I - LE DEE IRLANDESI DELLA
GUERRA: TRIADI E PRESUNTE TRIADI
È
pacificamente accettato presso gli appassionati e gli studiosi
di mitologia irlandese che il pensiero teologico celtico
classificasse molte figure, specialmente femminili, in
gruppi di tre. Questo è indubbio per quanto riguarda
diversi gruppi triadici, come quello formato dalle tre dee eponime d'Irlanda (Ériu,
Banba e Fódla),
le quali furono le spose della triade regale con la quale si
concluse il
regno danann sull'isola (Mac Cécht,
Mac Cuill,
Mac Gréine).
Abbiamo poi la
triade dei tre dèi artigiani (Goibniu,
Crédne e
Luchta) e quella dei
tre figli di Tuirell (Brian,
Iuchar e
Iucharba) i
quali furono esplicitamente chiamati i «i tre dèi di Danann» e
diedero il loro nome alle stesse
Túatha Dé Danann. In almeno una fonte, la stessa
Brígit viene moltiplicata
in una triade di dee con lo stesso nome. E si potrebbe andare
avanti ancora a lungo.
A
partire da qui però si è voluto forzatamente classificare in
triadi anche gruppi di personaggi che non sembrano adattarsi
molto bene al sistema triadico. È il caso delle dee della
guerra irlandesi, sulle quali vi è un po' di confusione.
Nei testi genealogici
compaiono tre dee, dette figlie di
Fiacha
mac
Delbáeth ed
Ernmass, i cui nomi
sono:
Mórrígan,
Badb Chatha
e Macha. Si tratta
tuttavia di una triade non simmetrica, in quanto sappiamo che
Macha cadde nel corso
della seconda battaglia di Mag Tuired, uccisa da
Balor.
Successivamente, nei testi epici, sono nominate quali furie
della guerra, le due figlie superstiti di
Ernmass, cioè
Mórrígan
e Badb Chatha,
a cui si unisce una terza figura,
Némain, che nelle
fonti antiche viene detta sposa di
Nét (forse una sorta di
antico dio della guerra, che nelle genealogie fomóire è
detto nonno di
Balor).
Némain sembra dunque
sostituire Macha.
Le fonti
ci consegnano dunque due triadi di dee, che si distinguono tra
loro per un personaggio: la triade delle figlie di
Ernmass (Mórrígan
~ Badb Chatha
~
Macha) e quella delle
tre furie guerriere (Mórrígan
~ Badb Chatha
~
Némain).
Non si
può qui non ricordare un'antica iscrizione britannica
dedicate alle Lamiis Tribus «alle tre Furie», le quali
sicuramente hanno qualcosa a che vedere con le tre dee della
guerra irlandesi. Che d'altronde tali figure siano molto
antiche sembra testimoniato dalla dea gallica
Cathobodua che è sicuramente da
mettere in correlazione con
Badb Chatha;
mentre Nemetona, pur con qualche
difficoltà etimologica, può essere avvicinata a
Némain.
È dunque probabile, e non solo per amore di simmetria, che in
origine vi fosse una sola triade e che, in seguito, si sia
fatta un po' di confusione. Può essere senz'altro stato così
anche se, naturalmente, non è mai conveniente forzare le fonti
per adattarle ai nostri preconcetti.
È pure
incerto che si tratti di figure distinte. Per esserne certi
dovremmo trovare tutt'e tre le dee della guerra (Mórrígan,
Badb Chatha
e Némain),
ben distinte, in una stessa scena. Purtroppo ciò che non
accade mai: nel corso delle battaglie si accenna sempre a una
delle tre, e mai a più di una. Alcuni autori ritengono dunque che si abbia a che fare con tre o più nomina di una singola figura. Se il vero nome di questa dea è davvero
Mórrígan «grande regina», allora
Badb Chatha «corvo della battaglia» e
Némain «panico» sono dei suoi attributi.
