1 - LA GUARIGIONE DI NÚADA (Prima versione)
uando
Núada
aveva perduto il braccio, il guaritore
Dían
Cécht ne aveva fatto uno d'argento con
la mano e le dita mobili e glielo aveva attaccato. Questa la
ragione per cui
Núada
aveva ricevuto il soprannome di Aircetlám,
«braccio d'argento».
Un giorno
Míach
e Ormíach,
due valenti guaritori, giunsero al palazzo di
Núada.
Ora accadde che il guardiano del palazzo, che aveva
un solo occhio, spingendosi oltre le mura di
Temáir, vide sopraggiungere i due giovani
sul terrapieno. Chiese loro chi fossero e, saputo
che erano dei medici, volle metterli alla prova,
chiedendo loro di rimettergli un occhio al posto di
quello che aveva perduto.
Míach
e Ormíach
risposero che avrebbero potuto sostituire il suo
occhio con quello di un gatto e il guardiano
acconsentì al trapianto.
In tal modo, il guardiano ne ricavò
insieme vantaggio e svantaggio: quando voleva
riposare o dormire, l'occhio si apriva allo
squittire dei topi o al volo degli uccelli o al
frusciare dei cespugli; quando invece doveva sorvegliare le schiere all'assemblea, proprio
allora all'occhio di gatto veniva voglia di
riposare.
Superata la prova, i due guaritori furono fatti
entrare nel palazzo. Trovarono
Núada
che sospirava pietosamente, esaminandosi il braccio
d'argento.
— Sento il sospiro di un guerriero — disse
Míach.
— Forse è il sospiro di un campione per uno scarabeo che gli
annerisce il fianco — aggiunse
Ormíach.
Míach
si avvicinò a
Núada
e gli tolse il braccio d'argento: subito dalla
ferita uscì uno scarabeo che fuggì
per tutta la fortezza. Gli uomini accorsero e lo
uccisero. Míach
cercò allora un altro braccio di uguale
lunghezza e spessore. Fu chiesto a tutti e l'unico
che gli si adattava era il braccio del porcaro
Modan. Così un
uomo fu mandato a tagliare il braccio del porcaro
per portarlo a
Míach.
— Preferisci mettere il braccio del porcaro, oppure vuoi
andare a cercare erbe che facciano crescere intorno
la carne? — chiese
Míach a Ormíach.
Quest'ultimo scelse di fissare il braccio
del porcaro e
Míach
partì alla ricerca delle erbe. Quando le
riportò, l'arto fu sistemato senza alcun
difetto.
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2 - LA GUARIGIONE DI NÚADA
(Seconda versione)
veva
Dían
Cécht tre figli, come lui valenti medici e
guaritori. Due maschi,
Míach
e Ochtriuil,
e una femmina,
Airmed.
Ora, a
Míach
non sembrò una buona cosa che suo padre
Dían
Cécht avesse curato il braccio di
Núada
sostituendolo con uno artificiale. Così
andò a cercare il braccio troncato e non appena
lo ebbe disse: — Giuntura con giuntura e tendine
con tendine! — E il braccio guarì in nove
giorni e nove notti.
Nei primi tre giorni l'aveva messo contro il suo
fianco e quello si era ricoperto di pelle. Per i
secondi tre giorni l'aveva tenuto contro il suo
petto. Per i terzi tre giorni lo ricoprì di
bianchi ciuffi di giunchi dopo che erano stati
anneriti dal fuoco. Infine riattaccò il braccio
a
Núada,
che fu ben presto integro come prima.
Secondo Melita Cataldi, nella terapia
proposta da Míach, la formula magica
sarebbe associata ad un'effettiva
cura medica (Cataldi
1985). |
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3 - UCCISIONE DI MÍACH
uella cura non parve buona a
Dían
Cécht, che colpì con un colpo di spada la testa di
suo figlio tagliando la pelle
fino alla carne. Ma
Míach
guarì per mezzo delle proprie arti. Allora
Dían
Cécht lo colpì di nuovo tagliando
la carne fino all'osso. Il ragazzo guarì con
gli stessi mezzi. Allora
Dían
Cécht colpì per la terza volta
arrivando alla membrana del cervello. Il ragazzo
guarì ancora. Allora
Dían
Cécht colpì nuovamente tagliando
in due il cervello e
Míach
morì.
