I -
BIFRǪST: LA TREMULA VIA
Una delle immagini più caratteristiche e affascinanti della mitologia nordica
è quella del ponte arcobaleno che connette la terra al cielo. Esso è chiamato
Ásbrú «ponte degli
Æsir»,
ma ha anche un altro nome, che è Bilrǫst
«via dai [molti] colori» nella Ljóða Edda
(Grímnismál [44] |
Fáfnismál [15]), o Bifrǫst
«tremula via» nell'Prose Edda
(Gylfaginning [13 | 15 | 17 | 27 | 41 | 51]).
Del ponte arcobaleno si parla solo tre volte in tutta la
Ljóða
Edda, due delle quali nel
Grímnismál. In questo carme dapprima si dice che
Þórr deve guadare a piedi dei fiumi
quando, ogni giorno, si reca al þing degli dèi presso il frassino
Yggdrasill, altrimenti il ponte
divino [ásbrú] brucerebbe sotto le ruote del suo carro:
Kǫrmt ok Ǫrmt
ok Kerlaugar tvær,
þær skal Þórr vaða
hverjan dag
er hann dæma ferr
at aski Yggdrasils,
þvíat ásbrú
brenn ǫll loga,
heilǫg vǫtn hlóa. |
Kǫrmt e
Ǫrmt
e i due Kerlaugar,
questi deve Þórr guadare
ogni giorno
quando si reca al consiglio
presso il frassino Yggdrasill,
altrimenti l'ásbrú
brucerebbe tutto in fiamme,
le acque sacre ribollirebbero |
Ljóða Edda
> Grímnismál [29] |
Il nome del ponte, Bilrǫst, viene
fornito più avanti nello stesso carme dove si dice semplicemente che «Bilrǫst [è il migliore] dei ponti» [Bilrǫst
brúa]
(Grímnismál [44]). Bilrǫst
ricompare ancora in un canto di argomento eroico, il
Fáfnismál. Qui il famoso drago dell'epica nibelungica rivela,
morente, al giovane Sigurðr come si chiami
quell'isolotto sul quale, nel giorno di
ragnarǫk, gli Æsir si
scontreranno con le orde di Surtr, e
aggiunge un dettaglio interessante:
Óskópnir hann heitir,
en þar ǫll skulu
geirum leika goð,
Bilrǫst brotnar,
er þeir á brú fara,
ok svima í móðu marir |
Óskópnir è chiamato
[l'isolotto],
e là tutti dovranno
gli dèi giostrare con lance,
Bilrǫst s'infrange
quando sul ponte s'avventano
e nuotano nella corrente i destrieri. |
Ljóða Edda
> Fáfnismál [29] |
Sarebbe stato assai difficile mettere insieme queste tre citazioni della
Ljóða
Edda e dar loro un senso, se Snorri non avesse dedicato
un capitolo della sua
Prose Edda
a illustrarci la natura e le caratteristiche del ponte arcobaleno, che egli
tuttavia chiama non più
Bilrǫst
ma
Bifrǫst.
Þá mælti Gangleri: «Hverr er leið til himins af
jǫrðu?» |
Quindi parlò
Gangleri: «Cos'è che porta dalla terra al
cielo?» |
Þá svarar Hár ok hló við: «Eigi er nú fróðliga
spurt. Er þér eigi sagt þat, at goðin gerðu brú af jǫrðu til himins, er heitir
Bifrǫst? Hana muntu sét hafa. Kann vera, at þat kallir þú regnboga. Hon er með
þrimr litum ok mjǫk sterk ok ger með list ok kunnáttu meiri en aðrar smíðir. En
svá sterk sem hon er, þá mun hon brotna, þá er Múspellsmegir fara ok ríða hana,
ok svima hestar þeira yfir stórar ár. Svá koma þeir fram.» |
Rispose allora
Hár, ridendo forte: «La tua domanda
non è saggia. Non ti è stato detto che gli dèi hanno costruito un ponte dalla
terra al cielo che si chiama Bifrǫst?