Il testo del Cath
Maige Tuired,
proprio nel passo dove vengono riportare le profezie della
Mórrígan,
sembra identificare questa con
Badb Chatha
(Cataldi 1985).
Iar mbrisiud ierum an catha
ocus iar nglanad ind air, fochard and Morrigan ingen Ernmais do tascc an catha
sin ocus an coscair moair forcoemnocair ann do rigdingnaib Erenn & dia
sidhcairib ocus dia ard-uscib ocus dia inberaiph. Conid do sin innesus Badb
aird-gniomha beus. «Nach scel laut?» ar cach friaise ann-suide... |
Appena la battaglia ebbe termine e
furono eliminati i cadaveri, la
Mórrígan
figlia di
Ernmass
andò sulle alture regali di Ériu e,
fra le schiere dei síde,
andò alle acque più importanti e
alle foci dei fiumi per annunciare
la battaglia e la possente
vittoria. Per questo
Badb narrò
ancora le alte imprese. «Che storia
hai per noi?» le domandarono, ed
essa cantò... |
Cath
Maige Tuired [166] |
In effetti le tre sembrano
rappresentare tre diversi aspetti della battaglia, e tutt'e
tre compaiono spesso come corvi che volano intorno ai
guerrieri che stanno per morire. Si tratta molto probabilmente
di una moltiplicazione per tre di una medesima figura divina,
i cui vari nomi sono sembrano essere in realtà epiteti o
aspetti di un unica figura,
Mórrígan,
la «grande regina».
Sono certamente da evitare i
grotteschi eccessi di interpretazione di alcuni appassionati e
studiosi, che insistendo nel voler forzatamente ricondurre a
triade un quartetto asimmetrico come questo, hanno finito per
considerare il nome di una delle dee quale denominazione
collettiva della triade formata dalle altre tre. In tal modo
può capitare di leggere, soprattutto in certe fonti di
divulgazione, delle «tre Badb» (Mórrígan,
Macha e
Némain) o delle «tre Mórrígan»
(Macha,
Badb Chatha
e Némain). Tutto
questo non ha molto senso, né ha riscontro nei testi. |
|
II -
MÓRRÍGAN, LA «GRANDE REGINA»
Il nome di questa dea, che nei
testi appare nelle forme an Mórrígan o
an Mórrígu (il nome proprio sempre preceduto
dall'articolo), viene generalmente interpretato come «grande regina» (il prefisso mór-
sta per «grande, eminente,
importante»). Secondo un'altra ipotesi, meno probabile, il
nome significherebbe invece «regina dei fantasmi» (e questa
volta da un germanico mahr «incubo», il cui significato
originale è però «giumenta», cfr. inglese nightmare)
(Sjœstedt 1940).
|
Mórrígan |
Disegno di autore sconosciuto |
La
Mórrígan è una delle tre furie guerresche della mitologia
irlandese, sicuramente quella su cui si intreccia il maggior
numero di attestazioni e di miti. Alla base sembra vi sia una
sorta di grande dea, vista nel suo aspetto più infausto e
negativo. Ella compare sovente nei campi di battaglia, sia in
forma di orribile megera che chiama i guerrieri alla morte, ma
anche e soprattutto la si vede svolazzare in forma di corvo sulle spalle di
coloro che stanno per essere uccisi. Un'altra sua apparizione
è in forma di lavandaia. È un sicuro presagio di morte, quando
si cavalca verso la battaglia, incontrarla ai guadi dei fiumi
mentre lavava gli abiti insanguinati dei guerrieri.
Accessoriamente, nel suo aspetto più sensuale e regale,
Mórrígan
seduce i guerrieri prima della battaglia e ai suoi amanti
viene assicurata la vittoria.
Nea Cath
Maige Tuired, il
Dagda Mór incontra la
Mórrígan
presso il fiume Uinnius e, unendosi a lei, ottiene la vittoria
delle
Túatha Dé Danann sui
Fomóire [MITO].
