1 - LA MINACCIA DI INDECH
Fomóraig marciarono fino allo
Scétne, mentre gli uomini delle
Túatha Dé Danann erano a Mag Aurfolaig: le due
schiere stavano per scontrarsi in battaglia.
— Gli uomini di Ériu
vogliono darci battaglia? — chiese Bress mac
Elathain a Indech mac Dé Domnann.
— Sarò
io a dar loro battaglia — rispose Indech.
— E ti dò la mia parola che
le loro ossa finiranno a pezzetti se non accetteranno le nostre
condizioni e non ci pagheranno il tributo.
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2 -
LÚG PREPARA GLI ESERCITI PER LA BATTAGLIA
e
Túatha Dé Danann portavano gran rispetto a
Lúg,
e temevano per l'eroe dai molti talenti una morte precoce; perciò avevano deciso di non lasciarlo andare a
combattere. Allo scopo avevano lasciato nove tutori a sorvegliarlo: Tollusdam, Echdam, Eru, Rechtaid Finn, Fosad, Feidlimid, Ibar, Scibar
e Minn.
Lúg approntò l'esercito di Ériu in
vista della prossima battaglia e provvide a organizzare gli incantesimi con i
quali maghi e druidi avrebbero sconvolto le file nemiche.
Coloro che tra le
Túatha Dé Danann avevano
rango più alto si erano radunati intorno a lui. Lúg
chiese a ciascuno quale contributo avrebbe dato per favorire le sorti della
battaglia.
— Non è
difficile — disse Goibniu, il fabbro. — Anche se gli uomini di Ériu rimanessero
in battaglia per sette anni, ogni lancia spuntata e ogni spada spezzata
sarà sostituita nel volgere di un solo giorno. Nessuna punta di lancia forgiata
dalla mia mano mancherà il bersaglia; nessuna carne trafitta da quella lancia mai più
assaporerà la vita, e questo è molto di più di quanto Dolb,
il fabbro fomóir, sia capace di fare.
— Non è difficile — disse Crédne, l'artigiano del bronzo.
— Io fornirò chiodi per le lance, else per
le spade, umboni e bardature per gli scudi.
— Non è difficile — disse Luchta, il carpentiere.
— Fornirò agli uomini di
Ériu gli scudi e le aste
delle lance di cui avranno bisogno.
— Non è difficile — disse Dían Cécht, il guaritore.
— Curerò nel giro di un giorno qualsiasi ferito,
in modo che sia pronto a combattere per il mattino seguente. A patto che non
abbia tagliata la testa, trafitto il cervello o mozzata la spina dorsale.
— Non è difficile — disse Ogma il campione.
— Combatterò il re dei
Fomóraig, respingerò tre volte
nove dei suoi alleati, e sconfiggerò in nome degli uomini di Ériu un terzo
dell'armata nemica.
— Non è difficile — disse la Mórrígan.
— Sono risoluta: inseguirò chiunque sia stato avvistato,
ucciderò e annienterò quelli che potranno essere catturati.
— Non è difficile — dissero gli stregoni. — Vedremo le piante dei piedi dei
Fomóraig, quando le
nostre arti magiche li avranno abbattuti. Potranno facilmente essere
uccisi, dopo che noi li avremmo privati di due terzi della loro forza
costringendo l'urina dentro di loro.
— Non è difficile — dissero i coppieri. — Faremo venire ai
Fomóraig una sete inestinguibile, ma
nasconderemo loro ogni lago e fiume di Ériu, sicché non potranno placare
l'arsura in alcun modo.
— Non è difficile — dissero i
druidi. — Rovesceremo sui volti dei
Fomóraig
scrosci di fuoco, così che non
potranno alzare gli occhi e i nostri guerrieri potranno usare la loro forza
per ucciderli.
— Non è difficile — disse Coirpre, il satirista.
— Pronuncerò
maledizioni contro i Fomóraig, li satireggerò e li priverò del loro onore. Per
la forza della mia arte non potranno più opporsi ai guerrieri di Ériu.
— Non è difficile — dissero Bé Chuill e Dínann,
le due streghe delle
Túatha Dé Danann.
— Faremo
un sortilegio agli alberi, alle pietre e alle zolle di terra, in modo
che i
Fomóraig vedano
in esse schiere di armati e fuggano terrorizzati e tremanti.
— In quanto a me, non
è difficile — disse per ultimo il Dagda Mór.
— Io mi metterò al fianco degli
uomini di Ériu, sia menando colpi che annientando con la magia druidica. Là dove
si scontreranno entrambe le schiere, sul campo di battaglia di Mag Tuired, le
ossa dei nemici sotto la mia mazza saranno come chicchi di grandine sotto gli
zoccoli di un branco di cavalli.
In tal modo
Lúg, rivolgendosi alle
Túatha Dé Danann, parlò con
ciascuno della propria arte e infuse tale forza che ognuno di loro trovò in sé
il coraggio di un re o di un principe.
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3 - HA INIZIO LA
SECONDA BATTAGLIA DI MÁG TUIRED
l giorno di
Samain gli eserciti delle
Túatha Dé Danann
e dei
Fomóraig si schierarono nella
piana di Mag Tuired, il luogo scelto per la grande battaglia. In quella stessa
pianura, trent'anni prima, le
Túatha Dé Danann avevano combattuto contro i
Fir Bolg,
e li avevano sconfitti, strappando loro la regalità di Ériu.
Per questa ragione gli antiquari distinguono una prima
battaglia di Mag Tuired, combattuta dalle
Túatha Dé Danann contro i
Fir Bolg, e una seconda battaglia di Mag Tuired, combattuta contro i
Fomóraig. Altri si
riferiscono ai due scontri rispettivamente come alla battaglia di Mag Tuired
Theas, a sud, e alla battaglia di Mag Tuired Thuaid, a nord. Come recitano
questi versi:
Trent'anni, è cosa nota,
dalla battaglia di Mag Tuired
Sud
alla battaglia di Mag
Tuired Nord,
nella quale cadde Balor dalle grandi schiere. |
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4 - INCANTESIMI E PRODEZZE DELLE
TÚATHA DÉ
DÁNANN
ominciò
dunque la battaglia tra le due schiere, e all'inizio non vi presero parte né re
né principi, ma guerrieri altrettanto forti e alteri. Gli scontri si ripetevano
ogni giorno, e tra i
Fomóraig cominciò a strisciare una
certa perplessità. Le loro armi spezzate rimanevano sul campo
così com'erano, e gli uomini dati per morti non presentavano
alcun segno di vita il giorno seguente. Non era così però per
le
Túatha Dé Danann: il giorno
seguente le loro armi erano ancora più potenti di prima, e
coloro che erano stati feriti o uccisi scendevano di nuovo in battaglia vivi e
vegeti.
Questo perché
Goibniu il fabbro,
nella sua fucina, forgiava spade e lance e
giavellotti con solo tre colpi. Contemporaneamente
Luchta il
carpentiere faceva le aste delle lance con tre colpi d'ascia, di cui il terzo
era quello di rifinitura che permetteva all'asta di entrare nel giunto della
lancia. Quando le aste erano messe a lato della fucina,
Luchta gettava le aste
nei giunti delle lance e non era più necessario sistemarle ancora. Allora
Crédne il calderaio con tre colpi
fabbricava i chiodi e li
scagliava nei giunti delle lance e non era più necessario
ribatterli, tanto rimanevano ben conficcati.
E in quanto ai morti e ai feriti, provvedevano
Dían Cécht e i suoi tre figli
Míach,
Ochtriuil e
Airmed. Una magica fonte si trovava ad Achad Able,
a ovest di Mag
Tuired e a est di Loch Arboch: era la fonte di Sláine.
Dían Cécht vi aveva messo dentro ogni erba che
crescesse in Ériu, sicché la fonte si chiamava anche
Loch Luibe «Lago delle erbe». In quelle acque,
Dían Cécht e i suoi tre figli immergevano gli uomini
feriti a morte, recitando su di essi incantamenti e formule druidiche. E i
morti e i feriti emergevano dalla fonte non solo perfettamente
integri, ma dotati di un tale ardore che li rendeva molto più
agili nel combattimento di quanto non fossero mai stati prima.
Qui c'è sembra esserci una piccola incoerenza: stando a quel che il testo del
Cath Maige Tuired aveva riferito in
precedenza, Míach
era già stato ucciso dal padre Dían Cécht dopo la
guarigione di Núada. |
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5 - MORTE DI RÚADÁN
a
situazione si profilava sfavorevole per i
Fomóraig, ed essi scelsero un uomo
che spiasse il campo e le abitudini delle
Túatha Dé Danann. Inviarono
Rúadán, figlio di
Bress e di
Brígit
figlia del Dagda. I
Fomóraig ritennero che il
giovane avesse dato meno nell'occhio, avendo sangue danann.
Rúadán andò e riferì ai
Fomóraig dei prodigi operati dal fabbro, dal
carpentiere e dal forgiatore del bronzo, e parlò inoltre dei
quattro guaritori che attendevano alla fonte di Sláine.
Allora i
Fomóraig lo rimandarono indietro per uccidere
uno degli uomini più importanti dell'áes dána,
Goibniu il fabbro.
Rúadán tornò al campo
danann e chiese a
Goibniu di dargli una punta di lancia, poi
chiese a
Crédne dei chiodi e a
Luchta un'asta. Tutto quello
che chiese gli venne dato. Ebbene, c'era una donna che affilava le
armi: Crón madre di Fíanlach; fu lei che molò la
lancia di Rúadán. E giacché fu lei, una madre, a
consegnargli l'arma, da allora in gaelico si chiamò «lancia della madre»
il subbio delle tessitrici.
Dopo che gli fu data la lancia,
Rúadán si
voltò e la scagliò contro
Goibniu. Ma
Goibniu la
estrasse e la rivolse contro il giovane, trafiggendolo.
Rúadán morì alla presenza del padre
nell'assemblea dei
Fomóraig. Venne allora sua madre
Brígit e gridò e poi pianse la morte del figlio, e si dice che quello fu
il primo lamento funebre che si fosse mai udito in Ériu.
Goibniu si bagnò poi
nella fonte di Sláine e ne uscì guarito.
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6 - IL TUMULO DI OCTRÍALLACH
i
era
tra i
Fomóraig un guerriero,
Octríallach
figlio di Indech. Disse ai guerrieri
Fomóraig di
andare a prendere delle pietre nel fiume Drobesa, una per ciascuno, e di
andare a gettarle nella fonte di Sláine, affinché da quel momento non
fosse più possibile far tornare in vita i morti. Così fecero: ogni uomo mise una
pietra nella fonte, la fonte fu prosciugata e si formò il cosiddetto «Tumulo di
Octríallach»
[Carn
Octríallaig].
