FONTI

GERMANI
Scandinavi

MITI GERMANICI

LJÓÐA EDDA

EDDA POETICA

LJÓĐA EDDA
Ljóða Edda. Edda poetica o antica
Vǫluspá. La profezia della Veggente
Hávamál. Il discorso di Hár
Vafþrúðnismál. Il discorso di Vafþrúðnir
Grímnismál. Il discorso di Grímnir
Skírnismál. Il discorso di Skírnir

Hymiskviða. Il carme di Hymir
Baldrs draumar. I sogni di Baldr
Grottasǫngr. La canzone del Grotti
Svipdagsmál. Il discorso di Svipdagr
Schema
LJÓÐA EDDA - Saggio
Note
Bibliografia

Titoli

Ljóða Edda, «Edda poetica»
Sæmundar Edda
, «Edda di Sæmundr»
Eldri Edda
, «Edda antica»

Pseudoepigrafo Sæmundr Sigfússon
Genere Raccolta di poemi di argomento mitologico
Lingua Norreno
Epoca
Composizione:
Redazione:
  Tra il IX e l'XI sec.
Seconda metà del XIII sec.

Manoscritti

[R] Stofnun Árna Magnússonar (Reykjavík): Codex Regius [GKS 2365 4to]
[A] Stofnun Árna Magnússonar (Reykjavík): Codex Arnamagnæanus [AM 748 I 4to]
[F] Stofnun Árna Magnússonar (Reykjavík): Flateyjarbók [GKS 1005 fol]

LJÓÐA EDDA
EDDA POETICA

La poesia eddica

Con l'espressione «poesia eddica» si indica una scuola poetica fiorita in Islanda tra il IX e l'XI secolo, attestata da un certo numero di composizioni anonime, di argomento mitico o eroico; e dunque ben distinta – in termini di argomento, metro e stile – dalla successiva poesia scaldica.

In senso più specifico, l'espressione «poesia eddica» viene spesso ristretta alle ventinove composizioni contenute nel manoscritto oggi conosciuto come Codex Regius della Ljóða Edda. Quest'ultima definizione è però meno rigorosa, in quanto circoscrive un genere letterario al contenuto di un singolo codice e non piuttosto sulla base delle sue caratteristiche formali. Questa imprecisione pesa tuttora sulla classificazione dei poemi eddici, il cui corpus viene talvolta distinto in «Edda poetica» (le composizioni contenute nel Codex Regius) ed «Edda minore» (le composizioni affini attestate in altre fonti).

Scoperta del canzoniere eddico

Brynjólfur Sveinsson

Nel 1643, l'erudito Brynjólfur Sveinsson (1605-1675), vescovo nella diocesi di Skálholt, in Islanda, venne in possesso di un codice medievale nel quale erano contenuti ventinove poemi mitologici, incentrati sugli dèi e gli eroi della tradizione pagana.

Brynjólfur era un collezionista di antichi manoscritti e possedeva già un prezioso codice trecentesco dell'Edda di Snorri Sturluson (1179-1241), un manuale per apprendisti scaldi nel quale venivano citate numerose strofe tratte dagli antichi poemi mitologici. Il vescovo si accorse che il nuovo manoscritto conteneva, in forma completa, i medesimi poemi citati da Snorri, e ritenne di possedere la raccolta da questi consultata per la compilazione della sua Edda. Poiché al nuovo manoscritto mancava un titolo, Brynjólfur lo intitolò anch'esso «Edda», stabilendo così un legame ideale con l'opera di Snorri.

Ma alla nuova «Edda» occorreva anche un autore e Brynjólfur pensò che un'opera così importante non potesse che essere stata compilata dal sacerdote Sæmundr Sigfússon inn fróði (1056-1133), che la tradizione ricordava per la vasta erudizione e per aver scritto una Historia regum norvegicorum, «Storia dei re norvegesi», in latino. Sebbene al tempo di Brynjólfur quest'opera fosse già andata perduta, se ne conosceva il contenuto grazie al Nóregs konungatal, il «Catalogo dei re di Norvegia», un poema dinastico-genealogico composto intorno al 1190, ed era noto che fosse servita come fonte per diversi scrittori successivi, compreso lo stesso Snorri. Brynjólfur fece copiare il manoscritto e, poiché esso era privo titolo, scrisse di proprio pugno sulla copia la pomposa epigrafe Edda Sæmundi Multiscii, «l'Edda del sapientissimo Sæmundr».

Da allora, si usa distinguere tra la raccolta detta «Edda poetica» [Ljóða Edda], «Edda di Sæmundr» [Sæmundar Edda] o «Edda antica» [Eldri Edda], e l'opera di Snorri detta «Edda in prosa» [Prose Edda], «Edda di Snorri» [Snorra Edda] o «Edda giovane» [Yngri Edda].

Nel 1650, re Frederik III di Danimarca (♔ 1648-1670) chiese a Brynjólfur di assumere l'incarico di storico reale, al posto dell'erudito Stephan Hansen Stephanius, morto quello stesso anno. Il vescovo ricusò la nomina, ma promise al re che avrebbe fornito alla biblioteca reale una quantità di antichi manoscritti islandesi. Fu così che, nel 1662, il codice della Ljóða Edda e quello della Prose Edda, fino ad allora posseduti da Brynjólfur, giunsero in Danimarca in dono a re Frederik e, per tale ragione, furono poi conosciuti come Codices Regii. Dalla vecchia collezione reale [Gammel kongelig samlin], i due manoscritti passarono poi alla Biblioteca Reale di Copenhagen, dove vennero registrati con le segnature GKS 2365 4° (la Ljóða Edda) e GKS 2367 4° (la Prose Edda).

Il manoscritto della Ljóða Edda sarebbe ritornato in Islanda solo il 22 aprile 1971, dopo una lunga e complessa vicenda giudiziaria che si concluse con l'impegno da parte della Danimarca di restituire tutti quei manoscritti che potessero essere considerati patrimonio culturale della lontana isola nord-atlantica. Nel 1985 anche il manoscritto della Prose Edda tornò in Islanda. Entrambi i codici sono ora custoditi nella biblioteca dell'Istituto Árne Magnússon, a Reykjavík, dove ci si riferisce a essi come al «Codex Regius dell'Edda poetica» [Konungsbók Eddukvæða] [R] e al «Codex Regius dell'Edda di Snorri» [Konungsbók Snorra-Eddu] [Rs].

