1 - GENEALOGIA DI
BALOR
quel tempo, tra i
Fomóire, vi era un capo possente e
terribile. Il suo nome era Balor dai
colpi possenti [Bailcbemnioch], figlio di
Dót figlio di
Nét, e regnava sulle Insí Gall [le isole
Ebridi].
Nonno di Balor era
Nét figlio di
Innui figlio di
Allui figlio di
Tat (quel
Tat che fu progenitore delle
Túatha Dé Danann). Questo
Nét – ritorniamo un istante alla sua
genealogia – era padre di tre figli:
Delbáeth,
Esarg e
Dót.
Delbáeth era padre di
Elatha, a sua volta padre di
molti campioni danann, tra il cui il Dagda
Mór, Ogma e
Bress.
Esarg era il padre di
Dían Cécht, il guaritore.
Nét era padre di
Dót, padre di
Balor.
Sposa di Balor era
Ceithlenn dai denti storti, da cui
aveva avuto una bellissima figlia, Ethné.
Questa è appunto la storia di Ethné
figlia di Balor e di
Cían figlio di
Dían Cécht. Dal loro amore nacque
Lúg Lámfada, campione dei
Túatha Dé Danann durante la
seconda battaglia di Mág Tuired e, in seguito, loro sovrano.
La storia del concepimento e della nascita di
Lúg è ignota alle fonti più autorevoli, non
compare nelle antiche genealogie, né viene trattata nella poesia epica. Se noi
oggi la conosciamo, per quanto in una forma non sempre coerente con le antiche
cronache di Ériu, è grazie alla tenacissima memoria del popolo irlandese, che
l'ha tramandata in molte versioni, di padre in figlio, permettendo che non
venisse perduta. |
2
- COME BALOR EBBE IL SUO OCCHIO MALVAGIO
i narra che, quando
Balor era ancora bambino, andrò a spiare
attraverso un foro del tetto nella casa del druido di suo padre
Dót. Il druido stava preparando qualche
magico intruglio e il vapore che si levava dal calderone, passando attraverso il
buco del fumo, raggiunse Balor
nell'occhio.
Da quel giorno Balor
ebbe il singolare potere di uccidere chiunque guardasse con quell'occhio. Così,
nelle battaglie, quattro uomini gli aprivano la palpebra con una maniglia che vi
era stata fissata, e un solo sguardo dell'occhio malefico spazzava via l'intero
esercito nemico.
Perciò Balor venne
anche chiamato «Occhio malvagio». |
|
Tór Inis |
Illustrazione di Jim
Fitzpatrick (1952-) |
3 - IL VATICINIO
ra, un druido fece a
Balor un'inquietante profezia: gli disse
che egli sarebbe stato ucciso dal proprio nipote.
A quel tempo la figlioletta di
Balor,
Ethné, era appena nata. Per sfuggire al terribile destino,
Balor la fece rinchiudere in una grande
torre di vetro, nell'isola di Tór Inis, e le mise accanto dodici nutrici alle
quali ordinò di impedirle di posare lo sguardo su qualsiasi un uomo, o anche
solo di venire a conoscenza dell'esistenza di esseri di sesso diverso dal suo.
Ethné crebbe solitaria
nella sua torre e divenne una bellissima fanciulla. Per tutta la sua esistenza
non vide mai individui di sesso maschile. Le capitava, tuttavia, di vedere da
lontano degli uomini navigare sul mare a bordo dei loro curaig. Fu così
che, nel corso della notte, ella cominciò a sognare un giovane bellissimo e,
senza volerlo, si innamorò di quella creatura sconosciuta. Chiese invano alle
sue dodici nutrici chi o che cosa fosse l'essere che ella vedeva in sogno ma,
alle sue domande, le donne, secondo gli ordini ricevuti, non davano alcuna
risposta. |
4 - IL
PALAZZO DI BALOR econdo
quanta narra un racconto tramandato dalla gente di Ériu, un giorno
Balor si rivolse
Goibniu, l'incomparabile artigiano
delle Túatha Dé Danann,
affinché erigesse per lui un immenso palazzo.
Così Goibniu e suo
figlio, il giovane Goibniu, lasciarono
Ériu e si recarono in Tór Inis, là dove al tempo dei
Clanna Nemid era sorta la
torre di Conánn mac Febair.
Giunti in quella gelida isola,
Goibniu e suo figlio si misero al
lavoro. Essi innalzarono un edificio così splendido che
Balor decise che i due artigiani non
avrebbero lasciato vivi il suo regno, nel timore che potessero costruire altrove
un palazzo altrettanto bello. Così, mentre
Goibniu e suo figlio erano al lavoro in cima al tetto,
Balor ordinò di togliere tutte le scale e
le impalcature intorno al palazzo. I due artigiani rimasero bloccati in cima
all'edificio, a morire di fame.
Non appena si resero conto della sleale manovra,
Goibniu e il figlio cominciarono a
demolire il tetto, così Balor si vide
costretto a farli scendere. Ma anche se
Goibniu e suo figlio ebbero salva la vita,
Balor rifiutò comunque di lasciarli
tornare in Ériu. Non solo: egli ordinò ai due artigiani di riparare ai danni che
avevano arrecato al tetto.
— Non posso riparare il tetto senza alcuni speciali strumenti
che ho lasciato a casa — rispose Goibniu.
— Ma se tu, Balor, mi lasciasti tornare
in Ériu a prenderli, potrei terminare al lavoro.
A Balor non sfuggì il
fatto che Goibniu stava tentando uno
stratagemma. — Tu e tuo figlio non tornerete mai in Ériu — dichiarò. — Sarà mio
figlio a recarsi in tua vece a prendere gli attrezzi necessari. Digli dove
andare e dove cercare.
— Sta' bene — disse
Goibniu, rivolgendosi al figlio di
Balor. — Ascolta, ragazzo. Mettiti in
mare e volgi la prua verso Ériu. Una volta sbarcato, troverai una strada.