Carn Ochtríallaig è un tumulo posto a nord-ovest di
Mag Tuired, oggi presso Heapstown. |
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7 -
LA GRANDE BATTAGLIA
uando
giunse il momento di scontrarsi nella battaglia finale, i
Fomóraig uscirono dal loro
accampamento e si disposero in schiere forti e indistruttibili. Fra loro nessun
capo o uomo di valore era senza una cotta di maglia sulla pelle, un elmo sulla
testa, una lancia nella mano destra, alla cintura una spada affilata e sulla
spalla uno scudo. Attaccare i
Fomóraig quel giorno era come
«sbattere la testa contro una roccia», era come «introdurre una mano nel nido
del serpente», era come «mettersi con la faccia nel fuoco».
Ecco i re e i capi
dell'esercito fomóir:
Balor
figlio di
Dot
figlio di Nét,
Bress
figlio di
Elatha,
Tuirie Tortbuillech
figlio di
Lobas,
Goll e
Irgoll,
Loscennlom
figlio di
Lomglúinech,
Indech mac Dé Domnann, Octríallach
figlio di
Indech, Omna
e Bagnai,
ed Elatha
figlio di
Delbáeth
figlio di Nét.
Dall'altra parte del campo le
Túatha Dé Danann
si mossero e andarono per scontrarsi in battaglia. Ma proprio quando la
battaglia stava per iniziare,
Lúg
sfuggì ai suoi nove tutori e fu proprio lui a trovarsi, su un carro di
battaglia, alla testa dell'esercito danann.
Lúg incoraggiò gli uomini di Ériu a
combattere con valore per non essere ridotti in schiavitù: sarebbe stato meglio
per loro trovare la morte difendendo la loro terra piuttosto che essere ancora
una volta soggetti a pagare tributi ai
Fomóraig. E ponendosi su un solo
piede e tenendo aperto un solo occhio, girò intorno ai guerrieri danann cantando
un lungo incantesimo.
Le schiere si
lanciarono l'una contro l'altra, levando urla spaventose;
poi si scontrarono e cominciò una mischia furibonda in cui i guerrieri si
colpivano l'un l'altro. Assordante era il rumore della moltitudine dei guerrieri
e dei campioni che con scudi e spade e i loro stessi corpi paravano i colpi di
lancia e di spada degli altri. Assordante era il frastuono su tutto il campo di
battaglia: le grida dei combattenti, il cozzare degli scudi, il fendere delle
spade e delle lame dall'elsa d'avorio, lo scuotersi e risuonare delle faretre,
il saettare e sibilare della lance.
Caddero molti uomini gagliardi nell'immobilità della morte. Grande fu il
massacro e molti furono coloro che giacquero nelle fosse. Orgoglio e vergogna
stavano fianco a fianco. C'era collera, c'era furore. Il sangue scorreva
abbondante sulla bianca pelle dei giovani guerrieri, mutilati dalle mani di
uomini più forti quando si esponevano al pericolo per timore di apparire vili.
Mentre si colpivano a vicenda, le punte delle dita dei piedi e delle mani quasi
si toccavano; e per la vischiosità del sangue sotto i piedi i guerrieri
continuavano a scivolare e cadere, e le teste venivano loro spiccate mentre
erano a terra. Si era ingaggiata una battaglia caotica, lacerante, terribile,
sanguinosa: le punte delle lance erano rosse nelle mani dei nemici.
Questo strano atteggiamento di
Lúg
mentre pronuncia l'incantamento contro i
Fomóraig
è quello che assumevano i maghi durante i malefici.
Le parole di
Lúg
sono un passo in stile retóiric
incomprensibile. |
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Può essere interessante
confrontare la lista dei capi Fomóraig delCath
Maige Tuired con
quella fornita nel ben più tardo
Aided chloinne Tuirill.
Nel
Cath Maige Tuired
sono citati:
Indech mac Dé Domnann,
Octríallach mac Indich,
Elatha mac
Delbáeth,
Bress mac Elathain,
Balor mac Dot,
Tuirie Tortbuillech mac Lobois,
Goll e
Irgoll,
Loscennlom
mac Lomglúinigh, Omna
e
Bagnai. Nell'Aided chloinne Tuirill
troviamo invece
Balor mac Dot,
Bress mac Elathain,
Sotal Salmor,
Lúath Leborcham e
Tinne Mór Trísgatal,
Loisginn Lomglúinech,
Lúath Linech, il druida
Lobas,
Líathbar mac Lobais,
Eb úa Néit e
Senchab úa Néit.
Gli unici nomi citati in
entrambe le liste sono
Bress e
Balor, certamente per via della loro
importanza nel mito irlandese. Si noti tuttavia che il
Cath Maige Tuired
cita un
Loscennlom
mac Lomglúinig e un
Tuirie Tortbuillech mac Lobois che potrebbero essere i
figli rispettivamente di
Loisginn Lomglúinech e del
druida
Lobas citati nell'Aided chloinne Tuirill.
Dettagli come questi – su nomi destinati a essere semplici
comparse – suscitano meraviglia riguardo la precisione e
l'attenzione con cui i racconti tradizionali irlandesi sono
stati tramandati attraverso i secoli.
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8 - LA SPADA DI TETHRA
urante i combattimenti,
Ogma il campione trovò
Orna, la
spada di Tethra, re dei
Fomóraig.
Ogma estrasse la spada dal fodero e la pulì.
Allora la spada raccontò le imprese che aveva compiuto: a quei tempi, infatti,
era proprietà delle spade raccontare le azioni che grazie a loro erano state
intraprese. Per questo le spade hanno diritto al tributo di essere pulite dopo
che vengono estratte dal fodero. Da allora nelle spade si conservano gli
incantesimi.
Una glossa dei monaci ci spiega che a quell'epoca «i
demoni parlavano agli uomini attraverso le armi, perché queste
erano venerate dagli uomini e rappresentavano una delle salvaguardie
di quei tempi».
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9 - L'ARPA DEL DAGDA MÓR
el
corso della battaglia
Lúg, il
Dagda Mór e
Ogma dovettero
inseguire i
Fomóraig, poiché questi avevano rapito
Úaithne, l'arpista del Dagda, e la sua arpa, nella quale il
dio aveva racchiuso la musica in modo che suonasse solo se era lui a
toccarla. Quell'arpa aveva due nomi: Daur Dá Bláo «quercia dei due prati» e
Cóir Cetharchair «dai quattro angoli precisi».
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Il Dagda si riprende la sua arpa |
Illustrazione di Sarah M. Butcher |
Infine i tre irruppero nella sala dei banchetti dei nemici, ove
erano Bress e suo padre
Elatha. L'arpa era appesa al muro, e il
Dagda
la chiamò:
— Vieni, Daur Dá Bláo!
Vieni,
Cóir Cetharchair!
Vieni, estate! Vieni, inverno!
Voce d'arpe, mantici e cornamuse! |
Subito l'arpa si staccò dal muro e andò dal
Dagda
uccidendo nove uomini. Non appena il Dagda la ebbe in pugno,
suonò le tre arie con cui si distingue l'arpista, la melodia
per commuovere, la melodia per rallegrare e la melodia per
addormentare. Suonò la melodia per commuovere, e le donne
piansero; suonò l'aria per rallegrare e risero donne e
ragazzi; suonò l'aria per addormentare e i guerrieri caddero
addormentati. Così i tre poterono fuggire incolumi ai
Fomóraig, che avrebbero voluto ucciderli.
E sulla via del ritorno il
Dagda si portò via la
giovenca che aveva preteso da Bress come ricompensa per il suo
lavoro. La giovenca muggì per richiamare il vitellino, e tutto
il bestiame di Ériu, che i
Fomóraig avevano preso come
tributo, la seguì al pascolo. Così la gente di
Ériu riebbe le sue mandrie.
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10 - MORTE DI NÚADA
el corso della
battaglia,
caddero Núada
Aircetlám, re delle
Túatha Dé Danann, e
Macha figlia di
Érnmass. Fu
Balor figlio di
Dót figlio di
Nét a dar loro la morte.
Il satirista Casmáel cadde per mano di
Ochtríallach figlio di Indech.
|
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Lúg di fronte a Balor |
Illustrazione di Jim Fitzpatrick (1952-) |
Museo: [Jim
Fitzpatrick. The Silver Arm]► |
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Sembra che la pietra lanciata da
Lúg
contro Balor fosse
stata un tathlum, una palla che gli antichi guerrieri
irlandesi ottenevano cementando il cervello dei nemici uccisi.
La notizia proverrebbe dalla traduzione inglese di un poemetto
in gaelico effettuata da Eugene O'Curry sulla base di
un manoscritto di cartapecora, appartenuto a un certo W. Monck
Mason, e in seguito venduto all'asta a Londra
(O'Curry 1857-1862). Charles
Squire riporta la versione inglese del poemetto
(Squire 1912), che riferiamo a
puro titolo di curiosità, essendo la sua provenienza piuttosto
sospetta:
Un tathlum, pesante, forte, saldo,
che le
Túatha Dé Danann avevano con
loro,
fu un tathlum a cavare l'occhio del
feroce
Balor,
in tempi antichi, nella guerra dei grandi
eserciti. |
Sangue di rospi e di orsi infuriati,
e sangue del nobile leone,
sangue di vipere e dei tronchi di Osmuinn:
di questo era fatto il tathlum. |
Sabbia del veloce mare d'Armorica,
e sabbia del pullulante Mar Rosso;
queste, debitamente purificate, vennero
usate
per costruire il tathlum. |
Briun mac Bethain,
guerriero non da poco,
che regnava ai confini orientali
dell'oceano,
fu lui a modellare, a formare abilmente,
fu lui a dare forma al tathlum. |
All'eroe Lúg
venne donata
questa dura, non soffice, palla di cemento;
a Mag Tuired dalle urla strazianti,
Lúg
la scagliò con la sua mano. |
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11 - LÚG DI FRONTE A BALOR
úg incontrò
suo nonno,
Balor Birugderc, nel
furore della mischia.
Balor
apriva il suo occhio malefico soltanto sul campo di battaglia. Tale era il
potere distruttivo del suo occhio: tutti i guerrieri che
Balor
fissava, anche se erano
migliaia, perdevano tutta la loro forza e non offrivano
alcuna resistenza al nemico.
Lúg avanzò
verso
Balor, deciso a vendicare la morte di
Núada, e cominciò a pronunciare un
lungo incantesimo contro di lui.
Allora
Balor
disse agli uomini del suo seguito: — Aprite il mio occhio malefico, ragazzi, affinché io veda questo ciarlatano che mi sta
parlando.
Quattro uomini gli sollevarono la palpebra tramite
una lucida maniglia che vi era fissata. In quel
momento
Lúg scagliò una pietra con la fionda e lo
colpì proprio nel terribile occhio. Questo gli attraversò la testa
e gli fuoriuscì dalla nuca. Lo sguardo malefico dell'occhio si rivolse
così contro l'esercito fomóir, paralizzandolo. Il corpo
di Balor cadde sulla sua stessa armata e tre volte nove
guerrieri Fomóraig morirono sotto il suo peso.
