MITI

CELTI
Irlandesi

MITI CELTICI
IL DESTINO DEI FIGLI DI TUIRELL
LA VENDETTA DI LÚG
Continuiamo con l'Aided chloinne Tuirill: l'uccisione di Cían da parte dei tre figli di Tuirell, e la vendetta di Lúg. Questi fatti si svolgono alla vigilia della seconda battaglia di Mag Tuired, la cui narrazione sarà ripresa nel prossimo capitolo.
  1. L'uccisione di Cían
  2. Il dolore di Lúg
  3. Lúg chiede la parola
  4. Il prezzo della riparazione
  5. Il consiglio di Tuirell
  6. Il lamento della partenza
  7. Le mele d'oro del Giardino di Isbérne
  8. La pelle del porco del re di Gréc
  9. La lancia del re di Persia
  10. Il carro e i cavalli del re di Sisle
  11. I maiali del re delle Colonne d'Oro
  12. La cagnolina del re di Iruad
  13. Ritorno in Ériu
  14. Nuova partenza dei figli di Tuirell
  15. L'Isola delle Belle Teste
  16. Tre grida in cima alla collina
  17. Il lamento dei figli di Tuirell
  18. Il rifiuto di Lúg
  19. Il tragico destino dei figli di Tuirell
    Fonti
  1. I figli di Tuirell e i figli di Cáinte
  2. Delbáeth mac Ogma detto Tuirell Bícreo
  3. I «tre dèi di Danann»
  4. La ricerca e la vendetta
  5. Il prezzo della riparazione
  6. Le «fatiche» dei figli di Tuirell: una ricerca dell'immortalità?
    Bibliografia

1 - L'UCCISIONE DI CÍAN

Brian uccide Cían
Illustrazione di Roger Garland.

eparatisi da Lúg, i tre figli di Cáinte corsero a cercare aiuto contro i Fomóire. e Ceithen andarono a sud, mentre Cían si recò a nord, fermandosi nella piana di Mag Muirthemne. Vi era entrato da poco e la stava attraversando, quando vide davanti a sé tre giovani armati.

Erano Brian, Iuchar e Iucharba, i tre figli di Delbáeth mac Ogma detto Tuirell Bícreo. Loro madre era Danann, figlia dello stesso Tuirell, che era dunque anche loro sorella. Così grande era l'abilità e il valore dei tre figli di Tuirell, così vasta la loro esperienza nelle arti druidiche, che essi vennero reputati dèi e chiamati Trí Dé Danann, i «tre dèi di Danann». Da loro le stesse Túatha Dé Danann non avevano disdegnato di trarre il nome con cui vennero conosciute: le «tribù degli dèi di Danann».

Ora, i tre figli di Cáinte e i tre figli di Tuirell si detestavano e si portavano reciproco odio al punto che, non importa dove si fossero incontrati, non avrebbero evitato una contesa mortale, cui sarebbero sopravvissuti soltanto i più forti.

— Se ci fossero i miei fratelli daremmo fiera battaglia — considerò Cían. — Ma poiché essi non sono con me, il miglior consiglio è ritirarsi.

E scorto lì vicino un branco di maiali, si colpì con la bacchetta druidica, assunse l'aspetto di un porco e si mise a raspare la terra come gli altri animali.

Brian figlio di Tuirell disse: — Fratelli, avete visto il guerriero che poco fa attraversava la piana?

— Lo abbiamo visto, — confermarono Iuchar e Iucharba, — ma non sappiamo cosa l'abbia portato via.
— Poco saggio è chi, in tempo di guerra, non osserva con diligenza i luoghi scoperti — li rampognò Brian. — Io so perché quel guerriero è scomparso: si è percosso con la bacchetta druidica e ha assunto l'aspetto di un porco. Ora è in quel branco laggiù, e raspa la terra come fanno gli altri animali, ma non è nostro amico.
— Ciò è un pericolo per noi! — dissero gli altri due. — I maiali appartengono a qualcuno delle Túatha Dé Danann. Inoltre, anche se li uccidessimo tutti, la bestia druidica potrebbe sempre farcela in barba e sfuggirci.
— A cosa vi è servito apprendere gli insegnamenti nelle quattro città del sapere, — disse Brian, — se non sapete distinguere un animale druidico da uno naturale.

E colpì prontamente i suoi fratelli con la sua bacchetta druidica e li trasformò in due cani agili e snelli che subito si precipitarono sulla pista del porco druidico. I maiali fuggirono e quello druidico rimase isolato dagli altri. Vide un cespuglio di nocciolo e puntò in quella direzione, ma proprio quando stava per gettarvisi dentro, Brian gli scagliò addosso la lancia trafiggendolo. Allora il maiale squittì forte e disse: — È stato un atto malvagio colpirmi, dal momento che mi avete riconosciuto.

— Mi sembra che tu abbia voce umana — disse Brian.
— In effetti io sono un uomo: Cían figlio di Cáinte. Risparmiatemi!

Iuchar e Iucharba si dissero disposti a concedere a Cían grazia della vita, ma Brian rifiutò dicendo: — Io non ti farò grazia! Anzi, giuro sugli spiriti dell'aria che, anche se la vita tornasse in te per sette volte, per sette volte te la strapperei!

— Se così è, soddisfa la mia richiesta — disse Cían. — Permettimi di riprendere la mia vera forma.
— Fallo pure — disse Brian — Mi è più facile uccidere un uomo che un porco.

Cían riprese il suo aspetto originario e disse: — Ti prego, abbi misericordia di me.

— Non ne avrò! — disse Brian.
— Ebbene, comunque vadano le cose, io vi ho messo nel sacco — disse Cían. — Se mi aveste ucciso in forma di maiale avreste dovuto pagare ammenda solo per il valore di un porco; ma se mi uccidete in forma umana non ci sarai mai prezzo dell'onore più alto di quello che dovrete pagare per la mia morte. In quanto alle armi con cui sarò ucciso, saranno esse stesse a denunciare il delitto a mio figlio.
— Non saranno le armi a finirti, bensì le pietre che raccoglieremo da terra — sibilò Brian.

E i tre fratelli lasciarono le loro armi e cominciarono a scagliargli contro le pietre che raccolsero dal suolo. La lapidarono violentemente e con ferocia, finché di Cían non rimase che un informe mucchio di carne senza vita. Poi ne seppellirono il corpo, ma la terra non volle accettare quel fardello e lo rigettò in superficie. Sei volte i figli di Tuirell tentarono di seppellire il cadavere e sempre il terreno lo rifiutò. Solo quando lo interrarono per la settima volta, il suolo finì per riceverlo. Dopodiché i tre figli di Tuirell partirono da Mag Muirthemne e andarono a unirsi alle schiere di Lúg per combattere i Fomóire.

«Le quattro città dell'istruzione»: si tratta delle città di Fálias, Gorias, Finias e Murias, poste nel lontano settentrione del mondo, dove le Túatha Dé Danann avevano appreso le arti druidiche e le conoscenze esoteriche prima di arrivare in Irlanda.
2 - IL DOLORE DI LÚG

opo lo scontro vittorioso di Mag Mór an Óenaig, Lúg andò a cercare il padre Cían e, non trovandolo, chiese a suoi fratelli e Ceithen se lo avessero visto. Questi risposero di no. Lúg si chiese se suo padre non fosse stato ucciso dai Fomóire nel corso della battaglia, ma e Ceithen negarono che così fosse accaduto.

— Eppure mio padre non vive — dichiarò Lúg. — Ebbene, faccio giuramento che la mia bocca non toccherà cibo o bevanda finché non avrò saputo quale fato abbia incontrato.

Ripartì accompagnato dall'armata dei síde e perlustrò la zona in cui aveva visto suo padre per l'ultima volta. Di lì seguì le sue tracce fino a Mag Muirthemne. E arrivato nel punto dove Cían era stato ucciso dai figli di Tuirell, fu la terra stessa a parlare a Lúg dicendo:

— Tuo padre si trovò qui in gravi difficoltà, allorché lo scorsero i figli di Tuirell. Fu costretto a prendere l'aspetto di un porco, ma essi lo uccisero sotto le sue vere spoglie.

Il corpo di Cían fu trovato e riesumato, ed era straziato di ferite. — È una morte da nemici quella che i figli di Tuirell gli hanno dato — disse Lúg. Baciò tre volte le membra infrante del padre e aggiunse: — Questo crimine mi dilania. Il mio dolore è tale che le mie orecchie non sentono nulla, i miei occhi non vedono nulla e non c'è più un solo battito di vita nel mio cuore. Mi duole non essere stato presente nel momento in cui il misfatto si compiva. È una nefasta azione che uomini delle Túatha Dé Danann si siano traditi a vicenda. Essi impiegheranno molto tempo a riparare il danno causato, e ne usciranno distrutti.

Il corpo di Cían fu nuovamente deposto nella fossa e su di esso fu innalzata una pietra tombale e posta una stele, sulla quale venne inciso il suo nome in lettere ogamiche. — È da Cían che sarà chiamato questo tumulo, anche se le sue membra sono a brandelli — disse Lúg. E mentre intorno si intonavano i lamenti funebri, anch'egli levò un canto d'angoscia:

— Il cuore mi si è spezzato in petto
dacché Cían l'eroe non è più in vita.
Per i figli di Delbáeth non è falsa notizia;
tutti patiranno nell'angoscia.

E aggiunse: — Quest'azione causerà solo male alle Túatha Dé Danann. Dolore e sciagura ricadranno sulle genti di Ériu e il fratricidio sarà perpetrato a lungo in questa terra. — Poi si rivolse alle sue genti e disse: — Andate dal re di Ériu e dalle Túatha Dé Danann, ma non divulgate la notizia prima che lo faccia io stesso.

3 - LÚG CHIEDE LA PAROLA

llora Lúg tornò alla fortezza di Temáir. L'assemblea delle Túatha Dé Danann si teneva nella Sala dei Banchetti. Nobilmente e con onore, Lúg prese posto a fianco di re Núada. Si guardò intorno e scorse i figli di Tuirell. Tra tutti erano gli uomini giudicati migliori per destrezza e agilità, i più belli e più onorati tra quanti si trovavano in quell'assemblea. Ed erano anche quelli che avevano più duramente combattuto contro i Fomóire.

Lúg ordinò di scuotere la catena, chiedendo la parola, e tutti si apprestarono ad ascoltarlo. Egli disse all'assemblea: — Su chi si rivolge la vostra attenzione, uomini delle Túatha Dé Danann?

