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GERMANI
Scandinavi

MITI GERMANICI
Þjazi
ÞJAZI
Gigante delle montagne, signore di Þrymheimr e padre di Skaði. Trasformato in aquila, rapì Iðunn, ma venne ucciso dagli dèi.

* * *

 
MITOLOGIA
MITI
  • Alla morte del padre Ǫlvaldi, Þjazi e i suoi fratelli Iði e Gangr si dividono l'eredità e misurano l'oro portandolo alla bocca.
  • Possiede la dimora di Þrymheimr.
  • In veste d'aquila, ruba il cibo a Óðinn, Hǿnir e Loki.
  • Rapisce, con la collaborazione di Loki, la dea Iðunn, che conduce in Þrymheimr.
  • Gli Æsir bruciano le penne delle sue ali con un fuoco di trucioli o frecce incendiarie, facendolo precipitare.
  • Viene ucciso dagli Æsir. Fu Þórr a dargli la morte, anche se Loki si vanta della stessa impresa dell'impresa.
  • Skaði arriva in Ásgarðr deciso a vendicarlo, ma si riconcilia con gli Æsir.
  • Óðinn getta i suoi occhi nel cielo, trasformandoli in stelle. Secondo un'altra versione, fu Þórr a farlo.
  • Skaði eredita la dimora di Þrymheimr.
RELAZIONI
Padre:
Madre (?):
Fratelli:
Figlie:
Ǫlvaldi
Greip
Iði ~ Gangr
Mǫrn ~ Skaði
ATTRIBUTI
Dimora: Þrymheimr
FILOLOGIA
ORTOGRAFIA

  ORTOGRAFIA
NORMALIZZATA
LEZIONE DEI
MANOSCRITTI

FONTI

Norreno Þiazi Þjazi ) Þiazi Prose Edda

LETTERATURA 

Þjazi e la sua stirpe
Il rapimento di Iðunn
La morte di Þjazi

 


Þjazi e la sua stirpe

Della stirpe del gigante Þjazi, tratta innanzitutto Snorri nello Skáldskaparmál, dove fornisce un racconto poco noto ma piuttosto interessante. «Davvero grande mi pare fosse Þjazi», commenta qui Ægir, «ma a quale stirpe apparteneva?». E Bragi così risponde:

Ǫlvaldi hét faðir hans [...]. Hann var mjǫk gullauðigr, en er hann dó ok synir hans skyldu skipta arfi, þá hǫfðu þeir mæling at gullinu er þeir skiptu at hverr skyldi taka munnfylli sína ok allir jafnmargar. Einn þeira var Þjazi, annarr Iði, þriði Gangr. En þat hǫfum vér orðtak nú með oss at kalla gullit munntal þessa jǫtna, en vér felum í rúnum eða í skáldskap svá at vér kǫllum þat mál eða orðtak, tal þessa jǫtna. Ǫlvaldi si chiamava suo padre [...]. Egli possedeva molto oro. Quando dunque morì e i suoi figli dovevano spartirsi l'eredità, per stabilire la misura di oro da dividersi decisero che ciascuno ne avrebbe preso a turno una boccata e tutti in egual misura. Il primo fra loro fu Þjazi, il secondo Iði e il terzo Gangr. Difatti adesso noi quale metafora per indicare l'oro diciamo «conto a bocca» di questi giganti, mentre nel formulare le rune e nell'arte poetica lo chiamiamo «discorso», «parola» o «conto» di questi giganti.
Snorri Sturluson: Prose Edda > Skáldskaparmál [4]

Þjazi e i suoi fratelli sono inoltre citati nelle þulur, tra i «nomi dei giganti» [jǫtna heiti].

Ek mun jǫtna
inna heiti:
Ymir Gangr ok Mímir
Iði ok Þjazi
Hrungnir Hrímnir
Hrauðnir Grímnir
Hveðrungr Hafli
Hripstoðr Gymir.
Io dei giganti
reciterò i nomi:
Ymir, Gangr e Mímir
Iði e Þjazi,
Hrungnir, Hrímnir,
Hrauðnir, Grímnir,
Hveðrungr, Hafli,
Hripstoðr, Gymir.
Þulur > Jǫtna heiti [I: 1]

Fenja e Menja, nel Gróttasongr, citano nostalgicamente Þjazi e i suoi fratelli:

