MITI

GERMANI
Scandinavi

MITI GERMANICI
BIFRǪST
IL PONTE ARCOBALENO
È l'ásbrú, il ponte arcobaleno, a fornire un passaggio dal cielo alla terra. Costruito con profonda perizia, anch'esso è destinato tuttavia a crollare quando giungeranno i figli di Múspell.
1 - IL PONTE ARCOBALENO

l'ásbrú, il ponte arcobaleno, a fornire un passaggio dalla terra al cielo. Questo ponte ha un nome: Bilrǫst, la «via dai molti colori», o Bifrǫst, la «via tremula», e furono gli dèi stessi a costruirlo, con arte e profonda sapienza. Passaggio arduo e difficile, il ponte arcobaleno è accessibile soltanto a coloro che sanno come accedervi.

Bifrǫst ha tre colori, manifestazione perfetta di sacralità, e il rosso è fuoco che arde.

L'altra estremità del ponte, sul quale sono incise rune, giunge ai piedi della rocca di Himinbjǫrg, là dove si spalancano i cancelli di Ásgarðr. In quel luogo Heimdallr, la sentinella degli dèi, veglia giorno e notte, attento che i giganti non abbiano accesso al ponte arcobaleno e non tentino di scalare il cielo.

Anche se fragile all'apparenza, il ponte Bifrǫst è solido e fatto con arte e durerà fin quanto durerà il mondo. Crollerà tuttavia quando arriveranno i figli di Múspell dal sud: ma di questo non c'è da stupirsi, perché allora nessuna cosa nell'universo sarà risparmiata.

2 - GLI DÈI CAVALCANO SUL PONTE (E ÞÓRR PROCEDE A PIEDI)

li dèi cavalcano tutti i giorni lungo il ponte Bifrǫst, quando si recano al þing presso la fonte di Urðarbrunnr. È in quel luogo silenzioso, all'ombra del grande frassino Yggdrasill, che essi tengono le loro assemblee. Solo a Þórr è impedito il transito sul ponte, perché tutto Bifrǫst andrebbe in fiamme sotto le ruote del suo carro; perciò egli è costretto a procedere a piedi, guadando una serie di fiumi: il Kǫrmt, l'Ǫrmt e i due Kerlaugar.

Gli dèi cavalcano sul ponte Bifrǫst (e Þórr procede a piedi) ( 1984)
Giovanni Caselli. Illustrazione (Branston 1978).
Fonti
1 Ljóða Edda > Grímnismál [44]
Ljóða Edda > Fáfnismál [15]
Ljóða Edda > Sigrdrifumál [16]
Snorri Sturluson: Prose Edda > Gylfaginning [13 | 17 | 27 | 41 | 51]
2 Ljóða Edda > Grímnismál [29]
Snorri Sturluson: Prose Edda > Gylfaginning [15]
I - BIFRǪST: LA TREMULA VIA

Una delle immagini più caratteristiche e affascinanti della mitologia nordica è quella del ponte arcobaleno che connette la terra al cielo. Esso è chiamato Ásbrú «ponte degli Æsir», ma ha anche un altro nome, che è Bilrǫst «via dai [molti] colori» nella Ljóða Edda (Grímnismál [44] | Fáfnismál [15]), o Bifrǫst «tremula via» nell'Prose Edda (Gylfaginning [13 | 15 | 17 | 27 | 41 | 51]).