Che i due codici abbiano lo stesso nome, come le due opere in essi contenute, non deve però trarre in inganno. A rigore, il nome «Edda» appartiene di diritto soltanto all'opera di Snorri; fu il vescovo Brynjólfur a estendere impropriamente questo titolo alla raccolta da lui trovata. Che i due manoscritti siano oggi conosciuti come Codex Regius dipende soltanto dalle circostanze storiche, in quanto entrarono entrambi a far parte della collezione di re Frederik III. Ma detto questo, i due manoscritti sono originariamente indipendenti e non hanno nulla a che vedere l'uno con l'altro.

Il Codex Regius

Pagina del Codex Regius, GKS 2365 4°.
Dal sito dell'Istituto Árne Magnússon
<http://www.am.hi.is/WebView/>.

Il Codex Regius della Ljóða Edda − il manoscritto scoperto da Brynjólfur Sveinsson nel 1643 − può essere considerato il cuore della poesia eddica. Di aspetto quasi insignificante, questo codice è composto di 45 fogli, con una lacuna di sedici pagine dopo il trentaduesimo. Contiene ventinove composizioni di argomento mitologico ed eroico.

Il Codex Regius risale alla seconda metà del XIII secolo e certamente non fu compilato da Sæmundr Sigfússon, il quale era vissuto due secoli prima. Si ritiene che il nucleo del manoscritto risalga ai primi del 1200, pressappoco al periodo in cui anche Snorri compilava la sua Edda. Gli studi paleografici hanno evidenziato che il Codex Regius si formò per successiva aggiunta di materiale, assemblato in tempi successivi e secondo diversi principi editoriali. Certamente alcuni editori lavorarono con meno scrupoli di altri, intervenendo nel testo, sostituendo passaggi in versi con riassunti in prosa, e mettendo insieme strofe di diversa origine intorno a specifici nuclei tematici.

Fu però sicuramente unico il compilatore finale del codice, come si evince dall'attenta cura con cui i poemi sono ordinati nel manoscritto: prima i dieci mitologici, poi i diciannove di argomento eroico. Questi ultimi sono disposti secondo un preciso criterio cronologico: prima il canto su Vǫlundr, che ha un suo proprio argomento; poi i tre poemi incentrati sull'eroe Helgi; infine il lungo ciclo su Sigurðr e i Niflungar. I brani sono collegati da passi in prosa, i quali forniscono chiarimenti e colmano le lacune.

Questo il contenuto del Codex Regius [R]:

CANTI MITOLOGICI

  1. Vǫluspá, «Profezia della Veggente»
  2. Hávamál, «Discorso di Hál»
  3. Vafþrúðnismál, «Discorso di Vafþrúðnir»
  4. Grímnismál, «Discorso di Grímnir»
  5. Skírnismál, «Discorso di Skírnir»
  6. Hárbarðsljóð, «Canto di Hárbarðr»
  7. Hymiskviða, «Carme di Hymir»
  8. Lokasenna, «Insulti di Loki»
  9. Þrymskviða, «Carme di Þrymr»
  10. Alvíssmál, «Discorso di Alvís»

CANTI EROICI

  1. Vǫlundarkviða, «Carme di Vǫlundr»

Ciclo di Helgi

  1. Helgakviða Hundingsbana in fyrri, «Primo carme di Helgi uccisore di Hundingr»
  2. Helgakviða Hjǫrvarðssonar, «Carme di Helgi figlio di Hjǫrvarðr»
  3. Helgakviða Hundingsbana ǫnnor, «Secondo carme di Helgi uccisore di Hundingr»

Ciclo di Sigurðr e dei Niflungar

  1. Grípisspá, «Profezia di Grípir»
  2. Reginsmál, «Discorso di Reginn»
  3. Fáfnismál, «Discorso di Fáfnir»
  4. Sigrdrífomál, «Discorso di Sigrdrífa»
  5. Brot af Sigurðarkviðo, «Frammento del carme di Sigurðr»
  6. Guðrúnarkviða in fyrsta, «Primo carme di Guðrún»
  7. Sigurðarkviða in skamma, «Carme breve di Sigurðr»
  8. Helreið Brynhildar, «Viaggio di Brynhildr verso gli inferi»
  9. Guðrúnarkviða ǫnnor, «Secondo Carme di Guðrún»
  10. Guðrúnarkviða in þriðja, «Terzo carme di Guðrún»
  11. Oddrúnargrátr, «Lamento di Oddrún»
  12. Atlakviða in grǿnlenzka, «Carme groenlandese di Atli»
  13. Atlamál in grǿnlenzka, «Discorso groenlandese di Atli»
  14. Guðrúnarhvǫt, «Incitamento di Guðrún»
  15. Hamðismál, «Discorso di Hamðir»

Pagina del Codex Arnamagnæanus, AM 748 I 4°.

Dal sito dell'Istituto Árne Magnússon
<http://www.am.hi.is/WebView/>.

Il Codex Arnamagnæanus

La seconda fonte, in ordine di importanza, per la nostra conoscenza sulla poesia eddica, è il frammentario manoscritto conosciuto come Codex Arnamagnæanus [A], oggi custodito nella biblioteca dell'Istituto Árne Magnússon, a Reykjavík, con la segnatura AM 748 I 4°. Di questo codice, redatto agli inizi del XIV secolo, cioè pochi anni dopo la redazione finale del Codex Regius, si sono conservati soltanto sei fogli, per un totale di sette poemi, tutti di argomento mitologico:

  1. Grímnismál, «Discorso di Grímnir»
  2. Hymiskviða, «Carme di Hymir»
  3. Baldrs Draumar, «Sogni di Baldr
  4. Skírnismál, «Discorso di Skírnir»
  5. Hárbarðsljóð, «Canto di Hárbarðr»
  6. Vafþrúðnismál, «Discorso di Vafþrúðnir»
  7. Vǫlundarkviða, «Carme di Vǫlundr

Solo i primi tre poemi sono completi. I tre seguenti presentano lacune più o meno vistose, mentre dell'ultimo, il Vǫlundarkviða, rimangono solo il prologo in prosa e l'incipit. Sei delle sette composizioni sono conosciute anche al Codex Regius, con varianti minime. La rimanente, il Baldrs Draumar, è invece attestata solo nel Codex Arnamagnæanus, dettaglio che rende questo manoscritto di valore inestimabile. Naturalmente non è possibile sapere quale fosse l'estensione del codice originale e quali altri poemi contenesse.

