MITI

CELTI
Irlandesi

MITI CELTICI
LA GUARIGIONE DI NÚADA
IL BRACCIO E IL TRONO
Inaspettatamente, dopo la cacciata di Bress, è il vecchio re Núada a riprendere la guida delle Túatha Dé Danann. Merito di un giovane abilissimo guaritore, capace di restituire a un monco il suo braccio perduto.
1 - LA GUARIGIONE DI NÚADA (Prima versione)

Núada dal braccio d'argento
Illustrazione di Jim Fitzpatrick (1952-)
Museo: [Jim Fitzpatrick. The Silver Arm]►

uando Núada aveva perduto il braccio, il guaritore Dían Cécht ne aveva fatto uno d'argento con la mano e le dita mobili e glielo aveva attaccato. Questa la ragione per cui Núada aveva ricevuto il soprannome di Aircetlám, «braccio d'argento».

Un giorno Míach e Ormíach, due valenti guaritori, giunsero al palazzo di Núada. Ora accadde che il guardiano del palazzo, che aveva un solo occhio, spingendosi oltre le mura di Temáir, vide sopraggiungere i due giovani sul terrapieno. Chiese loro chi fossero e, saputo che erano dei medici, volle metterli alla prova, chiedendo loro di rimettergli un occhio al posto di quello che aveva perduto. Míach e Ormíach risposero che avrebbero potuto sostituire il suo occhio con quello di un gatto e il guardiano acconsentì al trapianto.

In tal modo, il guardiano ne ricavò insieme vantaggio e svantaggio: quando voleva riposare o dormire, l'occhio si apriva allo squittire dei topi o al volo degli uccelli o al frusciare dei cespugli; quando invece doveva sorvegliare le schiere all'assemblea, proprio allora all'occhio di gatto veniva voglia di riposare.

Superata la prova, i due guaritori furono fatti entrare nel palazzo. Trovarono Núada che sospirava pietosamente, esaminandosi il braccio d'argento.

— Sento il sospiro di un guerriero — disse Míach.
— Forse è il sospiro di un campione per uno scarabeo che gli annerisce il fianco — aggiunse Ormíach.

Míach si avvicinò a Núada e gli tolse il braccio d'argento: subito dalla ferita uscì uno scarabeo che fuggì per tutta la fortezza. Gli uomini accorsero e lo uccisero. Míach cercò allora un altro braccio di uguale lunghezza e spessore. Fu chiesto a tutti e l'unico che gli si adattava era il braccio del porcaro Modan. Così un uomo fu mandato a tagliare il braccio del porcaro per portarlo a Míach.

— Preferisci mettere il braccio del porcaro, oppure vuoi andare a cercare erbe che facciano crescere intorno la carne? — chiese Míach a Ormíach.

Quest'ultimo scelse di fissare il braccio del porcaro e Míach partì alla ricerca delle erbe. Quando le riportò, l'arto fu sistemato senza alcun difetto.

Questa versione del mito è tratta dall'Aided chloinne Tuirill. Qui non viene detto che Míach è figlio di Dían Cécht, e Ormíach è probabilmente da identificare con quell'Ochtriuil che nel Cath Maige Tuired è detto fratello di Míach.

2 - LA GUARIGIONE DI NÚADA (Seconda versione)

veva Dían Cécht tre figli, come lui valenti medici e guaritori. Due maschi, Míach e Ochtriuil, e una femmina, Airmed.

Ora, a Míach non sembrò una buona cosa che suo padre Dían Cécht avesse curato il braccio di Núada sostituendolo con uno artificiale. Così andò a cercare il braccio troncato e non appena lo ebbe disse: — Giuntura con giuntura e tendine con tendine! — E il braccio guarì in nove giorni e nove notti.

Nei primi tre giorni l'aveva messo contro il suo fianco e quello si era ricoperto di pelle. Per i secondi tre giorni l'aveva tenuto contro il suo petto. Per i terzi tre giorni lo ricoprì di bianchi ciuffi di giunchi dopo che erano stati anneriti dal fuoco. Infine riattaccò il braccio a Núada, che fu ben presto integro come prima.

Secondo Melita Cataldi, nella terapia proposta da Míach, la formula magica sarebbe associata ad un'effettiva cura medica (Cataldi 1985).