Del ponte arcobaleno si parla solo tre volte in tutta la Ljóða Edda, due delle quali nel Grímnismál. In questo carme dapprima si dice che Þórr deve guadare a piedi dei fiumi quando, ogni giorno, si reca al þing degli dèi presso il frassino Yggdrasill, altrimenti il ponte divino [ásbrú] brucerebbe sotto le ruote del suo carro:

Kǫrmt ok Ǫrmt
ok Kerlaugar tvær,
þær skal Þórr vaða
hverjan dag
er hann dæma ferr
at aski Yggdrasils,
þvíat ásbrú
brenn ǫll loga,
heilǫg vǫtn hlóa.
Kǫrmt e Ǫrmt
e i due Kerlaugar,
questi deve Þórr guadare
ogni giorno
quando si reca al consiglio
presso il frassino Yggdrasill,
altrimenti l'ásbrú
brucerebbe tutto in fiamme,
le acque sacre ribollirebbero
Ljóða Edda > Grímnismál [29]

Il nome del ponte, Bilrǫst, viene fornito più avanti nello stesso carme dove si dice semplicemente che «Bilrǫst [è il migliore] dei ponti» [Bilrǫst brúa] (Grímnismál [44]). Bilrǫst ricompare ancora in un canto di argomento eroico, il Fáfnismál. Qui il famoso drago dell'epica nibelungica rivela, morente, al giovane Sigurðr come si chiami quell'isolotto sul quale, nel giorno di ragnarǫk, gli Æsir si scontreranno con le orde di Surtr, e aggiunge un dettaglio interessante:

Óskópnir hann heitir,
en þar ǫll skulu
geirum leika goð,
Bilrǫst brotnar,
er þeir á brú fara,
ok svima í móðu marir
Óskópnir è chiamato [l'isolotto],
e là tutti dovranno
gli dèi giostrare con lance,
Bilrǫst s'infrange
quando sul ponte s'avventano
e nuotano nella corrente i destrieri.
Ljóða Edda > Fáfnismál [29]

Sarebbe stato assai difficile mettere insieme queste tre citazioni della Ljóða Edda e dar loro un senso, se Snorri non avesse dedicato un capitolo della sua Prose Edda a illustrarci la natura e le caratteristiche del ponte arcobaleno, che egli tuttavia chiama non più Bilrǫst ma Bifrǫst.

Þá mælti Gangleri: «Hverr er leið til himins af jǫrðu?» Quindi parlò Gangleri: «Cos'è che porta dalla terra al cielo?»
Þá svarar Hár ok hló við: «Eigi er nú fróðliga spurt. Er þér eigi sagt þat, at goðin gerðu brú af jǫrðu til himins, er heitir Bifrǫst? Hana muntu sét hafa. Kann vera, at þat kallir þú regnboga. Hon er með þrimr litum ok mjǫk sterk ok ger með list ok kunnáttu meiri en aðrar smíðir. En svá sterk sem hon er, þá mun hon brotna, þá er Múspellsmegir fara ok ríða hana, ok svima hestar þeira yfir stórar ár. Svá koma þeir fram.» Rispose allora Hár, ridendo forte: «La tua domanda non è saggia. Non ti è stato detto che gli dèi hanno costruito un ponte dalla terra al cielo che si chiama Bifrǫst? Dovresti averlo visto. Può essere che tu lo chiami arcobaleno. È di tre colori, è molto robusto ed è fatto con più arte e sapienza di qualunque altra opera. Ma forte com'è, esso si romperà quando i figli di Múspell lo attraverseranno cavalcando e guadando grandi fiumi coi loro cavalli. Così essi verranno avanti».
Þá mælti Gangleri: «Eigi þótti mér goðin gera af trúnaði brúna, ef hon skal brotna mega, er þau megu þó gera sem þau vilja.» Allora Gangleri disse: «Non mi sembra che gli dèi siano stati onesti, costruendo un ponte che potrà crollare, quando potevano farne uno come volevano».
Þá mælti Hár: «Eigi eru goðin hallmælis verð af þessi smíð. Góð brú er Bifrǫst, en enginn hlutr er sá í þessum heimi er sér megi treystast, þá er Múspellssynir herja.»  Rispose allora Hár: «Non sono da biasimare gli dèi per quest'opera. Bifrǫst è un buon ponte, ma niente è abbastanza sicuro in questo mondo da poter reggere alla devastazione dei figli di Múspell».
Snorri Sturluson: Prose Edda > Gylfaginning [13]
II - L'ARCOBALENO, VIA DI COMUNICAZIONE TRA IL CIELO E LA TERRA