Le altre fonti

Altri manoscritti riportano dei poemi eddici, anche se nessuno di essi è ricco e vario come il Codex Regius e il Codex Arnamagnæanus. Ad esempio, la Vǫluspá è attestata anche nell'Hauksbók [H] di Hauk Erlendsson (prima metà del XIV secolo), in una versione la cui scansione in strofe è diversamente organizzata da quella del Codex Regius.

Tra le fonti eddiche si ricorda poi il Flaytejarbók [F]. Un tempo custodito nella Biblioteca Reale di Danimarca, questo codice è stato restituito all'Islanda insieme al Codex Regius e oggi si trova anch'esso nella biblioteca dell'Istituto Árna Magnússon, con la segnatura GkS 1005 fol. Il Flaytejarbók consta di ben 225 fogli, vergati con cura e splendidamente illustrati. Questo preziosissimo manoscritto contiene alcune delle più belle saghe storiche, tra cui la Óláfs saga Tryggvasonar, «Saga di Óláfr Tryggvason», la Óláfs saga Helga, «Saga di Óláfr il santo», la Sverris saga, «Saga di Sverri», e la Hákonar saga Hákonarsonar, «Saga di Hákon»; contiene inoltre diversi interessantissimi racconti, tra cui il Vǫlsa þáttr, «Racconto del fallo»,  il Nornagests þáttr, «Racconto di Nornagestr», e alcune composizioni poetiche di argomento religioso. Riguardo ai poemi eroico-mitologici, il Flaytejarbók ne riporta soltanto tre, di cui due, il Reginsmál e l'Helreið Brynhildar, sono presenti anche nel Codex Regius; il terzo, l'Hyndluljóð, si trova solo in questo manoscritto e viene così ad aggiungersi a un ideale corpus della poesia eddica.

I poemi eddici in Snorri

Snorri Sturluson

Un'altra importantissima fonte eddica è rappresentata dalla Prose Edda di Snorri Sturluson, scritta tra il 1222 e il 1225. La prima parte di questo manuale di arte scaldica, il Gylfaginning, è un vero e proprio trattato di mitologia, materia evidentemente considerata indispensabile al bagaglio culturale dell'apprendista poeta. Nel narrare la creazione e distruzione del cosmo, la fisionomia degli dèi e le loro imprese, Snorri fa puntualmente riferimento ai poemi eddici, soprattutto alla Vǫluspá, al Vafþrúðnismál e al Grímnismál (i più importanti dal punto di vista dell'erudizione mitologica), riportandone a più riprese dei lunghi passi. Le strofe citate non hanno alcuna pretesa di continuità o di completezza: compaiono a scopo unicamente illustrativo, come fonte e testimonianza del racconto prosastico di Snorri.

Il vescovo Brynjólfur Sveinsson riteneva che Snorri avesse attinto direttamente al Codex Regius. Sappiamo che non è così, sia perché il Codex Regius è stato ultimato almeno mezzo secolo dopo la composizione dell'opera di Snorri, sia perché i versi citati da Snorri presentano, in molti punti, delle varianti rispetto a quelli contenuti nella Ljóða Edda. Addirittura, Snorri completa una strofa mutila sia in R che in A (Vafþrúðnismál [31]). Dunque Snorri aveva a sua disposizione il testo di numerosi poemi eddici, ma provenienti da una fonte diversa dal Codex Regius. Ciò rende le varianti che egli fornisce degne della massima attenzione. Ma la principale ragione per cui l'opera di Snorri risulta straordinariamente importante per la nostra comprensione dei poemi eddici è dovuta al fatto che egli ne spiega le parti più complesse e sviscera molti dei miti a cui essi fanno riferimento. Senza i suoi chiarimenti e le sue osservazioni, buona parte della poesia eddica risulterebbe per noi del tutto incomprensibile.

Se la Vǫluspá, il Vafþrúðnismál e il Grímnismál erano noti da Snorri in una forma molto simile a quella del Codex Regius, la stessa cosa non si può dire per altri poemi. Snorri cita ad esempio una strofa tratta dal Lokasenna (Gylfaginning [20d {29}]) che sembra essersi originata da un collage di strofe differenti nella versione attestata in R. È anche possibile che Snorri non conoscesse la Þrymskviða, la cui vicenda è del tutto ignorata nella sua Edda. Forse non conosceva nemmeno la Dissertazione sulle rune presente nell'Hávamál, in quanto non fa alcun accenno né dà alcuna spiegazione alle oscure strofe sull'autosacrificio di Óðinn. Inoltre Snorri cita alcuni versi da un poema, non contenuto nel Codex Regius, a cui dà il titolo di Vǫluspá in skamma, la «Breve profezia della veggente»; questa composizione, che egli aveva probabilmente conosciuto come poema indipendente, è stata poi interpolata nell'Hyndluljóð, poema contenuto nel Flateryjarbók. Il fatto che Snorri non citi brani dei poemi eroici (a parte un breve passo dal Fáfnismál), fa pensare che egli avesse a disposizione una piccola raccolta di composizioni esclusivamente mitologiche, assai simile al Codex Arnamagnæanus.

Ma Snorri cita anche diversi brani tratti da composizioni che non ci sono pervenute. È il caso del breve e bellissimo scambio di battute tra tra Njǫrðr e Skaði (Gylfaginning [23b-23c {33-34}]); o della scena dove i Vanir osservano Gná volare nell'aria sul suo destriero (Gylfaginning [35p-35q {40-41}]); o della cinica risposta di Þǫkk agli ambasciatori che vengono a chiederle di piangere la morte di Baldr (Gylfaginning [49y {52}]). In un caso, Snorri fornisce persino il titolo di un'opera ormai perduta, l'Heimdallargaldr, l'«Incantesimo di Heimdallr», di cui fornisce un unico verso (Gylfaginning [27c {38}]).

Infine, nella seconda parte del suo libro, lo Skáldskaparmál, Snorri cita integralmente una composizione non riportata da nessuna altra fonte, il Grottasǫngr, la «Canzone del [mulino] Grotti».

Eddica minora

Poiché il Codex Regius identifica la raccolta della Ljóða Edda, ci si riferisce al complesso dei composizioni provenienti da altre fonti come Eddica minora. Si tratta tuttavia di una distinzione effettuata sulla base delle composizioni contenute nel manoscritto principale o da esso escluse, e non ha alcuna pretesa filologica.

I due poemi più importanti classificati come Eddica minora sono il Baldrs Draumar, contenuto nel Codex Arnamagnæanus, e l'Hyndluljóð, presente nel Flateyjarbók. Entrambi non stonerebbero affatto accanto a quelli del Codex Regius, e molte edizioni della Ljóða Edda giustamente li comprendono. Anche il Grottasǫngr è annoverato nell'Eddica minora.

