2 - LA GRANDE PROFEZIA
scolto io chiedo a tutte le sacre
stirpi umane, figli maggiori e minori di
Heimdallr!
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I figli di Borr innalzano le terre (✍ 1895) |
Lorenz Frølich (1820-1908), illustrazione. (Gjellerup
1895) |
“Tu vuoi, Valfǫðr, che io
narri compiutamente le antiche storie del mondo, quelle che ricordo innanzi alle
altre. Ebbene, io ricordo i giganti, nati in principio, che mi generarono e mi
allevarono. Ricordo nove mondi, e un immenso albero le cui nove radici li
penetrano e li sostengono. Quando tempo volgeva agli inizi, solo
Ymir viveva. Non c'era la sabbia e non
c'era il mare, non c'erano le fredde onde, non si distingueva la terra né vi era
un cielo che la sovrastasse. Dovunque si spalancavano gli abissi e in nessun
luogo cresceva erba. Finché, un giorno, i figli di
Borr innalzarono le terre, loro che
crearono il vasto Miðgarðr. Il sole
splendette da sud sui fondali rocciosi e allora il suolo si riempì di verdi
germogli.
“Il sole, compagno alla luna, stese la mano destra verso l'orlo del cielo. Il
sole non sapeva dov'era la sua corte, le stelle non conoscevano la loro dimora,
la luna era ignara del suo potere. Allora gli dèi andarono ai troni del
giudizio, le sante divinità, e in assemblea deliberarono. Diedero un nome alla
notte e alle fasi lunare, al mattino e al mezzogiorno, al pomeriggio e alla
sera, e iniziarono così a contare gli anni.
“Si riunirono gli Æsir nel campo
di Iðavǫllr, e qui innalzarono altari
e templi, accesero i fuochi e forgiarono tenaglie e altri utensili, e crearono
così tante ricchezze che non tra loro non vi mai penuria d'oro. Ricchi e felici,
essi giocavano a scacchi in quella corte, fino a quando giunsero da
Jǫtunheimr tre fanciulle, figlie di
giganti possenti oltre ogni immaginazione.
“Allora gli dèi andarono ai troni del giudizio, le sante divinità,
e in assemblea deliberarono. Bisognava decidere chi dovesse creare le schiere
dei dvergar dal sangue di Brimir
e dagli ossi di Bláinn.
Móðsognir era il più
eccellente fra tutti i nani e il secondo era
Durinn. Molti dvergar
furono tratti dalla terra e fu loro data figura umana:
Nýi e Níði,
Norðri,
Suðri,
Austri,
Vestri,
Alþjófr,
Dvalinn,
Nár,
Náinn,
Nípingr,
Dáinn,
Bívǫrr,
Bávǫrr,
Bǫmburr,
Nóri,
Ánn
e Ánarr,
Ái,
Mjǫðvitnir.
Veigr e
Gandálfr,
Vindálfr,
Þráinn,
Þekkr e
Þorinn,
Þrór,
Vitr e
Litr,
Nár e
Nýráðr; i nani –
Reginn e Ráðsviðr
– come dovevo ho enumerato.
Fili,
Kili,
Fundinn,
Náli,
Heptivili,
Hannarr,
Svíurr,
Frár,
Hornbori,
Frægr e
Lóni,
Aurvangr,
Jari ed
Eikinskjaldi. Ma bisogna
che riveli agli uomini anche quelli della stirpe di
Dvalinn, su su fino a a
Lofarr, loro che arrancarono dal
suolo roccioso di Aurvangar fino a
Jǫruvellir. Dunque c'erano allora
Draupnir,
Dólgþrasir,
Hár,
Haugspori,
Hlévangr,
Glói,
Skirvir,
Virvir,
Skáfiðr,
Ái.
Álfr
e Yngvi,
Eikinskjaldi,
Fjalarr e
Frosti,
Finnr e
Ginnarr. Questa lista degli
antenati dei nani sarà ricordata a lungo, finché vivranno gli uomini.
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Le stirpi dei dvergar
(✍ 1895) |
Lorenz Frølich (1820-1908), illustrazione. (Gjellerup
1895) |
“E poi finalmente tre
æsir tornavano a casa, quando trovarono in
terra Askr ed
Embla, il frassino e l'olmo, senza forze e
senza destino. Non possedevano respiro, né anima, non avevano calore vitale, non
facevano gesti né il loro aspetto era gentile.
Óðinn dette loro il destino, l'anima la
fornì Hǿnir, e dette
Lóðurr l'aspetto gentile e il colorito.
“Io so che si innalza un frassino, chiamato
Yggdrasill. Si erge sempre verde,
dalle fonti di Urðarbrunnr, alto
tronco lambito da acque argillose. Dai suoi rami le rugiade piovono sulle valli.
Da quelle acque che si stendono sotto l'albero vengono tre fanciulle di grande
saggezza. Ha nome Urðr la prima,
Verðandi l'altra,
Skuld la terza. Incidono rune sulle
tavole, decidono la vita e stabiliscono le sorti degli uomini.
