LINGUE

GERMANI
Scandinavi

MITI GERMANICI
GRAMMATICA NORRENA
ALFABETO E FONETICA
INDICE
§ 1.1 - L'alfabeto runico

Il primo alfabeto in uso nelle terre nordiche fu quello runico, proveniente dalla Germania. Possediamo due serie di segni runici: la serie più antica costituisce il cosiddetto «alfabeto runico lungo» e consta di 24 lettere, mentre la serie più recente comprende 16 lettere e costituisce l'«alfabeto runico corto». Il nome di questo alfabeto era fuþark (dal valore delle prime sei lettere).

L'origine dei segni runici è incerta. Potrebbero essere pervenuti al mondo germanica dall'area latina, greca, o più probabilmente nord-etrusca, insieme probabilmente a rituali di carattere magico.

Questo è l'alfabeto runico lungo e la sua trascrizione in caratteri latini:

f u þ ą r k w h n i j ė p ʀ s t ƀ e m l ŋ đ o

Questo sistema notava dei suoni a volte assai diversi dal norreno classico. Qui þ e đ erano le fricative interdentali sorda [θ] e sonora [ð] (il th inglese rispettivamente di thing e di that); ƀ era la fricativa bilabiale sonora [β]; h e erano probabilmente le spiranti velari sorda [x] e sonora [ɣ] (il ch tedesco di Bach e il g spagnolo di daga); ʀ era una retroflessa, pronunciata arrotando il dorso della lingua sul palato [ɽ]; e ŋ era la nasale velare [ŋ] (ng inglese di king). Tra le vocali, ą era una vocale nasale [ã], ed ė forse una e aperta [æ]; infine w e j erano le semiconsonanti [w] e [j].

All'inizio del periodo vichingo, l'alfabeto runico si semplificò radicalmente in tutta la Scandinavia, e il numero delle lettere passò da ventiquattro a sedici. Questo è il nuovo fuþark:

f u þ æ r k h n i a s t p m l ʀ

Questo fatto non fu però dovuto a una riduzione dei fonemi della lingua norrena che, anzi, si arricchì di nuovi suoni. In altri termini, proprio nel momento in cui sarebbe stato opportuno completare l'alfabeto per far fronte alle nuove esigenze della lingua, esso venne semplificato. Si trattò di una scelta stenografica. Alcuni segni andarono perduti e quelli rimasti indicarono coppie contrastive sorde/sonore. Ad esempio, i suoni [k] e [g], [t] e [d], [p] e [b], [θ] e [ð] cominciarono ad essere notati con un solo segno, e la stessa operazione venne applicata alle vocali apparentate [e] ed [i], [o] e [u], e così via. Il segno ą > æ, persa la nasalizzazione iniziale, segnò congiuntamente la [a] e la [æ].

§ 1.2 - Sviluppo dell'alfabeto latino.

Quando, insieme al cristianesimo, l'alfabeto latino venne introdotto in Scandinavia e in Islanda, i copisti lo adottarono e modificarono per adattarlo alle peculiarità della lingua norrena. Non solo vi era da segnalare consonanti non contemplate nell'alfabeto latino, ma il fenomeno della metafonia aveva moltiplicato l'inventario vocalico e bisognava escogitare accorgimenti per venire incontro alle necessità della lingua.

In Islanda, il Fyrsta málfrǿðiritgerðirnar, o «Primo trattato grammaticale», composto intorno alla metà del XII sec., formalizzò una serie di regole ortografiche che, per quanto non sempre applicate nei manoscritti successivi, furono alla base dello sviluppo di un alfabeto antico nordico.

Per quanto riguarda le vocali principali, [a] [ε] [i] [o] [u], non vi erano caratteristiche degne di nota e vennero utilizzate direttamente le lettere latine: a e i o v (nell'ortografia antica, v è una semplice variante grafica della lettera u, non distinta da essa in pronuncia). Per le vocali intermedie [æ] [ɔ] [ø] [y], prodotte dalla metafonia, dovettero invece essere escogitate altre soluzioni.