In questo modo si
compì la profezia secondo la quale
Balor era destinato a morire per mano del
figlio di sua figlia: e fu Lúg figlio di
Ethné figlia di
Balor a dargli la morte.
|
12 - LA TESTA DI BALOR
uando
Lúg
decapitò Balor, la testa mozzata volò via
e colpì il
petto di Indech mac Dé Domnann. Un fiotto di sangue
schizzò sulle labbra del re dei
Fomóraig.
Indech chiamò allora il suo
filíd, Lóch
Lethglas, il «Mezzoverde», che era verde su tutto un fianco,
da terra fino alla cima della testa, e gli chiese che cosa l'avesse
mai colpito con tanta forza. Lóch
Lethglas gli diede una lunga risposta
in retoiric, nella quale gli diceva che non riusciva a riconoscere l'uccisore di
Balor. Allora Lúg
levò lo sguardo su di lui e i due si accusarono a vicenda di
aver pronunciate profezie sbagliate.
|
13 - DISFATTA DEI
Fomóraig
l
momento era favorevole per le
Túatha Dé Danann.
La Mórrígan figlia di
Érnmass incitò i guerrieri di
Ériu perché combattessero con fierezza e ardore. Ella levò un lungo canto in
retoiric che iniziava
con le parole:
— Levatevi, o re, a combattere!...
La battaglia divenne una totale disfatta
per i
Fomóraig, i quali vennero
ricacciati fino al mare dalle
Túatha Dé Danann.
Il campione Ogma affrontò
Indech mac Dé Domnann, re
dei
Fomóraig, ed entrambi caddero nello scontro.
Privi del loro re, i
Fomóraig si arresero.
|
14 - IL CONTO DEI CADUTI
uando
la battaglia finì e i
Fomóraig caddero nelle mani delle
Túatha Dé Danann, Lúg volle patteggiare con i superstiti. Per primo il filí
Lóch Lethglas gli chiese grazia della vita.
— Soddisfa i miei tre desideri — gli disse allora Lúg.
— Verranno soddisfatti — annuì Lóch.
— Eliminerò per sempre da Ériu il bisogno di stare in guardia contro i
Fomóraig,
e in ogni caso difficile il giudizio che darà la tua bocca risolverà la
questione per sempre.
Così
Lóch fu risparmiato e,
per la grazia che gli era concessa, diede un nome a ciascuno
dei nove carri di Lúg, ai suoi guidatori, ai suoi frustini
e ai suoi cavalli. Questi i nomi che
Lóch assegnò ai carri:
Luachta, Anagat, Achad, Feochair, Fer, Golla, Fosad, Cráeb,
Carpat. Ai guidatori: Medol, Medón, Moth, Mothach,
Foimtinne, Tenda, Tres, Morb. Ai frustini: Fes, Res,
Roches, Anagar, Ilach, Canna, Ríada, Búaid. Ai cavalli:
Can, Doríada, Romuir, Laisad, Fer Forsaid, Sroban, Airchedal,
Ruagar, Ilann, Allríada, Rocedal.
Lúg ne fu soddisfatto ma, prima di lasciarlo andare, chiese a
Lóch quale fosse il
numero degli uccisi.
— Non conosco il numero della gente comune e dei servi — rispose Lóch.
— Ma in quanto al numero dei
Fomóraig,
nobili e signori e campioni e figli di re supremi e di re, questo lo
so: tre più tre per venti, più cinquanta per cento
uomini, più venti per cento, più tre per cinquanta,
più nove per cinque, più quattro per venti per mille,
più otto più otto per venti, più sette
più quattro per venti, più sei più quattro per
venti, più cinque più otto per venti, più due,
più quaranta, incluso Balor nipote di
Nét con novanta uomini. Questo è il
numero degli uccisi tra i grandi re e nobili Fomóraig caduti in battaglia.
«Per quanto riguarda poi il numero della gente comune, dei
poveri, dei servi e degli uomini di ogni mestiere che vennero insieme
al grande esercito (perché ogni signore e re dei
Fomóraig era venuto alla battaglia con il proprio seguito, e
quindi là caddero tutti, sia gli uomini liberi che i loro non
liberi servi) ho tenuto conto solamente di una parte dei servi dei re; questo dunque il numero di quelli che ho contato con i miei
occhi: sette più sette per venti per venti per cento per
cento, più novanta, compreso
Sab nÚanchennach figlio di Coirpre Colc, il figlio di un servo di
Indech mac Dé Domnann.
«E per quanto riguarda poi gli uomini che combattevano
appaiati e le riserve, questi guerrieri, che non raggiunsero il cuore
della battaglia ma che vi morirono, non verranno contati, come non
possiamo contare le stelle del cielo, la sabbia del mare, i fiocchi
di neve, le gocce di rugiada sui prati, i chicchi di grandine, i fili
d'erba sotto i piedi delle mandrie e i «cavalli del figlio di
Lér» in un mare in tempesta.
La pretesa di Lúg, che
Lóch dia un nome ai
suoi carri, ai guidatori dei carri, ai frustini e ai cavalli, potrebbe significare la dichiarazione da parte di
Lóch riguardo all'effettivo possesso della parte del bottino tolto ai
Fomóraig
e riservato allo stesso Lúg. Allo stesso modo, chiedendo a
Lóch
di dare un conto dei caduti dei
Fomóraig nel corso della battaglia
(la valutazione numerica era capacità rara e preziosa), Lúg ottiene l'esplicita conferma
della vittoria delle
Túatha Dé Danann. (Cataldi 1985) |
|
«Cavalli del figlio di Lér» è una
kenning che indica le onde del mare. Il figlio di
Lér è
Manannán mac Lir, popolare
personaggio appartenente a una mitologia più tarda, mai nominato nei testi più
antichi. Questa metafora è l'unica citazione che il
Cath Maige Tuired fa di questo
importante personaggio.
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|
|
15 - COME BRESS EBBE SALVA LA VITA
bbero
poi la possibilità di uccidere
Bress
figlio di
Elatha.
Bress disse — È
meglio farmi grazia che uccidermi.
— Come ci ricompenserai se ti accorderemo la grazia? — chiese Lúg.
— Se sarò risparmiato, le mucche di Ériu daranno
per sempre latte.
— Dobbiamo far grazia a
Bress se darà per sempre latte alle mucche di
Ériu? — chiese Lúg ai druidi.
— No — disse
Máeltne Mór-Brethach.
— Anche se
Bress avesse potere sul latte delle mucche, non ne ha sulla loro
longevità né sulla loro fecondità.
— Questo non ti salva — disse Lúg a
Bress.
—
Máeltne ha dato un duro annuncio
— fece
Bress.
— In quale altro modo
potresti ricompensarci se ti accorderemo la grazia? — chiese Lúg.
— C'è un altro modo. Di' ai tuoi giudici che se verrò risparmiato, mieteranno un
raccolto a ogni quarto di anno.
— Dobbiamo far grazia a
Bress se ci garantirà un raccolto a ogni quarto di
anno? — chiese Lúg ai druidi.
— No — disse
Máeltne Mór-Brethach.
— Non c'è motivo per avere quattro raccolti l'anno, in quanto anche un solo
raccolto richiede lavoro in ognuna delle quattro stagioni: la primavera per
arare e seminare, l'inizio dell'estate per la crescita del grano, l'inizio autunno
perché finisca di maturare e per mieterlo, l'inverno per consumarlo.
— Questo non ti salva — disse Lúg a
Bress.
— Máeltne ha dato un duro annuncio
— fece
Bress.
— Ma per assai meno potrei risparmiarti — disse Lúg.
— Come?
— Come devono arare gli uomini di Ériu? Come devono
seminare? Come devono mietere? Quando ci avrai fatto conoscere queste
tre cose sarai risparmiato.
— Di' loro — disse allora
Bress, — «il martedì per arare, il
martedì per gettare i semi, il martedì per mietere».
E con questo incantesimo,
Bress ebbe salva la vita. Così si concluse la seconda battaglia di
Mag Tuired.
Che mairt «martedì» fosse un giorno fausto per l'agricoltura, è tradizione attestata nei paesi celtici insulari. (Cataldi 1985)
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Fonti
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I - SIMMETRIE E DIFFERENZE TRA LE DUE BATTAGLIE DI MÁG TUIRED
Come il lettore ricorderà, due sono le
battaglie combattute dalle
Túatha Dé Danann nella
«Pianura dei pilastri» [antico irlandese Mag Tuired,
irlandese classico Magh Tuireadh, anglicizzato in
Moytura]. Della prima battaglia, che fu combattuta tra le
Túatha Dé Danann e i
Fir Bolg
nella zona di Cong, tra il Loch Coirib e il Loch Measca
(contea di Mayo), abbiamo parlato a suo tempo. Con la seconda battaglia, combattuta a est del Loch Arrboch
(contea di Sligo), le
Túatha Dé Danann sconfissero definitivamente i
Fomóraig,
liberandosi dalla triste condizione di sudditanza e
dagli ingiusti tributi che erano stati loro imposti.
Nella tradizione del ciclo delle invasioni,
le
Túatha Dé Danann avevano
relazioni di parentela con gli avversari di entrare le
battaglie. I
Fir Bolg e le
Túatha Dé Danann
discendevano tutti e due dai
Clanna Nemid e
parlavano la stessa lingua; in particolare, i
Fir Bolg vantavano
una sorta di diritto di primogenitura, essendo giunti in Ériu
prima delle
Túatha Dé, introducendovi l'istituzione della
regalità; le
Túatha Dé Danann possedevano però una cultura più
vasta e completa, essendo eccellenti druidi, guerrieri e
artisti, e finirono con il creare la prima società
funzionalmente completa della storia irlandese. (¹)
I
Fomóraig
appartenevano invece a una razza affatto diversa: una stirpe
primordiale di discendenza, sembra, camita. Erano stati i
primi uomini a giungere in Irlanda dopo il diluvio e per
secoli costituirono un serio intralcio a chiunque volesse
colonizzare l'Isola di Smeraldo. Avevano conteso l'Irlanda alle genti di
Parthólon e avevano
ferocemente decimato i
Clanna Nemid
costringendo i superstiti a riprendere il mare. Al contrario,
tra le
Túatha Dé Danann e
i Fomóraig
vi erano state, almeno all'inizio, delle relazioni amichevoli.
Gli storici irlandesi ci spiegano che, quando le
Túatha Dé Danann
giunsero nel Lochlann, patria dei
Fomóraig, tra i
due popoli venne sancita una sorta di alleanza e vi furono
persino delle unioni matrimoniali da cui era discesa una razza
mista. Questa precisazione dovette essere giustificata dal
fatto che i poemi genealogici presentavano le
Túatha Dé Danann – o per lo meno alcuni dei loro
esponenti più importanti – quali discendenti dei
Fomóraig: una così scomoda
parentela che doveva essere spiegata in qualche modo.