Percorrila. Giungerai a una casa che ha un covone di grano davanti alla porta.
Entrato in quella casa, vi troverai una donna con una sola mano e un bambino con
un solo occhio. Chiedi alla donna: lei ti dirà dove sono gli attrezzi.
Il figlio di Balor fece
quanto gli era stato detto. Sbarcò in Ériu e dopo aver seguito la strada
indicata, gli fu agevole individuare una casa che aveva davanti alla porta un
covone di grano. Entrò e trovò una donna con una sola mano e un bambino con un
solo occhio. La donna lo aspettava, giacché in precedenza aveva già concordato
con Goibniu il da farsi, nel caso
Balor avesse impedito all'artigiano e suo
figlio di tornare a casa. Così la donna gli disse:
— Gli attrezzi che cerchi sono in fondo a quella cassapanca.
Ma sono così in fondo che per prenderli dovrai entrare nella cassapanca e
portarli su da solo.
Il figlio di
Balor obbedì, ma non appena fu entrato nella cassapanca, la donna chiuse il
coperchio, imprigionandolo. Ella mandò allora un messaggio a
Balor riferendogli che non avrebbe
liberato il ragazzo finché Goibniu e
suo figlio non fossero tornati a casa con il giusto compenso.
Balor fu costretto ad acconsentire alla
richiesta. Ma prima che i due artigiani lasciassero l'isola,
Balor chiese a
Goibniu chi avrebbe potuto riparare il
palazzo in vece loro. Questi gli rispose che, dopo di lui, non c'era in Ériu un
artefice migliore di un certo
Gabidien Go. |
5 - LA
MUCCA MERAVIGLIOSA ornato
in Ériu, Goibniu mandò
Gabidien Go
in Tór Inis, consigliandogli di accettare, quale unico compenso per il
suo lavoro, la mucca grigia di Balor la
quale con una sola mungitura riusciva a riempire venti barili.
Gabidien
avanzò la proposta e Balor l'accettò.
Terminati i lavori, Balor consegnò la
mucca a Gabidien
ma si guardò bene dal dargli anche la magica cavezza, senza la quale non c'era
modo di trattenere la mucca e impedirle di tornare dal suo precedente
proprietario.
|
Manannán mac Lir |
Illustrazione di Joanna Powell
Colbert. |
Gabidien tornò in Ériu con la mucca meravigliosa, la quale però si rivelò un
pessimo investimento. Quella mucca diede così tanti problemi a
Gabidien,
con le sue continue fughe e scorribande, che questi si vide costretto ad
assoldare dei campioni per tenerla d'occhio durante il giorno e ricondurla a
casa durante la notte. L'accordo con costoro fu che
Gabidien avrebbe forgiato per
ciascun campione una spada ma che, se la mucca fosse andata persa, il campione
che la custodiva avrebbe pagato con la vita.
Accadde che uno degli addetti alla custodia della mucca,
Cían figlio di
Dían Cécht, se la lasciasse sfuggire.
Disperato, Cían seguì le orme
dell'animale fino al mare, dopodiché la mucca sembrava scomparire tra le onde.
Il povero Cían si stava già
strappando i capelli dalla disperazione quando vide un corach venire dal
mare, a bordo del quale un uomo remava con vigore. Costui altri non era che
Manannán mac Lir, il cavaliere
del mare crestato, che si avvicinò alla riva e chiese a
Cían cosa fosse accaduto.
Cían glielo spiegò.
— Che cosa daresti a colui che ti portasse nel luogo dove si
trova la mucca grigia? — chiese
Manannán.
— Io non ho niente da dare — rispose
Cían.
— Ti chiedo soltanto — fece Manannán
— la metà di quanto potrai ottenere prima di tornare qui.
Cían acconsentì
volentieri e Manannán lo fece
salire sul corach. In un battito di palpebre, i due arrivarono in Tór
Inis. La fortezza di Dún Baloir si levava tra le rocce sopra di loro. — Quando
dovrai ritornare in Ériu, — disse a
Cían il cavaliere del mare crestato, — basta che tu rivolga il tuo pensiero
a me, e io tornerò a prenderti con il mio corach. |
6 - CÍAN ED ETHNÉ
ome ben presto
Cían scoprì, il regno di
Balor era un luogo freddo e oscuro. Qui
non esisteva il fuoco e la gente non mangiava che carne cruda. Poiché questa
dieta non si confaceva a Cían,
egli accese un fuoco e prese a cuocersi del cibo. Da lungi
Balor scorse quella fiamma tremolante, si
avvicinò e ne fu così entusiasta che nominò
Cían fuochista e cuoco.
Trascorse del tempo e
Cían ebbe modo di esplorare
l'isola. Una volta scorse Balor recarsi
in Tór Mór, la grande torre che si levava in cima alla rupe. Incuriosito, attese
che Balor ne uscisse, dopodiché lui
stesso si avvicinò alla torre e, poiché conosceva un incantesimo in grado di far
scattare ogni serratura, riuscì a introdursi nel palazzo, aprendo agevolmente
tutte le porte chiuse a chiave e richiudendosele alle spalle. Entrato in un
grande, gelido salone, Cían non
trovò di meglio che accendere un fuoco.
Il chiarore delle fiamme richiamò l'attenzione di una ragazza.
Era Ethné, la figlia di
Balor, che riconobbe in
Cían il ragazzo che aveva
conosciuto nei suoi sogni e di cui si era segretamente innamorata. Anche
Cían si innamorò della splendida
fanciulla.
Da allora, ogni volta che poteva,
Cían sgattaiolava in Tór Mór per
stare accanto a Ethné. Andò avanti così
per molto tempo finché la ragazza si accorse di essere incinta. Più tardi, ella
diede alla luce un bambino. Lo affidò a
Cían affinché lo portasse via. |
7 - IL
PREZZO DI MANANNÁN fu
così che Cían si
recò alla riva del mare, portando con sé il bambino e la mucca grigia attaccata
alla cavezza. Gli bastò pensare a
Manannán mac Lir che il cavaliere del mare crestato, come gli aveva
assicurato, comparve sul suo corach.