  • [y] ― Questa vocale breve, sorta per metafonia labiale di i, o palatale di u e pronunciata come ü tedesca [y], venne scritta fin da subito come y, sull'esempio della pronuncia della rispettiva lettera greca nell'alfabeto latino.
  • [æ] ― Questa vocale breve, sorta per metafonia palatale da a e pronunciata come una e molto aperta, non venne mai del tutto distinta, sia in grafia che in pronuncia, da e. A volte, sulla falsariga della sua versione lunga [æː], veniva segnalata tramite la legatura æ, da cui la forma grafica semplificata ę. Nella moderna normalizzazione viene in genere segnata con e.
  • [ɔ] ― Questa vocale, sorta per metafonia labiale di a, era pronunciata come una o molto aperta. Interpretata come una vocale intermedia tra a e o (o tra a e u), veniva indicata nei manoscritti o, , au, oppure con le relative legature (< a + o) e soprattutto / (< a + u/v); nei manoscritti islandese venne in seguito adoperata la forma grafica semplificata ǫ. In norreno orientale il suono era invece reso con ø (e confuso, in grafia, con ø [ø]). Nella moderna normalizzazione del norreno, il suono viene segnato con ǫ, o, per ragioni tipografiche, con ö.
  • [ø] ― Questa vocale, sorta per metafonia labiale da e, e da rotacismo da o, era pronunciata come una ö tedesca [ø]. Confusa nei manoscritti più antichi con la lettera ę (æ), e quindi con la lettera ǫ (ö), cominciò a essere distinta soltanto nel XIII secolo, e col tempo invalse l'uso di indicare questa vocale con la lettera ø (che il Fyrsta málfrǿðiritgerðirnar interpreta come una legatura e + o). La lettera ø è rimasta in danese per indicare il medesimo suono [ø]. Invariata nella moderna normalizzazione.

Ma in norreno le medesime vocali comparivano anche nelle rispettive forme lunghe [aː] [eː] [iː] [oː] [uː] [yː] [æː] [ɔː] [øː]. Per quanto nella grafia le brevi e le lunghe non venissero solitamente distinte, a volte si sentiva l'esigenza di marcare le vocali lunghe con un accento: á é í ó ú ý . Intorno al XIV secolo, col crescere dell'influenza norvegese, l'accento fu sostituito dal raddoppiamento delle vocali, e quindi da apposite legature: , , ii (ij), , w (< uu/vv), yy. Ma vennero escogitate anche altre soluzioni:

  • [æː] — Questa vocale lunga, sorta per metafonia da rotacismo da á, per metafonia velare da á e per metafonia palatale da , veniva indicata nei manoscritti con la legatura æ (< á + e) o con la forma da essa derivata ę (con o senza accento). Alla fine del XIII secolo e nel corso del XIV si impose la grafia æ, tuttora presente in danese ma oggi sostituita in svedese con ä. In seguito alla normalizzazione dell'alfabeto norreno venne proposto, coerentemente, di indicare con æ e ǽ rispettivamente le pronunce breve [æ] e lunga [æː] della vocale. A causa della difficoltà di distinguere, in grafia e pronuncia, [e] ed [æ], è in seguito invalso l'uso di indicare la breve con e e la lunga con æ (senza accento).
  • [ɔː] ― Nell'ortografia dei manoscritti, questa vocale era segnata in vari modi, tra cui . Confusasi con intorno al 1200, sopravvisse in quest'ultima forma in danese e svedese, dove in seguito è divenuta å. Nelle normalizzazioni moderne, viene segnata con oppure con .
  • [øː] Indicata in vari modi nei manoscritti, tra cui ø, ǫ, o con la legatura œ (< ó + e). Nelle normalizzazioni del norreno, si tende a renderla con ǿ o con œ.

Si noti che il Fyrsta málfrǿðiritgerðirnar nota un'ulteriore opposizione tra vocali orali e vocali nasali, e segnala questi ultimi con un puntino sovrascritto (ȧ ė i ȯ  ẏ, etc.). Il problema della presenza delle nasali in una fase del norreno è piuttosto discussa. Esse sembra cadessero sempre alla fine della parola, sebbene non siano mai segnate nei manoscritti. Il fuþark lungo segnalava con ᚨ la vocale nasale [ã], ma certamente in norreno classico le nasali dovevano essersi quasi del tutto confuse con le vocali orali.

Le approssimanti [j] e [w] venivano indicate dai medesimi segni vocalici i e u/v, i quali assumevano valore semiconsonantico davanti ad altra vocale o come secondo elemento dei dittonghi.

  • [j] — Nella grafia antica non veniva distinta da i. Nelle normalizzazioni moderne, indicata con j.
  • [w] — La grafia antica solitamente non la distingue da u/v, anche se accessoriamente può comparire come w (< vv) o venire indicata dalla lettera wynn ƿ. Nelle normalizzazioni del norreno, si usa indicare la vocale [u] con u e l'approssimante [w] con v.

