Angantýr»), provengono dalla
Hervarar saga ok Heiðreks.
Altre composizioni riconducibili al genere
delle poesia eddica
ci giungono da codici più
tardi. Dei manoscritti del XVII secolo
conservano lo
Svipdagsmál, o «Discorso di Svipdagr», un lungo poema che
si ritiene essere una combinazione di due
composizioni originariamente distinte: il
Grógaldr,
«Incantesimo di Gróa», e il
Fjǫlsvinnsmál,
«Discorso di Fjǫlsviðr», legate tra loro dalla figura del
protagonista Svipdagr.
A quest'ultimo gruppo, possiamo ancora aggiungere due titoli, il
Rafnagaldr
Óðins, «Incantesimo
dei corvi di Óðinn», e il
Sólarljóð, «Canto del sole», composizioni a cui la maggior parte dei
filologi guarda con prudente sospetto.
EDDICA MINORA
-
Baldrs
Draumar, «Sogni di Baldr»
-
Hyndluljóð, «Canto di Hyndla», nel quale è
interpolata:
Vǫluspá in skamma, «Piccola
profezia della Veggente» -
Rígsþula, «Sequenza di Rígr»
-
Grottasǫngr,«Canzone
del [mulino] Grotti»
-
Darraðarljóð,
«Canto
dello stendardo»
-
Gátur
Gestumblinda,«Enigmi
di Gestumblindi»
-
Hlǫðskviða,«Carme
di Hlǫðr» («La
battaglia tra Goti e Unni»)
-
Hervararljóð,«Canto di Hervǫr» («Il
risveglio di Angantýr»)
-
Svipdagsmál, «Discorso di Svipdagr»,
composto dai due canti:
Gró[u]galdr,
«Incantesimo di Gróa»
Fjǫlsvinnsmál,
«Discorso di Fjǫlsviðr» -
Rafnagaldr
Óðins, «Incantesimo
dei corvi di Óðinn»
- Sólarljóð, «Canto del sole»
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Età,
provenienza e contesto
Tra i problemi che la poesia eddica
pone ai filologi, assai
dibattuti sono quelli riguardanti l'età e l'origine delle singole composizioni, le
relazioni interne tra i vari testi, le
relazioni tra questi e altre opere nel panorama letterario germanico, e infine
i possibili rapporti con le opere classico-cristiane.
Riguardo all'età dei poemi, è evidente che
questi
sono assai più antichi dei manoscritti che
li contengono. Ad esempio, se il Codex
Regius è stato ultimato nella seconda metà
del XIII secolo, le evidenze linguistiche
mostrano che i poemi in esso contenuti
risalgono a un ampio
periodo tra l'800 e il 1200, con un culmine
nel X secolo. Detto questo, stabilire una
precisa data di composizione per i singoli
poemi non è affatto agevole, perché lo
studio delle forme linguistiche si limita a
registrare la fase finale nella
trasmissione dei testi e non la loro
antichità. Quello che il
Codex Regius e gli altri manoscritti ci
tramandano, insomma, non è la forma
«originale» dei poemi, ma la versione
conosciuta e memorizzata dai redattori del
XIII secolo.
Il fatto che non siano stati tramandati i
nomi degli autori
potrebbe indicare che i poemi siano
stati trasmessi oralmente per un tempo
imprecisato, prima di essere registrati. Qualche studioso ha
voluto definirli con il nome di þulir o «sapienti», avanzando
l'ipotesi che formassero un corpo
di poeti esperti di
miti, in seguito soppiantati e respinti dagli skáld
o poeti d'arte. Fuor di dubbio è che tra un genere e l'altro esistono notevoli
differenze di tecnica; le composizioni della Ljóða Edda sono
caratterizzate da una grande
semplicità verbale che
impiega in misura minima i
sinonimi e le kenningar,
al perfetto contrario
dell'involuta poesia scaldica fiorita in
Islanda a cavallo del 1000. Tutto questo
contribuisce a retrodatare l'età dei poemi a
un'antichità ancora più remota.