Il Codex Wormianus [W], uno dei quattro manoscritti della Prose Edda di Snorri, tramanda un altro poema eddico, la Rígsþula o «Sequenza di Rígr», di cui è l'unica fonte.

Altri poemi esclusi dai manoscritti principali si trovano inclusi in alcune saghe. Ad esempio, il Darraðarljóð, «Canto dello stendardo», è conservato nella Njáls saga. Il Gátur Gestumblinda, «Enigmi di Gestumblindi», il Hlǫðskviða, «Carme di Hlǫðr» (o «Battaglia tra Goti e Unni»), e l'Hervararljóð, «Canto di Hervǫr» (o «Risveglio di Angantýr»), provengono dalla Hervarar saga ok Heiðreks.

Altre composizioni riconducibili al genere delle poesia eddica ci giungono da codici più tardi. Dei manoscritti del XVII secolo conservano lo Svipdagsmál, o «Discorso di Svipdagr», un lungo poema che si ritiene essere una combinazione di due composizioni originariamente distinte: il Grógaldr, «Incantesimo di Gróa», e il Fjǫlsvinnsmál, «Discorso di Fjǫlsviðr», legate tra loro dalla figura del protagonista Svipdagr.

A quest'ultimo gruppo, possiamo ancora aggiungere due titoli, il Rafnagaldr Óðins, «Incantesimo dei corvi di Óðinn», e il Sólarljóð, «Canto del sole», composizioni a cui la maggior parte dei filologi guarda con prudente sospetto.

EDDICA MINORA

  1. Baldrs Draumar, «Sogni di Baldr»
  2. Hyndluljóð, «Canto di Hyndla», nel quale è interpolata:
    Vǫluspá in skamma, «Piccola profezia della Veggente»
  3. Rígsþula, «Sequenza di Rígr»
  4. Grottasǫngr,«Canzone del [mulino] Grotti»
  5. Darraðarljóð, «Canto dello stendardo»
  6. Gátur Gestumblinda,«Enigmi di Gestumblindi»
  7. Hlǫðskviða,«Carme di Hlǫðr» («La battaglia tra Goti e Unni»)
  8. Hervararljóð,«Canto di Hervǫr» («Il risveglio di Angantýr»)
  9. Svipdagsmál, «Discorso di Svipdagr», composto dai due canti:
    Gró[u]galdr, «Incantesimo di Gróa»
    Fjǫlsvinnsmál, «Discorso di Fjǫlsviðr»
  10. Rafnagaldr Óðins, «Incantesimo dei corvi di Óðinn»
  11. Sólarljóð, «Canto del sole»

Età, provenienza e contesto

Tra i problemi che la poesia eddica pone ai filologi, assai dibattuti sono quelli riguardanti l'età e l'origine delle singole composizioni, le relazioni interne tra i vari testi, le relazioni tra questi e altre opere nel panorama letterario germanico, e infine i possibili rapporti con le opere classico-cristiane.

Riguardo all'età dei poemi, è evidente che questi sono assai più antichi dei manoscritti che li contengono. Ad esempio, se il Codex Regius è stato ultimato nella seconda metà del XIII secolo, le evidenze linguistiche mostrano che i poemi in esso contenuti risalgono a un ampio periodo tra l'800 e il 1200, con un culmine nel X secolo. Detto questo, stabilire una precisa data di composizione per i singoli poemi non è affatto agevole, perché lo studio delle forme linguistiche si limita a registrare la fase finale nella trasmissione dei testi e non la loro antichità. Quello che il Codex Regius e gli altri manoscritti ci tramandano, insomma, non è la forma «originale» dei poemi, ma la versione conosciuta e memorizzata dai redattori del XIII secolo.

Il fatto che non siano stati tramandati i nomi degli autori potrebbe indicare che i poemi siano stati trasmessi oralmente per un tempo imprecisato, prima di essere registrati. Qualche studioso ha voluto definirli con il nome di þulir o «sapienti», avanzando l'ipotesi che formassero un corpo di poeti esperti di miti, in seguito soppiantati e respinti dagli skáld o poeti d'arte. Fuor di dubbio è che tra un genere e l'altro esistono notevoli differenze di tecnica; le composizioni della Ljóða Edda sono caratterizzate da una grande semplicità verbale che impiega in misura minima i sinonimi e le kenningar, al perfetto contrario dell'involuta poesia scaldica fiorita in Islanda a cavallo del 1000. Tutto questo contribuisce a retrodatare l'età dei poemi a un'antichità ancora più remota.

In quanto al luogo di composizione, è evidente che, nella forma in cui ci sono pervenuti, tali poemi siano stati composti nella maggior parte dei casi in Islanda. L'Atlakviða in grǿnlenzka e l'Atlamál in grǿnlenzka pare siano stati composti in Groenlandia; la Rígsþula mostra invece, nel nome del suo protagonista (Rígr è epiteto di Heimdallr), un'influenza celtica (deriva infatti dal gaelico ríg «re»), e potrebbe essere stato composto in una colonia scandinava in Irlanda. Di nuovo però queste conclusioni non esauriscono il problema della provenienza, perché è evidente che i poemi eddici non siano originari dell'Islanda. Bastano d'altronde i molti riferimenti a querce, abeti e betulle, piante non presenti in Islanda, per mostrare come tali poemi, insieme all'intera mitologia che sottendono, abbiano provenienza continentale. Lo stesso può dirsi di lupi, cervi, orsi e picchi, tutti animali ben presenti nei poemi eddici ma non nell'ecosistema islandese. Dunque, se anche i poemi eddici ricevettero la loro ultima stesura definitiva in Islanda tra l'XI e il XIII secolo, è evidente che il loro materiale di base – costituito da canti mitici ed eroici trasmessi oralmente – era stato portato dalla Norvegia tra la fine del IX e nel corso del X secolo.

