1 - L'OSPITE DI NOÍB
FINNÉN
i narra che un giorno (siamo
all'inizio nel VI secolo) noíb
Finnén di Cluain Eraird
lasciò il monastero da lui stesso fondato in Mag Bíle,
nell'Ulaid, e si recò a
trovare un vecchio guerriero che abitava non
lontano da lì.
Ma
Túán
figlio di Cairell si rivelò assai sgarbato con il
santo, rifiutando di riceverlo. Allora
Finnén sedette fuori della
porta di casa dell'arcigno guerriero e
digiunò per tutta la domenica. Dinanzi a
tanta ostinazione,
Túán
accolse finalmente il monaco nella sua casa. Tra i
due si stabilirono buoni rapporti e
Finnén ritornò tra i
suoi monaci a Mag Bíle.
—
Túán
è un uomo eccellente — disse loro. — Egli
verrà da voi per darvi conforto e narrare le
antiche storie di Ériu.
Difatti ben presto il guerriero giunse nel
monastero e propose ai monaci di andare con lui nel
suo romitaggio. I monaci lo seguirono, celebrarono
gli uffici della domenica con tanto di salmi,
preghiere e messa. E quando i monaci gli chiesero
qual era il suo nome e quale fosse la sua stirpe,
egli diede una risposta stupefacente:
— Sono un uomo dell'Ulaid — dichiarò.
—
Il mio nome è
Túán
figlio di Cairell. Un
tempo però fui chiamato
Túán
figlio di Starn
fratello di
Partholón.
Questo era il mio nome agli inizi.
Allora Finnén
chiese a
Túán
di raccontare la sua storia e aggiunse che nessuno
dei monaci avrebbe accettato il suo cibo fintanto
che
Túán
non avesse narrato quanto ricordava.
Così
Túán
cominciò a raccontare.
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2 -
STORIA DI TÚÁN MAC CAIRILL
úán
narrò di cinque invasioni che dopo il
diluvio erano giunte a occupare Ériu – e in verità egli
non citò mai qualcuno che fosse arrivato
in Ériu prima del diluvio –.
Tre
secoli dopo il diluvio, disse, era giunto in Ériu
Partholón
figlio di Sera, il
quale vi si era stabilito con la sua gente. Ma, sopravvenuta
una pestilenza, nello spazio di due
domeniche, l'intero popolo dei
Muintir Partholón
era stato annientato. Ora, poiché era legge
che ad ogni massacro scampasse almeno una persona
potesse in seguito raccontarne gli eventi, per
decisione divina,
Túán
era sopravvissuto all'epidemia, unico superstite
di tutta la sua gente.
Per anni,
Túán
si era aggirato solitario tra le rupi e le colline,
guardandosi dai lupi, finché era divenuto
così vecchio che, non potendo camminare con
agio, si era ritirato in Ulaid, dove trovato asilo
in una caverna. Per ventidue anni,
Túán
era rimasto solo sulla vuota isola di Ériu,
finché dall'alto di una collina aveva visto
nuove genti sbarcare sull'isola. Era
Nemed,
un lontano discendente dello stesso
Partholón,
che arrivava col suo popolo a colonizzare
l'isola. Vecchio e miseramente nudo, con i capelli
grigi e le unghie lunghe,
Túán
non aveva avuto il coraggio di andare incontro ai
nuovi arrivati, così era fuggito a
nascondersi nella sua caverna, dove avrebbe atteso
la morte.
Ma una notte, mentre
Túán
dormiva, il suo corpo aveva mutato forma. E
quand'egli si era svegliato, aveva scoperto che Dio
l'aveva tramutato in cervo, restituendogli al
contempo la giovinezza e l'umor gaio. E
Túán
cantò questi versi:
|
— Vengono verso di me, dolce
Signore,
le genti di Nemed figlio di Agnoman;
guerrieri possenti in
battaglia,
pronti a ricercare il mio
sangue.
Si levano però sul
mio capo
due palchi irti di sessanta
punte:
forma nuova, pelo ruvido e
grigio
quando ero privo di forza e
difesa. |
E
Túán
fu principe dei cervi di Ériu: grandi
branchi lo attorniavano qualunque cammino seguisse.