In quanto al luogo di composizione, è evidente che, nella forma in cui ci sono
pervenuti, tali poemi siano stati composti nella maggior parte dei casi in
Islanda. L'Atlakviða
in grǿnlenzka e l'Atlamál
in grǿnlenzka
pare siano stati composti in Groenlandia; la
Rígsþula
mostra invece, nel nome
del suo protagonista (Rígr
è epiteto di
Heimdallr), un'influenza celtica (deriva
infatti dal gaelico ríg «re»), e
potrebbe essere stato composto in una
colonia scandinava in Irlanda. Di
nuovo però queste conclusioni non
esauriscono il problema della provenienza,
perché è evidente che i poemi eddici non siano
originari dell'Islanda.
Bastano d'altronde i molti riferimenti a
querce, abeti e betulle, piante non presenti
in Islanda, per mostrare come tali poemi,
insieme all'intera
mitologia che sottendono, abbiano provenienza continentale. Lo stesso può
dirsi di lupi, cervi, orsi e picchi, tutti
animali ben presenti nei poemi eddici ma non
nell'ecosistema islandese. Dunque, se
anche i poemi eddici
ricevettero la loro ultima stesura
definitiva in Islanda tra l'XI e il XIII
secolo, è evidente che il loro materiale di
base –
costituito da canti mitici ed
eroici trasmessi oralmente – era
stato portato dalla Norvegia tra la fine del IX e
nel corso del X
secolo.
Un raffronto tra i
poemi eddici e analoghe composizioni
provenienti dal resto dell'area germanica rivela
una sostanziale unità di registri
poetici e argomenti. Ad esempio, le
strofe iniziali della
Vǫluspá mostrano
strettissime affinità con la
Wessobrunnen Gebet, «Preghiera di
Wessobrunn» (VII-VIII sec.), una composizione cristiana in antico alto tedesco,
dettaglio che suggerisce l'esistenza di un antichissimo canto germanico della
creazione confluito nella redazione di entrambi i testi. Inoltre, alcuni eroi della Ljóða Edda sono attestati in tutta
l'area germanica. Ad esempio, in ambito
anglosassone, il Bēoƿulf
(VIII sec.) menziona
Sigemund e
Fitela (conosciuti ai poemi eddici
come Sigmund e
Sinfjǫtli); il
Ƿidsið
(IX sec.) nomina
Eormenric (l'eddico
Jǫrmunrekkr, Ermanarico); il
Dēor (X
sec.) menziona sia
Eormenric che
Veland (il
Vǫlundr eddico). Spostandoci sul continente, l'Hildebranslied
(VII-VIII sec.) in antico alto tedesco
tratta di Theotrihhe
(il Þjóðrekr
eddico, cioè re Teodorico), mentre il tardo
Nibelungenlied (fine XII sec.) in
medio tedesco narra ancora una volta, in
chiave cortese, l'intera vicenda dei Niflungar.
Tutte queste vicende risalgono senza
dubbio all'età delle migrazioni germaniche (IV-VIII sec.). Pressoché scomparse
nel continente, sono sopravvissute
proprio nei
poemi eddici d'Islanda, l'ultimo
paese germanico a venire cristianizzato.
Infine, molti motivi presenti nei canti eddici mostrano strati compositi, di diversa
origine e provenienza. La
Vǫluspá rivela l'influsso degli
Oracula Sibyllina
(così come il Mūspilli
bavarese ne è la riscrittura alla luce dell'escatologia cristiana). Alcune parti
dell'Hávamál
mostrano la possibile influenza dei
Disticha Catonis.
Si tratta insomma di testi piuttosto
complessi, che affondano le loro radici nel
profondo del substrato germanico. Forse la loro
origine più remota va cercata in quei
barditus che, secondo Tacito, erano l'unica forma di documentazione storica
degli antichi Germani
(Germania [3]).
|
Materiale e stile Per
quanto la poesia eddica sia un genere
letterario ben definito, non bisogna
dimenticare che le composizioni al suo
interno sono piuttosto eterogenee, mostrando una straordinaria varietà
di temi e forme poetiche, con scelte
espressive a volte molto lontane
le une dalle altre. I poemi stessi sono
classificati secondo una varietà di
sottogeneri: abbiamo il discorso [mál], il
canto [ljóð], il carme [kviða],
la profezia [spá], la canzone [sǫngr],
il lamento [grátr], l'esposizione erudita [þula]
e persino l'insulto [senna], ciascuno
con proprie caratteristiche formali e metriche.