— Su di te, in verità! — gli fu risposto.
— Ho una domanda da porvi — disse Lúg. — Quale vendetta eserciterebbe ciascuno di voi su colui che gli avesse ucciso il padre?

A quelle parole fece seguito un profondo silenzio. Re Núada fu il primo a riscuotersi e disse:

— Non è certamente tuo padre che fu ucciso!
— Lo è, in verità. E qualcuno tra coloro che vedo in questa sala sa meglio di me in che modo gli fu tolta la vita.

Allora il re di Ériu disse: — A colui che avesse ucciso mio padre non riserverei certo la morte di un giorno, bensì gli strapperei un arto al giorno, finché non mi cadesse innanzi.

Tutti i presenti si pronunciarono nello stesso modo e i figli di Tuirell come ogni altro.

E Lúg disse: — Questa stessa dichiarazione viene anche da coloro che uccisero mio padre, giacché tutti gli uomini delle Túatha Dé Danann sono qui. Mi paghino dunque una riparazione. Se non lo faranno, non violerò per questo la legge del re di Ériu né il suo diritto d'asilo. Tuttavia gli assassini non tentino di lasciare la Sala dei Banchetti prima di aver raggiunto un'intesa con me.

— Se io avessi ucciso tuo padre sarei ben felice che tu accettassi il prezzo della riparazione — disse Núada, dubbioso.

I figli di Tuirell avevano ben capito che Lúg si stava rivolgendo proprio a loro; Iuchar e Iucharba proposero di ammettere il delitto, poiché sapevano bene che Lúg non avrebbe sciolto l'assemblea finché non avesse ottenuto la loro confessione; ma Brian temeva che Lúg rifiutasse poi la riparazione che aveva promesso.

Così Brian si alzò e disse: — Tu parli ai figli di Tuirell, Lúg, poiché supponi che abbiamo ucciso noi tuo padre Cían. Ebbene, non siamo stati noi, tuttavia te ne daremo riparazione come se avessimo commesso il crimine.

— Anche se non lo crederete, accetterò comunque che mi paghiate l'éiric — rispose Lúg. — E vi dico questo: se pensate che per voi sia troppo, ve ne sarà rimessa una parte.
— Sentiamo la pretesa dalle tue stesse labbra.
— Ecco quale sarà la riparazione che pretendo — disse Lúg. — Mi procurerete tre mele, la pelle di un maiale, una lancia, un carro e due cavalli, sette maiali, un cucciolo, uno spiedo e tre grida sopra una collina. Questo è il prezzo che chiedo. Se per voi è esorbitante ve ne sarà subito rimessa una parte; se ritenete che non sia troppo elevato, allora pagatelo.

Brian mac Tuirell rimase per un attimo perplesso: — Non è un prezzo oneroso, né lo sarebbe uno cento volte più alto. Ma dalla pochezza dell'ammenda sospetto che tu abbia in serbo per noi un qualche disegno sinistro.

— A me non pare che quanto vi chiedo sia poca cosa — disse Lúg. — In ogni caso, vi darò la garanzia delle Túatha Dé Danann che non pretenderò di più e che sarò leale nei vostri confronti. Datemi dunque uguali garanti.
— Le nostre persone dovrebbero bastarti, non siamo poca cosa — risposero i figli di Tuirell.
— Non mi basta — disse Lúg. — Avviene spesso che una riparazione sia promessa alla presenza di tutti e poi si cerchi di tirarsi indietro.

Allora i figli di Tuirell nominarono Núada, re di Ériu, Bodb Derg figlio del Dagda e tutti i nobili danann quali garanti che avrebbero pagato l'éiric richiesto da Lúg.

— E ora vi farò conoscere il vero prezzo della riparazione — disse Lúg.

Éiric, il prezzo della riparazione, nelle antiche leggi irlandesi, era l'ammenda o guidrigildo a danno del colpevole, e consisteva ora in denaro ora nell'obbligo di prestazioni varie.
4 - IL PREZZO DELLA RIPARAZIONE

di fronte all'assemblea, Lúg spiegò ai figli di Tuirell:

Il prezzo della riparazione dei figli di Tuirell
Illustrazione di Roger Garland.

— Le tre mele che vi richiedo sono i tre pomi del giardino di Isbérne, a est del mondo. Nessun'altra mela mi soddisferà al di fuori di quelle, perché sono le più belle del mondo. Hanno il colore dell'oro polito e la testa di un bambino di un mese non è più grande di ciascun frutto. Quando le si gusta hanno il sapore del miele; a chi ne mangia anche un solo morso guariscono le ferite e sanano le malattie e, per quanto se ne mangi, non finiscono mai. Siete bravi campioni, ma non penso che abbiate la capacità (cosa che non mi dispiace) di strapparle alle genti che le posseggono, perché è stato loro predetto che tre giovani guerrieri sarebbero giunti dall'ovest a prenderle con la forza.

«La pelle che vi chiedo è quella del maiale appartenente a Túis, il re di Gréc. La natura dell'animale era tale che ogni piaga che toccava veniva sanata e, quando attraversava un fiume, l'acqua si mutava in vino. I druidi rivelarono che tali virtù non risiedevano nel maiale bensì nella sua pelle; per questo fu scuoiato e da quel momento i Greci ne conservano gelosamente la spoglia. Quella pelle ha poteri taumaturgici: è in grado di guarire qualunque ferita e malattia, anche se l'uomo si trovi in fin di vita, e l'acqua che vi viene filtrata dopo nove giorni diventa vino. Penso che non vi sarà facile avere quella pelle dai Greci, di buon grado o di forza.

«La lancia ha nome Arédbair e appartiene a Pisear, re di Persia. Sceglie da sola il bersaglio e consente di compiere le più grandiose imprese. La sua punta viene tenuta in un calderone pieno d'acqua affinché il terreno su cui poggia non bruci e la lancia non vi penetri al punto di non poter più essere tirata fuori. Non vi sarà facile ottenerla.

«I cavalli e il carro che vi chiedo appartengono a Dobar, re di Sisle [Sicilia]. La loro natura è tale che corrono allo stesso modo tanto sulla terra quanto sul mare. Non vi sono al mondo cavalli più rapidi e possenti e non c'è cocchio che gli sia alla pari nella forma e nella robustezza. I cavalli, per quanto li si possa uccidere, il mattino dopo ritornano integri, purché si faccia attenzione a non disperdere o rompere le ossa. E neppure esiste carro migliore per la struttura e la solidità. Non vi sarà facile averli.

«I sette maiali appartengono a Ésal, re delle Coloman Órda [«colonne d'oro»]. Anche se li si uccide ogni notte, il giorno dopo sono più vivi di prima. Chiunque ne gusti un solo boccone non conosce né malattia né infermità.

«Il cucciolo che vi richiedo è una cagnetta che appartiene al del re di Iruad. Il suo nome è Fáilinis ed è in grado di acchiappare qualsiasi animale veda. Tutte le bestie del mondo stramazzano al solo guardarlo. È difficile ottenerla!

«Lo spiedo da arrosto è uno di quelli che posseggono le donne di Inis Cennfinne.

«E infine, le tre grida che dovrete lanciare, dovranno risuonare sulla collina di Midchain a nord di Lochlann. Midchain e i suoi figli sono vincolati da una geis per la quale non devono permettere a nessuno di lanciare delle grida da quell'altura. Presso di lui mio padre Cían ha ricevuto l'istruzione guerresca; anche se io vi perdonassi la sua morte, egli non ve la condonerebbe mai! Quando anche tutte le vostre imprese si concludessero con successo, laggiù si compirà su di voi la mia vendetta.

«Ecco il prezzo della riparazione che vi chiedo — concluse Lúg.

La geis (plurale geissa) era un'ingiunzione rituale personale con originaria funzione sociale, la cui trasgressione comportava la perdita dell'onore e del ruolo. Nelle narrazioni epiche, la geis assume il valore di interdizione magica che, se trasgredita, può provocare sventura o morte.
5 - IL CONSIGLIO DI TUIRELL

llora silenzio e stupore caddero su Brian, Iuchar e Iucharba. I tre fratelli si recarono a testa bassa a Dún Tuirell, la fortezza di loro padre, Delbáeth mac Ogma detto Tuirell Bícreo, lamentandosi del triste fato che li attendeva.

— Sono cattive notizie — disse Tuirell. — Ricercando il pagamento dell'éiric vi attirerete addosso sventura e morte. Tuttavia, se Lúg lo volesse, potreste anche riuscire nella vostra impresa, seppure al prezzo di immani sforzi e fatiche. Ma nessun uomo sarebbe in grado di pagare un tale éiric senza un aiuto druidico. Andate dunque da Lúg e chiedetegli in prestito la Aonbarr, la cavalla di Manannán mac Lir. Se egli veramente si aspetta che gli paghiate il compenso ve lo darà; altrimenti vi dirà che non gli appartiene e che non può concedere quanto gli è stato prestato. In tal caso gli chiederete lo Scúabtuinne, il corach di Manannán. Ve lo darà, perché una geis gli vieta di rifiutare una seconda richiesta. La barca vi sarà più utile del cavallo!

I figli di Tuirell si presentarono a Lúg, lo salutarono e gli dichiararono che, senza il suo aiuto, non sarebbero stati in grado di pagargli l'éiric. Perciò gli chiesero in prestito la Aonbarr, la cavalla di Manannán mac Lir.

— Non mi appartiene — fu la secca risposta di Lúg. — Non presterò ciò che mi è stato prestato.
— Dacci allora lo Scúabtuinne, la barca di Manannán mac Lir — disse Brian mac Tuirell.
— La concederò. Si trova al Brug na Bóinne — disse Lúg.

I tre fratelli tornarono a Dún Tuirell e raccontarono a loro padre di aver ottenuto l'imbarcazione.

— Averla ottenuta non vi sarà di grande aiuto — osservò Tuirell. — Benché sia ansioso di procurarsi quanto gli è necessario in vista della battaglia di Mag Tuired, Lúg sarebbe ben più contento se nel corso della ricerca voi soccombeste.

Su quelle parole i fratelli partirono, lasciando il padre triste e dolente.

6 - IL LAMENTO DELLA PARTENZA

figli di Tuirell si recarono al porto dove si trovava il corach. Li accompagnava la sorella Ethné. Non appena salì a bordo dell'imbarcazione, Brian si lamentò del poco spazio. — Oltre a me, c'è posto appena per un'altra persona!

