MITI

CELTI
Irlandesi

MITI CELTICI
LA SECONDA BATTAGLIA
DI MAG TUIRED
LA CADUTA DEI FOMÓRAIG
A Mag Tuired, non lontano dal luogo dove avevano precedentemente sconfitto i Fir Bolg, le Túatha Dé Danann, guidate da Lúg, devono ora affrontare la minaccia dei Fomóraig. È in gioco la loro libertà e la regalità suprema di Ériu.
  1. La minaccia di Indech
  2. Lúg prepara gli eserciti per la battaglia
  3. Ha inizio la seconda battaglia di Mag Tuired
  4. Incantesimi e prodezze delle Túatha Dé Danann
  5. Morte di Rúadán
  6. Il tumulo di Octríallach
  7. Infuria la battaglia
  8. La spada di Tethra
  9. L'arpa del Dagda Mór
  10. Morte di Núada
  11. Lúg di fronte a Balor
  12. La testa di Balor
  13. Disfatta dei Fomóraig
  14. Il conto dei caduti
  15. Come Bress ebbe salva la vita
    Fonti
  1. Simmetrie e differenze tra le due battaglie di Mag Tuired
  2. Storia diventata mito, mito trasformato in storia
  3. La seconda battaglia di Mag Tuired: l'ipotesi naturalistica
  4. La seconda battaglia di Mag Tuired: l'ipotesi storicistica
  5. La seconda battaglia di Mag Tuired: l'ipotesi comparatistica
  6. Un'analisi più dettagliata: conflitto «orizzontale» e conflitto «verticale»
  7. Tethra, il signore dell'abisso
  8. Ogma, il campione
  9. Brígit, l'eminente
  10. Rúadán e il «lamento della madre»
    Bibliografia

1 - LA MINACCIA DI INDECH

Fomóraig marciarono fino allo Scétne, mentre gli uomini delle Túatha Dé Danann erano a Mag Aurfolaig: le due schiere stavano per scontrarsi in battaglia.

— Gli uomini di Ériu vogliono darci battaglia? — chiese Bress mac Elathain a Indech mac Dé Domnann.

— Sarò io a dar loro battaglia — rispose Indech. — E ti dò la mia parola che le loro ossa finiranno a pezzetti se non accetteranno le nostre condizioni e non ci pagheranno il tributo.

2 - LÚG PREPARA GLI ESERCITI PER LA BATTAGLIA

e Túatha Dé Danann portavano gran rispetto a Lúg, e temevano per l'eroe dai molti talenti una morte precoce; perciò avevano deciso di non lasciarlo andare a combattere. Allo scopo avevano lasciato nove tutori a sorvegliarlo: Tollusdam, Echdam, Eru, Rechtaid Finn, Fosad, Feidlimid, Ibar, Scibar e Minn.

Lúg approntò l'esercito di Ériu in vista della prossima battaglia e provvide a organizzare gli incantesimi con i quali maghi e druidi avrebbero sconvolto le file nemiche.

Coloro che tra le Túatha Dé Danann avevano rango più alto si erano radunati intorno a lui. Lúg chiese a ciascuno quale contributo avrebbe dato per favorire le sorti della battaglia.

— Non è difficile — disse Goibniu, il fabbro. — Anche se gli uomini di Ériu rimanessero in battaglia per sette anni, ogni lancia spuntata e ogni spada spezzata sarà sostituita nel volgere di un solo giorno. Nessuna punta di lancia forgiata dalla mia mano mancherà il bersaglia; nessuna carne trafitta da quella lancia mai più assaporerà la vita, e questo è molto di più di quanto Dolb, il fabbro fomóir, sia capace di fare.

— Non è difficile — disse Crédne, l'artigiano del bronzo. — Io fornirò chiodi per le lance, else per le spade, umboni e bardature per gli scudi.

— Non è difficile — disse Luchta, il carpentiere. — Fornirò agli uomini di Ériu gli scudi e le aste delle lance di cui avranno bisogno.

— Non è difficile — disse Dían Cécht, il guaritore. — Curerò nel giro di un giorno qualsiasi ferito, in modo che sia pronto a combattere per il mattino seguente. A patto che non abbia tagliata la testa, trafitto il cervello o mozzata la spina dorsale.

— Non è difficile — disse Ogma il campione. — Combatterò il re dei Fomóraig, respingerò tre volte nove dei suoi alleati, e sconfiggerò in nome degli uomini di Ériu un terzo dell'armata nemica.

— Non è difficile — disse la Mórrígan. — Sono risoluta: inseguirò chiunque sia stato avvistato, ucciderò e annienterò quelli che potranno essere catturati.

— Non è difficile — dissero gli stregoni. — Vedremo le piante dei piedi dei Fomóraig, quando le nostre arti magiche li avranno abbattuti. Potranno facilmente essere uccisi, dopo che noi li avremmo privati di due terzi della loro forza costringendo l'urina dentro di loro.

— Non è difficile — dissero i coppieri. — Faremo venire ai Fomóraig una sete inestinguibile, ma nasconderemo loro ogni lago e fiume di Ériu, sicché non potranno placare l'arsura in alcun modo.

— Non è difficile — dissero i druidi. — Rovesceremo sui volti dei Fomóraig scrosci di fuoco, così che non potranno alzare gli occhi e i nostri guerrieri potranno usare la loro forza per ucciderli.

— Non è difficile — disse Coirpre, il satirista. — Pronuncerò maledizioni contro i Fomóraig, li satireggerò e li priverò del loro onore. Per la forza della mia arte non potranno più opporsi ai guerrieri di Ériu.

— Non è difficile — dissero Bé Chuill e Dínann, le due streghe delle Túatha Dé Danann. — Faremo un sortilegio agli alberi, alle pietre e alle zolle di terra, in modo che i Fomóraig vedano in esse schiere di armati e fuggano terrorizzati e tremanti.

— In quanto a me, non è difficile — disse per ultimo il Dagda Mór. — Io mi metterò al fianco degli uomini di Ériu, sia menando colpi che annientando con la magia druidica. Là dove si scontreranno entrambe le schiere, sul campo di battaglia di Mag Tuired, le ossa dei nemici sotto la mia mazza saranno come chicchi di grandine sotto gli zoccoli di un branco di cavalli.

In tal modo Lúg, rivolgendosi alle Túatha Dé Danann, parlò con ciascuno della propria arte e infuse tale forza che ognuno di loro trovò in sé il coraggio di un re o di un principe.

Le Túatha Dé Danann pronte alla battaglia
Illustrazione di Jim Fitzpatrick (1952-)
Museo: [Jim Fitzpatrick. The Silver Arm]►
Balor scende in Mag Tuired
Illustrazione di Jim Fitzpatrick (1952-)
Museo: [Jim Fitzpatrick. The Silver Arm]►

3 - HA INIZIO LA SECONDA BATTAGLIA DI MÁG TUIRED

l giorno di Samain gli eserciti delle Túatha Dé Danann e dei Fomóraig si schierarono nella piana di Mag Tuired, il luogo scelto per la grande battaglia. In quella stessa pianura, trent'anni prima, le Túatha Dé Danann avevano combattuto contro i Fir Bolg, e li avevano sconfitti, strappando loro la regalità di Ériu.

Per questa ragione gli antiquari distinguono una prima battaglia di Mag Tuired, combattuta dalle Túatha Dé Danann contro i Fir Bolg, e una seconda battaglia di Mag Tuired, combattuta contro i Fomóraig. Altri si riferiscono ai due scontri rispettivamente come alla battaglia di Mag Tuired Theas, a sud, e alla battaglia di Mag Tuired Thuaid, a nord. Come recitano questi versi:

Trent'anni, è cosa nota,
dalla battaglia di Mag Tuired Sud
alla battaglia di Mag Tuired Nord,
nella quale cadde Balor dalle grandi schiere.

4 - INCANTESIMI E PRODEZZE DELLE TÚATHA DÉ DÁNANN

La fucina di Goibniu
Illustrazione di Giacinto Gaudenzi
Museo: [Giacinto Gaudenzi. I Tarocchi del Celti]►

ominciò dunque la battaglia tra le due schiere, e all'inizio non vi presero parte né re né principi, ma guerrieri altrettanto forti e alteri. Gli scontri si ripetevano ogni giorno, e tra i Fomóraig cominciò a strisciare una certa perplessità. Le loro armi spezzate rimanevano sul campo così com'erano, e gli uomini dati per morti non presentavano alcun segno di vita il giorno seguente. Non era così però per le Túatha Dé Danann: il giorno seguente le loro armi erano ancora più potenti di prima, e coloro che erano stati feriti o uccisi scendevano di nuovo in battaglia vivi e vegeti.

Questo perché Goibniu il fabbro, nella sua fucina, forgiava spade e lance e giavellotti con solo tre colpi. Contemporaneamente Luchta il carpentiere faceva le aste delle lance con tre colpi d'ascia, di cui il terzo era quello di rifinitura che permetteva all'asta di entrare nel giunto della lancia. Quando le aste erano messe a lato della fucina, Luchta gettava le aste nei giunti delle lance e non era più necessario sistemarle ancora. Allora Crédne il calderaio con tre colpi fabbricava i chiodi e li scagliava nei giunti delle lance e non era più necessario ribatterli, tanto rimanevano ben conficcati.

E in quanto ai morti e ai feriti, provvedevano Dían Cécht e i suoi tre figli Míach, Ochtriuil e Airmed. Una magica fonte si trovava ad Achad Able, a ovest di Mag Tuired e a est di Loch Arboch: era la fonte di Sláine. Dían Cécht vi aveva messo dentro ogni erba che crescesse in Ériu, sicché la fonte si chiamava anche Loch Luibe «Lago delle erbe». In quelle acque, Dían Cécht e i suoi tre figli immergevano gli uomini feriti a morte, recitando su di essi incantamenti e formule druidiche. E i morti e i feriti emergevano dalla fonte non solo perfettamente integri, ma dotati di un tale ardore che li rendeva molto più agili nel combattimento di quanto non fossero mai stati prima.

Qui c'è sembra esserci una piccola incoerenza: stando a quel che il testo del Cath Maige Tuired aveva riferito in precedenza, Míach era già stato ucciso dal padre Dían Cécht dopo la guarigione di Núada.

La trasformazione di Brígit
Illustrazione di Giacinto Gaudenzi
Museo: [Giacinto Gaudenzi. I Tarocchi del Celti]►

5 - MORTE DI RÚADÁN

a situazione si profilava sfavorevole per i Fomóraig, ed essi scelsero un uomo che spiasse il campo e le abitudini delle Túatha Dé Danann. Inviarono Rúadán, figlio di Bress e di Brígit figlia del Dagda. I Fomóraig ritennero che il giovane avesse dato meno nell'occhio, avendo sangue danann.

