ANTICA
SAPIENZA TEDESCA |
WESSOBRUNNER
GEBET |
LA PREGHIERA DI
WESSOBRUNN |
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Titolo (tedesco) |
Wessobrunner Gebet |
Genere
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Poesia gnomico-sapienziale |
Lingua |
Antico alto tedesco |
Epoca
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Composizione:
Redazione: |
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±790
±814 |
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Segnatura
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München, Bayerische Staatsbibliothek. Clm 22053 III,
ff 65v 66r |
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ANTICA
SAPIENZA
TEDESCA |
WESSOBRUNNER
GEBET |
LA PREGHIERA DI
WESSOBRUNN |
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La preghiera di Wessobrunn
La «preghiera di Wessobrunn», Wessobrunner Gebet,
anche conosciuta come
«poema della creazione di Wessobrunn», Wessobrunner Schöpfungsgedicht,
è una delle più antiche testimonianze in antico alto
tedesco, sicuramente la più antica in assoluto di
carattere gnomico-sapienziale. La data di composizione è
posta intorno al 790 o poco più tardi, mentre il
manoscritto che ce l'ha tramandata risale all'incirca
all'814. Il luogo d'origine del manoscritto è sconosciuto,
probabilmente uno dei numerosi centri religiosi bavaresi,
come Augsburg o Regensburg. Ugualmente sconosciuto è
l'autore.
La lingua è antico alto tedesco, ma non è priva di elementi
bassotedeschi che fanno pensare a un'influenza sassone.
Il
manoscritto venne custodito per secoli nella biblioteca
nell'abbazia benedettina di Wessobrunn, vicino Weilheim,
nel sud della Baviera, da cui il nome con cui è conosciuta
la bella preghiera in esso contenuta. Oggi è custodito
nella Bayerische
Staatsbibliothek («Biblioteca Statale Bavarese»)
a München, con la signatura Clm 22053 III.
La preghiera comprende il verso del foglio 65 e il recto del foglio 66.
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La
scrittura
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Manoscritto
originale della Wessobruner Gebet.
Bayerische Staatsbibliothek - Clm 22053 III, ff 65v
66r. |
Il
titolo De Poeta è in caratteri onciali, con i vuoti
dipinti in rosso. Il testo è in un carolino minuscolo, con
i capilettera ornati.
La
grafia presenta la sostituzione della sillaba ga con un caratteristico segno ad asterisco
,
che è probabilmente la runa gilch [k] della serie «marcomanna».
Si tratta di un alfabeto runico creato a
sostituzione dell'alfabeto latino dagli scolari di epoca carolingia,
forse dal teologo Rabanus Maurus Magnentius (780/784-856).
Tale alfabeto è attestato nel trattato De inventione literarum,
conservato in alcuni manoscritti dell'VIII e IX secolo,
perlopiù provenienti proprio dalla Baviera. La medesima
sostituzione è attestata solo in un altro manoscritto,
anch'esso bavarese, l'Arundel Ms. 393, conservato
nella British Library di Londra.
Anche
la congiunzione enti «e» viene sostituita - come
in molti manoscritti antichi e medievali - dal
corrispondente simbolo tironiano . |
La
struttura, la forma e il contenuto
La Preghiera è costituita
da due sezioni. La prima è un breve poemetto di nove versi
allitterativi, nel quale si accenna alla creazione del
mondo da parte di Dio. La seconda sezione è una preghiera,
che la maggior parte degli editori trascrive in prosa
libera (ma qualcuno la ripartisce in versi di metro
vario). Alla composizione è apposto, a mo' di
intestazione, la dicitura latina de poeta, scritta
in caratteri onciali e che viene di solito intesa «sul
Creatore».