3 - UCCISIONE DI MÍACH

uella cura non parve buona a Dían Cécht, che colpì con un colpo di spada la testa di suo figlio tagliando la pelle fino alla carne. Ma Míach guarì per mezzo delle proprie arti. Allora Dían Cécht lo colpì di nuovo tagliando la carne fino all'osso. Il ragazzo guarì con gli stessi mezzi. Allora Dían Cécht colpì per la terza volta arrivando alla membrana del cervello. Il ragazzo guarì ancora. Allora Dían Cécht colpì nuovamente tagliando in due il cervello e Míach morì.

A questo punto Dían Cécht disse che nessun medico poteva guarirlo da tale colpo.

Quando Míach fu sotterrato, crebbero sulla sua tomba trecentosessantacinque erbe, secondo il numero delle giunture e dei tendini. Allora giunse Airmed, sorella di Míach. Ella aprì il proprio manto e suddivise quelle erbe secondo le loro proprietà. Ma Dían Cécht andò da lei e confuse le erbe, sicché da allora nessuno conosce più le loro proprietà curative.

A questo punto, l'autore del Cath Maige Tuired ci affretta a rassicurarci sul fatto che lo Spirito Santo può illuminarci affinché possiamo riconoscere le erbe medicamentose e le loro proprietà.

4 - NÚADA DI NUOVO RE

opo la fuga di Bress, le Túatha Dé Danann si trovarono prive di un sovrano. Ma ora che il corpo di Núada era tornato integro e perfetto, non vi era più alcuna ragione che potesse impedirgli di riassumere la regalità. Fu così che l'ex re tornò a Temáir e fu ristabilito nella sua dignità di sovrano.

Nell'anno 3311 dalla Creazione del Mondo, ovvero 1887 anni prima della nascita di Cristo, Núada Aircetlám si stabilì nella reggia di Temáir, quale Re Supremo di Ériu.

Fonti

1 Aided chloinne Tuirill
2 Cath Maige Tuired
3 Cath Maige Tuired
4 Cath Maige Tuired
Míchél Ó Cléirigh [Michael O'Grady]: Annála Ríoghdhachta Éireann

I - RE NÚADA E LA SUA MANO D'ARGENTO

L'etimologia del nome Núada/Núadu è controversa; il suo equivalente gallico Nodons/Nodens significa forse «dispensatore». Altre ipotesi avvicinerebbero il nome al gotico nuta «pescatore» o al latino nauta «navigante».

Si tratta forse del dio gallico che i Romani identificavano con Mars e che le fonti conoscono con una lunga serie di nomina divina, quali Albiorix «re del mondo», Budenicos «vittorioso», Leucetius «folgorante» e naturalmente Nodens «dispensatore» attestato dalle iscrizioni in Britannia. In ogni caso, sempreché gli epiteti vadano attribuiti a un'unica divinità e che questa abbia una relazione con il Núada irlandese, avremmo a che fare con un personaggio che assume in sé le qualità di re e di guerriero. E Núada, nell'epica irlandese, è sia un valido guerriero che il re dalle Túatha Dé Danann.

Non è possibile ricondurre con sicurezza il personaggio di Núada a un qualche preciso mitologema. Né alcun segno particolare della sua figura, così come viene presentata nell'epica irlandese, né l'etimologia del nome, possono aiutarci a confrontarlo con personaggi di altre mitologie. Unica eccezione, il motivo del braccio mozzato nella prima battaglia di Mag Tuired e sostituito da una protesi d'argento perfettamente funzionale, da cui l'epiteto di aircetlám «braccio d'argento». A causa di questa menomazione, come sappiamo, Núada aveva perduto la sovranità e Bress era diventato re al suo posto.

La leggende del dio (o dell'eroe) che perde la mano per proteggere e conservare l'ordine cosmico-sociale, è conosciuto in diverse tradizioni mitiche. Immediato è il parallelo germanico: anche del dio scandinavo Týr si racconta che avesse perduta una mano. Questa mutilazione, in realtà, non era avvenuta nel corso di una battaglia: l'Edda in prosa riferisce di come Týr avesse cacciato la mano nelle fauci del lupo Fenrir, facendosi garante di un falso giuramento, e di come il lupo, resosi conto dell'inganno, glielo avesse strappato con un morso. Che ci troviamo di fronte ad un antico mito indoeuropeo lo dimostra la somiglianza col mito romano di Mucius Scaevola, in cui l'eroe si brucia una mano, prestando un falso giuramento, allo scopo di convincere il re etrusco Porsenna a desistere dai suoi progetti di attaccare Roma.