La prima
battaglia di Mag Tuired,
tra i
Fir Bolg e le
Túatha Dé Danann, è dunque una sorta di scontro
orizzontale, tra due popoli fratelli, di cui il maggiore ha il
diritto di precedenza ma il minore possiede requisiti più
adatti. La seconda battaglia, tra le
Túatha Dé Danann e i
Fomóraig,
è invece uno scontro verticale, generazionale, tra divinità
più giovani e antichi dèi di un'epoca passata.
Il mito
delle due battaglie di Mag Tuired presentano caratteristiche
che permettono di collegarle a
omologhi scontri presenti nelle altre mitologie indoeuropee,
con tutta una curiosa serie di simmetrie e
scambi che val la pena di notare.
|
II — STORIA DIVENTATA MITO, MITO TRASFORMATO
IN STORIA
Era
convinzione abbastanza diffusa tra i primi interpreti che la prima
battaglia di Mag Tuired
avesse una base storica, ma non vi erano dubbi che
la seconda fosse assolutamente mitica. Poiché la tradizione
irlandese collocava tutt'e due le battaglie combattute dalle
Túatha Dé Danann nello stesso sito, la piana di
Mag Tuired, si
ammetteva che il racconto originario parlasse di una sola
battaglia, poi sdoppiatasi nel corso della rielaborazione
epica del materiale tradizionale. Lo
sdoppiamento della battaglia secondo De Jubainville non
risalirebbe a prima dell'XI secolo, quando la storia venne
costruita utilizzando forse le leggende di quel territorio
disseminato di monumenti megalitici che si stende intorno al
villaggio di Cong, in cui due
eserciti sconosciuti si erano affrontati in tempi
antichissimi. (De Jubainville 1884)
Gli
interpreti successivi si sono divisi su quale delle due
battaglie dovesse essere quella originale. Secondo Charles
Squire, ad esempio, il mito della prima battaglia,
combattuta contro i
Fir Bolg,
doveva essere relativamente recente e sicuramente non
apparteneva allo stesso contesto autenticamente mitologico in
cui rientravano le vicende della seconda battaglia, combattuta
contro i Fomóraig
(Squire 1912).
Al contrario, per
Thomas
O'Rahilly la tradizione più antica era quella che concerneva la
prima battaglia, nella quale la tradizione popolare
avrebbe ricordato una grande disfatta subita in tempi remoti
dai
Fir Bolg
nel Connacht nord-orientale a opera, forse, dei guerrieri del Laigin: la seconda battaglia, creata secondo lo schema della
prima, aveva invece costituito la rielaborazione pseudostorica di un tema mitico
(O'Rahilly 1946).
Il fatto
è, come nota giustamente Jan De Vries, che ha poco senso fare
simili considerazioni se pensiamo che, in ambedue i casi, ci
troviamo di fronte a tradizioni puramente mitiche
(De Vries 1961), che si sono
indubbiamente parlate tra loro e influenzate a vicenda fin dai
tempi più remoti. Si ritiene comunemente che i
Fir Bolg
tramandino la memoria di un'invasione preistorica d'Irlanda,
la quale avrebbe preceduto quella dei celti Gaeli, i cui
antenati compaiono nel ciclo delle invasioni come i
Clanna Míled. È ovvio
presumere che i Gaeli importarono in Irlanda il loro bagaglio
di miti riguardanti dèi ed eroi, che erano tramandate ancora in epoca
cristiana. Quando si provvide a mettere insieme il racconto
delle invasioni, quelle antiche teogonie e teomachie non furono scartate ma, al
contrario, vennero storicizzate. Gli dèi dei Gaeli vennero
introdotti nel ciclo mitologico come un'antica popolazione di
invasori, le
Túatha Dé Danann,
i quali sarebbero giunti in Irlanda prima dei
Clanna Míled, mentre le
loro imprese e le loro gesta venivano trasformate in antichi
eventi storici. Fu così che le mitiche guerre di dèi e titani,
finirono per essere messe sullo stesso piano delle battaglie
tra i popoli invasori d'Irlanda, dando così vita a
quell'insieme di storia diventata mito e di mito trasformato
in storia che è il ciclo delle invasioni.
È
abbastanza evidente che le tradizioni confluite nel
Lebor
Gebála Érenn
e nel
Cath Maige Tuired
non costituiscono una rappresentazione unitaria, ma piuttosto
un crogiolo nel quale sono confluite molte tradizioni diverse,
nel quale si sono fusi l'uno nell'altro elementi in
origine indipendenti (De Vries
1961). Ci sembra ragionevole ritenere, con Charles
Squire, che alla base della tradizione della guerra contro i
Fir Bolg
vi sia il ricordo di qualche antichissima battaglia avvenuta
in tempi preistorici tra due popolazioni irlandesi, tradizione che i monumenti megalitici di Cong hanno
contribuito a fissare e tramandare; ma che, al perfetto
contrario, che la seconda battaglia, combattuta tra
Túatha Dé Danann e
Fomóraig,
sia un racconto puramente mitico, una sorta di antica
teomachia, in seguito trasportata dal cielo
alla terra, storicizzata e ambientata in quella stessa Mag
Tuired già conosciuto come teatro delle antiche battaglie
danann. Due tradizioni originariamente di diverso ordine – la
prima di origine storica, la seconda di origine mitica – che,
nella lunga rielaborazione del ciclo delle invasioni,
sarebbero infine state messe in parallelo e ambientate nello
stesso luogo.
|
III -
LA
SECONDA BATTAGLIA DI MÁG TUIRED: L'IPOTESI NATURALISTICA
|
Fomóraig |
Dipinto di John Duncan (1866-1945) |
Interpretazione pittorica dei
Fomóraig quali esseri mostruosi e deformi, in
linea con l'interpretazione dei primi
studiosi del mito irlandese. |
La seconda battaglia di Mag Tuired,
combattuta tra le
Túatha Dé Danann
e i
Fomóraig, evento
cardine del mito irlandese, non ha mancato di essere interpretata dai primi studiosi in funzione di un'opposizione
dualistica tra due princìpi contrapposti. Una sorta di scontro
dialettico, di battaglia ontologica, nella quale si tendevano
a vedere – secondo i soliti luoghi comuni – le «forze della luce»
vincere le «forze delle tenebre»,
oppure l'ordine trionfare sul caos, o la civiltà sulle
barbarie.
Questa è
anche la ragione per cui i primi studiosi tendevano a esagerare l'aspetto mostruoso e grottesco dei
Fomóraig,
trasformandoli in dèmoni deformi e malvagi (a dispetto delle
fonti che generalmente attribuiscono loro un aspetto umano). Secondo
Rolleston i
Fomóraig erano «esseri giganteschi,
deformi, violenti e crudeli, e probabilmente rappresentavano
le forze del male»
(Rolleston 1911). La loro
opposizione contro le
Túatha Dé Danann veniva
vista in termini naturalistici, così come le tenebre si
oppongono alla luce. Analogamente, si tendeva a difendere
l'interpretazioni secondo la quale le
Túatha Dé Danann
fossero stati la personificazione delle forze della natura,
una sorta di genî della fecondità, mentre i
Fomóraig avrebbero impersonato «l'oscurità,
l'inverno, le tenebre e la morte»; su questa linea di pensiero
John MacCulloch
ne fece addirittura i termini di un confronto stagionale: «gli
dèi immortali della prosperità e della luce [...] combattevano contro i loro
nemici. Anno dopo anno gli dèi subivano ferite mortali, ma
tornavano da conquistatori per rinnovare ancora una volta la
sfida. Il mito ne parla come di un avvenimento accaduto una
volta per tutte, ma esso si verificava continuamente»
(MacCulloch 1918).
Ma già Sir John Rhŷs, trent'anni prima aveva accennato al
fatto che la battaglia si era svolta nel corso del cambiamento
delle stagioni (Rhŷs 1988).
Tali interpretazioni si
giustificavano col fatto che, tra la fine dell'Ottocento e la
prima metà del Novecento, si era inclini a interpretare i miti
secondo i princìpi della mitologia naturale. È un ordine di
pensiero da cui, negli anni Cinquanta, Jan De Vries e Georges Dumézil
presero giustamente le distanze. Nonostante questo, gli autori
di molte recenti pubblicazioni insistono nel riportare le
ipotesi naturalistiche di Rolleston o MacCulloch. È il caso di
Miranda Green che, in un recente dizionario di mitologia
celtica, scrive: «la lotta tra le
Túatha Dé Danann e i
Fomóraig può
riflettere il principio dualistico archetipico tra la luce e
le potenze ctonie», e poi
aggiunge che i
Fomóraig «in un
certo senso erano indispensabili alle
Túatha Dé Danann, proprio come l'oscurità e la luce, la morte e la vita,
l'inverno e l'estate dipendono uno dall'altro»
(Green
1992).
Intendiamoci: questa dell'opposizione
dualistica è un'interpretazione perfettamente legittima, tanto
più che gli stessi testi irlandesi assumono il primato morale
delle
Túatha Dé Danann
sui
Fomóraig. Tuttavia certe metafore
risultano troppo semplicistiche, oltre che inappropriate
al pensiero druidico il quale, come abbiamo visto, considerava
la luce e le tenebre come due fasi di un processo
dialettico che investiva il tempo e lo spazio; l'idea di una «vittoria»
totale e definitiva
della luce sulle tenebre riflette fin troppo le opinioni degli
interpreti moderni, chiaramente influenzati dal pensiero
dualistico del Cristianesimo, e non necessariamente la visione olistica degli antichi Celti.
|
IV
-
LA
SECONDA BATTAGLIA DI MÁG TUIRED: L'IPOTESI STORICISTICA
Che la seconda battaglia di Mag Tuired sia
un evento mitico e non storico, non è stato mai messo in
dubbio dagli studiosi: è ben evidente che i due eserciti
schierati in Mag Tuired
appartengano a una sfera che non è né umana né storica; al
contrario, essi si presentano come i protagonisti di una vera
e propria teomachia, dove gli dèi del pantheon
gaelico trionfano su un esercito di creature di natura
titanica o demoniaca.
I primi
studiosi non mancarono tuttavia di vedere nei due mitici
schieramenti i rispettivi panthea di due popoli entrati
in conflitto nella preistoria irlandese. Più precisamente, la
battaglia tra le
Túatha Dé Danann e i
Fomóraig
sarebbe stato il riflesso – sul piano mitico – dello scontro
tra gli invasori gaelici d'Irlanda e le popolazioni autoctone.