Un buon numero di poemi eddici appartengono al
sottogenere del «discorso» (col termine mál si indicano tutte le forme
del parlato orale), specializzato nel riportare le parole pronunciate dai
personaggi mitologici. Abbiamo dunque l'Hávamál e il
Grímnismál,
declamati dallo stesso
Óðinn; il
Vafþrúðnismál,
dove Óðinn
discorre col gigante
Vafþrúðnir; lo
Skírnismál,
dove
Skírnir
discute con
Gerðr; il
Reginsmál il
Fáfnismál e il
Sigrdrífumál, lunghe dissertazioni messe in bocca
ai rispettivi personaggi. È probabile che tali poemi
venissero recitati in pubblico da uno o più poeti, i quali,
come autentici attori, si calavano nelle
voci dei protagonisti e,
attraverso di loro, davano vita a una
narrazione tanto più coinvolgente quanto più
veniva udita dalle voci stessi dei suoi
personaggi.
Il sottogenere del «discorso»
è composto esclusivamente di parole
pronunciate in prima persona, senza alcun
narratore esterno. In certi casi (come nel
Reginsmál)
vi sono degli inserti in prosa che spezzano
il flusso del dialogo, ma si tratta con ogni
probabilità di interpolazioni esplicative
aggiunte dai redattori del manoscritto.
Questi poemi possono consistere tanto in
monologhi quanto in dialoghi a due o più voci,
fino ad arrivare al record di sedici
voci che battibeccano nel
Lokasenna. I discorsi si presumono
pronunciati in occasione di eventi ben
precisi e in genere sottendono un contesto
narrativo. Anche i monologhi sono rivolti a personaggi che, pur presenti nella
finzione drammatica, non prendono parte al
discorso. Ad esempio, nel
Grímnismál,
Óðinn (celato sotto l'epiteto
di
Grímnir) svolge l'intera sapienza
cosmologica a vantaggio di re Geirrøðr
e suo figlio, i quali però non intervengono
mai. Dunque i
vari «discorsi»
non si rivolgono mai direttamente agli
ascoltatori, ma sono sempre calati in una
cornice narrativa. Unica eccezione è
costituita dall'Hávamál, poema sorto
dalla giustapposizione di un certo numero di
composizione distinte, nel quale
Óðinn sembra riferirsi direttamente al pubblico
(a parte una breve sezione in cui il
destinatario è un certo
Loddfáfnir).
Tutto ciò mostra un notevole grado di
complessità drammaturgica.
Riguardo
agli argomenti dei «discorsi»,
essi sono piuttosto vari. L'Hávamál riporta
perlopiù massime di saggezza medievale sul
modo di comportarsi nei vari casi della
vita. Il
Grímnismál
e il
Vafþrúðnismál svolgono argomenti di erudizione
mitologica e cosmologica, dando molte
informazioni sulla struttura dell'universo,
le dimore degli dèi, la nascita del mondo e
il suo incendio finale. Nel
Sigrdrífumál, la valchiria, appena
risvegliata dal suo sonno incantato,
istruisce Sigurðr
sul corretto uso delle rune. Il
sapiente nano interrogato da
Þórr
nell'Alvíssmál fornisce gli
heiti (le denominazioni poetiche) degli
elementi della terra e del cielo. Dunque,
seppur calati in un contesto narrativo,
raramente i
«discorsi» si riferiscono alle vicende in
questione; al
contrario, le loro voci narranti (Óðinn,
Vafþrúðnir,
Þórr,
Alvíss, la
vǫlva) sono
finalizzate a fornire un
sostegno adeguato all'altezza degli
argomenti trattati.
