ETIMOLOGIA Il nome di questo dio pone diversi
problemi, a cominciare dal fatto che in paleo-russo è attestato in due forme alternative: Velesŭ e Volosŭ.
La prima forma è presente nello
Slovo o
pŭlku Igorevě, la seconda nella cronaca nestoriana
Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ. In quale
rapporto siano i due termini non è ben noto, anche se, dal punto di vista
linguistico, è più probabile ipotizzare un passaggio Velesŭ > Volosŭ,
che non la trasformazione inversa. La forma originale sembra dunque essere Velesŭ,
anche se si impone di spiegare la ragione della trasformazione.
Inaccettabile l'etimologia proposta da Roman
Jakobson che faceva risalire la forma Velesŭ a un protoslavo *velsŭ, col
significato di «che ha vista [vel-] buona [-sŭ]», da cui
sarebbe regolarmente derivata la forma alternativa
Volosŭ (Jakobson
1962). Tale composto è assolutamente impossibile giacchè in
tutte le lingue indoeuropee – ivi comprese le slave – l'elemento *sŭ
funge unicamente da prefisso e mai da suffisso
(Campanile 1994).
Un'altra etimologia riconduce il nome del dio al verbo velěti «stabilire, decidere», di
modo che
Velesŭ può essere interpretato come un dio del destino
(Vyncke 1970). Hanno avuto tuttavia
maggior consenso gli accostamenti con l'antico russo vlŭchvŭ «vate» e
vlŭšĭba «magia» (Pisani 1949).
Secondo l'etnologo Vlatomir Belaj, Velesŭ/Volosŭ
sarebbe da mettere in correlazione con il russo volosy «capelli», parola
a sua volta derivata da un paleorusso vĭlna/vŭlna «lana» (a sua
volta da un indoeuropeo *H2WḶH1N-
«lana»). In tal caso, il nome del dio significherebbe qualcosa come il «lanoso»
o il «capelluto» (Belaj 1998).
Tale nomen avrebbe senso nell'ipotesi che si trattasse effettivamente di
un dio degli armenti.
Interessante la correlazione operata da Brückner, tra il nome di Velesŭ e le anime dei morti
lituane, le vė̃lės,
associando quindi il dio slavo agli dèi baltici dell'oltretomba, il lituano
Vélnias e il lettone Veļns, i cui nomi
sarebbero parimenti divenuti in seguito quelli del diavolo (Brückner
1918).
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LETTURA Nella cronaca nestoriana,
Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ,
il dio è chiamato Volosŭ. La cronaca non lo cita tuttavia tra le sei divinità del
«Canone di Volodimirŭ», i cui idoli si levavano sulla collina di Boričev in Kiev.
Seppur in negativo, è anche questa un'informazione preziosa. Il testo nomina
però Volosŭ, insieme a
Perunŭ,
in due dei tre trattati di pace stipulati
dai gran principi di Kiev con i Bizantini.
Il primo fu stipulato nell'anno 6415 [907],
quando gli imperatori di Costantinopoli, Leone ed Alessandro, conclusero la pace
con Olegŭ,
reggente di Kiev. Questi e i suoi uomini giurarono, secondo la legge russa, su
Perunŭ e sulle lame delle proprie
spade, e inoltre su
Volosŭ il dio degli armenti.
Царь же
Леонъ со Олександромъ миръ сотвориста со
Олгом, имшеся по дань и ротѣ
заходивше межы собою, целовавше сами крестъ,
а Олга водивше на роту и мужи его по Рускому
закону, кляшася оружьемъ своим, и Перуном,
богомъ своим, и Волосомъ, скотьемъ богомъ, и
утвердиша миръ. |
Carĭ že Leonŭ so Oleksandromŭ mirŭ sotvorista so
Olgom, imšesja po danĭ i rotě zachodivše mežy soboju, celovavše sami krestŭ, a
Olga vodivše na rotu i muži ego po Ruskomu zakonu, kljašasja oružĭemŭ svoim, i
Perunom, bogomŭ svoim, i Volosomŭ, skotĭemŭ bogomŭ, i utverdiša mirŭ. |
Gli
imperatori Leone ed Alessandro la pace
conclusero con Olegŭ,
accordandosi sul tributo e dandosi
scambievole giuramento, baciarono la croce e
Olegŭ invitarono a prestare giuramento, e
gli uomini di lui secondo la legge russa
giurarono sulle proprie armi, e su
Perunŭ, loro
dio, e su
Volosŭ,
dio degli armenti, e stipularono la pace. |
Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ [6415/907] |
Il secondo, fu stipulato nell'anno 6479 [971] dallo knjaz' Sviatŭslavŭ
Igorevičĭ, il quale, fatta di nuovo la pace con
Bisanzio, così dichiarò:
Аще ли
от тѣхъ
самѣхъ
прежереченыхъ не съхранимъ, азъ же и со мною
и подо мною, да имѣемъ
клятву от бога, въ его же вѣруемъ
в Перуна и въ Волоса, скотья бога, и да
будемъ золоти, яко золото, и своимъ оружьемь
да исѣчени
будемъ. |
Ašče li ot těchŭ saměchŭ prežerečenychŭ ne sŭchranimŭ,
azŭ že i so mnoju i podo mnoju, da iměemŭ kljatvu ot boga, vŭ ego že věruemŭ v
Peruna i vŭ Volosa, skotĭja boga, i da budemŭ zoloti, jako zoloto, i svoimŭ
oružĭemĭ da isěčeni budemŭ. |
Se non
osserveremo qualche articolo [di questo
patto], che io e coloro che sono con me e
sotto di me, siamo maledetti da quel dio in
cui crediamo, da
Perunŭ
e da
Volosŭ dio
degli armenti; e che diventiamo gialli come
l'oro e che la nostra stessa arma ci
trafigga. |
Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ [6479/971] |
Il dio è poi nominato, nella forma Velesŭ, in
un celeberrimo passo dello
Slovo o
pŭlku Igorevě, o «Cantare delle gesta di Igor'», dove il cantore
Bojanŭ
è detto «nipote di
Velesŭ»:
Чили въ спѣти было
вѣщей Бояне
Велесовъ внуче... |
Čili vŭ spěti bylo věščej Bojane Velesovŭ vnuče... |
Invece
così avresti dovuto cantare, o profetico
Bojanŭ, nipote di
Velesŭ... |
Slovo o pŭlku Igorevě
[12] |
Il nome del dio compare nella lezione Volosŭ nel
Slovo Christoljubca, il «Sermone del
Christoljubec», tra gli elenchi delle false divinità che venivano invocate nel corso dei banchetti.