A questo punto
Dían
Cécht disse che nessun medico poteva
guarirlo da tale colpo.
Quando
Míach
fu sotterrato, crebbero sulla sua tomba
trecentosessantacinque erbe, secondo il numero
delle giunture e dei tendini. Allora giunse
Airmed,
sorella di
Míach.
Ella aprì il proprio manto e suddivise
quelle erbe secondo le loro proprietà. Ma
Dían
Cécht andò da lei e confuse le
erbe, sicché da allora nessuno conosce
più le loro proprietà curative.
A questo punto, l'autore del
Cath Maige Tuired
ci affretta a rassicurarci sul
fatto che lo Spirito Santo
può illuminarci
affinché possiamo
riconoscere le erbe medicamentose e le loro
proprietà. |
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4 - NÚADA DI NUOVO RE
opo la fuga di
Bress, le
Túatha Dé Danann si trovarono prive di
un sovrano. Ma ora che il corpo di
Núada
era tornato integro e perfetto, non vi era più alcuna
ragione che potesse impedirgli
di riassumere la regalità. Fu così che l'ex re
tornò a Temáir e fu ristabilito nella sua
dignità di sovrano.
Nell'anno 3311 dalla Creazione del Mondo,
ovvero 1887 anni prima della nascita di Cristo,
Núada Aircetlám
si stabilì nella reggia di Temáir,
quale Re Supremo di Ériu. |
Fonti
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I - RE NÚADA E LA SUA MANO D'ARGENTO
L'etimologia del nome Núada/Núadu è controversa; il suo equivalente
gallico
Nodons/Nodens
significa forse «dispensatore». Altre
ipotesi avvicinerebbero il nome al gotico nuta «pescatore» o al
latino nauta «navigante».
Si tratta forse del dio
gallico che i Romani identificavano con Mars e che le fonti conoscono con una lunga
serie di nomina
divina, quali Albiorix «re del mondo», Budenicos «vittorioso», Leucetius «folgorante»
e naturalmente Nodens «dispensatore»
attestato dalle iscrizioni in Britannia. In ogni
caso, sempreché gli epiteti vadano attribuiti a un'unica
divinità e che questa abbia una relazione con il
Núada
irlandese, avremmo a che fare con un personaggio che assume in sé le
qualità di re e di guerriero. E Núada,
nell'epica irlandese, è sia un valido guerriero che il re
dalle Túatha Dé
Danann.
Non è possibile
ricondurre con sicurezza il personaggio di Núada a
un qualche
preciso mitologema.
Né alcun segno particolare della sua figura,
così come viene presentata nell'epica irlandese, né
l'etimologia del nome, possono aiutarci a confrontarlo con
personaggi di altre mitologie. Unica eccezione, il
motivo del braccio
mozzato nella prima battaglia di Mag Tuired e sostituito da una protesi
d'argento perfettamente funzionale, da cui l'epiteto di aircetlám
«braccio d'argento». A causa
di questa menomazione, come sappiamo, Núada aveva perduto la sovranità e Bress era diventato re al suo posto.
La leggende del dio (o dell'eroe)
che perde la mano per proteggere e conservare l'ordine cosmico-sociale, è conosciuto in diverse tradizioni mitiche. Immediato è il parallelo
germanico: anche del dio scandinavo Týr si racconta che avesse perduta una mano.
Questa mutilazione, in realtà, non era avvenuta nel
corso di una battaglia: l'Edda in prosa riferisce di come Týr
avesse cacciato la mano nelle fauci del lupo Fenrir,
facendosi garante di un
falso giuramento, e di come il lupo, resosi conto dell'inganno, glielo avesse
strappato con un morso. Che ci troviamo
di fronte ad un antico mito indoeuropeo lo dimostra
la somiglianza col mito romano di
Mucius
Scaevola, in cui l'eroe
si brucia una mano, prestando un falso giuramento,
allo scopo di convincere il re etrusco
Porsenna a desistere dai suoi progetti di
attaccare Roma.