Un raffronto tra i poemi eddici e analoghe composizioni provenienti dal resto dell'area germanica rivela una sostanziale unità di registri poetici e argomenti. Ad esempio, le strofe iniziali della Vǫluspá mostrano strettissime affinità con la Wessobrunnen Gebet, «Preghiera di Wessobrunn» (VII-VIII sec.), una composizione cristiana in antico alto tedesco, dettaglio che suggerisce l'esistenza di un antichissimo canto germanico della creazione confluito nella redazione di entrambi i testi. Inoltre, alcuni eroi della Ljóða Edda sono attestati in tutta l'area germanica. Ad esempio, in ambito anglosassone, il Bēoƿulf (VIII sec.) menziona Sigemund e Fitela (conosciuti ai poemi eddici come Sigmund e Sinfjǫtli); il Ƿidsið (IX sec.) nomina Eormenric (l'eddico Jǫrmunrekkr, Ermanarico); il Dēor (X sec.) menziona sia Eormenric che Veland (il Vǫlundr eddico). Spostandoci sul continente, l'Hildebranslied (VII-VIII sec.) in antico alto tedesco tratta di Theotrihhe (il Þjóðrekr eddico, cioè re Teodorico), mentre il tardo Nibelungenlied (fine XII sec.) in medio tedesco narra ancora una volta, in chiave cortese, l'intera vicenda dei Niflungar. Tutte queste vicende risalgono senza dubbio all'età delle migrazioni germaniche (IV-VIII sec.). Pressoché scomparse nel continente, sono sopravvissute proprio nei poemi eddici d'Islanda, l'ultimo paese germanico a venire cristianizzato.

Infine, molti motivi presenti nei canti eddici mostrano strati compositi, di diversa origine e provenienza. La Vǫluspá rivela l'influsso degli Oracula Sibyllina (così come il Mūspilli bavarese ne è la riscrittura alla luce dell'escatologia cristiana). Alcune parti dell'Hávamál mostrano la possibile influenza dei Disticha Catonis. Si tratta insomma di testi piuttosto complessi, che affondano le loro radici nel profondo del substrato germanico. Forse la loro origine più remota va cercata in quei barditus che, secondo Tacito, erano l'unica forma di documentazione storica degli antichi Germani (Germania [3]).

Materiale e stile

Per quanto la poesia eddica sia un genere letterario ben definito, non bisogna dimenticare che le composizioni al suo interno sono piuttosto eterogenee, mostrando una straordinaria varietà di temi e forme poetiche, con scelte espressive a volte molto lontane le une dalle altre. I poemi stessi sono classificati secondo una varietà di sottogeneri: abbiamo il discorso [mál], il canto [ljóð], il carme [kviða], la profezia [spá], la canzone [sǫngr], il lamento [grátr], l'esposizione erudita [þula] e persino l'insulto [senna], ciascuno con proprie caratteristiche formali e metriche.

Un buon numero di poemi eddici appartengono al sottogenere del «discorso» (col termine mál si indicano tutte le forme del parlato orale), specializzato nel riportare le parole pronunciate dai personaggi mitologici. Abbiamo dunque l'Hávamál e il Grímnismál, declamati dallo stesso Óðinn; il Vafþrúðnismál, dove Óðinn discorre col gigante Vafþrúðnir; lo Skírnismál, dove Skírnir discute con Gerðr; il Reginsmál il Fáfnismál e il Sigrdrífumál, lunghe dissertazioni messe in bocca ai rispettivi personaggi. È probabile che tali poemi venissero recitati in pubblico da uno o più poeti, i quali, come autentici attori, si calavano nelle voci dei protagonisti e, attraverso di loro, davano vita a una narrazione tanto più coinvolgente quanto più veniva udita dalle voci stessi dei suoi personaggi.

Il sottogenere del «discorso» è composto esclusivamente di parole pronunciate in prima persona, senza alcun narratore esterno. In certi casi (come nel Reginsmál) vi sono degli inserti in prosa che spezzano il flusso del dialogo, ma si tratta con ogni probabilità di interpolazioni esplicative aggiunte dai redattori del manoscritto. Questi poemi possono consistere tanto in monologhi quanto in dialoghi a due o più voci, fino ad arrivare al record di sedici voci che battibeccano nel Lokasenna. I discorsi si presumono pronunciati in occasione di eventi ben precisi e in genere sottendono un contesto narrativo. Anche i monologhi sono rivolti a personaggi che, pur presenti nella finzione drammatica, non prendono parte al discorso. Ad esempio, nel Grímnismál, Óðinn (celato sotto l'epiteto di Grímnir) svolge l'intera sapienza cosmologica a vantaggio di re Geirrøðr e suo figlio, i quali però non intervengono mai. Dunque i vari «discorsi» non si rivolgono mai direttamente agli ascoltatori, ma sono sempre calati in una cornice narrativa. Unica eccezione è costituita dall'Hávamál, poema sorto dalla giustapposizione di un certo numero di composizione distinte, nel quale Óðinn sembra riferirsi direttamente al pubblico (a parte una breve sezione in cui il destinatario è un certo Loddfáfnir). Tutto ciò mostra un notevole grado di complessità drammaturgica.

Riguardo agli argomenti dei «discorsi», essi sono piuttosto vari. L'Hávamál riporta perlopiù massime di saggezza medievale sul modo di comportarsi nei vari casi della vita. Il Grímnismál e il Vafþrúðnismál svolgono argomenti di erudizione mitologica e cosmologica, dando molte informazioni sulla struttura dell'universo, le dimore degli dèi, la nascita del mondo e il suo incendio finale. Nel Sigrdrífumál, la valchiria, appena risvegliata dal suo sonno incantato, istruisce Sigurðr sul corretto uso delle rune. Il sapiente nano interrogato da Þórr nell'Alvíssmál fornisce gli heiti (le denominazioni poetiche) degli elementi della terra e del cielo. Dunque, seppur calati in un contesto narrativo, raramente i «discorsi» si riferiscono alle vicende in questione; al contrario, le loro voci narranti (Óðinn, Vafþrúðnir, Þórr, Alvíss, la vǫlva) sono finalizzate a fornire un sostegno adeguato all'altezza degli argomenti trattati.

Sono assai rari i «discorsi» in cui il dialogo sia finalizzato alla narrazione. Un esempio è fornito dallo Skírnismál, in cui Freyr manda il suo servitore come pronubo presso la gigantessa di cui è innamorato; Skírnir dialoga successivamente con tutti i personaggi incontrati nel corso del viaggio, e il culmine della vicenda si ha in un lungo monologo in cui elenca a Gerðr gli sgradevoli incantesimi che le getterà addosso se non acconsentirà alla richiesta di matrimonio. Il Lokasenna ha invece luogo durante il banchetto funebre di Baldr e tratta di un lungo e vivace scambio di ingiurie tra Loki e gli altri dèi. La forma narrativa è qui finalizzata all'esposizione dei dettagli meno nobili delle biografie divine. Il ritratto impietoso degli dèi non è però dovuto − com'è stato detto − a una tarda influenza cristiana, perché si tratta anche in questo caso di un vero e proprio esercizio di erudizione mitologica, al quale non è estraneo il gusto per lo scherno e la beffa.