— Una geis vieta di lamentarsi di questa imbarcazione, cari fratelli — li avvertì Ethné. E con la morte nel cuore innalzò questo canto:

— Malvagia l'azione da voi compiuta,
schiera nobile e bella.
Il padre di Lúg Lámfada
voi l'avete ucciso, ed è male.

Risposero i tre fratelli:

Ethné, non parlare così:
vivo è il nostro amore, ardite le gesta.
Cento volte meglio essere uccisi
che patire la morte dell'ozioso e del vile.

Ed Ethné:

— Cercate i paesi e le isole del mare
fino a raggiungere le spiagge del Mar Rosso.
Il vostro esilio da Ériu, ahimé!
non c'è evento più doloroso.

E dopo queste strazianti parole, i tre guerrieri spinsero il corach lontano dalle belle coste frastagliate di Ériu.

7 - LE MELE D'ORO DEL GIARDINO DI ISBÉRNE

uale rotta prenderemo per prima? — si chiesero Iuchar e Iucharba.

— Andremo alla ricerca delle mele, visto che è la prima richiesta che ci è stata rivolta — rispose Brian. — Perciò noi ti chiediamo, Scúabtuinne, barca di Manannán: dirigiti verso il gard na-hIsbéirne.

Subito, il corach prese la corsa sulle creste delle onde dai fianchi verdi, per la via più breve dell'oceano. Finché, infine, raggiunse un porto e un riparo sulle rive delle isole di Isbérne.

— Come credete dovremmo avvicinarci al giardino? — chiese allora Brian. — Sono di guardia i guerrieri del paese e i campioni del re, con a capo il sovrano in persona.

— Cosa dovremmo fare se non attaccare? — risposero i fratelli. — Se saremo i più forti, ci porteremo via le mele, altrimenti cadremo nell'impresa. Non dipende da noi sfuggire ai pericolo che incombono sul nostro capo senza trovare la morte in qualche luogo.

— Invece di essere ricordati per la nostra follia, sarebbe auspicabile che di noi si proclamasse la nostra accortezza e la si cantasse ancora dopo la nostra morte — ribatté Brian. — A mio avviso, il miglior consiglio è di entrare nel giardino in forma di falchi. I guardiani non potranno che opporci armi leggere. La nostra agilità e destrezza faranno in modo che lance e frecce manchino i bersagli: quando i guardiani avranno esaurito i proiettili, caleremo sulle mele e ne porteremo via una per ciascuno. Se potrò, io stesso ne prenderò due, una tra gli artigli e un'altra nel becco.

Accordatisi in tal senso, Brian percosse sé stesso e i fratelli con la verga druidica e tutti e tre mutarono in falchi d'incomparabile bellezza. Quando i guardiani del giardino li scorsero, scagliarono contro di loro una pioggia furiosa di dardi e lance dalle punte avvelenate. Come stabilito, i tre falchi si tennero all'erta, finché i guardiani non ebbero esaurito i proiettili. Poi calarono arditamente sulle mele: come aveva detto, Brian ne portò via due; i fratelli una ciascuna.

La notizia del furto arrivò subito alle orecchie del re delle isole di Isbérne, il quale aveva tre figlie belle e di grande sapienza. Assunto l'aspetto di tre grifoni dagli artigli acuminati, esse si lanciarono sul mare all'inseguimento dei tre falchi. Innanzi e dietro il loro volo, saettavano raggi infuocati.

— Siamo alle strette — dissero Iuchar e Iucharba. — Se non troveremo soccorso, saremo presto arsi dai raggi di fuoco.

— Vi darò il mio aiuto se lo potrò — disse Brian. Colpì sé stesso e i fratelli con la bacchetta druidica e tutti e tre si trasformarono in cigni. Subito si tuffarono nell'acqua, mentre i grifoni passavano sopra di loro. Quando non vi fu più pericolo, i tre cigni riemersero e ripresero l'aspetto umano. Dopo di che i figli di Tuirell raggiunsero il corach.

8 - LA PELLE DI PORCO DEL RE DI GREIC

ecisi ad avere, per amore e per forza, la pelle del maiale del re di Greic, i figli di Tuirell sbarcarono sulle coste di Greic e si diressero verso la corte di re Túis.

— In quale forma ci presenteremo? — chiese Brian.
— In quale altra se non con la nostra? — dissero i fratelli.
— Non mi sembra che debba essere così — replicò Brian. — Andremo piuttosto sotto l'aspetto di poeti e di uomini d'arte di Ériu: otterremo maggior onore e reputazione presso le nobili genti di Greic.

I due fratelli accolsero quella proposta con scetticismo, in quanto non avevano sottomano alcun poema e non avrebbero saputo comporne uno. Tuttavia avvolsero ai capelli il nastro dei poeti e si presentarono alle porte della reggia. Quando il guardiano chiese chi fossero, risposero di essere poeti irlandesi e di essere giunti con un poema per re Túis. Subito il re ordinò che venissero introdotti nella corte, compiaciuto del fatto che dei poeti fossero venuti da tanto lontano alla ricerca di un protettore.

Ai figli di Tuirell fu concessa la più munifica delle ospitalità e i tre fratelli si diedero subito al bere e alla gioia. Quando infine, i poeti regali si levarono per cantare le proprie composizioni, Brian disse ai fratelli di intonare un poema per il sovrano.

— Non ne abbiamo — risposero Iuchar e Iucharba. — Non ci puoi chiedere che l'arte fin qui praticata: strappare con la forza quello che vogliamo, oppure soccombere agli avversari.

— Non è il modo migliore per comporre un poema — ribatté Brian. Si levò in piedi e, ottenuti l'attenzione e il silenzio, cantò:

— Re Túis, non nascondo la tua gloria,
ti lodo come la quercia al di sopra dei re.
La pelle di un porco, bottino senza contrasto,
è il compenso che richiedo da te.

«Nella guerra del vicino contro l'orecchio,
il bell'orecchio del vicino sarà contro di lui;
colui che ci fa dono delle ricchezze,
non per questo avrà la corte più spoglia.

«La turba dei venti e il mare agitato
a opporsi, sono una spada affilata;
la pelle di un porco, bottino senza contrasto
è il compenso che chiedo, Túis.

— Un buon poema — disse guardingo re Túis. — Ma non ho compreso una sola parola che avesse un senso.

— Te ne spiegherò il significato — disse allora Brian. — Come la quercia eccelle tra gli alberi della foresta, così tu, re Túis, sovrasti i re della terra in generosità, valore e nobiltà. Queste sono le qualità che io lodo in te, e in dono per il mio panegirico non chiedo altro che la pelle di porco che è in tuo possesso. Come os e cluas sono, in gaelico, due nomi per indicare l'orecchio, così, per quella pelle di porco, se tu non me la concederai di buon grado e senza contrasto, saremo tu e io l'uno contro l'orecchio dell'altro. Ecco il significato della mia poesia.

— Poesia che io loderei sicuramente, se non facesse menzione della pelle del mio porco — disse il re. — Sei insensato, uomo di poesia! Quella pelle non la darei né a poeti, né ad artisti, né a principi e neppure ai più eccelsi sovrani della terra, a meno che non me la strappino con la forza! Ma poiché non sono privo di generosità, ti darò tre volte l'oro rosso che quella stessa pelle saprà contenere.

— Sapevo che la mia richiesta non sarebbe stata facilmente esaudita, ma sapevo pure che avrei ricevuto un buon compenso — disse Brian. — Tuttavia, prenderò soltanto l'oro rosso che sarà misurato in mia presenza, diligentemente e come si conviene.

Gli intendenti reali furono inviati alla casa del tesoro insieme ai forestieri perché potessero misurare il compenso di persona. — Prima riempite la pelle due volte per i miei fratelli — disse Brian. — L'ultima scrupolosa misura sarà per me che ho composto il poema.

Ma non appena la pelle fu dispiegata, Brian la agguantò con la mano sinistra mentre con la destra snudava la spada e la calava sull'uomo che gli stava più vicino, spaccandolo in due. Impossessatosi della pelle, Brian se la avvolse attorno al corpo; poi i tre figli di Tuirell fuggirono dalla corte, abbattendo tutti coloro che cercavano di fermarli. Nessun greco sfuggì alle loro spade: tutti i nobili e i guerrieri vennero uccisi o mutilati. Lo stesso re Túis si gettò contro di loro e impegnò Brian in un combattimento eroico e fiero, ma dovette soccombere contro la spada avvelenata di Brian mac Tuirell.

Nel frattempo Iuchar e Iucharba combattevano valorosamente, compiendo una carneficina tra le truppe greche, finché non le ebbero praticamente sterminate. Quando rimasero soli nelle corte ormai vuota, i figli di Tuirell deposero le armi e utilizzarono la magica virtù della pelle di porco per guarire delle tremende ferite. I figli di Tuirell rimasero per tre giorni e tre notti nella corte greca, dove poterono riprendersi dalla fatica di quel combattimento, ed ebbero tra le braccia — e come compagne di letto — le donne più belle di Greic.

9 - LA LANCIA DEL RE DI PERSIA

oi, Iuchar e Iucharba domandarono a Brian dove dovessero andare.

— Da Pisear, re di Persia, per richiedergli la lancia — fu la risposta.

Raggiunsero il corach e lasciarono le spiagge di Greic dalle acque blu, soddisfatti di avere già ottenuto le mele e la pelle di porco. Non si fermarono prima di essere arrivati ai litorali di Persia.

— Sotto quale forma ci presenteremo alla corte del re? — chiese Brian.
— In quale altra se non in quella che ci è propria? — dissero i fratelli.
— Non mi sembra la scelta più appropriata — replicò Brian. — Andiamo piuttosto sotto l'aspetto di poeti, così come abbiamo fatto presso il re di Greic.

I fratelli approvarono il consiglio, visto il buon esito che aveva avuto la volta precedente. Di nuovo raccolsero i capelli nel nastro dei poeti e si presentarono alle porte della fortezza reale. Dissero al guardiano che erano dei poeti giunti dalla lontana terra di Ériu con un poema per il re. Vennero fatti entrare. Il re e i nobili della corte persiana diedero loro il benvenuto e li fecero sedere con grandi onori proprio attorno al sovrano. Quando i poeti si levarono per cantare le loro composizioni, Brian disse ai fratelli che si alzassero a loro volta e recitassero un poema.