Per quanto riguarda le consonanti, il loro uso era perlopiù quello stabilito dall'alfabeto latino. Quali eccezioni e caratteristiche:

  • [k] Nonostante il Fyrsta málfrǿðiritgerðirnar proponesse di usare sempre c per scrivere la per scrivere la consonante velare sorda, l'uso di k e c si equivalse per lungo tempo, finché, nel corso del XIII secolo, cominciò a imporsi k. Dal secolo successivo invalse anche l'uso di scrivere qv per rendere suono [kw].
  • [v] Mancando di una lettera specifica, questa consonante poteva comparire nelle forme f, ff, u/v, ffu/ffv. In posizione intervocalica, dunque, la lettera f poteva indicare il suono [v].
  • [θ ~ ð] Per quanto riguarda le fricative interdentali sorda e sonora, in norreno esse erano alloglotti posizionali: mentre la pronuncia sorda [θ] si realizzava soltanto all'inizio di parola, la sonora [ð] cadeva sempre al centro o in fin di parola. Per tale ragione, il Fyrsta málfrǿðiritgerðirnar raccomandava di utilizzare la sola lettera þorn þ a indicare entrambe le pronunce, non essendovi alcun rischio di ambiguità. Nonostante ciò, all'inizio del XIII secolo invalse l'uso di utilizzare la lettera ð per rendere la pronuncia sonora [ð]. Un secolo dopo, lo stesso suono cominciò a essere reso con d. Così, nei manoscritti, possiamo trovare [ð] resa via via con þ, ð o d. La normalizzazione moderna distingue solitamente þ e ð.
  • [ŋ] Alcuni scribi utilizzavano la lettera o ŋ (sorta di legatura di n e g) per indicare la nasale velare.

Tra gli accumuli consonantici, il Fyrsta málfrǿðiritgerðirnar proponeva di usare cs e ds invece di x e z per indicare [ks] e [ʣ]. Il suono [ʦ] veniva coerentemente scritto con z. Tra altri gruppi consonantici, hl, hn, rh e hv venivano utilizzati per indicare le pronunce sorde [] [] [] [ʍ] delle rispettive lettere.

Per indicare le consonanti doppie, il Fyrsta málfrǿðiritgerðirnar consigliava di utilizzare delle forme di maiuscoletto, come in luogo di nn, in luogo di gg, in luogo di rr, in luogo di ſſ (ss), uso che si propagò fino al XIV secolo. Per indicare kk, però, si rischiava confusione tra il maiuscoletto e il minuscolo c, e il Fyrsta málfrǿðiritgerðirnar proponeva di utilizzare ĸ. In realtà, l'uso comune utilizzò a lungo la forma cc, per poi passare a kk, e infine a ck dopo il XIII secolo.

§ 1.3 - L'alfabeto latino normalizzato

Nel XIX secolo, con lo sviluppo della filologia germanica, gli studiosi proposero un alfabeto normalizzato che, con qualche variazione, è quello in uso ancora oggi.

A Á B D Ð E É F G H I Í J K L M N O Ó P R S T U Ú V X Y Ý Z Þ Æ Ǽ Ǫ  Ø Ǿ

In questo testo, segniamo e e æ invece di, rispettivamente, æ e ǽ.

§ 1.4 - Pronuncia: vocali [raddarstafr/hljóðstafr].

Il norreno consta di cinque vocali fondamentali: a e i o u, e quattro vocali ottenute per metafonia: y æ ǫ ø. Ciascuna di esse può apparire in forma breve o lunga, con la lunga contrassegnata da un accento acuto: á é í ó ú ý  ǿ (la æ è sempre lunga).
  • a — Vocale anteriore arrotondata aperta breve [a] (italiano amo).
  • á — Vocale anteriore arrotondata aperta lunga [aː].
  • e — Vocale anteriore medioaperta distesa breve [ε] (italiano bene). In fin di parola la sua grafia e pronuncia, specie in epoca tarda, tendeva a [ɪ] (ma questa sede si è preferita in tal caso la grafia i). In alcuni casi, indica la vocale anteriore preaperta distesa breve [æ] (inglese cat), sorta per metafonia palatale da a e versione breve della lettera æ.
  • é — Vocale anteriore mediochiusa distesa lunga [eː].
  • i — Vocale anteriore chiusa distesa breve [i] (italiano istrice).
  • í — Vocale anteriore chiusa distesa lunga [iː].
  • o — Vocale posteriore mediochiusa arrotondata breve [o] (italiano colore).
  • ó — Vocale posteriore mediochiusa arrotondata lunga [oː].
  • u — Vocale posteriore chiusa arrotondata breve [u] (italiano uva).
  • ú — Vocale posteriore chiusa arrotondata lunga [uː].
  • y — Vocale posteriore chiusa distesa breve [y] (tedesco über). Sorta per metafonia labiale di i, o palatale di u.
  • ý — Vocale posteriore chiusa distesa lunga [yː].
  • ǫ — Vocale posteriore medioaperta arrotondata breve [ɔ] (italiano cono). Sorta per metafonia labiale di a.
  • — Vocale posteriore medioaperta arrotondata lunga [ɔː].
  • æ — Vocale anteriore preaperta distesa lunga [æː] (inglese cat).
  • ø — Vocale anteriore mediochiusa arrotondata breve [ø] (tedesco Köln). Sorta per metafonia labiale da e, e da rotacismo da o.
  • ǿ — Vocale anteriore mediochiusa arrotondata lunga [øː].