Rúadán andò e riferì ai Fomóraig dei prodigi operati dal fabbro, dal carpentiere e dal forgiatore del bronzo, e parlò inoltre dei quattro guaritori che attendevano alla fonte di Sláine.

Allora i Fomóraig lo rimandarono indietro per uccidere uno degli uomini più importanti dell'áes dána, Goibniu il fabbro. Rúadán tornò al campo danann e chiese a Goibniu di dargli una punta di lancia, poi chiese a Crédne dei chiodi e a Luchta un'asta. Tutto quello che chiese gli venne dato. Ebbene, c'era una donna che affilava le armi: Crón madre di Fíanlach; fu lei che molò la lancia di Rúadán. E giacché fu lei, una madre, a consegnargli l'arma, da allora in gaelico si chiamò «lancia della madre» il subbio delle tessitrici.

Dopo che gli fu data la lancia, Rúadán si voltò e la scagliò contro Goibniu. Ma Goibniu la estrasse e la rivolse contro il giovane, trafiggendolo. Rúadán morì alla presenza del padre nell'assemblea dei Fomóraig. Venne allora sua madre Brígit e gridò e poi pianse la morte del figlio, e si dice che quello fu il primo lamento funebre che si fosse mai udito in Ériu.

Goibniu si bagnò poi nella fonte di Sláine e ne uscì guarito.

6 - IL TUMULO DI OCTRÍALLACH

i era tra i Fomóraig un guerriero, Octríallach figlio di Indech. Disse ai guerrieri Fomóraig di andare a prendere delle pietre nel fiume Drobesa, una per ciascuno, e di andare a gettarle nella fonte di Sláine, affinché da quel momento non fosse più possibile far tornare in vita i morti. Così fecero: ogni uomo mise una pietra nella fonte, la fonte fu prosciugata e si formò il cosiddetto «Tumulo di Octríallach» [Carn Octríallaig].

Carn Ochtríallaig è un tumulo posto a nord-ovest di Mag Tuired, oggi presso Heapstown.

7 - LA GRANDE BATTAGLIA

Duello tra Núada e Indech
Illustrazione di Jim Fitzpatrick (1952-)
Museo: [Jim Fitzpatrick. The Silver Arm]►

uando giunse il momento di scontrarsi nella battaglia finale, i Fomóraig uscirono dal loro accampamento e si disposero in schiere forti e indistruttibili. Fra loro nessun capo o uomo di valore era senza una cotta di maglia sulla pelle, un elmo sulla testa, una lancia nella mano destra, alla cintura una spada affilata e sulla spalla uno scudo. Attaccare i Fomóraig quel giorno era come «sbattere la testa contro una roccia», era come «introdurre una mano nel nido del serpente», era come «mettersi con la faccia nel fuoco».

Ecco i re e i capi dell'esercito fomóir: Balor figlio di Dot figlio di Nét, Bress figlio di Elatha, Tuirie Tortbuillech figlio di Lobas, Goll e Irgoll, Loscennlom figlio di Lomglúinech, Indech mac Dé Domnann, Octríallach figlio di Indech, Omna e Bagnai, ed Elatha figlio di Delbáeth figlio di Nét.

Dall'altra parte del campo le Túatha Dé Danann si mossero e andarono per scontrarsi in battaglia. Ma proprio quando la battaglia stava per iniziare, Lúg sfuggì ai suoi nove tutori e fu proprio lui a trovarsi, su un carro di battaglia, alla testa dell'esercito danann.

Lúg incoraggiò gli uomini di Ériu a combattere con valore per non essere ridotti in schiavitù: sarebbe stato meglio per loro trovare la morte difendendo la loro terra piuttosto che essere ancora una volta soggetti a pagare tributi ai Fomóraig. E ponendosi su un solo piede e tenendo aperto un solo occhio, girò intorno ai guerrieri danann cantando un lungo incantesimo.

Le schiere si lanciarono l'una contro l'altra, levando urla spaventose; poi si scontrarono e cominciò una mischia furibonda in cui i guerrieri si colpivano l'un l'altro. Assordante era il rumore della moltitudine dei guerrieri e dei campioni che con scudi e spade e i loro stessi corpi paravano i colpi di lancia e di spada degli altri. Assordante era il frastuono su tutto il campo di battaglia: le grida dei combattenti, il cozzare degli scudi, il fendere delle spade e delle lame dall'elsa d'avorio, lo scuotersi e risuonare delle faretre, il saettare e sibilare della lance.

Caddero molti uomini gagliardi nell'immobilità della morte. Grande fu il massacro e molti furono coloro che giacquero nelle fosse. Orgoglio e vergogna stavano fianco a fianco. C'era collera, c'era furore. Il sangue scorreva abbondante sulla bianca pelle dei giovani guerrieri, mutilati dalle mani di uomini più forti quando si esponevano al pericolo per timore di apparire vili.

Mentre si colpivano a vicenda, le punte delle dita dei piedi e delle mani quasi si toccavano; e per la vischiosità del sangue sotto i piedi i guerrieri continuavano a scivolare e cadere, e le teste venivano loro spiccate mentre erano a terra. Si era ingaggiata una battaglia caotica, lacerante, terribile, sanguinosa: le punte delle lance erano rosse nelle mani dei nemici.

Questo strano atteggiamento di Lúg mentre pronuncia l'incantamento contro i Fomóraig è quello che assumevano i maghi durante i malefici. Le parole di Lúg sono un passo in stile retóiric incomprensibile.

Può essere interessante confrontare la lista dei capi Fomóraig delCath Maige Tuired con quella fornita nel ben più tardo Aided chloinne Tuirill.
Nel Cath Maige Tuired sono citati: Indech mac Dé Domnann, Octríallach mac Indich, Elatha mac Delbáeth, Bress mac Elathain, Balor mac Dot, Tuirie Tortbuillech mac Lobois, Goll e Irgoll, Loscennlom mac Lomglúinigh, Omna e Bagnai. Nell'Aided chloinne Tuirill troviamo invece Balor mac Dot, Bress mac Elathain, Sotal Salmor, Lúath Leborcham e Tinne Mór Trísgatal, Loisginn Lomglúinech, Lúath Linech, il druida Lobas, Líathbar mac Lobais, Eb úa Néit e Senchab úa Néit.
Gli unici nomi citati in entrambe le liste sono Bress e Balor, certamente per via della loro importanza nel mito irlandese. Si noti tuttavia che il Cath Maige Tuired cita un Loscennlom mac Lomglúinig e un Tuirie Tortbuillech mac Lobois che potrebbero essere i figli rispettivamente di Loisginn Lomglúinech e del druida Lobas citati nell'Aided chloinne Tuirill. Dettagli come questi – su nomi destinati a essere semplici comparse – suscitano meraviglia riguardo la precisione e l'attenzione con cui i racconti tradizionali irlandesi sono stati tramandati attraverso i secoli.

8 - LA SPADA DI TETHRA

urante i combattimenti, Ogma il campione trovò Orna, la spada di Tethra, re dei Fomóraig. Ogma estrasse la spada dal fodero e la pulì. Allora la spada raccontò le imprese che aveva compiuto: a quei tempi, infatti, era proprietà delle spade raccontare le azioni che grazie a loro erano state intraprese. Per questo le spade hanno diritto al tributo di essere pulite dopo che vengono estratte dal fodero. Da allora nelle spade si conservano gli incantesimi.

Una glossa dei monaci ci spiega che a quell'epoca «i demoni parlavano agli uomini attraverso le armi, perché queste erano venerate dagli uomini e rappresentavano una delle salvaguardie di quei tempi».

9 - L'ARPA DEL DAGDA MÓR

el corso della battaglia Lúg, il Dagda Mór e Ogma dovettero inseguire i Fomóraig, poiché questi avevano rapito Úaithne, l'arpista del Dagda, e la sua arpa, nella quale il dio aveva racchiuso la musica in modo che suonasse solo se era lui a toccarla. Quell'arpa aveva due nomi: Daur Dá Bláo «quercia dei due prati» e Cóir Cetharchair «dai quattro angoli precisi».

Il Dagda si riprende la sua arpa

Illustrazione di Sarah M. Butcher

Infine i tre irruppero nella sala dei banchetti dei nemici, ove erano Bress e suo padre Elatha. L'arpa era appesa al muro, e il Dagda la chiamò:

— Vieni, Daur Dá Bláo!
Vieni, Cóir Cetharchair!
Vieni, estate! Vieni, inverno!
Voce d'arpe, mantici e cornamuse!

Subito l'arpa si staccò dal muro e andò dal Dagda uccidendo nove uomini. Non appena il Dagda la ebbe in pugno, suonò le tre arie con cui si distingue l'arpista, la melodia per commuovere, la melodia per rallegrare e la melodia per addormentare. Suonò la melodia per commuovere, e le donne piansero; suonò l'aria per rallegrare e risero donne e ragazzi; suonò l'aria per addormentare e i guerrieri caddero addormentati. Così i tre poterono fuggire incolumi ai Fomóraig, che avrebbero voluto ucciderli.

E sulla via del ritorno il Dagda si portò via la giovenca che aveva preteso da Bress come ricompensa per il suo lavoro. La giovenca muggì per richiamare il vitellino, e tutto il bestiame di Ériu, che i Fomóraig avevano preso come tributo, la seguì al pascolo. Così la gente di Ériu riebbe le sue mandrie.

Núada soccombe
Illustrazione di Jim Fitzpatrick (1952-)
Museo: [Jim Fitzpatrick. The Silver Arm]►

10 - MORTE DI NÚADA

el corso della battaglia, caddero Núada Aircetlám, re delle Túatha Dé Danann, e Macha figlia di Érnmass. Fu Balor figlio di Dót figlio di Nét a dar loro la morte.

Il satirista Casmáel cadde per mano di Ochtríallach figlio di Indech.

Lúg di fronte a Balor
Illustrazione di Jim Fitzpatrick (1952-)
Museo: [Jim Fitzpatrick. The Silver Arm]►
 
Sembra che la pietra lanciata da Lúg contro Balor fosse stata un tathlum, una palla che gli antichi guerrieri irlandesi ottenevano cementando il cervello dei nemici uccisi. La notizia proverrebbe dalla traduzione inglese di un poemetto in gaelico effettuata da Eugene O'Curry sulla base di un manoscritto di cartapecora, appartenuto a un certo W. Monck Mason, e in seguito venduto all'asta a Londra (O'Curry 1857-1862). Charles Squire riporta la versione inglese del poemetto (Squire 1912), che riferiamo a puro titolo di curiosità, essendo la sua provenienza piuttosto sospetta:
 

Un tathlum, pesante, forte, saldo,
che le Túatha Dé Danann avevano con loro,
fu un tathlum a cavare l'occhio del feroce Balor,
in tempi antichi, nella guerra dei grandi eserciti.