Al contrario, nel Ciclo degli Ulati, il guerriero
Cú Chulainn rifiuta l'amore della
Mórrígan
e respinge bruscamente la dea che gli era comparsa nel suo
aspetto più splendido: questo scatena la rabbia della dea
contro l'eroe, conducendolo alla sconfitta e alla
morte: quando Cú Chulainn sta per
soccombere, accerchiato dai suoi nemici, la
Mórrígan in forma
di corvo gli si posa sulla spalla, reclamandone la vita
(Botheroyd ~ Botheroyd 1992-1996).
Ma bisogna comunque aggiungere che il rapporto tra
la
Mórrígan
e Cú Chulainn è molto più complesso e sfaccettato:
lo esamineremo nei dettagli quando ci occuperemo del Ciclo dell'Ulaid.
Da questo
punto di vista la
Mórrígan
rassomiglia alle
Valkyrjur
del mito nordico, che tessono le sorti delle battaglie
stabilendo la vittoria e la sconfitta degli eserciti, che scelgono i caduti sul campo e li conducono nella
Valhöll;
che assicurano la vittoria in battaglia ai loro amanti (come
le valchirie Sigrún e
Brynhilldr). La presenza di corvi
svolazzanti sui campi di battaglia è un leit-motiv
della poesia norrena, dove anzi, il «banchetto dei corvi» è
una kenning che indica la battaglia stessa.
Che la
Mórrígan
sia stata una dea di una certa importanza, lo si evince dalla
sua identificazione con
Ana/Anu/Anann,
la dea che nel
Sanas Cormaic
[31] è definita
mater
deourum hibernensium ed è descritta come la «nutrice degli
dèi»
(MacCulloch 1911),
e a cui sono dedicate le
Dá chích nAnann,
i «due seni di
Anu»,
le due colline gemelle nella contea di Kerry, nel Munster.
Tale identificazione è attestata nel
Lebor Gabála Érenn,
dove Anann è detta figlia di
Ernmass:
Poiché
sappiamo che le tre figlie di
Ernmass erano la
Badb Chatha e
Macha e la
Mórrígan, ne consegue che
Anann sia da identificare
con quest'ultima. Tale
identificazione è esplicitamente formalizzata in un altro passo dello stesso
testo, dove si dice che...
Ricordiamo di sfuggita che è stato anche proposto di scindere il nome della dea
come Mór ríg
Anann,
la
«grande regina Anu» (in realtà il «grande re di Anu»), dando
una base etimologica all'identificazione della
Mórrígan
con
Anu/Anann.
Si tratta tuttavia di un'etimologia abbastanza fragile.
Può
sembrare curioso che la
Mórrígan, la furia
guerriera irlandese, possa essere identificata con
Anu/Anann,
la «nutrice degli dèi». Questo punto, se verificato,
getterebbe una luce interessante sull'antichità e la
profondità di questa figura. D'altronde, in un racconto del
Ciclo degli Ulati, assistiamo a una scena in cui
Cú Chulainn, ferito, chiede del
latte a una vecchia con un solo occhio, la quale conduce una
vacca con tre capezzoli. Di nuovo si tratta della
Mórrígan, anche se
Cú Chulainn non lo intuisce. È
possibile che in questa scena si celi un qualche aspetto
appartenuto all'antica dea i cui esiti nella letteratura
medievale sarebbero appunto la
Mórrígan e
Anu/Anann.
Si potrebbe dunque pensare a una dea dal carattere
ambivalente, tanto benigno quanto maligno, simile alle dea
indiana
Devī, sposa di
Śiva, tra i cui molti aspetti
annovera la dolce
Umā,
la guerriera Durgā e la mortale
Kalī.
Si
ritiene che la figura della
Mórrígan sia
sopravvissuta nella letteratura arturiana in quella di
Morgain, la sorella e amante di
Artù, colei che ne stabilì la sconfitta e che, dopo averne
causato la morte nella battaglia di Camlann, lo condusse
nell'eterno banchetto di Avalon.
