1 -
LE
TÚATHA DÉ DANANN
a
quarta invasione che giunse dal mare a occupare Ériu fu quella
delle
Túatha Dé Danann, le «tribù degli dèi di
Danann».
Dicono che le
Túatha Dé Danann derivarono questo nome da tre loro
giovani, figli di una certa
Danann, così abili e
sapienti nelle arti druidiche che furono chiamati i «tre di
dèi di
Danann»; da costoro le
Túatha Dé Danann presero il loro nome.
Altri dicono che le
Túatha Dé Danann
furono così chiamate in quanto tre erano le classi che
costituivano il loro corpo sociale: i nobili condottieri che
guidavano le tribù [túatha]; i sapienti druidi, esperti
nelle arti pagane, assimilati a vere e proprie divinità [dée];
e i talentuosi artigiani che praticavano attività creative e
artistiche [dána].
E in effetti gli uomini
delle
Túatha Dé Danann
eccellevano in ogni cosa: erano dei formidabili guerrieri,
degli artigiani impareggiabili, dei druidi esperti in ogni
dottrina. Forse non furono dèi, ma il popolo ignorante finì
per scambiarli per tali. O forse erano veramente dèi e furono
i copisti cristiani a trasformarli in una schiera di eroi
dell'antichità, dotati di grandi capacità e di poteri quasi
divini. |
2 - ORIGINE DELLE TÚATHA DÁ DANANN
|
Mórfís il druido |
Illustrazione di Jim Fitzpatrick (1952-) |
opo
la distruzione di Tor Inís, i
Clanna Nemid avevano
preso il mare lasciando l'isola di Ériu.
Semeon Brecc
aveva condotto il suo gruppo di superstiti nell'originaria
terra di Grecia, senza immaginare che li attendeva un destino
di schiavitù; da essi tuttavia sarebbero discesi quei
Fir Bolg che in
seguito sarebbero tornati a regnare su Ériu. I tre figli di
Beoan insieme
a
Britán Maol
avevano guidato il loro gruppo in Alba e in Britannia, ed essi
avevano dato vita al fiero popolo dei Britanni.
Beothach
figlio di
Iarbonel Fáid
era invece rimasto in Ériu insieme al suo gruppo. Quand'egli
morì, tuttavia, suo figlio
Ibáth
decise di abbandonare a sua volta l'isola, e volte le prue a
settentrione, condusse il suo piccolo séguito nei lontani mari
boreali. Sembra che
Ibáth
morisse durante il viaggio e fosse il figlio di questi
Báth ad
assumere il comando del gruppo.
Alcuni dicono che nel lontano nord si trovi un'isola chiamata
Boezia e che sia stato proprio in quella terra boreale che le
genti guidate da
Ibáth e
Báth siano
approdate dopo una lunga navigazione. Stabilitisi nelle
isole a settentrione del mondo, gli esuli nemediani vi impararono
la scienza occulta, la magia, le arti druidiche, la
stregoneria e le abilità magiche, finché in quelle arti essi
superarono tutti i sapienti dei paesi stranieri.
Quattro furono le quattro città in cui essi ottennero la loro
istruzione:
Fálias,
Gorias,
Finias e
Murias. In queste
quattro città risiedevano quattro saggi druidi:
Mórfís
in
Fálias,
Esras
in
Gorias,
Uscías
in
Finias e
Semías in
Murias. E fu da questi fílid che gli esuli
nemediani appresero le scienze occulte e le dottrine segrete.
Da costoro discesero le
Túatha Dé Danann, le «tribù degli dèi di
Danann».
|
3 - GUERRA CON I FILISTEI
ltri dicono che la migrazione verso nord
avvenisse molto tempo dopo, e che
Ibáth
e
Báth
condussero invece le loro schiere di esuli in Grecia,
stabilendosi nei pressi del territorio di Atene. Infatti Boezia è il nome di una
regione che si trova non lontano da Atene, in
Acaia.
È anche possibile che le
Túatha Dé Danann siano venute in Grecia dalle isole settentrionali del mondo.
Su questo punto le fonti non sono molto chiare.
A quel tempo
avvenne che la flotta dei Filistei,
proveniente dalla Siria, sbarcasse nel territorio
dell'Acaia e attaccasse gli Ateniesi. Si accese una
serie di cruente battaglie tra Filistei e Ateniesi,
nelle quali gli Ateniesi ebbero la peggio.
Molti tra i più forti guerrieri di Atene
caddero uccisi, cosicché essi si trovarono
ben presto in minoranza numerica rispetto agli
agguerriti e feroci Filistei.
Gli Ateniesi si rivolsero
allora alle
Túatha Dé Danann, i cui druidi erano esperti
nelle arti pagane. Essi
cominciarono a dar forma a spiriti diabolici che
insufflarono nei corpi dei cadaveri caduti sul
campo di battaglia, e quelli si levarono dal sonno
della morte e tornarono a rinsaldare le fila
scomposte degli eserciti ateniesi.
I Filistei, stupefatti nel vedere coloro che
avevano ucciso il giorno prima scendere nuovamente
in campo l'indomani, informarono i loro druidi
dell'accaduto. Il più vecchio di essi consigliò ai
guerrieri di osservare bene il campo di battaglia e di
piantare nella nuca degli uccisi dei pioli di nòcciolo: in questo modo, se era per
intervento di arti negromantiche che i caduti
tornavano a vivere, i corpi si sarebbero
immediatamente putrefatti; ma al contrario, se
veramente essi erano resuscitati dalla morte per
volere divino, i cadaveri non avrebbero più
sofferto disfacimento e corruzione.
Il giorno successivo, i Filistei scesero di
nuovo a battaglia e dopo la vittoria ispezionarono
attentamente il campo di battaglia. Allorché
essi trovavano un cadavere che pareva dover tornare
alla vita, gli conficcavano nella nuca un piolo di
nocciolo, e come il vecchio druido aveva
detto, il corpo dell'ucciso si trasformava di colpo
in un mucchio di vermi.
Di conseguenza la forza
degli Ateniesi fu umiliata e i Filistei presero il
sopravvento. E ricordando come le
Túatha Dé Danann
si fossero schierate
contro di loro, decisero di vendicarsi e di
attaccarli.
Non appena le
Túatha Dé Danann appresero le intenzioni
dei Filistei, fuggirono di nuovo sul mare e
rivolsero le prue verso nord. |
4 - NEL LOCHLANN E IN ALBA
uggite
dalla Grecia, le
Túatha Dé Danann giunsero dapprima nel
paese di Lochlann [la Norvegia], dove avevano il
loro regno i Fomóire.
Le
Túatha Dé Danann furono ben accolte
dalle genti del Lochlann, in quanto vi erano tra loro persone
esperte in molte discipline e abili in tutte le
arti e le tecniche. Si allearono con i
Fomóire
e vi furono anche tra i due popoli delle unioni
matrimoniali. Alcune fonti affermano che le quattro
città di
Fálias,
Gorias,
Finias
e Murias
si trovassero nel Lochlann e che qui le
Túatha Dé Danann
insegnarono ai giovani di questo paese le arti e le tecniche
di cui erano a conoscenza. Ma è più probabile che quelle città
si trovassero nelle isole settentrionali del mondo e che le
Túatha Dé Danann le avessero lasciate
prima di tornare in Grecia.
Sia come sia, dopo essere rimaste per
qualche tempo nel Lochlann, le
Túatha Dé Danann decisero di mettersi in
mare ancora una volta. Loro sovrano era a quel
tempo
Núada
mac Echtaich. Egli guidò le
Túatha Dé nel nord di Alba [la
Scozia], che a quell'epoca era controllata
anch'essa dai
Fomóire.
Qui esse rimasero sette anni, stanziandosi tra le
località di Dobar e Iardobar.
Quando le loro genti furono divenute
numerose, le
Túatha Dé Danann decisero di invadere
Ériu ai danni dei
Fir Bolg, giudicando che l'isola spettasse
loro per diritto ereditario. |
5 - RE, EROI E ARTIGIANI DELLE
TÚATHA DÉ DANANN
e
delle
Túatha Dé Danann
era, a quel tempo,
Núada
mac Echtaich. Possente guerriero,
Núada
possedeva la
Claím Solais, una spada destinata a dare la
vittoria a chi la impugnava. Fu lui a guidare il suo popolo
nella migrazione dal Lochlann ad Alba e da Alba a Ériu.
Ma il capo spirituale delle
Túatha Dé Danann era
Eochaid
Ollathair, detto il
Dagda
Mór. Era il depositario della sapienza
druidica: a lui apparteneva il
Coire
an Dagdae, un magico calderone che forniva
cibo senza mai esaurirsi. Il
Dagda
Mór possedeva inoltre una mandria di
maiali, dei quali uno era sempre vivo e un altro
sempre pronto per esser cotto, mentre i suoi alberi
erano sempre pieni di frutta. Possedeva pure una
mazza che quando colpiva poteva tanto uccidere
quanto resuscitare chi aveva ucciso, talmente
pesante che veniva trascinata su ruote e lasciava
una traccia abbastanza profonda da essere usata
come fossato di confine per una provincia. Inoltre
il
Dagda
Mór possedeva un'arpa magica al quale
aveva insegnato delle musiche meravigliose, ma che
potevano essere suonate soltanto se era lui a
sfiorarne le corde.
C'era poi il campione
Ogma,
fratello del
Dagda.
Bellissimo nei tratti del volto, egli era
l'inventore dell'alfabeto ogamico, costituito da
una serie di linee diversamente disposte lungo uno
spigolo verticale.
C'erano
Brian,
Iuchar
e Iucharba, i
tre figli di
Delbáeth
Tuirell Bícreo figlio di
Ogma. Loro madre era
Danann, anch'essa
figlia di
Delbáeth,
che li aveva generati unendosi incestuosamente al proprio
padre. Questi tre erano così esperti nelle arti
druidiche e pagane, e avevano raggiunto in esse una tale
eccellenza, che le loro genti non solo li chiamarono «i tre dèi di
Danann», ma non
disdegnarono di trarre da questi tre il loro stesso nome:
Túatha Dé Danann, le «tribù degli dèi di
Danann».
C'era poi
Eochaid
Bress, un altro fratello del
Dagda, destinato a
diventare re delle
Túatha Dé Danann, ma senza alcuna
gloria, ché a causa del malgoverno avrebbe
rischiato di portare il suo popolo alla rovina.
Vi era inoltre
Manannán
mac Lir, il cavaliere del mare crestato. Questi
guidava il suo cocchio sulle onde allo stesso modo
in cui gli uomini guidano i loro carri sulla terra.
La sua cavalla, la
Aonbarr,
correva infatti tanto per terra o per mare e
chiunque la cavalcava non veniva mai sbalzato di
sella e ucciso.
Manannán
possedeva anche dei maiali che, uccisi ogni giorno, il giorno
seguente tornavano a vivere, e gli uomini delle
Túatha Dé Danann banchettavano con
questi maiali. Il suo corach, che si
chiamava
Scúabtuinne,
aveva il pregio di arrivare da solo a destinazione.