Cían salì sull'imbarcazione col
bambino e la mucca.
Ma la manovra non sfuggì a
Balor il quale corse sulla scogliera e con un possente incantesimo suscitò
una tremenda tempesta. Manannán,
i cui poteri druidici erano ancora più grandi, placò le acque infuriate. Allora
Balor trasformò il mare in una distesa di
fiamme: Manannán vi gettò una
pietra e le fiamme si spensero.
Tornati sani e salvi in Ériu,
Manannán chiese a
Cían di onorare la promessa
fatta.
— Non ho ottenuto nulla in Tór Inis, se non un bambino —
rispose Cían. — Non posso
tagliarlo in due: sarà bene che tu lo prenda tutto intero.
— È proprio quello che volevo — ribatté
Manannán. — Quando sarà grande,
non esisterà un campione pari a lui. |
8 - IL
VATICINIO SI COMPIE iù
tardi Manannán mac Lir assegnò un nome al
bambino, chiamandolo Dal-Duana, il «ciecamente ostinato».
Si narra che molti anni dopo il giovane si trovava sulla riva
del mare. Passò d'un tratto una nave, su cui si trovava un uomo. Senza curarsi
chi sia quello straniero, il ragazzo trasse un dardo dalla tasca e lo scagliò,
uccidendolo. Quell'uomo era Balor, il
quale, in accordo col vaticinio, venne così ucciso dal proprio nipote.
Tuttavia le fonti antiche raccontano una versione
diversa della morte di Balor. Secondo
tali fonti, quel giovane, che altri non era che
Lúg Lámfada, campione delle
Túatha Dé Danann e più tardi loro re, uccise
Balor in combattimento, nel corso della
seconda battaglia di Mag Tuired. Ma questo è quanto vedremo nei prossimi
capitoli. |
9 - GIOVINEZZA DI LÚG
ueste le storie che il popolo racconta
sulla nascita di Lúg Lámfada, anche se in
questi racconti il nome del ragazzo non viene mai esplicitato. Le fonti scritte
concordano sul fatto che il padre di Lúg fu
Cían figlio di
Dían Cécht, ed
Ethné figlia di
Balor fu sua madre. Tali fonti non
rivelano però i retroscena della sua nascita. Ci informano che il piccolo
Lúg fu portato a casa di
Dúach Dall e fu affidato a
Tailtiu figlia di
Magmór re di Spagna
Costei, si ricorderà, era stata la sposa di
Eochaid mac Eirc, ultimo re dei
Fir Bolg. Dopo la prima
battaglia di Mag Tuired, gli uomini delle
Túatha Dé Danann l'avevano
accolta presso di loro e le avevano dato per marito
Eochaid Garb figlio di
Dúach Dall.
Tailtiu fu così madre
adottiva di Lúg, che allevò con amore, come
fosse il proprio. Quando Lúg ebbe l'età
giusta fu mandato a Temáir, dove diede un valido contributo alla guerra che le
Túatha Dé Danann stavano
preparando contro i Fomóire.
Altre fonti, altrettanto autorevoli, affermano invece che
padrino di Lúg fosse proprio
Manannán mac Lir, che lo educò
come un grande campione e lo protesse sempre. Altri dicono ancora che il giovane
Lúg lavorò come aiutante nella fucina di
Gabidien, nella quale ebbe modo di impratichirsi in numerose tecniche fino a
superare chiunque altro per abilità e capacità artigianali. |
Fonti
|
|
I - LA
NASCITA DI LÚG NELLE TRADIZIONI POPOLARI Tra gli antichi
testi mitologici a cui è affidata la nostra conoscenza della fulgida figura di
Lúg Lámfada, il
Cath Maige Tuired è senz'altro il più autorevole e dettagliato. Eppure,
riguardo alle origini di Lúg, questo pur
preziossimo testo si limita a fornirci soltanto poche informazioni generali: ci
informa che Lúg era figlio di
Cían delle
Túatha Dé Danann e di
Ethné figlia del fomóire
Balor; e aggiunge che era stato allevato
da Tailtiu moglie di
Eochaid Garb. Questa genealogia è
confermata, senza altri dettagli, dal
Lebor Gabála Érenn. Il più recente
Aided
chloinne Tuirill afferma che, ad
allevare Lúg, fu invece
Manannán mac Lir.
I particolari del concepimento e della nascita di
Lúg non sono noti ai racconti medievali. Il
testo del
Cath Maige Tuired
lascia intendere che Lúg sia
nato in base a un matrimonio politico sancito allorché le
Túatha Dé Danann strinsero
alleanza con i Fomóire.
Gnisit iarum Tuatha De caratrad fri Fomorib,
ocus debert Balar ua Néit a ingin .i. Ethne, de Cen mac Dien cecht. Gonad i-side
ruc an gein mbuadha .i. Lucc. |
Allora i
Túatha Dé strinsero
un'alleanza con i Fomóire, e
Balor nipote di
Nét diede sua figlia
Ethné a
Cían figlio di
Dían Cécht. Ed ella diede alla luce
il glorioso fanciullo, Lúg. |
Cath Maige Tuired |
Tuttavia, in un certo numero racconti popolari, raccolti in aree diverse
d'Irlanda, in tempi diversi e da persone diverse, è sopravvissuta una
consistente quantità di materiale mitologico che è sfuggito alle fonti antiche,
e in queste fonti si racconta una versione assai più fiabesca e drammatica del
racconto della nascita di Lúg. Di tale
racconto conosciamo diverse versioni, tutte trascritte dalla viva voce dei
cantastorie e contadini irlandesi nel corso del XIX secolo. Alcune di queste
versioni sono riportate da William Larminie e Jeremiah Curtin nelle loro
raccolte di fiabe (Larminie 1893 | Curtin 1894).