Sono assai rari i
«discorsi» in cui il dialogo sia finalizzato
alla narrazione. Un esempio è fornito
dallo
Skírnismál,
in cui
Freyr
manda il suo servitore come pronubo presso
la gigantessa di cui è innamorato;
Skírnir dialoga successivamente con
tutti i personaggi incontrati nel corso del
viaggio, e il culmine della vicenda si ha in un lungo monologo in cui
elenca a
Gerðr
gli sgradevoli incantesimi che le getterà addosso se non acconsentirà alla
richiesta di matrimonio. Il
Lokasenna
ha invece luogo durante il
banchetto funebre di
Baldr
e tratta di un lungo e vivace scambio di ingiurie tra
Loki e
gli altri dèi. La forma narrativa è qui
finalizzata all'esposizione dei dettagli
meno nobili
delle biografie divine. Il ritratto
impietoso degli dèi non è però dovuto
− com'è stato detto − a una
tarda influenza cristiana, perché si tratta
anche in questo caso di un vero e proprio esercizio di
erudizione mitologica, al quale non è
estraneo il gusto per lo scherno e la beffa.
Assai affini ai
«discorsi» sono i
canti caratterizzati dalla parola ljóð
«canto» (cfr. tedesco Lied, inglese
lay), di cui il corpus eddico
presenta però un numero limitato di
esempi. Uno è l'Hárbarðsljóð, un serratissimo dialogo tra
Þórr e
un traghettatore a nome
Hárbarðr (di nuovo Óðinn) che rifiuta
di accoglierlo in barca: ciascuno dei due ricorda all'altro le sue imprese meno
eroiche, e così facendo vengono citati molti miti di cui si è persa memoria. Vi
è poi
l'Hyndluljóð (non presente
nel
Codex Regius), dove
Freyja
dialoga con la veggente Hyndla
Assai diverso è invece il sottogenere
della
kviða, «carme» o «ballata». Tali composizioni sono un misto di narrazione e dialogo, dove
la narrazione è data in terza persona e il dialogo è funzionale al racconto e
riferisce le parole scambiate dai personaggi coinvolti.
Questo sottogenere è assai raro tra le composizioni strettamente mitologiche: vi
appartengono soltanto l'Hymiskviða (racconto in versi di un
mito riportato anche da Snorri, la pesca di
Þórr
del serpente
Jǫrmungandr) e il
Þrymskviða (sorta di
grottesca ballata dove
Þórr
si reca travestito da sposa nella dimora del
gigante Þrymr).
La kviða è invece diffusa
soprattutto tra i canti eroici, nei quali ha
valore predominante la vicenda in sé e non
il dato erudito.
Nei vari esempi di questo sottogenere, il rapporto tra narrazione e dialogo
può assumere diversi tipi di equilibrio. Nella maggior parte dei casi, come
abbiamo detto, il dialogo è parte integrante della narrazione. Ad esempio, l'Atlakviða
in grǿnlenzka è
un continuo alternarsi tra strofe narrative
e strofe dialogiche, nelle quali si traccia
una delle più cupe vicende del ciclo
nibelungico: il re unno cattura i cognati Hǫgni e
Gunnarr e li
tortura fino alla morte per farsi rivelare dove abbiano
nascosto l'oro del Reno; la sua sposa
Guðrún li vendica
imbandendo ad Atli
un banchetto con la carne dei suoi stessi
figli, quindi dà fuoco alla
reggia. In
altri poemi, la narrazione è invece quasi
interamente affidata
al dialogo. Il Sigurðarkviða
in skamma, dopo una
breve sezione introduttiva, consiste quasi
completamente in un lungo monologo di
Guðrún − a tratti interrotto da inserti descrittivi
− in cui ella ricapitola il dramma del suo
sposo Sigurðr, ucciso in una congiura; il
racconto è quasi tutto
affidato alle parole di
Guðrún, che riporta
anche i dialoghi delle persone implicate
nella vicenda.