Le
Túatha Dé Danann
sarebbero state le divinità dei Gaeli, mentre i
Fomóraig gli dèi delle popolazioni pre-gaeliche, considerate benevole
dai loro adoratori ma demonizzate dai nuovi arrivati. Secondo
MacCulloch, la certezza che i
Fomóraig sarebbero
stati dèi autoctoni deriverebbe dal fatto che il mito li
colloca in Irlanda già dai tempi del Diluvio, prima ancora
dell'arrivo di Parthólon.
Oppure, poiché gli dèi celtici avevano un carattere locale e
spesso i vari gruppi tribali erano tra loro ostili, i
Fomóraig potevano
essere le divinità locali di un clan nemico di un altro che
venerava le
Túatha Dé Danann.
(MacCulloch 1918)
|
Domnu, dea madre dei Fomóraig |
Illustrazione di Howard David Johnson |
Suggestiva fantasia di un artista che,
nella sua ricostruzione dell'ipotetica
dea dei
Fomóraig, si è evidentemente
ispirato alla saggistica dei primi del
Novecento. |
L'ipotesi
che i
Fomóraig furono
gli dèi delle popolazioni pre-gaeliche – quelle che il mito
conosce come Fir
Bolg,
Fir Domnann
e Galeoin –
è sostenuta da Charles
Squire, il quale ritiene tali genti di origine iberica. «Vi
sono molti esempi di popolazioni a un determinato stadio
culturale che considerano tribù a uno stadio inferiore come
semidivine, o piuttosto semidiaboliche. Il sospettoso timore con cui i
primi Celti dovettero guardare i selvaggi aborigeni fece
sembrare questi ultimi più che umani. Li temevano per i
misteriosi riti magici che praticavano nei loro fortini
inaccessibili tra le colline in mezzo ai temporali e alle
nebbie. I Gaeli, che si consideravano figli della luce,
consideravano quegli scuri Iberi come figli delle tenebre
[...]. I Celti, convinti che i loro dèi li avessero preceduti
in Irlanda, non erano disposti a credere che neppure le Túatha
Dé Danann
avessero potuto strappare la terra d'Irlanda a quegli Iberi
dotati di poteri magici senza combattere»
(Squire 1912).
Squire
sottolinea i molti punti di raccordo tra gli aborigeni
irlandesi
e i loro dèi
Fomóraig, e
scrive: «Come la maggiore tribù ibera veniva chiamata degli
Uomini di Domnu così i
Fomóraig erano detti Dèi di
Domnu, e Indech,
uno dei loro re, è chiamato figlio di Domnu. Dunque, la
lotta perenne tra gli dèi, figli di
Danu, e i giganti,
figli di Domnu, rifletterebbe, nel mondo ultraterreno, la
continua lotta tra i Celti invasori e gli Iberi invasi»
(Squire 1912).
Questa
*Domnu, come già la stessa
*Danu,
risultava da un'ipotesi di ricostruzione del nome della dea progenitrice dei
Fomóraig,
effettuata dagli studiosi dell'Ottocento a partire dal
patronomico di
Indech mac Dé Domnann.
Lo stesso genitivo è pure presente nell'etnonimo della tribù dei
Fir Domnann.
Da qui facile relazione, individuata da Squire, tra gli «uomini di
*Domnu» (gli aborigeni pre-gaelici)
e gli «dèi di *Domnu» (i
Fomóraig da essi venerati). Nasceva così a tavolino un presunto
mito sulla lotta tra i figli di
*Danu e i figli di
*Domnu, di cui la
prima era la benigna dea della terra, signora della fecondità e madre degli
dèi, mentre l'altra era la malvagia dea degli abissi e
delle tenebre, signora della morte e madre dei demoniaci
Fomóraig.
Ai primi del Novecento i maggiori studiosi erano persuasi dalla correttezza di questa ricostruzione. John MacCulloch afferma che
*Domnu era
«una dea fomóir dell'abisso, cioè del sottosuolo e
probabilmente anche della fertilità, che potrebbe aver avuto
tra i
Fomóraig
una posizione analoga a quella di
Danu tra le
Túatha Dé Danann»
(MacCulloch 1918).
Nulla del genere si evince tuttavia dai testi
originali, né tale costruzione è supportata dalle analisi dei comparatisti. Nonostante tutto, le anacronistiche
*Danu e
*Domnu fanno
ancora oggi la loro comparsa in molti libri di mitologia celtica.
Notiamo ancora che l'ipotesi «storicistica» sembra individuare
una curiosa simmetria tra le due battaglie di Mag
Tuired, di cui la prima rappresentava in un certo senso quella
combattuta tra i Gaeli invasori e le popolazioni autoctone
irlandesi,
mentre la seconda, combattuta tra le divinità degli uni e le
divinità degli altri, ne era il riflesso nel mondo
soprannaturale. È curioso che
nessuno dei vecchi studiosi della scuola storicistica abbia
notato questo dettaglio, che pure avrebbe portato acqua al
loro mulino.
In ogni caso, gli studi comparatistici di Dumézil e De Vries hanno
mostrato che il
mito della seconda battaglia di Mag Tuired faceva
necessariamente parte del bagaglio mitologico
proto-celtico prima ancora che i Gaeli giungessero in Irlanda.
|
V
- LA SECONDA BATTAGLIA DI MÁG TUIRED: L'IPOTESI COMPARATISTICA
Già i primi interpreti notarono che il mito
della seconda battaglia di Mag Tuired
poteva essere messo in relazione con analoghe leggende in
altre tradizioni mitologiche. Lo
stesso John Rhŷs, pur non rifiutando l'interpretazione
stagionale, aveva messo in evidenza le somiglianze tra la
mitica battaglia delle
Túatha Dé Danann
e quella tra
Æsir
e
Vanir
nella mitologia nordica (Rhŷs 1988).
Nonostante questo, per anni fu ancora difesa l'interpretazione
secondo la quale le
Túatha Dé Danann erano
personificazioni delle forze naturali, dèi della
fecondità. Cosa che essi non furono affatto, in quanto
rappresentavano invece, e in modo molto spiccato, delle divinità
guerriere. Soltanto
Bress sembrava avere qualcosa a che
vedere con la fecondità, ma egli era fomóir da parte di padre.
In
seguito, tra gli anni Quaranta e Cinquanta, gli studi comparatistici di Georges Dumézil
resero evidente come tra il mito nordico e quello irlandese vi
fosse una stretta omologia che
faceva pensare a una comune matrice indoeuropea.
Dumézil
mostrò che il mito germanico della guerra tra
Æsir
e
Vanir – che era stato anch'esso a lungo interpretato come uno
scontro tra le divinità degli invasori proto-germanici e
quello delle genti preariane del nord Europa – aveva in
realtà una struttura unitaria. Gli
Æsir
erano divinità appartenenti alla
prima e alla seconda funzione, i
Vanir
della terza funzione. Il patto di pace che era seguìto alla
guerra tra le due stirpi di dèi, sanciva il
sorgere di un pantheon funzionalmente completo, in cui
tutt'e tre le funzioni erano garantite dal nuovo sistema divino.
La coesistenza in
Ásgarðr
di divinità asiche e divinità vaniche non era il
risultato di un accomodamento teologico ma l'effettiva struttura
originale del pantheon germanico. (¹)
Il mito
irlandese della seconda battaglia di Mag Tuired mostrava una
natura composita, in cui si potevano distinguere elementi
provenienti da miti differenti. Secondo il modello scandinavo,
ci si aspettava che il proto-mito irlandese dovesse schierare
da una parte le divinità della prima e della seconda funzione,
dall'altra le divinità della terza funzione; risultato della
guerra era la riunione delle tre funzioni in una struttura
unitaria. Ora i personaggi principali delle
Túatha Dé Danann –
Lúg,
Núada e
Ogma –
appartengono effettivamente alla prima e alla seconda funzione
(essendo la terza funzione rappresentata soltanto dalle
capacità artistico-artigianali, ma non dal controllo delle
forze fecondanti).
La terza
funzione – inerente alla fecondità e alle istanze economiche – in Scandinavia è rappresentata dai
Vanir.
Alla fine della guerra tra le due stirpi divine,
Njörðr e i
suoi figli Freyr
e Freyja
vengono accolti in
Ásgarðr,
completando il quadro funzionale del pantheon norreno.
In Irlanda, il rapporto tra i
Fomóraig
e la terza funzione è molto debole: ricompare soltanto nella
natura dei tributi che essi riscuotevano dai popoli di Ériu.
Tuttavia, alla fine della seconda battaglia di Mag Tuired,
quando Lúg cattura
Bress, gli risparmia la
vita a condizione che questi insegni alle
Túatha Dé Danann come arare,
seminare e mietere; Bress
si mostra inoltre disposto a spiegare come incrementare la
produzione di latte delle mucche e il numero dei raccolti
annuali. Sono tutte caratteristiche inerenti alla terza
funzione. Durante la reggenza di
Bress, tuttavia, i raccolti andavano male e le vacche
non davano latte, nonostante ci si aspetti che una divinità
della terza funzione sia in grado di elargire fecondità e
abbondanza. Evidentemente qualcosa non era andato per il verso
giusto, tant'è vero che, vinta la battaglia,
Bress è costretto a
trasferire i suoi poteri alle
Túatha Dé Danann. L'effetto è in ogni caso lo stesso che già
avevamo visto in Scandinavia: il completamento del quadro
funzionale nel sistema divino.
Detto
questo, però, bisogna notare che tra il mito scandinavo della
guerra divina e la seconda battaglia di Mag Tuired vi sono
anche delle importanti differenze, dalle quali si evince che la tradizione irlandese sia andata incontro a una
pesante rielaborazione. Dumézil ha visto, con molta
perspicacia, che due elementi distinti concorrono a formare il
mito della seconda battaglia di Mag Tuired: il mito della
guerra tra due opposte schiere divine, e il mito di una
battaglia combattuta dagli dèi contro dèmoni o divinità della
precedente generazione. Così, l'episodio della
riconciliazione di Bress
con le
Túatha Dé Danann apparteneva in origine al mito della
guerra tra dèi, mentre la recisione della mano di
Núada, opera
di un essere demonico avverso agli dèi (come il lupo
Fenrir della
tradizione nordica, che stacca con un morso la mano di
Týr),
apparteneva probabilmente al ciclo della titanomachia.
Secondo Dumèzil e De Vries, con l'arrivo del cristianesimo,
quando andò perduta la comprensione dei miti pagani, gli
avversari delle
Túatha Dé Danann sarebbero stati
interpretati come esseri demoniaci, cioè come
Fomóraig.
Questo avrebbe provocato come effetto che la battaglia non si
concludesse, come nel mito nordico, con la riconciliazione tra
i due avversari, bensì con la totale disfatta dei
Fomóraig.