L'idea di una via che connetta la terra al cielo, ovvero il mondo grossolano della manifestazione materiale e il mondo sottile della manifestazione spirituale, sembra un pensiero mitico molto antico, che ritroviamo, in varie forme, in molte culture differenti. L'idea che in una remota antichità gli dèi interagissero con gli uomini sembra assai comune: i Greci ritenevano che i loro eroi dell'età del bronzo fossero figli di dèi e donne mortali, segno che nel tempo mitico l'interscambio tra cielo e terra era cosa abituale. Nella Bibbia si narra che, nei tempi precedenti il diluvio, i «figli di dio» scendessero sulla terra per unirsi alle «figlie degli uomini» (Bǝrēʾšîṯ  [VI: -]). Si ritiene tuttavia che tale interscambio fosse più agevole in una precedente età del mondo.

L'ingresso del ponte Bifrǫst

Dipinto della «serie islandese» di Elisabet Stacy-Hurley.
<http://www.aufait.net/~squinter/ice/stacy104.htm>

Dall'idea che in un lontano passato sia esistito un legame di comunicazione tra il cielo e la terra, deriva per conseguenza l'idea che tale legame sia stato in seguito spezzato. Nella mitologia cinese il legame tra il cielo e la terra venne interrotto da uno dei primissimi sovrani, Zhuan Xiu, che in tal modo instaurò una sorta di ordine cosmico nel quale gli spiriti non potevano più scendere dal cielo a visitare la terra e gli uomini non potevano più salire in cielo per confondersi con gli dèi. Lo stesso mito ricompare in Tibet, dove il legame tra il cielo e la terra è rappresentato da una corda (o scala) dmu, lungo la quale si effettuava un continuo interscambio tra i due livelli dell'esistenza. I primi sovrani del Tibet li si diceva scesi dal cielo lungo la corda dmu: quando essi morivano, i loro corpi ritornavano in cielo trasformati in arcobaleni. L'ottavo re, Gri-gum btsan-po, tagliò la corda dmu e interruppe ogni contatto tra il cielo e la terra; egli fu il primo dei sovrani tibetani che alla sua morte lasciò sulla terra un cadavere.

Il legame tra il cielo e la terra assume nelle varie culture aspetti differenti. Abbiamo visto che nel mito tibetano è esemplificato da una corda. È la scala di Yaʿăqōḇ nel racconto biblico (e diventerà l'albero sefirotico nelle speculazioni della Qabbālāh). In altre civiltà può essere rappresentato con una montagna, un albero, una torre o un arcobaleno. La rappresentazione come arcobaleno sembra essere molto antica, a giudicare dalla sua diffusione in tutto il mondo. Pure sgombrando il campo da tutte le mitizzazioni dell'arcobaleno, che non sempre corrispondono al motivo di una connessione tra il cielo e la terra, rimangono tuttavia degli esempi come il ponte Činvat nel mito iranico, o addirittura l'Ame-no-hashi-date, il «ponte fluttuante del cielo» del mito nipponico, sul quale Izanami e Izanagi scesero dal cielo per creare le isole del Giappone. Anche dove l'arcobaleno non rappresenta una vera e propria strada, permane tuttavia l'idea del simbolo di un tramite tra gli dèi e gli uomini, come accade nel mito biblico dove l'arcobaleno è la «firma» del patto che Dio strinse con Nōḥ, o come nel mito greco, dove è Îris, la dea dell'arcobaleno, che funge quale messaggera degli dèi presso i mortali.