La sua spada si chiamava
Fregarthach,
e nessuno di coloro che ne erano stati feriti era
riuscito a sopravvivere. Sposa di
Manannán
era la bionda Fann
figlia di
Áed
Abrat, la cui bellezza era leggendaria anche tra
le donne Danann.
C'era poi
Dían
Cécht, il guaritore delle
Túatha Dé Danann. I suoi figli
Míach,
Ochtriuil
e
Airmed
erano tutti e tre dei valenti medici e guaritori,
avendo ereditato l'arte dal loro padre.
Vi era poi Lúg
Lámfada, anche se all'epoca della partenza delle
Túatha Dé Danann da Alba non si era
ancora rivelato. Costui era anche chiamato Samildánach, «Colui che unisce
ogni arte», in quanto era
esperto nell'arte del poeta, del
druido, del medico, del fabbro e del carpentiere.
Era anche un grande guerriero: a lui sarebbe andata
la lancia invincibile, la
Sleá
Bua.
E c'era ancora
Brígit,
che alcuni dicono fosse un'altra figlia del
Dagda.
Era esperta nella poesia, nella divinazione,
nell'arte medica e nella metallurgia. Era
però soprattutto la signora della
conoscenza, ispiratrice dei poeti e dei veggenti.
Fu lei la prima a modulare un fischio per chiamarsi
a vicenda nel cuore della notte.
Vi era poi una triade di impareggiabili
artigiani. Di questi,
Goibniu era un
ineguagliabile fabbro: forniva armi alle
Túatha Dé Danann e preparava loro i
banchetti.
Crédne
Cerd era un abilissimo calderaio, il più
grande tra gli artigiani del rame e del bronzo. E
Luchta
mac Luachaid, un gran carpentiere e falegname.
L'abilità di questi tre era così grande che
nelle battaglie forgiavano continuamente nuove armi
per i guerrieri in sostituzione di quelle spuntate.
C'era poi
Coirpre
il poeta. E tre satiristi, i cui nomi erano
Cridenbél,
Bruinne
e
Casmaol.
E c'era ancora la
Mórrígan,
con le sue sorelle
Badb
Chatha e
Macha.
Feroce, sanguinaria, implacabile, la
Mórrígan
scendeva in battaglia e stabiliva a chi dovesse
toccare la vittoria e a chi la sconfitta; si
pasceva di teste mozzate e di corpi trafitti. Nella
mischia prendeva molte sembianze, ma la più
comune era quella di corvo. In quest'aspetto essa
svolazzava sugli eserciti, cosicché questi
non riuscivano più a distinguere gli amici
dai nemici. Ma anche se il suo carattere era di
solito spaventoso, la
Mórrígan
poteva anche assumere sembianze ammaliatrici:
talvolta ella seduceva i guerrieri, specie nei
momenti critici, alla vigilia delle battaglie. Un altro nome
della
Mórrígan
era
Anu,
in onore della quale due colline nel Múmu vennero chiamate i
«due seni di
Anu».
Dínann
e Bé Chuill,
infine, erano le due streghe delle
Túatha Dé Danann. Esse e le loro sorelle
Aircdan e
Bé Theite
erano le quattro
figlie di Flídais.
|
6 - GENEALOGIA DELLE
TÚATHA DÉ DANANN
l
più diretto antenato delle
Túatha Dé Danann aveva nome
Tat.
Questa la sua genealogia:
Tat
figlio di Tabarn
figlio di Enna figlio
di
Báth
figlio di
Ibáth
figlio di
Beothach
figlio di
Iarbonel
Fáid figlio di
Nemed.
Di
Tat
si ricordano due figli:
Allui
e
Alda.
Figli di
Allui
erano
Ordam
e
Innui.
Figlio di
Alda,
Edleo.
È da
Ordam,
Innui
ed
Edleo
che discendevano le tribù danann.
Alla discendenza di
Ordam
apparteneva
Núada,
re delle
Túatha Dé Danann al tempo del loro
arrivo in Ériu. Questa la sua genealogia:
Núada
figlio di Echtach
figlio di Etarlám figlio di
Ordam
figlio di
Allui
figlio di
Tat.
Núada
aveva molti figli, tra cui ricordiamo: Caichér,
Etarlám
e
Lugaid.
Caichér era
padre di Uillenn.
Etarlám
era padre di
Ernmass,
madre delle tre dee della guerra, la
Mórrígan,
la
Badb
Chatha e
Macha,
che alcuni dicono essere tre nomi per
una stessa donna.
Anche
Coirpre
il poeta apparteneva alla discendenza di
Ordam.
Questa la sua genealogia:
Coirpre
figlio di Tuar figlio
di Tuirell figlio di
Cai Conaichenn figlio
di
Ordam
figlio di
Allui
figlio di
Tat.
Vediamo ora la discendenza di
Innui
figlio di
Allui
figlio di
Tat.
Eochaid
Ollathair detto il
Dagda
Mór,
il campione
Ogma,
Allót,
Eochaid
Bress e
Delbáeth
erano i cinque figli di
Elatha
figlio di
Delbáeth
figlio di
Nét
figlio di
Innui
figlio di
Allui
figlio di
Tat.
Il
Dagda
Mór era a sua volta padre di
Óengus
Óc,
Aed,
Cermat
Mílbel e
Mídir
l'altero. Alcuni dicono che anche
Brígit
fosse figlia del
Dagda.
Cermat
Mílbel, figlio del
Dagda,
aveva tre figli, i quali un giorno
avrebbero regnato congiuntamente su Ériu.
Venivano chiamati
Mac
Cuill,
Mac
Gréine e
Mac
Cécht, il Figlio del Nocciolo, il Figlio
del Sole e il Figlio dell'Aratro.
Ogma,
fratello del
Dagda,
era padre di
Delbáeth
Tuirell Bícreo. Questi
era a sua volta padre di
Fiacha,
Ollam, Innui,
Elchmar,
Brian,
Iuchar
e Iucharba.
Madre degli ultimi tre era
Danann, anch'essa figlia dello stesso
Delbáeth.
Ollam aveva per figlio
Ái.
Fiacha
figlio di
Delbáeth
figlio di
Ogma
era padre di
Ériu,
Banba
e
Fódla, che un
giorno sarebbero state le tre regine delle
Túatha Dé Danann, spose dei tre figli di
Cermat
Mílbel, e tutt'e tre avrebbero dato nome
all'isola di Ériu.
Ernmass
figlia di
Etarlám
figlio di
Núada
era madre di queste tre.
Allót,
fratello del
Dagda,
era padre di
Orbsen,
meglio conosciuto come
Manannán
mac Lir, il cavaliere del mare crestato.
L'altro fratello del
Dagda,
Eochaid
Bress, era padre di Rúadán e
Duach
Dall.
Duach
Dall era padre di
Eochaid
Garb, padre a sua volta del nobile
Bodb
Derg e di
Náma.
Quest'ultimo era padre di
Caichér
e
Nechtan.
Delbáeth,
l'ultimo dei fratelli del
Dagda
Mór, era il padre di
Bóann.
Costei era la moglie di
Elchmar
ma aveva generato con il
Dagda
il figlio
Óengus
Óc.
Dían
Cécht il guaritore era figlio di
Esarg
figlio di
Nét
figlio di
Innui
figlio di
Allui.
Costui aveva un certo numero di figli, tra cui
Cían,
Cú
e
Céithen,
e poi
Míach,
Ochtriuil
e
Airmed
i quali erano a loro volta dei valenti guaritori, e
ancora
Étan
la poetessa. Anche
Coirpre
figlio di
Étan
era un poeta. Altro poeta, era Abean figlio di Bec-Felmas figlio di
Cú
figlio di
Dían
Cécht; questo Abean era il poeta di
Lúg.
Lúg
era figlio di
Cían
figlio di
Dían
Cécht. Sua madre era
Ethné
figlia di
Balor.
Per ultima, vediamo ora la discendenza di
Edleo
figlio di
Alda.
Unico membro attestato di questa tribù
è En figlio di
Bel-En figlio di Satharn figlio di
Edleo
figlio di
Alda
figlio di
Tat. |
7 - L'ALLEANZA CON I FOMÓIRE
el
tempo in cui le
Túatha Dé Danann erano stanziate nel
Lochlann, essi avevano stretto un'alleanza con i
Fomóire,
la quale si era ancor più stretta quando
essi erano passati in Alba. In questo tempo tra le
due stirpi vi erano state diverse unioni
matrimoniali, da cui era nata una discendenza
mista.
Non è chiaro in quali tempi e
modalità l'albero genealogico danann
si sia intrecciato con quello fomóir, forse
già ai tempi di
Nét
figlio di
Innui
figlio di
Allui
figlio di
Tat.
Questo
Nét
aveva due mogli,
Némain
e Fea, da cui aveva
avuto tre figli:
Dót,
Esarg
e
Delbáeth.
Figlio di
Dót
era
Balor, che ritroveremo
quale capo dell'esercito fomóir durante la guerra contro le
Túatha Dé Danann. Figlio di
Delbáeth
era
Elatha,
il quale rivelerà di essere un re
dei
Fomóire.
Nella discendenza di
Esarg
si annoverano invece
Dían
Cécht e i suoi figli, dei quali non si
può mettere in dubbio la loro appartenenza
al popolo danann.
Abbiamo dunque questi
Balor
ed
Elatha,
discendenti di
Nét,
che non solo furono dei capi fomóir di sangue
nemediano, ma ebbero altresì una discendenza
danann.
Elatha
era infatti padre di alcuni tra i più nobili
capi danann, tra cui il
Dagda
Mór,
Ogma
ed
Eochaid
Bress. Ma se l'appartenenza del
Dagda
e di
Ogma alle
Túatha Dé Danann non può essere
messa in dubbio, alcuni testi dicono invece che
Bress
(il figlio che
Elatha
aveva avuto da una donna danann,
Eri)
fu accettato tra i
Túatha
Dé come figlio adottivo. Nonostante
questa incerta posizione,
Bress venne eletto re
delle
Túatha Dé Danann; ma quando venne
rovesciato a causa del suo malgoverno, egli
tornò da suo padre
Elatha
e lo convinse a guidare i
Fomóire
in guerra contro le
Túatha Dé Danann. Ma esamineremo poi questi
fatti.
Anche il fulgido Lúg non aveva una posizione molto
chiara: suo padre era
Cían
delle
Túatha Dé Danann e sua madre
Ethné figlia del
fomóir
Balor.
Ma la fedeltà di
Lúg sarebbe sempre
andata al popolo di suo padre, ché egli sarebbe stato il
principale artefice della vittoria delle
Túatha Dé Danann sui
Fomóire. |
8 - I QUATTRO TESORI DELLE
TÚATHA DÉ DANANN
n
tutti i loro spostamenti, dalle isole settentrionali del mondo
alla Grecia, dalla Grecia al Lochlann, e di qui in Alba e
infine in Ériu, le
Túatha Dé Danann non avevano trascurato
di portare i loro quattro tesori, che erano rispettivamente una pietra, una
lancia, una spada e un calderone.