Assai affini ai «discorsi» sono i canti caratterizzati dalla parola ljóð «canto» (cfr. tedesco Lied, inglese lay), di cui il corpus eddico presenta però un numero limitato di esempi. Uno è l'Hárbarðsljóð, un serratissimo dialogo tra Þórr e un traghettatore a nome Hárbarðr (di nuovo Óðinn) che rifiuta di accoglierlo in barca: ciascuno dei due ricorda all'altro le sue imprese meno eroiche, e così facendo vengono citati molti miti di cui si è persa memoria. Vi è poi l'Hyndluljóð (non presente nel Codex Regius), dove Freyja dialoga con la veggente Hyndla

Assai diverso è invece il sottogenere della kviða, «carme» o «ballata». Tali composizioni sono un misto di narrazione e dialogo, dove la narrazione è data in terza persona e il dialogo è funzionale al racconto e riferisce le parole scambiate dai personaggi coinvolti. Questo sottogenere è assai raro tra le composizioni strettamente mitologiche: vi appartengono soltanto l'Hymiskviða (racconto in versi di un mito riportato anche da Snorri, la pesca di Þórr del serpente Jǫrmungandr) e il Þrymskviða (sorta di grottesca ballata dove Þórr si reca travestito da sposa nella dimora del gigante Þrymr). La kviða è invece diffusa soprattutto tra i canti eroici, nei quali ha valore predominante la vicenda in sé e non il dato erudito.

Nei vari esempi di questo sottogenere, il rapporto tra narrazione e dialogo può assumere diversi tipi di equilibrio. Nella maggior parte dei casi, come abbiamo detto, il dialogo è parte integrante della narrazione. Ad esempio, l'Atlakviða in grǿnlenzka è un continuo alternarsi tra strofe narrative e strofe dialogiche, nelle quali si traccia una delle più cupe vicende del ciclo nibelungico: il re unno cattura i cognati Hǫgni e Gunnarr e li tortura fino alla morte per farsi rivelare dove abbiano nascosto l'oro del Reno; la sua sposa Guðrún li vendica imbandendo ad Atli un banchetto con la carne dei suoi stessi figli, quindi dà fuoco alla reggia. In altri poemi, la narrazione è invece quasi interamente affidata al dialogo. Il Sigurðarkviða in skamma, dopo una breve sezione introduttiva, consiste quasi completamente in un lungo monologo di Guðrún − a tratti interrotto da inserti descrittivi − in cui ella ricapitola il dramma del suo sposo Sigurðr, ucciso in una congiura; il racconto è quasi tutto affidato alle parole di Guðrún, che riporta anche i dialoghi delle persone implicate nella vicenda.

Come si vede, al genere della poesia eddica appartengono composizioni molto diverse tra loro, come genere, voce narrante o contenuto. Quest'ultimo può variare dal poema epico alla ballata burlesca, dall'esposizione erudita al contenuto gnomico-sentenzioso. In tutti i casi, di rado i poemi affrontano direttamente gli avvenimenti in forma narrativa, ma spesso preferiscono procedere per accenni, attraverso le voci narranti degli stessi personaggi, spesso prediligendo forme oscure ed ellittiche. Questo crea a volte pesanti problemi d'interpretazione ai moderni esegeti, dovuti al fatto che viene trattata una materia mitico-leggendaria ben conosciuta e presente ai suoi fruitori, ma che per noi è ormai perduta da mille anni.

Metrica

La caratteristica principale del verso eddico è l'uso dell'allitterazione: il ripetersi meccanico di parole che iniziano con lo stesso suono, utilizzata a fini mnemotecnici non meno che espressivi. Ad esempio, in Vǫluspá [45g-j]:

...skeggǫld, skalmǫld,     |     skildir klofnir,
vindǫld, vargǫld,     |     áðr verǫld steypisk...

L'allitterazione non è un fenomeno estetico fine a sé stesso, ma uno dei cardini su cui poggia l'organizzazione del verso eddico. Il verso principale della poesia scandinava è il «verso lungo», diviso da una cesura centrale in due semiversi. L'allitterazione non solo crea un ritmo interno, ma conduce l'attenzione dell'ascoltatore sulla parola che funge da «chiave di volta» del verso stesso. Ad esempio, troviamo nell'Atlakviða in grǿnlenzka [22a-b]:

...skaro þeir hjarta     |     Hjalla or brjósti...

Il secondo semiverso (...Hjalla or brjósti «...dal petto di Hjalli») fissa [h] come consonante allitterante, facendo risaltare il medesimo suono nel semiverso che la precede (skaro þeir hjarta... «strapparono il cuore...»). «Cuore» [hjarta] è la parola-chiave su cui poggia il significato del verso. Le parole norrene − composte per la maggior parte di una o due sillabe − hanno di regola l'accento sulla prima sillaba, dettaglio che, combinandosi con l'allitterazione, contribuisce alla sonorità e al tipo ritmico (Scardigli ~ Meli 1982). In questo caso abbiamo un metro di tipo trocaico:

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I poemi eddici sono composti di due tipi di metri principali: il fornyrðislag e il ljóðaháttr. Il fornyrðislag o «metro epico» (da forn yrðis «parole antiche») consiste, nella sua forma canonica, in una quartina di quattro «versi lunghi», ciascuno dei quali − abbiamo visto − è a sua volta composto da due semiversi. Un ottimo esempio da Vǫluspá [1]:

Hljóðs biðk allar     |     helgar kindir,
meiri ok minni     |     mǫgu Heimdallar;
vildu at, Valfǫðr,     |     vel fyr teljak
forn spjǫll fira,     |     þaus fremst of man.

Una variante del «metro epico» è il málaháttr o «metro dei discorsi», i cui semiversi consistono di sei sillabe invece che di quattro. Nell'ambito del corpus eddico troviamo quest'ultimo metro attestato unicamente nell'Atlamál in grǿnlenzka. È probabile che gli ascoltatori islandesi non fossero in grado di distinguerlo dal fornyrðislag, anche se Snorri, nel suo Háttatal, li individua.

Il secondo metro in ordine di frequenza è il ljóðaháttr o «metro dei canti». Nella sua forma canonica, esso consiste in una quartina dove due «versi lunghi» (a loro volta composti da due semiversi) si alternano a due «versi pieni» (composti da un solo semiverso di cinque o più sillabe). Si tratta di un metro che forse risente alla lontana del distico elegiaco od epigrammatico latino. Un ottimo esempio dal Vafþrúðnismál [1]:

Rád þú mér nú, Frigg,     |     allz mik fara tiðir
at vitja Vafþrúðnis;
forvitni mikla     |     kveð ek mér á fornom stǫfom
við þann inn alsvinna jǫtun.