Come si vede, al genere della poesia
eddica appartengono composizioni molto
diverse tra loro, come genere, voce
narrante o contenuto. Quest'ultimo può variare dal
poema
epico alla ballata burlesca,
dall'esposizione erudita al contenuto gnomico-sentenzioso. In tutti i casi, di rado i poemi
affrontano direttamente gli avvenimenti in forma narrativa, ma
spesso preferiscono procedere per accenni, attraverso le voci narranti degli stessi
personaggi, spesso prediligendo forme
oscure ed ellittiche. Questo crea a volte
pesanti problemi d'interpretazione ai
moderni esegeti, dovuti al fatto che viene
trattata una materia mitico-leggendaria ben conosciuta e presente ai suoi fruitori,
ma che per noi è ormai perduta da mille anni.
|
Metrica
La caratteristica principale del verso
eddico è l'uso dell'allitterazione: il ripetersi meccanico di parole che
iniziano con lo stesso suono, utilizzata a
fini mnemotecnici non meno che espressivi.
Ad esempio, in
Vǫluspá
[45g-j]:
...skeggǫld, skalmǫld,
| skildir klofnir,
vindǫld, vargǫld,
|
áðr verǫld steypisk...
L'allitterazione non è un fenomeno estetico fine a sé
stesso, ma uno dei cardini su cui poggia l'organizzazione del verso eddico.
Il verso principale della poesia scandinava è il «verso
lungo», diviso da una cesura centrale in due semiversi.
L'allitterazione non solo crea un ritmo interno, ma
conduce l'attenzione dell'ascoltatore sulla parola che
funge da «chiave di volta» del verso stesso. Ad esempio,
troviamo nell'Atlakviða
in grǿnlenzka [22a-b]:
...skaro þeir hjarta
| Hjalla or
brjósti...
Il secondo semiverso (...Hjalla
or brjósti «...dal petto di Hjalli») fissa [h]
come consonante allitterante, facendo risaltare il
medesimo suono nel semiverso che la precede (skaro
þeir hjarta... «strapparono il cuore...»). «Cuore» [hjarta]
è la parola-chiave su cui poggia il
significato del verso. Le parole norrene
− composte per la maggior parte di una o due sillabe
−
hanno di regola l'accento sulla prima sillaba,
dettaglio che, combinandosi con l'allitterazione,
contribuisce alla sonorità e al tipo ritmico
(Scardigli ~ Meli 1982). In questo caso abbiamo un metro di tipo trocaico:
⏐⏑⏑⏐⏑ ⏐⏑⏑⏐⏑
I poemi eddici sono composti di due tipi di metri
principali: il fornyrðislag e il ljóðaháttr.
Il fornyrðislag o «metro epico» (da forn yrðis
«parole antiche») consiste, nella sua forma canonica, in una quartina di quattro
«versi lunghi», ciascuno dei quali
− abbiamo visto − è a sua volta composto da due semiversi. Un ottimo
esempio da
Vǫluspá
[1]:
Hljóðs biðk allar
|
helgar kindir,
meiri ok minni
|
mǫgu Heimdallar;
vildu at, Valfǫðr,
|
vel fyr teljak
forn spjǫll fira,
|
þaus fremst of man.
Una variante del «metro
epico» è il
málaháttr o «metro dei
discorsi», i cui semiversi consistono di sei
sillabe invece che di quattro. Nell'ambito
del corpus eddico troviamo quest'ultimo metro attestato unicamente nell'Atlamál
in grǿnlenzka. È probabile
che gli ascoltatori islandesi non fossero in
grado di distinguerlo dal fornyrðislag,
anche se Snorri, nel suo Háttatal,
li individua.
Il secondo metro in ordine di frequenza è il ljóðaháttr
o «metro dei canti». Nella sua forma
canonica, esso consiste in una quartina dove
due «versi lunghi» (a loro volta composti da due semiversi) si alternano
a due «versi pieni»
(composti da un solo semiverso di cinque o
più sillabe). Si tratta di un metro
che forse risente alla lontana del distico
elegiaco od epigrammatico latino. Un ottimo
esempio dal
Vafþrúðnismál [1]:
Rád þú mér nú, Frigg,
|
allz mik fara tiðir
at vitja Vafþrúðnis;
forvitni mikla
|
kveð ek mér á fornom stǫfom
við þann inn alsvinna jǫtun.