Dovresti averlo visto. Può essere che tu lo chiami arcobaleno. È di tre colori,
è molto robusto ed è fatto con più arte e sapienza di qualunque altra opera. Ma
forte com'è, esso si romperà quando i figli di
Múspell lo attraverseranno
cavalcando e guadando grandi fiumi coi loro cavalli. Così essi verranno avanti». |
Þá mælti Gangleri: «Eigi þótti mér goðin gera
af trúnaði brúna, ef hon skal brotna mega, er þau megu þó gera sem þau vilja.» |
Allora
Gangleri disse: «Non mi sembra che gli dèi
siano stati onesti, costruendo un ponte che potrà crollare, quando potevano
farne uno come volevano». |
Þá mælti Hár: «Eigi eru goðin hallmælis verð af
þessi smíð. Góð brú er Bifrǫst, en enginn hlutr er sá í þessum heimi er sér megi
treystast, þá er Múspellssynir herja.» |
Rispose allora
Hár: «Non sono da biasimare gli dèi
per quest'opera. Bifrǫst è un buon
ponte, ma niente è abbastanza sicuro in questo mondo da poter reggere alla
devastazione dei figli di Múspell». |
Snorri
Sturluson:
Prose Edda > Gylfaginning [13] |
|
II - L'ARCOBALENO, VIA DI
COMUNICAZIONE TRA IL CIELO E LA TERRA
L'idea di una via che connetta la terra al cielo, ovvero il mondo grossolano
della manifestazione materiale e il mondo sottile della manifestazione
spirituale, sembra un pensiero mitico molto antico, che ritroviamo, in varie
forme, in molte culture differenti. L'idea che in una remota antichità gli dèi
interagissero con gli uomini sembra assai comune: i Greci ritenevano che i loro
eroi dell'età del bronzo fossero figli di dèi e donne mortali, segno che nel
tempo mitico l'interscambio tra cielo e terra era cosa abituale. Nella
Bibbia si narra che, nei tempi precedenti il
diluvio, i «figli di dio» scendessero sulla terra per unirsi alle «figlie degli
uomini» (Bǝrēʾšîṯ [VI:
-]). Si ritiene
tuttavia che tale interscambio fosse più agevole in una precedente età del
mondo.
Dall'idea che in un lontano passato sia esistito un legame di comunicazione
tra il cielo e la terra, deriva per conseguenza l'idea che tale legame sia stato
in seguito spezzato. Nella mitologia cinese il legame tra il cielo e la terra
venne interrotto da uno dei primissimi sovrani, Zhuan Xiu,
che in tal modo instaurò una sorta di ordine cosmico nel quale gli spiriti non
potevano più scendere dal cielo a visitare la terra e gli uomini non potevano
più salire in cielo per confondersi con gli dèi. Lo stesso mito ricompare in
Tibet, dove il legame tra il cielo e la terra è rappresentato da una corda (o
scala) dmu, lungo la quale si effettuava un continuo interscambio tra i
due livelli dell'esistenza. I primi sovrani del Tibet li si diceva scesi dal
cielo lungo la corda dmu: quando essi morivano, i loro corpi ritornavano
in cielo trasformati in arcobaleni. L'ottavo re, Gri-gum
btsan-po, tagliò la corda dmu e interruppe ogni contatto tra il
cielo e la terra; egli fu il primo dei sovrani tibetani che alla sua morte
lasciò sulla terra un cadavere.
Il legame tra il cielo e la terra assume nelle varie culture aspetti
differenti. Abbiamo visto che nel mito tibetano è esemplificato da una corda. È
la scala di Yaʿăqōḇ nel racconto biblico (e
diventerà l'albero sefirotico nelle speculazioni della Qabbālāh). In
altre civiltà può essere rappresentato con una montagna, un albero, una torre o
un arcobaleno. La rappresentazione come arcobaleno sembra essere molto antica, a
giudicare dalla sua diffusione in tutto il mondo. Pure sgombrando il campo da
tutte le mitizzazioni dell'arcobaleno, che non sempre corrispondono al motivo di
una connessione tra il cielo e la terra, rimangono tuttavia degli esempi come il
ponte Činvat nel mito iranico, o addirittura l'Ame-no-hashi-date, il «ponte fluttuante del cielo» del
mito nipponico, sul quale Izanami e Izanagi scesero dal cielo per creare le isole del
Giappone. Anche dove l'arcobaleno non rappresenta una vera e propria strada,
permane tuttavia l'idea del simbolo di un tramite tra gli dèi e gli uomini, come
accade nel mito biblico dove l'arcobaleno è la «firma» del patto che Dio strinse
con Nōḥ, o come nel mito greco, dove è
Îris, la dea dell'arcobaleno, che funge quale
messaggera degli dèi presso i mortali.