Sangue di rospi e di orsi infuriati,
e sangue del nobile leone,
sangue di vipere e dei tronchi di Osmuinn:
di questo era fatto il tathlum.
Sabbia del veloce mare d'Armorica,
e sabbia del pullulante Mar Rosso;
queste, debitamente purificate, vennero usate
per costruire il tathlum.
Briun mac Bethain, guerriero non da poco,
che regnava ai confini orientali dell'oceano,
fu lui a modellare, a formare abilmente,
fu lui a dare forma al tathlum.
All'eroe Lúg venne donata
questa dura, non soffice, palla di cemento;
a Mag Tuired dalle urla strazianti,
Lúg la scagliò con la sua mano.

11 - LÚG DI FRONTE A BALOR

úg incontrò suo nonno, Balor Birugderc, nel furore della mischia. Balor apriva il suo occhio malefico soltanto sul campo di battaglia. Tale era il potere distruttivo del suo occhio: tutti i guerrieri che Balor fissava, anche se erano migliaia, perdevano tutta la loro forza e non offrivano alcuna resistenza al nemico.

Lúg avanzò verso Balor, deciso a vendicare la morte di Núada, e cominciò a pronunciare un lungo incantesimo contro di lui.

Allora Balor disse agli uomini del suo seguito: — Aprite il mio occhio malefico, ragazzi, affinché io veda questo ciarlatano che mi sta parlando.

Quattro uomini gli sollevarono la palpebra tramite una lucida maniglia che vi era fissata. In quel momento Lúg scagliò una pietra con la fionda e lo colpì proprio nel terribile occhio. Questo gli attraversò la testa e gli fuoriuscì dalla nuca. Lo sguardo malefico dell'occhio si rivolse così contro l'esercito fomóir, paralizzandolo. Il corpo di Balor cadde sulla sua stessa armata e tre volte nove guerrieri Fomóraig morirono sotto il suo peso.

In questo modo si compì la profezia secondo la quale Balor era destinato a morire per mano del figlio di sua figlia: e fu Lúg figlio di Ethné figlia di Balor a dargli la morte.

12 - LA TESTA DI BALOR

uando Lúg decapitò Balor, la testa mozzata volò via e colpì il petto di Indech mac Dé Domnann. Un fiotto di sangue schizzò sulle labbra del re dei Fomóraig.

Indech chiamò allora il suo filíd, Lóch Lethglas, il «Mezzoverde», che era verde su tutto un fianco, da terra fino alla cima della testa, e gli chiese che cosa l'avesse mai colpito con tanta forza. Lóch Lethglas gli diede una lunga risposta in retoiric, nella quale gli diceva che non riusciva a riconoscere l'uccisore di Balor. Allora Lúg levò lo sguardo su di lui e i due si accusarono a vicenda di aver pronunciate profezie sbagliate.

13 - DISFATTA DEI Fomóraig

l momento era favorevole per le Túatha Dé Danann. La Mórrígan figlia di Érnmass incitò i guerrieri di Ériu perché combattessero con fierezza e ardore. Ella levò un lungo canto in retoiric che iniziava con le parole:

— Levatevi, o re, a combattere!...

La battaglia divenne una totale disfatta per i Fomóraig, i quali vennero ricacciati fino al mare dalle Túatha Dé Danann. Il campione Ogma affrontò Indech mac Dé Domnann, re dei Fomóraig, ed entrambi caddero nello scontro.

Privi del loro re, i Fomóraig si arresero.

Scontro tra Lúg e Bress
Illustrazione di Jim Fitzpatrick (1952-)
Museo: [Jim Fitzpatrick. The Silver Arm]►

14 - IL CONTO DEI CADUTI

uando la battaglia finì e i Fomóraig caddero nelle mani delle Túatha Dé Danann, Lúg volle patteggiare con i superstiti. Per primo il filí Lóch Lethglas gli chiese grazia della vita.

— Soddisfa i miei tre desideri — gli disse allora Lúg.
— Verranno soddisfatti — annuì Lóch. — Eliminerò per sempre da Ériu il bisogno di stare in guardia contro i Fomóraig, e in ogni caso difficile il giudizio che darà la tua bocca risolverà la questione per sempre.

Così Lóch fu risparmiato e, per la grazia che gli era concessa, diede un nome a ciascuno dei nove carri di Lúg, ai suoi guidatori, ai suoi frustini e ai suoi cavalli. Questi i nomi che Lóch assegnò ai carri: Luachta, Anagat, Achad, Feochair, Fer, Golla, Fosad, Cráeb, Carpat. Ai guidatori: Medol, Medón, Moth, Mothach, Foimtinne, Tenda, Tres, Morb. Ai frustini: Fes, Res, Roches, Anagar, Ilach, Canna, Ríada, Búaid. Ai cavalli: Can, Doríada, Romuir, Laisad, Fer Forsaid, Sroban, Airchedal, Ruagar, Ilann, Allríada, Rocedal.

Lúg ne fu soddisfatto ma, prima di lasciarlo andare, chiese a Lóch quale fosse il numero degli uccisi.

— Non conosco il numero della gente comune e dei servi — rispose Lóch. — Ma in quanto al numero dei Fomóraig, nobili e signori e campioni e figli di re supremi e di re, questo lo so: tre più tre per venti, più cinquanta per cento uomini, più venti per cento, più tre per cinquanta, più nove per cinque, più quattro per venti per mille, più otto più otto per venti, più sette più quattro per venti, più sei più quattro per venti, più cinque più otto per venti, più due, più quaranta, incluso Balor nipote di Nét con novanta uomini. Questo è il numero degli uccisi tra i grandi re e nobili Fomóraig caduti in battaglia.

«Per quanto riguarda poi il numero della gente comune, dei poveri, dei servi e degli uomini di ogni mestiere che vennero insieme al grande esercito (perché ogni signore e re dei Fomóraig era venuto alla battaglia con il proprio seguito, e quindi là caddero tutti, sia gli uomini liberi che i loro non liberi servi) ho tenuto conto solamente di una parte dei servi dei re; questo dunque il numero di quelli che ho contato con i miei occhi: sette più sette per venti per venti per cento per cento, più novanta, compreso Sab nÚanchennach figlio di Coirpre Colc, il figlio di un servo di Indech mac Dé Domnann.

«E per quanto riguarda poi gli uomini che combattevano appaiati e le riserve, questi guerrieri, che non raggiunsero il cuore della battaglia ma che vi morirono, non verranno contati, come non possiamo contare le stelle del cielo, la sabbia del mare, i fiocchi di neve, le gocce di rugiada sui prati, i chicchi di grandine, i fili d'erba sotto i piedi delle mandrie e i «cavalli del figlio di Lér» in un mare in tempesta.

La pretesa di Lúg, che Lóch dia un nome ai suoi carri, ai guidatori dei carri, ai frustini e ai cavalli, potrebbe significare la dichiarazione da parte di Lóch riguardo all'effettivo possesso della parte del bottino tolto ai Fomóraig e riservato allo stesso Lúg. Allo stesso modo, chiedendo a Lóch di dare un conto dei caduti dei Fomóraig nel corso della battaglia (la valutazione numerica era capacità rara e preziosa), Lúg ottiene l'esplicita conferma della vittoria delle Túatha Dé Danann. (Cataldi 1985)

«Cavalli del figlio di Lér» è una kenning che indica le onde del mare. Il figlio di Lér è Manannán mac Lir, popolare personaggio appartenente a una mitologia più tarda, mai nominato nei testi più antichi. Questa metafora è l'unica citazione che il Cath Maige Tuired fa di questo importante personaggio.

15 - COME BRESS EBBE SALVA LA VITA

bbero poi la possibilità di uccidere Bress figlio di Elatha.

Bress disse — È meglio farmi grazia che uccidermi.

— Come ci ricompenserai se ti accorderemo la grazia? — chiese Lúg.
— Se sarò risparmiato, le mucche di Ériu daranno per sempre latte.
— Dobbiamo far grazia a Bress se darà per sempre latte alle mucche di Ériu? — chiese Lúg ai druidi.

— No — disse Máeltne Mór-Brethach. — Anche se Bress avesse potere sul latte delle mucche, non ne ha sulla loro longevità né sulla loro fecondità.

— Questo non ti salva — disse Lúg a Bress.
Máeltne ha dato un duro annuncio — fece Bress.
— In quale altro modo potresti ricompensarci se ti accorderemo la grazia? — chiese Lúg.
— C'è un altro modo. Di' ai tuoi giudici che se verrò risparmiato, mieteranno un raccolto a ogni quarto di anno.
— Dobbiamo far grazia a Bress se ci garantirà un raccolto a ogni quarto di anno? — chiese Lúg ai druidi.

— No — disse Máeltne Mór-Brethach. — Non c'è motivo per avere quattro raccolti l'anno, in quanto anche un solo raccolto richiede lavoro in ognuna delle quattro stagioni: la primavera per arare e seminare, l'inizio dell'estate per la crescita del grano, l'inizio autunno perché finisca di maturare e per mieterlo, l'inverno per consumarlo.

— Questo non ti salva — disse Lúg a Bress.
Máeltne ha dato un duro annuncio — fece Bress.
— Ma per assai meno potrei risparmiarti — disse Lúg.
— Come?
— Come devono arare gli uomini di Ériu? Come devono seminare? Come devono mietere? Quando ci avrai fatto conoscere queste tre cose sarai risparmiato.

— Di' loro — disse allora Bress, — «il martedì per arare, il martedì per gettare i semi, il martedì per mietere».

E con questo incantesimo, Bress ebbe salva la vita. Così si concluse la seconda battaglia di Mag Tuired.

Che mairt «martedì» fosse un giorno fausto per l'agricoltura, è tradizione attestata nei paesi celtici insulari. (Cataldi 1985)

Fonti

1

Cath Maige Tuired [94]

2 Cath Maige Tuired [95-120]
3 Cath Maige Tuired [121]
Seathrún Céitinn (Geoffrey Keating): Foras feasa ar Éirinn [II: 10]
4 Cath Maige Tuired [121-123]
5 Cath Maige Tuired [124-126]
6 Cath Maige Tuired [126]
7 Cath Maige Tuired [127-132]
8 Cath Maige Tuired [162]
9 Cath Maige Tuired [163-165]
10 Cath Maige Tuired [133]
11 Cath Maige Tuired [133-135]
12 Cath Maige Tuired [136]
13 Cath Maige Tuired [137-138]
14 Cath Maige Tuired [139-148]
15 Cath Maige Tuired [149-161]

I - SIMMETRIE E DIFFERENZE TRA LE DUE BATTAGLIE DI MÁG TUIRED

Come il lettore ricorderà, due sono le battaglie combattute dalle Túatha Dé Danann nella «Pianura dei pilastri» [antico irlandese Mag Tuired, irlandese classico Magh Tuireadh, anglicizzato in Moytura]. Della prima battaglia, che fu combattuta tra le Túatha Dé Danann e i Fir Bolg nella zona di Cong, tra il Loch Coirib e il Loch Measca (contea di Mayo), abbiamo parlato a suo tempo. Con la seconda battaglia, combattuta a est del Loch Arrboch (contea di Sligo), le Túatha Dé Danann sconfissero definitivamente i Fomóraig, liberandosi dalla triste condizione di sudditanza e dagli ingiusti tributi che erano stati loro imposti.