Georges Dumézil ha
dimostrato come la mitologia romana abbia storicizzato gli
antichi miti indoeuropei. È
dunque probabile che l'eroe
Mucius
Scaevola
si
sia appropriato di un ruolo che in origine apparteneva a
qualche antica divinità guerriera. Sappiamo invece, per quanto riguarda la mitologia
germanica, che Týr è l'ultimo
residuo di un antico dio-cielo indoeuropeo, essendo il suo
nome (in antico germanico *Tīwaz) disceso da un
originario *DJĒWS indoeuropeo e quindi corradicale, almeno dal
punto di vista etimologico, con il
Dyaus
indiano, lo
Zeús
greco e lo
Iuppiter romano.
A questo punto possiamo
chiederci: Núada
e Týr
sono personaggi assimilabili? E se così fosse, Núada
potrebbe essere un antico
dio-cielo indoeuropeo caduto di livello?
Non si può rispondere con certezza a nessuna di queste
domande. Innanzitutto non è possibile ipotizzare un'omologia
tra le figure di Núada
e Týr:
non solo manca una comune etimologia dei nomi, ma tutto quanto
sappiamo dell'uno o dell'altro personaggio non è facilmente
confrontabile. È vero che
entrambi i personaggi presentano un carattere guerriero: i
Romani associarono Mars
sia a *Tīwaz (> Týr)
che a
Nodons/Nodens
(> Núada). Rimane
fuori il motivo
della mano mozzata: c'è da pensare che entrambe le figure, sia
quella scandinava che quella irlandese,
abbiano attirato su di sé un antico mito indoeuropeo su un dio (o
un
eroe) che aveva sacrificato la propria mano per la
salvaguardia dell'ordine cosmico-sociale.
Ad essere omologo è il
mito, dunque, mentre nulla si può dire riguardo i personaggi
che hanno finito con l'interpretarlo. Ed è un po' poco, in
effetti, per arrivare a definire Núada
un dio-cielo, esito irlandese della serie formata da
Dyaus,
Zeús,
Iuppiter, Týr.
Purtroppo non ci sono indicazioni per poter dire qualcosa di
più.
|
II -
NÚADA, «SOVRANO
ISTITUZIONALE»
Nell'ambito del pantheon irlandese, la figura di Núada
riveste la carica del «sovrano istituzionale». Si tratta di
una regalità inerente alla seconda funzione, distinta da
quella del «sovrano sovrafunzionale», che la trascende e la
completa. Questa mancata distinzione, nella letteratura
saggistica, ha spesso portato a profondi fraintendimenti
riguardo agli aspetti e le caratteristiche delle divinità
extra-classiche in generale, celtiche in particolare. In
realtà, un'analisi del pantheon irlandese sulla base di
questo modello, può portare a interessanti interpretazioni,
come ora vedremo.
L'origine delle perplessità degli interpreti è nel famoso
passo cesariano dove si dà un canone delle divinità galliche:
Deorum
maxime Mercurium colunt,
huius sunt plurima
simulacra, hunc omnium
inuentorem artium
ferunt, hunc uiarum
atque itinere ducem,
hunc ad quaestus
pecuniae
mercaturasque habere uim
maximam arbitrantur.