Georges Dumézil ha dimostrato come la mitologia romana abbia storicizzato gli antichi miti indoeuropei. È dunque probabile che l'eroe Mucius Scaevola si sia appropriato di un ruolo che in origine apparteneva a qualche antica divinità guerriera. Sappiamo invece, per quanto riguarda la mitologia germanica, che Týr è l'ultimo residuo di un antico dio-cielo indoeuropeo, essendo il suo nome (in antico germanico *Tīwaz) disceso da un originario *DJĒWS indoeuropeo e quindi corradicale, almeno dal punto di vista etimologico, con il Dyaus indiano, lo Zeús greco e lo Iuppiter romano.

A questo punto possiamo chiederci: Núada e Týr sono personaggi assimilabili? E se così fosse, Núada potrebbe essere un antico dio-cielo indoeuropeo caduto di livello?

Non si può rispondere con certezza a nessuna di queste domande. Innanzitutto non è possibile ipotizzare un'omologia tra le figure di Núada e Týr: non solo manca una comune etimologia dei nomi, ma tutto quanto sappiamo dell'uno o dell'altro personaggio non è facilmente confrontabile. È vero che entrambi i personaggi presentano un carattere guerriero: i Romani associarono Mars sia a *Tīwaz (> Týr) che a Nodons/Nodens (> Núada). Rimane fuori il motivo della mano mozzata: c'è da pensare che entrambe le figure, sia quella scandinava che quella irlandese, abbiano attirato su di sé un antico mito indoeuropeo su un dio (o un eroe) che aveva sacrificato la propria mano per la salvaguardia dell'ordine cosmico-sociale.

Ad essere omologo è il mito, dunque, mentre nulla si può dire riguardo i personaggi che hanno finito con l'interpretarlo. Ed è un po' poco, in effetti, per arrivare a definire Núada un dio-cielo, esito irlandese della serie formata da Dyaus, Zeús, Iuppiter, Týr. Purtroppo non ci sono indicazioni per poter dire qualcosa di più.

II - NÚADA, «SOVRANO ISTITUZIONALE»

Nell'ambito del pantheon irlandese, la figura di Núada riveste la carica del «sovrano istituzionale». Si tratta di una regalità inerente alla seconda funzione, distinta da quella del «sovrano sovrafunzionale», che la trascende e la completa. Questa mancata distinzione, nella letteratura saggistica, ha spesso portato a profondi fraintendimenti riguardo agli aspetti e le caratteristiche delle divinità extra-classiche in generale, celtiche in particolare. In realtà, un'analisi del pantheon irlandese sulla base di questo modello, può portare a interessanti interpretazioni, come ora vedremo.

L'origine delle perplessità degli interpreti è nel famoso passo cesariano dove si dà un canone delle divinità galliche:

Deorum maxime Mercurium colunt, huius sunt plurima simulacra, hunc omnium inuentorem artium ferunt, hunc uiarum atque itinere ducem, hunc ad quaestus pecuniae mercaturasque habere uim maximam arbitrantur. post hunc Apollinem et Martem et Iouem et Minerua. de his eandem fer quam reliquae gentes habent hopinionem: Apollinem morbos depellere, Mineruam operum atque artificiorum initia tradere, Iouem imperium caelestium tenere, Martem bella regere.

Il dio che i Galli onorano di più è Mercurius: le sue statue sono le più numerose, essi lo considerano come l'inventore di tutte le arti, egli è per loro il dio che indica il cammino, che guida il viaggiatore, egli è il più abile ad assicurare i guadagni e a proteggere il commercio. Dopo di lui adorano Apollo, Mars, Iuppiter e Minerva. Essi si fanno di questi dèi pressappoco la stessa idea degli altri popoli: Apollo guarisce dalle malattie, Minerva insegna i princìpî dei lavori manuali, Iuppiter è il signore degli altri dèi, Mars presiede alla guerra.