Questi racconti, anche se non si combinano perfettamente con quanto le fonti
antiche ci riferiscono dei personaggi e degli eventi che li riguardano, hanno
origini antichissime. Personaggi mitici come
Goibniu,
Lúg,
Manannán e
Óengus Óc sono infatti rimasti vivi
fino a tempi recentissimi nel patrimonio folkloristico irlandese. Ci si può
chiedere tuttavia quanto sia attendibile questo materiale per una ricostruzione
dei miti irlandesi. Difficile rispondere a questa domanda, contando che non
siamo nemmeno sicuri di quanto siano attendibili, da questo punto di vista, gli
stessi testi medievali, compilati in ambiente monastico. Certo è che, mettendo
insieme i testi medievali e i racconti popolare, ben consci della natura, del
carattere e dei limiti intrinseci di ciascuna fonte si può riuscire a
intravedere, seppure in controluce, qualcosa dell'aspetto e della natura degli
antichi miti celtici.
Per la nostra narrazione ci siamo basati essenzialmente sul racconto raccolto
e pubblicato da William Larminie (1893), integrato con piccoli dettagli tratti
dalla versione raccolta alcuni anni prima da John O'Donovan (1835). Entrambe le
versioni verranno analizzate in questo saggio. |
II - UNA PRIMA VERSIONE: STORIA DI «KIAN»
La versione su cui abbiamo principalmente basato il nostro racconto è la fiaba
intitolata Kian son of Kontje, raccolta da William Larminie ad Achill
Island dalla viva voce di un'anziana contadina e pubblicata nel libro
West-Irish Folk Tales and Romances (Larminie 1893).
La versione di Larminie prende le mosse dalla costruzione del palazzo di
Balor, che in questo versione sorge in
Britannia, e a cui prendono parte tre impareggiabili artigiani di Ériu. I primi
due sono «Govan» e suo figlio, il
giovane «Govan», mentre il terzo, che
subentra più tardi, è chiamato «Gavidjeen
Go».
In questa versione il giovane «Kian mac Kontje» (il
Cían mac Cainte dei testi
mitologici) è il guardiano di una mucca meravigliosa che
Balor ha ceduto a
Gavidjeen Go in ricompensa della
costruzione del palazzo. Tuttavia, la mucca gli è sfuggita e, dopo essersi
gettata in mare, è tornata dal suo vecchio padrone.
Kian deve recuperarla a tutti i
costi, se non vuole rimetterci la vita.
Manannán mac Lir, il cavaliere
del mare crestato, traghetta Kian
sul suo corach, conducendolo in Britannia, dove
Balor ha la sua dimora.
Il regno di Balor è descritto come una
sorta di paese del gelo, dove il fuoco è sconosciuto e gli uomini sono costretti
a nutrirsi di carne cruda. Kian
introduce l'uso del fuoco, e Balor,
riconoscente e ammirato, lo nomina fuochista e cuoco.
Come sappiamo, un druido aveva profetizzato che
Balor sarebbe stato ucciso dal figlio di
sua figlia; ragione per cui questi aveva rinchiuso la figlia in un palazzo
inaccessibile, impedendole di incontrare qualsiasi individuo di sesso maschile.
Grazie a un incantesimo, Kian può
introdursi nel palazzo e incontrare la ragazza. I due giovani non tardano a
innamorarsi l'uno dell'altra e i loro incontri diventano sempre più frequenti,
finché, secondo la garbata espressione della vecchia narratrice di Achill
Island, «alla ragazza capitò un bambino».
Kian fugge dalla Britannia
portando con sé il neonato e, naturalmente, la mucca di
Gavidjeen Go. Ad aiutarlo a compiere la
traversata è, ancora una volta,
Manannán mac Lir, il quale neutralizza gli incantesimi lanciati contro di
loro da Balor e può ricondurre il giovane
in Ériu sano e salvo.
In cambio del suo aiuto, il cavaliere del mare ha chiesto a
Kian la metà di quanto egli
avrebbe ottenuto nel regno di Balor.
Poiché Kian non ha guadagnato che
un bambino, lo consegna a Manannán.
Questi battezza il piccolo Dul-Duana,
il «ciecamente ostinato», nome che Charles Squire ritiene essere una curiosa
corruzione del più famoso epiteto di
Ildánach attribuito a Lúg
(Squire 1912).
Nel racconto di Larminie,
Manannán mac Lir diventa così il padre adottivo del figlio di
Kian. Questo dettaglio ha un
curioso riscontro in un altro testo, l'Aided chloinne
Tuirill, dove si dice che Lúg
fece il suo ingresso in Temáir provenendo dal Tír
Tairngiri, dove Manannán mac
Lir lo aveva allevato insieme ai suoi stessi figli, che dunque erano
fratelli di latte di Lúg. Si tratta di una
versione del mito dell'arrivo di Lúg
alternativa a quella narrata nel
Cath Maige Tuired,
dove Lúg, giunto alle porte Temáir, afferma
invece di essere stato allevato da Tailtiu.
Il dettaglio rivela che il racconto che la vecchia narratrice di Achill Island
narrò a William Larminie affonda le proprie radici nelle più antiche tradizioni
mitologiche irlandesi.
Nell'epilogo della vicenda si narra di come, una volta cresciuto, il ragazzo
ucciderà il nonno Balor, compiendo così
il vaticinio. Le ragioni dell'uccisione, nel racconto di Larminie, appaiono
quasi casuali: il ragazzo vede avvicinarsi una barca con sopra un uomo, scaglia
un dardo e uccide l'uomo. Di fronte a quest'assassinio privo di movente, Charles
Square commenta che le tradizioni alla base del racconto dovevano essere
evidentemente preistoriche. È tuttavia la palese insensatezza dell'omicidio a
tradirne il principio di fatalità: il ragazzo doveva scagliare quel dardo
in quanto Balor era predestinato a morire
per mano sua. Non vi sono altre ragioni tranne la forza irresistibile di un
evento che doveva compiersi. |
III - UNA SECONDA
VERSIONE: STORIA DI «MAC KINEELY» Un'altra versione della medesima
vicenda, con nomi e dettagli diversi, era stata raccolta in precedenza (nel
1835) da John O'Donovan sulla costa del Donegal e riportata in nota in
un'edizione degli
Annála Ríoghdhachta Éireann, pubblicata a Dublino tra il 1848 e il 1851. Questa
versione divenne abbastanza nota da essere poi riferita persino da De
Jubainville nella sua imponente opera sui miti celtici (De
Jubainville 1884). In seguito Lady Gregory la integrò, normalizzando i
nomi dei personaggi, nel racconto romanzato sulle gesta dei
Túatha Dé Danann che
costituì il primo libro di Gods and Fighting Men
(Lady Gregory 1904).