Nella tradizione del ciclo delle invasioni, le Túatha Dé Danann avevano relazioni di parentela con gli avversari di entrare le battaglie. I Fir Bolg e le Túatha Dé Danann discendevano tutti e due dai Clanna Nemid e parlavano la stessa lingua; in particolare, i Fir Bolg vantavano una sorta di diritto di primogenitura, essendo giunti in Ériu prima delle Túatha Dé, introducendovi l'istituzione della regalità; le Túatha Dé Danann possedevano però una cultura più vasta e completa, essendo eccellenti druidi, guerrieri e artisti, e finirono con il creare la prima società funzionalmente completa della storia irlandese. (¹)

I Fomóraig appartenevano invece a una razza affatto diversa: una stirpe primordiale di discendenza, sembra, camita. Erano stati i primi uomini a giungere in Irlanda dopo il diluvio e per secoli costituirono un serio intralcio a chiunque volesse colonizzare l'Isola di Smeraldo. Avevano conteso l'Irlanda alle genti di Parthólon e avevano ferocemente decimato i Clanna Nemid costringendo i superstiti a riprendere il mare. Al contrario, tra le Túatha Dé Danann e i Fomóraig vi erano state, almeno all'inizio, delle relazioni amichevoli. Gli storici irlandesi ci spiegano che, quando le Túatha Dé Danann giunsero nel Lochlann, patria dei Fomóraig, tra i due popoli venne sancita una sorta di alleanza e vi furono persino delle unioni matrimoniali da cui era discesa una razza mista. Questa precisazione dovette essere giustificata dal fatto che i poemi genealogici presentavano le Túatha Dé Danann – o per lo meno alcuni dei loro esponenti più importanti – quali discendenti dei Fomóraig: una così scomoda parentela che doveva essere spiegata in qualche modo.

La prima battaglia di Mag Tuired, tra i Fir Bolg e le Túatha Dé Danann, è dunque una sorta di scontro orizzontale, tra due popoli fratelli, di cui il maggiore ha il diritto di precedenza ma il minore possiede requisiti più adatti. La seconda battaglia, tra le Túatha Dé Danann e i Fomóraig, è invece uno scontro verticale, generazionale, tra divinità più giovani e antichi dèi di un'epoca passata.

Il mito delle due battaglie di Mag Tuired presentano caratteristiche che permettono di collegarle a omologhi scontri presenti nelle altre mitologie indoeuropee, con tutta una curiosa serie di simmetrie e scambi che val la pena di notare.

II — STORIA DIVENTATA MITO, MITO TRASFORMATO IN STORIA

Era convinzione abbastanza diffusa tra i primi interpreti che la prima battaglia di Mag Tuired avesse una base storica, ma non vi erano dubbi che la seconda fosse assolutamente mitica. Poiché la tradizione irlandese collocava tutt'e due le battaglie combattute dalle Túatha Dé Danann nello stesso sito, la piana di Mag Tuired, si ammetteva che il racconto originario parlasse di una sola battaglia, poi sdoppiatasi nel corso della rielaborazione epica del materiale tradizionale. Lo sdoppiamento della battaglia secondo De Jubainville non risalirebbe a prima dell'XI secolo, quando la storia venne costruita utilizzando forse le leggende di quel territorio disseminato di monumenti megalitici che si stende intorno al villaggio di Cong, in cui due eserciti sconosciuti si erano affrontati in tempi antichissimi. (De Jubainville 1884)

Gli interpreti successivi si sono divisi su quale delle due battaglie dovesse essere quella originale. Secondo Charles Squire, ad esempio, il mito della prima battaglia, combattuta contro i Fir Bolg, doveva essere relativamente recente e sicuramente non apparteneva allo stesso contesto autenticamente mitologico in cui rientravano le vicende della seconda battaglia, combattuta contro i Fomóraig (Squire 1912). Al contrario, per Thomas O'Rahilly la tradizione più antica era quella che concerneva la prima battaglia, nella quale la tradizione popolare avrebbe ricordato una grande disfatta subita in tempi remoti dai Fir Bolg nel Connacht nord-orientale a opera, forse, dei guerrieri del Laigin: la seconda battaglia, creata secondo lo schema della prima, aveva invece costituito la rielaborazione pseudostorica di un tema mitico (O'Rahilly 1946).

Il fatto è, come nota giustamente Jan De Vries, che ha poco senso fare simili considerazioni se pensiamo che, in ambedue i casi, ci troviamo di fronte a tradizioni puramente mitiche (De Vries 1961), che si sono indubbiamente parlate tra loro e influenzate a vicenda fin dai tempi più remoti. Si ritiene comunemente che i Fir Bolg tramandino la memoria di un'invasione preistorica d'Irlanda, la quale avrebbe preceduto quella dei celti Gaeli, i cui antenati compaiono nel ciclo delle invasioni come i Clanna Míled. È ovvio presumere che i Gaeli importarono in Irlanda il loro bagaglio di miti riguardanti dèi ed eroi, che erano tramandate ancora in epoca cristiana. Quando si provvide a mettere insieme il racconto delle invasioni, quelle antiche teogonie e teomachie non furono scartate ma, al contrario, vennero storicizzate. Gli dèi dei Gaeli vennero introdotti nel ciclo mitologico come un'antica popolazione di invasori, le Túatha Dé Danann, i quali sarebbero giunti in Irlanda prima dei Clanna Míled, mentre le loro imprese e le loro gesta venivano trasformate in antichi eventi storici. Fu così che le mitiche guerre di dèi e titani, finirono per essere messe sullo stesso piano delle battaglie tra i popoli invasori d'Irlanda, dando così vita a quell'insieme di storia diventata mito e di mito trasformato in storia che è il ciclo delle invasioni.

È abbastanza evidente che le tradizioni confluite nel Lebor Gebála Érenn e nel Cath Maige Tuired non costituiscono una rappresentazione unitaria, ma piuttosto un crogiolo nel quale sono confluite molte tradizioni diverse, nel quale si sono fusi l'uno nell'altro elementi in origine indipendenti (De Vries 1961). Ci sembra ragionevole ritenere, con Charles Squire, che alla base della tradizione della guerra contro i Fir Bolg vi sia il ricordo di qualche antichissima battaglia avvenuta in tempi preistorici tra due popolazioni irlandesi, tradizione che i monumenti megalitici di Cong hanno contribuito a fissare e tramandare; ma che, al perfetto contrario, che la seconda battaglia, combattuta tra Túatha Dé Danann e Fomóraig, sia un racconto puramente mitico, una sorta di antica teomachia, in seguito trasportata dal cielo alla terra, storicizzata e ambientata in quella stessa Mag Tuired già conosciuto come teatro delle antiche battaglie danann. Due tradizioni originariamente di diverso ordine – la prima di origine storica, la seconda di origine mitica – che, nella lunga rielaborazione del ciclo delle invasioni, sarebbero infine state messe in parallelo e ambientate nello stesso luogo.

III - LA SECONDA BATTAGLIA DI MÁG TUIRED: L'IPOTESI NATURALISTICA

Fomóraig

Dipinto di John Duncan (1866-1945)

Interpretazione pittorica dei Fomóraig quali esseri mostruosi e deformi, in linea con l'interpretazione dei primi studiosi del mito irlandese.

La seconda battaglia di Mag Tuired, combattuta tra le Túatha Dé Danann e i Fomóraig, evento cardine del mito irlandese, non ha mancato di essere interpretata dai primi studiosi in funzione di un'opposizione dualistica tra due princìpi contrapposti. Una sorta di scontro dialettico, di battaglia ontologica, nella quale si tendevano a vedere – secondo i soliti luoghi comuni – le «forze della luce» vincere le «forze delle tenebre», oppure l'ordine trionfare sul caos, o la civiltà sulle barbarie.

Questa è anche la ragione per cui i primi studiosi tendevano a esagerare l'aspetto mostruoso e grottesco dei Fomóraig, trasformandoli in dèmoni deformi e malvagi (a dispetto delle fonti che generalmente attribuiscono loro un aspetto umano). Secondo Rolleston i Fomóraig erano «esseri giganteschi, deformi, violenti e crudeli, e probabilmente rappresentavano le forze del male» (Rolleston 1911). La loro opposizione contro le Túatha Dé Danann veniva vista in termini naturalistici, così come le tenebre si oppongono alla luce. Analogamente, si tendeva a difendere l'interpretazioni secondo la quale le Túatha Dé Danann fossero stati la personificazione delle forze della natura, una sorta di genî della fecondità, mentre i Fomóraig avrebbero impersonato «l'oscurità, l'inverno, le tenebre e la morte»; su questa linea di pensiero John MacCulloch ne fece addirittura i termini di un confronto stagionale: «gli dèi immortali della prosperità e della luce [...] combattevano contro i loro nemici. Anno dopo anno gli dèi subivano ferite mortali, ma tornavano da conquistatori per rinnovare ancora una volta la sfida. Il mito ne parla come di un avvenimento accaduto una volta per tutte, ma esso si verificava continuamente» (MacCulloch 1918). Ma già Sir John Rhŷs, trent'anni prima aveva accennato al fatto che la battaglia si era svolta nel corso del cambiamento delle stagioni (Rhŷs 1988).

Tali interpretazioni si giustificavano col fatto che, tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, si era inclini a interpretare i miti secondo i princìpi della mitologia naturale. È un ordine di pensiero da cui, negli anni Cinquanta, Jan De Vries e Georges Dumézil presero giustamente le distanze. Nonostante questo, gli autori di molte recenti pubblicazioni insistono nel riportare le ipotesi naturalistiche di Rolleston o MacCulloch. È il caso di Miranda Green che, in un recente dizionario di mitologia celtica, scrive: «la lotta tra le Túatha Dé Danann e i Fomóraig può riflettere il principio dualistico archetipico tra la luce e le potenze ctonie», e poi aggiunge che i Fomóraig «in un certo senso erano indispensabili alle Túatha Dé Danann, proprio come l'oscurità e la luce, la morte e la vita, l'inverno e l'estate dipendono uno dall'altro» (Green 1992).