Si ritiene che Morgain la Fée
adombrerebbe un'antica dea del destino. Il termine fée, spessotradotto «fata», significava più esattamente «fato, destino» (Harf-Lancner 1984). È dunque anche possibile
che questa triade irlandese di dèe della guerra sia assimilabile alle
triadi di dee filatrici dei fati delle altre mitologie
europee, come le Moîrai greche, le Parcæ romane o le
Nornir norrene.
|
III
- LE PROFEZIE DELLA MÓRRÍGAN
Il racconto della Cath
Maige Tuired
si chiude con due possenti profezie, pronunciate dalla
Mórrígan
(o dalla
Badb, ma
l'ambiguità del testo è superata dalla possibile identificazione delle due
figure) di fronte alle genti d'Irlanda, in occasione dell'annuncio della
vittoria che le
Túatha Dé
Danann hanno ottenuto in Mag Tuired. È evidente che le due profezie
della Mórrígan
(¹)
siano state interpolate nel testo del Cath
Maige Tuired: si tratta
con ogni probabilità di
composizioni originariamente indipendenti, scritte in una forma di prosa
metrica, fortemente allitterata, che i filologi chiamano retoiricc o
roscad. Su di esse gravano pesanti difficoltà di interpretazione, tanto che
le traduzioni più autorevoli del Cath
Maige Tuired
hanno necessariamente dovuto saltarne ampi stralci (Stokes
1891 | Gray 1982). Il primo canto si è reso disponibile nella sua
interezza, seppure con molte interpretazioni ipotetiche, soltanto recentemente (Larsson
2003). Il secondo canto
contiene tuttora ampie parti dal significato non chiaro, oltre al finale
chiaramente mutilo.
Le due profezie presentano
un carattere antitetico: la prima mostra un'epoca di gioia e prosperità. È
un'età in cui l'estate dura tutto l'anno, i boschi sono vasti e rigogliosi, gli
alberi producono spontaneamente una gran quantità di frutti, il bestiame è ricco
e ben pasciuto, gli uomini inclinano alle più nobili qualità e la pace regna,
secondo la felice espressione del testo, «fino al cielo». La seconda profezia è
opposta alla prima: dipinge un'epoca feroce, violenta, di carestia
e di povertà. Non vi saranno più estati ricche di fiori ma – evidentemente –
soltanto il gelo dell'inverno; i boschi saranno spogli, i mari infecondi; gli
uomini saranno vili e privi di valore, gli anziani iniqui, i giovani ladri, le
donne impudiche; nessuno potrà fidarsi né del proprio padre né
del proprio figlio.
Il contrasto tra queste le
due profezie che chiudono il ciclo della battaglia
di Mag Tuired, è stata spiegata in diversi modi. Nelle note alla
sua pregevole traduzione, Elizabeth Gray lo vede come indice di alternanza e di
equilibrio tra bene e male (Gray 1982), ma è una
spiegazione non soddisfacente perché le composizioni fanno riferimento a una situazione escatologica. È il testo stesso ad annunciare, ad
esempio, che la seconda profezia si riferisce alla fine dei tempi:
Boi si iarum oc taircetul deridh an betha ann beus ocus oc
tairngire cech uilc nobíad ann, ocus cech teadma ocus gach diglau... |
[Ella]
profetizzò la fine del mondo e
predisse tutti i mali che sarebbero
sopraggiunti, e tutte le malattie e
tutte le vendette... |
Cath
Maige Tuired [167] |
È dunque possibile che la prima profezia si riferisca invece alla situazione
originaria, all'età dell'oro primordiale.
In questo caso si potrebbe forse
ipotizzare che le due composizioni appartengano a un sorta di antico ciclo
poetico sulle età del mondo. Il modello è ben conosciuto a molte mitologie, tra
cui la greca, la nordica e la indiana. Alle origini del mondo vi è un'età felice, in cui gli uomini vivono vite lunghe e serene, ignari del peccato e
del dolore, la terra produce spontaneamente i suoi frutti e il clima è temperato. Col progredire del tempo, la condizione
di perfezione originaria si spezza.