1. Da
Fálias
avevano portato la
Lía
Fáil, la «pietra [dell'isola] del destino», che sarebbe stata posta a
Temáir. Questa pietra soleva lanciare un
grido allorché veniva calpestata da un re
legittimo che stava per assumere la suprema
regalità di Ériu.
2. Da
Gorias
avevano portato la
Sleá
Bua, la «lancia di vittoria», che in
seguito venne assegnata a
Lúg. Contro questa
lancia non fu mai vinta battaglia, né contro
chi la tenesse in mano.
3. Da
Finias
fu portata la
Clíam
Solais, la «spada di luce»,
appartenente a
Núada.
Era invincibile quando veniva tratta dal fodero.
4. Da
Murias
fu portato il
Coire
an Dagda, il «calderone del dio
buono», appartenente al
Dagda
Mór, il cui contenuto era tale che
nessuna compagnia, per quanto numerosa, se ne
allontanava insoddisfatta. |
Fonti
|
|
I - LE TÚATHA DÉ DANANN: PROBLEMI ETIMOLOGICI
La più frequente traduzione
dell'etnonimo
Túatha Dé Danann
è «Tribù della dea Danu». È questa la
resa tradizionale del nome, quella riportata in tutti i libri
di mitologia. Ma è quella corretta? La verità è che su questo
nome gravano serie difficoltà di interpretazione, come adesso vedremo.
Il primo termine dell'etnonimo,
túatha,
non offre problemi. Questo è infatti il plurale del sostantivo
gaelico túath, relato a sua volta al celtico
continentale teutā
>
toutā (cfr. il
teonimo Toutatis), a indicare una popolazione dalla comune ascendenza. È quindi
giustificato l'uso della parola di origine latina
«tribù», da usarsi però al plurale: «le
tribù».
Più
problematico è invece il termine successivo, dé. Lo si
ritiene comunemente il genitivo della parola «dea», riferito a
Danann,
da cui la comune traduzione «Tribù
della dea Danu». La difficoltà sta nel fatto che in
realtà dé è il genitivo del sostantivo maschile
dia «dio» (la parola «dea» in irlandese è
bandia); in tal caso una traduzione corretta dovrebbe essere «Tribù del dio di Danu».
(E non bisogna neppure trascurare la possibilità che non si
tratti di dé, ma di de, come a volta si trova
nei manoscritti; in irlandese de è la preposizione
«di», proprio come nelle lingue neolatine: in tal caso la
corretta interpretazione dell'etnonimo sarebbe semplicemente le «Tribù
di Danu».)
E veniamo
ora all'ultimo termine, il più controverso. Danann (nei
testi antichi scritto Danand o
Donand) viene assunto come il genitivo di un
nome proprio, la cui forma nominativa si ritiene comunemente sia
*Danu. Purtroppo
questo nome non
è attestato in nessuna fonte antico-irlandese: è stato
ricostruito dagli studiosi dell'Ottocento, in analogia con altri
termini che presentano una
medesima declinazione (come Ériu «Irlanda» che al
genitivo dà Érenn). Un'altra possibilità è che
Danann
sia connesso col termine dán «arte, facoltà, capacità»,
che però viene declinato al genitivo come dána
(da cui l'espressione áes dána «gente dell'arte»
riferita all'insieme degli artigiani, degli artisti, dei
musici e dei giuristi di una tribù).
Come si
vede dunque, la comune traduzione di
Túatha Dé Danann come «Tribù della dea Danu»
è il risultato di una serie di scelte non del tutto
giustificabili. Una resa filologicamente più corretta potrebbe
essere «Tribù del dio di Danann», anche se, in base alle
ragioni addotte dagli antiquari sull'origine del termine [infra]▼,
in questo sito preferiamo tradurre «Tribù degli dèi di Danann».
Ancora un piccolo dettaglio. I moderni scrittori che si sono
dedicati a divulgare le gesta delle
Túatha Dé Danann in forma
narrativa, hanno sempre manifestato una spiccata tendenza a
contrarre il nome, troppo lungo e pesante per ripeterlo
di seguito nel testo. Le varie soluzioni escogitate si sono
però rivelate poco corrette. È infatti improprio chiamarli «i
Túatha», come se túatha
fosse il nome proprio del mitico popolo d'Irlanda e non il sostantivo
plurale «tribù», applicabile allo stesso modo a ogni
popolazione organizzata in tribù; viceversa possiamo accettare «le túatha»,
ma come sostantivo, non come nome proprio. Alternativamente, è
da evitare «i Danann», come se
Danann fosse il nome collettivo della popolazione, e non il presunto genitivo del nome
*Danu. Se
non come sostantivo, possiamo tuttavia accettare danann
come aggettivo: è una soluzione inelegante ma in fondo
giustificata per mancanza di termini appropriati.
È allora
preferibile scrivere ogni volta il nome per intero:
Túatha Dé Danann. E se proprio chi scrive non
ha la pazienza necessaria per trascinarsi dietro questo
etnonimo così complesso, allora sono preferibili le dizioni Túatha
Dé, le
«tribù della dea (degli dèi)», o Fir
Déa, gli «uomini della dea». Infine bisogna
notare che, a rigore, l'etnonimo va al femminile,
essendo questo il genere della parola gaelica
túath; dunque «le
Túatha Dé Danann» e non «i
Túatha Dé Danann». D'altronde anche in italiano
diremmo, senza alcun problema, «le Tribù degli dèi di
Danann». L'uso del maschile è invalso dal fatto che la maggior
parte delle traduzione nella nostra lingua sono passate
attraverso l'inglese, lingua dove l'articolo the
mantiene la sua ambiguità di genere. In questo sito
utilizziamo senza problemi il corretto genere femminile e ci
rifiutiamo di accodarci
al discutibile uso invalso nella letteratura italiana di considerare
maschili le
Túatha Dé Danann.
|
II - CHI ERANO LE
TÚATHA DÉ DANANN?
Chi erano le
Túatha Dé
Danann?
Il poeta W. Butler Yeats,
parlando dei
Túatha Dé Danann, fornisce tre risposte sulla loro
identità:
Chi sono costoro?
«Angeli caduti che non erano
abbastanza buoni da essere salvati,
né abbastanza cattivi da essere
cancellati» dicono i contadini.
«Gli dèi della terra»
dice il
Libro di
Armagh. «Gli dèi dell'Irlanda pagana»
dicono alcuni studiosi di storia,
«gli dèi delle
Túatha Dé Danann, che, quando non furono
più venerati e nutriti con le offerte, si
rimpicciolirono secondo l'immaginazione popolare, e ora sono alti solo poche spanne». [...]. Non pensate
tuttavia che le fate siano sempre piccole. Nel loro
mondo tutto è capriccioso, anche la loro statura. |
W.B. Yeats:
Irish Fairy and Folk
Tales |
Le risposte di Yeats testimoniano, se mai ce ne fosse bisogno,
il singolare rapporto che gli Irlandesi hanno sempre avuto con
la loro storia mitica. I monaci medievali che trascrissero le
antiche leggende preferirono evemerizzarle e inserirle in un
quadro classico-cristiano piuttosto che gabellarle in
blocco come menzogne o favole, col risultato che,
ancora ai tempi di Céitinn, nel XVIII secolo, si
tracciavano genealogie e annali storici che
comprendevano tanto i
Clanna Nemid quanto le
Túatha Dé
Danann.
Ma anche se trattati in un
quadro storico, inseriti in una genealogia che li
riconduce ai figli di
Nóe, le Túatha Dé
Danann si staccano prepotentemente, per la loro natura
superiore, per le loro conoscenze e i loro poteri, dai normali
esseri umani. I personaggi principali delle Túatha Dé
Danann, anche se
non sono espressamente definiti come
divinità, hanno infatti caratteristiche che
li elevano al di sopra dei comuni mortali. E per
quanto i copisti si siano sforzati di ridurli alla
stregua di qualche antica popolazione preistorica,
non sono riusciti a cancellare del tutto la loro
natura divina.
Perché gli eroi delle
Túatha Dé
Danann furono gli antichi dèi dell'Irlanda celtica. Su
questo non vi è alcun dubbio. Non solo è possibile tracciare
molte omologie tra le gesta delle
Túatha Dé Danann e quella degli dèi di molte altre
mitologie indoeuropee, ma è anche evidente che molti nomi e
personaggi che troviamo tra le
Túatha Dé Danann
li avevamo già trovati nell'epigrafia e
nell'iconografia monumentale gallo-romana, rendendo
palesi molte delle dinamiche che guidano il
processo di trasformazione dei miti nel corso della
storia.
Si analizzeranno i vari
personaggi passo per passo, ma qui non sarà
sbagliato dare una visione d'insieme delle principali
corrispondenze e analogie tra gli dèi
irlandesi e le divinità galliche:
|
III - DAI «TRE DÈI DI DANANN» ALLE «TRIBÙ
DEGLI DÈI DI DANANN»
Molte
ipotesi si sono intrecciate, dal Medioevo al Seicento, fino ai
giorni nostri, per spiegare l'origine e il significato dell'etnonimo
Túatha Dé Danann.
Nel
Lebor Gabála Érenn,
il «Libro delle invasioni di Ériu», la nostra
più antica fonte riguardante le
Túatha Dé Danann, si fa
riferimento a un gruppo di tre giovani i quali, a quanto
pare, furono gli originari detentori del titolo di «dèi di
Danann».
Si chiamavano
Brian,
Iuchar e
Iucharba,
ed erano i tre figli che una certa
Danann
aveva avuto da una relazione incestuosa intrecciata col suo
stesso padre,
Delbáeth Tuirill
Bícreo.
A
questa
Danann
fa riferimento anche un'anonima
composizione gnomica inclusa nel
Lebor Gabála Érenn
[64],
un cui verso accenna a «Danann
madre degli dèi» [Danann máthair na ndée]; è evidente
che il verso si riferisce soltanto
ai «tre dèi di
Danann»,
anche se ovviamente un lettore
moderno con diverse aspettative
potrebbe leggervi un
riferimento a una «madre
di tutti gli dèi».
Seathrún Céitinn (Geoffrey Keating),
nei suoi
Foras feasa ar Éirinn, ci spiega che i tre figli di
Danann vennero
scambiati per divinità dalla gente semplice, per via della loro
eccellenza «nelle arti pagane» [i gcéardaibh geintlidhe],
e per questo vennero chiamati Trí Dée Danann,
i «tre dèi di
Danann».
Secondo Céitinn, la fama dei tre figli di
Danann
crebbe a tal punto che l'intero popolo a cui essi
appartenevano cominciò a farsi chiamare
Túatha Dé Danann, le «tribù degli dèi di
Danann».
