|
Sif e Loki (✍
1909) |
John Charles Dollman
(1851-1934) |
1 -
IL DISPETTO DI LOKI
n giorno, per scherzo o per cattiveria,
Loki figlio di Laufey tagliò tutti i capelli a
Sif.
Quando Þórr si avvide del
dispetto, agguantò
Loki e gli avrebbe fracassato tutte le ossa, se questi non gli avesse
promesso che sarebbe subito andato dagli Svartálfar, e si sarebbe fatto forgiare
per Sif una chioma d'oro.
Questa è la ragione per cui, ancora oggi, i poeti definiscono l'oro «chioma di
Sif». |
2 - I
TESORI DEI FIGLI DI ÍVALDI
ndò allora
Loki da quei dvergar detti Ívaldasynir,
cioè figli di Ívaldi, ed essi forgiarono tre meravigliosi
tesori. Il primo era una chioma d'oro, che si sarebbe attaccata alla pelle non
appena posta sul capo di Sif e che era in grado di crescere come tutti gli altri
capelli. Il secondo era la nave Skíðblaðnir, le cui vele, una volta spiegate,
venivano subito colmate da una brezza che la spingeva lungo qualsiasi rotta la
si volesse dirigere; inoltre, volendo, la nave poteva essere piegata come una
tovaglia e riposta in una borsa. Il terzo tesoro era una lancia,
Gungnir, che
colpiva sempre il bersaglio quando la si lanciava. |
3 - UNA SCOMMESSA PERICOLOSA
n seguito,
Loki, vantando i tre tesori forgiati dai figli di Ívaldi,
scommise la testa con un dvergr di nome Brokkr che il fratello di questi,
Eitri (o Sindri),
non avrebbe saputo costruire tre oggetti di pari valore.
Giunto nell'officina, Eitri gettò nella fucina una pelle di porco e ordinò a
Brokkr di soffiare ininterrottamente con il mantice finché non gli avesse ordinato
di smettere. Eitri si era
appena allontanato, che un tafano si posò sulla mano di
Brokkr,
pungendolo. Ma ligio agli ordini del fratello, Brokkr non si fermò un istante e
continuò a far vento finché non giunse Eitri a tirare fuori dalla fucina un
meraviglioso verro dalle setole d'oro.
Subito dopo, Eitri infilò della fornace dell'oro e diede al fratello il
medesimo compito. Brokkr iniziò a maneggiare il mantice, e non smise nemmeno
quando il tafano arrivò a pungergli il collo, dolorosamente. Soffiò senza
smettere un momento fin quando Eitri non tolse dalla fornace un meraviglioso anello d'oro.
Infine, Eitri introdusse nella fornace del ferro e, ancora una volta,
raccomandò a Brokkr di soffiare con il mantice. Il lavoro sarebbe stato del tutto
inutile, disse, se si fosse fermato anche per un istante.
Brokkr si mise al lavoro, ma questa volta il tafano gli si posò in mezzo agli occhi e
lo punse con tanta ferocia che il sangue gli colò sulla faccia. Non vedendo più
nulla, Brokkr lasciò il mantice e cercò di
catturare la mosca. Al suo arrivo, Eitri
ebbe paura che il lavoro fosse ormai rovinato. Tolse dalla fucina un martello e
notò, con disappunto, che il manico era troppo corto.
Diede tuttavia gli oggetti a Brokkr e gli disse di andare a sciogliere la
scommessa.
|
4 - I DONI DEI
DVERGAR
|
Brokkr consegna il martello a Þórr (✍
±1920) |
Donn Philip Crane,
illustrazione. |
li Æsir sedettero sui
seggi del consiglio per giudicare quali oggetti fossero più preziosi, se quelli
forgiati dagli Ívaldasynir, o quelli recati da
Brokkr.
Loki, per primo, presentò i tesori
commissionati agli Ívaldasynir. Diede a
Sif la chioma d'oro, a
Freyr
la nave Skíðblaðnir, e a Óðinn la lancia
Gungnir, illustrando le virtù di ciascun oggetto.