“Io ricordo il primo scontro che vi fu nel mondo, quando gli dèi urtarono
Gullveig con le lance e le dettero
fuoco nelle sale di Hár. L'arsero tre
volte, tre volte ella rinacque ed è ancora viva! L'avevano chiamata
«splendente», ed era un'indovina esperta in profezie. Veniva nelle case e con le
sue magiche verghe, cariche di sinistro potere, incantava i sensi e abbindolava
le spose malvagie. Allora gli dèi andarono ai troni del giudizio, le sante
divinità, e in assemblea deliberarono. Discussero se gli
Æsir avessero dovuto pagare un tributo
o se invece avessero diritto a un risarcimento.
Óðinn scagliò la sua lancia e iniziò la
prima guerra che mai si vide nel mondo. I
Vanir infransero le palizzate di legno e invasero la città degli
Æsir. Allora gli dèi andarono ai troni
del giudizio, le sante divinità, e in assemblea deliberarono. Si chiesero chi
avesse immesso il male sulla terra e chi avesse dato
Freyja, la sposa di
Óðr, ai giganti. Si alzò allora
Þórr, colmo di rabbia. Non attese un
istante quando venne a conoscenza di tali misfatti. Furono rotti solenni
giuramenti e infranti i più sacri patti che avevano tra loro suggellato.
“Io vedo le Valkyrjur venire
da lontano, cavalcando verso il popolo dei Goti. Skuld tiene lo scudo, la
seconda è Skǫgul, vi sono poi Gunnr, Hildr, Gǫndul e Geirskǫgul. Queste sono le
fanciulle di Herjan, che cavalcano
attraverso la terra, le Valkyrjur.
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Le Valkyrjur (✍ 1895) |
Lorenz Frølich (1820-1908), illustrazione. (Gjellerup
1895) |
“Io vedo per Baldr approntarsi un
sanguinoso sacrificio, vedo l'occulto destino preparato per il figlio di
Óðinn. Cresceva ritto sui campi, esile e
bello, un ramoscello di vischio. Da quel fragile legno venne fabbricata una
lancia dolorosa e fatale. Hǫðr la scagliò.
Váli, nato prima del tempo, era vecchio di
una notte quando si accinse al combattimento. Non si lavò le mani né si pettinò
il capo finché non riuscì a trascinare sul rogo l'assassino del fratello. Ma
Frigg pianse in
Fensalir il dolore di tutta la
Valhǫll. E tu, ne sai forse di
più? Vedo giacere legato, sotto il bosco di Hveralund, un'infausta figura che
rassomiglia a Loki.
Sigyn siede là, accanto al suo sposo, per
nulla entusiasta di lui. E tu, ne sai forse di più?
“Scroscia da oriente un fiume di daghe e di spade, attraverso valli gelide
come il veleno: lo chiamano Slíðr.
Si trova a nord, nelle Niðavellir,
la corte d'oro della stirpe di Sindri;
ma un'altra corte si trova in Ókólnir, è
la sala da birra del gigante Brimir.
Ma io vedo una terza sala, nascosta dal sole, in
Nástrandir. Ha le porte rivolte a
nord. Attraverso il buco del tetto piovono gocce di veleno: il tetto è formato
da dorsi intrecciati di serpenti. Io vedo giungere in quel luogo, dopo aver
guadato insidiosi torrenti, uomini spergiuri, assassini e seduttori. Là
Níðhǫggr succhia i cadaveri e il lupo
ne sbrana le carni. E tu, ne sai forse di più?
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La via per Nástrandir (✍ 1895) |
Lorenz Frølich (1820-1908), illustrazione. (Gjellerup
1895) |
“Una vecchia siede in oriente, nella foresta di
Járnviðr, e là alleva i lupi, stirpe
di Fenrir. Da quelle belve una verrà in
forma di gigante a distruggere il sole. Si nutre della vita degli uomini votati
alla morte, insanguina le case degli dèi. Nelle estati che verranno la luce del
sole si farà oscura, ci attendono tempi di tradimento. E tu, ne sai forse di
più?
“Siede laggiù sul colle e suona l'arpa, il lieto
Eggþér, che custodisce le mandrie delle
gigantesse. Canta vicino a lui nel bosco degli uccelli un gallo dalle penne
rosse, il suo nome è Fjalarr. Ma canta
presso gli Æsir un altro gallo,
Gullinkambi, il quale ridesta gli
eroi nella dimora di Herjafǫðr.
E un terzo gallo, rosso come la fuliggine, canta sotto terra, nelle sale di
Hel. Feroce latra
Garmr dinanzi a
Gnipahellir: i lacci si spezzeranno
e il lupo correrà. Io ho molta sapienza: scorgo da lontano il terribile destino
che incombe sugli dèi.