La differenza tra l'uso del fornyrðislag e del ljóðaháttr è fondamentale ai fini del contenuto dei singoli poemi e, presumibilmente, della modalità della loro recitazione orale. Il fornyrðislag è il metro del racconto, che si ritrova legato soprattutto al genere del ballata epica [kviða]. Il ljóðaháttr è invece legato al discorso, alla rappresentazione dialogata, alla poesia sentenziosa e gnomica, ed è indicativo che nell'intero corpus eddico sia usato unicamente per il discorso diretto (con l'eccezione di un'unica strofa, Vafþrúðnismál [5]).

Per quanti i metri eddici tendano a strutturarsi in quartine, vi sono esempi in cui sia il fornyrðislag che il ljóðaháttr presentano dei versi aggiuntivi, sia «lunghi» che «pieni», soprattutto nelle parti più arcaiche del corpus. In realtà, la «quartina» è una struttura metrica che non appartiene alla poesia norrena, la quale avverte, come unità sintattica della strofa, non tanto la strofa quanto la semistrofa [helming]. Nella poesia eddica, infatti, ogni strofa può essere idealmente divisa in due semistrofe, ciascuna delle quali è di senso compiuto. Mettiamo a raffronto, in traduzione, i già citati Vǫluspá [1] e Vafþrúðnismál [1].

Ascolto io chiedo a tutte     |     le sacre stirpi,
maggiori e minori     |     figli di Heimdallr.
————
Tu vuoi che io, o Valfǫðr,     |     compiutamente narri
le antiche storie degli uomini     |     quelle che prima ricordo.

Ora consigliami, Frigg,     |     di andare ho gran voglia
a trovare Vafþrúðnir.
————
Confesso che son curioso     |     di disputare sulle cose remote
con quel gigante onnisciente.

Questa distinzione delle strofe in helmingar sembra essere una costante della poesia norrena. È d'altronde provato che rarissimamente (otto casi su 383) vi siano collegamenti sintattici che si estendono oltre i confini del distico. All'associazione di due versi (due «lunghi», oppure uno «lungo» e uno «pieno»), corrisponde per regola una frase di senso compiuto. Ma non si tratta di un semplice enjambement, ma più di una concatenazione logico-sintattica fra due versi (Scardigli ~ Meli 1982). Troviamo ad esempio in Vǫluspá [19a-d]:

So che un frassino s'erge     |     Yggdrasill lo chiamano,
alto tronco lambito     |     d'acqua bianca di argilla.

Qui, il secondo verso dipende dal primo. In altre parole, anche se ciascun verso di una helming ha una sua autonomia relativa, il secondo non può prescindere dal primo. L'helming può dunque essere considerata l'equivalente verticale di quello che è il verso pieno in orizzontale. È una struttura sintatticamente autosufficiente, in cui si stabiliscono legamenti gerarchici tra i due versi, e tra i due semiversi che compongono ogni verso.

Anche quando il numero dei versi di una strofa sia eccessivo o difettivo, vale sempre il principio della distinzione degli helmingar in unità di senso compiuto. Ad esempio, in Hávamál [135] troviamo una strofa irregolare formata dalla successione di tre versi lunghi e sette pieni, cioè tre helmingar distinti. Ciascuno è un'unità di senso:

Ti consiglio, Loddfáfnir,     |     e tu accetta il consiglio,
ne trarrai beneficio se l'accetti,
bene ti verrà se l'accogli.
————
Se vuoi per te una buona femmina     |     parlale con dolci sussurri
e prendi piacere con lei.
————
Devi fare belle promesse     |     e subito mantenerle:
nessuno soffre il bene, a riceverlo.

Ci sarebbe ancora molto da dire per approfondire la metrica eddica, ma queste brevi note possono bastare per mostrare al lettore la complessità di questo genere di poesia.

I poemi eddici a confronto

Segue qui uno schema generale dei poemi che compongono la Ljóða Edda (compresa l'Eddica Minora), mettendone a confronto varie caratteristiche: epoca di composizione, fonte, genere, metro e numero di strofe. La sigla iniziale è quella che viene comunemente data a ciascuna composizione dai filologi e che è facile trovare nella letteratura scientifica.