Poi Brokkr presentò i suoi doni. Diede a Óðinn
l'anello Draupnir, dicendo che ogni nove notti ne sarebbero scaturiti
otto anelli di uguale peso. A Freyr regalò il porco
Gullinbursti, spiegando che
che poteva correre tanto nell'aria quanto nell'acqua, sia di notte che di
giorno, come qualsiasi destriero. Inoltre, aggiunse, nessuna notte era tanto profonda,
nessun luogo tanto buio e oscuro, che non venisse illuminato a giorno dalle sue
setole d'oro. Infine, porse a Þórr il
martello Mjǫllnir, spiegandogli che con quello avrebbe potuto colpire qualsiasi
avversario con quanta forza avesse voluto, senza che il martello si
danneggiasse o si rompesse. Inoltre, disse, se lo avesse scagliarlo contro un nemico,
non lo avrebbe mai perduto: Mjǫllnir aveva infatti la virtù di
ritornargli in mano, per quanto lontano poteva lanciarlo. Volendo, poteva
anche rimpicciolire quel martello a tal punto da infilarlo nello scollo della camicia.
— L'unico difetto, — concluse, — è che ha il manico un po' corto.
|
5 - IL GIUDIZIO DEGLI ÆSIR
|
Il giudizio degli Æsir (✍
1885) |
Lorenz Frølich (1820-1908) |
li Æsir, dopo aver riflettuto,
dissero che proprio
il martello Mjǫllnir era il migliore di tutti i tesori, in quanto avrebbe
loro permesso di difendersi dagli jǫtnar e dagli altri giganti. Così
stabilirono che Brokkr aveva vinto la scommessa.
Subito,
Loki si offrì di riscattare la testa. Ma il dvergr rispose che questo
non era nei patti.
— Prendimi, allora! — gridò
Loki, e fuggì lontano. Calzava infatti un paio di
scarpe che gli permettevano di correre anche nell'aria e sull'acqua.
Brokkr
chiese a Þórr di catturarlo, e questi gli
riportò
Loki senza perdere un momento.
Allora Brokkr si fece avanti, deciso a troncare il capo di
Loki, ma
Loki ribatté che aveva impegnato solo la testa: il collo non faceva parte
dell'accordo. Esasperato,
il nano decise allora di cucirgli la bocca. Afferrò un coltello per forargli le
labbra, ma la lama non riusciva a incidere la carne. Allora
Brokkr evocò la lesina di suo fratello
Eitri e subito lo strumento gli comparve in mano.
Con quello poté praticare i fori nelle labbra di
Loki. Fatto questo, Brokkr cucì la bocca dell'áss con una
speciale correggia chiamata
Vartari.
In seguito, tuttavia, Loki strappò i punti. |
Fonti
|
|
I - ANALISI DEL RACCONTO
Il mito a cui è dedicata questa pagina è ben
combinato: ha la sua premessa nell'immotivata burla di
Loki, il quale taglia tutti i bei capelli di Sif;
trova il suo sviluppo romanzesco nella sfida che
Loki lancia al dvergr Brokkr: che suo
fratello Eitri non sia capace di forgiare oggetti
altrettanto preziosi di quelli che gli Ívaldasynir
hanno creato per lui; e si conclude con la sconfitta di
Loki e i suoi tragicomici sforzi per sfuggire alla punizione. Questa,
la forma esteriore del racconto; la sua ragione mitica è spiegare in
quale modo siano stati creati alcuni dei principali oggetti posseduti dagli Æsir,
e cioè:
-
la lancia Gungnir, posseduta
da Óðinn;
-
il martello Mjǫllnir,
appartenente a Þórr;
-
l'anello Draupnir, che in
seguito Óðinn metterà sul rogo di
Baldr;
-
il verro Gullinbursti,
appartenente a Freyr;
-
la nave Skíðblaðnir,
anch'essa appartenente a Freyr (sebbene una diversa
fonte assegni a Óðinn);
-
i capelli d'oro di Sif.
Il racconto è riportato unicamente nello
Skáldskaparmál, seconda parte della
Prose Edda. Snorri lo riferisce come
spiegazione a una kenning, o metafora scaldica, che definisce l'oro
«chioma di Sif» [haddr Sifjar]. In effetti,
nella sequenza dei sei tesori donati dai nani agli dèi, la chioma di
Sif è l'unico
«oggetto» privo di un nome e di una identità particolare. Ma è il motore della vicenda, la causa della forgia degli altri oggetti,
e che il cuore
della kenning che offre a Snorri l'occasione per raccontare l'intera vicenda.
