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LA QUERCIA GIGANTE
Sampsa Pellervoinen e gli inizi dell'agricoltura
Un mondo ancora vuoto e desolato è quello che accoglie Väinämöinen al suo arrivo sulla terraferma. Bisogna lavorare per coltivarlo e farvi crescere la vegetazione. Ma una quercia si rivela troppo audace...
► KALEVALA, TERRA DI CANTORI
Ilmatar
La nascita di Väinämöinen
La quercia gigante
KALEVIPOEG, L'EROE D'ESTONIA
Indice
MITI
SAGGI
Fonti
Bibliografia

1 - SAMPSA PELLERVOINEN

er molto tempo, Väinämöinen rimase su quell'isola senza nome, la quale era spoglia e deserta. E intanto si chiedeva chi avrebbe potuto seminarla e farla prosperare.

Giunse allora Sampsa Pellervoinen, il giovane figlio dei campi.

Sampsa Pellervoinen ( 1957)
Nikolaj M. Kočergin (1897-1974), Illustrazione.
MUSEO: [Kočergin. Ritratti carelo-finnici]►

Con la schiena curva, Sampsa cominciò a seminare. Gettò i suoi semi sulla terra, là sul terreno brullo e spoglio, sulle paludi, sul suolo sabbioso e sulla dura pietra. Rizzò i pini sulle colline, gli abeti sulle alture. Piantò nelle valli le eriche e gli arbusti. Piantò betulle negli acquitrini, ontani nei terreni fangosi, visciole nei luoghi umidi, ginepri nei luoghi rocciosi. Piantò salici in mezzo ai pantani, sorbi nei terreni sacri, vimini tra le melme, querce lungo le rive.

Ben presto spuntarono i germogli e crebbero gli arboscelli. L'abete e il pino dispiegarono le loro verdi chiome; le betulle si levarono dagli acquitrini, gli ontani dai terreni fangosi, le visciole dai luoghi umidi e i ginepri dai luoghi rocciosi. Ogni pianta era fiorita, gli alberi si erano coperti di foglie, tra i cespugli lucevano le bacche, dovunque pendevano frutti saporiti. Grazie a Sampsa Pellervoinen, l'isola nuda e spoglia si era coperta di una meravigliosa coltre di verde.

2 - LA QUERCIA CHE NON SPUNTA

l vecchio vate Väinämöinen andò a ispezionare i terreni seminati da Sampsa Pellervoinen e dovunque vide giovani germogli e alberi già cresciuti. Solo la quercia, l'albero divino, non era ancora spuntata dal suolo. Väinämöinen se ne andò, attese una settimana e poi tornò a vedere: ma della quercia non vi era alcun germoglio.

D'un tratto giunsero dal mare quattro fanciulle, le cinque figlie dei flutti e delle onde; e sull'estremità di quel promontorio brumoso, di quella nebbiosa isola, esse falciarono il prato, tagliarono l'erba umida di rugiada, rastrellarono il fieno e lo ammucchiarono in alti cumuli. Subito dopo il vecchio Tursas emerse dagli abissi del mare e diede fuoco all'erba recisa, la lasciò consumare dalle fiamme finché tutto venne arso e ridotto in cenere impalpabile. Tursas ammucchiò quelle ceneri in un ammasso di arida fuliggine ed in mezzo vi nascose una ghianda ornata da una tenera fogliolina.

Subito spuntò un germoglio e da quel germoglio crebbe un arboscello. Si allungarono i rami, si dispiegò la chioma e d'un tratto una quercia si levò maestosa e imponente. Sotto lo sguardo rapito di Väinämöinen, l'albero s'innalzò presto fino al cielo e distese i suoi rami e protese le sue foglie fino a coprire il mondo intero. Così imponente crebbe quella quercia, da arrestare il volo delle nuvole, fermare la corsa dei fiocchi di neve, velare lo splendore della luna, offuscare il bagliore del sole.

3 - L'ABBATTIMENTO DELLA GRANDE QUERCIA

inanzi a quell'immensa quercia, dinanzi a quell'albero alto come il cielo, il vecchio vate Väinämöinen rifletté: “Se il sole non risplenderà più, se non brillerà più la luna, la vita dell'uomo sarà triste, duro il nuotare dei pesci”.