post hunc Apollinem et
Martem et Iouem et
Minerua. de his eandem
fer quam reliquae
gentes habent
hopinionem: Apollinem
morbos depellere,
Mineruam operum atque
artificiorum initia
tradere, Iouem imperium
caelestium tenere,
Martem bella
regere. |
Il dio
che i Galli onorano di
più è Mercurius: le sue
statue sono le
più numerose,
essi lo considerano come
l'inventore di tutte le
arti, egli è per
loro il dio che indica
il cammino, che guida il
viaggiatore, egli
è il più
abile ad assicurare i
guadagni e a proteggere
il commercio. Dopo di
lui adorano Apollo, Mars, Iuppiter e Minerva. Essi
si fanno di questi
dèi pressappoco
la stessa idea degli
altri popoli: Apollo
guarisce dalle malattie, Minerva insegna
i princìpî
dei lavori manuali,
Iuppiter
è il signore
degli altri dèi, Mars
presiede alla
guerra. |
Caius Iulius Caesar:
De bello Gallico [VI:
17] |
La perplessità nasceva nel tentativo di confrontare le
divinità galliche con i loro equivalenti classici. Certo, gli
studiosi erano persuasi che, come Caesar affermava, i Galli
attribuivano a Mercurius
il ruolo di dio supremo, mentre a
Iuppiter toccava un rango inferiore, pur essendo il
«signore degli altri dèi»; soltanto che essi continuavano a
pensare nei termini di un Mercurius
e uno Iuppiter
conformati alla maniera classica. In realtà, non soltanto il
pantheon celtico era strutturato in maniera assai diversa da
quello greco-romano, ma vi è anche il sospetto che le
interpretazioni classiche effettuate da Caesar avessero le
loro ragioni solo su alcune caratteristiche delle divinità in
questione, non su tutte. In particolare è evidente che Caesar
distingue due tipi di regalità: una sovrafunzionale,
attribuita a Mercurius,
e una istituzionale, attribuita invece a
Iuppiter. Nulla di tutto questo è presente nel mondo greco-romano, e si può
comprendere la perplessità di Caesar
in primis, e quella degli studiosi di mitologia dopo di
lui, gli uni e gli altri imbevuti di schemi classici.
Lo Iuppiter romano fu ricostruito
in epoca classica sull'immagine dello
Zeús greco. Etimologicamente l'una e l'altra divinità
hanno una stessa radice (da un indoeuropeo *DJĒWS) e possono
quindi considerarsi omologhe: alla base vi è probabilmente la
figura di un antico dio-cielo, un deus otiosus alto e
inaccessibile, simile al Dyaus Pitar
indiano. Il carattere originario di Zeús
sarebbe stato poi modificato sulla base delle mitologie
levantine: avrebbe rubato i fulmini al dio-tuono e si sarebbe
assiso sulla cima dell'Olimpo quale re degli dèi, ricalcando
la sua figura su quella dei sovrani medio-orientali,
ridisegnando al contempo l'organigramma del pantheon
greco. La figura di Zeús ha
finito dunque per staccarsi prepotentemente dagli schemi
indoeuropei, e non può più essere utilizzata per analizzare il
pantheon celtico.
In origine, la regalità istituzionale era presumibilmente
legata alla seconda funzione. Si trattava dunque di una
regalità di stampo guerriero, legata al motivo del
mantenimento dell'ordine cosmico. Il suo schema tipico
prevedeva l'uso della forza, l'impetuosità, la voracità, l'hýbris
guerriera. Il personaggio che probabilmente incarna di più
questo mitologema è il dio vedico Indra:
è il re degli dèi e insieme il dio del tuono. Personaggio dai
tratti irruenti, facile all'ira e all'ubriachezza, uccide i
mostri che minacciano l'universo. Gli corrisponde tra i Greci
Hēraklês (che nella
riorganizzazione del pantheon ha perduto i tratti di re
degli dèi e di dio del tuono) e tra i Germani
Þórr (il
quale ha evidentemente rinuciato al suo rango in favore di Óðinn).
Al contempo, questi personaggi gettano luce sulla figura e il
rango dello
Iuppiter gallico,
La figura del «sovrano sovrafunzionale» è più difficile da
distinguere, nei vari esiti mitologici, e non è impossibile
che sia una pura innovazione dei Celti. Certamente, nel canone
cesariano, il Mercurius
«inventore di ogni arte» appare investito di un'autorità
superiore e maggiormente completa di quella attribuita a
Iuppiter. Lo stesso identico rapporto lo troviamo in
Irlanda tra la figura di Lúg Samildánach,
«colui che unisce ogni arte», e lo stesso Núada.