Per quanto riguarda le semiconsonanti:

  • j — Approssimante palatale [j] (italiano ieri).
  • v — Approssimante velare sonora [w] (italiano uovo).
  • hv — Approssimante velare sorda [ʍ].
§ 1.5 - Pronuncia: consonanti [samhljóðandi]

Così vanno pronunciate le singole consonanti:

  • b — Occlusiva labiale sonora [b] (italiano bene).
  • d — Occlusiva dentale sonora [d] (italiano dado).
  • ð — Fricativa interdentale sonora [ð] (inglese that).
  • f — Fricativa labiodentale sorda [f] (italiano faro). In posizione intervocalica, fricativa labiodentale sonora [v] (v italiano vela).
  • g — Occlusiva velare sonora [g] (italiano gatto). In posizione intervocalica, fricativa velare sonora [ɣ] (g spagnola di daga).
  • h — Fricativa glottale sorda [h] (inglese di house).
  • k — Occlusiva velare sorda [k] (italiano cane).
  • l — Liquida alveolare (sonora) [l] (italiano luna).
  • m — Nasale labiale [m] (italiano mare).
  • n — Nasale dentale (sonora) [n] (italiano naso). Davanti a g e k, è la nasale velare [ŋ] (inglese king).
  • p — Occlusiva labiale sorda [b] (italiano pane).
  • r — Vibrante alveolodentale (sonora) [r] (italiano remo). In fin di parola, monovibrante retroflessa [ɽ].
  • s — Fricativa dentale sorda [s] (italiano sole).
  • t — Occlusiva dentale sorda [t] (italiano tana).
  • z — Affricata dentale sorda [ʦ] (italiano zio).
  • þ — Fricativa interdentale sorda [θ] (inglese thing).

Riguardo agli accumuli consonantici, basta ricordare:

  • kj — Occlusiva palatale sorda [c] (italiano chiave, ma più schiacciata).
  • gj — Occlusiva palatale sonora [ɟ] (italiano ghiaia, ma più schiacciata).
  • hl — Liquida alveolare sorda [].
  • hn — Nasale dentale sorda [].
  • hn — Vibrante alveolodentale sorda [].
§ 1.6 - La metafonia.

Nella declinazione e nella coniugazione del norreno – come d'altronde accade nella maggior parte delle lingue germaniche – avvengono fenomeni fonetici, dovuti alla presenza, in uno stadio anteriore della lingua, di particolari fonemi, poi caduti.

Se questi fonemi erano le semiconsonanti [j] e [w], poste nella sillaba successiva a quella della vocale radicale, abbiamo rispettivamente la metafonia palatale e la metafonia labiale. Se vi era una [ɽ] (derivata, per rotacismo, da una [s] originaria), si ha allora la metafonia da rotacismo. Se vi era invece un'antica occlusiva velare [k] o [g] posta tra la vocale radicale e una vocale [e], abbiamo la metafonia velare.

Queste, le trasformazioni principali:

  Metafonia
palatale
Metafonia
labiale
Metafonia
da rotacismo
Metafonia
velare
a e ǫ e [æ] e
á é/í, æ æ æ
e   ø    
i   y    
í   ý    
o     ø  
ó ǿ      
u y   y  
ú ý   ý  
æ      
e [æ]   ø    
æ   ǿ    
ai   ey/øy    
au ey   ey/øy  
ju ý   y  
§ 1.7 - Contrazioni.

Se due vocali vengono a contatto diretto (spesso per la scomparsa di consonanti intermedie) si può produrre un fenomeno di contrazione (il sandhi degli indoeuropeisti). Si osservi:
  • Se le vocali sono dello stesso colore, prevale la più lunga: á + a = á.
  • L'incontro di due vocali brevi dello stesso colore, ne produce una lunga: a + a = á.
  • Se una vocale anteriore [e] o [i] viene a incontrarsi con una aperta o posteriore, la prima vocale diviene semiconsonante: é + a = .
  • Inoltre: ǫ + o = .
  • Inoltre: ó + a = ó.
  • Inoltre: á + o = .
  • Inoltre: á + u = .
  • Infine: u + a = ó.
Sezione: Rubriche - Galiana.
Rubrica: Lingue - Turris Babel.
Area: Germanica - Brynhilldr.
Compilato da: Oliviero Canetti.

Creazione pagina: 22.06.2009
Ultima modifica: 18.02.2017

 
POSTA
© BIFRÖST
Tutti i diritti riservati