Ma non esisteva un solo eroe tanto vigoroso da riuscire ad abbattere l'immensa quercia, svellere l'albero dai cento rami. Il vecchio vate Väinämöinen pronunciò allora queste parole: “Luonnotar, madre che mi portasti in grembo, manda un eroe dai flutti, tra i tanti che vivono sul fondo del mare, perché svella la quercia, abbatta quest'albero funesto che vela lo splendore della luna e offusca il bagliore del sole”.

L'abbattimento della grande quercia ( 1985)
Andrej Mazin (1963-), Illustrazione.
MUSEO: [Mazin. Illustrazioni per il Kalevala]►

Allora sorse un uomo dal mare, un eroe emerse dei flutti. In realtà non era esattamente un grande eroe: infatti non era più alto del pollice di un uomo. Aveva sulla testa un casco di rame, alle mani guanti di rame ricamati di rame, in vita un cinturone di rame, appesa al fianco una minuscola ascia di rame la cui lama non era più grande di un'unghia.

Il vecchio vate Väinämöinen osservò perplesso il nuovo venuto. L'omino avrebbe anche avuto il piglio fiero di un eroe, se non fosse stato alto quanto lo zoccolo d'un bue. — Qual misero campione! — lo investì Väinämöinen: — Mi sembra che tu non valga più d'un morto, non sia miglior eroe di un cadavere!

Rispose l'omino uscito dal mare: — Io non sono un uomo come gli altri: sono un piccolo eroe giunto dagli abissi per abbattere la quercia e ridurla in pezzettini.

— A me non sembra proprio che tu sia stato creato per rovesciare quella grande quercia, quell'albero immenso! — fece Väinämöinen.

Non appena Väinämöinen ebbe pronunciato queste parole, l'omino batté a terra il piede e d'un tratto la sua testa toccò le nuvole, la barba gli scese fino ai ginocchi, la chioma fino ai calcagni. Tra i suoi occhi ora c'era una buona tesa e il resto del suo corpo era grande in proporzione. L'omino, divenuto un vero e proprio gigante, affilò la sua scure immensa su sei pietre e poi su sette enormi coti. Con soli tre passi si portò dalla spiaggia al punto dove sorgeva la quercia. Brandì la scure e colpì l'immenso tronco. Lo colpì una volte, due volte e al terzo colpo il fuoco avvampò dalla lama della scure. La quercia s'inclinò, si abbatté al suolo l'albero dalle cento chiome. Il tronco divelto cadde a oriente, la cima si piegò a occidente, il fogliame a mezzogiorno, i rami a settentrione.

Chi di quella quercia raccolse un ramo acquistò felicità perpetua, chi staccò un pezzetto della chioma ebbe scienza magica, che ne colse una sola foglia ebbe eterno amore.

Frammenti e schegge volarono via sulla chiara superficie del mare, dove le onde le trasportarono via come barche leggere. Sulla riva stava una giovinetta, l'agile serva di Pohjola: risciacquava le vesti su una pietra all'estremità del promontorio. Vide i frammenti sparsi sull'acqua, li raccolse nel paniere di betulla e li portò a casa, perché lo stregone ne facesse frecce e il cacciatore armi.

Non appena la quercia fu abbattuta, il sole poté brillare e la luna tornò a splendere. Le nubi ripresero la loro corsa e l'arcobaleno si distese dall'estremità del promontorio alla punta dell'isola nebbiosa. Così le foreste prosperarono, crebbero le selve, gli alberi si vestirono di foglie e si coprì d'erba il suolo. Gli uccelli cominciarono a cantare tra le fronde, i tordi a zufolare, i cuculi a lanciare il loro richiamo. Sbocciarono i fiori in mezzo ai prati e i cespugli si coprirono di bacche. Piante d'ogni sorta presero a germogliare: soltanto la preziosa spiga dell'orzo non cresceva.

