FILOLOGIA |
ORTOGRAFIA
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ETIMOLOGIA L'etimologia del nome del dio Perunŭ
si muove in un campo semantico abbastanza coerente, nondimeno ha dato molte
perplessità ai filologi. In generale, il teonimo è così scomponibile:
- peru- | La prima parte del nome del dio è probabilmente derivata da
un proto-slavo *per(k)u-/*per(g)u- indicante la quercia. Il termine
deriverebbe a sua volta da un indoeuropeo *PERKʷU-
«quercia». Cfr. latino quercuus «quercia»; gotico faírguni,
«montagna boscosa»; norreno fjörr «albero» e fyri «abete»; anglosassone fyrh
> inglese
fir «abete»; antico alto
tedesco forha e tedesco Föhre «abete»; gallico Hercynia <
*Percynia; etc.
- -nŭ | Si tratta con ogni probabilità del «suffisso del
comando» [Herrschersuffix], il quale, suffisso un sostantivo, ne definisce il capo, il
reggitore o la guida. Deriva dal fondo indoeuropeo,
dov'è ricostruito nella forma *-NO. Per fare un esempio,
in latino, termini come dominus
«capofamiglia» o tribunus «tribuno» sono costruiti a partire
rispettivamente dalle parole domus «casa» e tribuus «tribù», sicché dominus
può essere tradotto «colui che regge la casa» e tribunus
«colui che guida la tribù». Analogamente, in gotico la parola þiuðans
«re» è prodotta sul
termine þiuð- «popolo», mentre
kindins «capotribù» è formato su kind- «tribù». In
norreno, dróttinn «condottiero» è costruito su drótt
«truppa». Ma costruzioni di questo tipo non sono infrequenti nei teonimi.
teonimi europei presentano la medesima costruzione. Ad esempio, a Roma, il nome
del dio Portunus,
«colui che governa il porto», scaturisce appunto da portuus «porto»; e
Tiberinus è costruito allo stesso modo sul nome del fiume
Tiber «Tevere», e dunque «colui che ha in sua potestà il Tevere». In
ambito germanico, Óðinn
è «colui che governa l'ispirazione poetica», dal norreno óðr
«ispirazione».
Dunque, Perunŭ andrebbe letto come «colui che ha potere sulle
querce», il «signore delle querce»
(Pisani 1949 | Stender-Petersen 1956 | Campanile 1994).
Il nomen non è affatto casuale, se pensiamo all'immagine del fulmine che
colpisce la quercia. C'è infatti un legame speciale tra il dio del tuono e
l'albero di quercia (o di faggio), attestato, nel dominio indoeuropeo, da
nomina come Zeús
Phēgōnaîos in Grecia,
Zeús
Bagaîos in Frigia,
Iuppiter
Quercus a Roma,
Iuppiter
Baginatis
tra i Celti
(Pisani
1949). Che gli Slavi adorassero il dio sotto le querce,
è confermato da Costantino Porfirogenito:
(De administrando
Imperio
[9]) e da Herbord di Michelsberg
(Dialogus de vita S. Ottonis episcopi Babenbergens).
Sono corradicali a Perunŭ i nomi degli dèi
baltici del tuono, il lituano
Perkū́nas e
il lettone
Pērkons, i quali,
rispetto all'esito slavo, hanno conservato l'occlusiva
velare [k]
dell'originario *PERKʷU-.
La ragione della perdita di questa consonante in
slavo non è stata adeguatamente spiegata. Secondo Vittore
Pisani, un originale *perkynŭ/*pergynŭ avrebbe perso
la [k] per accostamento
paraetimologico con il verbo antico-russo perą «colpisco»,
il che avrebbe portato inizialmente a una forma proto-slava
*perynŭ
(conservata in diversi toponimi: Perinplanina,
Perynskoj Monastir, etc.) e, da questa, al nome
Perunŭ.
(Pisani
1949)
Al teonimo Perunŭ si connettono, nell'area slava, sostantivi come il polacco
piórun
«fulmine» o l'ucraino perun «lampo» (a cui
corrispondono, nell'area baltica, il lituano perkū́nas e
il lettone pērkons «tuono»). È possibile tuttavia
che questi termini siano sorti in un secondo tempo come generalizzazione del nomen
divinum.