Egli trascorse questa sua nuova vita all'epoca in
cui
Nemed
e i suoi discendenti abitavano la verde
Ériu.
|
Túán trasformato in cinghiale |
Peter Fitzpatrick, illustrazione |
Quando le Clanna
Nemid
scomparvero anch'esse,
Túán,
trasformato in cervo, aveva ormai raggiunto
l'estrema vecchiezza. Le sue corna erano consumate
e le sue zampe un tempo agili non riuscivano
più a fuggire i branchi di lupi. Così
Túán
si ritirò nella sua caverna, in Ulaid, per
morire. Ma una mattina, svegliandosi, si era
accorto che il suo corpo aveva nuovamente cambiato
forma. E trasformato in un nero cinghiale,
Túán
cantò:
|
— Oggi cinghiale tra gli
armenti,
signore possente dai grandi
trionfi,
fui un tempo tra le genti di
Partholón
nell'assemblea che regolava
i giudizi.
Il mio canto era piacevole a
tutti,
gradito alle donne giovani e
belle;
avevo un carro maestoso e
splendente,
grave e dolce la voce nel
lungo cammino;
rapido il passo, senza
timore
al combattimento e
all'assalto:
ieri ebbi volto bello e
radioso,
oggi sono un nero
cinghiale! |
Tornato giovane in questa nuova forma,
Túán
riacquistò il buon umore. Era il re dei
cinghiali di Ériu e fieramente si aggirava
per l'isola.
E un altro popolo giunse dal mare per occupare Ériu. Erano i
Fir
Bolg. Nel frattempo la vita di
Túán
era giunta al termine: lo spirito era affaticato,
impotente di fare ciò di cui prima era
capace. Il vecchio cinghiale viveva solo nelle buie
caverne e tra le rupi.
Allora
Túán
tornò nella sua grotta nell'Ulaid, in quel
medesimo posto dove tornava ogni volta che il
carico degli anni lo faceva ricadere nella
vecchiaia, affinché il suo aspetto mutasse
ed egli ritrovasse la giovinezza. E questa volta ne
uscì trasformato in un falco di mare
Il suo spirito tornò gaio e fu nuovamente
capace di tutto. Divenne inquieto e vivace, volava
per tutta l'isola e cantava questi versi:
|
— Oggi falco di mare, ieri cinghiale,
Dio che m'ama
mi diede questa forma.
Vissi tra i branchi dei cinghiali,
oggi sono tra gli stormi d'uccelli. |
E poi giunse un nuovo popolo a impadronirsi di
Ériu. Erano le Túatha
Dé Danann, le quali vinsero i
Fir
Bolg, che all'epoca occupavano la verde
isola.
In quanto a
Túán,
rimase a lungo in forma di falco ed era ancora in
quella apparenza quando giunse un'ulteriore
invasione: quella dei
Meic Míled, che
strapparono l'isola alle
Túatha
Dé. Ormai vecchio, il falco si trovava
dentro la cavità di un albero sopra un corso
d'acqua, lo spirito abbattuto, incapace di volare.
Dopo aver digiunato nove giorni, il sonno si
impadronì di lui ed egli fu trasformato in
un salmone di fiume. In seguito Dio lo pose in
acqua, dove il salmone visse a fu a suo agio,
vigoroso e ben nutrito. Abile nel nuotare, sfuggiva
ai pericoli ed alle trappole: le mani del
pescatore, gli artigli del falco, le lance da
pesca.
Un giorno Dio decise che era tempo di porre fine
allo stato di
Túán
e fu così che un pescatore finì per
catturare quel grosso salmone.
|
3 - RINASCITA
l salmone fu portato alla corte di re
Cairell figlio di
Muiredach Munderg. Fu messo
sulla griglia e arrostito. La moglie del re, non appena lo
vide, fu presa da una tentazione irresistibile; volle che le
venisse servito, e lo mangiò golosamente.
Non per questo
Túán
smise di essere cosciente. Egli conservò
memoria del tempo in cui rimase nel grembo della
donna e da là udiva tutte le conversazioni
che si tenevano in casa, di quel che succedeva in
Ériu in quei giorni.
Poi la regina partorì ed egli venne alla
luce, e fu chiamato di nuovo
Túán,
e appena nato,
Túán
sapeva parlare perfettamente e raccontava degli
eventi antichissimi di cui era stato testimone.
Nel corso della sua vita,
Túán mac Cairill era stato un profeta, finché
non era giunto Pátraic, l'apostolo
dei Gáedil, a portare la fede in Ériu.
Túán
era già molto vecchio, ma si era fatto
battezzare. Ormai era vecchissimo, e questa fu la
storia che narrò a Finnén e ai suoi monaci: la
cronaca delle antiche invasioni di Ériu.
Ed è grazie a
Túán
mac Cairill se gli storici di Ériu hanno
ancora oggi memoria di
Partholón
e della sua gente. |