Quest'ultimo è essenzialmente un re guerriero ma, come vedremo
nei capitoli successivi, non esiterà a lasciare il trono nelle
mani di Lúg allorché saranno necessarie
competenze più complete e vaste di quelle che lui stesso
potrebbe vantare.
Ora, mentre Indra,
Hēraklês,
Þórr e
probabilmente lo
Iuppiter gallico, sono vari esiti del dio-tuono
indoeuropeo, lo stesso non possiamo dire di Núada.
Non sappiamo se il personaggio irlandese abbia con questi
un'origine comune, o se il suo distacco dal mitologema del
dio-tuono non sia stato operati dai monaci cristiani che
rielaborarono il materiale mitologico celtico. L'unica cosa
evidente è che Núada,
in qualche modo, è venuto ad occupare la medesima nicchia di
«sovrano istituzionale» che gli originari panthea
indoeuropei dovevano associare al dio-tuono. Si può parlare
certamente di analogia, ma non di una stretta omologia.
|
III - NEL GALLES, NÛDD E LLÛD LLAW
EREINT
Se Núada
non ha parenti riconoscibili nelle altre mitologie
indoeuropee, presenta invece degli omologhi in altre
tradizioni celtiche. Tra i gallesi, abbiamo un dio
Nûdd,
che in seguito ha mutato denominazione in
Llûdd e che i
Mabinogion chiamano
Llûdd Llaw Ereint «Llûdd mano
d'argento». Come Núada,
Llûdd
è un re e un guerriero, oltre ad essere il mitico
fondatore di Londra [Caer Llûdd]. La leggenda, contenuta nei
Mabinogion gallesi, in cui
Llûdd Llaw Ereint chiama il fratello allo scopo di
liberare la Britannia dalle tre sciagure che la avevano
colpita, è
forse omologa alla storia in cui Núada cede il trono a Lúg allo scopo di sbaragliare i
Fomóire.
Qualche studioso ritiene un po'
dubbia la derivazione di
Llûdd
da
Nûdd,
ma il motivo della mano d'argento è troppo
peculiare per poter apparire indipendentemente in
due luoghi tanto correlati quanto sono l'Irlanda e il Galles.
Ma le affinità tra Núada e
Nûdd/Llûdd sono ancora
più strette. Nella mitologia irlandese, ad esempio, compare un
certo
Cumall (nome
assai simile all'epiteto gallico Camulos),
detto figlio di Núada
(anche se non si tratta del re danann).
Questo
Cumall è a sua
volta padre del
grande eroe del ciclo feniano,
Finn. In irlandese finn
vuol dire «bianco»; la stessa parola
è in gallese gwynn.
Ora in Galles troviamo un enigmatico personaggio
chiamato
Gwynn, che
le fonti cristiane dicono re delle fate, signore
dell'Annwfn
(l'oltremondo gallese). E questo personaggio
è detto proprio figlio di
Nûdd: Gwynn ap
Nûdd. Le assonanze sembrano troppo marcate perché sia
possibile dubitare di una comune origine tra le due
tradizioni.
Per
quanto peculiare, il motivo dell'arto
d'argento ha una certa diffusione nell'area
celtica. Dione
Cassio menziona un caledone di
nome Argentokoxos «Piede
d'argento» e una donna Arganteilin «Gomito
d'argento», sposa di re Eadmund. Inoltre v'è la
figura armoricana di San
Mélar, che a quanto pare
aveva anch'egli la mano d'argento. |
|
IV - IL RE PESCATORE E IL RE MAGAGNATO
Tra le
iscrizioni celto-romane in Britannia, vi sono
quelle rinvenute nel tempio di Lydney Park, presso
Aylburton sul Severn (Gloucester), dedicate a un
dio chiamato Nodons/Nodens/Nudens. Accanto a una di esse, una figura
mostra un personaggio che uccide un grosso salmone.
Accanto c'è un fregio ornato di motivi
ittici.
Si è detto che questo Nodons altro non
sia che un equivalente
britannico del dio Núada.