Il mito scandinavo recupera questo motivo dell'arcobaleno facendone un vero e proprio ponte [brú], anzi, un «ponte divino» [ásbrú], gettato a connettere il cielo e la terra. Il suo nome è, come abbiamo detto, Bilrǫst o Bifrǫst. È anche presente il motivo della rottura del ponte, anche se questa non è localizzata in un'epoca remota, bensì nel futuro escatologico, quando i figli di Múspell verranno, guadando i fiumi tempestosi, a combattere contro gli dèi; quel giorno il mondo intero arderà nel fuoco e il ponte Bifrǫst andrà in pezzi. Perché questo strano spostamento nel futuro? Il mito della rottura del collegamento tra il cielo e la terra, come abbiamo visto dai precedenti esempi, sembra connesso al motivo dei cicli cosmici: in molti sistemi mitologici questa rottura, in un lontano passato, avrebbe segnato la fine dell'epoca mitica in cui gli uomini e gli dèi interagivano fianco a fianco e l'inizio del tempo attuale in cui tale comunicazione non è più agevole. In altre parole, quando vi era un collegamento tra il cielo e la terra, gli uomini avevano più facile accesso alla sapienza delle cose divine e profonde: tale sapienza oggi è perduta. Nel mito del progredire delle età cosmiche, quale troviamo dall'India alla Scandinavia, il passaggio dall'età dell'oro all'età dell'argento, dall'età del bronzo all'età del ferro, è vista anche come una perdita progressiva della conoscenza, da parte dell'uomo, dei sacri misteri. Assistiamo dunque a un progressivo allontanamento del cielo dalla terra, dello spirituale dal materiale, a cui corrisponde una lenta e costante involuzione e desacralizzazione dell'uomo.

Il mito nordico tratta la caduta dell'umanità dei medesimi termini (si veda Vǫluspá [45]): qui tuttavia la rottura del ponte Bifrǫst diventa l'ultimo atto del dramma cosmico: con l'arrivo dei figli di Múspell, alla fine del tempo, l'ultimo filo che collega la terra col cielo viene divelto: è il definitivo crollo morale del mondo. A quel punto non può che esservi il ragnarǫk a cui seguirà l'incendio universale.

Schedario: [Bifrǫst | Ragnarǫk]

III - IL PONTE ARCOBALENO: UN SIGNIFICATO ASTRONOMICO?

Bifrǫst è la via di comunicazione tra il cielo e la terra. Da questo punto di vista si tratta di una figurazione equivalente a quella del frassino Yggdrasill: nelle cosmologie sciamaniche è spesso l'axis mundi a fungere da asse di comunicazione tra tutti i livelli dell'essere. D'altra parte l'immagine stessa dell'arcobaleno è, in molti sistemi mitici, il simbolo percepibile del legame tra il cielo e la terra, tra gli dèi e gli uomini; in certi casi diventa esso stesso un ponte gettato tra la terra e il cielo, dunque una vera e propria via percorribile da chi ne conosca il segreto o abbia la necessaria sapienza per intraprendere il viaggio per le sfere celesti.

D'altronde, alcuni studiosi hanno messo in dubbio che Bifrǫst sia un semplice arcobaleno. Come abbiamo visto nelle due pagine precedenti, la cosmologia nordica appare fortemente strutturata in senso astronomico, con Yggdrasill che rappresenta l'asse terrestre, le sue tre radici dirette nelle tre fasce del cielo e l'Útgarðr che rappresenta l'eclittica, ovvero la fascia zoodiacale. Vedremo anche che questo sistema, secondo un procedimento connesso con il fenomeno della precessione equinoziale, è destinato a essere divelto e ricostituito alla fine di ogni ciclo cosmico; e sappiamo che alla fine del mondo anche il ponte Bifrǫst è destinato a essere distrutto dai figli di Múspell. Ci si può dunque chiedere se anche lo stesso Bifrǫst non sia in realtà una figurazione astronomica. E non un arcobaleno.