Il mito scandinavo recupera questo motivo dell'arcobaleno facendone un vero e
proprio ponte [brú], anzi, un «ponte divino» [ásbrú], gettato a
connettere il cielo e la terra. Il suo nome è, come abbiamo detto,
Bilrǫst o
Bifrǫst. È anche presente il motivo
della rottura del ponte, anche se questa non è localizzata in un'epoca remota,
bensì nel futuro escatologico, quando i figli di
Múspell verranno, guadando i fiumi
tempestosi, a combattere contro gli dèi; quel giorno il mondo intero arderà nel
fuoco e il ponte Bifrǫst andrà in pezzi.
Perché questo strano spostamento nel futuro? Il mito della rottura del
collegamento tra il cielo e la terra, come abbiamo visto dai precedenti esempi,
sembra connesso al motivo dei cicli cosmici: in molti sistemi mitologici questa
rottura, in un lontano passato, avrebbe segnato la fine dell'epoca mitica in cui
gli uomini e gli dèi interagivano fianco a fianco e l'inizio del tempo attuale
in cui tale comunicazione non è più agevole. In altre parole, quando vi era un
collegamento tra il cielo e la terra, gli uomini avevano più facile accesso alla
sapienza delle cose divine e profonde: tale sapienza oggi è perduta. Nel mito
del progredire delle età cosmiche, quale troviamo dall'India alla Scandinavia,
il passaggio dall'età dell'oro all'età dell'argento, dall'età del bronzo all'età
del ferro, è vista anche come una perdita progressiva della conoscenza, da parte
dell'uomo, dei sacri misteri. Assistiamo dunque a un progressivo allontanamento
del cielo dalla terra, dello spirituale dal materiale, a cui corrisponde una
lenta e costante involuzione e desacralizzazione dell'uomo.
Il mito nordico tratta la caduta dell'umanità dei medesimi termini (si veda
Vǫluspá [45]): qui tuttavia la rottura del ponte
Bifrǫst diventa l'ultimo atto del
dramma cosmico: con l'arrivo dei figli di
Múspell, alla fine del tempo,
l'ultimo filo che collega la terra col cielo viene divelto: è il definitivo
crollo morale del mondo. A quel punto non può che esservi il
ragnarǫk a cui seguirà l'incendio
universale.
|
III
- IL PONTE ARCOBALENO: UN SIGNIFICATO ASTRONOMICO?
Bifrǫst è la via di comunicazione tra
il cielo e la terra. Da questo punto di vista si tratta di una figurazione
equivalente a quella del frassino
Yggdrasill: nelle cosmologie sciamaniche è spesso l'axis mundi a
fungere da asse di comunicazione tra tutti i livelli dell'essere. D'altra parte
l'immagine stessa dell'arcobaleno è, in molti sistemi mitici, il simbolo
percepibile del legame tra il cielo e la terra, tra gli dèi e gli uomini; in
certi casi diventa esso stesso un ponte gettato tra la terra e il cielo, dunque
una vera e propria via percorribile da chi ne conosca il segreto o abbia la
necessaria sapienza per intraprendere il viaggio per le sfere celesti.