Il
confronto proposto a suo tempo da Roman Jakobson con altri nomina
divina, quali
il sanscrito
Parjanya, il lituano
Perkū́nas, l'albanese Perëndí e il norreno
Fjörgynn
(Jakobson
1970), non è stato giudicato pienamente soddisfacente
(Vyncke 1970), dal momento che
questi quattro teonimi non concordano nemmeno tra di loro (Parjanya
presuppone, per esempio, un'affricata sonora [ʤ]
laddove
Perkū́nas ha
l'occlusiva
sorda [k],
Perëndí deriverebbe forse
da un latino imperatorem, mentre il maschile
Fjörgynn sembra essere
secondario rispetto al femminile
Fjörgyn)
(Campanile 1994).
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LETTURA Nonostante l'importanza che
Perunŭ dovette avere tra gli
antichi Slavi, il suo nome è sopravvissuto in un numero
limitatissimo di fonti.
La
Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ,
o «Cronaca degli anni passati»,
lo cita per cinque volte. Le prime tre
citazioni riguardano altrettanti giuramenti
che sanciscono altrettanti trattati di
pace con Costantinopoli, stretti rispettivamente dai gran
principi Olegŭ [6415/907], Igorĭ
Rjurikevičŭ [6453/945] e Svjatoslavŭ Igorevičŭ
[6479/971]. Nel primo e nel terzo, Perunŭ è
affiancato da
Volosŭ; nel secondo giuramento è da solo.
Царь же
Леонъ со Олександромъ миръ сотвориста со
Олгом, имшеся по дань и ротѣ
заходивше межы собою, целовавше сами крестъ,
а Олга водивше на роту и мужи его по Рускому
закону, кляшася оружьемъ своим, и Перуном,
богомъ своим, и Волосомъ, скотьемъ богомъ, и
утвердиша миръ. |
Carĭ že Leonŭ so Oleksandromŭ mirŭ sotvorista so
Olgom, imšesja po danĭ i rotě zachodivše mežy soboju, celovavše sami krestŭ, a
Olga vodivše na rotu i muži ego po Ruskomu zakonu, kljašasja oružĭemŭ svoim, i
Perunom, bogomŭ svoim, i Volosomŭ, skotĭemŭ bogomŭ, i utverdiša mirŭ. |
Gli
imperatori Leone ed Alessandro la pace
conclusero con Olegŭ,
accordandosi sul tributo e dandosi
scambievole giuramento, baciarono la croce e
Olegŭ invitarono a prestare giuramento, e
gli uomini di lui secondo la legge russa
giurarono sulle proprie armi, e su Perunŭ, loro
dio, e su
Volosŭ,
dio degli armenti, e stipularono la pace. |
Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ [6415/907] |
Заутра
призва Игорь слы, и приде на холмъ, кде стояше
Перунъ, и покладоша оружье свое, и щиты и
золото, и ходи Игорь ротѣ
и люди его, елико поганыхъ руси; а
хрестеяную русь водиша ротѣ
в церкви святаго Ильи.. |
Zаutrа prizvа Igorĭ sly, i pride nа cholmŭ, kde
stojaše Perunŭ, i poklаdošа oružĭe svoe, i ščity i zoloto, i chodi Igorĭ rotě i
ljudi ego, eliko pogаnychŭ rusi; а chrestejanuju rusĭ vodišа rotě v cerkvi
svjatаgo Ilĭi. |
Il giorno
dopo Igorĭ
chiamò gli ambasciatori e andò sulla
collina, sulla quale era Perunŭ, e
deposero le proprie armi, e gli scudi, e
l'oro, e prestarono giuramento
Igorĭ e i suoi uomini, i russi pagani;
mentre i russi cristiani prestarono giuramento nella chiesa di santo Ilĭja... |
Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ [6453/945] |
Аще ли
от тѣхъ
самѣхъ
прежереченыхъ не съхранимъ, азъ же и со мною
и подо мною, да имѣемъ
клятву от бога, въ его же вѣруемъ
в Перуна и въ Волоса, скотья бога, и да
будемъ золоти, яко золото, и своимъ оружьемь
да исѣчени
будемъ. |
Ašče li ot těchŭ saměchŭ prežerečenychŭ ne sŭchranimŭ,
azŭ že i so mnoju i podo mnoju, da iměemŭ kljatvu ot boga, vŭ ego že věruemŭ v
Peruna i vŭ Volosa, skotĭja boga, i da budemŭ zoloti, jako zoloto, i svoimŭ
oružĭemĭ da isěčeni budemŭ. |
Se non
osserveremo qualche articolo [di questo
patto], che io e coloro che sono con me e
sotto di me, siamo maledetti da quel Dio in
cui crediamo, da
Perunŭ
e da
Volosŭ dio
degli armenti; e che diventiamo gialli come
l'oro e che la nostra stessa arma ci
trafigga. |
Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ [6479/971] |
La quarta citazione è quella
del cosiddetto «Canone di
Volodimirŭ».