Che il ponte Bifrǫst sia un arcobaleno [regnboga] lo afferma Snorri: ci si può però chiedere se la sua non sia un'idea posteriore. In effetti Snorri afferma spessa che il ponte sia «molto robusto e fatto con grande abilità e ingegno, più di altre costruzioni» [mjǫk sterk ok ger með list ok kunnáttu meiri en aðrar smíðir], descrizione che sembra essere incompatibile con la natura evanescente e instabile degli arcobaleni: così come il fatto che il ponte Bifrǫst dovrà durare fino alla fine del mondo, quando sarà distrutto dai figli di Múspell, pare riportare a idee astronomiche più che agli incerti fenomeni ottici dell'atmosfera.

Ci aiuta ancora Snorri il quale, trattando di Bifrǫst, aggiunge un importantissimo dettaglio che invano avremmo cercato nella Ljóða Edda, riguardo al luogo dove cade l'«estremità del ponte» [brúar sporðr], quella che si protende verso il cielo, sulla quale, se possiamo dar credito alla strana informazione nel Sigrdrifumál [16], sarebbero incise delle rune. Si tratta di Himinbjǫrg, la «rocca del cielo» posta ai piedi di Ásgarðr, là dove si erge a scolta il dio Heimdallr. Afferma Snorri:

Þar er enn sá staðr, er Himinbjǫrg heita. Sá stendr á himins enda við brúarsporð, þar er Bifrǫst kemr til himins. C'è anche quel luogo chiamato Himinbjǫrg, che si trova alla fine del cielo, sulla soglia del ponte, là dove Bifrǫst giunge nel firmamento.
Snorri Sturluson: Prose Edda > Gylfaginning [17]
Hann býr þar, er heita Himinbjǫrg við Bifrǫst. Hann er vǫrðr goða ok sitr þar við himins enda at gæta brúarinnar fyrir bergrisum. Egli [Heimdallr] abita in quel posto chiamato Himinbjǫrg, presso Bifrǫst. Egli è il guardiano degli dèi: risiede lassù, alla fine del cielo, per vegliare sul ponte l'arrivo dei giganti di montagna.
Snorri Sturluson: Prose Edda > Gylfaginning [27]

Heimdallr è un personaggio che si muove in un ambito cosmologico. Egli è il «misuratore» dello spazio e del tempo, il guardiano dell'equinozio di primavera, legato alla costellazione dell'ariete. Heimdallr si erge su questa rocca di Himinbjǫrg, all'anticamera del cielo, proprio là dove ha termine il balzo del ponte Bifrǫst. Sarà lui a dare l'allarme, quando verrà il giorno di ragnarǫk, suonando il corno Gjallarhǫrn, che è nascosto nella sorgente di Mímisbrunnr, ai piedi del frassino Yggdrasill. In tal modo egli avvertirà gli dèi che sta arrivando da sud la schiera sfolgorante dei figli di Múspell, guidata da Surtr. Sappiamo che i loro destrieri guaderanno difficili correnti prima di arrivare ai piedi del ponte, dopo di che il ponte stesso andrà in pezzi (Gylfaginning [13]). Questi fiumi che i destrieri dei giganti di fuoco dovranno guadare, sono probabilmente gli stessi citati in Grímnismál [29], che il povero Þórr deve guadare ogni giorno quando si reca all'assemblea divina, perché il ponte brucerebbe se lui ci passasse sopra col suo carro. Risulta qui che Þórr condivide la stessa natura dei giganti: il ponte non regge i suoi passi, così come non regge quelli dei giganti di fiamma, e dunque Þórr si accolla quotidianamente lo sforzo di passare a guado ogni giorno il Kormt, l'Ǫrmt e i due Kerlaugar. Non così attenti i figli di Múspell, essi manderanno il ponte in frantumi... insieme all'universo, che arderà nelle fiamme scatenate da Surtr.