La versione di O'Donovan sembra essere intimamente legata al territorio in
cui veniva raccontata e ambientata, cioè quella parte del Donegal che è sita
dinanzi all'isola di Tory, la mitica Tór Inis.
Balor vi è infatti descritto come una
sorta di predone marino che aveva la sua base proprio in quell'isola. La sua
figura si confonde qui con quella di un altro capo fomóire,
Conánn mac Febair che, tempo
prima, dalla fortezza di Tór Inis aveva dominato il popolo dei
Clanna Nemid.
La versione di O'Donovan prende l'avvio da tre fratelli, «Mac Kineely»,
«Mac Samthainn» e il fabbro «Gavida»,
i quali vivevano tutti insieme in un posto chiamato «Collina del fuoco» [Druim
na teine].
La mucca meravigliosa, che qui è chiamata Glas Gaibnenn,
apparteneva a
Mac Kineely. Essa faceva così tanto latte che tutti cercavano di
rubarla, ragion per cui
Mac Kineely era costretto
a sorvegliarla assiduamente. Un giorno
Mac Kineely e
Mac Samthainn dovettero recarsi da
Gavida per farsi forgiare delle spade e
Mac Kineely
entrò nella fucina, lasciando la mucca in custodia al fratello. Nel
frattempo, Balor, che aveva deciso di
impossessarsi del prodigioso animale, venne in Ériu e, trasformatosi in un
ragazzo dai capelli rossi, disse a Mac Samthainn di
aver sentito per caso i due fratelli dentro la fucina tramare di usare tutto
l'acciaio temprato per le loro spade e di lasciare solo metallo comune per
quella di Mac Samthainn. Questi, in preda all'ira,
diede la cavezza della vacca in mano al ragazzo e si precipitò nella fucina per
sventare quel piano scellerato. Subito Balor
si portò via la mucca e la trascinò attraverso il mare fino a Tor Inís.
Deciso a vendicarsi di Balor,
MacKineely
si recò a chiedere consiglio un druido. Il druido gli disse che nessuno
avrebbe potuto restituirgli la mucca finché
Balor era in vita, perché questi sorvegliava l'animale con il suo occhio
malefico e nessuno avrebbe mai osato avvicinarsi.
Mac Kineely
si rivolse allora a una donna dei síde,
Biróg, la quale disse che lo avrebbe aiutato a recuperare la
Glas Gaibnenn. Biróg
trasformò Mac
Kineely in una donna e in un turbine di vento lo trasportò sulle
scogliere di Tor Inís, là dove si ergeva Dún Baloir, la fortezza di
Balor. Accanto sorgeva Tór Mór, la torre
dove Balor teneva segregata la figlia, «Ethnea». Biróg
si rivolse alle dodici nutrici di Ethnea
e raccontò che
Mac Kineely e lei erano due nobili dame di Ériu gettate sulla riva
dopo essere sfuggite a un rapitore. Vennero fatte entrare nella fortezza e qui,
con un incantesimo, Balor fece cadere
tutte le donne in un sonno profondo. Dopodiché restituì a
Mac Kineely le sue
sembianze ed egli incontrò la fanciulla. I due giovani rimasero insieme per una
settimana, poi
Mac Kineely fu riportato in Ériu in una raffica di vento.
Ben presto le governanti scoprirono che
Ethnea era incinta e, temendo l'ira di
Balor, persuasero la ragazza che l'intero episodio era stato un sogno e non
dissero nulla. Quando arrivò il momento del parto,
Ethnea diede alla luce tre gemelli. La
notizia giunse all'orecchio di Balor il
quale, furioso e spaventato, ordinò che i tre neonati fossero affogati in un
gorgo al largo della costa. L'araldo incaricato di eseguire l'ordine avvolse i
bambini in un telo ma, mentre li portava al luogo stabilito, il fermaglio che
chiudeva il fagotto si aprì e uno dei bambini scivolò fuori e cadde in una
piccola baia, ancor oggi chiamata «Baia del fermaglio» [Port na Delig].
Gli altri due vennero gettati in mare e il servo riferì di aver compiuto la
missione.
Il bambino caduto nella baia fu salvato da Biróg
e trasportato a casa di
Mac Kineely. Questi lo
diede da allevare a suo fratello, il fabbro Gavida,
che insegnò al bambino il proprio mestiere e ogni altro tipo di arte.
Compiuto l'infanticidio, Balor
credette di essere salvo. Non sapeva infatti che uno dei bambini era sfuggito
alla morte e ora veniva allevato in Ériu. Un druido lo informò tuttavia che era
stato
MacKineely a generare il bambino e disse che l'aveva fatto per
vendicarsi del furto della mucca. Assetato di vendetta,
Balor si recò in Ériu, catturò
Mac Kineely,
lo costrinse a deporre il collo su una grossa pietra e con un sol colpo della
sua enorme spada gli mozzò il capo.
Il figlio di
Mac Kineely seppe
dell'uccisione di suo padre e a lungo attese il momento propizio per vendicarsi.
Infatti Balor si presentava regolarmente
alla fonderia di Gavida per acquistare nuove armi
per le sue imprese piratesche. Un giorno che Gavida
era assente, Balor entrò e, senza affatto
sospettare che l'aiutante del fabbro fosse proprio suo nipote, cominciò a
vantarsi dell'uccisione di
Mac Kineely.