— Non chiederci un'arte che non possediamo — risposero Iuchar e Iucharba. — Se vuoi, praticheremo quella in cui siamo esperti, cioè batterci e scambiarci colpi possenti!

— Sarebbe un esercizio di poesia assai singolare! — commentò Brian. — Dal momento che io invece posseggo il poema, allora reciterò per il re. — E intonò questi versi:

— Poca fama ha ogni altra lancia presso re Pisear
nelle battaglie in cui annienta i nemici.
Pisear non subisce oppressione
da quelli cui infligge ferite.

«Il tasso, il più bello degli alberi,
è chiamato re senza contrasto.
Possa il suo splendido fusto
penetrare nelle piaghe mortali.

— Un buon poema — commentò re Pisear — ma non capisco cosa voglia dire la menzione alla mia lancia, poeta di Ériu.
— La vorrei in ricompensa — disse Brian.
— Non hai molto cervello a rivolgermi una tale richiesta — disse il re. — Sappi che mai la gente di questa corte ha concesso onori più grandi in cambio di un poema, ed è già una fortuna che non vi abbia fatto mettere immediatamente a morte!

A quelle parole, Brian si ricordò della mela che aveva in mano: la scagliò contro la fronte del re, facendogli uscire il cervello dalla nuca. Poi snudò la spada e si avventò su coloro che gli stavano intorno. I fratelli non trascurarono di fare altrettanto e si misero a dargli man forte con ardore e con coraggio, finché non ebbero compiuto una strage, decimando i nobili, i cortigiani e le schiere del palazzo reale. Quella notte, curate le ferite con la pelle di porco di re Túis, poterono disporre delle donne e delle principesse della corte. Trovarono infine la lancia chiamata Arédbair. Aveva la lama tuffata dentro un calderone d'acqua, altrimenti il suolo su cui poggiava sarebbe arso a causa del calore sprigionato dalla sua punta e la lancia sarebbe penetrata nella terra.

10 - IL CARRO E I CAVALLI DEL RE DI SISLE

l momento di lasciare la Persia, i figli di Tuirell si chiesero in quale direzione andare.

— Ci recheremo da Dobar, re dell'isola di Sisle — disse Brian. — È lui che possiede i due destrieri e il carro richiestici da Lúg.

S'imbarcarono portando con loro la lancia. Alto era lo spirito dei tre campioni, dopo le imprese che avevano compiute. Giunsero alla corte dell'isola di Sisle.

— Sotto quale aspetto ci presenteremo? — domandò Brian.
— Sotto quale se non quella che ci appartiene? — dissero i fratelli.
— Non è così che ci conviene fare — ribatté Brian. — Assumiamo le spoglie di mercenari di Ériu per entrare al servizio del sovrano. Forse apprenderemo dove sono tenuti i cavalli e il carro.

Accordatisi in tal senso, i figli di Tuirell raggiunsero lo spiazzo antistante la fortezza reale, e il re di Sisle, i principi e i nobili andarono loro incontro in corteo. Dopo che ebbe ricevuto l'omaggio da parte dei nuovi venuti, re Dobar chiese loro chi fossero.

— Siamo mercenari di Ériu — fu la risposta. — Ci guadagniamo il soldo dai re della terra.

Il re chiese ai tre fratelli se erano disposti a rimanere presso di lui e fu così che essi strinsero un accordo col sovrano. Ma dopo aver trascorso nella fortezza quindici giorni e un mese, non avevano ancora visto i cavalli e il carro del re. Allora Brian disse ai fratelli: — Prendiamo le armi e l'equipaggiamento da viaggio, presentiamoci al re e dichiariamoci pronti a lasciare il paese, ad abbandonare questa parte del mondo, se non ci mostra il carro e i cavalli.

Si recarono dal sovrano, che volle sapere la ragione della loro tenuta da viaggio.

— Lo saprai, nobile re — disse Brian. — Noi mercenari di Ériu siamo guardiani e consiglieri di principi che posseggono tesori preziosi, depositari dei segreti, dei consigli e dei piani di coloro che serviamo. Ora, da quando siamo giunti alla tua corte, tu non ci hai trattati in questo modo. Sappiamo che possiedi i due migliori destrieri e il carro più bello del mondo, eppure non li abbiamo ancora veduti.

— È un peccato che ne abbiate fatto motivo di partenza, — disse il sovrano. — Ve li avrei mostrati fin dal primo giorno, se avessi saputo che desideravate vederli. Ma poiché me lo chiedete adesso, ve li mostrerò, ché non sono mai giunti alla mia corte mercenari che mi fossero più cari.

Mandò quindi a prendere i cavalli e li fece attaccare al carro: al loro traino, la sua corsa era leggera e veloce come il vento gelido di primavera, uguale sia sulla terra che sul mare. Brian osservò con cura gli animali, poi fermò il carro e, afferrato l'auriga per la caviglia, lo scagliò contro una roccia, uccidendolo. Subito saltò sul carro, colpì re Dobar con un fendente e gli spaccò il cuore nel petto. Quindi, con i fratelli, fronteggiò le genti della fortezza, facendo strage di tutti coloro che capitavano a tiro.

11 - I MAIALI DEL RE DELLE COLONNE D'ORO

uggendo dal regno di Sisle, Iuchar e Iucharba chiesero qual era la successiva destinazione.

Brian rispose: — Da Ésal, il re delle Colomain Óir, a richiedergli i sette maiali che Lúg ci ha imposto di portargli.

Partirono alla volta del paese di Ésal per la via diretta, senza incontrare ostacoli. Ma trovarono la gente del paese in allerta e i porti strettamente sorvegliati, per timore dei figli di Tuirell, poiché le notizie delle loro funeste imprese erano corse per tutte le terre del mondo. Ésal, re delle Colomain Óir, andò a incontrarli ai limiti del porto e chiese, in tono di rimprovero, se fosse vero che i sovrani più potenti del mondo fossero caduti per loro mano nei paesi in cui si erano recati. Brian non negò la verità, incurante della punizione che il re avrebbe potuto infliggere loro.

— Che cosa vi ha spinto a farlo? — chiese re Ésal.

Allora Brian gli spiegò che la ragione stava nell'uccisione di un uomo e nell'iniqua sentenza che era stata loro imposta. Narrò delle loro avventure e di ciò che era capitato ai sovrani che avevano loro negato quanto richiesto e alle schiere che li difendevano.

— Perché siete venuti nel nostro paese? — chiese ancora il re.
— Per i tuoi maiali — rispose Brian. — Sono parte del prezzo della riparazione che ci è stato imposto.
— E come intendete prenderli?
— Li accetteremo con riconoscenza, se li otterremo di buon grado — rispose Brian. — Altrimenti darò battaglia a te e al tuo popolo. Allora soccombereste e noi ci porteremmo via i maiali tuo malgrado.
— Se è per questo che siete venuti, — considerò il re, — sarebbe un errore combattervi.

Dopo aver deliberato in assemblea con i propri consiglieri, re Ésal decise di concedere spontaneamente i maiali ai figli di Tuirell, in quanto fino ad allora nessuno era stato in grado di resistere alla forza dei tre fratelli.

I figli di Tuirell espressero perciò gratitudine e riconoscenza a Ésal, stupiti di ricevere gli animali con tanta facilità. Quella notte re Ésal li condusse nella fortezza reale. I tre fratelli vennero serviti di squisite vivande, bevande e soffici letti, come meglio non potevano desiderare. L'indomani, come si furono alzati, si recarono dal re, che consegnò loro i maiali.

— È stato saggio averceli dati — disse Brian. — All'infuori di questa, nessun'altra parte del compenso è stata ottenuta in altro modo che combattendo. — Poi intonò:

— Questi maiali, Ésal,
ce li hai dati di buon grado.
Gli altri tesori che abbiamo ottenuto
furono esito di sanguinose battaglie.

«Quando affrontammo re Pisear,
perirono molti guerrieri,
strappammo infine la lancia,
Arédbair, arma meravigliosa.

«La battaglia con il re di Sisle
è più di quanto si possa narrare:
saremmo tutti caduti
se non fosse stato per la pelle del porco.

«Ésal, che non tramasti il tradimento,
se i tre figli di Tuirell vivranno,
maggiori per te saranno la fama e la gloria
perché ci donasti i tuoi porci.

— Che cammino prenderete ora, figli di Tuirell? — chiese Ésal.
— Andremo nella terra di Iruad a cercare la cagnolina Fáilinis.
— Acconsentite allora a una mia richiesta — disse ancora Ésal. — Lasciate che venga con voi dal sovrano di Iruad: egli ha in moglie una mia figlia e vorrei indurlo a darvi la cagnolina senza battaglia e senza contrasto.
— Ci sta bene — dichiararono i fratelli.

12 - LA CAGNOLINA DEL RE DI IORUAD

u approntato il battello regale e nessuna avventura viene riferita del loro viaggio finché non ebbero raggiunto le belle spiagge di Iruad, il paese del gelido nord. Le schiere e le armate del paese sorvegliavano i porti e le insenature e, come li ebbero avvistati, levarono alte grida d'allarme.

Ma re Ésal scese a terra in modo pacifico e, recatosi dal genero, gli raccontò dall'inizio alla fine le avventure dei figli di Tuirell.

— Perché li hai condotti nel mio paese? — chiese infine il sovrano.
— Per via della tua cagna — rispose Ésal. — È parte del prezzo della riparazione che è stato loro imposto.
— È stata una pessima idea venire con loro a questo scopo. Non c'è divinità che abbia concesso ad alcun guerriero al mondo il diritto di impadronirsi della mia cagna Fáilinis, né pacificamente né con la forza.
— Non è così che ti conviene agire — lo avvertì re Ésal. — Quei tre giovanotti hanno già abbattuto molti re; è preferibile cedere la cagna senza dare battaglia.

Furono parole gettate al vento. Ésal tornò a riferire ai figli di Tuirell che la risposta del re era stata negativa. I tre fratelli misero subito mano alle armi e sfidarono fieramente a battaglia le armate di Iruad. Le schiere si affrontarono, il combattimento si accese strenuo e violento. I figli di Tuirell presero a colpire i guerrieri di Iruad, mutilandone e uccidendone un gran numero. Nell'ardore della mischia, Iuchar e Iucharba si trovarono da una parte, Brian dall'altra. Ma là dove Brian passava, apriva squarci tra i ranghi nemici. Lui e il re di Iruad si trovarono a faccia a faccia e cominciarono a infliggersi colpi possenti e feroci, impegnandosi in un combattimento cruento, velenoso e implacabile.