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II - SIF, LA FIGURA E LE INTERPRETAZIONI
|
Sif (✍
1893) |
Jenny Nyström (1854-1946)
Illustrazione (Sanders 1893) |
Di
Sif, sposa di Þórr, non sappiamo
moltissimo. Sembra essere stata una dea di una certa importanza, eppure non
compare nel canone delle ásynjar fornito da Snorri in
Gylfaginning [35]. È madre di Ullr, avuto da un precedente matrimonio, e quindi di
Þrúðr e Móði, figli di Þórr.
Un suo epiteto era «dea dalla bella chioma» [hárfagra
goð] (Skáldskaparmál [21]), e i capelli di
Sif erano infatti d'oro puro, forgiati per lei dai figli di Ívaldi.
Ed erano divenuti a tal punto proverbiali che nel linguaggio scaldico
l'espressione «chioma di Sif» [haddr Sifjar]
era una gullskenningar, una metafora poetica per indicare l'oro
(Skáldskaparmál [32 | 35]). È anche attestata, in senso
aureo, la doppia perifrasi «fili del cuoio capelluto di
Sif» [Sifjar svarðfestum](Bjarkamál
[2c]). L'esegesi storica del
personaggio, sviluppata a partire dal solo dato dei suoi biondi capelli,
ha visto in Sif una dea delle messi, del grano
dorato e dei frutti della terra: una sorta di Dēmḗtēr
o di Ceres nordica. Era stata anche proposta
una possibile relazione con la dea slavo-occidentale Siwa,
sebbene con notevoli difficoltà etimologiche.
Il nome della dea deriva da una radice attestata in diverse lingue germaniche
nel significato di «parentela», o più specificatamente, «parentela acquisita
attraverso il matrimonio» (cfr. antico alto tedesco sibba, tedesco
Sippe, gotico sibbia, anglosassone sib). In norreno il
sostantivo singolare è usato soltanto come nome proprio della dea Sif.
Il plurale sifjar è invece un termine tecnico che
indica, ancora una volta, la parentela
acquisita attraverso il matrimonio (opposta alla parentela di sangue, frændsemi). Analogamente,
l'espressione byggja sifjar significa in norreno «sposarsi» e sifjungar
sono i «parenti acquisiti» (Cleasby
~ Vigfússon 1874). Dea delle messi e dea delle relazioni coniugali:
sono i due poli attorno ai quali oscillano le interpretazioni storiche della
figura di Sif. «Madre terra con i suoi covoni di grano d'oro, dea della
sacralità della famiglia e del matrimonio», la definiscono Richard Cleasby e
Guðbrandur Vigfússon nel loro fondamentale dizionario (Cleasby
~ Vigfússon 1874). Ma da tale interpretazione aveva già però preso le
distanze Jacob Grimm da quasi mezzo secolo: i capelli dorati sono un indizio
troppo vago per conferire a Sif la statura di
una dea delle messi. Nulla ci permette di ricondurre Sif
ai motivi mitici della terra e del grano, e nessun racconto a lei relativo
mostra affinità con la mitologia di Dēmḗtēr.
Infine, nota il grande filologo tedesco, la relazione della dea-terra [Jorð]
con Þórr è piuttosto di madre e figlio,
non di moglie e marito. (Grimm 1835) Oggi, la
maggior parte degli studiosi è critica riguardo l'interpretazione di
Sif come dea della fertilità, della vegetazione o
delle messi (Simek 1984). Appare piuttosto
anacronistica anche la lettura naturalistica della folklorista inglese H.R. Ellis
Davidson, la quale ha voluto vedere, nel matrimonio tra Þórr
e Sif, l'espressione mitologica dell'idea del cielo
che feconda la terra, tipica delle antiche società agricole. La studiosa pone
l'attenzione sul fatto che Þórr, quale dio
del tuono e della tempesta, veniva attribuita la responsabilità della fertilità
dei campi, irrigati dalle piogge stagionali (Ellis
Davidson 1969). La difficoltà è in realtà
duplice: se da un lato – come abbiamo detto – la lettura di
Sif come dea delle messi non è suffragata da alcun
dato oggettivo, dall'altra, il carattere «agricolo» di Þórr,
sebbene importante nel culto attribuitogli dai contadini scandinavi, è
probabilmente uno sviluppo accessorio del personaggio, secondario rispetto al
suo ruolo mitico di dio-tuono e guardiano dell'ordine cosmico.