L'adattamento del mito entro lo schema del ciclo delle
invasioni avrebbe poi contribuito a creare ancora maggiore
confusione. (Dumézil 1941-1945 | De Vries
1961)
|
VI
- UN'ANALISI PIÙ DETTAGLIATA: CONFLITTO «ORIZZONTALE» E
CONFLITTO «VERTICALE»
Ma
possiamo condurre l'analisi in maniera ancora più fine. Sembra di
riconoscere, nei vari sistemi mitologici indoeuropei, una
struttura comune basata su due conflitti combattuti dagli
dèi: uno «verticale» in cui gli dèi giovani sconfiggono i loro
progenitori, le divinità della generazione titanica, e
impongono il loro dominio sul cosmo; e un conflitto
«orizzontale», in cui gli dèi di prima e seconda funzione si
battono contro quelli di terza funzione, e che si conclude con
la conciliazione e la riunificazione delle tre funzioni in un
solo pantheon.
Il modello esemplificato nel mito germanico, gli
Æsir
combattono dapprima la battaglia «orizzontale» contro i
Vanir, mentre il conflitto
«verticale» contro i giganti, quegli
Jötnar
che degli dèi sono antenati e progenitori, si protrae lungo
tutta la storia del cosmo per concludersi nel giorno di
Ragnarök.
Possiamo trovare altri esempi più o meno attinenti in India,
in Grecia e a Roma. In tutti questi casi la riconciliazione
funzionale sancisce la fine della battaglia «orizzontale», tra
stirpi divine coeve e contrapposte.
Abbiamo infatti visto che alle
Túatha Dé Danann sono state attribuite due
battaglie in Mag Tuired, la prima a carattere «orizzontale»,
vinta contro i loro fratelli maggiori
Fir Bolg; la seconda a carattere «verticale», vinta
contro i loro progenitori
Fomóraig. La
riconciliazione funzionale qui sembra essere stata spostata –
al contrario del modello proposto – al conflitto «verticale».
In effetti si può notare come sia stata la prima battaglia di
Mag Tuired (e non la seconda) a essersi conclusa con una
riconciliazione tra le due parti in conflitto. E questo
avviene in maniera quasi inaspettata. Nonostante abbiano
respinto tutti gli attacchi delle
Túatha Dé Danann, e nonostante il campione
Sreng abbia sconfitto
Núada
mozzandogli il braccio, i
Fir Bolg lasciano alle
Túatha Dé Danann la sovranità sull'Irlanda e si
ritirano in esilio nel Connacht o nelle isole Aran. Nel mito
scandinavo, i
Vanir sfondano le fortificazioni degli
Æsir
e irrompono nella loro fortezza
(Edda
poetica >
Völuspá
[24]); quando i
Vanir sembrano aver conseguito
una quasi-vittoria, le due parti depongono le armi, si mettono
a parlamentare e si riconciliano. Inoltre, nel mito scandinavo
la guerra si conclude con uno scambio di ostaggi:
Njörðr e i
suoi figli vengono accolti in
Ásgarðr.
Analogamente, in quello irlandese,
Tailtiu, la vedova
del re, viene accolta tra le
Túatha Dé Danann. Questi elementi permettono di
considerare, al contrario di quanto riferito dalla maggior
parte degli studiosi, la battaglia divina scandinava omologa
alla prima (e non alla seconda) battaglia di Mag Tuired.
La
seconda battaglia di Mag Tuired, con la vittoria delle
Túatha Dé Danann sui
Fomóraig, sembra
invece più vicina al conflitto degli
Æsir
con gli
Jötnar. Nel mito nordico i giganti sono i progenitori
degli dèi, così come in Irlanda le
Túatha Dé Danann discendono
dai
Fomóraig.
Sconfiggendo questi ultimi, gli dèi irlandesi si assicurano il
dominio di Ériu. I
Fomóraig
superstiti vengono ricacciati in mare o nelle loro isole.
Come
già avevano notato Dumézil e De Vries, il destino di
Bress si stacca
chiaramente da quello dei suoi compagni Fomóraig, evidenziando
in pieno la sua appartenenza alla cerchia degli dèi. La
ragione appare evidente: il mito di
Bress appartiene a un ciclo diverso. Abbiamo già
notato come
Elatha figlio di
Delbáeth sia affine a
Njörðr: il
racconto di
Elatha che giunge in barca presso
Eri figlia di
Delbáeth, da cui nasce il bellissimo
Bress è probabilmente
da mettere in correlazione col racconto nordico di
Njörðr, dio
della navigazione, che si unisce alla propria sorella e genera
i due figli Freyr
e Freyja.
Bress presenta molte relazioni con
Freyr, non ultimo il fatto che di entrambi è narrato che occuparono un trono, pur non avendone diritto (Freyr
sedendosi abusivamente sul seggio di
Hliðskjálf, riservato a
Óðinn;
Bress subentrando a
Núada grazie
alla sua elezione da parte delle donne danann) (¹). Probabilmente
tutta questa sezione è «slittata» dalla conclusione del
conflitto «orizzontale» a quello del conflitto «verticale».
MITO SCANDINAVO |
MITO IRLANDESE |
Conflitto «orizzontale» |
Conflitto «verticale» |
Conflitto «orizzontale» |
Conflitto «verticale» |
|
Gli
Æsir
discendono dai giganti [Jötnar],
antichi dominatori del mondo. |
|
Le
Túatha Dé Danann discendono in parte dai
Fomóraig, i
quali impongono loro pesanti tributi. |
Due schiere divine, gli
Æsir e i
Vanir, si affrontano in una
guerra, le cui cause non sono ben chiarite. |
|
Le
Túatha Dé Danann giungono in Irlanda e combattono
contro i
Fir Bolg, stirpe di comune ascendenza e stessa lingua. |
|
I
Vanir sfondano il
fortificazioni degli
Æsir
e ne violano la fortezza. |
I Fir Bolg
respingono valorosamente gli attacchi delle
Túatha Dé Danann. Entrambe le parti compiono prodigi
di valore, ma nessuna supera l'altra. |
|
Il lupo
Fenrir
stacca con un morso la mano di
Týr. |
In un duello giurisdizionale,
Sreng sconfigge il re
danann
Núada
mozzandogli il braccio.
|
La guerra si conclude con una riconciliazione tra le
due parti e con un patto di pace. |
|
La guerra si conclude con una
riconciliazione tra le due parti, in cui i
Fir Bolg lasciano la regalità di Ériu alle
Túatha Dé Danann. |
Njörðr, dio
della navigazione, si unisce alla propria sorella e genera i
due figli Freyr
e
Freyia. |
|
In base al patto di pace,
Njörðr e i
suoi figli Freyr e
Freyja vengono accolti
in
Ásgarðr. |
|
Freyr si siede
abusivamente sul seggio di
Hliðskjálf, riservato a
Óðinn. |
Bress succede a
Núada grazie
alla sua elezione su insistenza delle donne danann. |
→ |
|
Accolta in
Ásgarðr,
Freyja viene data in
moglie a
Óðr [lo stesso
Óðinn]. |
|
Tailtiu, sposa del defunto re dei
Fir Bolg, viene accolta nelle
Túatha Dé Danann e data in moglie a
Eochaid Garb. |
|
L'arrivo di
Njörðr e
dei suoi figli tra gli dèi di
Ásgarðr
completa il quadro funzionale del pantheon norreno. |
|
Bress insegna alle
Túatha Dé Danann come
arare, seminare e mietere, completando il quadro funzionale
del pantheon irlandese. |
→ |
|
|
Gli
Æsir strappano ai giganti il
dominio sull'universo, ricacciandoli ai confini del mondo. |
|
Le
Túatha Dé Danann sconfiggono una volta per tutte i
Fomóraig nella
seconda battaglia di Mag Tuired. |
|
VII - TETHRA, IL SIGNORE DELL'ABISSO
Come
abbiamo visto nella nostra analisi, i
Fomóraig sono
probabilmente da intendersi come divinità di una generazione
anteriore a quella delle
Túatha Dé Danann: gli antichi padroni del mondo, i
signori delle epoche remote, a cui gli dèi giovani strappano
il dominio del mondo, esiliandoli ai confini dello spazio e
inaugurando una nuova età. In questo, i
Fomóraig sono paragonabili ai
Titani greci, agli
Jötnar
del mito nordico, agli Asura
indiani, secondo un mitologema che risale probabilmente alla
stessa Mesopotamia, con il conflitto che oppone gli dèi
Igigi agli antichi Anunnaki.
In effetti sembra di capire che
i
Fomóraig
regnassero in Ériu nei
tempi più antichi. Analizzare i nomi di alcuni dei loro capi
potrebbe portare a dei risultati interessanti. Un caso
emblematico è costituito da
Tethra. Questo
personaggio non compare mai direttamente ma è nominato diverse
volte nei testi, in contesti assai curiosi. La figlia di
Indech dice al
Dagda: «non potrai fermarmi perché
chiamerò i figli di
Tethra dai síde»
(Cath Maige Tuired).
I síde sono le colline fatate d'Irlanda, al cui interno
sono celati i regni ultraterreni in cui viene conservata la
perfezione dei tempi primordiali. Da qui non bisogna
necessariamente pensare,
che Tethra
sia stato una specie di re della terra dei morti
(De Jubainville
1884),
quanto piuttosto
una sorta di re dell'età dell'oro, come il
Krónos greco, poi divenuto un re
dell'Elisio. D'altronde, nel famoso
Canto di Amairgin vi sono
due versi che recitano:
Cia beir buar o thig Tethrach?
Cia buar Tethrach tibi? |
Chi conduce le mandrie dalla dimora di
Tethra?
Chi sono le mandrie ridenti di
Tethra? |
Canto di Amairgin |
Se
riuscissimo a rispondere a queste domande (di questo si
tratta, di indovinelli di cui non conosciamo la risposta),
ne sapremmo di più su
Tethra e sui
Fomóraig,
popolo legato al mare. Secondo Melita Cataldi,
tit Tetrach «casa di
Tethra»
sarebbe una metafora per il mare;
molti studiosi sono infatti d'accordo sul fatto che le
buar Tetrach «mandrie di
Tethra»,
siano i pesci; la Cataldi pensa piuttosto alle stelle che, con
il loro corso, sembrano sorgere dalle profondità marine
(Cataldi 1982). In effetti
Tethra sembra avere molti
punti in comune anche con il signore del mare,
Manannán mac Lir,
entrambi signori del gioioso oltremondo.