Harðr var Hrungnir
ok hans faðir,
þó var Þjazi
þeim ǫflgari,
Iði ok Ǫrnir,
okkrir niðjar,
brœðr bergrisa:
þeim erum bornar.
Possente era Hrungnir
ed anche suo padre,
però Þjazi era
di loro maggiore,
Iði ed Ǫrnir
ci furon parenti,
giganti fratelli:
da lor noi nascemmo.
Ljóða Edda > Gróttasongr [9]

Più precisamente, ritroviamo qui il solo Iði. Manca Gangr ma, al suo posto, vi è un certo Ǫrnir. Quest'ultimo è forse un epiteto di Gangr? Il nome è formato su ǫrn «aquila», e quindi potrebbe trattarsi in realtà dello stesso Þjazi che, come vedremo, usava trasformarsi in aquila. Ma a ben guardare, il testo afferma che Iði ed Ǫrnir fossero «fratelli dei giganti delle montagne» [brǿðr bergrisa] e non necessariamente fratelli tra loro. D'altra parte, un Ǫrnir è citato nelle þulur (Jǫtna heiti [I: 4]), separatamente dai tre figli di Ǫlvaldi, rendendo problematica la sua identificazione con l'uno o con l'altro dei tre.

Riguardo ad altre parentele di Þjazi, è Þjóðólfr ór Hvíni a fornirle nel poema Hautlǫng, «lungo come un autunno», dove il nostro gigante viene a più riprese definito con kenningar come «padre di Mǫrn» [faðir Marnar] [6 | 12] e «figlio dell'amante di Greip» [sonr biðils Greipar] [13]. Veniamo così a conoscenza dell'esistenza di una figlia del gigante, Mǫrn, e del nome di un'amante di suo padre Ǫlvaldi, Greip (probabilmente da identificare con la figlia del gigante Geirrøðr), forse madre di Þjazi.

Ma Þjazi è soprattutto il padre di Skaði, e Þjóðólfr ór Hvíni lo chiama infatti «tutore della dea degli sci» [fóstri ǫndurgoðs] (Hautlǫng [7]), e Bragi Boddason «padre della dísa degli sci» [ǫndurdísar fǫður] (Ragnarsdrápa [22]). Specifica Snorri, parlando di Njǫrðr:

...Á þá konu er Skaði heitir, dóttir Þjaza jǫtuns. ...Ha in moglie la donna chiamata Skaði, figlia del gigante Þjazi.
Snorri Sturluson: Prose Edda > Gylfaginning [23]

 


Il rapimento di Iðunn

Il principale mito riguardante Þjazi, quello del rapimento di Iðunn, è narrato da Snorri nel secondo e terzo capitolo dello Skáldskaparmál, e da Þjóðólfr ór Hvíni nella prima parte dell'Hautlǫng (poema a sua volta conservato da Snorri). Il racconto di Snorri è più circostanziato e, senza di esso, difficilmente avremmo compreso i dettagli del poema di Þjóðólfr. Ma allo stesso tempo, come vedremo, Þjóðólfr chiarisce alcuni punti poco chiari del racconto di Snorri.

Nella versione di Snorri, Óðinn, Loki ed Hǿnir uccidono un bue e lo mettono a cuocere in un seyðir, ma la carne non cuoce mai. Una strana aquila, appollaiata su una vicina quercia, afferma che permetterà al cibo di cuocere solo se le daranno una porzione del bue. I tre æsir accettano, ma l'aquila afferra entrambe le cosce e tutt'e due le spalle del bue e vola via. Loki colpisce l'aquila con un lungo randello, ma rimane attaccato ad essa e viene trascinato in cielo.

Ǫrninn flýgr hátt svá at fœtr taka niðr grjótit ok urðir ok viðu, en hendr hans hyggr hann at slitna munu ór ǫxlum. Hann kallar ok biðr allþarfliga ǫrninn friðar, en hann segir at Loki skal aldri lauss verða nema hann veiti honum svardaga at koma Iðunni út of Ásgarð með epli sín, en Loki vill þat.  L'aquila volò così in alto che i piedi di Loki prendevano contro a rocce, sassi e alberi, mentre le sue braccia gli pareva che si dovessero staccare dal tronco. Egli gridava e supplicava ripetutamente l'aquila di lasciarlo, ma ella disse che mai avrebbe lasciato andare Loki, se prima egli non le avesse giurato di portare Iðunn fuori da Ásgarðr insieme alle sue mele; Loki acconsentì.
Snorri Sturluson: Prose Edda > Skáldskaparmál [2]

La pretesa dell'aquila viene immediatamente accettata da Loki, il quale, una volta giunto in Ásgarðr, attira Iðunn fuori dalle mura della fortezza. A questo punto, l'aquila la rapisce. Ed è qui che, per la prima volta, Snorri chiama il rapace per nome: è infatti il gigante Þjazi, magicamente travestito.

