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Gli appunti cesariani
sulla religione celtica
Il De bello Gallico, oltre ad essere
un importantissimo documento
storico, sono un gioiello di
prosa latina. Scritti all'insegna
dell'impersonalità,
accentuata dall'uso narrativo
della terza persona, hanno uno
stile rapido e terso, privo di
orpelli, come se Caesar pensasse
già (ed è lo stesso Cicero
a dirlo) di star consegnando
importanti materiale ai futuri storici. Ma al di là del
loro valore storico e letterario,
gli scritti cesariani sono una
delle pochissime fonti classiche
ad aprire uno squarcio
sull'antico mondo gallico. Certo,
tutto è filtrato
attraverso l'ottica romana e i
dettagli antropologici non hanno
alcuna pretesa scientifica:
Caesar vi si sofferma qua e
là sugli usi e costumi
celtici in ossequio a una moda
letteraria, non per un reale
interesse, ed i Galli vi
compaiono quali barbari da
ricondurre nell'orbita
civilizzatrice del mondo
classico. Ciò ovviamente
non toglie che, nella penuria di
documentazioni, i commentarii cesariani siano
di primaria importanza per la
nostra comprensione della
realtà e della cultura
degli antichi Celti. |
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Caius
Iulius
Caesar |
DE
BELLO GALLICO |
SULLA
GUERRA GALLICA
(estratti) |
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A |
[I
sacrifici dei Galli] |
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Natio
est omnis Gallorum
admodum dedita
religionibus, atque ob
eam causam, qui sunt
adfecti grauioribus
morbis quique in
proelis periculisque
uersantur, aut pro
uictimis homines
immolant aut se
immolaturos uouent,
administrisque ad ea
sacrificia druidibus
utuntur, quod pro uita
homnis nisi hominis uita
reddatur, non posse
deorum immortalium numen
placari arbitrantur,
publiceque eiusdem
generis habent instituta
sacrificia. Alii immani
magnitudine simulacra
habent, quorum contexta
uiminibus membra uiuis
hominibus complent,
quibus succensis
circumuenti flamma
exanimantur homines.
Supplicia eorum qui in
furto aut latrocinio aut
aliqua noxia sint
comprehensi, gratiora
dis immortalibus esse
arbitrantur. Sed cum
eius generis copia
deficit, etiam ad
innocentium supplicia
descendunt. |
Tutto il popolo
gallico è molto osservante per
quanto riguarda le pratiche
religiose, e quindi, chi è affetto
da malattie di una certa gravità,
si trova in battaglia o esposto ad
altri pericoli, immola, o fa voto
di immolare, vittime umane, e
ricorre ai druidi per amministrare
questi sacrifici, perché ritengono
di non poter placare la potenza
degli dèi immortali se non offrono
vita per vita, e si istituiscono
anche sacrifici pubblici di questo
tipo. Alcune popolazioni hanno
delle immagini di enormi
proporzioni, fatte di vimini
intrecciati, al cui interno
rinchiudono degli uomini ancora
vivi, poi vi appiccano il fuoco e
li fanno morire tra le fiamme.
Credono che il supplizio di chi sia
stato sorpreso a commettere furti,
ladrocini o altri delitti sia più
gradito agli dèi immortali, ma
quando mancano vittime di questo
tipo, arrivano anche a sacrificare
degli innocenti. |
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De bello Gallico [VI:
16] |
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B |
[Le divinità galliche] |
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Deorum
maxime Mercurium colunt,
huius sunt plurima
simulacra, hunc omnium
inuentorem artium
ferunt, hunc uiarum
atque itinere ducem,
hunc ad quaestus pecuniae
mercaturasque habere uim
maximam arbitrantur.
post hunc Apollinem et
Martem et Iouem et
Minerua. de his eandem
fer quam reliquae
gentes habent
hopinionem: Apollinem
morbos depellere,
Mineruam operum atque
artificiorum initia
tradere, Iouem imperium
caelestium tenere,
Martem bella
regere. |
Il dio
che i Galli onorano di
più è Mercurius: le sue
statue sono le
più numerose,
essi lo considerano come
l'inventore di tutte le
arti, egli è per
loro il dio che indica
il cammino, che guida il
viaggiatore, egli
è il più
abile ad assicurare i
guadagni e a proteggere
il commercio. Dopo di
lui adorano Apollo,
Mars,
Iuppiter e
Minerva. Essi
si fanno di questi
dèi pressappoco
la stessa idea degli
altri popoli: Apollo
guarisce dalle malattie, Minerva insegna
i princìpi
dei lavori manuali, Iuppiter
è il signore
degli altri dèi, Mars
presiede alla
guerra. |
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Huic,
cum proelio
dimicante contistuerunt,
ea quae bello
ceperint, plerumque
deuouent; cum
superauerint, animalia
capta immolant
reliquasque res in unum
locum conferunt. multis
in ciuitatibus harum
rerum exctructos cumulos
locis consecratis
conspicari licet; neque
saepe accidit au
neglecta quispian
religione aut capta apud
se occultare aut posita
tollere auderet,
grauissimumque ei rei
supplicium cum cruciatu
constitutum est. |
In
genere dedicano a lui [a
Mars] il
bottino, quando
stabiliscono di entrare
in guerra e, in caso di
vittoria, gli
sacrificano gli animali
catturati e raccolgono
in un sol luogo il resto
della preda. In molte
città è
possibile osservare, in
spazi consacrati,
ammassi composti delle
spoglie di guerra, e non
accade quasi mai che
qualcuno osi nascondere
presso di sé o
trafugare dalle offerte
il bottino, venendo meno
ai suoi doveri
religiosi; per una
simile colpa è
prevista una terribile
pena di morte tra le
torture. |
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Galli se
omnes ab Dite patre
prognatos
praedicant idque ab
druidibus proditum
dicunt. ob eam causam
spatia omnis temporis
non numero dierum, sed
noctium finiunt; dies
natales et mensum et
annorum initia sic
obseruant ut noctem dies
subsequantur. |
I Galli
affermano di discendere
tutti da
Dis
pater e che
questa tradizione
è stata
tramandata dai druidi.
Per questo motivo
misurano la durata del
tempo contando le notti,
non i giorni; anche il
giorno natale, l'inizio
del mese o dell'anno
vengono calcolati come
se la notte precedesse
il giorno. |
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De bello Gallico [VI:
17-18] |
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