Il fatto che a
Tethra sia attribuita
una spada, Orna,
in grado di parlare e di riferire le passate battaglie, ha
fatto ritenere – forse non a torto – che lo stesso
Tethra fosse stato un
guerriero (da qui alcuni studiosi hanno anche pensato che
Tethra fosse stato un
signore dei guerrieri uccisi, un po' come
Óðinn nel mito nordico). La
difficoltà è nel fatto che
Cath Maige Tuired,
nell'elencare tutti i capi dell'esercito fomóir, non cita
Tethra, come se questi
non avesse preso parte alla battaglia. Forse qualche mito
perduto spiegava dove si trovasse
Tethra e chi avesse
perduto la sua spada sul campo di Mag
Tuired. Il fatto che il redattore del racconto abbia riportato
la tradizione del ritrovamento della spada di
Tethra da parte di
Ogma, significava che il
racconto dovesse aver avuto un preciso significato. Il fatto
poi che l'episodio sia riferito quasi come appendice alla
narrazione principale, dopo che il testo ci ha riferito
della morte dello stesso
Ogma, non fa che
sottolinearne l'importanza. Peccato che, non disponendo di
altre fonti, per noi sia soltanto un interessante inciso.
|
VIII - OGMA, IL CAMPIONE
Tra i maggiori esponenti delle
Túatha Dé Danann,
la figura di
Ogma non spicca in maniera chiara. Il
testo del
Cath Maige Tuired lo definisce trénfer
«campione» e lo descrive essenzialmente come un prode e
potente
guerriero.
Ogma è, secondo la
definizione di D'arbois de Jubainville, il tipo
d'uomo che fa della lotta la propria professione
(De Jubainville 1884 | De Vries 1961).
Questo naturalmente non basta a tracciare una sicura omologia
tra Ogma e altri
personaggi appartenenti alla seconda funzione, come
Hēraklês o
Þórr,
come ha proposto Georges Dumézil cercando di incasellare i
vari personaggi del mito irlandese nella sua griglia
trifunzionale (Dumézil 1941), per il
semplice motivo che non disponiamo di dati più precisi.
Nei testi
genealogici,
Ogma
è detto figlio di
Elatha
figlio di
Delbáeth, quindi fratello tra gli altri del
Dagda Mór
e di
Bress.
Il
Cath Maige Tuired ci
fornisce il nome della madre, Ethné o
Ethlenn. Figlio di
Ogma
è
Delbáeth Tuirell
Bícreo, il padre dei
Trí Dée Danann.
|
Pietra con iscrizione ogamica |
Pochi miti sono stati tramandati su di lui.
Durante lo sciagurato regno di
Bress,
Ogma
era stato incaricato di trasportare la legna dalle isole, ma era talmente debole
per la mancanza di cibo che il mare gli strappava due terzi del carico, così
riforniva la gente un giorno sì e un giorno no (¹). Sfidò Lúg
a una gara di forza sollevando una pietra della pavimentazione della
reggia di Temáir, così pesante che solo ottanta buoi sarebbero
riusciti a smoverla, e la scagliò attraverso la parete fuori
dal recinto; ma Lúg
si dimostrò ancora più abile, lanciando la pietra dentro la reggia e facendola
ricadere esattamente al suo posto (²).
Viene così definita la forza di
Ogma, potenza cieca e disorganizzata,
forza distruttiva e non creativa.
Il nostro eroe diede un importante contributo alla vittoria
delle
Túatha Dé Danann nella seconda battaglia di Mag Tuired.
Come aveva precedentemente annunciato,
Ogma abbatté un
terzo dell'armata fomóir e infine affrontò
Indech mac Dé Domnann,
il re dei
Fomóraig, in un
duello in cui entrambi rimasero uccisi. Ma dopo averne
annunciato la morte,
il
Cath Maige Tuired fa ricomparire
Ogma in un paio di episodi slegati
dalla vicenda principale, evidentemente dei flash-back
svoltisi
in precedenza. Dapprima,
Lúg,
Ogma
e il
Dagda si recano nel campo
dei
Fomóraig per
recuperare l'arpa del
Dagda. Poi,
Ogma trova
la spada di
Tethra, un altro re fomóir, la quale gli parla rivelandogli le passate imprese a cui
aveva preso parte.
Questo è
tutto quanto il mito riferisce di
Ogma.
Si tratta di notizie laconiche, slegate tra loro, che non ci aiutano a
definire il personaggio; è difficile utilizzarle per tracciare
delle omologie precise con personaggi affini di altre
tradizioni mitologiche.
Ma
Ogma ha un'altra importante
caratteristica: secondo l'Auraicept na n-Éces,
la «Contesa dei poeti», il
trattato sulla scrittura ogamica presente nel
Lebor Baile an Móta
o «Libro di Ballymote», questa scrittura – caratterizzata da una serie di incisioni effettuate lungo lo
spigolo di una pietra – sarebbe stata inventata proprio da
Ogma come
mezzo di comunicazione segreto tra iniziati. L'informazione è
confermata da Nennius, che definisce
Ogma «il fratello del re
[Dagda]
che creò le lettere degli Irlandesi»
[Ogma frater regis
qui litteras Scottorum invenit] (Historia Brittonum [13]). Questa notizia ci rimanda in
ambito continentale, dov'è attestato un dio chiamato
Ogmios. Ce ne dà notizia
Lucianus Samosatæ, il quale afferma che i Galli chiamavano
Hercules col nome indigeno di Ogmios
e lo rappresentavano come un vegliardo calvo e grigio, con
la pelle grinzosa e abbronzata. Ogmios,
nell'immagine descritta da Lucianus, trascinava con sé schiere
di uomini, incatenati per le orecchie alla lingua del dio:
chiara metafora dell'eloquenza e della parola fascinatrice. Un saggio
celta aveva
spiegato a Lucianus che i Celti chiamavano il lógos
non Hērmês, come i Greci, ma
Hēraklês, perché
questi sarebbe stato molto più potente.
È
interessante che la tradizione irlandese, pur nella sua
esiguità, presenti un rapporto tra
Ogma e la
parola, il lógos, anche se qui si tratta di parola
scritta (o piuttosto incisa sulle pietre) e non della parola
viva e vibrante del discorso orale. Si potrebbe pensare
che i nomi Ogmios e
Ogma si accordino a
vicenda, senonché vi è qualche difficoltà di ordine
filologico. Se
il nome irlandese
Ogma fosse
indigeno, avrebbe dovuto assumere la forma *Ome; ma
poiché esso suona appunto Ogma, deve essere stato preso dalla
Gallia in tempi piuttosto recenti (Mac
Neill 1919). Affermare che il nome del dio derivi da
quello della scrittura ogam (MacCulloch 1911)
non ha senso, perché altrimenti l'Ogmios
gallico si dissolverebbe nel nulla (De
Vries 1961). Senza entrare nei dettagli, una possibile
soluzione al problema può essere stata una scelta tardiva del
nome del dio, che sarebbe divenuta improvvisamente molto
popolare in Gallia e quindi assunta dagli Irlandesi già
intorno al I secolo (oppure il nome sarebbe stato attinto più tardi, direttamente da
Lucianus). Qualunque sia la
soluzione, poiché è probabile che il dio sia molto
antico, sembra evidente che il nome e forse anche il suo
carattere vennero ridisegnati in epoca tarda. Questo
potrebbe spiegare le discrepanze presenti nelle descrizioni
del personaggio in ambito gallico e irlandese.
|
IX
- BRÍGIT, L'EMINENTE
Il nome Bríg o Brígit «alta,
nobile, eminente» presuppone una forma originaria *Brigantī-, probabilmente da una radice proto-celtica *brīgō- (cfr. irlandese bríg e gallese bri
«dignità, onore»). Filologicamente, la dea
Brígit è la versione irlandese di quella dea che in Britannia aveva nome Brigantia
(Bricta, Brigindona) ed era la dea eponima del popolo dei Briganti.
Brígit compare quasi di sfuggita nel
Cath Maige Tuired.
Vi è presentata come figlia del
Dagda Mór e madre dello
sfortunato
Rúadán, il cui padre è
Bress.
Quando
Rúadán venne ucciso,
Brígit levò la prima
lamentazione funebre che fu udita in Ériu. Il testo aggiunge
ancora che fu lei a inventare un fischio per dare il segnale
d'allarme durante la notte. A parte queste laconiche notizie,
le fonti mitologiche tacciono completamente di lei.
Qualche
altra notizia la fornisce Cormac mac Culennáin nel suo glossario,
dove a
Brígit,
a cui si attribuisce una profonda sapienza poetica, vengono
associate due sorelle dallo stesso nome, rispettivamente
patrone della medicina e delle arti metallurgiche:
Brigit .i. banfhile ingen inDagdai. iseiside Brigit baneceas, no be
neicsi. .i. Brigit bandee noadradís filid. arba romor ך baroán afrithgnam.
isairesin ideo eam (deam) vocant poetarum hoc nomine cujus sorores erant Brigit
be legis Brigit bé goibnechta .i. bandé .i. trihingena inDagdai insin. de quarum
nominibus pene omnes Hibernenses dea Brigit vocabatur. Brigit din .i. breoaigit
no breoshaigit. |
Brígit. Poetessa, figlia del
Dagda. Tale
Brígit era una donna di sapienza, una vatessa.
I filid la veneravano come una dea:
eletto e nobile era ili patronato di
Brígit, e per questo la dea dei poeti veniva invocata con il suo nome. Lei e le
sue sorelle,
Brígit la guaritrice e
Brígit la forgiatrice, erano le tre figlie del Dagda,
e dal loro nome gli Irlandesi chiamavano Brígit
tutte le dee.
|
|
Cormac mac
Culennáin:
Sanas Cormaic [150] |
Questa triplicità di
Brígit rientra nel quadro della moltiplicazione delle forze divine tanto cara al pensiero celtico. Il fatto che Brígit venga
definita «patrona
della dottrina»
e le si attribuisca un culto particolare da parte dei poeti, è
anche testimoniato da Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating] che la chiama bainfíle
«poetessa».
Che Brígit
fosse considerata una dea del lavoro creativo e anche una dea
guaritrice, è pure indicato dal fatto che i Romani avevano
identificato la Brigantia
britannica con Minerva. A
Brígit era dedicata la festa di
Imbolc, il 1° febbraio, che segnava il culmine dell'inverno, il momento in
cui la discesa nelle tenebre si arrestava e la ruota dell'anno ricominciava la
sua salita verso la luce. Nella festività si accendevano candele e fiammelle per
celebrare l'inizio del ritorno alla vita e la certezza che le giornate sarebbero
presto diventate più luminose (¹).
Brígit doveva dunque
essere, almeno in origine, una dea della luce nascente.
In effetti, secondo alcuni
studiosi, Brigantia/Brígit sarebbe stata l'esito
celtico dell'antichissima dea indoeuropea dell'aurora, il cui
nome è ricostruito nella forma *H2EUSŌS,
e i cui esiti sono l'indiana Uṣas,
la greca Héōs
e la romana Aurora. Un
antico epiteto di questa dea è attestato nei testi vedici,
dove Uṣas
è chiamata bṛhatī,
la «grande». In fase di differenziazione della cultura
celtica, il nome originale della dea sarebbe stato sostituito
da una forma omologa di tale epiteto, che in proto-celtico
suonava *Brigantī-,
da cui i nomi celtici della dea: in britannico Brigantia e
in
irlandese Brígit.