Adeirid drong re
seanchus gurab ó'n triar mac rug Danann,
inghean Dealbhaoith, eadhon, Brian, Iuchar,
agus Iucharbha, eadhon, triar do chlainn
Dealbhaoith mic Ealathan mic Néid, mic
Iondaoi, mic Allaoi, mic Tait, mic Tabhairn,
mic Enna, mic Bathaigh, mic Iobaith, mic
Beothaigh, mic Iarbhoineoil Fháidh, mic
Neimheadh, gairthear Túatha Dé
Danann, do bhrígh go rabhadar an
triar reamhráidhte coimh-dhearsgnaighthe a's
sin i gcéardaibh geintlidhe, gur thoil leis
na tuathaibh seo ag a rabhadar dée do ghairm
díobh, agus iad féin d'ainmniughadh uatha.
Ag so rann deismireachta ag a dheimhniughadh
gurab iad an triar so na trí Dée Danann,
amhail adeir an duain darab tosach
Éistigh a eolcha gan on
&c... |
Elcuni eruditi dicono che
è dai tre figli di
Danann
figlia di
Delbáeth
che le
Túatha Dé Danann
presero il loro nome, e cioè
Brian,
Iuchar e
Iucharba, i tre figli di
Delbáeth
figlio di
Elatha figlio di
[Delbáeth figlio di]
Nét figlio di
Innui figlio di
Allui figlio di
Tat figlio
di Tabarn figlio di
Enna figlio di
Báth
figlio di
Ibáth figlio di
Beothach
figlio di
Iarbonel
Fáid figlio di
Nemed. La ragione è
che i suddetti tre erano così esperti nelle
arti pagane, che quelle tribù con le quali
vivevano li chiamavano dèi, tanto che
presero nome proprio da loro. In questi
versi è attestato che questi tre furono
i tre dèi di
Danann [Trí
Dé Danann], come dice
anche quel poema
che inizia con le parole,
«Ascoltate, o
voi istruiti senza biasimo»... |
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn [II: 10] |
Ma questa spiegazione, che Céitinn ha tratto
da quanto si afferma nel
Lebor Gabála Érenn,
non è che un'etimologia popolare con la quale gli stessi
redattori medievali tentarono di spiegare l'etnonimo
Túatha Dé Danann, di cui non comprendevano il
significato. Ma nemmeno questa spiegazione è pienamente
convincente: poiché Dé è un genitivo singolare,
bisognerebbe intendere l'etnonimo come «tribù del dio di
Danann»,
espressione che nel contesto dei «tre dèi» non ha molto senso.
Dopo aver
riferito quanto detto sopra, Céitinn
riporta il passo di un poema
gnomico di Flánn Mainstrech, anch'esso tratto dal
Lebor Gabála,
di cui evidentemente costituiva una fonte non trascurabile.
Brian,
Iucharbha, is Iuchar ann,
Trí dée Túaithe Dé Danann;
Marbh iad ag Mana os muir meann,
Do láimh Lógha, mic Eithneann. |
Brian,
Iucharba
e
Iuchar,
tre dèi delle
Túatha Dé Danann;
furono uccisi a Mana sopra il gran mare
per mano di
Lúg figlio di
Ethné. |
Flánn
Mainstrech: «Ascoltate, o voi istruiti senza
biasimo...» [19]
in:
Lebor Gabála Érenn
[64]
in: Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn [II: 10] |
Si noti
che
Brian,
Iuchar e
Iucharba, i
«tre dèi di
Danann» [Trí
Dée Danann],
nel poema di Flánn Mainstrech sono chiamati, con piccola ma
significativa variazione di significato, i
«tre dèi dei
Túatha Dé Danann» [Trí
dée Túaithe Dé Danann].
Potrebbe essere un residuo del rapporto originario che
intercorreva tra i «tre dèi» e le tribù nel loro
complesso: difficile dire da quali basi si sia sviluppato il
complesso di significati che ha portato
all'affermazione di un etnonimo problematico come
Túatha Dé Danann.
Ma Céitinn fornisce anche un'altra origine del nome delle
Túatha Dé Danann:
Adeirid araile gurab uime gairṫear Tuaṫa Dé
Danann díoḃ, do ḃríġ gurab i n-a dtrí ndrongaiḃ do ḃádar ar an eaċtra so da
ndeaċsad a h-Éirinn. An ċeud drong díoḃ, d'á ngairṫear Tuaṫ, do ḃíoḋ ar leisg
uaisle agus ceannais féaḋna [...]. An dara drong d'á ngairṫí dée, mar atáid a ndraoiṫe, is uime
sin adeirṫí na trí Dée Danann ris an triar ṫuas. Is uime do gairṫí dée ḋíoḃ ar
iongantas a ngníoṁ ndraoiḋeaċta. An treas drong d'á ngairṫí Danann, eaḋon, an
drong do ḃíoḋ re dánaiḃ nó re céardaiḃ, óir is ionann dán agus céard. |
Altri sostengono che è vennero chiamate
Túatha Dé Danann perché erano
divise in tre classi sociali quando invasero Ériu.
La prima classe, detta tuath,
consisteva nei ranghi della nobiltà e nei
capi delle tribù [...]. La seconda classe,
detta dé, comprendeva
i druidi, tra cui coloro di cui abbiamo
parlato, i cosiddetti Trí Dé Danann.
Costoro erano chiamati «dèi»
per via delle loro arti meravigliose. La
terza classe, detta danann,
era costituita dagli artigiani, in quanto dán
vuol dire
«artigianato». |
Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn [I: X, 4d-4f] |
Céitinn scinde
l'etnonimo nei suoi tre termini, dando a ciascuno
un'etimologia indipendente, dove
táath
«tribù» si riferisce ai capi e ai condottieri del popolo;
dé «divinità»
alla classe sacerdotale,
composta dai druidi e dai sapienti (tra cui Céitinn annovera anche i «tre dèi»);
e danann
all'áes dána,
la «gente dell'arte» ovvero l'insieme degli artigiani,
degli artisti e dei musici della tribù. Anche se si tratta
ancora una volta di un'etimologia popolare, la spiegazione di
Céitinn ha il pregio di far risaltare una sorta di
tripartizione funzionale à la Dumézil: i nobili e i
condottieri esemplificano la regalità guerriera (seconda
funzione), i druidi la funzione magico-sacrale (prima
funzione), la gente dell'arte le attività economico-creative
(terza funzione). Come abbiamo detto altrove, trattando delle
dinamiche interne del Ciclo delle Invasioni, nelle
Túatha Dé Danann si costituisce il primo gruppo
funzionalmente completo della civiltà irlandese [VEDI]:
Céitinn
non poteva sottolineare più opportunamente i singoli
costituenti di questa mitica popolazione.
Quello
che invece sembra probabile agli studiosi moderni, è che il significato originale del
nome Túatha
Dé Danann non abbia mai avuto nulla a
che vedere con una dea *Danu
o
Danann; certamente l'etnonimo va anche
considerato come unitario e non come convergenza di tre
termini distinti. È anche improbabile, del resto,
che Túatha Dé
Danann stato originariamente un teonimo: non ci sono precedenti
nelle tradizioni indoeuropee per divinità o gruppi di divinità a cui ci si
riferisca con un termine di questo tipo. Infine bisogna sottolineare che molti
dei popoli mitologici trattati nel
Lebor Gabála Érenn
sono in realtà gruppi etnici storici. È il caso dei
Fir Bolg, dei Fir
Domnann e dei Galeóin,
i cui etnonimi sono spiegati nei testi antichi con etimologie
popolari quali «uomini sacco», «uomini che scavavano la terra»
e «[uomini] armati di lancia», ma noi sappiamo che in realtà
essi nascondono i nomi tre popolazioni celtiche: i Belgi, i
Dumnoni e i Galli. E si noti ancora che gli stessi Dumnoni
sembrano ricomparire nel patronimico del capo fomóir
Indech mac Dé Domnann,
dove il genitivo Dé Domnann è attestato nella medesima costruzione in «Dé» di
Dé Danann (ed anche qui i
primi studiosi ricostruirono un nominativo
*Domnu, ipotizzando che si
trattasse di una dea delle tenebre e della morte, madre dei
Fomóire).
Non è dunque irragionevole supporre che le
Túatha Dé Danann siano state anch'esse un gruppo
etnico della preistoria irlandese, magari un popolo che adorava in
origine una dea chiamata
Danann, oppure legato originariamente a qualche corso d'acqua od a una terra
bagnata da un fiume (se fosse verificata la provenienza da un protoceltico *dānu «fiume»).
Quello che è certo è che non furono i compilatori del
Lebor Gabála
ad applicare per primi questo nome alle figure basate sulle
antiche divinità celtiche:
Túatha Dé Danann è un etnonimo troppo profondamente
radicato nella letteratura irlandese e nelle tradizioni popolari per essere
stato inventato nel Medioevo. Può essere stato in uso per alcuni secoli a
indicare un popolo magico, di cui si conservava qualche vago
ricordo risalente a tempi remoti, a cui venivano ascritte
tutte le inesplicabili costruzioni megalitiche del paesaggio
irlandese, così come il folklore francese per secoli ha
indiscriminatamente fatto risalire tutte le antiche rovine ai «Romani» o ai
«Saraceni». I costruttori dei tumuli, gli innalzatori dei
cairn, sarebbero stati immaginati con tratti divini,
riducendo antiche divinità al rango di mortali con magici
poteri. L'associazione delle
Túatha Dé Danann con gli antichi tumuli
funerari e le colline magiche [síde] possono averli fatti
concepire insieme come creature soprannaturali e antenati degli esseri umani.
(Kondratiev 1998)
|
IV
- L'IPOTETICA DEA *DANU
|
Danu |
Disegno di Craig Oshima |
Si
ipotizza che il nome *Danu derivi da una radice
indoeuropea *DĀ-
«fiume, corrente» (cfr. sanscrito dānu «fluido,
goccia», avestico dānu «fiume», ossetico don
«fiume»; cfr. i nomi dei fiumi Don,
Dnepr e Dnestr). Che questa radice fosse conosciuta in ambito celtico, lo testimoniano il nome del
fiume Danuvius «Danubio» (< celtico *Dānwjo) e il gallico condate
«confluenza». A partire da questa radice, si è voluto intendere il nome
*Danu relato a significati tipo «terra bassa, terra
umida», interpretando
*Danu
come una dea della terra, della fertilità o delle acque
fluviali.
Sottolineiamo innanzitutto che il nome
*Danu
non è attestato in nessuna antica fonte irlandese: è stato
creato dagli studiosi dell'Ottocento
per spiegare il termine Danann presente nell'etnonimo
Túatha Dé Danann. Essi assunsero che Danann
fosse il genitivo di un nome proprio e ne ricostruirono la
forma al nominativo
*Danu,
prendendo a modello dei termini che presentavano la medesima
declinazione, quale Ériu «Irlanda», che al genitivo dà Érenn.