4 - LA GRATITUDINE DELL'AQUILA

Väinämöinen e l'aquila ( 1957)
Nikolaj M. Kočergin (1897-1974), Illustrazione.
MUSEO: [Kočergin. Ritratti carelo-finnici]►

l vecchio vate Väinämöinen diresse pensoso i propri passi lungo la riva del mare, presso le onde agitate e ribollenti. E là sulla sponda, nella sabbia più fine, trovò sette piccoli semi. Li ripose in un sacco di martora, in uno scrigno di pelle di scoiattolo. Si avviò poi per seminare, per spargere i semi presso la fonte di Kaleva, sui confini del campo di Osmo.

Cantò tra le fronde la cinciallegra: — La spiga di Osmo non crescerà, né spunterà l'avena di Kaleva, se prima non verrà dissodata la terra, se il bosco non sarà abbattuto e incenerito.

Il vecchio vate Väinämöinen forgiò allora un'ascia: abbatté i grandi tronchi e disboscò un ampio tratto di terreno. Lasciò però in piedi una betulla, affinché gli uccelli venissero a riposarvi e il cuculo a farvi risuonare il suo canto. In quel momento un'aquila che percorreva i cieli si calò accanto a Väinämöinen e gli domandò:

— Perché hai risparmiato questa grande betulla, perché non l'hai abbattuta?

Rispose Väinämöinen: — Lasciai quest'albero superbo perché vi riposassero gli uccelli e l'aquila vi trovasse asilo.

L'aquila annuì. — Hai fatto davvero bene a risparmiare la betulla, a lasciare in piedi il bell'albero, asilo sicuro per me, riposo per gli uccelli. — Il rapace suscitò allora un'ardente fiamma e diede fuoco agli alberi abbattuti, che vennero consumati e ridotti in cenere minuta.

5 - L'INCANTESIMO DEL SEMINATORE

La semina di Väinämöinen e Sampsa
Robert Wilhelm Ekman (1808-1873), illustrazione.
MUSEO: [Ekman. Il Kalevala per i ragazzi]►

l vecchio vate Väinämöinen trasse i sette grani dalla sua sacca di martora, dal suo scrigno di pelle di scoiattolo, e mentre spargeva quelle sementi sul campo, pronunciò le parole del seminatore:

— Ecco, io semino, inchinato, fra le dita onnipotenti del Creatore, su questa terra feconda, su questo campo dissodato. Vecchia che risiedi sottoterra, madre del suolo, fa che l'erba germogli, che il seme prenda forza e vigore. Ché non mancò mai forza alla terra, mai, nel volgere dei tempi, allorché sono propizi gli spiriti della natura. Terra, esci dal tuo torpore! Zolla, emergi dal tuo sonno! Fa' che spuntano gli steli, che dai fiori sboccino i gambi, che le spighe sorgano a cento a cento, a mille a mille, nel campo che con fatica ho seminato e lavorato!

“E tu, Ukko, dio supremo, padre che regni nel cielo, che governi le nuvole, che reggi il firmamento. Tieni consiglio, delibera negli spazi. Fai scaturire una nuvola da oriente, una seconda da settentrione, fanne giungere una da occidente, un'altra da mezzogiorno. Versa pioggia dall'alto del cielo, spandi miele dalle fitte nuvole sull'orzo verdeggiante, sulla spiga sussurrante!

Ukko, dio supremo, il potente padre del cielo, tenne consiglio, deliberò negli spazi. Fece scaturire una nuvola da oriente, una seconda da settentrione, ne fece giungere una da occidente, un'altra da mezzogiorno. Ne congiunse i bordi, le batté l'una contro l'altra. Versò dunque pioggia dall'alto del cielo, sparse miele dalle fitte nuvole sull'orzo verdeggiante, sulla spiga sussurrante.

E così l'orzo sorse rigoglioso, la spiga rossastra si drizzò sulla terra scura, nel solco arato da Väinämöinen.

6 - CELEBRAZIONE DELLA TERRA

rascorse un'intera settimana. Il vecchio vate Väinämöinen andò infine a vedere il risultato delle sue fatiche e vide l'orzo prosperare secondo i suoi desideri. Ogni spiga aveva sei facce, ogni stelo tre nodi.

Il cuculo dell'estate si avvicinò, scorse la rigogliosa betulla e chiese: — Perché mai fu lasciata? Perché fu risparmiata?