La struttura in due parti sembra una
reminescenza delle antiche formule magiche
tedesche, come ad esempio quelle attestate
negli
Incantesimi di
Merseburgo, in cui la
formula magica finalizzata a risolvere una
situazione pratica (come liberare un
prigioniero di guerre o risanare la zampa
slogata di un cavallo) viene fatta precedere
da un racconto mitologico nel quale si narra
come una divinità o un essere soprannaturali
abbia pronunciato per la prima volta
quell'incantesimo trovandosi in una
situazione analoga. Nel nostro caso, il
precedente archetipico altri non è che la
creazione stessa operata da Dio. Non si
tratta dunque di una situazione contingente
da risolvere come un incantesimo, ma di
quello che in assoluto è - secondo la
splendida definizione del poeta - «sommo dei
prodigi», il supremo dono dell'esistenza
voluto dall'Amore divino. Nella breve
preghiera che segue, l'orante chiede che Dio
gli conceda la forza, la fede e la grazia
che lo rendano degno di questo immenso
prodigio creativo, a cui egli è chiamato a
partecipare. |
Poesia pagana in chiave cristiana
L'importanza della Wessobrunner Gebet,
nell'analisi dei delicati secoli del passaggio tra paganesimo e cristianesimo
tra le genti germaniche, è capitale. Nonostante sia il primo documento cristiano
che compare nella Germania appena convertita da missionari anglosassoni (san Bonifacius), franchi (san
Haimhrammus, san Corbinianus) e irlandesi (san Columbanus, san Gallus),
essa risente ancora delle antiche e possenti immagini
pagane. Anzi, ancora di più, in un certo senso la Wessobrunner Gebet
è poesia pagana piegata e indirizzata alla nuova ideologia
cristiana.
Infatti, se l'idea della creatio ex
nihilo è genuinamente cristiana, i primi
cinque versi del poemetto, che descrivono la
situazione di non esistenza che precede la
creazione da parte di Dio, derivano
sicuramente da qualche antica formula o
poemetto di argomento cosmogonico del
paganesimo germanico, forse di origine
sassone: gli elementi bassotedeschi nella
lingua hanno fatto pensare che il testo sia
giunto in Baviera
appunto dall'area sassone. Ma i temi sono
molto antichi. Un confronto tra i primi
cinque versi della Wessobrunner Gebet
con la terza e quinta strofa della
Vǫluspá islandese, non
soltanto mostra una simile formulazione «per
negativi» del caos precedente la creazione, ma presenta uno stretto parallelismo nel
linguaggio e nella terminologia. La
relazione indica senza alcun dubbio una comune origine: la
Wessobrunner Gebet e la
Vǫluspá
derivano le loro immagini dalla medesima sorgente della
sapienza germanica.
Se dunque la grandiosa visione cosmogonica
ed escatologica della
Vǫluspá è, nella lontana
Islanda, l'ultima voce del morente
paganesimo germanico sul volgere del primo
millennio, la Wessobrunner Gebet è la
prima voce cristiana che si ode in terra
tedesca. |
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ANTICA
SAPIENZA
TEDESCA |
WESSOBRUNNER
GEBET |
LA PREGHIERA DI
WESSOBRUNN |
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ꝹE POETA |
SUL CREATORE |
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I
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Dat fregin
ih mit firahim iriuuizzo meista.
Dat ero ni uuas noh ufhimil,
noh paum noh pereg ni uuas,
ni [sterro]
nohheinig noh sunna ni scein,
noh mano ni liuhta, noh der maręo seo.
Do dar niuuiht ni uuas enteo ni uuento,
do uuas der eino almahtico cot,
manno miltisto, dar uuarun auh manake mit
inan
cootlihhe geista cot heilac |
Questo appresi tra gli
uomini, il sommo prodigio.
Che non era la terra, né il cielo in
alto,
non era albero, né monte,
né [stella] alcuna, né il sole splendeva,
né la luna brillava, né il lucente mare.
Quando non c'era nulla, né limite né confine,
c'era soltanto Iddio onnipotente,
tra gli
uomini il
più generoso, e
molti erano
con lui
spiriti benigni, e Dio santo... |
|
II |
Cot almahtico, du himil erda uuorahtos du mannun so manac coot forpi forgip mir in dina
nada rehta laupa cotan uuilleon uuistom spahida craft tiuflun za
uuidarstantanne arc za piuuisanne dinan uuilleon za uurchanne |
Dio onnipotente, tu che creasti il cielo e la terra e
elargisti agli uomini tanti beni, donami, per Tua misericordia, retta fede e
buona volontà, sapienza, prudenza e forza, per resistere ai dèmoni e sottrarmi
al male e per la Tua volontà. |
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ASCOLTA |
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Lettura della Wessobrunner Gebet in antico alto tedesco. |
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Alternative content
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NOTE
Il titolo DE POETA
(inteso come «il creatore») è
latino, scritto in caratteri
onciali, mentre
il resto del testo è in carolino
minuscolo.