Un'ulteriore, possibile lettura su
Sif la fornisce lo stesso Snorri che,
nell'interpretazione evemeristica posta a introduzione alla
Prose Edda,
identifica
Sif con una profetessa trace, sposa di un nipote di
Príamus chiamato
Trór (=
Þórr).
Í norðrhálfu heims
fann hann spákonu þá, er Sibil hét, er vér kǫllum Sif, ok fekk hennar. Engi kann
segja ætt Sifjar. Hon var allra kvenna fegrst, hár hennar var sem gull.
|
Nella metà settentrionale del paese, [Trór]
conobbe quella profetessa chiamata
Síbil, che noi
chiamiamo
Sif, e la sposò,
ma nessuno conosce la stirpe di
Sif. Ella era la
più bella di tutte le donne, i suoi capelli erano come oro.
|
Snorri Sturluson: Prose Edda
> Formáli [3f] |
Nota che introduce un'altra possibile lettura della dea, vista questa volga come
sibilla o profetessa, o forse, dea del destino. Peccato che nulla di tutto
questo traspaia dai testi più prettamente mitologici. Unico elemento che rimane
da considerare è il mito del taglio dei capelli di Sif. |
III - UN TAGLIO DI CAPELLI O
UN'INFEDELTÀ CONIUGALE? Non avendo sottomano altre fonti, non sappiamo in quale modo
Snorri abbia combinato gli elementi del racconto dei doni dei nani. Il motivo del taglio dei
capelli di Sif è sbrigato in una sola domanda – la
kenning sull'oro – e in una sola frase:
Hví er gull kallat haddr Sifjar? Loki
Laufeyjarson hafði þat gert til lævísi at klippa hár allt af Sif... |
Perché l'oro è detto «chioma di
Sif»?
Loki figlio di Laufey aveva tagliato, per
gioco, tutti i capelli a Sif... |
Snorri Sturluson: Prose Edda
> Skáldskaparmál [35] |
Poiché l'argomento del mito riguarda la scommessa di Loki
con i dvergar e la forgia di Gungnir e Mjǫllnir,
quest'avvio appare singolarmente pretestuoso. Non tutti
gli studiosi, è bene dirlo, condividono questa posizione. John Lindow, ad
esempio, è dell'avviso che l'intero racconto vada analizzato nel suo complesso e
che il ruolo di Sif nella creazione dei tesori
degli æsir sia importante e centrale, sebbene ciò non risulti nella versione del
mito trasmessa da Snorri (Lindow 2001).
|
Sif e Loki (✍
1913) |
Autore sconosciuto
(Davis 1913) |
La nostra impressione è che Snorri – o la sua fonte – abbia combinato due
miti separati, ponendo un racconto a sé stante come premessa a una vicenda
originariamente distinta. Che i mitografi norreni effettuassero questo tipo di cuciture,
sebbene con profonda abilità letteraria, lo scorgiamo anche nel racconto sul
rapimento di
Iðunn
(Skáldskaparmál [2-3]),
il cui prologo mostra un innesto assai evidente con il resto della vicenda ①.
Ma nel caso del
taglio dei capelli di Sif il materiale a nostra disposizione è veramente
minimo. Non viene fornita nessuna ragione per cui
Loki tagli i capelli di Sif. I traduttori si
affannano a rendere quel til lævísi come «per gioco, per scherzo, per
cattiveria» ma, a parte l'indole burlona di
Loki, ci manca tutto il contesto. La presenza, nell'elencazione delle
metafore riferite a
Loki, della
kenning «distruttore della chioma di Sif»
[hárskaði Sifjar]
(Skáldskaparmál [23]), non aggiunge nulla a quanto già
sappiamo.
Gli interpreti presumono che
Loki abbia sorpreso Sif nel sonno.
Loki si era forse introdotto nella stanza da letto dell'ásynja?
Oppure i due dormivano insieme? In tal caso, potremmo intravedervi un
collegamento con l'affermazione che
Loki avanza in Lokasenna [54], di aver
messo le corna persino a Þórr. Di un
amante di Sif si accenna anche in
Hárbarðsljóð [48].