La differenza tra l'uso del fornyrðislag
e del ljóðaháttr è
fondamentale ai fini del contenuto dei
singoli poemi e, presumibilmente, della
modalità della loro recitazione orale. Il
fornyrðislag è il metro del racconto,
che si ritrova legato soprattutto al genere
del ballata epica [kviða]. Il ljóðaháttr
è invece legato al discorso, alla
rappresentazione dialogata, alla poesia
sentenziosa e gnomica, ed è indicativo che
nell'intero corpus eddico sia usato
unicamente per il discorso diretto (con
l'eccezione di un'unica strofa,
Vafþrúðnismál [5]).
Per quanti i metri eddici tendano a strutturarsi in quartine, vi sono esempi in
cui sia il fornyrðislag
che il ljóðaháttr
presentano dei versi aggiuntivi, sia
«lunghi» che «pieni», soprattutto nelle
parti più arcaiche del corpus. In realtà, la
«quartina» è una struttura metrica che non
appartiene alla poesia norrena, la quale
avverte, come unità sintattica della strofa,
non tanto la strofa quanto la
semistrofa [helming]. Nella poesia
eddica, infatti, ogni strofa può essere
idealmente divisa in due semistrofe,
ciascuna delle quali è di senso compiuto.
Mettiamo a raffronto, in traduzione, i
già citati
Vǫluspá
[1] e
Vafþrúðnismál [1].
Ascolto io chiedo a tutte
|
le sacre stirpi,
maggiori e minori
|
figli di
Heimdallr.
————
Tu vuoi che io, o
Valfǫðr,
|
compiutamente narri
le antiche storie degli uomini
| quelle che prima ricordo. |
Ora consigliami,
Frigg,
|
di andare ho gran voglia
a trovare
Vafþrúðnir.
————
Confesso che son curioso
|
di disputare
sulle cose remote
con quel gigante onnisciente.
|
Questa distinzione delle strofe in helmingar sembra
essere una costante della poesia norrena. È d'altronde provato
che rarissimamente (otto casi su 383) vi siano collegamenti
sintattici che si estendono oltre i confini del distico.
All'associazione di due versi (due «lunghi», oppure uno
«lungo» e uno «pieno»), corrisponde per regola una frase di
senso compiuto. Ma non si tratta di un semplice
enjambement, ma più di una concatenazione
logico-sintattica fra due versi (Scardigli
~ Meli 1982). Troviamo ad esempio in
Vǫluspá [19a-d]:
So che un frassino s'erge
|
Yggdrasill lo chiamano,
alto tronco lambito
|
d'acqua bianca di argilla.
Qui, il secondo verso dipende dal primo. In altre
parole, anche se ciascun verso di una helming ha una sua autonomia
relativa, il secondo non può prescindere dal primo. L'helming può dunque
essere considerata l'equivalente verticale di quello che è il verso pieno in
orizzontale. È una struttura sintatticamente
autosufficiente, in cui si stabiliscono legamenti gerarchici
tra i due versi, e tra i due semiversi che compongono ogni
verso.
Anche quando il numero dei versi di una strofa sia eccessivo o difettivo,
vale sempre il principio della distinzione degli helmingar
in unità di senso compiuto. Ad esempio, in
Hávamál [135] troviamo una strofa
irregolare formata dalla successione di tre versi lunghi e
sette pieni, cioè tre helmingar distinti. Ciascuno è
un'unità di senso:
Ti
consiglio,
Loddfáfnir,
| e tu accetta il consiglio,
ne trarrai beneficio se l'accetti,
bene ti verrà se l'accogli.
————
Se vuoi per te una buona femmina
| parlale con dolci sussurri
e prendi piacere con lei.
————
Devi fare belle promesse
| e subito mantenerle:
nessuno soffre il bene, a
riceverlo.