Loki Iðunni út um Ásgarð í skóg nǫkkvorn [...]. Þá kemr þar Þjazi jǫtunn í arnarham ok tekr Iðunni ok flýgr braut með ok í Þrymheim til bús síns. Loki attirò Iðunn fuori da Ásgarðr presso una certa foresta [...]. Giunse allora il gigante Þjazi in forma d'aquila, prese Iðunn e volò rapido nella sua casa a Þrymheimr.
Snorri Sturluson: Prose Edda > Skáldskaparmál [3]

L'improvvisa sparizione di Iðunn da Ásgarðr provoca un rapido invecchiamento degli dèi, privati delle sue mele. Gli Æsir si riuniscono in assemblea e s'interrogano sulla sorte della dea. Loki confessa la sua responsabilità e gli dèi lo minacciano di morte, costringendolo a recuperare «la ragazza meravigliosa che alimenta la gioia negli dèi». In veste di falco, Loki vaga per Jǫtunheimr, finché arriva alla dimora di Þjazi. Quel giorno, racconta Snorri, il gigante era fuori in mare, e Iðunn era da sola in Þrymheimr. Loki la trasforma in una noce, la afferra tra gli artigli e vola via.

En er Þjazi kom heim ok saknar Iðunnar, tekr hann arnarharminn ok flýgr eftir Loka, ok dró arnsúg í flugnum. En er æsirnir sá, er valrinn flaug með hnotina ok hvar ǫrninn flaug, þá gengu þeir út undir Ásgarð ok báru þannig byrðar af lokarspánum. Ok þá er valrinn flaug inn of borgina, lét hann fallast niðr við borgarvegginn. Þá slógu æsirnir eldi í lokarspánuna, en ǫrninn mátti eigi stǫðva sik, er hann missti valsins. Laust þá eldinum í fiðri arnarins, ok tók þá af fluginn. Quando Þjazi giunse a casa e non trovò Iðunn, si mise il suo travestimento da aquila e inseguì Loki, muovendo l'aria come fanno le aquile in volo. Quando gli Æsir videro che il falco volava con la noce e anche quale aquila fosse in volo, allora uscirono sotto Ásgarðr e accumularono trucioli di legno. Quando il falco giunse alla fortezza, si lasciò cadere fra le mura. Gli Æsir appiccarono allora fuoco ai trucioli, mentre l'aquila non poté frenare il suo volo quando perse di vista il falco. Le sue piume presero fuoco e dunque il suo volo terminò.
Snorri Sturluson: Prose Edda > Skáldskaparmál [3]

Nello scrivere questo racconto, Snorri aveva senz'altro sotto gli occhi l'Hustlǫng. La versione di Þjóðólfr ór Hvíni risale a tre secoli prima di Snorri. È piuttosto involuta e, in alcuni tratti, enigmatica, come quasi tutta la poesia scaldica, e procede per complesse kenningar, alcune delle quali ci trasmettono – come abbiamo visto – alcuni nomi di parenti inediti di Þjazi, come Mǫrn e Greip.

A differenza di Snorri, che registra le sue leggende come materiale per apprendisti scaldi, Þjóðólfr, che era un eccellente scaldo, si rivolge a un uditorio che conosce la vicenda e dà per scontato che l'aquila sia Þjazi travestito. La sua versione aggiunge alcuni piccoli dettagli nella vicenda del bue che non cuoce, pur senza varianti. Interessante la scena del rapimento di  Iðunn, dove Loki sembra portargli la dea direttamente alla fortezza:

Brunnakrs of kom bekkjar
Brísings goða dísi
girðiþjófr í garða
grjót-Níðaðar síðan.
Guidò allora la dísa degli dèi
oltre i ruscelli di Brunnakr, il ladro
del collare di Brísingr, al podere
del Níðaðr delle rocce.
Þjóðólfr ór Hvíni: Hautlǫng [9]

Il «Níðaðr delle rocce» è appunto Þjazi (Níðaðr è il nome del re che imprigionò Vǫlunðr: il nome è qui utilizzato con il senso generico di «sovrano»). Þjóðólfr non descrive l'atto del rapimento ma, subito dopo, aggiunge la splendida scena dei giganti, improvvisamente gioiosi, quando vedono arrivare la preziosa Iðunn nel loro gelido mondo:

Urðut brattra barða
byggvendr at þat hryggvir;
þá vas Ið með jǫtnum
unnr nýkomin sunnan...
Non fu certo un momento di tristezza
per gli abitanti delle rupi ripide
l'arrivo, dalle vie del mezzogiorno,
di Iðunn nel paese dei giganti...
Þjóðólfr ór Hvíni: Hautlǫng [10]

Quando Loki porta via Iðunn da Þrymheimr, Þjazi, «menteastuta» [lómhugaðr], lo insegue.