La
dea
*Danu
rappresenta un motivo di forte perplessità presso gli studiosi
di mitologia, i quali si trovano spesso costretti a farsi
largo attraverso le maglie di un fatidioso preconcetto
secondo la quale essa sarebbe stata una sorte di dea
primordiale della terra, antenata e madre deille
Túatha Dé Danann, etnonimo inteso in tal caso come
«Tribù della dea Danu». Il fatto che le
Túatha Dé Danann sembrino riconoscere
*Danu come
divinità clanica della loro stirpe ha addirittura fatto ritenere che il più antico
nucleo della religione irlandese fosse di tipo matriarcale,
anche considerando il ruolo
particolarmente importante che le donne rivestivano
all'interno della società celtica.
L'origine di questo preconcetto va cercata in certe pubblicazioni dell'epoca vittoriana ed edoardiana,
i cui autori, che erano di lingua inglese e spesso carenti per quanto riguardava
la lingua e la letteratura gaelica, provvidero a divulgare il materiale caotico
e contraddittorio dei manoscritti irlandesi e gallesi – le cui traduzioni
cominciavano ad apparire proprio allora sulle riviste specializzate – mettendolo
in una forma accessibile a un pubblico non specializzato. Questi autori
riferirono le ipotesi degli studiosi sul significato dei miti e la natura dei
personaggi, senza però entrare nei dettagli o senza indicare le riserve che gli
studiosi avevano avanzato circa le loro conclusioni.
Parallelamente,
tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento,
nell'entusiasmo della riscoperta della cultura celtica, molti
scrittori irlandesi presero spunto dal patrimonio mitico del
loro paese per le loro opere letterarie; autori del calibro di
William Butler Yeats, John Millington Synge, George Russell e Lady
Augusta Gregory, piegarono quei miti al
proprio gusto artistico e ne trassero romanzi, racconti e
drammi teatrali ancora oggi apprezzati in tutto il
mondo anglosassone. Questi autori erano nutriti di romanticismo e rilessero
i racconti tradizionali irlandesi
secondo il gusto e le idee letterarie dell'epoca. Le opere del
Celtic Revival
furono indubbiamente sincere in quanto a entusiasmo e
patriottismo, ma le
necessità estetiche venivano anteposte allo
scrupolo filologico.
In molti di questi libri, alcuni dei quali vengono
regolarmente ristampati, gli eroi dei
Túatha Dé Danann sono
presentati senza ambiguità come i discendenti
di una dea chiamata
*Danu, senza alcun accenno al fatto che tale dea esisteva
soltanto nelle ipotesi degli studiosi. Scriveva Charles Squire: «La divinità più antica di cui
sappiamo qualcosa è
Danu, la dea da cui tutti gli dèi presero il nome di
Túatha Dé Danann [...]. Danu rappresentava probabilmente la terra
e la sua fertilità, e bisognerebbe paragonarla alla greca
Demetra. Tutti gli
altri dèi sono, o quanto meno vengono chiamati, suoi figli» (Squire
1911).
E T.W.
Rolleston: «La più importante delle dee danaan [sic]
era
Danu, madre di tutti gli dèi irlandesi [...]. Era figlia
del Dagda (!) e, come
lui, associata all'idea della fertilità e dell'abbondanza»
(Rolleston 1914).
Le pubblicazioni successive non hanno fatto che rafforzare
questa
visione posticcia di
*Danu, fissandola
nella memoria degli appassionati come la dea della terra,
madre delle Túatha Dé
Danann.
Buona parte della saggistica del Novecento ha risentito di
questa interpretazione fuorviante. Era tale l'importanza che
si attribuiva a questa grande dea
*Danu, che persino uno
studioso attento come John
MacCulloch arrivò a sostenere che tutte le
divinità femminili presenti nell'epica
irlandese non erano che aspetti di
*Danu nelle sue
molteplici facce; ella sarebbe stata la tipica dea della
fecondità, animale e vegetale, poi
trasformata in divinità ipoctonia, regina degli inferi
e delle forze sotterranee che presiedevano alla vegetazione
(MacCulloch 1911). Seppur con prudenza, De Vries
riteneva
*Danu un'antichissima divinità pre-indoeuropea,
della quale ipotizzava un collegamento con la madre universale
Aditi della mitologia indiana
(De Vries 1961). Nel loro recente dizionario, Sylvia e Paul Botheroyd definiscono
*Danu
il prototipo di ogni rapporto di forze che crea, nutre e fa
prosperare le creature viventi e la descrivono come una dea
dal carattere ambivalente, tanto benigno quanto maligno,
simile all'indiana
Kalī
(Botheroyd & Botheroyd
1992-1996).
Peter Berresford Ellis, nella sua discutibile riscrittura dei
miti celtici, finisce addirittura per definire
*Danu come la
personificazione delle acque primordiali, facendone una
sorta dea eponima del fiume Danubio [infra]▼
(Berresford-Ellis
1999).
Negli ultimissimi anni, la musica folk irlandese e i romanzi di Tolkien hanno veicolato l'interesse
delle giovani generazioni verso la materia celtica e
l'editoria si è sbizzarrita a fornire un gran numero di pubblicazioni sulla mitologia e sul
folklore irlandesi, anche se poi per la maggior
parte dei casi si tratta di libri o articoli
dallo spessore inconsistente, privi di senso
critico e spesso di chiara ispirazione new age. Il proliferare di culti neopagani e di pubblicazioni
amatoriali, soprattutto in
internet, hanno contributo ancora di più a diffondere un'immagine
deformata della spiritualità celtica, addirittura attribuendo
alla dea
*Danu ruoli in miti della creazione che
semplicemente
non esistono.
|
V
- CHI ERA DANANN?
Nel
Libro
delle invasioni d'Irlanda, l'unica
figura che sembra avere una relazione con il nome delle
Túatha Dé Danann, è appunto
Danann, figlia di
Delbáeth Tuirill Bícreo,
madre di
Brian,
Iuchar e
Iucharba. Non dunque una dea madre
universale, antenata delle stirpi divine, ma una semplice
donna inserita in un punto assolutamente ordinario nella
genealogia delle
Túatha Dé Danann.
Ma chi
era Danann? Le fonti
sono molto laconiche su di lei, anche se – al contrario
dell'ipotetica
*Danu –
Danann è esplicitamente attestata
nelle fonti. Era figlia di
Delbáeth Tuirill Bícreo
e aveva avuto i suoi tre figli da una relazione incestuosa
col proprio padre, ma a parte questo, di
Danann non sappiamo
altro.
Il
suo nome
presenta la
medesima forma al nominativo e al genitivo, una declinazione
così irregolare da far supporre che
anche
Danann sia una figura inventata a posteriori – dai redattori
medievali del Lebor Gabála – per spiegare il problematico genitivo presente in
Túatha Dé Danann. (Si noti che nei testi più
recenti il nome
Danann viene flesso al genitivo Danainne, secondo lo schema della
seconda declinazione.)
Flánn
Mainstrech, nel poema riportato nel
Lebor Gabála
e citato
da Céitinn, riferisce un mito a noi sconosciuto, dal quale si
può presupporre che la figura di
Danann
avesse avuto in origine un certo spessore:
Beuchuill agus Danann dil,
fá marbh an dá bhantuathaigh;
feasgor a ndraoidheacht fo dheoigh,
le deamhnaibh odhra aieoir. |
Bé Chuill e
Danann adorata,
le due proprietarie terriere furono uccise
una sera, infine, con stregonerie druidiche,
dai pallidi dèmoni dell'aria. |
Flánn
Mainstrech: «Ascoltate, o voi istruiti senza
biasimo...» [19]
apud:
Lebor Gabála Érenn
[64]
= Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]:
Foras feasa ar Éirinn [I, X, 4e {90}] |
La
medesima coppia è citata in un altro passo del
Lebor Gabála Érenn,
anche se qui è formata da
Bé Chuill
e Dínann
(non Danann). Esse
sono menzionate
come le «proprietarie terriere» [bantuathaig] delle
Túatha Dé Danann. Poche righe più sotto, nello
stesso testo, si dice
che
Aircdan,
Bé Chuill,
Dínann e
Bé Theite erano quattro sorelle,
figlie di Flídais
(Lebor Gabála
[62]).
Bé Chuill
e Dínann
ricompaiono, sempre in coppia, in un importante un passo del
Cath Maige Tuired,
dove Lúg chiede loro quale contributo daranno allo scontro contro i
Fomóire:
«Os
siuh-sie, a Uhé Culde & a Dinand,»
or Lug fria dá bantúathaid, «cía
cumang connai isin cath?» |
«E tu,
Bé Chuill, e tu,
Dínann»,
disse
Lúg alle due streghe, «cosa
potrete fare nella battaglia?» |
«Ní
anse»,
ol síed. «Dolbfamid-ne
na cradnai ⁊
na clochai ⁊
fódai
an talmon gommod slúag fon airmgaisciud dóib;
co rainfed hi techedh frie húatbás ⁊
craidenus.» |
«Non è difficile», dissero. «Faremo un sortilegio
agli alberi, alle pietre e alle zolle, in modo che
diventino schiere di armati e i
Fomóire fuggano terrorizzati e
tremanti.» |
Cath Maige Tuired
[116] |
Ci si può chiedere perché, nel
Cath Maige Tuired,
Bé Chuill
e Dínann siano definite bantuathaid
«streghe», mentre il
Lebor Gabála Érenn
e Flánn Mainstrech le chiamavano bantuathaig
«proprietarie terriere», e quale delle due espressioni sia
quella originale. Non lo
sappiamo. Non è
nemmeno chiaro se
Dínann
vada identificata con
Danann. È possibile che
Dínann
sia stata una figura originariamente indipendente che si sia
in seguito trasformata in
Danann su influenza
dell'incomprensibile genitivo presente nel nome delle
Túatha Dé Danann.
La
conclusione è che non vi è alcun bisogno di ipotizzare una dea
*Danu, quale madre
progenitrice della stirpe delle
Túatha Dé Danann. Le fonti citano piuttosto
Danann figlia di Delbáeth Tuirill
Bícreo,
che dall'unione col proprio padre aveva dato alla luce tre
figli:
Brian,
Iuchar e
Iucharba,
i cosiddetti
Trí Dé Danann
«tre dèi di
Danann», le cui abilità furono così grandi e vaste
che da essi presero il nome le
Túatha Dé Danann, le «tribù degli dèi di
Danann». Che anche questa sia un'etimologia
costruita a posteriori è altrettanto certo, ma almeno è quella
riferita dalle fonti. Potrà naturalmente sembrare
un'etimologia poco convincente per spiegare la denominazione
di quegli esseri soprannaturali, potenti e onnipresenti, che
le fonti e il folklore irlandese conoscono come
Túatha Dé Danann, e forse gli appassionati sono
giustificati se pretendono che
tale etnonimo debba avere un'origine più importante. È
indubbio che i redattori dei testi medievali provvidero a
spostare e modificare le genealogie mitiche per adattarle a
quelle bibliche e che, quindi, qualcosa è andato perduto; è
certamente possibile che la spiegazione esemplificata da Keating – tratta dal
Lebor Gabála Érenn
–
sul nome delle Túatha Dé
Danann, sia solo una pezza messa su a
spiegare un termine poco chiaro, laddove l'antica tradizione
era stata dimenticata.
|
VI
- I DUE
SENI DI ANU
A sud-est
di Cill Airne (Killarney), nel Luachair Deaghaidh, contae Chiarraí
(Kerry), nel Mumu, si possono
ammirare due colline gemelle, alte poco meno di settecento
metri, il cui profilo suggerisce la
curva dei seni di una donna supina, il cui corpo sia la
terra stessa. L'effetto è accentuato da due cairn che si
levano sulle cime delle colline, a imitazione dei capezzoli. Questo fu il sito di una delle più famose
imprese giovanili di Finn mac Cumaill, la vittoria sulla donna
del Síd Brég Éle, ed è riconosciuto come un luogo di grande
importanza nelle più antiche fonti scritte.