D'altronde, alcuni studiosi hanno messo in dubbio che
Bifrǫst sia un semplice arcobaleno. Come
abbiamo visto nelle due pagine precedenti, la cosmologia nordica appare
fortemente strutturata in senso astronomico, con
Yggdrasill che rappresenta l'asse
terrestre, le sue tre radici dirette nelle tre fasce del cielo e l'Útgarðr che rappresenta l'eclittica,
ovvero la fascia zoodiacale. Vedremo anche che questo sistema, secondo un
procedimento connesso con il fenomeno della precessione equinoziale, è destinato
a essere divelto e ricostituito alla fine di ogni ciclo cosmico; e sappiamo che
alla fine del mondo anche il ponte Bifrǫst
è destinato a essere distrutto dai figli di
Múspell. Ci si può dunque chiedere
se anche lo stesso Bifrǫst non sia in
realtà una figurazione astronomica. E non un arcobaleno.
Che il ponte Bifrǫst sia un
arcobaleno [regnboga] lo afferma
Snorri: ci si può però chiedere se la sua non sia un'idea posteriore. In effetti
Snorri afferma spessa che il ponte sia «molto robusto e fatto con grande abilità
e ingegno, più di altre costruzioni» [mjǫk
sterk ok ger með list ok kunnáttu meiri en aðrar smíðir], descrizione che
sembra essere incompatibile con la natura evanescente e instabile degli
arcobaleni: così come il fatto che il ponte
Bifrǫst dovrà durare fino alla fine del mondo, quando sarà distrutto dai
figli di Múspell, pare riportare a
idee astronomiche più che agli incerti fenomeni ottici dell'atmosfera.
Ci aiuta ancora Snorri il quale, trattando di
Bifrǫst, aggiunge un
importantissimo dettaglio che invano avremmo cercato nella
Ljóða Edda,
riguardo al luogo dove cade l'«estremità del ponte» [brúar sporðr],
quella che si protende verso il cielo, sulla quale, se possiamo dar credito alla
strana informazione nel Sigrdrifumál [16],
sarebbero incise delle rune. Si tratta di
Himinbjǫrg, la «rocca del cielo» posta ai piedi di
Ásgarðr, là dove si erge a scolta il
dio Heimdallr. Afferma Snorri:
Þar er enn sá staðr, er Himinbjǫrg heita. Sá
stendr á himins enda við brúarsporð, þar er Bifrǫst kemr til himins. |
C'è anche quel luogo
chiamato Himinbjǫrg, che si trova
alla fine del cielo, sulla soglia del ponte, là dove
Bifrǫst giunge nel firmamento. |
Snorri Sturluson:
Prose Edda
>
Gylfaginning [17] |
Hann býr þar, er heita Himinbjǫrg við Bifrǫst.
Hann er vǫrðr goða ok sitr þar við himins enda at gæta brúarinnar fyrir
bergrisum. |
Egli [Heimdallr] abita in quel posto chiamato
Himinbjǫrg, presso
Bifrǫst. Egli è il guardiano degli dèi:
risiede lassù, alla fine del cielo, per vegliare sul ponte l'arrivo dei giganti
di montagna. |
Snorri
Sturluson:
Prose Edda > Gylfaginning [27] |
Heimdallr è un personaggio che si muove in un ambito
cosmologico. Egli è il «misuratore» dello spazio e del tempo, il guardiano
dell'equinozio di primavera, legato alla costellazione dell'ariete.
Heimdallr si erge su questa rocca di Himinbjǫrg, all'anticamera del
cielo, proprio là dove ha termine il balzo del ponte
Bifrǫst. Sarà lui a dare l'allarme,
quando verrà il giorno di ragnarǫk,
suonando il corno Gjallarhǫrn,
che è nascosto nella sorgente di
Mímisbrunnr, ai piedi del frassino
Yggdrasill. In tal modo egli avvertirà gli dèi che sta arrivando da sud la
schiera sfolgorante dei figli di
Múspell, guidata da Surtr. Sappiamo
che i loro destrieri guaderanno difficili correnti prima di arrivare ai piedi
del ponte, dopo di che il ponte stesso andrà in pezzi
(Gylfaginning [13]). Questi fiumi che i destrieri dei giganti di fuoco
dovranno guadare, sono probabilmente gli stessi citati in
Grímnismál [29], che il
povero Þórr deve guadare ogni giorno
quando si reca all'assemblea divina, perché il ponte brucerebbe se lui ci
passasse sopra col suo carro. Risulta qui che
Þórr condivide la stessa natura dei giganti: il ponte non regge i suoi
passi, così come non regge quelli dei giganti di fiamma, e dunque
Þórr si accolla quotidianamente lo sforzo
di passare a guado ogni giorno il
Kormt, l'Ǫrmt e i due
Kerlaugar. Non così attenti i
figli di Múspell, essi manderanno
il ponte in frantumi... insieme all'universo, che arderà nelle fiamme scatenate
da Surtr.