Intendiamoci: questa dell'opposizione dualistica è un'interpretazione perfettamente legittima, tanto più che gli stessi testi irlandesi assumono il primato morale delle Túatha Dé Danann sui Fomóraig. Tuttavia certe metafore risultano troppo semplicistiche, oltre che inappropriate al pensiero druidico il quale, come abbiamo visto, considerava la luce e le tenebre come due fasi di un processo dialettico che investiva il tempo e lo spazio; l'idea di una «vittoria» totale e definitiva della luce sulle tenebre riflette fin troppo le opinioni degli interpreti moderni, chiaramente influenzati dal pensiero dualistico del Cristianesimo, e non necessariamente la visione olistica degli antichi Celti.

IV - LA SECONDA BATTAGLIA DI MÁG TUIRED: L'IPOTESI STORICISTICA

Che la seconda battaglia di Mag Tuired sia un evento mitico e non storico, non è stato mai messo in dubbio dagli studiosi: è ben evidente che i due eserciti schierati in Mag Tuired appartengano a una sfera che non è né umana né storica; al contrario, essi si presentano come i protagonisti di una vera e propria teomachia, dove gli dèi del pantheon gaelico trionfano su un esercito di creature di natura titanica o demoniaca.

I primi studiosi non mancarono tuttavia di vedere nei due mitici schieramenti i rispettivi panthea di due popoli entrati in conflitto nella preistoria irlandese. Più precisamente, la battaglia tra le Túatha Dé Danann e i Fomóraig sarebbe stato il riflesso – sul piano mitico – dello scontro tra gli invasori gaelici d'Irlanda e le popolazioni autoctone. Le Túatha Dé Danann sarebbero state le divinità dei Gaeli, mentre i Fomóraig gli dèi delle popolazioni pre-gaeliche, considerate benevole dai loro adoratori ma demonizzate dai nuovi arrivati. Secondo MacCulloch, la certezza che i Fomóraig sarebbero stati dèi autoctoni deriverebbe dal fatto che il mito li colloca in Irlanda già dai tempi del Diluvio, prima ancora dell'arrivo di Parthólon. Oppure, poiché gli dèi celtici avevano un carattere locale e spesso i vari gruppi tribali erano tra loro ostili, i Fomóraig potevano essere le divinità locali di un clan nemico di un altro che venerava le Túatha Dé Danann. (MacCulloch 1918)

Domnu, dea madre dei Fomóraig

Illustrazione di Howard David Johnson

Suggestiva fantasia di un artista che, nella sua ricostruzione dell'ipotetica dea dei Fomóraig, si è evidentemente ispirato alla saggistica dei primi del Novecento.

L'ipotesi che i Fomóraig furono gli dèi delle popolazioni pre-gaeliche – quelle che il mito conosce come Fir Bolg, Fir Domnann e Galeoin – è sostenuta da Charles Squire, il quale ritiene tali genti di origine iberica. «Vi sono molti esempi di popolazioni a un determinato stadio culturale che considerano tribù a uno stadio inferiore come semidivine, o piuttosto semidiaboliche. Il sospettoso timore con cui i primi Celti dovettero guardare i selvaggi aborigeni fece sembrare questi ultimi più che umani. Li temevano per i misteriosi riti magici che praticavano nei loro fortini inaccessibili tra le colline in mezzo ai temporali e alle nebbie. I Gaeli, che si consideravano figli della luce, consideravano quegli scuri Iberi come figli delle tenebre [...]. I Celti, convinti che i loro dèi li avessero preceduti in Irlanda, non erano disposti a credere che neppure le Túatha Dé Danann avessero potuto strappare la terra d'Irlanda a quegli Iberi dotati di poteri magici senza combattere» (Squire 1912).

Squire sottolinea i molti punti di raccordo tra gli aborigeni irlandesi e i loro dèi Fomóraig, e scrive: «Come la maggiore tribù ibera veniva chiamata degli Uomini di Domnu così i Fomóraig erano detti Dèi di Domnu, e Indech, uno dei loro re, è chiamato figlio di Domnu. Dunque, la lotta perenne tra gli dèi, figli di Danu, e i giganti, figli di Domnu, rifletterebbe, nel mondo ultraterreno, la continua lotta tra i Celti invasori e gli Iberi invasi» (Squire 1912).

Questa *Domnu, come già la stessa *Danu, risultava da un'ipotesi di ricostruzione del nome della dea progenitrice dei Fomóraig, effettuata dagli studiosi dell'Ottocento a partire dal patronomico di Indech mac Dé Domnann. Lo stesso genitivo è pure presente nell'etnonimo della tribù dei Fir Domnann. Da qui facile relazione, individuata da Squire, tra gli «uomini di *Domnu» (gli aborigeni pre-gaelici) e gli «dèi di *Domnu» (i Fomóraig da essi venerati). Nasceva così a tavolino un presunto mito sulla lotta tra i figli di *Danu e i figli di *Domnu, di cui la prima era la benigna dea della terra, signora della fecondità e madre degli dèi, mentre l'altra era la malvagia dea degli abissi e delle tenebre, signora della morte e madre dei demoniaci Fomóraig.

Ai primi del Novecento i maggiori studiosi erano persuasi dalla correttezza di questa ricostruzione. John MacCulloch afferma che *Domnu era «una dea fomóir dell'abisso, cioè del sottosuolo e probabilmente anche della fertilità, che potrebbe aver avuto tra i Fomóraig una posizione analoga a quella di Danu tra le Túatha Dé Danann» (MacCulloch 1918). Nulla del genere si evince tuttavia dai testi originali, né tale costruzione è supportata dalle analisi dei comparatisti. Nonostante tutto, le anacronistiche *Danu e *Domnu fanno ancora oggi la loro comparsa in molti libri di mitologia celtica.

Notiamo ancora che l'ipotesi «storicistica» sembra individuare una curiosa simmetria tra le due battaglie di Mag Tuired, di cui la prima rappresentava in un certo senso quella combattuta tra i Gaeli invasori e le popolazioni autoctone irlandesi, mentre la seconda, combattuta tra le divinità degli uni e le divinità degli altri, ne era il riflesso nel mondo soprannaturale. È curioso che nessuno dei vecchi studiosi della scuola storicistica abbia notato questo dettaglio, che pure avrebbe portato acqua al loro mulino. In ogni caso, gli studi comparatistici di Dumézil e De Vries hanno mostrato che il mito della seconda battaglia di Mag Tuired faceva necessariamente parte del bagaglio mitologico proto-celtico prima ancora che i Gaeli giungessero in Irlanda.

V - LA SECONDA BATTAGLIA DI MÁG TUIRED: L'IPOTESI COMPARATISTICA

Già i primi interpreti notarono che il mito della seconda battaglia di Mag Tuired poteva essere messo in relazione con analoghe leggende in altre tradizioni mitologiche. Lo stesso John Rhŷs, pur non rifiutando l'interpretazione stagionale, aveva messo in evidenza le somiglianze tra la mitica battaglia delle Túatha Dé Danann e quella tra Æsir e Vanir nella mitologia nordica (Rhŷs 1988). Nonostante questo, per anni fu ancora difesa l'interpretazione secondo la quale le Túatha Dé Danann erano personificazioni delle forze naturali, dèi della fecondità. Cosa che essi non furono affatto, in quanto rappresentavano invece, e in modo molto spiccato, delle divinità guerriere. Soltanto Bress sembrava avere qualcosa a che vedere con la fecondità, ma egli era fomóir da parte di padre.

In seguito, tra gli anni Quaranta e Cinquanta, gli studi comparatistici di Georges Dumézil resero evidente come tra il mito nordico e quello irlandese vi fosse una stretta omologia che faceva pensare a una comune matrice indoeuropea.

Dumézil mostrò che il mito germanico della guerra tra Æsir e Vanir – che era stato anch'esso a lungo interpretato come uno scontro tra le divinità degli invasori proto-germanici e quello delle genti preariane del nord Europa – aveva in realtà una struttura unitaria. Gli Æsir erano divinità appartenenti alla prima e alla seconda funzione, i Vanir della terza funzione. Il patto di pace che era seguìto alla guerra tra le due stirpi di dèi, sanciva il sorgere di un pantheon funzionalmente completo, in cui tutt'e tre le funzioni erano garantite dal nuovo sistema divino. La coesistenza in Ásgarðr di divinità asiche e divinità vaniche non era il risultato di un accomodamento teologico ma l'effettiva struttura originale del pantheon germanico. (¹)

Il mito irlandese della seconda battaglia di Mag Tuired mostrava una natura composita, in cui si potevano distinguere elementi provenienti da miti differenti. Secondo il modello scandinavo, ci si aspettava che il proto-mito irlandese dovesse schierare da una parte le divinità della prima e della seconda funzione, dall'altra le divinità della terza funzione; risultato della guerra era la riunione delle tre funzioni in una struttura unitaria. Ora i personaggi principali delle Túatha Dé Danann Lúg, Núada e Ogma – appartengono effettivamente alla prima e alla seconda funzione (essendo la terza funzione rappresentata soltanto dalle capacità artistico-artigianali, ma non dal controllo delle forze fecondanti).

La terza funzione – inerente alla fecondità e alle istanze economiche – in Scandinavia è rappresentata dai Vanir. Alla fine della guerra tra le due stirpi divine, Njörðr e i suoi figli Freyr e Freyja vengono accolti in Ásgarðr, completando il quadro funzionale del pantheon norreno. In Irlanda, il rapporto tra i Fomóraig e la terza funzione è molto debole: ricompare soltanto nella natura dei tributi che essi riscuotevano dai popoli di Ériu. Tuttavia, alla fine della seconda battaglia di Mag Tuired, quando Lúg cattura Bress, gli risparmia la vita a condizione che questi insegni alle Túatha Dé Danann come arare, seminare e mietere; Bress si mostra inoltre disposto a spiegare come incrementare la produzione di latte delle mucche e il numero dei raccolti annuali. Sono tutte caratteristiche inerenti alla terza funzione. Durante la reggenza di Bress, tuttavia, i raccolti andavano male e le vacche non davano latte, nonostante ci si aspetti che una divinità della terza funzione sia in grado di elargire fecondità e abbondanza. Evidentemente qualcosa non era andato per il verso giusto, tant'è vero che, vinta la battaglia, Bress è costretto a trasferire i suoi poteri alle Túatha Dé Danann. L'effetto è in ogni caso lo stesso che già avevamo visto in Scandinavia: il completamento del quadro funzionale nel sistema divino.