Le due colline
sono chiamate in medio irlandese
Dá chích nÁnann
(in ortografia moderna Dá chíoche hÁnann), i «due seni di
Anu»,
supponendo che Ánann sia – come già Danann – il genitivo di un nome il cui nominativo sia Anu.
In questo caso, però, una dea chiamata
Ana/Anu è esplicitamente attestata
in una fonte antica e precisamente nel
Sanas
di Cormac Mac Culennáin,
dove è definita
mater
deourum hibernensium ed è descritta come la «nutrice degli
dèi»
(MacCulloch 1911).
Ana .i. mater deorum hibernensium. robumaith din
rosbiathadsi na dee (deos. de cujus nomine anæ dicitur .i. ímbed ך de) cujus
nomine da cich nAnainne iar Luachair nominantur ut fabulaverunt. |
Ana. Madre degli dèi irlandesi. Fu la nutrice degli
dèi, dal cui nome viene la parola anæ, «abbondanza»; da lei hanno preso
nome le
Dá chích nÁnann, i «due seni di Ana», ad ovest di Luachair,
come si narra. |
Cormac Mac Culennáin:
Sanas Cormaic
[31] |
|
Dá chíoche hÁnann |
I
«due seni di Anu»,
contea di Kerry, Munster. |
Lo stesso Cormac mette in relazione il nome della dea con la parola ana «abbondanza».
Non ha torto: questa
Ana/Anu è
probabilmente l'esito celtico insulare di una dea indoeuropeadell'abbondanza,
rappresentata a Roma da
Anna Perenna, ma testimoniata
fin nella lontana India, dove compare come
Annapurṇa.
Nel
Lebor Gabála Érenn
[62], la dea a cui sono associate le
Dá chích nÁnann
è invece chiamata Ánann al nominativo e al genitivo, esattamente lo
stesso trattamento tributato a
Danann.
La
letteratura divulgativa presume che
Anu
non sia che un aspetto locale della medesima dea
*Danu. Nei loro testi, Charles Squire
e T.W. Rolleston
tratteggiano l'aspetto e il carattere della dea
*Danu dando per scontata la sua identificazione con
Anu, tant'è vero che
proprio a *Danu attribuiscono la citazione di Cormac
(Squire
1911 | Rolleston 1914).
Tale identificazione non ha fatto che rafforzare l'idea che
*Danu sia stata una
dea della terra, «madre» delle
Túatha Dé Danann.
Ma cosa
c'è di vero? Anu
e *Danu sono figure identificabili l'una con l'altra?
L'identificazione tra Anu
e *Danu
risale a Seathrún Céitinn,
il quale, nei suoi
Foras feasa ar Éirinn,
associò le due colline del Munster
– sua provincia nativa
– a
Danann, la madre di quei «tre dèi» (Brian,
Iucharba e
Iuchar) i quali, avendo raggiunto grande perfezione nelle
arti pagane, avevano esteso il loro nome a tutte le
Túatha Dé Danann. Egli scrive:
Is ó'n Danann, fá ṁáṫair do'n triar so, gairṫear dá ċíċ
Ḋanann do'n dá ċnoċ ḃfuil i Luaċair Ḋeaġaiḋ i n-Deas Ṁúṁain. |
È da
Danann,
che fu madre di questi tre, che sono
chiamate i «due seni di
Danann» le due
colline che sono in Luachair
Deaghaidh nei Deas Mhúmhain. |
Foras feasa ar Éirinn
[I, X,
4c] |
La scelta
ortografica di Céitinn,
<ḋanann> invece di
<Ánann>, ha fatto supporre a
molti studiosi che si tratti di due varianti del nome dello stesso
personaggio e che la seconda forma sia derivata dalla prima. La forma
<Ḋanann> risulta dalle lenizione della consonante iniziale del genitivo
femminile
Danann, un fenomeno tipico della fonetica celtica, che
l'irlandese segna ortograficamente diacriticando d con un punctus
delens, in
ḋ (o oggi, più comunemente, col digrafo dh). Nella moderna pronuncia irlandese, la
consonante
lenita ḋ/dh suona come una fricativa velare sonora
[Ɣ]. Cadendo dopo la fricativa velare sorda ch [x] di chích,
la sonora tende a venire assimilata e
Dhánann può pronunciarsi come Ánann. Questa potrebbe
essere, sempre ammettendo che si stia parlando di una stessa
divinità, una facile soluzione al problema della doppia forma
del nome, dove Ánann sarebbe semplicemente
una forma corrotta di Danann.
Ma sorge
una difficoltà: nella pronuncia dell'irlandese medievale, la consonante lenita
ḋ/dh era una fricativa interdentale [ð],
suono che non veniva facilmente assimilato. Dunque il nome delle
due colline è già
Dá chích nÁnann
nelle fonti più antiche, da cui la conclusione che
Danann
è la forma
secondaria e non quella primaria, o, per meglio dire, l'associazione tra
Danann e
Ánann è posteriore e priva di un fondamento concreto.
Non si può nemmeno
invocare, a prova dell'identificazione delle due divinità, il presunto
parallelismo tra le due doppie forme Anu/Ánann e *Danu/Danann, in
quanto, paradossalmente, è stato proprio a partire da
tale identificazione – giustificata da Keating
– che gli studiosi
dell'Ottocento hanno artificialmente creato il parallelismo. Poiché al genitivo Ánann, attestato nel
Lebor Gabála Érenn,
corrispondevano, nelle lezioni del
Sanas Cormaic,
le forme di nominativo Ana, Anu e Anann, gli studiosi si sentirono giustificati se, a
partire dal genitivo Danann, crearono secondo lo stesso schema un
nominativo *Danu.
In questa ricostruzione non si tenne conto che nel
Lebor Gabála
sia Ánann che Danann presentano la medesima forma sia al
nominativo che al genitivo.
Altro
dettaglio importante, il
Lebor Gabála
distingue
Ánann e
Danann presentandoli
come due personaggi distinti. In particolare, Ánann, la dea a cui sono associate le
Dá chích nÁnann,
è detta figlia di
Ernmass:
Poiché
sappiamo che le tre figlie di
Ernmass erano
Badb Chatha e
Macha e
Mórrígan, le tre
furie guerriere, ne consegue che
Ánann vada identificata
piuttosto con la
Mórrígan. Tale
identificazione è esplicitamente formalizzata in un altro
passo dello stesso testo, dove si dice che...
Si hanno
quindi tutte le ragioni per identificare
Anu/Ánann
con
Mórrígan, e nessuna (a
parte il lapsus di Keating) per identificarla con
Danann. Inoltre,
l'identificazione tra
la
Mórrígan e
Anu/Ánann potrebbe spiegare la figura, ben conosciuta agli
appassionati di folklore, della Black Annis, la strega che, nelle credenze
popolari dei Leicestershire, dimorava in una caverna delle Dane Hills, da cui
ne usciva per dimorare le sue vittime. Nelle Lowlands
scozzesi prevale l'aspetto gentile: ella compare
infatti come Gentle Annie, una
dolce figura femminile che ha potere sulle tempeste. Sul
continente, il Cristianesimo sembra aver assorbito questa
antica figura, identificandola
con Anna madre di Maria e nonna di Gesù. Il culto di Sant'Anna
sembra essere stato molto sentito e diffuso nella Bretagna
medievale
(Botheroyd & Botheroyd
1992-1996).
D'altronde, gli studiosi hanno anche additato la figura di
Anna, sorella di Arthur
nella Historia Brittonum di Gaufridus
Monemutensis. Poiché
nei testi più recenti la sorella di Arthur porta il nome assai
più popolare di Morgaine (tardo
esito letterario di una figura evidentemente omologa alla
Mórrígan irlandese), si può
facilmente ravvisare la notizia del
Lebor Gabála Érenn
secondo cui l'altro nome della
Mórrígan era proprio Ánann.
È probabile,
dunque, che Anu/Ánann e
Danann fossero in
origine due divinità completamente diverse, di cui la prima sarebbe stata una
sorta di dea madre, legata all'abbondanza e al nutrimento, mentre l'altra venne
probabilmente creata dai primi antiquari medievali, forse a partire dalla figura
della Dínann, compagna di
Bé Chuill, allo scopo di fornire una spiegazione al nome delle
Túatha Dé Danann. Nonostante Ánann e
Danann
presentino lo stesso inconsueto modello di declinazione (nominativo uguale al
genitivo, da cui l'ipotesi che uno dei due nomi sia stato costruito sul modello
dell'altro), il
Lebor Gabála Érenn
distingue chiaramente Ánann e
Danann; è Keating, a
quanto ne sappiamo, il primo a identificarle, nel XVII secolo. Ma è solo dall'Ottocento che,
su imitazione dell'alternanza Anu/Ánann,
verrà ricostruito, a partire dal nome di
Danann, un presunto
nominativo in
*Danu. E questo nome verrà attribuito a un'ipotetica dea che
– in base all'identificazione suggerita da Keating con Anu/Ánann
– sarà gabellata come una dea della terra, divina madre e nutrice delle
Túatha Dé Danann.
|
VII - LE TÚATHA DÉ DANANN E I FOMÓIRE
Uno dei più grossi scogli su cui gli interpreti del mito
irlandese sono andati a infrangersi, è il fatto che l'albero
genealogico delle
Túatha Dé Danann è strettamente avvinto a
quello fomóir. Già ai primi del Novecento, John MacCulloch avvertiva che nelle genealogie «i
Fomóire
e le
Túatha Dé
Danann
sono mescolati in modo inestricabile»
(MacCulloch
1911). Ma poiché il
Ciclo delle Invasioni ci fornisce un'immagine dei Fomóire quali deformi e grotteschi avversari dei
popoli invasori di Ériu, a molti autori
è sempre sembrato assai strano trovarli a
far parte integrante della genealogia dei nobili e alteri eroi
delle
Túatha Dé Danann.