Fu Brian ad avere la meglio sull'avversario: il re di Iruad fu trascinato legato in mezzo alle schiere fino ai piedi di re Ésal.

— Ecco tuo genero — gli disse Brian. — Giuro sulle mie armi valorose che mi sarebbe stato più facile ammazzarlo tre volte che portartelo qui vivo una sola volta.

Inutile dire che la cagnolina Fáilinis venne concessa ai figli di Tuirell. Stretto il patto, il re fu slegato e i figli di Tuirell, dopo aver preso congedo da Ésal, dopo essersi curati le ferite ricevute con la magica pelle di porco, partirono felici e soddisfatti a bordo del corach.

Il toponimo Ioruaidh è da identificare con la Norvegia o forse con l'Islanda. In irlandese moderno an Iorua è infatti la Norvegia. Nella sua riscrittura romanzata, Lady Gregory evita di impegnarsi traducendo con «paese freddo» [Cold Country].
13 - RITORNO IN ÉRIU

ome Lúg fu informato che i figli di Tuirell avevano ottenuto tutto ciò che gli sarebbe stato utile nella battaglia di Mag Tuired, pose su di essi un incantamento druidico perché scordassero di non aver conquistato tutti gli oggetti richiesti, e allo stesso tempo istillò in loro l'ardente desiderio di tornare in Ériu. Così, Brian, Iuchar e Iucharba rientrarono in patria, dimentichi della parte mancante, e toccarono terra al Brug na Bóinne. In quel momento Lúg si trovava in compagnia di re Núada a Benn Étair, dove si teneva un'assemblea.

Informato dell'arrivo dei figli di Tuirell, Lúg lasciò segretamente il raduno e si recò a Temáir. Chiuse dietro di sé le porte della fortezza e indossò l'armatura e l'equipaggiamento di Manannán.

Intanto i figli di Tuirell si presentarono al re, che diede loro il benvenuto insieme ai nobili delle Túatha Dé Danann e chiese se avessero con loro il prezzo della riparazione.

— Lo abbiamo — risposero i tre fratelli. — Dov'è Lúg affinché possiamo consegnarglielo?
— Era qui poco fa — disse il re.

Lo si cercò dovunque senza trovarlo.

— Io so dov'è — disse Brian. — Gli è stato rivelato il nostro arrivo e che avevamo con noi i tesori, ed egli è andato a Temáir per evitarci.

Allora gli furono inviati dei messaggeri ai quali Lúg fece rispondere che non sarebbe venuto e che l'éiric doveva essere rimesso al re di Ériu. Dopo che il sovrano ebbe preso in consegna le mele, la pelle di porco e la lancia, il carro con i cavalli, i sette porci e la cagnolina, si recarono tutti a Temáir e Lúg uscì sullo spiazzo e li ricevette a propria volta.

— Non è mai stato ucciso, né mai lo sarà, un uomo che non abbia interamente versato il risarcimento richiesto — disse. — C'è però una parte che non si può tralasciare, ed è quanto manca al completamento dell'éiric. Dov'è lo spiedo? Che ne è dei tre gridi sulla collina che non avete ancora lanciato?

Quando i tre figli di Tuirell udirono quelle parole, furono colti da stupore e da scoramento. La notte stessa lasciarono l'assemblea e andarono a Dún Tuirell. Raccontarono al padre, al quale raccontarono le loro avventure e come Lúg li avesse trattati. Allora anche Tuirell fu stretto dal dolore e dalla tristezza.

Benn Étair [«Promontorio di Étar»] è l'attuale Capo Howth, presso Dublino, contee di Louth e Meath, Leinster. Appare in lontananza quando si arriva per mare dalla Britannia.
Nell'obbligare i figli di Tuirell a tornare in Ériu prima che la ricerca sia finita, Lúg gioca d'astuzia. Egli obbliga i tre fratelli a lasciare a Temáir i loro tesori, specificatamente la pelle di porco del re di Gréc, in grado di guarire qualunque ferita, prima di imbarcarsi per la loro ultima e più rischiosa impresa.
14 - NUOVA PARTENZA DEI FIGLI DI TUIRELL

tre fratelli, all'alba del giorno successivo, raggiunsero ancora una volta la propria imbarcazione accompagnati dalla sorella Ethné, e questa, nel vederli partire, gemette col cuore carico di tristezza:

— Ahimé, Brian dell'anima mia,
il tuo cammino non è verso Temáir.
Dopo tutte le pene in Ériu,
io non posso seguirti.

«Tu, salmone del Bóann silenzioso,
tu, salmone della corrente del Lífe,
benché non sappia trattenerti
mi ripugna separarti da te.

«Tu, cavaliere delle onde di Túat,
tu, uomo di battaglia incrollabile,
dovessi tornare così come io spero
non sarebbe gradito al nemico.

«Triste il vostro viaggio lontano da Temáir,
via dalle verdi piane di Óenach Tailten ,
lontano da Uisnech Míde.
Non c'è evento più lamentevole!

15 - L'ISOLA DELLE BELLE TESTE

figli di Tuirell partirono dunque per recarsi a prendere lo spiedo delle donne di Inis Cennfinne, l'«isola dalle belle teste».

Per un quarto d'anno i figli di Tuirell navigarono sulle onde tempestose del verde mare, senza trovare quest'isola né un posto dove qualcuno potesse darne notizie. Allora Brian indossò un abito subacqueo, mise sul capo un casco di trasparente cristallo e si tuffò nel profondo del mare. Vagò per quindici giorni sul fondo del mare salato alla ricerca di quella terra, che finì per rintracciare.

Entrato nella città, Brian vide un gruppo di donne bellissime impegnate nel cucito o nel ricamo. Tra le varie cose che avevano accanto c'era lo spiedo da arrosto. Brian lo rubò e già faceva per fuggire attraverso le porte, quando le donne scoppiarono a ridere.

— Un'azione davvero ardita, guerriero! — lo schernirono. — Neppure se avessi avuto con te i tuoi fratelli, la meno coraggiosa delle centocinquanta donne qui presenti ti avrebbe permesso di portare via lo spiedo. Tuttavia, prendine pure uno, giacché, intrepido e valoroso, hai osato impossessartene nonostante fossimo tutte qui!

Poi Brian si diresse là dove aveva lasciato il corach. Iuchar e Iucharba, ritenendo che fosse stato via troppo tempo, già pensavano di levare l'àncora e di issare le vele, quando lo videro venire verso di loro sulla cresta delle onde e se ne rallegrarono di tutto cuore.

16 - TRE GRIDA IN CIMA A UNA COLLINA

tre fratelli si recarono infine nel Lochlann, dove avrebbero pagato l'ultima parte dell'éiric che era stato loro imposto. C'erano ancora da lanciare tre grida dalla cima di Cnócc Midchain.

Quando giunsero sulla cima della collina, il guardiano del luogo mosse verso di loro. Era Midchain, il quale era stato maestro d'armi di Cían e non avrebbe certo perdonato i suoi assassini. Brian si lanciò in avanti non appena lo vide e l'assalto dei due campioni fu come la furia di due orsi, o il dilaniarsi di due leoni. Midchain fu sopraffatto. Appena egli cadde, arrivarono i suoi figli — Corc, Conn e Aod — a combattere contro i figli di Tuirell. Il combattimento fu magnifico per la grandiosità dei colpi, la forza d'anima e la portata del valore. I tre figli di Midchain affondarono le lance nei corpi dei figli di Tuirell; tuttavia, né l'angoscia, né la debolezza della fine, impedirono ai feriti di trapassare a loro volta gli avversari. I tre figli di Midchain caddero anch'essi nel languore della morte.

— Come state, miei amati fratelli? — chiese Brian.
— Siamo morti — risposero Iuchar e Iucharba.
— In piedi! — ordinò Brian. — Sento avvicinarsi i segni della morte: dobbiamo lanciare le tre grida richieste dalla cima di questa collina!
— Non ne siamo in grado — dissero Iuchar e Iucharba.

Allora Brian si drizzò in piedi e, benché anch'egli perdesse sangue in abbondanza, sollevò un fratello con ogni mano. Le tre grida risuonarono dalla cima della collina.

17 - IL LAMENTO DEI FIGLI DI TUIRELL

dempiuto all'ultimo obbligo, Brian trasportò i fratelli al corach, che prese da solo il mare.

— Scorgo il promontorio di Benn Étair, e Dún Tuirinn, la fortezza di nostro padre, e Temáir dei Re Supremi di Ériu — gridò Brian.

— Se solo potessimo vederle ci tornerebbe la salute — dissero Iuchar e Iucharba. — Per amore della tua generosità, fratello, solleva le nostre teste sul tuo petto affinché possiamo contemplare Ériu. Dopo di sarà uguale ricevere la vita e la morte.

E intonarono questo canto:

— Accogli le nostre teste sul tuo petto, Brian,
tu, generoso figlio di Tuirell dalle armi rosse,
fiaccola di valore senza tradimento,
affinché possiamo contemplare la terra di Ériu.

«Prendi sul petto e sulle spalle
queste nostre teste, virile campione,
perché vediamo sull'acqua da lontano
Uisnech Míde, Óenach Tailten e Temáir.

«Áth Clíath e il dolce Bóann insieme a te,
Fremann, Tlachta innanzi a Temáir,
la piana del Míde, Mag mBreg rugiadosa,
e le cime accanto al bel prato di Óenach Tailten.

«Se vedessimo Benn Étair da lontano
e Dún Tuirinn a settentrione,
benvenuta la fine che seguirebbe
fosse pure morte di tormenti.

E rispose Brian:

— Ahimé, coraggiosi figli di Tuirell!
Uccelli mi attraverserebbero le ferite nei fianchi;
Ma non i fianchi squarciati mi fanno soffrire,
quanto il sapere che siete ugualmente caduti.

E dissero Iuchar e Iucharba:

— Preferiamo che ci colga la morte,
Brian mac Tuirell che mai fuggì,
piuttosto che vederti piagato e ferito,
senza un medico che possa guarirti.

«Perché non c'è nessuno a sanare le piaghe,
Míach, né Ormíach e neppure Dían Cécht.
Ahimé, Brian, che mai volesti tradire,
sventura aver consegnato a Lúg la pelle di porco!