I
― (1)
La prima strofa fa parte
dell'interpretazione cristiana del
poemetto, dove il «sommo dei
prodigi», la creazione del mondo da
parte di Dio, sostituisce le
piccole formule magiche degli
incantesimi pagani. ―
(2)
«Non esisteva la terra né il cielo
in alto» [ero ni uuas noh ufhimil]: questo verso può essere agevolmente
messo in relazione con
Vǫluspá
[3e-3f]: «terra non si distingueva
| né cielo in alto» [jǫrð fansk æva
|
né upphiminn].
Non solo i due testi presentano la
medesima immagine, ma utilizzano
anche un identico costrutto poetico:
l'espressione «cielo in alto» è
infatti ufhimil nel poema
antico alto tedesco e upphiminn
in quello norreno.
― (4)
«Né alcuna [stella] lucente, né il sole splendeva,
né la luna brillava» [ni [sterro]
nohheinig noh sunna ni scein,
noh mano ni liuhta], può essere confrontato con
Vǫluspá
[5e-5j]: «il sole non sapeva
|
dov'era la sua corte, |
le stelle non sapevano |
dov'era la loro dimora, |
la luna non sapeva | qual era il
suo potere» [sól þat né vissi,
|
hvar hon sali átti;
|
stiǫrnur þat né vissu,
|
hvar þær staði áttu;
|
máni þat né vissi,
|
hvat hann megins átti].
La parola sterro «stella»,
assente nel manoscritto della
Wessobrunnen Gebet, è stato
aggiunto in base al confronto col
poema eddico. La parola scein
«splendeva» è una correzione della
forma del manoscritto stein.
― (5)
«Né il possente mare» [noh der mareo seo],
da confrontare in questo caso con
la Vǫluspá
[5b-3c]: «non c'era sabbia
né mare | né gelide onde» [vasa sandr né sær,
|
né svalar unnir].
― (6) Da questo verso sembra
interrompersi la citazione cosmogonica di origine pagana e
inizia l'interpretazione cristiana
del poemetto, dove al «caos per
negazioni» subentra l'atto creativo
di Dio, secondo il motivo
prettamente cristiano della
creatio ex nihilo.
― (9)
Per quanto riguarda l'ultima
strofa, potrebbe essere mutila (e
in tal caso andrebbe intesa
«il
santo Dio...»). Un'altra
possibilità è che il verso sia di
senso compiuto, ma col verbo essere sottinteso (e in tal caso
«e Dio
[era] santo»).
II
― La preghiera che segue il
poema, e che ha dato nome alla
composizione, viene solitamente
edita in prosa libera, anche se non
sono mancati degli editori che
hanno tentato di ricostruirne una
versificazione, anche se senza
risultati convincenti. Dal punto di
vista formale, la preghiera
riprende, con la citazione iniziale
della creazione, il testo del poema
precedente, per poi virare verso
immagini che richiamano il Pater
noster cristiano.
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Bibliografia
- BORGES Jorge Luis,
Literaturas germánicas medievales.
Emecé, Buenos Aires 1978. → ID.
Letterature germaniche medioevali. Theoria,
Roma-Napoli 1984.
- DOLFINI Giorgio,
Lineamenti di grammatica dell'antico alto tedesco.
Mursia, Milano 1973.
- GRÜNAGER Carlo,
La letteratura tedesca medievale.
Sansoni/Accademia, Firenze/Milano 1967.
- MANGANELLA Gemma, La creazione e la fine del
mondo nell'antica poesia germanica. Liguori, Napoli 1966.
- MASTRELLI Alberto [cura],
L'Edda. Carmi norreni. Classici della
religione. Sansoni, Firenze 1951, 1982.
- POLIA Mario,
Völuspá.
I detti di colei che
vede. Il
Cerchio, Rimini 1983.
- PRAMPOLINI Giacomo,
Letterature germaniche insulari. In: Storia universale della letteratura, vol. III. UTET, Torino 1949.
- SCARDIGLI Piergiuseppe
[cura] ~ MELI Marcello [trad.],
Il canzoniere eddico. Garzanti, Milano
1982.
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BIBLIOGRAFIA ► |
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Archivio: Biblioteca - Guglielmo da Baskerville
Sezione: Fonti - Nabū-kudurri-uṣur
Area: Germanica - Brynhilldr |
Traduzione e note della Redazione Bifröst. |
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Creazione pagina:
21.10.2006
Ultima modifica:
10.01.2018 |
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