Riconosciutolo, il ragazzo trasse una barra di ferro incandescente dalla fornace
e la cacciò nell'occhio malefico di Balor.
Così, il figlio vendicò la morte del padre e, uccidendo il tremendo nonno, portò
a compimento la profezia. |
IV - VERSIONI A CONFRONTO
I due racconti, quello di O'Donovan e quello di Larminie, sono evidentemente
due versioni di una medesima leggenda. La versione di O'Donovan, anche se è
stata registrata molti anni prima di quella di Larminie, sembra la più corrotta
delle due; sicuramente è molto vicina alle tradizioni locali del Donegal.
Tutt'e due le versione prendono l'avvio da una triade di persone legate al
fuoco e al mestiere di fabbro. Nel racconto di Larminie essi sono chiamati «Govan», il giovane «Govan» e «Gavidjeen Go». Il nome
Govan è la trascrizione inglese di
Gobhan,
versione irlandese moderna del nome del fabbro
Goibniu presente nel
Cath Maige Tuired.
«Gavidjeen Go» (nome che nel
testo abbiamo normalizzato – forse impropriamente – in *Gabidien) è un
personaggio altrimenti sconosciuto alle fonti antiche; il nome è però ancora una
volta una variante di quello di Goibniu.
Abbiamo dunque di una sorta di triplice declinazione dello stesso
Goibniu. Non si può non pensare alla
triade di valenti fabbri e artigiani formata da
Goibniu,
Crédne e
Luchta, di cui tratta il
Cath Maige Tuired.
Anche il racconto di O'Donovan prende l'avvio da tre personaggi:
qui essi sono tre fratelli chiamati rispettivamente «Mac Kineely», «Mac Samthainn» e «Gavida».
Quest'ultimo corrisponde evidentemente al «Gavidjeen
Go» del racconto di Larminie, e molti interpreti (tra cui Lady Gregory) non
hanno avuto scrupoli a mutargli direttamente il nome in
Goibniu. Anche se il solo
Gavida è detto essere un fabbro, tutti e tre i tre
fratelli abitano in un posto chiamato Druim na Teine «collina del fuoco»,
palesando il loro legame con l'elemento igneo e il mestiere di forgeron.
Ricordiamo del resto che, nel racconto di Larminie, è proprio il giovane
Kian a introdurre presso
Balor la conoscenza e l'uso del fuoco.
Il ruolo di Kian, nella
versione di O'Donovan, è ricoperto da
Mac Kineely. Non è chiaro
se il nome di quest'ultimo sia una tarda variazione del patronimico di
Cían mac Cainte; si ha tuttavia
l'impressione, che il personaggio originale sia stato identificato con un eroe
locale del Donegal. A ogni modo, anche qui Lady Gregory non si fa scrupolo di
sostituire il nome di Cían a
quello di Mac
Kineely, identificando di fatto i due personaggi.
Nella versione di O'Donovan ad aiutare l'eroe a raggiungere il
regno di Balor è una donna dei síde,
una certa Biróg, non altrimenti conosciuta in altre
fonti, laddove nel testo di Larminie il ruolo di aiutante magico era affidato a
un personaggio ben conosciuto,
Manannán mac Lir. Ma al contrario di
Manannán, che si accontenta di
fungere da semplice traghettatore, la druidessa Biróg
si occupa di introdurre
Mac Kineely in Tór Mór, la
«grande torre» dove Balor ha segregato
sua figlia, che qui è chiamata «Ethnea»
(lievissima variazione del nome di Ethné,
come compare nel
Cath Maige Tuired). Evidentemente
Biróg sa bene che la mucca non sarà restituita a
Mac Kineely
finché Balor è in vita e, a quanto pare,
l'unico modo per provocare la morte di Balor
è che Ethnea generi un figlio
destinato a ucciderlo. È questa in fin dei conti la ragione segreta per cui
Mac Kineely
viene condotto al cospetto della ragazza la quale riconosce in lui l'uomo che
aveva tanto a lungo turbato i suoi sogni.
Il testo di O'Donovan presenta a questo punto una curiosa variazione:
Ethnea dà alla luce tre gemelli.
Balor ordina di ucciderli, ma uno dei
neonati si salva e a lui sarà dunque affidato il compito fatale di uccidere il
nonno. Il dettaglio tuttavia sembra giustificato da una di quelle esigenze
toponomastiche caratteristiche della mitologia irlandese: il luogo chiamato
Port na Delig «baia del fermaglio» trasse questo nome dal fatto che uno dei
tre neonati cadde fuori dal dal fagotto e poté in questo modo salvarsi.
Anche il motivo dell'uccisione di
Mac Kineely da parte di
Balor è caratteristico del testo di
O'Donovan. Oltre a non trovarsi nella versione di Larminie, questo episodio è in
contraddizione con quanto narrato nell'Aided chloinne
Tuirill, in cui sono appunto i figli di
Tuirenn a uccidere
Cían, attirandosi la terribile
vendetta di Lúg.
|
La penisola di Cnoc Fola, nel Donegal, luogo di morte
di Balor |
Fotografia di Marije Kanis. |
Sembra in realtà che l'episodio citato da O'Donovan faccia parte di
una leggenda locale del Donegal, dove l'eroe di cui si narra l'uccisione da
parte di Balor ha anche un nome oltre che
un patronimico: Finn Mac Kineely [Fionn Mac Ceann Fhaola]. A
questo personaggio è legata un'altra leggenda toponomastica: si chiama infatti
Cloch Cheannfhaola(id) «Pietra della testa di Mac Kineely» (in
inglese Cloughaneely Stone) una roccia di quarzo bianco sita a
Falcarragh, proprio di fronte all'isola di Tory (sembra sul terreno di
Ballyconnell House) (Botheroyd ~ Botheroyd 1992),
da cui deriva il nome dell'intera zona di Cloughaneely. Su questa roccia,
secondo la tradizione,
Mac Kineely venne infatti decapitato da
Balor, e infatti se ne vedrebbero tuttora
le tracce di sangue. Significativo è anche il luogo dove, secondo la tradizione
del Donegal, morì Balor, ovvero sulla
penisola chiamata Cnoc Fola «collina insanguinata» (in inglese Bloody
Foreland), nota per il colore rosso acceso che assumono le sue rocce al
tramonto.