Vi si narra di come il
gran principe Volodimirŭ abbia innalzato sulla collina di
Boričevŭ in Kievŭ sei simulacri di altrettante divinità, di cui
l'idolo principale era quello di
Perunŭ, in legno, dalla testa
d'argento e dai baffi d'oro.
И нача княжити Володимеръ въ
Киевѣ
единъ, и постави кумиры на холму внѣ
двора теремнаго: Перуна древяна, а главу его
сребрену, а усъ златъ, и Хърса, Дажьбога, и
Стрибога и Симарьгла, и Мокошь. |
I nača knjažiti Volodimerŭ vŭ Kievě edinŭ, i postavi
kumiry na cholmu vně dvora teremnago: Peruna drevjana, a glavu ego srebrenu, a
usŭ zlatŭ, i Chŭrsa, Dažĭboga, i Striboga i Simarĭgla, i Mokošĭ. |
E cominciò
a regnare Volodimirŭ
in Kievŭ, da solo, ed eresse simulacri sulla
collina che si trovava dietro il terem:
di
Perunŭ
in legno, con la testa d'argento e i baffi
d'oro, e di
Chŭrsŭ, e di
Dažĭbogŭ, e di
Stribogŭ,
e di
Semarĭglŭ,
e di
Mokošĭ. |
Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ [6488/980] |
Nella quinta e ultima citazione,
che si svolge otto anni dopo l'innalzamento degli idoli, si narra
invece dell'abbattimento degli stessi, in seguito alla conversione del gran
principe al cristianesimo, a cui segue l'obbligo di conversione di tutto il
popolo russo. All'idolo di
Perunŭ
spetta un ben triste destino, gettato nel fiume Dnepr:
Яко
приде, повелѣ
кумиры испроврещи, овы исѣщи,
а другия огневи предати. Перуна же повелѣ
привязати коневи къ хвосту и влещи с горы по
Боричеву на Ручай, 12 мужа пристави тети
жезльемь... |
Jako pride, povelě kumiry isprovrešči, ovy isěšči, а
drugija ognevi predаti. Perunа že povelě privjazаti konevi kŭ chvostu i vlešči s
gory po Boričevu nа Ručаj, 12 mužа pristаvi teti žezlĭemĭ... |
Allorché [Volodimirŭ]
giunse [in Kievŭ] ordinò di abbattere gli
idoli, alcuni fare a pezzi e altri mettere a
fuoco. Ordinò di legare Perunŭ
alla coda di un cavallo e di
trascinar[lo] giù dalla collina di Boričevŭ
sul ruscello; a dodici uomini dette ordine
di percuoterlo con bastoni... |
Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ [6496/988] |
Inoltre
Perunŭ è citato nella gramota di Lev Danilovič,
principe di Galizia, del 1302, dove si legge che il dio veniva adorato in cima a
una collina [A ot toj gory do Perunova duba gore sklon].
Tra le fonti ecclesiastiche, Perunŭ è ancora citato in diversi
Slova i poučenija,
opere che criticano e condannano il paganesimo. Si tratta di
fonti soggettive, visto il loro atteggiamento negativo verso
il mondo pagano, ma sono una preziosa testimonianza del
perdurare del culto del dio in epoca cristiana.
Leggiamo nello
Slovo Christoljubca, il
«Sermone del Christoljubec»:
...non potendo sopportare i cristiani che vivono nella
doppia fede e credono in
Perunŭ, in
Chŭrsŭ, in
Simŭ, in
Rĭglŭ, in
Mokošĭ, nelle
vile... |
...Quelli che pregano il fuoco sotto l'essiccatoio, le
vile,
Mokošĭ,
Simŭ,
Rĭglŭ,
Perunŭ,
Volosŭ dio del bestiame,
Chŭrsŭ,
Rodŭ,
le
rožanizy e tutti i loro dèi
maledetti... |
Slova i poučenija
>
Slovo Christoljubca |
E nello
Slovo sv. Grigorija ob idolach,
il «Sermone di San Gregorio sugli idoli»:
...A tali dèi compie sacrifici anche
il popolo slavo: alle
vile,
a
Mokošĭ, a Diva, a
Perunŭ, a
Chŭrsŭ, a
Rodŭ e
alle
rožanizy,
agli
upyri, alle
beregyni,
a
Pereplutĭ
e girando, bevono per lui nei corni... |
...E questi iniziarono a compiere sacrifici a
Rodŭ e
alle
rožanizy prima di
Perunŭ, loro dio, e prima di
questo facevano sacrifici agli
upyri
e alle
beregyni... |
...Ma adesso nei sobborghi pregano il maledetto dio
Perunŭ e
Chŭrsŭ e
Mokošĭ e le
vile
e questo lo fanno di nascosto... |
Slova i poučenija
>
Slovo sv. Grigorija ob idolach |
Si noti che, nella seconda di queste tre citazioni, si delinea una sorta di
evoluzione nel paganesimo russo, di cui il culto di
Perunŭ risulta essere
lo stadio finale: prima il culto era rivolto a
Rodŭ e
alle
rožanizy , e prima ancora
agli
upyri
e alle
beregyni...