Rispose il vecchio vate Väinämöinen: — Il bell'albero fu risparmiato, la betulla non fu abbattuta, perché tu vi levassi il tuo richiamo. Canta dunque, petto d'oro; fa' udire il tuo trillo, petto d'argento; fa' risuonare l'aria, petto di rame. Sì, canta in ogni momento, fai cucù mattina e sera, e una volta a mezzogiorno! Canta la bellezza di questo cielo, la dolcezza dei boschi, la purezza delle rive, la fertilità di questi campi!

Fonti

1-5

Elias Lönnrot: Kalevala [II: 1-378]

I - SAMPSA PELLERVOINEN: L'UOMO DEL CAMPO

Strani e curiosi motivi si intrecciano nel secondo runo del Kalevala, allorché entra in scena Sampsa Pellervoinen. Dopo aver gettato i semi e riempito il mondo di vegetazione, questo personaggio scomparirà completamente dal poema, salvo riapparire nel sedicesimo runo per presenziare al varo di una barca. Si tratta dunque di un'apparizione minore, il cui unico ruolo nell'economia del Kalevala si riduce unicamente a questa scena. Ma nonostante la brevissima apparizione, la figura di Sampsa non ha smesso di incuriosire gli studiosi, in quanto dietro l'immagine di questo mitico seminatore si dipartono piste che ci conducono addentro ai più profondi territori del mito.

Iniziamo dal nome. Sampsa è l'equivalente finnico del nome «Sansone», anche se gli studiosi lo ricollegano al Sampo, il magico strumento di ricchezza e fertilità di cui si tratterà a partire dal settimo runo. Secondo Krohn, Sampsa deriva da Sampo (Krohn 1927b), secondo Comparetti è il contrario (Comparetti 1891). Nessuno dei due autori sembra molto convinto dell'etimologia ma entrambi sono persuasi che questo nome, Sansone, sia una rarirà che occorre spiegare (De Santillana ~ Von Dechend 1969). La correlazione con il San Sansone dei cristiani ortodossi, personaggio anch'esso legato all'agricoltura (Moreau 1981), non basta a giustificare la natura e la profondità del seminatore finnico.

Pellervoinen sta invece per «[figlio] del campo» e questa sorta di aggettivazione è ciò che definisce il nostro personaggio. Sampsa sembra dunque essere una divinità agreste e non v'è da stupirsi se fin dall'inizio gli studiosi lo hanno messo in correlazione col greco Triptólemos, il quale percorrevo il mondo sul suo carro trainato da draghi seminando dovunque chicchi di grano. Tuttavia il personaggio che sembra potersi collegare di più a Sampsa è slavo: si tratta di Mikula Seljaninovič, il mitico aratore delle byliny russe, anch'egli guardiano e patrono della fertilità del suolo [VEDI]. L'epiteto Seljaninovič, «figlio del contadino», può essere agevolmente essere messo in correlazione con Pellervoinen «[figlio] del campo», collocando di prepotenza entrambi i personaggi in una medesima sfera, inerente alla sacralità e prosperità della madre terra.

Ma il collegamento tra Sampsa Pellervoinen e il mondo delle byliny russe è ancora più stretto se  pensiamo che tra queste troviamo un'altra figura di bogatyr', certo Samson Kolyvanovič, che di nuovo porta questo nome inusuale di Sansone. Anche l'epiteto di questo cavaliere è trasparente: Kolyvan altri non è che la versione russa del finnico Kaleva. È evidente che ci stiamo muovendo in un territorio dove miti slavi e finnici sono strettamente intrecciati, ma questo fatto può essere giustificato se teniamo conto di un profondo passato di scambi culturali avvenuti, in tempi remoti, tra slavi e ugrofinnici. Di tutto questo si è già parlato in un altro capitolo, allorché abbiamo analizzato l'origine del mito slavo [VEDI]. Ma prima di seguire le tortuose strade a cui porterà il nostro Sansone, vediamo di approfondire la presenza e il significato della quercia gigante.