Il frassino Yggdrasill ( 1895)

Lorenz Frølich (1820-1908)
Illustrazione (Gjellerup 1895)

Che legame c'è tra il ponte Bifrǫst e i fiumi? I fiumi che Þórr passa a guado hanno certo a vedere con gli Élivágar. Anche se non sono espressamente citati nel novero degli undici fiumi cosmici provenienti dalla sorgente di Hvergelmir, il Grímnismál li cita di seguito a quelli. Si tratta senza alcun dubbio di alcuni dei molti fiumi che solcano e attraversano tutti i mondi dell'universo, a rappresentarne l'eterno flusso e riflusso dell'esistenza.

La sorgente di Hvergelmir dal quale sgorgano e al quale ritornano, altri non è che la sorgente abissale di tutte le acque, quella che in Mesopotamia si chiamava Apsû ed era posta sotto gli auspici del dio Enki/Ea. Astronomicamente, si chiamava «via di Ea» la parte di cielo australe, invisibile dall'emisfero boreale, posto sotto il tropico celeste del Capricorno. L'oceano esterno era, per così dire, la superficie superiore di questo oceano cosmico: astronomicamente la fascia zoodiacale.

E dunque, il ponte Bifrǫst? Difficile entrare nei dettagli: molti studiosi hanno spesso cercato di identificarlo con la Via Lattea, ma senza ragioni convincenti. Purtroppo ci mancano ancora molti dettagli. Quanto esposto qui è soltanto il suggerimento di un'ipotesi di lavoro. Il ponte Bifrǫst è sì, l'arcobaleno ma ha, probabilmente, un significato cosmologico ben preciso. È anche l'opinione di De Santillana e della Von Dechend anche se, naturalmente, molti altri studi e analisi dovranno essere fatti prima di giungere - se mai vi giungeremo - a una soluzione di questa imponente visione cosmologica che fonde insieme il cielo e la terra, il tempo e lo spazio (De Santillana ~ Von Dechend 1969).

Schedario: [Bifrǫst | Múspell | Himinbjǫrg | Heimdallr]

Bibliografia

  • BRANSTON Brian, Gods of the North. Thames & Hudson, London 1955. → ID. Gli dèi del nord. Mondadori, Milano 1991.
  • BRANSTON Brian, Gods & Heroes from Viking Mythology. Eurobook, London 1978. → ID., Dèi e eroi della mitologia vichinga. Mondadori, Milano 1981.
  • CLEASBY Richard ~ VIGFÚSSON Guðbrandur, An Icelandic-English Dictionary. Oxford, 1874.
  • DE VRIES Jan, Altgermanische Religionsgeschichte. De Gruyter, Berlin 1957.
  • EYSTEINN Björnsson, When is a fish a bridge? In: Jörmungrund. Reykjavík 2000.
  • ISNARDI Gianna Chiesa [trad.]: SNORRI Sturluson, Edda di Snorri. Rusconi, Milano 1975. Tea 2003.
  • ISNARDI Gianna Chiesa [cura], Leggende e miti vichinghi. Rusconi, Milano 1977.
  • ISNARDI Gianna Chiesa, I miti nordici. Longanesi, Milano 1991.
  • POLIA Mario, Völuspá. I detti di colei che vede. Il Cerchio, Rimini 1983.
  • RYDBERG Viktor, Undersökningar i germanisk mythologi. Adolf Bonnier, Stockholm 1886. → ID., Teutonic Mythology. Gods and Goddesses of the Northland. Norrœna Society, London 1889.
  • SCARDIGLI Piergiuseppe [cura] ~ MELI Marcello [trad.], Il canzoniere eddico. Garzanti, Milano 1982.
BIBLIOGRAFIA
Intersezione: Aree - Holger Danske
Sezione: Miti - Asteríōn
Area: Germanica - Brynhilldr
Ricerche e testi di Dario Giansanti e Oliviero Canetti.
Creazione pagina: 21.01.2007
Ultima modifica: 15.08.2022
 
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