Troviamo quindi
Perunŭ, ormai trasformato
in un dèmone, nella Choždenie bogorodicy po mukam,
la «Discesa
della Vergine all'Inferno» un apocrifo russo del XII secolo,
in cui la Vergine Maria, testimone dei tormenti infernali, intercede presso Dio
per ottenere un periodo annuale di sospensione delle pene per i dannati.
Это те, кто не веровали в отца и сына и святого духа,
забыли бога и веровали в то, что сотворил нам бог для трудов наших, прозвав это
богами: солнце и месяц, землю и воду, и зверей и гадов; все это те люди сделали
из камней, — Траяна, Хорса, Велеса, Перуна в богов превратили, и были одержимы
злым бесом, и веровали, и до сих пор во мраке злом находятся, потому здесь так
мучаются |
Ėto te, kto ne verovali v otca i syna i svjatogo
ducha, zabyli boga i verovali v to, čto sotvoril nam bog dlja trudov našich,
prozvav ėto bogami: solnce i mesjac, zemlju i vodu, i zverej i gadov; vse ėto te
ljudi sdelali iz kamnej, — Trajana, Chorsa, Velesa, Peruna v bogov prevratili, i
byli oderžimy zlym besom, i verovali, i do sich por vo mrake zlom nachodjatsja,
potomu zdesĭ tak mučajutsja. |
Questi sono coloro che non credono nel Padre, nel Figlio
e nello Spirito Santo, hanno dimenticato Dio e non credono in ciò che Dio a
creato per noi, ed essi hanno chiamato dèi il sole e la luna, la terra e
l'acqua, gli animali e i rettili, più tutti quegli idoli di pietra,
Trojanŭ,
Chorsŭ,
Velesŭ e
Perunŭ,
ed essi adorarono come dèi questi dèmoni malvagi, e sono ancora nelle tenebre
del male, perché ancora credono in essi. |
Choždenie bogorodicy po mukam |
Fonti indirette
Alcune fonti si riferiscono probabilmente a
Perunŭ e al suo culto, pur senza citare espressamente il nome del
dio.
Si ritiene ad esempio che sia proprio
Perunŭ il dio «fabbricatore della folgore» [astrapēs demiurgos] venerato
dagli Slavi, secondo quanto ci riferisce Procopio di Cesarea (490-565):
.Questi popoli infatti, Sloveni e Vendi,
credono che signore di tutte le cose sia il
solo dio fabbricatore della folgore ed a lui
sacrificano buoi ed ogni specie di offerte.
Nulla sanno del fato, né comunque riconoscono ad esso
influenza alcuna sugli uomini; ma quando si trovino in pericolo di
morte, o perché malati o perché guerreggiano,
promettono, se scampino al pericolo, un sacrificio a quel dio, in
grazia della vita; e, scampati, fanno il sacrificio promesso e
credono di aver comprato a tal prezzo la propria salvezza. Adorano
però anche fiumi e ninfe ed altre divinità e
sacrificano ad essi tutti; e nel corso di questi sacrifici tirano gli
auspici. |
Procopio di
Cesarea:
De Bello Gothico [III: 14] |
Che il dio fulminante fosse adorato dagli Slavi sotto le querce, è attestato
esplicitamente da Costantino Porfirogenito (905-959), il quale ci narra di
certi slavi che, sbarcati nell'isola di San Gregorio, celebrarono un
sacrificio a Zeús presso un'enorme quercia (De
administrando Imperio [9]).
Su questa linea, il cronista benedettino Herbord di Michelsberg († 1168)
ci informa che la plebe di Stettino adorava una quercia
(Dialogus de vita S. Ottonis
episcopi Babenbergensis).
Concludiamo ricordando che il traduttore russo della greca Vita di
Gregorio il Taumaturgo di Gregorio di Nissa, rendeva col vocativo
Perune il greco Zeû, identificando di fatto il
dio-tuono slavo con il dio-cielo greco.
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FONTI
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BIBLIOGRAFIA
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