II - LA QUERCIA GIGANTE

Il motivo dell'albero cosmico è troppo vasto perché possa essere approfondito in questa sede. Basti qui sottolineare che in molte mitiche cosmologie l'asse terrestre è raffigurato in forma di un immenso albero, le cui radici traggono linfa dai regni sotterranei ed i cui rami toccano la volta del cielo. Il tronco dell'albero attraversa tutti i livelli e le manifestazioni dell'essere, dal regno dei morti a quello umano, dal mondo umano al cosmo divino. Senza scomodare i poderosi studi di Uno Harva e Mircea Eliade, aggiungiamo che questa figurazione, il cui più noto esempio è esemplificato dal frassino Yggdrasill del mito norreno, sembra essere collegata alle concezioni tipiche dello sciamanesimo: è infatti lungo il tronco dell'albero cosmico che gli sciamani hanno la possibilità di accedere ai regni inferi e uranici, interagendo con il mondo degli spiriti. L'origine del mitologema sembra essere uraloaltaica: è probabilmente dal mondo finnico che il motivo dell'albero cosmico è passato in quello germanico e – in misura minore – in quello slavo.

Nel Kalevala, il motivo dell'albero cosmico compare due volte: è la grande quercia del secondo runo, che oscura la luce del sole e della luna, ma è anche il Sampo di cui si parlerà meglio in seguito. In entrambi i casi, il mitologema originario viene diluito fin quasi a diventare irriconoscibile. Nel caso della quercia gigante, è fin troppo ovvio, anche in assenza di dirette connotazioni sciamaniche, che ci troviamo di fronte a un albero di proporzioni cosmiche, che tocca il cielo con i suoi rami, trattenendo le nuvole, riparando la neve, schermando la luce del sole e della luna. Il Sampo poi non è nemmeno un albero ma, a quanto sembra di capire dal testo, una sorta di «mulino». Nell'uno e nell'altro caso, albero e mulino sono destinati ad andare in pezzi: l'albero per mano del piccolo omino di rame che emerge dal mare appositamente per compiere la sua opera di abbattimento, il mulino negli scontri tra gli eroi di Kalevala e l'agguerrita signora Lohui.

Ora l'albero cosmico e il mulino sono due esiti della medesima figurazione dell'asse terrestre, come hanno mostrato De Santillana e la von Dechend nel loro monumentale studio (De Santillana ~ Von Dechend 1969). La rottura dell'asse va probabilmente collegata con il fenomeno della precessione degli equinozi, allorché il mondo passa da un'era alla successiva e un nuovo signore del tempo dovrà cedere il posto al vecchio (motivo che chiude il Kalevala con la nascita del fanciullo meraviglioso e la partenza di Väinämöinen).

III - IL RITORNO DI SANSONE

Nel mito norreno vi è una scena importantissima, che rivela la natura dell'albero cosmico e la sua importanza nel motivo del trapasso da un'èra cosmica alla successiva. Ne tratta la Ljóða Edda (Vafþrúðnismál [35]). La stessa scena viene poi ripresa da Snorri Sturluson nella Prose Edda (Gylfaginning [5]).

Protagonista del racconto germanico è un gigante chiamato Bergelmir, il quale riuscì a salvarsi dal diluvio di sangue che mise fine alla razza dei giganti primordiali, giacendo (o arrampicandosi) su un mulino. Rimandiamo al capitolo corrispondente per uno studio più dettagliato [VEDI]. La cosa che ci interessa qui è che il mulino che compare in questa scena è assimilato all'albero cosmico. Abbiamo dunque la presenza di un motivo antichissimo dove la volta celeste, che ruota attorno all'asse terrestre, viene raffigurata come un albero o un mulino. A intervalli scanditi dal tempo cosmico, quest'asse viene spezzato, in un'immane catastrofe che mette fine al vecchio mondo (il mito di Bergelmir che si arrampica sul suo mulino per sfuggire al diluvio va messo in correlazione con quello irlandese di Fintan mac Bóchra che si arrampica in Tul Tuinne e si salva a sua volta dal diluvio), per poi dar vita a una nuova èra. La terra di Pohjola, dove si trova il Sampo, è situata nel profondo nord: è il luogo geografico in cui passa l'asse terrestre (la parola finlandese pohjoinen «nord» è relata a pohja «fondamento, base, cardine» ). E quando gli eroi di Kalevala, Väinämöinen, Ilmarinen e Lemminkäinen si recano a Pohjola per rubare il Sampo, causano la distruzione del vecchio asse e la ricostituzione di un nuovo, quindi il trapasso del mondo dalla vecchia età alla nuova.