(Campanile 1994)
Con l'introduzione nel cristianesimo, la dea fu accolta nel nuovo culto come
noíb Brígit (od. naomh Bríd, santa Brigida di Kildare),
patrona d'Irlanda. La vita di noíb Brígit (ca.
455-525) copre gli anni tra la missione di Pátraic e la spettacolare ascesa del
monachesimo nel VI secolo, ed è legata alla fondazione del
più antico monastero d'Irlanda, Nonostante questa «Maria dei
Gaeli» sia divenuta così popolare, nella devozione degli irlandesi, da
rivaleggiare in importanza con
noíb Pátraic, sembra di scorgere una continuità
quasi perfetta tra la dea pagana e la santa cristiana, tanto che è persino
lecito chiedersi quanti dettagli della biografia e degli attributi di
noíb Brígit siano derivati dalla mitologia di Brígit,
o addirittura se
noíb Brígit stessa sia mai esistita e non sia stata, fin
dall'inizio, una «canonizzazione» della dea pagana. Fatto sta che la prima
agiografia a lei dedicata, la Vita Brigitæ,
scritta in latino intorno al 650 da un ecclesiastico a nome Cogitosus, non
contiene alcun elemento storico ma affonda già le sue radici nel mito. (Ó
Ríordáin 2001) Il padre di
Brígit , Dubthach mac Demre, è descritto appartenente alla nobiltà, mentre sua
madre Broicsech era una schiava. Si pensa che il padre fosse pagano e la madre
cristiana. A causa della gelosia della moglie principale di Dubthach, Broicsech fu esiliata al Fochard-Muirthemne
(vicino Dundalk) quando era ancora
incinta: Brígit venne alla luce nella zona di Fothartha Airbrech (presso
Croghan Hill, sul confine tra le odierne contee di Offaly e di Kildare). Si dice che
Brígit sia stata affidata alle cure di una donna che le diede una
formazione letteraria, la istruì faccende domestiche e nella gestione di una
cascina. Si dice anche che Brígit abbia respinto alcune buone offerte di matrimonio,
fatto che mandò il padre su tutte le furie. Ma avendo dedicato la propria
verginità al Signore, Brígit non si sarebbe facilmente fatta distogliere dal
proprio scopo. (Ó Ríordáin
2001) Vi sono varie
tradizioni circa le circostanze della sua professione religiosa. L'inno a lei
dedicato da San Broccán
dice che la santa e altre sette giovani si recarono a Crúachan Brí Éle (contea di
Offaly) per farsi conferire dal vescovo Mel l'«ordine delle penitenza»; il
vescovo fu lieto di benedire l'impegno delle ragazze ma per errore conferì a
Brígit l'«ordine episcopale». Quando successivamente gli fu chiesto come avesse
potuto leggere le preghiere sbagliate, Mel rispose che lo Spirito Santo aveva
sottratto la cosa al suo controllo! Brígit ebbe così i privilegi di un vescovo,
di cui godettero anche le badesse che le succedettero al monastero di Kildare. (Ó
Ríordáin 2001)
Noíb Brígit viene
descritta in perpetuo viaggio per l'Irlanda – tradizionalmente su una biga – a
diffondere il Vangelo, guarire i malati, rabbonire i potenti, praticare la
carità con una liberalità e una generosità proverbiali, nonché a pascere le sue
pecore sul
«pascolo di Brigida», quella piana di cinquemila acri altrimenti nota come il Curragh di Kildare. Secondo la tradizione, morì nel giorno di Imbolc (1°
febbraio)
di un anno compreso all'incirca tra il 525 e il 530. (Ó
Ríordáin 2001) Molti particolari
dell'agiografia di Santa
Brigida nascondono senza dubbio miti che un tempo appartenevano alla dea Brígit. Anzi, talvolta sembra addirittura di individuare, da molti particolari, la sua antichissima natura di dea dell'aurora: il fatto che Santa Brigida nascesse all'alba (i
Greci chiamavano l'aurora
herigèneia), che suo padre avesse nome Dubthach mac Demre
«scuro figlio di cupo» (Brigida proveniva dall'oscurità della notte), che sua madre Broicsech la partorisse sulla soglia di casa (e dunque a metà fra il buio all'interno e la luce all'esterno) (Campanile1994). La sua morte, avvenuta nel giorno di Imbolc, la lega a doppio filo a Brígit,
dea della luce nascente, a cui quel giorno era appunto dedicato. Nelle immagini
popolari, noíb Brígit è tuttora rappresentata reggente in mano una fiammella,
a ricordo delle candele e delle luci che venivano accese nelle celebrazioni di
Imbolc, ma anche accompagnata da agnelli o altri animali da cortile,
perché Imbolc celebrava anche la nascita degli agnellini e quindi la
produzione del latte.
|
X —
RÚADÁN E IL «LAMENTO DELLA MADRE»
La scena di
Rúadán – un episodio minore del
Cath Maige Tuired – nasconde
qualche risvolto interessante, che non ci risulta
sia stato notato prima d'ora dagli specialisti.
Rúadán venne ucciso,
trafitto da una lancia, mentre spiava nel campo delle
Túatha Dé Danann
per conto dei
Fomóraig. Quando egli morì,
afferma
Cath Maige Tuired,
sua madre Brígit
pianse e levò il primo lamento funebre che mai si fu udito in
Irlanda. Ora, pur considerando l'episodio come una spiegazione
eziologica dell'uso di lanciare pubblici lamenti alla
morte di un congiunto, rimane il fatto che il pianto di Brígit
viene particolarmente sottolineato. La ricerca di qualche
episodio analogo in altre tradizioni conduce subito nel mondo
della mitologia scandinava, dove
Baldr, figlio
di Frigg,
viene anch'egli ucciso con un colpo di lancia.
Una strofa della
Völuspá,
uno dei più bei canti dell'Edda poetica,
ricorda il pianto della madre:
Il
lamento di Brígit è
il primo pianto udito in Irlanda: prelude ai molti
dolori che funesteranno la futura storia dell'Isola di
Smeraldo. Con il suo pianto,
Frigg lamenta invece il «dolore
di
Valhöll», perché suo figlio
Baldr era il
garante della perfezione originaria e la sua morte condurrà il
mondo al
Ragnarök.
Il pianto di Brígit e quello di
Frigg
hanno un medesimo significato: non si dolgono soltanto della
presente perdita di un figlio, ma in quanto
pianti «primi», dunque archetipici, fondano una consuetudine e
preludono a un fato sanguinoso, al crollo morale
dell'universo, a un futuro in cui il lamento
delle madri per i figli caduti sarebbe divenuta la norma
del mondo e della storia. L'uccisione di
Rúadán
acquista, se vista in quest'ottica, un significato ben più
importante di quanto traspaia a una semplice lettura del
testo.
A questo
punto si sarebbe tentati di mettere in correlazione Brígit e
Frigg.
Purtroppo le due figure non appaiono direttamente
confrontabili. Alcuni studiosi hanno anche cercato di
avvicinare i nomi
Bríg e
Frigg ma, aldilà della
somiglianza fonetica, le due parole derivano da radici
differenti e non hanno connessioni etimologiche.
Per
il resto il mito di
Rúadán
presenta scarse connessioni con quello di
Baldr, che
conosciamo nei dettagli. Sappiamo che
Baldr venne
trafitto da un ramoscello di vischio, l'unico essere a non aver
prestato il giuramento universale di non arrecare male
al figlio di
Frigg. Fu
Loki a porre
il ramoscello al cieco
Höðr,
che lo scagliò in guisa di lancia o di dardo. Sono dettagli che non si
presentano nel racconto irlandese. Qui, a molare la lancia di Rúadán,
è una donna: Crón, madre di Fíanlach. E poiché fu lei a consegnargli l'arma –
dice il testo del
Cath Maige Tuired
– da allora in gaelico si chiamò «lancia della madre»
il subbio delle tessitrici. Come nota la Cataldi, secondo
l'antica legge irlandese, un giovane guerriero poteva essere
iniziato solo dalla famiglia del padre: la «lancia della
madre» [gae
máthri]
non era infatti una vera lancia, ma un elemento del telaio
domestico (Cataldi 1985).
Ma c'è
di più. Nella Njáls saga si
racconta che, alla vigilia della Battaglia di Clontarf (23
aprile 1014), con la quale re Brian Borom cacciò
definitivamente i Vichinghi dall'Irlanda, furono viste valchirie tessere le sorti della battaglia su telaio i cui
elementi erano formati da lance, dardi e spade, i cui
contrappesi erano teschi umani e il cui ordito era
insanguinato dal sangue dei guerrieri. Il canto delle
valchirie è conosciuto come Darraðarljóð,
«canto magico dello stendardo».
Crón – personaggio che non compare altrove nelle leggende irlandesi
– sembra dunque essere una sorta di valchiria che, nel
consegnare a Rúadán
una lancia che è anche un elemento di quel macabro telaio
sulla quale vengono tessute le sorti dei guerrieri, consegna
il giovane al suo destino di morte. Nel mito nordico, la dea
degli inferi, Hel,
acconsentì a liberare
Baldr se
tutte le creature del mondo ne avessero pianto la morte, e
tutte lo fecero, tranne la gigantessa Þökk,
la quale non ebbe per il figlio di
Frigg che
«lacrime asciutte». In tal modo, Þökk
ottenne che
Baldr morisse
e che l'universo piombasse in quell'èra di lance e di spade,
di venti e di lupi, che ne segna il crollo morale e lo
condurrà al la distruzione finale. Da questo punto di vista,
dunque, Þökk e
Crón appaiono agire
secondo schemi analoghi: macchinano rispettivamente la morte
di
Baldr e
quella di Rúadán,
segnando così – volutamente – il destino dell'universo.
Detto
questo, bisogna purtroppo ammettere che le attinenze, da noi
rilevate, tra il mito di
Baldr e
quello di Rúadán si basano
su dettagli minori. Tanto per dirne uno, la
morte di
Baldr è un
evento cardine del mito nordico, mentre quella di
Rúadán
appare come un episodio secondario. Questo è vero, ma forse soltanto perché il
materiale tramandato dal testo del
Cath Maige Tuired
è andato incontro a maggiori alterazioni; il redattore del
testo ha trascritto molti episodi di cui non comprendeva più
il significato, nondimeno li ha trasmessi perché li
sapeva parte integrante della tradizione. Nonostante tutto,
un'attenta comparazione tra i due miti, mostra la presenza
antichissimi motivi rimasti impigliati nell'episodio di
Rúadán. La
costruzione è molto fragile, nondimeno valeva la
pena riferirla.
|
Bibliografia
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BIBLIOGRAFIA ► |
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