L'ipotesi di una
correlazione tra il tema dell'infedeltà di Sif
e
quello del suo taglio di capelli è forte, ed è stato a più riprese suggerito
dagli studiosi (Larrington 1999). A pensar male si
fa peccato, si dice, ma quasi sempre ci si azzecca. In questo caso, però, a
rendere nebulosa l'ipotesi di un rapporto tra gli unici due miti conosciuti riguardo a Sif, ovvero il taglio dei
capelli e le voci sulla sua infedeltà coniugale, è la mancanza di un contesto
più articolato. Sappiamo troppo poco sulla dea per stabilire quanto l'uno e
l'altro tema ne definissero la fisionomia. Ed è pure evidente che le
intentiones auctores di Snorri si muovono in tutt'altra direzione: l'ira
di Þórr nei confronti di
Loki non è certo quella di un marito tradito. L'unico risarcimento giudicato
soddisfacente dal dio-tuono è, infatti, che Sif riabbia i
capelli che le sono stati tagliati.
En er Þórr varð þess varr, tók hann Loka
ok myndi lemja hvert bein í honum, áðr hann svarði þess, at hann skal fá af
Svartálfum, at þeir skulu gera af gulli Sifju hadd þann, er svá skal vaxa sem
annat hár. |
Quando Þórr
se ne accorse, prese
Loki e gli avrebbe fracassato tutte le ossa se quello non avesse promesso di
convincere gli Svartálfar a fare per Sif una
chioma d'oro che crescesse come gli altri capelli. |
Snorri Sturluson: Prose Edda
> Skáldskaparmál [35] |
E possiamo anche chiederci: perché forgiare una chioma d'oro? Perché non
attendere piuttosto la naturale ricrescita dei capelli di
Sif? Vi sono delle ragioni precise dietro questa richiesta? E se sì, si
tratta di una funzione del mito relativo a Sif?
Oppure Þórr sta pretendendo una forma di
risarcimento morale per lo sfregio arrecato alla dea?
I pochi dettagli riferiti da Snorri non permettono di dare risposte precise a
queste domande. Non è nemmeno escluso, come suggerisce Rudolf Simek, che Snorri
abbia inventato la vicenda del taglio di capelli di Sif per introdurre il mito
della forgia degli strumenti divini (Simek 1984).
|
IV - IL TEMA DEI DONI
FUNZIONALI. GLI ARTIGIANI E I
LORO TESORI La parte centrale del racconto
riguarda la forgia dei tesori degli
Æsir. Tali tesori sono distribuiti secondo una precisa
simmetria: due serie di tre oggetti, attribuiti rispettivamente a
Óðinn,
Þórr e
Freyr. La prima serie è opera degli
Ívaldasynir, la seconda dei dvergar
Brokkr ed Eitri.
|
Ívaldasynir |
Brokkr ed Eitri |
Óðinn |
Lancia Gungnir |
Anello Draupnir |
Þórr |
Chioma di Sif |
Martello Mjǫllnir |
Freyr |
Nave Skíðblaðnir |
Verro Gullinbursti |
La triade divina destinata a ricevere i tesori presenta una perfetta
distribuzione duméziliana: prima funzione (Óðinn),
seconda funzione (Þórr), terza funzione (Freyr).
Ci si aspetterebbe che anche i tesori presentino i medesimi aspetti funzionali,
invece lo schema si confonde e la teoria non è più suffragata
dalla pratica. Il martello Mjǫllnir è sicuramente
uno strumento di seconda funzione, così come il verro
Gullinbursti può essere ricondotto alla terza. Ma leggere la lancia
Gungnir e l'anello Draupnir
secondo nozioni di sapienza magica o giuridica richiede un notevole sforzo
d'interpretazione. La nave Skíðblaðnir,
in altre fonti, non appartiene a Freyr,
bensì a Óðinn
(Ynglingasaga [7]).
E in quanto alla chioma d'oro di Sif, difficilmente
può essere ricondotta alla seconda funzione: sembra più uno strumento di terza;
la sua posizione nello schema è senz'altro dovuto a ragioni di uniformità e
coerenza letteraria, date le premesse del mito. Ipotizzare un adattamento
posteriore del materiale da parte di Snorri o dei suoi antigrafi è senz'altro
possibile, ma non necessario. Cercare di adattare il contenuto delle fonti ai
nostri schemi precostituiti non è mai un buon modo di procedere.
|
Eitri e Brokkr forgiano Mjǫllnir
(✍ 1914) |
Rona F. Hart, illustrazione.
(Young ~ Field 1914) |
I due gruppi di artigiani pongono anch'essi i loro problemi interpretativi.