Difficile dire chi sia l'omino di rame che distrugge la quercia gigante. È evidente che siamo di fronte a un'altra trasposizione del medesimo mito, incagliatosi anch'esso nel Kalevala di Lönnrot, pur provenendo da una direzione differente. Si potrebbe arguire che la distruzione della quercia, all'inizio del Kalevala, introduce la fine di un'età ancora precedente e l'inizio dell'età eroica di cui tratta il poema, ma questa è solo un'interpretazione fatta sulla base della struttura formale del poema, che è una costruzione artificiosa. È improbabile che Lönnrot, nel cucire insieme i canti da lui raccolti per farne un unico poema, abbia avuto presenti tali interpretazioni.

De Santillana e la von Dechend hanno ribadito, anche se solo in via analogica, l'importanza di un Sansone come «signore del mulino» in questo strano gioco di valenze. L'eroe biblico Šimšôn fu accecato dai Filistei e costretto a girare una macina, ma in seguito si vendicò spezzando  le colonne che sorreggevano il tempio dei suoi nemici, che perirono tutti sotto le macerie (De Santillana ~ Von Dechend 1969). Nel mito di Šimšôn sono presenti tutti gli elementi che stiamo analizzando. Dapprima troviamo Šimšôn condurre la rotazione del mulino cosmico, così come il sole ruota annualmente attorno all'eclittica (il nome dell'eroe Šimšôn la stessa radice ŠMŠ che ritroviamo in šẹmẹš «sole»). In seguito a lui è deputato il compito di abbattere il grande asse cosmico, nel trapasso da un'èra alla successiva.

Ci si chiede tuttavia chi sia il signore del mulino cosmico. La giusta obiezione è che Sampsa Pellervoinen compare in una scena che è soltanto vicina a quella della quercia gigante, ma non ha nulla a che vedere con la quercia e con il suo abbattimento. Non si può tuttavia negare che vi è, nei vari elementi di questo secondo runo del Kalevala, per quanto apparentemente scollegati, tutto un fitto gioco di valenze e di rimandi. Il nome Sampsa è forse corradicale col termine Sampo, il mulino cosmico attorno a cui ruota il firmamento e dalla cui rottura e ricostituzione dipende il trapasso delle ère cosmiche. Ma Sampsa è anche l'equivalente finnico del nostro Sansone. E lo Šimšôn biblico è insieme colui che fa ruotare il mulino cosmico e colui che ne distrugge l'asse. Dunque, seguendo la nostra pista, in Šimšôn non è solo presente Sampsa, ma anche l'omino di rame che abbatte la grande quercia. A questo punto ci si può chiedere: se Lönnrot non aveva presenti questo gioco di valenze e confronti, perché porre Sampsa e l'omino di rame nello stesso runo?

Naturalmente queste che abbiamo presentato non sono assolutamente delle prove, soltanto indicazioni cucite sul filo di vaghe analogie. Il Kalevala contiene miti senza dubbio antichissimi ma, ahimé, irrimediabilmente deteriorati. Che dire però? Forse proprio in questa serie di suggestioni remote, prive di chiavi, risiede l'assoluta bellezza del grande poema finnico.

Bibliografia
  • LÖNNROT Elias, Kalevala, 1849.
BIBLIOGRAFIA
Intersezione: Aree - Holger Danske
Sezione: Miti - Asteríōn
Area: Finnica - Vaka Vanha Väinö
Ricerche e testi di Dario Giansanti e Oliviero Canetti.
  NASCITA DI VÄINÄMÖINEN
Salutare il sole e la luna
MITOLOGIA FINNICA - Sommario   LA SFIDA DI JOUKAHAINEN
Scontro di magia
 
Creazione pagina: 07.02.2005
Ultima modifica: 26.08.2014
 
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