Ok lómhugaðr lagði
leikblaðs reginn fjaðrar
ern at ǫglis barni
arnsúg faðir Marnar.
Ma, menteastuta, sovrano nel gioco
delle piume, scatenò un violento
vento d'aquila, il padre di Mǫrn,
contro il figlio del falco.
Þjóðólfr ór Hvíni: Hautlǫng [12]

Nello Skáldskaparmál, Þjazi insegue Loki «muovendo l'aria come fanno le aquile in volo» [dró arnsúg í flugnum]. La parola arnsúg, «frastuono d'aquila», sembra indicare i fragorosi turbini di vento causati dal battito di un paio di enormi ali. Questo dettaglio, all'apparenza inutile, acquista però un senso in Þjóðólfr. Þjazi, assai più esperto di Loki nell'arte del volo («sovrano nel gioco delle piume»), suscita intenzionalmente turbini e frastuono con il battito delle sue ali, allo scopo di mettere Loki in difficoltà. A questo punto, però, il falco è ormai quasi arrivato alle mura di Ásgarðr...

 Hófu skjótt, en skófu,
skǫpt, ginnregin, brinna,
en sonr biðils sviðnar
(sveipr varð í fǫr) Greipar.
Allora, divamparono le frecce
con la magia intagliate dagli dèi,
e si ustiona il figlio dell'amante
di Greipr; stroncato il suo slancio.
Þjóðólfr ór Hvíni: Hautlǫng [13]

Mentre in Snorri, le piume dell'aquila erano state incendiate da una vampata del fuoco che gli dèi hanno appiccato a un mucchio di trucioli, in Þjóðólfr gli Æsir scoccano contro il gigante delle frecce infuocate, fabbricate con appositi incantesimi. Il racconto di Þjóðólfr si chiude qui, senza entrare in ulteriori dettagli. I suoi ascoltatori sapevano evidentemente che, a questo punto della storia, Þjazi viene ucciso.

 


La morte di Þjazi

Una volta precipitato, con le ali in fiamme, all'interno delle mura dell'Ásgarðr, Þjazi viene ucciso. Snorri ne attribuisce la morte, in maniera piuttosto generica, agli Æsir.

Þá váru æsirnir nær ok drápu Þjaza jǫtun fyrir innan ásgrindr, ok er þat víg allfrægt. Gli Æsir erano vicini e uccisero il gigante Þjazi dentro ai cancelli di Ásgarðr e quest'impresa è risaputa
Snorri Sturluson: Prose Edda > Skáldskaparmál [3]

Nella versione di Snorri, la figlia del gigante, Skaði, si presenta subito dopo in Ásgarðr, decisa a vendicare il padre. Gli Æsir preferiscono riconciliarsi con lei e le offrono un marito. Per ricompensarla della perdita, Óðinn getta nel cielo gli occhi di Þjazi, ricavandone due stelle:

Svá er sagt at Óðinn gerði þat til yfirbóta við hana at hann tók augu Þjaza ok kastaði upp á himin ok gerði af stjǫrnur tvær. Così è detto, che Óðinn per risarcire Skaði prese gli occhi di Þjazi, li lanciò nel cielo e li trasformò in due stelle.
Snorri Sturluson: Prose Edda > Skáldskaparmál [3]

Tuttavia, la Ljóða Edda offre una versione appena differente di questo mito. È Þórr stesso, nell'Hárbarðsljóð, ad assumersi la responsabilità della morte del gigante e a creare le due stelle:

Ek drap Þjaza,
inn þrúðmóðga jǫtun,
upp ek varp augum
Allvalda sonar
á þann inn heiða himin;
þau eru merki mest
minna verka,
þau er allir menn síðan of sé.

Io uccisi Þjazi,
quell'impavido gigante,
scagliai in alto gli occhi
del figlio di Allvaldi
lassù nel cielo sereno;
son essi somma prova
delle imprese mie,
che gli uomini tutti da allor vedono.