Detto questo, però, bisogna notare che tra il mito scandinavo della guerra divina e la seconda battaglia di Mag Tuired vi sono anche delle importanti differenze, dalle quali si evince che la tradizione irlandese sia andata incontro a una pesante rielaborazione. Dumézil ha visto, con molta perspicacia, che due elementi distinti concorrono a formare il mito della seconda battaglia di Mag Tuired: il mito della guerra tra due opposte schiere divine, e il mito di una battaglia combattuta dagli dèi contro dèmoni o divinità della precedente generazione. Così, l'episodio della riconciliazione di Bress con le Túatha Dé Danann apparteneva in origine al mito della guerra tra dèi, mentre la recisione della mano di Núada, opera di un essere demonico avverso agli dèi (come il lupo Fenrir della tradizione nordica, che stacca con un morso la mano di Týr), apparteneva probabilmente al ciclo della titanomachia. Secondo Dumèzil e De Vries, con l'arrivo del cristianesimo, quando andò perduta la comprensione dei miti pagani, gli avversari delle Túatha Dé Danann sarebbero stati interpretati come esseri demoniaci, cioè come Fomóraig. Questo avrebbe provocato come effetto che la battaglia non si concludesse, come nel mito nordico, con la riconciliazione tra i due avversari, bensì con la totale disfatta dei Fomóraig. L'adattamento del mito entro lo schema del ciclo delle invasioni avrebbe poi contribuito a creare ancora maggiore confusione. (Dumézil 1941-1945 | De Vries 1961)

VI - UN'ANALISI PIÙ DETTAGLIATA: CONFLITTO «ORIZZONTALE» E CONFLITTO «VERTICALE»

Ma possiamo condurre l'analisi in maniera ancora più fine. Sembra di riconoscere, nei vari sistemi mitologici indoeuropei, una struttura comune basata su due conflitti combattuti dagli dèi: uno «verticale» in cui gli dèi giovani sconfiggono i loro progenitori, le divinità della generazione titanica, e impongono il loro dominio sul cosmo; e un conflitto «orizzontale», in cui gli dèi di prima e seconda funzione si battono contro quelli di terza funzione, e che si conclude con la conciliazione e la riunificazione delle tre funzioni in un solo pantheon.

Il modello esemplificato nel mito germanico, gli Æsir combattono dapprima la battaglia «orizzontale» contro i Vanir, mentre il conflitto «verticale» contro i giganti, quegli Jötnar che degli dèi sono antenati e progenitori, si protrae lungo tutta la storia del cosmo per concludersi nel giorno di Ragnarök. Possiamo trovare altri esempi più o meno attinenti in India, in Grecia e a Roma. In tutti questi casi la riconciliazione funzionale sancisce la fine della battaglia «orizzontale», tra stirpi divine coeve e contrapposte.

Abbiamo infatti visto che alle Túatha Dé Danann sono state attribuite due battaglie in Mag Tuired, la prima a carattere «orizzontale», vinta contro i loro fratelli maggiori Fir Bolg; la seconda a carattere «verticale», vinta contro i loro progenitori Fomóraig. La riconciliazione funzionale qui sembra essere stata spostata – al contrario del modello proposto – al conflitto «verticale».

In effetti si può notare come sia stata la prima battaglia di Mag Tuired (e non la seconda) a essersi conclusa con una riconciliazione tra le due parti in conflitto. E questo avviene in maniera quasi inaspettata. Nonostante abbiano respinto tutti gli attacchi delle Túatha Dé Danann, e nonostante il campione Sreng abbia sconfitto Núada mozzandogli il braccio, i Fir Bolg lasciano alle Túatha Dé Danann la sovranità sull'Irlanda e si ritirano in esilio nel Connacht o nelle isole Aran. Nel mito scandinavo, i Vanir sfondano le fortificazioni degli Æsir e irrompono nella loro fortezza (Edda poetica > Völuspá [24]); quando i Vanir sembrano aver conseguito una quasi-vittoria, le due parti depongono le armi, si mettono a parlamentare e si riconciliano. Inoltre, nel mito scandinavo la guerra si conclude con uno scambio di ostaggi: Njörðr e i suoi figli vengono accolti in Ásgarðr. Analogamente, in quello irlandese, Tailtiu, la vedova del re, viene accolta tra le Túatha Dé Danann. Questi elementi permettono di considerare, al contrario di quanto riferito dalla maggior parte degli studiosi, la battaglia divina scandinava omologa alla prima (e non alla seconda) battaglia di Mag Tuired.

La seconda battaglia di Mag Tuired, con la vittoria delle Túatha Dé Danann sui Fomóraig, sembra invece più vicina al conflitto degli Æsir con gli Jötnar. Nel mito nordico i giganti sono i progenitori degli dèi, così come in Irlanda le Túatha Dé Danann discendono dai Fomóraig. Sconfiggendo questi ultimi, gli dèi irlandesi si assicurano il dominio di Ériu. I Fomóraig superstiti vengono ricacciati in mare o nelle loro isole.

Come già avevano notato Dumézil e De Vries, il destino di Bress si stacca chiaramente da quello dei suoi compagni Fomóraig, evidenziando in pieno la sua appartenenza alla cerchia degli dèi. La ragione appare evidente: il mito di Bress appartiene a un ciclo diverso. Abbiamo già notato come Elatha figlio di Delbáeth sia affine a Njörðr: il racconto di Elatha che giunge in barca presso Eri figlia di Delbáeth, da cui nasce il bellissimo Bress è probabilmente da mettere in correlazione col racconto nordico di Njörðr, dio della navigazione, che si unisce alla propria sorella e genera i due figli Freyr e Freyja. Bress presenta molte relazioni con Freyr, non ultimo il fatto che di entrambi è narrato che occuparono un trono, pur non avendone diritto (Freyr sedendosi abusivamente sul seggio di Hliðskjálf, riservato a Óðinn; Bress subentrando a Núada grazie alla sua elezione da parte delle donne danann) (¹). Probabilmente tutta questa sezione è «slittata» dalla conclusione del conflitto «orizzontale» a quello del conflitto «verticale».

 

MITO SCANDINAVO

MITO IRLANDESE

Conflitto «orizzontale»

Conflitto «verticale»

Conflitto «orizzontale»

Conflitto «verticale»

  Gli Æsir discendono dai giganti [Jötnar], antichi dominatori del mondo.   Le Túatha Dé Danann discendono in parte dai Fomóraig, i quali impongono loro pesanti tributi.

Due schiere divine, gli Æsir e i Vanir, si affrontano in una guerra, le cui cause non sono ben chiarite.

 

 

Le Túatha Dé Danann giungono in Irlanda e combattono contro i Fir Bolg, stirpe di comune ascendenza e stessa lingua.  
I Vanir sfondano il fortificazioni degli Æsir e ne violano la fortezza. I Fir Bolg respingono valorosamente gli attacchi delle Túatha Dé Danann. Entrambe le parti compiono prodigi di valore, ma nessuna supera l'altra.

 

Il lupo Fenrir stacca con un morso la mano di Týr. In un duello giurisdizionale, Sreng sconfigge il re danann Núada mozzandogli il braccio.
La guerra si conclude con una riconciliazione tra le due parti e con un patto di pace.

 

La guerra si conclude con una riconciliazione tra le due parti, in cui i Fir Bolg lasciano la regalità di Ériu alle Túatha Dé Danann.
Njörðr, dio della navigazione, si unisce alla propria sorella e genera i due figli Freyr e Freyia.

Il re fomóir Elatha figlio di Delbáeth giunge con una barca presso Eri figlia di Delbáeth e generano Bress.

In base al patto di pace, Njörðr e i suoi figli Freyr e Freyja vengono accolti in Ásgarðr.

Bress, figlio del re fomóir Elatha mac Delbáeth, viene adottato dalle Túatha Dé Danann.

Freyr si siede abusivamente sul seggio di Hliðskjálf, riservato a Óðinn.

Bress succede a Núada grazie alla sua elezione su insistenza delle donne danann.

Accolta in Ásgarðr, Freyja viene data in moglie a Óðr [lo stesso Óðinn].   Tailtiu, sposa del defunto re dei Fir Bolg, viene accolta nelle Túatha Dé Danann e data in moglie a Eochaid Garb.  
L'arrivo di Njörðr e dei suoi figli tra gli dèi di Ásgarðr completa il quadro funzionale del pantheon norreno.  

Bress insegna alle Túatha Dé Danann come arare, seminare e mietere, completando il quadro funzionale del pantheon irlandese.

  Gli Æsir strappano ai giganti il dominio sull'universo, ricacciandoli ai confini del mondo.   Le Túatha Dé Danann sconfiggono una volta per tutte i Fomóraig nella seconda battaglia di Mag Tuired.

VII - TETHRA, IL SIGNORE DELL'ABISSO

Come abbiamo visto nella nostra analisi, i Fomóraig sono probabilmente da intendersi come divinità di una generazione anteriore a quella delle Túatha Dé Danann: gli antichi padroni del mondo, i signori delle epoche remote, a cui gli dèi giovani strappano il dominio del mondo, esiliandoli ai confini dello spazio e inaugurando una nuova età. In questo, i Fomóraig sono paragonabili ai Titani greci, agli Jötnar del mito nordico, agli Asura indiani, secondo un mitologema che risale probabilmente alla stessa Mesopotamia, con il conflitto che oppone gli dèi Igigi agli antichi Anunnaki.

In effetti sembra di capire che i Fomóraig regnassero in Ériu nei tempi più antichi. Analizzare i nomi di alcuni dei loro capi potrebbe portare a dei risultati interessanti. Un caso emblematico è costituito da Tethra. Questo personaggio non compare mai direttamente ma è nominato diverse volte nei testi, in contesti assai curiosi. La figlia di Indech dice al Dagda: «non potrai fermarmi perché chiamerò i figli di Tethra dai síde» (Cath Maige Tuired). I síde sono le colline fatate d'Irlanda, al cui interno sono celati i regni ultraterreni in cui viene conservata la perfezione dei tempi primordiali. Da qui non bisogna necessariamente pensare, che Tethra sia stato una specie di re della terra dei morti (De Jubainville 1884), quanto piuttosto una sorta di re dell'età dell'oro, come il Krónos greco, poi divenuto un re dell'Elisio. D'altronde, nel famoso Canto di Amairgin vi sono due versi che recitano:

Cia beir buar o thig Tethrach?
Cia buar Tethrach tibi?

Chi conduce le mandrie dalla dimora di Tethra?
Chi sono le mandrie ridenti di Tethra?

Canto di Amairgin

Se riuscissimo a rispondere a queste domande (di questo si tratta, di indovinelli di cui non conosciamo la risposta), ne sapremmo di più su Tethra e sui Fomóraig, popolo legato al mare. Secondo Melita Cataldi, tit Tetrach «casa di Tethra» sarebbe una metafora per il mare; molti studiosi sono infatti d'accordo sul fatto che le buar Tetrach «mandrie di Tethra», siano i pesci; la Cataldi pensa piuttosto alle stelle che, con il loro corso, sembrano sorgere dalle profondità marine (Cataldi 1982). In effetti Tethra sembra avere molti punti in comune anche con il signore del mare, Manannán mac Lir, entrambi signori del gioioso oltremondo.