Loki promette dapprincipio che sarebbe andato a farsi forgiare la chioma di
Sif dagli svartálfar, o «elfi neri», e sappiamo come
questo termine identifichi con ogni probabilità gli dvergar, o «nani». Ed
è così che Snorri definisce subito dopo gli Ívaldasynir
o «figli di Ívaldi», artefici dei primi tre
tesori. Costoro sono anche citati in
Hrafnagaldur Óðins [6],
dove
Iðunn, definita come una degli álfar, viene detta essere
«la più giovane dei figli maggiori di Ívaldi».
È incerto se ci si possa fidare di una composizione tanto tarda e
problematica come il
Hrafnagaldur Óðins,
che peraltro complica le cose invece di semplificarle. Gli studiosi sono anche
anche chiesti se Ívaldi non possa essere identificato con il personaggio
chiamato Ǫlvaldi (Allvaldi),
che Snorri dice essere padre di
Þjazi, Iði e
Gangr (Skáldskaparmál [4]
| cfr. Hárbarðsljóð [19]). Ma quest'ultimo è
uno jǫtun, non certo uno svartálfr o un dvergr, per quanto
sussita, tra le varie categorie di esseri soprannaturali, un certo grado di permeabilità.
Con Brokkr «frammento» ed
Eitri «veleno» non andiamo più sul sicuro. I due nomi compaiono soltanto
nel Codex Wormianus. Gli altri tre manoscritti snorriani non riportano i nomi dei
due dvergar, sebbene nel Codex Regius una mano più recente abbia
aggiunto i nomi
di Brokkr e Sindri. Un Sindri (dal
norreno sindr, «scintilla») è citato in un enigmatico passo della
Vǫluspá dove si parla di una
dimora escatologica destinata ad accogliere i giusti dopo il
ragnarǫk:
Questo passo della
Vǫluspá non fornisce indicazioni sulla
natura di Sindri, tanto che alcuni studiosi lo ritengono
piuttosto un gigante del fuoco. Che sia un dvergr lo si ipotizza dal fatto
che il toponimo
Níðavellir contiene il nome di
Níði, che è senza dubbio un nano. Snorri, equivocando
questo passo, afferma invece che
Sindri sia il nome stesso della dimora
aurea e che questa si trovi sui monti Níðafjǫll
(Gylfaginning [54]). Tale equivoco rende
improbabile che sia appunto
Sindri il nome che
Snorri attribuiva al fratello di Brokkr.
Nella scena della scommessa vi sono ancora diversi dettagli che Snorri non
chiarisce. Sembra ovvio, ad esempio, che il tafano che molesta
Brokkr sia un aspetto dello stesso
Loki, ma il testo non lo dice espressamente. Il dittero impedisce a Brokkr
di azionare il mantice in un momento cruciale nella forgia del Mjǫllnir,
e il martello viene estratto dalla fucina con un manico troppo corto. Lo stesso
Brokkr ammette il difetto quando presenta il maglio
al giudizio degli
Æsir. Ignoriamo quale sia la ragione mitica di questo manico difettoso, tantopiù
che proprio Mjǫllnir verrà
giudicato come l'oggetto migliore tra quanti sono stati forgiati dai
dvergar, permettendo a
Brokkr di vincere la scommessa. Il manico troppo
corto è forse la ragione per cui
Þórr impugna il martello indossando un paio di guanti di ferro [járngreipr o
járnglófi]. Tale imperfezione non sembra però rendere Mjǫllnir
un'arma meno efficace e micidiale.
|
V - LE LABBRA CUCITE DI LOKI La scommessa tra Brokkr e
Loki si scioglie con un grottesco quanto divertente sipario finale.
Brokkr ha vinto, e ora vuole la testa di
Loki. Questi tenta dapprima la fuga, usufruendo di un paio di scarpe in
grado di correre indifferentemente nell'aria e sull'acqua, ma
il dvergr chiede a Þórr
di riprenderlo, e Þórr
esegue. Ci si può chiedere perché il dio del tuono sia così solerte nel ricondurre il
fuggitivo a Brokkr. In fondo,
Loki ha procurato una nuova chioma per Sif, e
quindi il loro contenzioso dovrebbe essere considerato chiuso. È per un
senso di giustizia di fronte alla scommessa stipulata con
Brokkr? Può darsi. Ma anche così, questa premura di
Þórr appare piuttosto esagerata, tantopiù
che la scommessa di
Loki gli ha permesso di usufruire di quella che diventerà la
sua arma prediletta, l'infallibile martello Mjǫllnir. Allora
cos'è che muove Þórr a danno di
Loki? È tutto qui o c'è qualcosa che non sappiamo?