Ljóða Edda > Hárbarðsljóð [19]

Anche Bragi Boddason, nella Ragnarsdrápa, «eulogia per Ragnarr», riferisce che fu Þórr a gettare in cielo gli occhi di Þjazi (qui chiamato «padre della dísa degli sci», cioè di Skaði), anche se nulla dice se fu lui a ucciderlo:

Hinn es varp á víða
vinda ǫndurdísar
of manna sjǫt margra
mundlaug fǫdur augum.

Þórr, che aveva scagliato nell'immenso
bacile dei venti, alti sopra le case
di genti innumerevoli, gli occhi
del padre della dísa degli sci.

Bragi Boddason: Ragnarsdrápa

«Occhi di Þjazi» [auga Þjazi] è, in definitiva, una delle poche costellazioni vichinghe il cui nome sia giunto fino a noi. Difficile capire a quali stelle corrispondano. Secondo Cleasby e Vigfússon si tratta delle due maggiori stelle dell'attuale costellazione dei Gemelli: Castore e Polluce (α e β Geminorum) (Cleasby & Vigfússon 1874), ma non esistono prove convincenti di questa indicazione.

La cosa curiosa è che, nel Lokasenna, è Loki stesso a vantarsi con Skaði di aver ucciso Þjazi. Si tratta di una vanteria a vuoto o di un particolare del mito originale? Non lo possiamo sapere. L'unica cosa certa è che l'orgogliosa uscita procurerà a Loki l'eterno odio della dea.

Loki kvad:

Disse Loki:

Hfyrstr ok efstr
var ek at fjǫrlagi,
þars vér á Þjaza þrifum».

«Primo ed ultimo
fui io a dar morte
quando mettemmo le mani su Þjazi».

Skaði kvad:

Disse Skaði:

Veiztu, ef fyrstr ok efstr
vartu at fjǫrlagi,
þá er ér á Þjaza þrifuð,
frá mínum véum
ok vǫngum skulu
þér æ kǫld ráð koma.
«Se primo ed ultimo
tu fosti a dar morte
quando metteste le mani su Þjazi,
sappi che dalle mie sacre dimore
e dal mio sacro suolo
sempre verranno a te freddi pensieri».
Ljóða Edda > Lokasenna [50-51]

Dopo la morte di Þjazi, Skaði ne ereditò la splendida fortezza montana, come ricorda un altro passo della Ljóða Edda:

Þrymheimr heitir enn sétti,
er Þjazi bjó,
sá inn ámátki jǫtunn;
en nú Skaði byggvir,
skír brúðr goða,
fornar tóptir fǫður.
Þrymheimr si chiama la sesta [casa]
dove Þjazi viveva,
quel detestabile gigante.
Ora Skaði risiede,
pura sposa degli dèi,
nell'antica dimora del padre.
Ljóða Edda > Grímnismál [11]
FONTI PRINCIPALI

Ljóða Edda > Grímnismál [11]
Ljóða Edda
> Hárbarðsljóð [19]
Ljóða Edda
> Lokasenna [50-51]
Ljóða Edda
> Hyndluljóð [30]
Ljóða Edda
> Gróttasongr [9]
Snorri Sturluson: Prose Edda > Gylfaginning [23]
Snorri Sturluson: Prose Edda > Skáldskaparmál [2-4]
Þjóðólfr ór Hvíni: Hautlǫng [13]
Þulur >
Jǫtna heiti [I: 1]
Cfr. Bragi Boddason: Ragnarsdrápa

BIBLIOGRAFIA
RIFERIMENTI
IMMAGINI
La trappola di Þjazi
Ms. SÁM 66
(1765-1766)
[MUSEO]
Loki colpisce Þjazi
Ólafur Brynjúlfsson
Ms. NKS 1867
 (1760) [MUSEO]
Þjazi trascina Loki in cielo
Lorenz Frølich
(1895)
Þjazi trascina Loki in cielo
Annette L. Davey
(1886)
Rapimento di Iðunn
Elmer Boyd Smith
(1902)
 
Þjazi trascina Loki in cielo
Dorothy Hardy
(1909)
La trappola di Þjazi
Frederick Richardson
(1918)
Þjazi rapisce Iðunn
H. Theaker
(1920)
Þjazi rapisce Iðunn
Disegno di Giovanni Caselli
 
PAGINE
IL RAPIMENTO DI IÐUNN - I giganti e l'immortalità
Creazione pagina: 01.03.2010
Ultima modifica: 17.05.2012
 
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