Gli slova e poučenija
Con l'espressione slova i poučenija
napravlennye protiv jazyčestva si
intende un vasto corpus di omelie, sermoni e testi ecclesiastici
verosimilmente raccolti e trascritti tra i
secoli e , anche se alcuni autori
ritengono possibile che gli antigrafi
possano risalire ai secoli -, epoca in
cui in Russia il cristianesimo ancora
contendeva con l'antica tradizione pagana.
Gli autori di tali sermoni si erano prefissi
il compito di propagandare e rafforzare la
nuova fede fra popolazioni che convivevano
in situazione di dvoeverie o
bicredenza. E fu proprio denunciando gli
antichi riti e credenze, condannando le
vecchie pratiche religiose ed esecrando i
nomi delle divinità pagane, che questi
evangelizzatori ci tramandarono – senza
volerlo – gli usi, i costumi e le credenze
degli antichi Russi. Ciò fa degli slova
e poučenija una delle fonti principali per la nostra
conoscenza della tradizione mitologica degli
Slavi orientali.
Poiché molti di questi sermoni risultano
essere selezioni e rielaborazioni di scritti
e discorsi dei padri della chiesa bizantini,
alcuni studiosi ritengono
che nelle prime redazioni in lingua slava
non si parlasse affatto degli antichi culti
pagani: le liste delle divinità sarebbero in
questo caso il risultato di interpolazioni
effettuate posteriormente dai copisti, man
mano che gli evangelizzatori scoprivano di
poter impiegare l'alto magistero fornito da
certi testi ecclesiastici nella polemica
antipagana. Più arduo stabilire in questo
caso a quale epoca appartengano le
interpolazioni che riguardano le tradizioni
pagane slave, se riflettano la situazioni
religiosa dell'epoca pre-mongolica o
attestino al contrario una situazione più
tarda. Ma questo non sminuisce l'importanza
degli slova e poučenija.
Gli autori dei testi ecclesiastici, o i
responsabili delle varie interpolazioni,
erano senz'altro più vicini di noi al
paganesimo slavo; le informazioni che ci
forniscono non sono completamente
attendibili – il loro intento era polemico: non tanto informarci sui riti
pagani quanto piuttosto denigrarli – e da
quanto essi ci dicono non è certamente
possibile ricavare un quadro obiettivo delle
usanze e dei riti dei popoli slavi prima
della conversione, tuttavia, al di là degli
intenti dei loro compilatori, gli slova i poučenija
costituiscono una preziosa
testimonianza del periodo in cui i residui
del paganesimo erano ancora vivi nella
memoria del popolo.
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I documenti
principali
Tra i molti
testi ecclesiastici tramandati, val la pena
ricordare, per il loro valore mitologico, lo
Slovo někoego Christoljubca i revnitelja
po pravoj věrě, «Sermone di un certo
Christoljubec e difensore
della vera fede», e lo
Slovo
svjatogo Grigorija izobrěteno vŭ tolcěchŭ
o tomŭ, kako pervoe pogani cušče Jazyci
klanjalisja idolomŭ i treby im klali,
«Sermone di San Gregorio su come le genti,
essendo inizialmente pagane, veneravano gli
idoli». Entrambi i testi elencano un certo
numero di nomi di antiche divinità, perlopiù
già attestate nel Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ,
la «Cronaca degli anni passati», e aggiungono una
vivida descrizione degli usi e costumi
religiosi degli Slavi pagani.
Lo
Slovo Christoljubca
e lo
Slovo sv. Grigorija ob idolach,
per brevità,
sono i documenti più noti dell'intero corpus
di slova e poučenija. In
entrambi vengono elencati – sempre con
notevole vis polemica e con accese
connotazioni negative – i nomi di numerose
divinità del pantheon slavo. I testi
ecclesiastici sono insomma un'importante
fonte che viene ad aggiungersi a quella
fornita dal cosiddetto «Canone di Volodimirŭ»
(Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ
[6488/980]),
nel quale sono elencati i sei idoli che si
levavano sul colle di Kiev, dedicati agli
dèi
Perunŭ,
Stribogŭ,
Dažĭbogŭ,
Chŭrsŭ,
Semarĭglŭ e
Mokošĭ,
a cui la stessa fonte aggiunge un dio
Velesŭ
il cui idolo sembra si innalzasse nella
parte bassa della città.
In particolare, lo
Slovo Christoljubca conferma quanto
riferito nella cronaca del Se pověsti, citando gli dèi
Perunŭ,
Chŭrsŭ,
Simŭ,
Rĭglŭ,
Mokošĭ e
Volosŭ;
lo
Slovo
sv. Grigorija ob idolach nomina invece soltanto
Mokošĭ,
Perunŭ e
Chŭrsŭ. Somiglianze e differenze con le
divinità contemplate col «Canone di
Volodimirŭ» hanno acceso lunghe discussioni
tra gli studiosi di mitologia. Ci si
interroga ad esempio sulla scissione del dio
Semarĭglŭ
nei due teonimi
Simŭ e
Rĭglŭ,,
oppure nel significato dell'alternanza in
Volosŭ del teonimo che il Se pověsti conosceva come
Velesŭ.
Si noti che rispetto al «Canone», i due
testi ecclesiastici non nominano
Stribogŭ
e
Dažĭbogŭ,
particolare che supporterebbe le ipotesi
proposte da alcuni studiosi, tra cui
Vladimir Toporov,
sulle differenze esistenti in ambito
mitologico tra il sud e il nord della Rus',
oltre a suggerire interessanti possibilità
sulle fasi della cristianizzazione delle
terre slavo-orientali. Il
Slovo
sv. Grigorija ob idolach descrive inoltre i
rituali ed i sacrifici che venivano
tributati alle divinità del livello
inferiore, quali
Rodŭ,
Pereplutĭ
o
Svarožičĭ,
o a certune classi di spiriti o piccole
divinità legate alla natura o al regno dei
morti, quali le
vili,
le
rožanizy,
gli
upyri,
le
beregyni,
o le
navi.
In quest'ultimo testo viene inoltre
descritta una possibile evoluzione della
religione slava, la cui prima fase sarebbe
stata caratterizzata dal culto
degli
upyri e
delle
beregyni, in seguito
sostituito da quello tributato a
Rodŭ e alle
rožanizy, per poi
trasformarsi nel culto di
Perunŭ e
degli altri dèi.
L'uno e l'altro testo descrivono inoltre,
sempre a scopo di aperta condanna, vivide
descrizioni degli usi e costumi religiosi
degli Slavi pagani. Vi si narrano le
celebrazioni dei contadini, accompagnati da
canti e danze profane, le mense imbandite
per gli spiriti, i sacrifici e le offerte,
accennando – forse con un po' di
esagerazione – agli eccessi osceni di taluni
culti. Le informazioni fornite da questi
testi, per quanto trattate con fare polemico
e presentate sotto una luce negativa, è
quanto di meglio possediamo per comprendere
la natura e le caratteristiche dell'antica
tradizione pagana slava.
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