18 - IL RIFIUTO DI LÚG

l corach approdò a Benn Étair e di là i figli di Tuirell raggiunsero Dún Tuirell, la fortezza di loro padre.

— Va' a Temáir, caro padre — dissero. — Va a parlare con Lúg, consegnagli lo spiedo e chiedigli in amicizia la pelle incantata del porco che ci soccorrerà.

E Brian cantò questo canto:

— Allontanati da noi, Tuirell!
Va' a parlare a Lúg il vittorioso,
coglilo ancora nel sonno, a meridione;
chiedigli in amicizia la pelle incantata!

E Tuirell rispose:

— Per tutti i tesori del mondo, del nord e del sud,
per quanto chiedessi al vittorioso Lúg,
non ne ricaverei, è cosa certa,
che la vostra tomba e sepoltura.

E Brian:

— Per carne e per sangue sei vicino
a Lúg figlio di Cían figlio del giusto Cáinte.
Non ci renda violenza per violenza,
pur se gli abbiamo ucciso il padre!

«Amato padre, libero e nobile,
non essere tardo nel viaggio,
non ci ritroveresti più, se lo fossi,
in vita innanzi ai tuoi occhi.

Tuirell andò dunque a Temáir a trovare Lúg. Gli consegnò lo spiedo e gli chiese la pelle di porco che avrebbe guarito i suoi figli, ma Lúg rifiutò. E così Tuirell tornò dai figli a mani vuote.

— Portami con te — disse Brian. — Forse così potrò averla.

Brian andò da Lúg e lo implorò di concedergli la pelle di porco. Ma Lúg rispose sprezzante che non gliela avrebbe consegnata per tutta l'estensione della terra, a meno che non fosse stato certo che la morte sarebbe comunque arrivata a ghermirli, e questo per ripagarli del crimine che avevano commesso.

19 - IL TRAGICO DESTINO DEI FIGLI DI TUIRELL

llora Brian tornò da Iuchar e Iucharba, si sdraiò accanto a loro e la vita sfuggì dal suo corpo e da quello dei fratelli. Il padre Tuirell compose per loro questo canto:

— Il mio cuore è oppresso per voi,
begli eroi dalle grandi battaglie;
dopo il vostro ardore e le grandi gesta,
meglio per me che voi foste in vita.

«Io sono Tuirell, privo di forza
sulle vostre tombe, fieri guerrieri;
fintanto che i battelli andranno sul mare,
non comporrò né poema né canto.

Ed a quelle parole cadde sui corpi dei figli spirando. Furono sepolti tutti e quattro assieme e si compì così la vendetta di Lúg. Questa è la storia del tragico destino dei figli di Tuirell.

Fonti

1-19 Aided chloinne Tuirill
I - I FIGLI DI TUIRELL E I FIGLI DI CÁINTE

Chi sono i tre figli di Tuirell? E perché sono in lotta con i tre figli di Cáinte?

Sembra che il confronto tra queste due triadi, da una parte i tre clanna Tuirell (Brian, Iuchar, Iucharba), dall'altra i tre clanna Cáinte (Cían, , Ceithen), avesse, nell'antica mitologia celtica, un'importanza assai più significativa di quanto non appaia nelle narrazioni. Naturalmente non è possibile cercare le ragioni di tale antagonismo nel tardo Aided chloinne Tuirill, il «Tragico destino dei figli di Tuirell», che si limita a narrare un bel racconto incentrato sull'espiazione di un delitto, anche se alcune frasi sembrano sottolineare un'opposizione definitiva tra i due gruppi di tre fratelli. «Ora i tre figli di Cáinte e i tre figli di Tuirell si detestavano e si portavano reciproco odio al punto che, non importa dove si fossero incontrati, non avrebbero evitato una contesa mortale cui sarebbero sopravvissuti solo i più forti».

Come è ovvio non sapremo mai le ragioni di tanta ostilità, ragioni che probabilmente affondano in qualche recesso della perduta mitologia dei Celti insulari. Anche se, nella narrazione dell'Aided chloinne Tuirill, l'odio tra i figli di Tuirell e i figli di Cáinte appare il risultato di una semplice faida tra clanna (Rolleston 1911), sappiamo che gli eroi delle Túatha Dé Danann furono gli antichi dèi celtici e sarebbe auspicabile riuscire ad analizzarne le figure nell'ambito di una mitologia divina. Cosa che, come in questo caso, non è sempre agevole.

Gabriella Agrati e Maria Letizia Magini ipotizzano che, nel confronto che oppone i clanna Tuirell ai clanna Cáinte, si potrebbe forse ritrovare un'antica disputa sulla sovranità tra due rami della stessa famiglia divina, da una parte i re primordiali, discendenti della dea *Danu [sic], dall'altra il nuovo pantheon composto da Lúg, il Dagda Mór, Núada e gli altri dèi (Agrati ~ Magini 1993). L'ipotesi è interessante, anche se purtroppo ci manca un modello a cui riportare un eventuale mito di questo genere, tantopiù che nel testo non sembra esserci alcun riferimento a questioni di sovranità (i cronisti irlandesi, attentissimi su tutto quel che riguardava le faccende regali, non avrebbero mancato di sottolineare qualsiasi disputa per il trono). Può darsi che le autrici ipotizzino una situazione in cui due diversi strati mitologici siano venuti a confronto: uno strato di antiche divinità autoctone sopraffatte dalle divinità di un popolo invasore. Si tratta di un meccanismo che fino a non molto tempo fa veniva chiamato in causa dagli studiosi allorché si trovavano ad analizzare dei miti in cui vi era un conflitto tra diversi gruppi divini. Il punto è che, nella maggior parte dei casi, i miti di «guerra divina» appaiono far parte di una struttura unitaria che rende difficile ipotizzare una sovrapposizione di diversi strati mitologici.

L'ipotesi della Agrati e della Magini è inoltre indebolita dal fatto che la madre dei clanna Tuirell, Danann, non sembra essere stata affatto una dea madre primordiale. L'interpretazione di *Danu come «dea madre» rimane una costruzione posteriore quantomeno incerta. Ricordiamo che lo stesso nome *Danu non è mai attestato dalle fonti, è semplicemente un nominativo ricostruito a tavolino dai filologi a partire dal genitivo presente nell'etnonimo Túatha Dé Danann, come già detto altrove (¹). Dunque una dea madre *Danu, antenata delle Túatha Dé Danann, non è mai esistita; è bensì esistita una Danann, figlia di Tuirell mac Delbáeth e madre di Brian, Iuchar e Iucharba. Detto questo, bisogna comunque ammettere che la relazione tra i Trí Dé Danann e le Túatha Dé Danann, al di là dell'etimologia popolare per la quale i secondi avrebbero preso nomi dai primi, non è stata ancora spiegata in maniera soddisfacente (²).

Nel caso del racconto irlandese, tuttavia, sembra eccessivo chiamare in causa delle ipotesi così macchinose. Purtroppo non possiamo avanzare alcuna ipotesi costruttiva. Si ha l'impressione – probabilmente corretta – che la disputa tra i figli di Tuirell e i figli di Cáinte fosse assai più significativa, nell'economia dell'originario pántheon celtico insulare. D'altronde non si può fare a meno di notare che nel racconto è presente anche una terza triade, quella dei figli di Midchain. Lúg avverte che questo Midchain non avrebbe mai perdonato i figli di Tuirell del loro omicidio e d'altronde sono proprio i Clanna Midchana a procurare ai Clanna Tuirell quelle ferite che daranno loro la morte. Il confronto è dunque assai più complesso. Ma in questo odio mortale tra tre triadi di fratelli – dunque tre gruppi di tre – vi è un gioco di simmetrie e una sorta di completezza drammatica su cui non è ancora stata fatta pienamente luce.

II - DELBÁETH MAC OGMA, DETTO TUIRELL BICREO

Parte delle perplessità sui tre clanna Tuirell (Brian, Iuchar, Iucharba) fanno capo sul loro genitore, che a seconda delle fonti è chiamato Tuirell o Tuirenn, elemento di definizione della triade dei suoi figli. Sono stati spesi i proverbiali fiumi d'inchiostro per cercare di ritrovarne i tratti perduti di questo personaggio e ricollocarlo nell'ambito di un pantheon celtico, non ultima l'interessante ipotesi che vorrebbe mettere in relazione il suo nome, nella variante Tuirenn, con quello del dio gallico Taranis. Fare di Tuirell/Tuirenn un dio del tuono, tuttavia, non ci aiuta molto, perché questo non ci aiuta a capire chi fossero i suoi tre figli e perché odiassero tanto i figli di Cáinte.

Nell'Aided chloinne Tuirill il padre di Brian, Iuchar, Iucharba viene chiamato semplicemente Tuirell (il testo riporta la lezione medio-irlandese Tuireann). Tuttavia, in uno degli antichi poemi confluiti nel testo del racconto, per l'esattezza in quello dove Lúg piange il padre ucciso, compare un altro nome:

Il cuore mi si è spezzato in petto
dacché Cían l'eroe non è più in vita.
Per i figli di Delbáeth non è falsa notizia;
tutti patiranno nell'angoscia.
Aided chloinne Tuirill

Il nostro Tuirell/Tuirenn è infatti – come ci informano molti testi genealogici – Delbáeth mac Ogma detto Tuirell Bícreo. Un passo del Lebor Gabála Érenn ci fornisce inoltre delle interessanti genealogie:

I sei figli di Delbáeth figlio di Ogma figlio di Elatha figlio di Delbáeth figlio di Nét furono Fíachra, Ollam, Innui, Brian, Iucharba e Iuchar. Danann, la figlia dello stesso Delbáeth, fu madre degli ultimi tre, Brian, Iucharba e Iuchar. Questi furono i tre dèi di Danann [Trí Dée Danann] dai quali si chiama la montagna dei Tre Dèi. E quel Delbáeth aveva nome Tuirell Bícreo.
Lebor Gabála Érenn [64]

Anche Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating], nella sua monumentale opera storica, elenca i «sei figli di Delbáeth figlio di Ogma: Fiacha, Ollam, Innui, Brian, Iuchar e Iucharba» [Sé mic Dealbhaoith mic Oghma, Fiachaidh, Ollamh, Iondaoi, Brian, Iuchar, agus Iucharbha] (Foras feasa ar Éirinn [II: 11]). Si noti tuttavia che in un capitolo precedente Céitinn li aveva fatti discendere non da Delbáeth mac Ogma ma, se l'interpretazione è corretta, da Delbáeth mac Elathan (Lebor Gabála Érenn [II: 10]).