|
Il frassino Yggdrasill
(✍ 1895) |
Lorenz Frølich (1820-1908)
Illustrazione (Gjellerup 1895) |
Che legame c'è tra il ponte Bifrǫst e
i fiumi? I fiumi che Þórr passa a guado
hanno certo a vedere con gli Élivágar.
Anche se non sono espressamente citati nel novero degli undici fiumi cosmici
provenienti dalla sorgente di Hvergelmir,
il
Grímnismál li cita di seguito a
quelli. Si tratta senza alcun dubbio di alcuni dei molti fiumi che solcano e
attraversano tutti i mondi dell'universo, a rappresentarne l'eterno flusso e
riflusso dell'esistenza.
La sorgente di
Hvergelmir dal quale sgorgano e al quale ritornano, altri non è che la
sorgente abissale di tutte le acque, quella che in Mesopotamia si chiamava
Apsû ed era posta sotto gli auspici del dio
Enki/Ea.
Astronomicamente, si chiamava «via di Ea» la parte di cielo australe, invisibile
dall'emisfero boreale, posto sotto il tropico celeste del Capricorno. L'oceano
esterno era, per così dire, la superficie superiore di questo oceano cosmico:
astronomicamente la fascia zoodiacale.
E dunque, il ponte Bifrǫst? Difficile
entrare nei dettagli: molti studiosi hanno spesso cercato di identificarlo con
la Via Lattea, ma senza ragioni convincenti. Purtroppo ci mancano ancora molti
dettagli. Quanto esposto qui è soltanto il suggerimento di un'ipotesi di lavoro.
Il ponte Bifrǫst è sì, l'arcobaleno ma
ha, probabilmente, un significato cosmologico ben preciso. È anche l'opinione di
De Santillana e della Von Dechend anche se, naturalmente, molti altri studi e
analisi dovranno essere fatti prima di giungere - se mai vi giungeremo - a una
soluzione di questa imponente visione cosmologica che fonde insieme il cielo e
la terra, il tempo e lo spazio (De Santillana ~ Von
Dechend 1969).
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Bibliografia
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Thames & Hudson, London 1955. → ID. Gli dèi del nord.
Mondadori, Milano 1991.
- BRANSTON Brian, Gods & Heroes from Viking Mythology.
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- CLEASBY Richard ~ VIGFÚSSON Guðbrandur, An
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- DE VRIES Jan, Altgermanische Religionsgeschichte.
De Gruyter, Berlin 1957.
- EYSTEINN Björnsson, When is a fish a bridge?
In: Jörmungrund. Reykjavík 2000.
- ISNARDI Gianna Chiesa [trad.]: SNORRI Sturluson, Edda di Snorri.
Rusconi, Milano 1975. Tea 2003.
- ISNARDI Gianna Chiesa [cura], Leggende e miti
vichinghi. Rusconi, Milano 1977.
- ISNARDI Gianna Chiesa, I miti nordici.
Longanesi, Milano 1991.
- POLIA Mario, Völuspá. I detti di colei che vede.
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- RYDBERG Viktor, Undersökningar i germanisk
mythologi. Adolf Bonnier, Stockholm 1886. → ID., Teutonic
Mythology. Gods and Goddesses of the Northland. Norrœna Society,
London 1889.
- SCARDIGLI Piergiuseppe [cura] ~ MELI Marcello [trad.],
Il canzoniere eddico. Garzanti, Milano 1982.
|
BIBLIOGRAFIA ► |
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