Sia nella versione di Larminie che in quella di O'Donovan, non
viene detto il nome del bambino che nasce dall'unione del giovane venuto da Ériu
e della figlia di Balor. A rivelarci la
sua identità con il Lúg dei racconti
mitologici è semplicemente il fatto che, alla fine del racconto, egli uccida
Balor.
La morte di Balor viene
descritta in maniera differente nei due racconti (un curioso atto istintivo
nell'uno, un assassinio compiuto per vendetta nell'altro). Entrambi i racconti
sono ovviamente incompatibili con quanto narrato nel
Cath Maige Tuired,
in cui Lúg, figlio di
Cían ed
Ethné, affronta il malvagio nonno sul
campo di battaglia e lo uccide colpendolo con una pietra scagliata con la
fionda. |
V -
PERSEÚS E LÚG: DUE EROI DAI TRATTI COMUNI Come i primi studiosi di
miti celtici non tardarono a rendersi conto, imbevuti com'erano di cultura
classica, la storia popolare sulla nascita di
Lúg ha parecchi punti in comune con quella greca di
Perseús. Nel mito ellenico, a re Akrísios di
Argo era stato profetizzato che la figlia Danáē
avrebbe generato un figlio destino a ucciderlo. Perciò
Akrísios aveva rinchiuso la figlia in una torre, affinché non conoscesse
uomini. Ma Zeús, trasformato in una pioggia d'oro,
visitò la fanciulla,che ben presto diede alla luce un figlio:
Perseús. Re Akrísios,
infuriato, fece gettare in mare la figlia e il nipote, rinchiusi in una cassa di
legno. Dopo essere andata alla deriva, la cassa di legno approdò all'isola di
Serifo. Perseús crebbe così lontano dal nonno e
divenne un valente eroe. La profezia si avverò molti anni dopo: partecipando a
una gara sportiva, Perseús lanciò un disco che
colpì casualmente il vecchio nonno Akrísios ,
uccidendolo.
Come si vede, la leggenda irlandese della nascita di
Lúg è identica in molti dettagli. Ma c'è di
più. Nel mito greco Perseús era noto per aver
sconfitto Medoúsa, una mostruosa creatura che aveva
il potere di trasformare in pietra qualunque essere incrociasse il suo sguardo:
Perseús ne individuò la posizione spiandone il
riflesso all'interno del suo scudo, e la uccise con un colpo di falce. Il sangue
di Medoúsa era mortale al contatto, così
Perseús ne infilò la testa mozzata in un sacco
speciale. In seguito egli avrebbe utilizzato la testa di
Medoúsa come arma per sconfiggere i propri nemici: bastava la tirasse
fuori dal sacco, che le schiere dei suoi avversari si trasformavano
immediatamente in statue di pietra.
Questo racconto ha molto in comune con il mito di
Lúg e
Balor. Come Medoúsa, anche
Balor era dotato di un potere
gorgonizzante: poteva sgominare intere schiere di armati semplicemente
fissandole con il suo occhio malefico. Nel
Cath Maige Tuired,
quando Lúg colpì
Balor nell'occhio, questo gli si rovesciò
sulla nuca e il suo potere distruttore travolse le schiere dei
Fomóire. In un'altra versione
della vicenda, Lúg ricevette dal morente
Balor la raccomandazione di mettersi la
sua testa tagliata sulla propria per aumentare le proprie forze. In tal caso,
Lúg avrebbe potuto usare la testa di
Balor come arma, così come
Perseús utilizzava quella di
Medoúsa. Ma Lúg, diffidente, piantò
la testa di Balor su una colonna di
pietra la quale, corrosa dal veleno che scorreva giù, si spaccò in quattro pezzi
(Botheroyd ~ Botheroyd 1992).
IL MITO GRECO DI
PERSEÚS |
IL MITO IRLANDESE
DI LÚG |
Ad Akrísios, re di
Argo, viene profetizzato che morirà per mano del figlio di sua figlia: per tale
ragione segrega sua figlia Danáē in una torre
inaccessibile, vietandole di incontrare qualsiasi individuo di sesso maschile. |
A Balor,
signore dei Fomóire, viene
profetizzato che morirà per mano del figlio di sua figlia: per tale ragione
segrega sua figlia Ethné nella torre di Tór Mór,
vietandole di incontrare qualsiasi individuo di sesso maschile. |
Trasformatosi in una pioggia d'oro,
Zeús visita la fanciulla e ben presto ella
partorisce un bimbo. |
A dispetto delle precauzioni, il giovane
Cían penetra nella torre e ama
Ethné. Da questa relazione nasce un bimbo (in
un'altra versione nascono tre gemelli). |
Re Akrísios ordina
che madre e figlio siano rinchiusi in una cassa di legno e gettati in mare. |
Balor
ordina che i tre gemelli vengano gettati in mare e annegati. |
Le onde trasportano la cassa sull'isola di
Serifo. Madre e figlio sopravvivono. Il bambino cresce, rivelando la tempra di
un giovane eroe. |
Il bimbo cade fuori dal fagotto e cade in una
baia, dove viene salvato e quindi condotto in Ériu, dove diventa un ragazzo
forte e coraggioso. |
Dopo molti anni, Perseús
uccide casualmente il nonno Akrísios nel corso di
una gara, colpendolo accidentalmente con un giavellotto. |
Dopo molti anni,
Lúg uccide
Balor. In una versione della vicenda, la
morte è accidentale: Lúg scaglia un dardo
verso una nave e l'uomo che uccide è proprio
Balor. |
Tra i nemici sconfitti da Perseús
vi è Medoúsa, che può trasformare in pietra
chiunque incroci il suo sguardo. |
Balor ha il potere di
uccidere chiunque su cui posi semplicemente lo sguardo. |
Il sangue di Medoúsa è fatale per
chiunque ne venga a contatto. |
Il sangue di Balor spacca
in quattro pezzi la pietra sulla quale Lúg
pone la sua testa. |
Perseús si serve della testa di
Medoúsa per sconfiggere i suoi nemici. |
L'occhio di Balor,
rovesciandosi all'indietro, sconvolge le schiere dei Fomóire. |
Le molte affinità tra i due miti sono state ben lungi dall'essere stata
spiegate. Per i primi interpreti il mito irlandese dipendeva naturalmente da
quello greco e in effetti non si può dubitare che i monaci e i copisti medievali
conoscessero la cultura classica. Tuttavia la vicenda della nascita di
Lúg non è stata tramandata dalle fonti
monastiche, ma è di pura matrice popolare, il che esclude l'eventualità che sia
stata tratta dal mito greco. Naturalmente si è notato come il motivo della
principessa segregata in una torre che viene raggiunta da un amante, sia
comunissimo nelle fiabe di tutto il mondo. Chiamare in causa l'archetipo
fiabesco può forse spiegare la presenza di uno stesso motivo in due storie
geograficamente tanto lontane, ma rimane il fatto che le leggende di
Lúg e di Perseús
hanno in comune anche un altro filo narrativo: lo scontro
vittorioso contro una creatura dai poteri gorgonici.