Ci sarebbe ancora molto da dire per
approfondire la metrica eddica, ma queste
brevi note possono bastare per mostrare al
lettore la complessità di questo genere di
poesia. |
I
poemi eddici a confronto
Segue qui uno schema generale dei poemi che compongono la
Ljóða Edda (compresa l'Eddica Minora), mettendone a confronto
varie caratteristiche: epoca di
composizione, fonte, genere, metro e numero
di strofe. La sigla iniziale è quella che
viene comunemente data a ciascuna
composizione dai filologi e che è facile
trovare nella letteratura scientifica.
|
Composizione |
Datazione |
Fonti |
Genere |
Metro |
Strofe |
Vsp |
Vǫluspá
«Profezia della Veggente» |
X sec. |
[R | H] |
Monologo |
Fornyrðislag |
66 |
Háv |
Hávamál
«Discorso di Hál» |
Inizio X sec. |
[R] |
Monologo |
Ljóðaháttr
(Fornyrðislag) |
164 |
Vm |
Vafþrúðnismál
«Discorso di Vafþrúðnir» |
Prima metà X sec. |
[R | A] |
Dialogo |
Ljóðaháttr |
55 |
Grm |
Grímnismál
«Discorso di Grímnir» |
X sec. |
[R | A] |
Monologo |
Ljóðaháttr |
54 |
Skm |
Skírnismál
«Discorso di Skírnir» |
Attorno al 900 |
[R | A] |
Dialogo |
Ljóðaháttr |
42 |
Hrbl |
Hárbarðsljóð
«Canto di Hárbarðr» |
X sec. |
[R | A] |
Dialogo |
Vario |
60 |
Hym |
Hymiskviða
«Carme di Hymir» |
Seconda metà dell'XI sec. |
[R | A] |
Narrazione e dialogo |
Fornyrðislag |
39 |
Ls |
Lokasenna
«Insulti di Loki» |
Fine del X sec. |
[R] |
Dialogo |
Ljóðaháttr |
61 |
Þrk |
Þrymskviða
«Carme di Þrymr» |
Prima metà dell'XI sec. |
[R] |
Narrazione e dialogo |
Fornyrðislag |
32 |
Alv |
Alvíssmál
«Discorso di Alvís» |
XI sec. |
[R] |
Dialogo |
Ljóðaháttr |
35 |
Vkv |
Vǫlundarkviða
«Carme di Vǫlundr» |
IX sec. |
[R] |
Narrazione e dialogo |
Fornyrðislag |
41 |
HHI |
Helgakviða
Hundingsbana in
fyrri
«Primo carme
di Helgi uccisore di Hundingr» |
Metà dell'XI sec. |
[R] |
Narrazione e dialogo |
Fornyrðislag |
56 |
HHv |
IHelgakviða
Hjǫrvarðssonar
«Carme di Helgi
figlio di
Hjǫrvarðr» |
Attorno al 900 |
[R] |
Narrazione e dialogo |
Fornyrðislag
(Ljóðaháttr) |
43 |
HHII |
Helgakviða
Hundingsbana
ǫnnor
«Secondo
carme di Helgi
uccisore di Hundingr» |
Metà del IX sec. |
[R] |
Narrazione e dialogo |
Fornyrðislag |
51 |
Grp |
Grípisspá
«Profezia di Grípir» |
Seconda metà del XII sec. |
[R] |
Narrazione e dialogo |
Fornyrðislag |
53 |
Rm |
Reginsmál
«Discorso di Reginn» |
Metà del X sec. |
[R | F] |
Dialogo |
Ljóðaháttr
(Fornyrðislag) |
26 |
Fm |
Fáfnismál,
«Discorso di Fáfnir» |
X sec. |
[R] |
Dialogo |
Ljóðaháttr
(Fornyrðislag) |
44 |
Sd |
Sigrdrífomál
«Discorso di Sigrdrífa» |
Attorno al 900 |
[R] |
Monologo con inserti in posa |
Ljóðaháttr
(Fornyrðislag) |
37 |
Br |
Brot
af
Sigurðarkviðo