Il fatto che a Tethra sia attribuita una spada, Orna, in grado di parlare e di riferire le passate battaglie, ha fatto ritenere – forse non a torto – che lo stesso Tethra fosse stato un guerriero (da qui alcuni studiosi hanno anche pensato che Tethra fosse stato un signore dei guerrieri uccisi, un po' come Óðinn nel mito nordico). La difficoltà è nel fatto che Cath Maige Tuired, nell'elencare tutti i capi dell'esercito fomóir, non cita Tethra, come se questi non avesse preso parte alla battaglia. Forse qualche mito perduto spiegava dove si trovasse Tethra e chi avesse perduto la sua spada sul campo di Mag Tuired. Il fatto che il redattore del racconto abbia riportato la tradizione del ritrovamento della spada di Tethra da parte di Ogma, significava che il racconto dovesse aver avuto un preciso significato. Il fatto poi che l'episodio sia riferito quasi come appendice alla narrazione principale, dopo che il testo ci ha riferito della morte dello stesso Ogma, non fa che sottolinearne l'importanza. Peccato che, non disponendo di altre fonti, per noi sia soltanto un interessante inciso.

VIII - OGMA, IL CAMPIONE

Tra i maggiori esponenti delle Túatha Dé Danann, la figura di Ogma non spicca in maniera chiara. Il testo del Cath Maige Tuired lo definisce trénfer «campione» e lo descrive essenzialmente come un prode e potente guerriero. Ogma è, secondo la definizione di D'arbois de Jubainville, il tipo d'uomo che fa della lotta la propria professione (De Jubainville 1884 | De Vries 1961). Questo naturalmente non basta a tracciare una sicura omologia tra Ogma e altri personaggi appartenenti alla seconda funzione, come Hēraklês o Þórr, come ha proposto Georges Dumézil cercando di incasellare i vari personaggi del mito irlandese nella sua griglia trifunzionale (Dumézil 1941), per il semplice motivo che non disponiamo di dati più precisi.

Nei testi genealogici, Ogma è detto figlio di Elatha figlio di Delbáeth, quindi fratello tra gli altri del Dagda Mór e di Bress. Il Cath Maige Tuired ci fornisce il nome della madre, Ethné o Ethlenn. Figlio di Ogma è Delbáeth Tuirell Bícreo, il padre dei Trí Dée Danann.

Pietra con iscrizione ogamica

Pochi miti sono stati tramandati su di lui. Durante lo sciagurato regno di Bress, Ogma era stato incaricato di trasportare la legna dalle isole, ma era talmente debole per la mancanza di cibo che il mare gli strappava due terzi del carico, così riforniva la gente un giorno sì e un giorno no (¹). Sfidò Lúg a una gara di forza sollevando una pietra della pavimentazione della reggia di Temáir, così pesante che solo ottanta buoi sarebbero riusciti a smoverla, e la scagliò attraverso la parete fuori dal recinto; ma Lúg si dimostrò ancora più abile, lanciando la pietra dentro la reggia e facendola ricadere esattamente al suo posto (²). Viene così definita la forza di Ogma, potenza cieca e disorganizzata, forza distruttiva e non creativa.

Il nostro eroe diede un importante contributo alla vittoria delle Túatha Dé Danann nella seconda battaglia di Mag Tuired. Come aveva precedentemente annunciato, Ogma abbatté un terzo dell'armata fomóir e infine affrontò Indech mac Dé Domnann, il re dei Fomóraig, in un duello in cui entrambi rimasero uccisi. Ma dopo averne annunciato la morte, il Cath Maige Tuired fa ricomparire Ogma in un paio di episodi slegati dalla vicenda principale, evidentemente dei flash-back svoltisi in precedenza. Dapprima, Lúg, Ogma e il Dagda si recano nel campo dei Fomóraig per recuperare l'arpa del Dagda. Poi, Ogma trova la spada di Tethra, un altro re fomóir, la quale gli parla rivelandogli le passate imprese a cui aveva preso parte.

Questo è tutto quanto il mito riferisce di Ogma. Si tratta di notizie laconiche, slegate tra loro, che non ci aiutano a definire il personaggio; è difficile utilizzarle per tracciare delle omologie precise con personaggi affini di altre tradizioni mitologiche.

Ma Ogma ha un'altra importante caratteristica: secondo l'Auraicept na n-Éces, la «Contesa dei poeti», il trattato sulla scrittura ogamica presente nel Lebor Baile an Móta o «Libro di Ballymote», questa scrittura – caratterizzata da una serie di incisioni effettuate lungo lo spigolo di una pietra – sarebbe stata inventata proprio da Ogma come mezzo di comunicazione segreto tra iniziati. L'informazione è confermata da Nennius, che definisce Ogma «il fratello del re [Dagda] che creò le lettere degli Irlandesi» [Ogma frater regis qui litteras Scottorum invenit] (Historia Brittonum [13]). Questa notizia ci rimanda in ambito continentale, dov'è attestato un dio chiamato Ogmios. Ce ne dà notizia Lucianus Samosatæ, il quale afferma che i Galli chiamavano Hercules col nome indigeno di Ogmios e lo rappresentavano come un vegliardo calvo e grigio, con la pelle grinzosa e abbronzata. Ogmios, nell'immagine descritta da Lucianus, trascinava con sé schiere di uomini, incatenati per le orecchie alla lingua del dio: chiara metafora dell'eloquenza e della parola fascinatrice. Un saggio celta aveva spiegato a Lucianus che i Celti chiamavano il lógos non Hērmês, come i Greci, ma Hēraklês, perché questi sarebbe stato molto più potente.

È interessante che la tradizione irlandese, pur nella sua esiguità, presenti un rapporto tra Ogma e la parola, il lógos, anche se qui si tratta di parola scritta (o piuttosto incisa sulle pietre) e non della parola viva e vibrante del discorso orale. Si potrebbe pensare che i nomi Ogmios e Ogma si accordino a vicenda, senonché vi è qualche difficoltà di ordine filologico. Se il nome irlandese Ogma fosse indigeno, avrebbe dovuto assumere la forma *Ome; ma poiché esso suona appunto Ogma, deve essere stato preso dalla Gallia in tempi piuttosto recenti (Mac Neill 1919). Affermare che il nome del dio derivi da quello della scrittura ogam (MacCulloch 1911) non ha senso, perché altrimenti l'Ogmios gallico si dissolverebbe nel nulla (De Vries 1961). Senza entrare nei dettagli, una possibile soluzione al problema può essere stata una scelta tardiva del nome del dio, che sarebbe divenuta improvvisamente molto popolare in Gallia e quindi assunta dagli Irlandesi già intorno al I secolo (oppure il nome sarebbe stato attinto più tardi, direttamente da Lucianus). Qualunque sia la soluzione, poiché è probabile che il dio sia molto antico, sembra evidente che il nome e forse anche il suo carattere vennero ridisegnati in epoca tarda. Questo potrebbe spiegare le discrepanze presenti nelle descrizioni del personaggio in ambito gallico e irlandese.

IX - BRÍGIT, L'EMINENTE

Il nome Bríg o Brígit «alta, nobile, eminente» presuppone una forma originaria *Brigantī-, probabilmente da una radice proto-celtica *brīgō- (cfr. irlandese bríg e gallese bri «dignità, onore»). Filologicamente, la dea Brígit è la versione irlandese di quella dea che in Britannia aveva nome Brigantia (Bricta, Brigindona) ed era la dea eponima del popolo dei Briganti.

Brígit compare quasi di sfuggita nel Cath Maige Tuired. Vi è presentata come figlia del Dagda Mór e madre dello sfortunato Rúadán, il cui padre è Bress. Quando Rúadán venne ucciso, Brígit levò la prima lamentazione funebre che fu udita in Ériu. Il testo aggiunge ancora che fu lei a inventare un fischio per dare il segnale d'allarme durante la notte. A parte queste laconiche notizie, le fonti mitologiche tacciono completamente di lei.

Qualche altra notizia la fornisce Cormac mac Culennáin nel suo glossario, dove a Brígit, a cui si attribuisce una profonda sapienza poetica, vengono associate due sorelle dallo stesso nome, rispettivamente patrone della medicina e delle arti metallurgiche:

Brigit .i. banfhile ingen inDagdai. iseiside Brigit baneceas, no be neicsi. .i. Brigit bandee noadradís filid. arba romor ך baroán afrithgnam. isairesin ideo eam (deam) vocant poetarum hoc nomine cujus sorores erant Brigit be legis Brigit bé goibnechta .i. bandé .i. trihingena inDagdai insin. de quarum nominibus pene omnes Hibernenses dea Brigit vocabatur. Brigit din .i. breoaigit no breoshaigit.

Brígit. Poetessa, figlia del Dagda. Tale Brígit era una donna di sapienza, una vatessa. I filid la veneravano come una dea: eletto e nobile era ili patronato di Brígit, e per questo la dea dei poeti veniva invocata con il suo nome. Lei e le sue sorelle, Brígit la guaritrice e Brígit la forgiatrice, erano le tre figlie del Dagda, e dal loro nome gli Irlandesi chiamavano Brígit tutte le dee.

  Cormac mac Culennáin: Sanas Cormaic [150]

Questa triplicità di Brígit rientra nel quadro della moltiplicazione delle forze divine tanto cara al pensiero celtico. Il fatto che Brígit venga definita «patrona della dottrina» e le si attribuisca un culto particolare da parte dei poeti, è anche testimoniato da Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating] che la chiama bainfíle «poetessa». Che Brígit fosse considerata una dea del lavoro creativo e anche una dea guaritrice, è pure indicato dal fatto che i Romani avevano identificato la Brigantia britannica con Minerva. A Brígit era dedicata la festa di Imbolc, il 1° febbraio, che segnava il culmine dell'inverno, il momento in cui la discesa nelle tenebre si arrestava e la ruota dell'anno ricominciava la sua salita verso la luce. Nella festività si accendevano candele e fiammelle per celebrare l'inizio del ritorno alla vita e la certezza che le giornate sarebbero presto diventate più luminose (¹). Brígit doveva dunque essere, almeno in origine, una dea della luce nascente.