Caius Iulius Caesar: De bello Gallico [VI: 17]

La perplessità nasceva nel tentativo di confrontare le divinità galliche con i loro equivalenti classici. Certo, gli studiosi erano persuasi che, come Caesar affermava, i Galli attribuivano a Mercurius il ruolo di dio supremo, mentre a Iuppiter toccava un rango inferiore, pur essendo il «signore degli altri dèi»; soltanto che essi continuavano a pensare nei termini di un Mercurius e uno Iuppiter conformati alla maniera classica. In realtà, non soltanto il pantheon celtico era strutturato in maniera assai diversa da quello greco-romano, ma vi è anche il sospetto che le interpretazioni classiche effettuate da Caesar avessero le loro ragioni solo su alcune caratteristiche delle divinità in questione, non su tutte. In particolare è evidente che Caesar distingue due tipi di regalità: una sovrafunzionale, attribuita a Mercurius, e una istituzionale, attribuita invece a Iuppiter. Nulla di tutto questo è presente nel mondo greco-romano, e si può comprendere la perplessità di Caesar in primis, e quella degli studiosi di mitologia dopo di lui, gli uni e gli altri imbevuti di schemi classici.

Lo Iuppiter romano fu ricostruito in epoca classica sull'immagine dello Zeús greco. Etimologicamente l'una e l'altra divinità hanno una stessa radice (da un indoeuropeo *DJĒWS) e possono quindi considerarsi omologhe: alla base vi è probabilmente la figura di un antico dio-cielo, un deus otiosus alto e inaccessibile, simile al Dyaus Pitar indiano. Il carattere originario di Zeús sarebbe stato poi modificato sulla base delle mitologie levantine: avrebbe rubato i fulmini al dio-tuono e si sarebbe assiso sulla cima dell'Olimpo quale re degli dèi, ricalcando la sua figura su quella dei sovrani medio-orientali, ridisegnando al contempo l'organigramma del pantheon greco. La figura di Zeús ha finito dunque per staccarsi prepotentemente dagli schemi indoeuropei, e non può più essere utilizzata per analizzare il pantheon celtico.

In origine, la regalità istituzionale era presumibilmente legata alla seconda funzione. Si trattava dunque di una regalità di stampo guerriero, legata al motivo del mantenimento dell'ordine cosmico. Il suo schema tipico prevedeva l'uso della forza, l'impetuosità, la voracità, l'hýbris guerriera. Il personaggio che probabilmente incarna di più questo mitologema è il dio vedico Indra: è il re degli dèi e insieme il dio del tuono. Personaggio dai tratti irruenti, facile all'ira e all'ubriachezza, uccide i mostri che minacciano l'universo. Gli corrisponde tra i Greci Hēraklês (che nella riorganizzazione del pantheon ha perduto i tratti di re degli dèi e di dio del tuono) e tra i Germani Þórr (il quale ha evidentemente rinuciato al suo rango in favore di Óðinn). Al contempo, questi personaggi gettano luce sulla figura e il rango dello Iuppiter gallico,

La figura del «sovrano sovrafunzionale» è più difficile da distinguere, nei vari esiti mitologici, e non è impossibile che sia una pura innovazione dei Celti. Certamente, nel canone cesariano, il Mercurius «inventore di ogni arte» appare investito di un'autorità superiore e maggiormente completa di quella attribuita a Iuppiter. Lo stesso identico rapporto lo troviamo in Irlanda tra la figura di Lúg Samildánach, «colui che unisce ogni arte», e lo stesso Núada. Quest'ultimo è essenzialmente un re guerriero ma, come vedremo nei capitoli successivi, non esiterà a lasciare il trono nelle mani di Lúg allorché saranno necessarie competenze più complete e vaste di quelle che lui stesso potrebbe vantare.