|
Perciò non si addice ai Cristiani
divertirsi con divertimenti
demoniaci nei banchetti e nei
matrimoni, altrimenti non deve
essere chiamato matrimonio, ma
adorazione di idoli. Che sono
balli, musica a corde, canzoni
profane, – zampogne e tamburelli, –
e tutti i sacrifici degli idoli,
quelli che pregano il fuoco sotto
l'essiccatoio, le
vile,
Mokošĭ,
Semŭ,
Rĭglŭ,
Perunŭ, Volosŭ dio del bestiame,
Chŭrsŭ,
Rodŭ,
le
rožanizy e tutti i loro dèi
maledetti. |
Slova i poučenija
>
Slovo Christoljubca |
Lo
troviamo poi, nella lezione
Velesŭ, nella Choždenie bogorodicy po mukam,
la «Discesa
della Vergine all'Inferno» un apocrifo russo del XII secolo,
in cui la Vergine Maria, testimone dei tormenti infernali, intercede presso Dio
per ottenere un periodo annuale di sospensione delle pene per i dannati. Qui il
dio viene opportunamente demonizzato:
Это те, кто не веровали в отца и сына и святого духа,
забыли бога и веровали в то, что сотворил нам бог для трудов наших, прозвав это
богами: солнце и месяц, землю и воду, и зверей и гадов; все это те люди сделали
из камней, — Траяна, Хорса, Велеса, Перуна в богов превратили, и были одержимы
злым бесом, и веровали, и до сих пор во мраке злом находятся, потому здесь так
мучаются |
Ėto te, kto ne verovali v otca i syna i svjatogo
ducha, zabyli boga i verovali v to, čto sotvoril nam bog dlja trudov našich,
prozvav ėto bogami: solnce i mesjac, zemlju i vodu, i zverej i gadov; vse ėto te
ljudi sdelali iz kamnej, — Trajana, Chorsa, Velesa, Peruna v bogov prevratili, i
byli oderžimy zlym besom, i verovali, i do sich por vo mrake zlom nachodjatsja,
potomu zdesĭ tak mučajutsja. |
Questi sono coloro che non credono nel Padre, nel Figlio
e nello Spirito Santo, hanno dimenticato Dio e non credono in ciò che Dio a
creato per noi, ed essi hanno chiamato dèi il sole e la luna, la terra e
l'acqua, gli animali e i rettili, più tutti quegli idoli di pietra,
Trojanŭ,
Chorsŭ,
Velesŭ e
Perunŭ,
ed essi adorarono come dèi questi dèmoni malvagi, e sono ancora nelle tenebre
del male, perché ancora credono in essi. |
Choždenie bogorodicy po mukam |
Velesŭ è ancora citato nell'agiografia Žitija sv.
Vladimira i Avraama, «Vita dei santi Vladimir e Avraam».
Fuori dal territorio russo, sono segnalate delle attestazioni di
Velesŭ in Boemia, ma si tratta di testimonianze piuttosto dubbie. È
il caso delle glosse ceche rinvenute sul manoscritto medievale latino
Mater verborum (XIII sec.), dove il dio è
citato due volte e identificato con Pan. Nella
prima attestazione, si legge: «veless pan, ymago hircina»; nella seconda:
«velles pan primus calamos cera coniungere plures instituit, pan curat oves
oviumque magistros». Ma si tratta, con ogni probabilità, di falsi redatti
dal poeta-filologo Václav Hanka (1791-1861), ardente panslavista, non nuovo alla
fabbricazione di presunto materiale mitologico del suo paese, sulla falsariga
dei poemi ossianici del Macpherson. (Potebnja 1989)
Stessa cosa bisogna dire del cosiddetto Velesova
kniga, il «Libro di Veles», sovente citato negli studi
non-specialistici sulla mitologia slava, che è da rigettare in toto come
goffo artefatto.
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