Un Tuirell Bícreo è inoltre citato nel Cath Maige Tuired tra i caduti della battaglia contro i Fir Bólg, per cui al tempo in cui si svolgono i fatti narrati nel tardo Aided chloinne Tuirill (XVIII sec.), avrebbe dovuto già essere morto da qualche anno. In quest'ultimo testo, Tuirell muore di dolore insieme ai suoi tre figli; ma si tratta probabilmente di un exploit drammatico del tardo autore della narrazione, perché, in una versione più antica della vicenda, l'Imthechta Tuirill ocus a Mac, le «Peregrinazioni di Tuirell e dei suoi figli», sia Tuirell che i suoi tre figli portano a termine l'incarico assegnato loro da Lúg e non muoiono alla fine del racconto. D'altra parte, gli Annála Ríoghdhachta Éireann ci informano che Delbáeth mac Ogma regnò per dieci anni, quale Re Supremo di Ériu, dopo la morte di Lúg e del Dagda Mór. In seguito cadde per mano di suo stesso figlio, Fiachra mac Delbáeth, il quale gli succedette a Temáir per altri dieci anni.

Come si vede, questo enigmatico personaggio non ha soltanto molti nomi, ma gli vengono assegnate almeno tre morti diverse.

III — I «TRE DÈI DI DANANN»

Nel passo sopra riportato del Lebor Gabála Érenn, si configura una relazione incestuosa: madre di Brian, Iuchar e Iucharbha è Danann, figlia anh'essa di Tuirell Bícreo. Dunque i tre fratelli, che qui sono chiamati Trí Dé Danann «i tre dèi di Danann», sarebbero figli di loro sorella.

Céitinn conferma la discendenza dei Clanna Tuirell da Danann, anch'egli chiamandoli Trí Dé Danann, e afferma che le stesse Túatha Dé Danann avessero tratto il loro nome proprio dai tre figli di Danann. Insomma Brian, Iuchar e Iucharbha sarebbero stati talmente abili ed esperti in tutte le arti druidiche, che l'intero popolo delle Túatha Dé Danann non avrebbe disdegnato di chiamarsi così per via dei suoi tre membri più illustri.

Adeirid drong re seanchus gurab ó'n triar mac rug Danann, inghean Dealbhaoith, eadhon, Brian, Iuchar, agus Iucharbha, eadhon, triar do chlainn Dealbhaoith mic Ealathan mic Néid, mic Iondaoi, mic Allaoi, mic Tait, mic Tabhairn, mic Enna, mic Bathaigh, mic Iobaith, mic Beothaigh, mic Iarbhoineoil Fháidh, mic Neimheadh, gairthear Túatha Dé Danann, do bhrígh go rabhadar an triar reamhráidhte coimh-dhearsgnaighthe a's sin i gcéardaibh geintlidhe, gur thoil leis na tuathaibh seo ag a rabhadar dée do ghairm díobh, agus iad féin d'ainmniughadh uatha. Ag so rann deismireachta ag a dheimhniughadh gurab iad an triar so na trí Dée Danann, amhail adeir an duain darab tosach Éistigh a eolcha gan on &c...

Alcuni seanchadha sostengono che fu dai tre figli di Danann, figlia di Delbhaeth, che le Túatha Dé Danann presero il nome, ossia Brian, Iuchar e Iucharbha, i tre figli di Delbhaeth, figlio di Ealatha, figlio di [Delbhaeth, figlio di] Néd, figlio di Iondaoi, figlio di Allaoi, figlio di Tat, figlio di Tabharn, figlio di Enna, figlio di Bathach, figlio di Iobath, figlio di Beothach, figlio di Iarbonel Fáid, figlio di Neimheadh. La ragione è che i suddetti tre erano così esperti nelle arti pagane, che quelle tribù con le quali vivevano li chiamavano dèi, tanto che presero nome proprio da loro. In questi versi è attestato che questi tre furono i Trí Dé Danann, i «tre dei di Danann», come è scritto in quel poema che inizia con «Ascoltate, o voi istruiti senza biasimo», etc.:

Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [I: x, 4b]

Céitinn riferisce quest'origine dell'etnonimo Túatha Dé Danann per dovere di cronaca, insieme ad altre possibili «etimologie». È evidente che l'autore non crede molto alla possibilità che un intero popolo prenda il proprio nome da tre suoi membri, per quanto così abili nelle arti pagane da essere chiamati dèi. «Tra tutti, [i figli di Tuirell] erano gli uomini giudicati migliori per destrezza e agilità, i più belli e più onorati tra quanti si trovavano allora a Temáir» conferma d'altronde l'Aided chloinne Tuirill. Le ragioni di tale «eccellenza» dei figli di Tuirell sui Túatha Dé Danann vanno probabilmente cercate nella tradizione mitologica originaria: è evidente che essi furono un tempo divinità assai importanti, talmente importanti che diedero nome all'intero pantheon gaelico. Forse in qualche antica tradizione furono proprio loro gli antenati clanici degli dèi d'Irlanda, che da loro vennero chiamati Túatha Dé Danann, chi può dirlo? Poi vennero probabilmente eliminati da Lúg e dagli altri dèi, ma non abbiamo alcun modello che ci permetta di ricostruire questi strati remoti della mitologia celtica insulare.

IV - LA RICERCA E LA VENDETTA

La nostra impressione, è che nell'economia interna dell'Aided chloinne Tuirill, la vicenda del delitto e dell'espiazione, su cui si è concentrata la critica moderna, serva unicamente come meccanismo d'avvio. La raison d'être del racconto è in realtà la ricerca, da parte dei figli di Tuirell, dei magici oggetti richiesti da Lúg. Non dimentichiamoci che si sta preparando la battaglia finale contro i Fomóire. Alla fine dello scontro di Mag Mór an Óenaig, Bress ha promesso alle Túatha Dé Danann che sarebbe presto giunto in testa alle schiere fomóire per la battaglia decisiva. L'Aided chloinne Tuirill racconta questi fatti per evidenziare le ragioni per cui Lúg abbia bisogno di certi magici oggetti per poter garantire la vittoria alle Túatha Dé Danann.

È evidente che Lúg speri che i figli di Tuirell portino a compimento le varie imprese, anche se un'eventuale morte dei tre ragazzi non gli sarebbe sgradita. In ogni caso, se la ricerca dei magici oggetti è finalizzata alla vittoria contro i Fomóire, Lúg ha riservato al compimento della propria vendetta l'ultima impresa: lanciare tre grida sulla collina di Midchain. Al contrario delle altre, infatti, quest'impresa non ha alcuno scopo, tranne quello di che procurare la morte dei tre figli di Tuirell.

La cerca a cui Lúg costringe i figli di Tuirell è dunque il vero fine del racconto. Nell'Imthechta Tuirill ocus a Mac, Brian, Iuchar, Iucharba uccidono il padre di Lúg a Bruig na Bóinne, mentre questo aveva assunto le sembianze di un cane da compagnia (o, come leggono altri, di un cinghiale); come risarcimento, Lúg li manda in giro per il mondo a cercare dei magici oggetti che poi essi consegnano fedelmente. In questo caso la narrazione non si conclude con la morte di Tuirell e dei suoi figli (Botheroyd ~ Botheroyd 1992).

Invece, Seathrún Céitinn riporta il passo di un poema gnomico di Flánn Mainstrech, anch'esso tratto dal Lebor Gabála Érenn, in cui si legge che i figli di Tuirell morirono per mano di Lúg a Mana [l'isola di Man].

Brian, Iucharbha, is Iuchar ann,
Trí dée Túaithe Dé Danann;
Marbh iad ag Mana os muir meann,
Do láimh Lógha, mic Eithneann.
Brian, Iucharba e Iuchar,
tre dèi delle Túatha Dé Danann;
furono uccisi a Mana sopra il gran mare
per mano di Lúg figlio di Ethné.
Flánn Mainstrech: «Ascoltate, o voi istruiti senza biasimo...» [19]
apud: Lebor Gabála Érenn [64]
= Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [I: x, 4b]

Sembra dunque evidente che il patetico motivo dell'espiazione, presente nelle tarde versioni dell'Aided chloinne Tuirill, non sia altro che un'elaborazione posteriore della vicenda, anche se nulla vieta che nel corso dei secoli siano circolate diverse versioni della vicenda.

V - IL PREZZO DELLA RIPARAZIONE

Gli oggetti che Lúg richiede ai figli di Tuirell, come prezzo della riparazione per l'omicidio di Cían, sono:

  1. le tre mele del giardino di Isbéirne: a chi ne staccava anche solo un morso sanavano le ferite e le malattie;
  2. la pelle del maiale di Túis re di Grec [Grecia], che guariva da ogni ferita e infermità;
  3. la Arédbair, la lancia di Pisear, re di Persia, che sceglieva da sé il bersaglio; veniva tenuta in un calderone pieno d'acqua affinché la punta non bruciasse il terreno su cui poggiava;
  4. il carro e i cavalli di Dobar, re di Sisle, che correvano sul mare come sulla terra;
  5. i sette maiali di Ésal, re delle Colomain Óir, che, uccisi la notte, tornavano in vita il giorno successivo e chiunque ne mangiava non sarebbe mai stato colpito da alcuna malattia;
  6. la cagnetta Fáilinis del re di Iruad, che poteva catturare qualunque animale scorgesse;
  7. lo spiedo delle donne di Inis Cennfinne;
  8. tre grida in cima alla collina di Midchain.

Già Charles Squire notava, forse non a torto, che il racconto dovesse essere il risultato del tentativo, da parte di un narratore irlandese, di tracciare un quadro più o meno completo di come le Túatha Dé Danann fossero entrati in possesso dei loro leggendari tesori.

La lancia di Pisear, re di Persia, sarebbe evidentemente tutt'uno con la Sleá Bua, la «lancia di vittoria» appartenente a Lúg e il calderone in cui la sua punta era immersa doveva essere quello che poi fu dato al Dagda Mór [Coire an Dagdae]. La lancia di Lúg e il calderone del al Dagda erano due dei quattro tesori che, secondo il Cath Maige Tuired, i Túatha Dé Danann avevano portato con loro dalle quattro «città dell'istruzione», Fálias, Gorias, Finias e Murias, quando erano migrati in Ériu. Della lancia si legge in un poema del Lebor Gabála Érenn (Macalister 1938).