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La vecchia di Járnviðr ed Eggþér
(✍ 1895) |
Lorenz Frølich (1820-1908), illustrazione. (Gjellerup
1895) |
“Si colpiranno i fratelli e si uccideranno l'un l'altro, saranno dimenticati
i legami di parentela. Violenza e perversione riempiranno il mondo. Tempo di
asce e di spade, si frantumeranno gli scudi: tempo di vento e di lupi, e il
mondo crollerà. Non vi sarà un uomo che vorrà risparmiarne un altro.
“Si agitano i giganti, figli di Mímir;
mentre il possente suono del Gjallarhorn
annuncia il compiersi del destino. È
Heimdallr a soffiare nel corno, intanto che
Óðinn parla con la testa di
Mímir. L'antico frassino
Yggdrasill trema e scricchiola quando
i giganti si liberano. Tutti son presi da terrore, sulla strada degli inferi,
ché il fuoco di Surtr sta per
inghiottirli. Che cosa incombe sugli Æsir?
Che cosa incombe sugli elfi? Rintrona tutto
Jǫtunheimr, gli dèi sono riuniti in
assemblea. I nani, signore delle rocce, si ergono dinanzi alle porte di pietra e
gemono di terrore. E tu, ne sai forse di più? Feroce latra
Garmr dinanzi a
Gnipahellir: i lacci si spezzeranno
e il lupo correrà. Io ho molta sapienza: scorgo da lontano il terribile destino
che incombe sugli dèi.
“Viene da oriente Hrymr, il re dei
giganti, reggendo lo scudo innanzi a sé. Furioso si attorce
Jǫrmungandr, immane serpente che
scuote le onde. L'aquila stride e strazia i cadaveri. Salpa
Naglfar, la nave dei morti. Ma un'altra
nave salpa da est, è quella che conduce sul mare le schiere di
Múspell.
Loki ne regge il timone. L'armata dei
mostri avanza e il lupo è in testa. Da sud viene
Surtr ammantato di fiamme. Gli dèi si
ergono a difesa con le spade accese dal sole. Si spaccano le rocce, si
accasciano le gigantesse, gli uomini intraprendono l'ultimo viaggio, il cielo si
schianta. Ed ecco, viene a Frigg un altro
dolore, quando Óðinn va a combattere col
lupo (e Freyr, uccisore di Beli, si muove
contro Surtr). Cade così lo sposo di
Frigg. Ma ecco, viene
Víðarr, figlio di
Óðinn, ad affrontare la belva che divora
carogne. Con tutt'e due le mani le conficca la spada fino al cuore, e così
vendica il padre. Ed ecco arriva Þórr, il
famoso figlio di Fjǫrgyn, a
contrastare Jǫrmungandr. Furibondo
colpisce il difensore di Miðgarðr,
poi indietreggia di nove passi e crolla. Il sole si oscura, sprofonda la terra
nelle acque, le stelle scompaiono dal firmamento. Il vapore sibila con il fuoco
e le fiamme si innalzano a sfiorare il cielo. Feroce latra
Garmr dinanzi a
Gnipahellir: i lacci si spezzeranno
e poi il lupo correrà. Io ho molta sapienza: scorgo da lontano il terribile
destino che incombe sugli dèi.
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Le potenze celesti (✍ 1895) |
Lorenz Frølich (1820-1908), illustrazione (Gjellerup 1895) |
“E vedo ancora una volta affiorare la terra dal mare, novellamente verde.
Scrosciano le cascate, vola in alto l'aquila, lei che dai monti va a caccia di
pesci. Si ritrovano gli Æsir in
Iðavǫllr e discorrono di quel possente
serpente che stava stretto intorno al mondo; si ricordano delle grandi imprese
dei tempi passati e di Óðinn che tutte
conosceva le rune. E là ritroveranno nell'erba quelle meravigliose scacchiere
d'oro che anticamente avevano posseduto. Seppure non seminati, i campi
produrranno messi. Scomparirà ogni male e farà ritorno
Baldr.
Baldr e suo fratello Hǫðr, felici dèi
guerrieri, abiteranno le vittoriose rovine dell'antica casa di
Óðinn. Tu ne sai forse di più? Vedo
ergersi una corte ricoperta d'oro, ancora più bella del sole, alta nel cielo, a
Gimlé. Lì abiteranno schiere di valorosi e
saranno felici in eterno.
“Ma alla fine di ogni cosa verrà al suo regno Colui che dall'alto governa
ogni cosa. E il drago di tenebra, Níðhǫggr,
quel serpe scintillante, viene dai monti
Niðafjǫll e vola sulla pianura portando sotto le sue ali i corpi dei
morti.
Abbiamo qui riportato, in forma di racconto, la
Vǫluspá
o «Profezia della veggente» adattata alle esigenze della prosa. È un brano
troppo importante perché si potesse affrontare la materia nordica senza averlo
ben presente. La si consideri per ora una sorta di presentazione generale: le
singole strofe verranno riprese e analizzate man mano che procederemo nel nostro
racconto, attraverso gli affascinanti meandri della mitologia scandinava. |
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