|
Costellazione di Perseo |
La stella che rappresenta Medoúsa, è β Persei,
ovvero Algol (dall'arabo al-ġūl «l'orco») che con la sua lucentezza quasi
metallica ha suggerito l'accostamento col sinistro potere della Gorgone. |
Lo spettacolo di stelle cadenti che si verifica intorno alla metà
di agosto e che in molti paesi d'Europa è associato alle lacrime di San Lorenzo,
nell'antica Irlanda pare venisse chiamato «i giochi di
Lúg», con riferimento alle competizioni
sportive che caratterizzavano le celebrazioni estive di Lúgnasad,
dedicate a Lúg, che si chiudevano il 15
agosto ①. Si tratta dello sciame meteorico delle Perseidi, così chiamato
perché il suo apparente punto di provenienza è la costellazione di Perseo.
Purtroppo non sappiamo nulla del modo in cui gli antichi Celti insulari
individuassero le costellazioni e non sappiamo dire se questa associazione tra
le Perseidi e le celebrazioni dedicate a Lúg
sia qualcosa di più di una coincidenza. Certo è una preziosa indicazione di
un'affinità tra le due figure mitologiche.
Giudichiamo eccessivo scomodare l'ipotesi di una comune origine del
mito: bisognerebbe spiegare perché tale mito sia stato attestato in forme tanto
simili solo in Grecia e in Irlanda (e in tempi tanto diversi, considerando che
la versione greca appartiene all'antichità classica e quella irlandese al
folklore del XIX secolo) e sia invece scomparso completamente in tutto il resto
dell'area indoeuropea. Possiamo naturalmente rifarci alle fumose interpretazioni
di Robert Graves, che spiegava le affinità tra miti classici e celtici
riconducendole a un comune substrato neolitico, precedente all'invasione
indoeuropea. Quella di Graves è però soltanto una dotta ricerca condotta sul
filo del significato della poesia: la offriamo ai lettori più come curiosità
letteraria che come una possibile spiegazione scientifica.
|
VI -
BALOR, OVVERO LO SGUARDO GORGONICO Il sinistro potere di impietrire
chiunque con un solo sguardo, accomuna Balor
a una schiera di esseri consimili nelle mitologie di tutto il mondo. La
Medoúsa greca è forse l'esempio più eclatante, ma
ve ne sono molti altri. Il mitologema risale forse al Humbaba
babilonese dell'Epopea di Gilgameš, che i
Sumeri chiamavano Huwawa, trasformando in gorgone
una divinità elamitica. Il personaggio che è più vicino a
Balor, tanto da essergli quasi omologo, è
il gallese Yspaddaden Penkawr, il capo dei giganti
presente nel racconto Culwch ac Olwen, nel
Mabinogion cimrico, la cui palpebra veniva
sollevata da un certo numero di uomini. Non vi sono tuttavia certezze che costui
potesse uccidere i propri nemici semplicemente con uno sguardo. |
Bibliografia
- BOTHEROYD Sylvia ~ BOTHEROYD Paul: Lexikon der
Keltischen Mythologie. Eugen Diederichs Verlag, Monaco 1992, 1996.
→ ID. Mitologia
Celtica: Lessico su miti, dèi ed eroi. Keltia, Aosta 2000.
- CURTIN Jeremiah: Hero Tales of Ireland.
Londra, 1894.
- D'ARBOIS DE JUBAINVILLE Henry-Marie. Le cycle
mythologique irlandais et la mythologie celtique. Dublino 1884-1903.
- GRAVES Robert: The White Goddess. Londra
1948. → ID. La Dea
Bianca. Adelphi, Milano 1992.
- GREGORY Lady Augusta: Gods and fighting men: The
Gods. 1910 → ID.
Dèi e guerrieri: Gli
dèi. Studio Tesi, Pordenone 1986.
- LARMINIE William: West-Irish Folk Tales and
Romances. Elliot Stock, Londra 1893. Elibron Classic, Boston 2001.
- McGOWAN Hugh: Leprechauns, Legends and Irish Tales.
Gollancz, Londra 1988.
- O'DONOVAN John [note]: The Annals of the
Kingdom of Ireland by the Four Masters. Dublino 1848-1851.
- ROLLESTON T.W.: Myths and Legends of the Celtic
Race. 1911. → ID.
I miti celtici. Milano 1994.
- SQUIRE Charles: Mythology of Celtic People.
1912. → ID. Miti e
leggende dell'antico popolo celtico. Mondadori, Milano, 1999.
|
BIBLIOGRAFIA ► |
|