La lancia di Assal,
morto è colui di cui essa sparge il sangue.
tale è il suo valore che non colpisce per sbaglio.
Solamente se si grida ibar [«tasso»];
se si esclama athibar
essa ritorna indietro
alla mano di chi l'ha scagliata.
Lebor Gabála Érenn {66}

Nella cagna Fáilinis è forse da vedersi il segugio di Lúg, del quale si diceva fosse in grado di compiere straordinarie imprese, irresistibile in battaglia e in grado di mutare in vino ogni acqua corrente in cui si bagnava, capacità qui trasmessa alla magica pelle di maiale di re Túis. D'altronde Inis Fáil «isola del destino» era uno dei nomi dell'Irlanda, con evidente relazione alla pietra Lía Fáil, un altro dei quattro tesori dánann, la quale si diceva emettesse un grido ogni volta che veniva calpestata da un re legittimo.

Il carro trainato da cavalli che correvano tanto sulla terra e sul mare, appartenente al re delle Colomain Óir, rassomiglia molto a quello utilizzato da Manannán Mac Lir, che aveva la medesima facoltà.

I sette porci immortali del re di Iruad devono essere gli stessi con i quali sempre Manannán avrebbe in seguito preparato il «banchetto della vecchiaia», al tempo in cui le Túatha Dé Danann sarebbero scesi nei síde per condurvi una vita immortale. Anche le mele del gard na-hIsbéirne, il giardino di Isbérne, nel racconto hanno la stessa facoltà: i sette porci, la pelle di maiale e le mele si collocavano d'altronde sulla stessa linea, guarendo dalle infermità e dalle malattie e tenendo lontana la vecchiaia e la morte. (Squire 1912)

La pelle di porco di Túis re di Gréc, che era in grado di guarire ogni ferita, non sembra essere attestata altrove nei miti irlandesi. Vi sono in realtà molti riferimenti a rimedi magici in grado di curare le ferite dei guerrieri durante le battaglie o addirittura riportare in vita i morti, come la sorgente di Sláne che Dían Cécht userà con profitto nel corso della seconda battaglia di Mag Tuired o il famoso calderone della rigenerazione di cui si tratta in uno dei racconti gallesi del Mabinogion. La pelle di porco tuttavia ha un'importanza fondamentale nell'economia dell'Aided chloinne Tuirill: dopo averci mostrato più volte come i figli di Tuirell la usassero per guarire dalle ferite ricevute nelle molte battaglie, la pelle viene presa in consegna di Lúg, che quindi la rifiuta ai tre fratelli nel momento cruciale, in modo da sottolineare in maniera ancora più drammatica il desiderio di vendetta dello stesso Lúg, la sua precisa volontà che i figli di Tuirell muoiano, espiando il loro delitto.

Tranne insomma in quest'ultimo caso, gli oggetti recuperati ai quattro angoli del mondo dai figli di Tuirell hanno riscontri più o meno precisi in altre leggende irlandesi, e alcuni rassomigliano ad almeno due dei quattro «tesori» tradizionalmente posseduti dalle Túatha Dé Danann. In effetti è possibile che il racconto intendesse informarci in quale modo furono portati in Ériu dai figli di Tuirell. Probabilmente esistevano varie tradizioni su tali «tesori»: se altre tradizioni affermava che provenissero dalle quattro «città dell'istruzione», vi erano probabilmente storie parallele che spiegavano altrimenti la loro origine e provenienza.

VI - LE «FATICHE» DEI FIGLI DI TUIRELL: UNA RICERCA DELL'IMMORTALITÀ?

Nel suo classico libro sui miti e le leggende celtiche, Charles Squire dedica un intero capitolo ai figli di Tuirell, che definisce gli «Argonauti gaelici» (Squire 1912). Il malvezzo di trovare paralleli classici alle leggende nordiche o celtiche era assai diffusa tra gli scrittori e gli studiosi della prima metà del Novecento, forse nel tentativo più o meno inconscio di «nobilitare» la propria area di interesse. Non si può comunque negare che, come gli Argonauti della leggenda greca, anche i figli di Tuirell viaggiano ai confini del mondo alla ricerca di oggetti straordinari, tra cui una pelle di porco in grado di guarire qualunque malattia che non è molto lontana dal Vello d'Oro del mito classico.

Tuttavia Squire sembra mancare l'analogia giusta. Se si deve indicare parallelo classico, questo non è certo il viaggio della nave Argo. I figli di Tuirell sembrano piuttosto impegnati in qualcosa che rassomiglia alle «fatiche» di Hērakls.

L'analogia è molto più profonda della semplice rassomiglianza formale, tanto che forse non è azzardato pensare a un modello comune. Ricordiamo, per cominciare, che anche Hērakls si assoggetta alle dodici fatiche per espiare un delitto. Ma questo è solo uno dei molti elementi di convergenza. Un discorso rigoroso richiederebbe di esplorare a fondo il significato del mito delle dodici fatiche di Hērakls, di cui parleremo approfonditamente nella sezione STUDI.

Riassumendo, il viaggio di Hērakls è in pratica una ricerca dell'immortalità. Nelle sue ultime fatiche, soprattutto in quella che lo porterà a rubare i pomi dal  kpos Hesperídōn, il giardino delle Hesperídes, l'eroe greco si muove ai confini tra il nostro mondo e lo spazio zodiacale, esemplificato nella cosmologia mitica dall'oceano che circonda la terra. Hērakls si muove verso quelle isole dei beati dove il tempo è rimasto sospeso nello stato perfetto dei primordi e dove non esistono la morte, la vecchiaia e il dolore. Tale interpretazione del mito di Hērakls è giustificata dalle strette analogie con la vicenda di Gilgameš, l'eroe sumerico che navigò sulla barca del sole, oltre i confini del mondo, per raggiungere l'isola felice di Dilmun, dove viveva Utnapištîm, colui a cui gli dèi avevano assicurato il dono dell'immortalità. Lo stesso motivo ricompare nella leggenda araba su Ḏu ʾl-Qarnayn, l'Alessandro Magno coranico, altro eroe che raggiunse i confini del mondo alla ricerca del segreto della vita eterna. Sia Gilgameš, Hērakls e Ḏu ʾ-Qarnayn giungono infine al giardino meraviglioso, dove crescono i frutti dell'immortalità.

I figli di Tuirell intraprendono un viaggio simile a quello di Hērakls. Si muovono in luoghi remoti, cercando oggetti meravigliosi e animali dalle strane virtù. Si potrebbero evidenziare alcune analogie tra alcuni oggetti rintracciati dagli eroi gaelici e altri a cui Hērakls dedicò alcune delle sue fatiche, ma almeno una ricerca è identica in entrambi i casi: le tre mele del gard na-hIsbéirne. A chi obbiettasse che il narratore irlandese potesse avere ben presente il mito greco del kpos Hesperídōn, rammentiamo che il concetto del giardino meraviglioso posto nel lontano occidente, o sotto il mare, la felice terra della giovinezza, il Tír na-nÓc, è un elemento importantissimo e imprescindibile del sistema mitologico irlandese; su questo punto si può tranquillamente escludere un prestito dal mito classico. Ricordiamo d'altronde che uno dei nomi irlandesi del giardino incantato è proprio Emain Ablach «iisola delle mele», a cui corrisponde, con medesimo significato, l'Ynys Afallon arturiano. Del resto anche nel mito scandinavo le mele erano associate all'immortalità: la dea Iðunn le coltivava nel suo giardino e da quei frutti gli dèi traevano un'esistenza esente dalla vecchiaia e dalla morte.

D'altronde, altri degli oggetti reperiti dai figli di Tuirell sembrano legati al medesimo concetto. La pelle di maiale di Túis re di Gréc poteva guarire qualunque infermità e malattia; i sette porci di Ésal re delle Colomain Óir sembrano associabili ai maiali immortali con le cui carni banchettavano le Túatha Dé Danann, preservandosi dalla vecchiaia e dalla morte.

Il percorso di questi eroi alla ricerca dell'immortalità è straordinariamente simile. Tutti arrivano ai confini del mondo, muovendosi in uno spazio remoto, in cui l'oceano confina con la terra dei beati. La barca con la quale Gilgameš affronta le acque dell'oceano della morte per giungere all'isola di Dilmun, è detto essere quella su cui viaggia Šamaš, il dio sole (chiara indicazione di quale sia il vero scenario di queste ricerche); d'altra parte, nel mito greco, Hērakls minaccia con le sue frecce Hḗlios, il dio sole, affinché gli ceda la sua barca, con la quale potrà valicare il potamós Ōkeanós. I figli di Tuirell si rivolgono a Lúg affinché ceda loro la barca incantata di Manannán Mac Lir, e Lúg in questo testo viene nettamente associato al sole («mi sembra strano che stamani il sole sorga da ovest e non da oriente come negli altri giorni» dice a un certo punto Bress; ma la luce che egli vede non è il sole che sta sorgendo, lo avvertono i suoi druidi, «ma lo splendore del volto di Lúg Lámfada!»).

Vi sono ancora molti punti che possono essere messi in relazione, come lo strano viaggio che Brian mac Tuirell compie sul fondo del mare, con un apposito vestito subacqueo e un casco di trasparente cristallo sul capo... C'è una correlazione strettissima con un simile episodio nel mito di Ḏu ʾl-Qarnayn. Ma d'altronde, non fu lo stesso Gilgameš a scendere per primo sul fondo del mare, cercando la šammu nikitti, la «pianta dell'irrequietezza»?

Per concludere, di tutti gli eroi di cui abbiamo frettolosamente messo in parallelo le vicende, soltanto Hērakls è quello che alla fine conquista l'immortalità. A Gilgameš il dono della vita viene rifiutato, così come Lúg rifiuta ai figli di Tuirell la pelle di maiale che poteva salvarli, lasciandoli morire. Di tutti, Hērakls è l'unico che, bruciando il suo corpo mortale sulla pira funebre, salirà infine sull'Olimpo. dove sposerà Hḗbē, la coppiera che serve il cibo dell'immortalità, ottenendo così un posto al consesso degli dèi.

Bibliografia

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BIBLIOGRAFIA
Intersezione Aree: Holger Danske
Sezione Miti: Asteríōn
Area Celtica: Óengus Óc
Ricerche e testi di Dario Giansanti e Oliviero Canetti.
Ha collaborato: Mara Ricci.
Creazione pagina: 25.06.2004
Ultima modifica: 01.06.2016
 
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