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Snaptunstenen (✍
750-1000) |
Pietra da fornace di epoca vichinga
Moesgård Museum, Århus (Danimarca) |
Brokkr può ora mozzare il capo a
Loki, ma costui cavilla sul fatto che la scommessa riguarda unicamente la
testa, non il collo, e riesce così a sfuggire alla decapitazione.
Brokkr decide allora di cucirgli la bocca, colpendo
Loki in quella che è la sua risorsa più efficace: l'uso distorto, cinico e
menzognero che fa delle parole e del linguaggio. Per arrivare a ciò, il
dvergr usa due
strumenti speciali: la lesina di Eitri, che gli
appare in mano non appena viene evocata e con la quale può forare le labbra
dell'áss, e una speciale correggia chiamata Vartari
(cioè «correggia»).
Ignoriamo le virtù di Vartari, da cui
Loki riesce in ogni caso a liberarsi: ma strappando la correggia o le labbra?
In una pietra trovata nel 1950 su una spiaggia presso Snaptun
(Jutland, Danimarca), compare un sinistro volto triangolare ornato da riccioli e
da due sottili mustacchi alla
Salvador Dalí. Il disegno a spina di pesce della bocca dà l'idea che
le labbra siano state cucite, ragione per cui l'immagine viene generalmente
identificata con
Loki. La pietra, alta 20 cm, era utilizzata in una fonderia:
il beccuccio del mantice veniva inserito in un apposito foro praticato alla base
del volto e l'aria fuoriusciva dalla parte posteriore. La pietra veniva così
utilizzata per proteggere mantice e operaio dal calore che prorompeva dalla fornace.
Il particolare uso a
cui la pietra era destinata rafforza l'ipotesi che il volto raffigurato sia
proprio il ritratto di
Loki. |
Bibliografia
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London 1955.
→ ID., Gli dèi del nord.
Mondadori, Milano 1991.
- BRANSTON 1978. Brian Branston, Gods & Heroes from Viking Mythology,
illustrazioni di Giovanni Caselli. Eurobook,
London 1978.
→ ID., Dèi e eroi della mitologia
vichinga. Mondadori, Milano 1981.
- CLEASBY ~ VIGFÚSSON 1874. Richard Cleasby, Guðbrandur Vigfússon,
An
Icelandic-English Dictionary. Oxford, 1874.
- DAVIS 1914. John Walter Davis, Evenings with Granpa.
«The Davis-Julien Series of Readers», vol. II. D.C. Heath, Lexington
1913.
- DE SANTILLANA Giorgio ~ VON DECHEND Hertha. Hamlet's Mill. Boston 1969.
→ I.,
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- ELLIS DAVIDSON 1969. Hilda Roderick Ellis Davidson, Scandinavian
Mythology. Paul Hamlyn, London 1969.
- GRIMM 1835. Jacob Grimm, Deutsche Mythologie.
Dieterich, Göttingen 1835.
- ISNARDI 1975. Snorri Sturluson, Edda di Snorri, a cura di Gianna chiesa Isnardi. Rusconi, Milano 1975.
- ISNARDI 1991. Gianna Chiesa Isnardi, I miti nordici.
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- KOCH 1984. Gli scaldi. Poesia cortese d'epoca vichinga, a cura di Ludovica Koch. Einaudi, Torino
1984.
- LARRINGTON 1999. The Poetic Edda,
traduzione di Varolyne Larrington. Oxford University Press, Oxford 1999.
- LINDOW 2001. John Lindow, Norse Mythology. A Guide to
the Gods, Heroes, Rituals, and Beliefs. Oxford University Press, Oxford 2001.
- OEHLENSCHLÄGER 1875-1877. Adam Oehlenschläger, Nordens Guder,
illustrazioni di Lorenz Frølich.
København 1875-1877.
- SANDERS 1893. Fredrik Sanders, Edda Sämund den Vises. Skaldeverk
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- RYDBERG 1886. Viktor Rydberg, Undersökningar i germanisk
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- SIMEK 1984. Rudolf Simek, Lexikon der germanischen Mythologie.
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- YOUNG ~ FIELD 1914. Ella Flag Young, Walter Taylor Field, Young and
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BIBLIOGRAFIA ► |
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