Sia il Lebor Gabála Érenn
che i
Foras feasa ar Éirinn trattano nei dettagli queste complesse
genealogie, da cui risulta che gli alberi
genealogici dei Fomóire
e delle
Túatha Dé
Danann
sono veramente, strettamente, inesorabilmente intrecciati. Questi
testi enumerano Dagda Ogma e Bress tra i figli di Elatha
mac Delbáeth, re
dei Fomóire. Le
genealogie ci informano che Elatha
era di discendenza nemediana, essendo figlio di Delbáeth figlio di Nét figlio di Innui figlio di Allui figlio di Tat, quello stesso Tat
che è detto pure progenitore delle
Túatha Dé
Danann.
Secondo queste genealogie lo stesso Balor, il campione dei
Fomóire nella seconda battaglia di
Mag
Tuired, è figlio di Dót figlio di Nét, e quindi non soltanto nonno di Lúg, ma zio alla lontana di Dagda e di Ogma, e antenato di tutti i più famosi
nomi danann.
Tali difficoltà hanno
portato molti autori che si occupano di mitologia a
ignorare questi strani legami di sangue. Si ammette
senza problemi che il malvagio Bress sia figlio di Elatha e che il fulgido Lúg sia nipote di Balor,
anche perché l'intera trama del
Cath Maige Tuired si regge su queste due scomode
parentele, ma di solito i compilatori dei dizionari
mitologici separano nettamente i Fomóire
dalle
Túatha Dé
Danann.
La soluzione a questa apparente
incongruenza in realtà è molto
più semplice di quanto non appaia a prima
vista e si trova già nelle prime opere di
carattere divulgativo
(MacCulloch 1911). La maggior parte dei
panthea indoeuropei sono tipicamente strutturati su una
serie di due generazioni divine, che a un certo punto
finiscono fatalmente per scontrarsi. Che i maggiori esponenti
tra le
Túatha Dé Danann
abbiano legami di parentela con i Fomóire
non deve stupire, in quanto, nel mito originale, le
Túatha Dé Danann disendevano
probabilmente dagli stessi Fomóire, così come in Grecia la
generazione olimpica deriva da quella titanica, o
in India i
Deva sono
legati agli antichi
Asura.
È la stessa distinzione che, con qualche
cautela, può essere fatta risalire
all'antichità mesopotamica, nel confronto
tra gli antichi dèi
Anunnaki e i
più giovani dèi
Igigi.
Gli eroi delle
Túatha Dé Danann erano stati in origine gli dèi dei
Celti d'Irlanda. E quegli stessi monaci che ci tramandarono
gli antichi miti irlandesi, provvidero a innestare le
genealogie divine, così come risultavano dai miti teogonici,
sul tronco delle genealogie bibliche. Essi fecero sì che le
Túatha Dé Danann finissero per discendere da
Iafeth
figlio di
Nóe, in modo
che le antiche teogonie divenissero compatibili con il «catalogo
dei popoli» della
Genesi.
L'albero genealogico delle Túatha Dé
Danann, che qui riportiamo,
è stato disegnato a partire dalle
informazioni fornite dal
Lebor Gabála Érenn (XI-XII secolo) e dai
Foras feasa ar Éirinn (XVII
secolo), con l'aggiunta di qualche notizia desunta dal
Cath Maige Tuired. Per
semplicità sono state perlopiù considerate
soltanto le ascendenze paterne e non si
è distinto tra nomi danann e fomóire.
(Clicca per ingrandire.) |
VIII
- I QUATTRO TESORI: ANALISI
FUNZIONALE E OMOLOGIE
La pietra, la lancia e la spada,
e il calderone inesauribile simboleggiano probabilmente gli
aspetti principali della regalità secondo le
concezioni irlandesi; la legittimità, la
forza marziale e la generosità, o, per
vederla secondo Dumézil, le tre funzioni
della tripartizione funzionale degli indoeuropei:
sovranità, potere guerriero,
fecondità.
La pietra
Lía
Fáil, la
lancia Sleá
Bua, la spada
Claím Solais e il calderone Coire
an Dagdae , questi quattro carismatici oggetti
posseduti dalle
Túatha Dé Danann,
hanno da sempre affascinato i folkloristi, che si
sono letteralmente sbizzarriti nel paragonarli, a
torto o a ragione, ad altri oggetti similari del
mondo celtico. Nell'ambito del ciclo arturiano
è possibile ritrovare tutti e quattro questi
oggetti, associati al mito del Graal. Il calderone inesauribile è
ovviamente lo stesso
Graal,
descritto più volte come dispensatore di
cibo; la spada è la spada spezzata che il
nuovo re del
Graal deve
saper ricomporre (e che prefigura la
Excalibur arturiana); la lancia è la lancia
di
Longinus che
compare nel corteo del
Graal; in quanto alla pietra la si può
ritrovare nel
Parzival
di Wolfram von Eschenbach, nella magica pietra che
annunciava l'arrivo del nuovo re del
Graal.
Per completezza d'esposizione,
aggiungiamo che alcuni studiosi hanno addirittura
suggerito che la pietra, la lancia, la
spada
e il calderone (o
degli archetipi similari) abbiano ispirato i
quattro semi delle carte italiane, rispettivamente:
denari, bastoni, spade e coppe. |
IX
- PLANT DÔN: IL PARALLELO CIMRICO
La
mitologia gallese ci tramanda, in alcuni dei principali
racconti del
Mabinogion,
la memoria di una stirpe di mitiche figure con tratti di
divinità precristiane, definita nel suo complesso
Plant Dôn,
la «famiglia di Dôn», dove
plant corrisponde etimologicamente all'irlandese clan.
Tali figure sono funzionalmente simili alle
Túatha Dé Danann e probabilmente relate a
esse.
Il primo
punto da considerare è che l'antenata di questa stirpe è
Dôn, nome che si ritiene corradicale con quello della
*Danu/Danann
irlandese. Inoltre, così come quest'ultima,
Dôn non compare mai direttamente nelle narrazioni ma è semplicemente attestata nei matronimici dei
personaggi [mab Dôn], in qualità di antenata della
Plant Dôn.
Nei miti gallesi, la famiglia di
Dôn si oppone a un'altra stirpe mitica, la famiglia di
Llŷr [Plant Llŷr]. Si
ritiene che lo scontro, accennato nei
Mabinogion, tra le due
mitiche stirpi sia la versione britannica del mito irlandese
della seconda battaglia di Mag Tuired, e che entrambi siano
gli esiti di un mito originario che vede gli dèi più giovani
sconfiggere le divinità della generazione titanica. Peccato
che sia il mito irlandese che quello gallese siano stati
oggetto di profonde rielaborazioni letterarie, ragione per cui
non è molto agevole mettere in correlazione eventi e
personaggi.
Nei testi
cimrici, sono molti i personaggi che vengono elencati tra i
figli di Dôn, ma i più
importanti, quelli su cui tutti i testi sono d'accordo, sono
soltanto
tre: Gwydion,
Gofannon,
Amaethon, più una donna,
Arianrhod. I nomi dei tre uomini,
caratterizzati dal suffisso accrescitivo gallese -on,
significano rispettivamente
«sapientone», «fabbrone», «contadinone». Si
tratta, con qualche approssimazione, delle tre funzioni duméziliane: (I)
Gwydion, il sapiente stregone, è
ovviamente il depositario dell'arte druidica; (II)
Gofannon, in qualità di forgeron,
lavora il metallo col quale forgia spade e lance, attributi
della classe guerriera; (III) Amaethon,
il contadino legato alla terra e ai suoi ritmi, provvede al
nutrimento e alla produzione della ricchezza. Tutti e tre
insieme, questi personaggi coprono, grazie alle loro arti e
capacità, l'intero spettro funzionale. Si può pensare alla
distinzione in tre classi sociali che Céitinn ravvisa nelle Túatha Dé
Danann, e a cui attribuisce
l'origine del loro nome.
Forse i
tre figli di Dôn potrebbero
venire associati ai «tre dèi di
Danann» [Trí
Dé Danann], i quali, come sappiamo, erano così
versati nelle arti pagane che le
Túatha Dé Danann li chiamarono «dèi» e non
disdegnarono di prendere nome da essi.
Peccato
che i testi irlandesi non siano molto chiari su quali fossero
effettivamente le capacità che distinguessero tra loro i «tre
dèi di
Danann»,
cioè
Brian,
Iuchar e
Iucharba. Nel tardo
Aided
chloinne Tuirill vengono presentati soprattutto come valenti guerrieri, pur
esperti nelle arti druidiche, in grado di cambiare le proprie
sembianze e di trasformarsi in vari animali (Céitinn
d'altronde li poneva tutti e tre nella classe druidica).
Brian è il leader dei tre, mentre
Iuchar e
Iucharba seguono fedeli i suoi consigli, pur senza
distinguersi l'uno dall'altro. Un'analisi attenta delle due
triadi rivela nomi e strutture diverse, così da far pensare
che non vi sia, tra i tre figli di Dôn
e i tre figli di
Danann, una stretta
omologia.
Quello che si può ragionevolmente affermare è che, le
Túatha Dé Danann irlandesi e la
Plant Dôn
gallese appartengono probabilmente a un medesimo
schema di base, in cui un importante gruppo di divinità aveva
al suo centro una triade di fratelli, figli di una sola madre,
dotati di grande abilità magica e tecnica. Più di questo
purtroppo non si può dire.
|
X - *DANU E BÍLE, UN FALSO MITO DELLA CREAZIONE
La
popolarità della concezione delle Túatha Dé
Danann quali discendenti di
una dea chiamata
*Danu, dimostra quanto
certi pregiudizi siano profondamente radicati nelle opinioni di appassionati e
studiosi. Un giro in rete rivela quanti siti registrino la presenza di una dea
*Danu nel pantheon irlandese, senza contare le
sette neopagane che addirittura le tributano dei culti.
Analogamente, pur non essendo mai stato tramandato alcun racconto celtico della creazione, può capitare che l'appassionato, sfogliando pubblicazioni poco critiche o
semplicemente navigando in internet, si imbatta in suggestive teogonie,
spacciate come autentica sapienza celtica.
Un
pessimo esempio è dato dal giornalista e scrittore Peter Berresford Ellis che,
nei suoi libri,
riscrive alcuni miti e fiabe tratte dalle
tradizioni dei vari paesi celtici. Nel
rinarrare queste antiche storie irlandesi, scozzesi, gallesi, corniche e
bretoni, Ellis le rielabora dal punto di vista letterario, in modo da renderle
maggiormente appetibili per il lettore moderno. Questo non è un modo di
procedere rispettoso della materia, ma perfettamente accettabile in un testo che
si prefigge dei semplici intenti divulgativi. Il titolo originale del libro –
perduto in traduzione italiana – chiarisce del resto le intenzioni dell'autore: The Chronicles
of the Celts: New Tellings of their Myths and Legends.
La riscrittura del mito, specie se condotta con autentica coscienza
letteraria,
può portare a produrre opere artisticamente valide o,
al limite, di buon riscontro commerciale. Nel caso specifico dell'Irlanda, la letteratura d'ispirazione mitologica ha avuto degli illustri predecessori, quali William Butler Yeats e Lady
Gregory; oggi abbiamo i best-seller di Marion Zimmer Bradley e Morgan Llewellyn.