  Composizione Datazione Fonti Genere Metro Strofe
Vsp Vǫluspá
«Profezia della Veggente»
X sec. [R | H] Monologo Fornyrðislag 66
Háv Hávamál
«Discorso di Hál»
Inizio X sec. [R] Monologo Ljóðaháttr
(Fornyrðislag)
164
Vm Vafþrúðnismál
«Discorso di Vafþrúðnir»
Prima metà X sec. [R | A] Dialogo Ljóðaháttr 55
Grm Grímnismál
«Discorso di Grímnir»
X sec. [R | A] Monologo Ljóðaháttr 54
Skm Skírnismál
«Discorso di Skírnir»
Attorno al 900 [R | A] Dialogo Ljóðaháttr 42
Hrbl Hárbarðsljóð
«Canto di Hárbarðr»
X sec. [R | A] Dialogo Vario 60
Hym Hymiskviða
«Carme di Hymir»
Seconda metà dell'XI sec. [R | A] Narrazione e dialogo Fornyrðislag 39
Ls Lokasenna
«Insulti di Loki»
Fine del X sec. [R] Dialogo Ljóðaháttr 61
Þrk Þrymskviða
«Carme di Þrymr»
Prima metà dell'XI sec. [R] Narrazione e dialogo Fornyrðislag 32
Alv Alvíssmál
«Discorso di Alvís»
XI sec. [R] Dialogo Ljóðaháttr 35
Vkv Vǫlundarkviða
«Carme di Vǫlundr»
IX sec. [R] Narrazione e dialogo Fornyrðislag 41
HHI Helgakviða Hundingsbana in fyrri
«Primo carme di Helgi uccisore di Hundingr»
Metà dell'XI sec. [R] Narrazione e dialogo Fornyrðislag 56
HHv IHelgakviða Hjǫrvarðssonar
«Carme di Helgi figlio di Hjǫrvarðr»
Attorno al 900 [R] Narrazione e dialogo Fornyrðislag
(Ljóðaháttr)
43
HHII Helgakviða Hundingsbana ǫnnor
«Secondo carme di Helgi
uccisore di Hundingr»
Metà del IX sec. [R] Narrazione e dialogo Fornyrðislag 51
Grp Grípisspá
«Profezia di Grípir»
Seconda metà del XII sec. [R] Narrazione e dialogo Fornyrðislag 53
Rm Reginsmál
«Discorso di Reginn»
Metà del X sec. [R | F] Dialogo Ljóðaháttr
(Fornyrðislag)
26
Fm Fáfnismál,
«Discorso di Fáfnir»
X sec. [R] Dialogo Ljóðaháttr
(Fornyrðislag)
44
Sd Sigrdrífomál
«Discorso di Sigrdrífa»
Attorno al 900 [R] Monologo con inserti in posa Ljóðaháttr
(Fornyrðislag)
37
Br Brot af Sigurðarkviðo
«Frammento del carme di Sigurðr»
Inizio del IX sec. [R] Narrazione e dialogo Fornyrðislag 19
GðrI Guðrúnarkviða in fyrsta
«Primo carme di Guðrún»
Prima metà dell'XI sec. [R] Narrazione e dialogo Fornyrðislag 27
Sgk Sigurðarkviða in skamma
«Carme breve di Sigurðr»
Fine dell'XI sec. [R] Narrazione e dialogo Fornyrðislag 71
Hlr Helreið Brynhildar
«Viaggio di Brynhildr verso gli inferi»
XI sec. [R | F] Essenzialmente monologo Fornyrðislag 14
GðrII Guðrúnarkviða ǫnnor
«Secondo carme di Guðrún»
Metà del X sec. [R] Monologo Fornyrðislag 44
GðrIII Guðrúnarkviða in þriðja
«Terzo carme di Guðrún»
Prima metà del X sec. [R] Narrazione e dialogo Fornyrðislag 11
Od Oddrúnargrátr
«Lamento di Oddrún»
Prima metà dell'XI sec. [R] Essenzialmente monologo Fornyrðislag 34
Akv Atlakviða in grǿnlenzka
«Carme groenlandese di Atli»
IX sec. o prima [R] Narrazione e dialogo Fornyrðislag 43
Am Atlamál in grǿnlenzka
«Discorso groenlandese di Atli»
Attorno al 1100 [R] Narrazione e dialogo Fornyrðislag
Málaháttr
103
Ghv Guðrúnarhvǫt
«Incitamento di Guðrún»
Prima metà dell'XI sec. [R] Narrazione e dialogo Fornyrðislag 21
Hm Hamðismál
«Discorso di Hamðir»
Al più tardi inizio del IX sec. [R] Narrazione e dialogo Fornyrðislag 31
Bdr Baldrs Draumar
«Sogni di Baldr»
IX sec. [A] Narrazione e dialogo Fornyrðislag 14
Hdl Hyndluljóð
«Canto di Hyndla»
XI sec. [F] Essenzialmente monologo Fornyrðislag 50
Rígsþula
«Sequenza di Rígr»
IX sec. [W] Narrazione Fornyrðislag 47
Grt Grottasǫngr
«Canzone del [mulino] Grotti»
IX sec. [Rs] Essenzialmente monologo Fornyrðislag 24
Svm Svipdagsmál
«Discorso di Svipdagr»
XIII-XIV sec.   Dialogo Ljóðaháttr 16+50

Lo schema è tratto, con qualche variazione, da quello fornito da Terry Gunnell (Gunnell 2005). La datazione qui fornita per le singole composizioni, che in Gunnel è basata sulla ripartizioni dei poemi in «antichi» e «tardi» (Sveinsson 1982), è invece quella fornita – tranne che per gli ultimi quattro casi – da Piergiuseppe Scardigli e Marcello Meli nell'introduzione alla loro traduzione della Ljóða Edda (Scardigli ~ Meli 1982).

Edizioni italiane

  • DI LEESTHAL Olga Gogala [cura]. Canti dell'Edda. UTET, Torino 1939.
  • MASTRELLI Alberto [cura]. L'Edda. Carmi norreni. «Classici della religione». Sansoni, Firenze 1951, 1982.
  • SCARDIGLI Piergiuseppe ~ MELI Marcello [cura]. Il canzoniere eddico. Garzanti, Milano 1982.

Bibliografia

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  • BUGGE Sophus, Sæmundar Edda hins fróða. In: «Norrœœn fornkvæði». Christiania [Oslo] 1867.
  • CLEASBY Richard ~ VIGFÚSSON Guðbrandur, An Icelandic-English Dictionary. Oxford, 1874.
  • GERING Hugo [trad.], Die Edda. Die Lieder der sogenannten älteren Edda. Bibliographisches Institut, Liepzig/Wien 1892, 1927.
  • GRUNDTVIG Nikolai Frederik Severin, Lidet om Sangene i Edda. København 1806.
  • GUNNELL Terry, Eddic Poetry. In: McTURK Rory [cura], Old Norse-Icelandic Literature and Culture. Blackwell, Oxford 2005.
  • HILDEBRAND Karl von, Die Lieder der Älteren Edda. Schöningh, Paderborn 1876
  • JÓNSSON Finnur, Sæmundar Edda. Reykjavík 1926.
  • LEESTHAL Olga Gogala di [cura], Canti dell'Edda. UTET, Torino 1939.
  • MASTRELLI Alberto [cura], L'Edda. Carmi norreni. Classici della religione. Sansoni, Firenze 1951, 1982.
  • NECKEL Gustav, Edda. Die Lieder des Codex Regius nebst verwandten Denkmälern, Vol. I. Heidelberg 1962.
  • NIEDNEL Felix, Edda Heldendichtung / Gǫtterdichtung. Diederichs, Jena 1962.
  • PRAMPOLINI Giacomo, Letterature germaniche insulari. In: Storia universale della letteratura, vol. III. UTET, Torino 1949.
  • RASK Rasmus Christian [trad.], Sæmundar Edda. Stockholm 1818.
  • REICHBORN-KJENNERUD Ingjald, Lægerådene i den eldre Edda. In: «Maal og Minne». Novus Forlag, Kristiania [Oslo] 1923.
  • SCARDIGLI Piergiuseppe [cura] ~ MELI Marcello [trad.], Il canzoniere eddico. Garzanti, Milano 1982.
  • SIJMONS Barend, Lieder der Edda. Halle 1906.
BIBLIOGRAFIA
Intersezione: Sezioni - Alianora
Sezione: Fonti - Nabū-kudurri-uṣur
Area: Germanica - Brynhilldr
Ricerche e testi di Dario Giansanti.
Creazione pagina: 04.04.2004
Ultima modifica: 29.11.2014
 
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