Ora, mentre Indra, Hēraklês, Þórr e probabilmente lo Iuppiter gallico, sono vari esiti del dio-tuono indoeuropeo, lo stesso non possiamo dire di Núada. Non sappiamo se il personaggio irlandese abbia con questi un'origine comune, o se il suo distacco dal mitologema del dio-tuono non sia stato operati dai monaci cristiani che rielaborarono il materiale mitologico celtico. L'unica cosa evidente è che Núada, in qualche modo, è venuto ad occupare la medesima nicchia di «sovrano istituzionale» che gli originari panthea indoeuropei dovevano associare al dio-tuono. Si può parlare certamente di analogia, ma non di una stretta omologia.

III - NEL GALLES, NÛDD E LLÛD LLAW EREINT

Se Núada non ha parenti riconoscibili nelle altre mitologie indoeuropee, presenta invece degli omologhi in altre tradizioni celtiche. Tra i gallesi, abbiamo un dio Nûdd, che in seguito ha mutato denominazione in Llûdd e che i Mabinogion chiamano Llûdd Llaw Ereint «Llûdd mano d'argento». Come Núada, Llûdd è un re e un guerriero, oltre ad essere il mitico fondatore di Londra [Caer Llûdd]. La leggenda, contenuta nei Mabinogion gallesi, in cui Llûdd Llaw Ereint chiama il fratello allo scopo di liberare la Britannia dalle tre sciagure che la avevano colpita, è forse omologa alla storia in cui Núada cede il trono a Lúg allo scopo di sbaragliare i Fomóire.

Qualche studioso ritiene un po' dubbia la derivazione di Llûdd da Nûdd, ma il motivo della mano d'argento è troppo peculiare per poter apparire indipendentemente in due luoghi tanto correlati quanto sono l'Irlanda e il Galles.

Ma le affinità tra Núada e Nûdd/Llûdd sono ancora più strette. Nella mitologia irlandese, ad esempio, compare un certo Cumall (nome assai simile all'epiteto gallico Camulos), detto figlio di Núada (anche se non si tratta del re danann). Questo Cumall è a sua volta padre del grande eroe del ciclo feniano, Finn. In irlandese finn vuol dire «bianco»; la stessa parola è in gallese gwynn. Ora in Galles troviamo un enigmatico personaggio chiamato Gwynn, che le fonti cristiane dicono re delle fate, signore dell'Annwfn (l'oltremondo gallese). E questo personaggio è detto proprio figlio di Nûdd: Gwynn ap Nûdd. Le assonanze sembrano troppo marcate perché sia possibile dubitare di una comune origine tra le due tradizioni.

Per quanto peculiare, il motivo dell'arto d'argento ha una certa diffusione nell'area celtica. Dione Cassio menziona un caledone di nome Argentokoxos «Piede d'argento» e una donna Arganteilin «Gomito d'argento», sposa di re Eadmund. Inoltre v'è la figura armoricana di San Mélar, che a quanto pare aveva anch'egli la mano d'argento.

IV - IL RE PESCATORE E IL RE MAGAGNATO

Tra le iscrizioni celto-romane in Britannia, vi sono quelle rinvenute nel tempio di Lydney Park, presso Aylburton sul Severn (Gloucester), dedicate a un dio chiamato Nodons/Nodens/Nudens. Accanto a una di esse, una figura mostra un personaggio che uccide un grosso salmone. Accanto c'è un fregio ornato di motivi ittici.

Si è detto che questo Nodons altro non sia che un equivalente britannico del dio Núada.

Vendryes ha acutamente richiamato l'attenzione su questo simbolismo dei pesci, ricollegando il nome Nodons al termine gotico nuta «pescatore» (Vendryes 1948). Così facendo, egli ha tracciato interessanti linee di raccordo con il Re Pescatore [Roi pêcheur] della leggenda del Graal, che appare prima di tutto sotto la forma di un nocchiero [notonier]. In effetti, Núada, che insieme alla mano ha perduto la propria sovranità, ricorda moltissimo il Re Pescatore, che non è più in grado di mantenere l'equilibrio del regno a causa della sua ferita. Si ricollega a questo motivo anche la figura del Re Magagnato [Roi Méhaigné] dei romanzi arturiani, il quale era per l'appunto un pescatore e aveva riportato la ferita in seguito ad un coup douloureux o un coup félon; la conseguenza fu che la sua terra divenne una terre gaste, cioè una terra desertica e priva di fertilità.