Secondo il modello esemplificato da Hēsíodos nelle
Érga kài Hēmérai, il mondo primordiale gode dell'età
dell'oro, a cui segue l'età dell'argento, e
quindi l'età del bronzo, che è l'epoca degli eroi, violenti e coraggiosi;
conclusasi l'epoca eroica inizia l'età del ferro, la nostra, in cui gli uomini
sono caratterizzati da qualità negative: cupidigia, falsità,
empietà, vigliaccheria.
Nella concezione indù queste quattro epoche si chiamano
rispettivamente Kṛtayuga, Tretāyuga,
Dvāparayuga e Kaliyuga. Come i
Greci, anche gli Indiani caratterizzano la prima età come quella in cui il mondo
godeva della perfezione originaria, la quale perdurò, anche se in misura minore,
nell'età successiva; ugualmente essi identificano l'età eroica con quella che ci ha
preceduto e ritengono che il nostro tempo coincida con l'ultima e la peggiore
delle quattro età. Il progresso dei quattro yuga è visto secondo
un'ottica di crollo ontologico: man mano che il mondo procede lungo la ruota del
tempo, il bene si affievolisce e il male si accresce. La terra s'impoverisce, il
clima peggiora, la vita umana si accorcia; nel possente crollo morale, gli uomini
dimenticano il Dharma e si diffondono la violenza,
l'immoralità, il disprezzo per la religione e vengono alla luce le peggiori qualità umane. Quando ogni cosa è giunta al più basso
gradino concepibile, vi è la fine del mondo, a cui segue la nascita di un nuovo
mondo.
Questa concezione trova una
sua eco nell'escatologia nordica, in cui il mondo decade dall'età felice dei
primordi per entrare nel nostro tempo funesto. Il futuro del
mondo è caratterizzato dal gelo di un inverno interminabile, il Fimbulvetr,
mentre gli uomini diventano sempre più violenti e lascivi. Le profezie della
Mórrígan
hanno infatti un perfetto corrispettivo nel poema norreno
Völuspá, nel quale viene vividamente dipinta quest'èra di asce
e di spade, di venti e di lupi, che
prelude al Ragnarök, l'incendio
universale dal quale il mondo è destinato a risorgere ancora una volta, restaurato nella sua
perfezione originaria.
Un confronto formale tra i
due testi non è possibile, ma la rassomiglianza di certi motivi tra la
composizione irlandese e il possente poema nordico, è innegabile:
Bræðr munu berjask
ok at bönum verðask,
munu systrungar
sifjum spilla,
hart 's í heimi,
hórdómr mikill,
skeggöld, skalmöld,
skildir klofnir,
vindöld, vargöld,
áðr veröld steypisk
mun engi maðr
öðrum þyrma. |
Si colpiranno i fratelli
e l'un l'altro si daranno la morte;
i cugini spezzeranno
i legami di parentela;
crudo è il mondo,
grande l'adulterio.
Tempo d'asce, tempo di spade,
gli scudi si fenderanno,
tempo di venti, tempo di lupi,
prima che il mondo crolli.
Neppure un uomo
un altro ne risparmierà. |
Edda poetica
>
Völuspá [45] |
Forse nuovi più accurato studi sulle
Profezie della Mórrigan ci
forniranno altri dettagli per portare avanti questo studio. Una cosa è certa: si
tratta certamente del residuo di concezioni antichissime, rimaste incagliate nel
testo del Cath
Maige Tuired; composizioni
poetiche che erano certamente già incomprensibili ai redattori
del racconto medievale. Per uno studio approfondito delle due
profezie della
Mórrígan, rimandiamo all'apposito
studio, nella sezione antologica. ①
|
Bibliografia
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BIBLIOGRAFIA ► |
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