In effetti, secondo alcuni studiosi, Brigantia/Brígit sarebbe stata l'esito celtico dell'antichissima dea indoeuropea dell'aurora, il cui nome è ricostruito nella forma *H2EUSŌS, e i cui esiti sono l'indiana Uṣas, la greca Héōs e la romana Aurora. Un antico epiteto di questa dea è attestato nei testi vedici, dove Uṣas è chiamata bṛhatī, la «grande». In fase di differenziazione della cultura celtica, il nome originale della dea sarebbe stato sostituito da una forma omologa di tale epiteto, che in proto-celtico suonava *Brigantī-, da cui i nomi celtici della dea: in britannico Brigantia e in irlandese Brígit. (Campanile 1994)

Con l'introduzione nel cristianesimo, la dea fu accolta nel nuovo culto come noíb Brígit (od. naomh Bríd, santa Brigida di Kildare), patrona d'Irlanda. La vita di noíb Brígit (ca. 455-525) copre gli anni tra la missione di Pátraic e la spettacolare ascesa del monachesimo nel VI secolo, ed è legata alla fondazione del più antico monastero d'Irlanda, Nonostante questa «Maria dei Gaeli» sia divenuta così popolare, nella devozione degli irlandesi, da rivaleggiare in importanza con noíb Pátraic, sembra di scorgere una continuità quasi perfetta tra la dea pagana e la santa cristiana, tanto che è persino lecito chiedersi quanti dettagli della biografia e degli attributi di noíb Brígit siano derivati dalla mitologia di Brígit, o addirittura se noíb Brígit stessa sia mai esistita e non sia stata, fin dall'inizio, una «canonizzazione» della dea pagana. Fatto sta che la prima agiografia a lei dedicata, la Vita Brigitæ, scritta in latino intorno al 650 da un ecclesiastico a nome Cogitosus, non contiene alcun elemento storico ma affonda già le sue radici nel mito. (Ó Ríordáin 2001)

Il padre di Brígit , Dubthach mac Demre, è descritto appartenente alla nobiltà, mentre sua madre Broicsech era una schiava. Si pensa che il padre fosse pagano e la madre cristiana. A causa della gelosia della moglie principale di Dubthach, Broicsech fu esiliata al Fochard-Muirthemne (vicino Dundalk) quando era ancora incinta: Brígit venne alla luce nella zona di Fothartha Airbrech (presso Croghan Hill, sul confine tra le odierne contee di Offaly e di Kildare). Si dice che Brígit sia stata affidata alle cure di una donna che le diede una formazione letteraria, la istruì faccende domestiche e nella gestione di una cascina. Si dice anche che Brígit abbia respinto alcune buone offerte di matrimonio, fatto che mandò il padre su tutte le furie. Ma avendo dedicato la propria verginità al Signore, Brígit non si sarebbe facilmente fatta distogliere dal proprio scopo. (Ó Ríordáin 2001)

Vi sono varie tradizioni circa le circostanze della sua professione religiosa. L'inno a lei dedicato da San Broccán dice che la santa e altre sette giovani si recarono a Crúachan Brí Éle (contea di Offaly) per farsi conferire dal vescovo Mel l'«ordine delle penitenza»; il vescovo fu lieto di benedire l'impegno delle ragazze ma per errore conferì a Brígit l'«ordine episcopale». Quando successivamente gli fu chiesto come avesse potuto leggere le preghiere sbagliate, Mel rispose che lo Spirito Santo aveva sottratto la cosa al suo controllo! Brígit ebbe così i privilegi di un vescovo, di cui godettero anche le badesse che le succedettero al monastero di Kildare. (Ó Ríordáin 2001)

Noíb Brígit viene descritta in perpetuo viaggio per l'Irlanda – tradizionalmente su una biga – a diffondere il Vangelo, guarire i malati, rabbonire i potenti, praticare la carità con una liberalità e una generosità proverbiali, nonché a pascere le sue pecore sul «pascolo di Brigida», quella piana di cinquemila acri altrimenti nota come il Curragh di Kildare. Secondo la tradizione, morì nel giorno di Imbolc (1° febbraio) di un anno compreso all'incirca tra il 525 e il 530. (Ó Ríordáin 2001)

Molti particolari dell'agiografia di Santa Brigida nascondono senza dubbio miti che un tempo appartenevano alla dea Brígit. Anzi, talvolta sembra addirittura di individuare, da molti particolari, la sua antichissima natura di dea dell'aurora: il fatto che Santa Brigida nascesse all'alba (i Greci chiamavano l'aurora herigèneia), che suo padre avesse nome Dubthach mac Demre «scuro figlio di cupo» (Brigida proveniva dall'oscurità della notte), che sua madre Broicsech la partorisse sulla soglia di casa (e dunque a metà fra il buio all'interno e la luce all'esterno) (Campanile1994). La sua morte, avvenuta nel giorno di Imbolc, la lega a doppio filo a Brígit, dea della luce nascente, a cui quel giorno era appunto dedicato. Nelle immagini popolari, noíb Brígit  è tuttora rappresentata reggente in mano una fiammella, a ricordo delle candele e delle luci che venivano accese nelle celebrazioni di Imbolc, ma anche accompagnata da agnelli o altri animali da cortile, perché Imbolc celebrava anche la nascita degli agnellini e quindi la produzione del latte.

X — RÚADÁN E IL «LAMENTO DELLA MADRE»

La scena di Rúadán – un episodio minore del Cath Maige Tuired – nasconde qualche risvolto interessante, che non ci risulta sia stato notato prima d'ora dagli specialisti.

Rúadán venne ucciso, trafitto da una lancia, mentre spiava nel campo delle Túatha Dé Danann per conto dei Fomóraig. Quando egli morì, afferma Cath Maige Tuired, sua madre Brígit pianse e levò il primo lamento funebre che mai si fu udito in Irlanda. Ora, pur considerando l'episodio come una spiegazione eziologica dell'uso di lanciare pubblici lamenti alla morte di un congiunto, rimane il fatto che il pianto di Brígit viene particolarmente sottolineato. La ricerca di qualche episodio analogo in altre tradizioni conduce subito nel mondo della mitologia scandinava, dove Baldr, figlio di Frigg, viene anch'egli ucciso con un colpo di lancia.

Una strofa della Völuspá, uno dei più bei canti dell'Edda poetica, ricorda il pianto della madre:

En Frigg of grét
í Fensölum
vá Valhallar.
Vituð ér enn eða hvat?

Ma Frigg pianse
in Fensalir
il dolore di Valhöll.
Che altro tu sai?

Edda poetica > Völuspá [33]

Il lamento di Brígit è il primo pianto udito in Irlanda: prelude ai molti dolori che funesteranno la futura storia dell'Isola di Smeraldo. Con il suo pianto, Frigg lamenta invece il «dolore di Valhöll», perché suo figlio Baldr era il garante della perfezione originaria e la sua morte condurrà il mondo al Ragnarök. Il pianto di Brígit e quello di Frigg hanno un medesimo significato: non si dolgono soltanto della presente perdita di un figlio, ma in quanto pianti «primi», dunque archetipici, fondano una consuetudine e preludono a un fato sanguinoso, al crollo morale dell'universo, a un futuro in cui il lamento delle madri per i figli caduti sarebbe divenuta la norma del mondo e della storia. L'uccisione di Rúadán acquista, se vista in quest'ottica, un significato ben più importante di quanto traspaia a una semplice lettura del testo.

A questo punto si sarebbe tentati di mettere in correlazione Brígit e Frigg. Purtroppo le due figure non appaiono direttamente confrontabili. Alcuni studiosi hanno anche cercato di avvicinare i nomi Bríg e Frigg ma, aldilà della somiglianza fonetica, le due parole derivano da radici differenti e non hanno connessioni etimologiche.

Per il resto il mito di Rúadán presenta scarse connessioni con quello di Baldr, che conosciamo nei dettagli. Sappiamo che Baldr venne trafitto da un ramoscello di vischio, l'unico essere a non aver prestato il giuramento universale di non arrecare male al figlio di Frigg. Fu Loki a porre il ramoscello al cieco Höðr, che lo scagliò in guisa di lancia o di dardo. Sono dettagli che non si presentano nel racconto irlandese. Qui, a molare la lancia di Rúadán, è una donna: Crón, madre di Fíanlach. E poiché fu lei a consegnargli l'arma – dice il testo del Cath Maige Tuired – da allora in gaelico si chiamò «lancia della madre» il subbio delle tessitrici. Come nota la Cataldi, secondo l'antica legge irlandese, un giovane guerriero poteva essere iniziato solo dalla famiglia del padre: la «lancia della madre» [gae máthri] non era infatti una vera lancia, ma un elemento del telaio domestico (Cataldi 1985).

Ma c'è di più. Nella Njáls saga si racconta che, alla vigilia della Battaglia di Clontarf (23 aprile 1014), con la quale re Brian Borom cacciò definitivamente i Vichinghi dall'Irlanda, furono viste valchirie tessere le sorti della battaglia su telaio i cui elementi erano formati da lance, dardi e spade, i cui contrappesi erano teschi umani e il cui ordito era insanguinato dal sangue dei guerrieri. Il canto delle valchirie è conosciuto come Darraðarljóð, «canto magico dello stendardo». Crón – personaggio che non compare altrove nelle leggende irlandesi – sembra dunque essere una sorta di valchiria che, nel consegnare a Rúadán una lancia che è anche un elemento di quel macabro telaio sulla quale vengono tessute le sorti dei guerrieri, consegna il giovane al suo destino di morte. Nel mito nordico, la dea degli inferi, Hel, acconsentì a liberare Baldr se tutte le creature del mondo ne avessero pianto la morte, e tutte lo fecero, tranne la gigantessa Þökk, la quale non ebbe per il figlio di Frigg che «lacrime asciutte». In tal modo, Þökk ottenne che Baldr morisse e che l'universo piombasse in quell'èra di lance e di spade, di venti e di lupi, che ne segna il crollo morale e lo condurrà al la distruzione finale. Da questo punto di vista, dunque, Þökk e Crón appaiono agire secondo schemi analoghi: macchinano rispettivamente la morte di Baldr e quella di Rúadán, segnando così – volutamente – il destino dell'universo.

Detto questo, bisogna purtroppo ammettere che le attinenze, da noi rilevate, tra il mito di Baldr e quello di Rúadán si basano su dettagli minori. Tanto per dirne uno, la morte di Baldr è un evento cardine del mito nordico, mentre quella di Rúadán appare come un episodio secondario. Questo è vero, ma forse soltanto perché il materiale tramandato dal testo del Cath Maige Tuired è andato incontro a maggiori alterazioni; il redattore del testo ha trascritto molti episodi di cui non comprendeva più il significato, nondimeno li ha trasmessi perché li sapeva parte integrante della tradizione. Nonostante tutto, un'attenta comparazione tra i due miti, mostra la presenza antichissimi motivi rimasti impigliati nell'episodio di Rúadán. La costruzione è molto fragile, nondimeno valeva la pena riferirla.

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BIBLIOGRAFIA
Intersezione Aree: Holger Danske
Sezione Miti: Asteríōn
Area Celtica: Óengus Óc
Ricerche e testi di Dario Giansanti e Oliviero Canetti.
Ha collaborato: Mara Ricci.
Creazione pagina: 01.01.2006
Ultima modifica: 27.10.2016
 
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