L'appassionato di mitologia può avvicinarsi a questi romanzi con doppio
divertimento, in quanto, oltre a gustarne la lettura, saprà apprezzare i mille
modi con cui l'autore ha analizzato, interpretato, rielaborato e perfino tradito
il mito originale, per dargli veste e consistenza letteraria.
Il
guaio è che Peter Berresford Ellis non distingue chiaramente i limiti tra
l'opera divulgativa e quella letteraria: a volte l'invenzione ha la meglio sul
racconto tradizionale, ma è difficile, per chi non conosca i testi
originali, capire dove e come questo avvenga. Quel che è peggio, Ellis principia
il suo libro con un presunto «mito celtico della creazione», da lui inventato di
sana pianta. Il lettore purista ci perdonerà se ne riportiamo – a mo' di esempio
– la parte iniziale del racconto:
Era il tempo del caos primordiale: un tempo
in cui la Terra era nuova e indefinita.
Aridi deserti e neri vulcani ribollenti,
coperti da nubi turbinanti di gas, segnavano
il volto del mondo neonato. Era il tempo del
grande vuoto. Allora, dal cielo coperto e
oscuro, un rivolo d'acqua penetrò in
quell'oblio. Prima una goccia, quindi
un'altra e un'altra ancora, e finalmente un
copioso torrente d'acqua si riversò a fiotti
sulla terra. Dal cielo le divine acque
inondarono e intrisero il fango arido,
raffreddarono i vulcani che si trasformarono
in grigie montagne granitiche e la vita
cominciò a fiorire in tutta la terra.
Dal
suolo annerito crebbe un albero, alto e forte. Danu, ovvero le divine acque del
cielo, nutrì e si prese cura di questo grande albero che divenne la sacra
quercia chiamata Bile. Dall'unione di Danu e Bile caddero al suolo due ghiande
giganti. La prima era maschile e da essa scaturì il Dagda, il Dio Buono. Il
secondo seme era femminile e da essa nacque Brigantu, o Brigit l'Eminente. Il
Dagda e Brigit si fissarono reciprocamente con un senso di meraviglia, perché il
loro compito era quello di imporre l'ordine a partire dal caos primordiale e di
popolare la terra con i figli di Danu, la Dea Madre, le cui acque divine avevano
loro dato la vita.
Così il Dagda e Brigit si stabilirono presso le divine
acque di Danu, nel punto in cui queste erano sgorgate fluendo attraverso le
verdi valli della Terra, ora fertili, verso est, fino a un mare remoto. Essi
chiamarono questo grande e impetuoso corso d'acqua, che viaggiava verso est,
Danuvius, dal nome della Dea Madre, Danu; questo fiume è noto ancora come il
potente Danubio. E sulle sue ampie rive edificarono quattro grandi e splendenti città in cui avrebbero
vissuto e sarebbero prosperati i figli di Danu. [...].
Il Dagda divenne il loro
padre, perciò l'umanità lo chiamò Padre degli Dèi. E Brigit divenne la saggia,
eminente nell'apprendere, che molto assorbì dalla potente Danu e da Bile, la
sacra quercia... |
Peter
Berresford Ellis: The Chronicles
of the Celts: New Tellings of their Myths and Legends |
Ebbene,
questo mito non esiste. Né è accettabile il seguito, nel quale Ellis incorpora vicende tratte da altri testi, tra cui
il
Cath Maige Tuired, adattandone i particolari alle proprie
premesse. Di
*Danu,
che Ellis afferma essere la dea eponima del fiume Danubio, abbiamo già segnalato
la natura ipotetica; in quanto a Bíle, che viene qui presentato
come una
sorta di albero cosmico, è un personaggio
di cui già un secolo fa John MacCulloch segnalava l'inconsistenza
(MacCulloch 1911).
Nell'introduzione Ellis afferma: «nella presente raccolta di racconti,
ho scelto di introdurre quelli che presentano una riproduzione del mito della
creazione celtico e ho cercato di eliminare le glosse cristiane aggiunte nel
momento della trascrizione dello stesso mito»
(Berresford Ellis 1999). Ma a quanto pare, Ellis si è semplicemente
basato su quanto ha letto nei vecchi libri di divulgazione, in
cui le Túatha Dé Danann erano
presentate senza ambiguità come le «Tribù della dea Danu», con
*Danu e Bíle come
loro lontani antenati.
Una
delle fonti di Ellis sembra essere proprio Charles Squire che nel suo Mythology of Celtic People così scriveva: «[Danu]
era la gran madre; molto affetto aveva per gli dèi, scrive il commentatore di un
glossario del IX secolo. Il marito della dea non viene mai ricordato per nome; tuttavia, per
analogia con le divinità britanniche, possiamo immaginare si trattasse di Bilé [sic],
noto nella tradizione gaelica come un dio dell'Ade, equivalente celtico del
Dis
Pater da cui nacquero i primi uomini»
(Squire
1911).
È evidente che un lettore non preparato può trarre da queste
righe un'immagine assolutamente distorta della mitologia celtica, finendo col
ritenere – come Ellis – che gli eroi delle
Túatha Dé Danann fossero i figli di
*Danu e Bíle. Il «glossario
del IX secolo» a cui si riferisce Squire è il Sanas
di Cormac, il quale non parla di
*Danu, bensì di
Anu, la
mater
deourum hibernensium; Squire riteneva di poter
identificare i due personaggi, ed ecco perché nel testo
*Danu viene
esplicitamente presentata come la «gran madre».
In
quanto a Bíle, un personaggio
con questo nome compare nel
Lebor Gabála Érenn,
ma non è legato a
*Danu/Danann.
Bíle è uno dei
capi dei Clanna Míled
che vennero dalla Spagna per strappare Ériu alle Túatha Dé
Danann. Poiché i Gaeli affermavano di discendere dai
Clanna Míled,
Bíle finì per
essere considerato come un
antenato delle genti d'Irlanda, come dichiarava lo stesso
Lebor Gabála:
«Bíle e Míl, dalla
cui progenie tutti i Gaeli discesero» [Bile ocus Mílid, is dia cloind Gáidil uile].
Non fu Bíle, tuttavia, ma Donn che si prese il ruolo
del «dio dell'Ade» suggerito da Squire. Donn (il
cui nome significa «scuro») fu il comandante di una delle navi milesie
nell'invasione. Un vento mandato dalle
Túatha Dé Danann fece naufragare la nave
contro un isolotto appena fuori della costa sudoccidentale d'Irlanda, nella
quale annegarono Donn, i suoi fratelli
Airech ed Érennán, e lo stesso
Bíle. Pertanto tutti
questi personaggi furono qualificati come «i primi a morire in Irlanda» e
divennero i signori di coloro che morirono dopo di loro. Donn diede il suo nome all'isolotto
dove avvenne il naufragio (Tech nDuinn «casa di Donn»), che sarebbe divenuto
importante nelle tradizioni popolari come uno dei siti dell'altro mondo, con
lo stesso Donn quale signore
dei morti (Davidson 1988). In quanto a
Bíle, egli non gioca più alcun ruolo nelle vicende mitiche.
Che cosa abbiamo,
allora, per associare Bíle con
*Danu/Danann? Squire menziona un'«analogia con le divinità
britanniche»
(Squire
1911). Si riferisce
naturalmente alla Plant Dôn delle
tradizioni gallesi. Però la fonte principale in cui appare la famiglia di
Dôn, il Mabinogion, non menziona alcun
marito di Dôn e la sola figura maschile della sua generazione che interpreta un
ruolo importante nelle vicende è suo fratello Math fab Mathonwy, il mago della
Plant Dôn. L'unica fonte che pare citare un marito di
Dôn è costituita dalle
Trioedd Ynys Prydein, una collezione di sentenze gnomiche attestate in
diversi manoscritti del XIII e XIV secolo, che si presume servissero come
supporto mnemonico per bardi e narratori di storie, raccogliendo personaggi e
situazioni in gruppi di tre. In una triade si menziona una «Arianrhod
figlia di Beli» [Arianrhod merch Veli], che si ritiene sia da identificare
con la «Arianrhod figlia di
Dôn» [Arianrhod ferch Dôn] che compare nel
quarto ramo del Mabinogion. Questo
Beli è evidentemente Beli Mawr ap Mynogan,
personaggio che appare frequentemente
nelle genealogie relative alla Britannia celtica. Per quanto i filologi negano
che tra i nomi Beli e Bíle vi
siano relazioni etimologiche, altri hanno creduto di ravvisare tra i due personaggi
una lieve analogia basata sul semplice fatto che Beli, così come
Bíle in Irlanda,
non ha un ruolo attivo nei miti, pur essendo segnalato come primo antenato
di virtualmente tutte le linee genealogiche dei regnanti di Britannia.
Ma
allora perché Berresford Ellis ci presenta Bíle
sotto l'aspetto di un albero cosmico? Anche qui, come nel caso di
*Danu gabellata per dea delle acque primordiali, si tratta di
un'interpretazione dello stesso Ellis. La più plausibile
etimologia del nome Bíle, anche se altamente ipotetica in quanto i copisti medievali non sono
riusciti a stabilire se la i nel nome fosse lunga o breve, lo fa derivare dal termine gaelico bíle, indicante un albero sacro. Nella tradizione irlandese, infatti, la parole bíle
è usata per designare alberi
particolarmente grandi e antichi che servivano come punti centrali di spazi
rituali nei territori tribali. Partendo da questo assunto, Ellis trasforma
fisicamente Bíle in
un albero, chiaramente ispirato al frassino
Yggdrasill dei miti
norreni. (Inutile sottolineare che secondo questo discutibile modo di procedere,
tutti i personaggi con nomi teriofori diventerebbero dei veri e propri
animali, Artù sarebbe
stato un orso, Oisín un cervo e
Brân un corvo con becco e piume.)
Dunque, riassumendo,
Bíle è associato al
motivo del primo antenato e il suo nome, almeno nella forma irlandese, contiene
un possibile riferimento a un albero sacro. La dea
*Danu non è nemmeno attestata nei testi antichi, a meno
che non si voglia identificarla nella
Anu di Cormac o con la
Danann del
Lebor Gabála Érenn. Un'associazione tra le due figure in un
contesto letterario è assolutamente inesistente. Eventuali
analogie basate sulle fonti britanniche risultano inconsistenti. Non c'è altro.
Il resto è un semplice parto della fantasia di Berresford Ellis, il quale,
attingendo a fonti poco attendibili e utilizzandole acriticamente,
ha contributo a diffondere tra gli appassionati l'idea assolutamente
infondata che
*Danu e Bíle furono gli
«antenati» delle Túatha Dé Danann
(Berresford Ellis 1999).
|
Bibliografia
-
AGRATI Gabriella ~ MAGINI
Maria Letizia: Saghe e racconti dell'antica Irlanda,
vol. I. Mondadori, Milano 1993.
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