Ma il motivo che associa l'integrità e la salute del re al benessere della terra sembra essere universale, e dunque possibili rapporti in questo senso ci aiutano ben poco a ritrovare le origini perdute di Núada Aircetlám.

V - IL MONCO E L'ORBO

Nel presentarci il monco Núada e il suo portiere orbo, l'Aided chloinne Tuirill li raccoglie in un'unica frase per far risaltare tutto il loro contrasto: «Il re aveva una mano d'argento e il suo portiere un unico occhio».

Dumézil ha molto parlato della coppia contrastiva orbo/monco, ritrovandola in altre mitologie indoeuropee. Basti pensare ad Horatius Cocleos e Mucius Scaevola a Roma, se non ad Óðinn e Týr in Scandinavia. Ma il personaggio omologo del dio orbo Óðinn è, in Irlanda, Lúg, il quale guatava le schiere nemiche con un solo occhio. Del resto, leggendo l'Aided chloinne Tuirill si ha l'impressione che parecchi motivi siano stati accatastati gli uni sugli altri per far da cornice al nucleo della vicenda principale, l'uccisione di Cían da parte dei tre figli di Tuirenn e la vendetta di Lúg. Si ha quasi l'impressione che il tardo curatore del racconto abbia usato il materiale più disparato senza conoscerlo davvero, e molti motivi diversissimi vi siano confluiti senza molto ordine.

VI - LA GUARIGIONE DI NÚADA NELLE SUE FONTI

Sono state tramandate due versioni della guarigione di Núada Aircetlám.

La prima, tratta dal Cath Maige Tuired, è la più antica. Vi viene narrata la maniera in cui Míach restituì a Núada il braccio che aveva perduto durante la prima battaglia di Mag Tuired, ma anche l'uccisione di Míach da parte del padre Dían Cécht, episodio che manca del tutto nella seconda versione del mito.

Questa è tratta invece dal più tardo Aided chloinne Tuirill, e presenta notevoli divergenze rispetto al primo testo. Il copista sembra meno consapevole dei motivi mitici sui quali va scrivendo, tuttavia affiorano qua e là particolari davvero interessanti.

In entrambe le versioni, è Míach a restituire a Núada una mano di carne, al posto della protesi d'argento che gli aveva messo Dían Cécht. Ma mentre nel Cath Maige Tuired viene restituita a Núada la propria mano, nel Aided chloinne Tuirill, Míach gli applica una mano tolta ad uno sfortunato porcaro. La differenza non è di piccola entità, anche considerando che la reintegrazione fisica di Núada nel primo testo è finalizzata alla restaurazione della sua regalità, mentre il secondo testo sembra meno conscio di questo motivo, presentando fin dall'inizio Núada quale re delle Túatha Dé Danann, pur mutilato e dotato di una mano d'argento.

Bibliografia

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  • CATALDI Melita: Antiche storie e fiabe irlandesi. Torino 1985.
  • CÉITINN Seathrún [KEATING Geoffrey]: Foras Feasa ar Éirinn, vol. 1. Dublino 1982.
  • DAVIDSON, H.R. Ellis. Myths and Symbols in Pagan Europe. Syracuse University Press, Syracuse 1988.
  • DE VRIES Jan: Keltische Religion. In: SCHRÖDER Matthias: «Die Religionen der Menschheit». Kohlhammer, Stoccarda 1961. → ID. I Celti: Etnia, religiosità, visione del mondo. Jaca Book, Milano 1981.
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  • MacCULLOCH John A.: The Religion of Ancient Celts. Edimburgo 1911. → ID. La religione degli antichi Celti. Vicenza 1998.
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  • ROLLESTON T.W.: Myths and Legends of the Celtic Race. 1911. → ID. I miti celtici. Milano 1994.
  • SQUIRE Charles: Mythology of Celtic People. 1912. → ID. Miti e leggende dell'antico popolo celtico. Mondadori, Milano, 1999.
BIBLIOGRAFIA
Intersezione Aree: Holger Danske
Sezione Miti: Asteríōn
Area Celtica: Óengus Óc
Ricerche e testi di Dario Giansanti e Oliviero Canetti.
Ha collaborato: Mara Ricci.
Creazione pagina: 22.04.2006
Ultima modifica: 25.08.2014
 
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