«Frammento del
carme di Sigurðr» |
Inizio del IX sec. |
[R] |
Narrazione e dialogo |
Fornyrðislag |
19 |
GðrI |
Guðrúnarkviða
in fyrsta
«Primo carme
di Guðrún» |
Prima metà dell'XI sec. |
[R] |
Narrazione e dialogo |
Fornyrðislag |
27 |
Sgk |
Sigurðarkviða
in skamma
«Carme breve di Sigurðr» |
Fine dell'XI sec. |
[R] |
Narrazione e dialogo |
Fornyrðislag |
71 |
Hlr |
Helreið Brynhildar
«Viaggio di Brynhildr verso gli
inferi» |
XI sec. |
[R | F] |
Essenzialmente monologo |
Fornyrðislag |
14 |
GðrII |
Guðrúnarkviða
ǫnnor
«Secondo
carme di Guðrún» |
Metà del X sec. |
[R] |
Monologo |
Fornyrðislag |
44 |
GðrIII |
Guðrúnarkviða
in
þriðja
«Terzo carme
di Guðrún» |
Prima metà del X sec. |
[R] |
Narrazione e dialogo |
Fornyrðislag |
11 |
Od |
Oddrúnargrátr
«Lamento di Oddrún» |
Prima metà dell'XI sec. |
[R] |
Essenzialmente monologo |
Fornyrðislag |
34 |
Akv |
Atlakviða
in grǿnlenzka
«Carme
groenlandese di Atli» |
IX sec. o prima |
[R] |
Narrazione e dialogo |
Fornyrðislag |
43 |
Am |
Atlamál
in grǿnlenzka
«Discorso
groenlandese di Atli» |
Attorno al 1100 |
[R] |
Narrazione e dialogo |
Fornyrðislag
Málaháttr |
103 |
Ghv |
Guðrúnarhvǫt
«Incitamento
di Guðrún» |
Prima metà dell'XI sec. |
[R] |
Narrazione e dialogo |
Fornyrðislag |
21 |
Hm |
Hamðismál
«Discorso di Hamðir» |
Al più tardi inizio del IX sec. |
[R] |
Narrazione e dialogo |
Fornyrðislag |
31 |
Bdr |
Baldrs
Draumar
«Sogni di Baldr» |
IX sec. |
[A] |
Narrazione e dialogo |
Fornyrðislag |
14 |
Hdl |
Hyndluljóð
«Canto di Hyndla» |
XI sec. |
[F] |
Essenzialmente monologo |
Fornyrðislag |
50 |
Rþ |
Rígsþula
«Sequenza di Rígr» |
IX sec. |
[W] |
Narrazione |
Fornyrðislag |
47 |
Grt |
Grottasǫngr
«Canzone del [mulino] Grotti» |
IX sec. |
[Rs] |
Essenzialmente monologo |
Fornyrðislag |
24 |
Svm |
Svipdagsmál
«Discorso di Svipdagr» |
XIII-XIV sec. |
|
Dialogo |
Ljóðaháttr
|
16+50 |
Lo schema è tratto, con qualche
variazione, da quello fornito da Terry
Gunnell (Gunnell 2005).
La datazione qui fornita per le singole
composizioni, che in Gunnel è basata sulla
ripartizioni dei poemi in «antichi» e
«tardi»
(Sveinsson 1982),
è invece quella fornita
– tranne
che per gli ultimi quattro casi
– da
Piergiuseppe Scardigli e Marcello Meli nell'introduzione alla loro traduzione
della Ljóða Edda (Scardigli
~ Meli 1982). |
Edizioni
italiane
- DI LEESTHAL
Olga Gogala [cura]. Canti
dell'Edda. UTET, Torino 1939.
- MASTRELLI
Alberto [cura].
L'Edda. Carmi norreni. «Classici
della
religione». Sansoni, Firenze 1951, 1982.
- SCARDIGLI Piergiuseppe ~ MELI Marcello
[cura].
Il canzoniere
eddico.
Garzanti, Milano 1982.
|
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