Vendryes ha acutamente
richiamato l'attenzione su questo simbolismo dei
pesci, ricollegando il nome Nodons al termine gotico
nuta «pescatore»
(Vendryes 1948). Così facendo,
egli ha tracciato interessanti linee di raccordo
con il Re Pescatore [Roi pêcheur] della leggenda del Graal, che appare
prima di tutto sotto la forma di un nocchiero
[notonier]. In effetti, Núada, che insieme alla mano ha perduto la
propria sovranità, ricorda moltissimo il Re
Pescatore, che non è più in grado di
mantenere l'equilibrio del regno a causa della sua
ferita. Si ricollega a questo motivo anche la figura del Re Magagnato
[Roi
Méhaigné] dei romanzi
arturiani, il quale era per l'appunto
un pescatore e aveva riportato la ferita in
seguito ad un coup
douloureux o un coup
félon; la
conseguenza fu che la sua terra divenne una terre
gaste, cioè una
terra desertica e priva di fertilità.
Ma il motivo che associa
l'integrità e la salute del re al benessere
della terra sembra essere universale, e dunque
possibili rapporti in questo senso ci aiutano ben
poco a ritrovare le origini perdute di Núada
Aircetlám. |
V - IL MONCO E L'ORBO
Nel presentarci il monco Núada
e il suo portiere orbo, l'Aided
chloinne Tuirill li
raccoglie in un'unica frase per far risaltare tutto
il loro contrasto: «Il re aveva una mano
d'argento e il suo portiere un unico
occhio».
Dumézil ha molto parlato
della coppia contrastiva orbo/monco, ritrovandola
in altre mitologie indoeuropee. Basti pensare ad
Horatius
Cocleos e
Mucius
Scaevola a Roma, se non
ad Óðinn e Týr in Scandinavia. Ma il
personaggio omologo del dio orbo Óðinn
è, in Irlanda, Lúg,
il quale guatava le schiere nemiche con un solo occhio. Del
resto, leggendo l'Aided
chloinne Tuirill si
ha l'impressione che parecchi motivi siano stati accatastati gli
uni sugli altri per far da cornice al nucleo della
vicenda principale, l'uccisione di Cían da parte dei tre figli di
Tuirenn e la vendetta di Lúg. Si ha quasi l'impressione che il tardo
curatore del racconto abbia usato il materiale
più disparato senza conoscerlo davvero, e
molti motivi diversissimi vi siano confluiti
senza molto ordine. |
VI - LA GUARIGIONE DI NÚADA NELLE SUE
FONTI
Sono state tramandate due versioni della
guarigione di Núada
Aircetlám.
La prima, tratta dal
Cath Maige Tuired, è la
più antica. Vi viene narrata la maniera in
cui Míach restituì a Núada il braccio che aveva perduto durante la
prima battaglia di Mag Tuired, ma anche
l'uccisione di Míach da parte del padre Dían
Cécht, episodio che manca del tutto nella seconda
versione del mito.
Questa è tratta invece
dal più tardo
Aided
chloinne Tuirill, e presenta
notevoli divergenze rispetto al primo testo. Il
copista sembra meno consapevole dei motivi mitici
sui quali va scrivendo, tuttavia affiorano qua e
là particolari davvero interessanti.
In entrambe le versioni,
è Míach a restituire a Núada una mano di carne, al posto della
protesi d'argento che gli aveva messo Dían
Cécht. Ma mentre nel
Cath Maige Tuired
viene restituita a Núada la
propria mano, nel
Aided
chloinne Tuirill, Míach gli applica una mano tolta ad uno
sfortunato
porcaro. La differenza non è di piccola
entità, anche considerando che la
reintegrazione fisica di Núada nel primo testo è finalizzata
alla restaurazione della sua regalità,
mentre il secondo testo sembra meno conscio di questo motivo,
presentando fin dall'inizio Núada
quale re delle
Túatha Dé Danann,
pur mutilato e dotato di una mano d'argento. |
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BIBLIOGRAFIA ► |
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