FILOLOGIA |
ORTOGRAFIA
|
ORTOGRAFIA
NORMALIZZATA |
TRASLITT. |
LEZIONE DEI
MANOSCRITTI |
FONTI |
Antico russo |
Сварожичь
Svarožičĭ |
Сварожичь |
Slova i poučenija
|
Russo |
Сварожич
Svarožič |
|
|
Slavo occidentale |
*Swarożyć |
Zuarasizi
Zuarasic |
Thietmar:
Chronicon
San Bruno:
Lettera |
*Radgost |
Riedigost
Radigast
Redigast |
Thietmar:
Chronicon
Helmond:
Chronica
Slavorum
Adamo di Brema:
Gesta Hammaburgensis... |
|
ETIMOLOGIA Il nome di questo dio è attestato
in due forme. Una slavo-orientale, tramandata dai testi ecclesiastici
russo-medievali,
Svarožičĭ
[Сварожичь];
l'altra, slavo-settentrionale, ma trasmessa nelle trascrizioni latinizzate di Zuarasizi
e Zuarasic, le quali sottendono un probabile nomen *Swarożyć
(in ortografia polacca)
(Pisani 1949). Si noti che un paio di testi,
confondendo il nome della divinità con quello del centro in cui si trovava il
suo tempio, le dànno il nome di Radigast o Redigast, lezioni
latinizzate per un originale *Radgost.
L'interpretazione del teonimo *Swarożyć/Svarožičĭ
non può essere separata dal tenonimo paleorusso
Svarogŭ, che ne è evidentemente corradicale.
Addirittura, Svarožičĭ potrebbe essere una forma declinata di
Svarogŭ,
quale ad esempio un diminutivo o un vezzeggiativo, sul tipo «piccolo
Svarogŭ». Formule migliorative di questo tipo sono molto comuni nel
parlato finnico, baltico e slavo orientale (si veda il rispettoso, ma non
necessariamente affettuoso, batjuška, «piccolo
padre», un tempo attribuito alle persone anziane, ai sacerdoti, al fuoco nel
focolare, allo stesso
Stalin). Alternativamente, Svarožičĭ potrebbe essere inteso come un patronimico, in questo
caso a significare «figlio di
Svarogŭ». E ricordando che, nella traduzione russa della
Chronographía di Iōánnēs Malálas,
Dažĭbogŭ è figlio di
Svarogŭ, alcuni autori hanno finito con l'identificare Svarožičĭ con
lo stesso
Dažĭbogŭ.
Tra le altre etimologie proposte, è assolutamente da scartare quella avanzata
da Vittore Pisani. La riportiamo a
titolo di curiosità. L'antico russo Svarožičĭ sarebbe
da considerare l'ipostasi di un ipotetico sva rožičĭ, in cui *sva
sarebbe un'antica forma nominativa di «cane» (cfr. śvan, lituano
šuõ, greco kúōn), mentre
rožičĭ sarebbe lo
sviluppo russo di un pre-slavo *rogītio
«cornuto» (cfr. rogŭ «corno»). In sintesi, nella proposta di Pisani, il nome
Svarožičĭ significherebbe qualcosa come «cane cornuto». A giustificare tale grottesca etimologia,
o per lo meno la sua metà canina, Pisani ricordava che nell'antichità Sirio era chiamata
«Stella del Cane», in quanto, apparendo nel crepuscolo mattutino, recava con sé il
tempo più caldo dell'anno, i dies caniculares.
(Pisani 1949).
|
LETTURA Le fonti principali che riguardano
*Swarożyć/Svarožičĭ sono latine, risalgono nel
periodo tra l'XI e il XII secolo e si riferiscono alla tradizione degli Slavi
del Baltico. Il cronista Thietmar di Merseburgo (975-1018), riferendosi ai Redarii, una
tribù lusaziana
dell'Oder, riferisce di un tempietto di legno, posto nella città di Rethra [Riedegost]
(sul lago di Tollensesee, nel Mecleburgo, in Germania).
Al suo interno vi erano gli idoli degli dèi locali, il cui principale si chiamava
Zuarasizi...
Est urbs quaedam in pago Riedirierun, Riedegost
nomine, tricornis ac tres in se continens portas, quam undique silva ad incolis
intacta et venerabilis circumdat magna. Duae eiusdem portae cunctis introeutibus
patent; tercia, quae orientem respicit et minima est, tramitem ad mare iuxta
positum et visu nimis horribile monstrat. In eadem est nil nisi fanum de ligno
artificiose compositum, quod pro basibus diversarum sustentatur cornibus
bestiarum. Huius parietes variae deorum dearumque imagines mirifice insculptae,
ut cernentibus videtur, exterius ornant; interius autem dii stant manu facti,
singulis nominibus insculptis, galeis atque loricis terribiliter vestiti, quorum
primum Zuarasizi dicitur et prae ceteris a cunctis gentilibus honoratur et
colitur... |
C'è una città, nella terra dei Redarii, chiamata *Radgost [Riedegost],
con forma triangolare e tre porte, circondata da una grande foresta lasciata
intatta dagli abitanti del luogo e venerata come sacra. Due delle porte possono
essere raggiunte per via terra; la terza, assai piccola, che guarda a oriente, è
posta dinanzi a un lago e ha un aspetto davvero orribile. Nella fortezza, c'è
un tempio in legno, le cui fondamenta sono sostenute da corna di
animali. Sulle sue pareti sono meravigliosamente scolpite le immagini di molti
dèi e dee, i quali adornano tutto il lato esterno. All'interno si trovano gli idoli
degli dèi, i quali portano incisi i loro nomi e sono abbigliati con elmi e
corazze. Il primo di essi si chiama Swarożyć [Zuarasizi] ed è onorato dalle genti pagane
sopra tutti gli altri dèi... |
Thietmar:
Chronicon [VI: 23] |
Questa posizione di preminenza di
*Swarożyć (almeno tra gli Slavi del
Baltico) sembra confermata da una lettera di San Bruno ad Enrico II, del 1008.
Il dio viene qui identificato con il diavolo: «Come possono
andare d'accordo *Swarożyć [Zuarasic] il diavolo, e il vostro e nostro capo dei santi,
Maurizio?» Da questa notizia Vittore Pisani avrebbe dedotto che, come Maurizio
era dux sanctorum, così
*Swarożyć era il principale degli dèi pagani. (Pisani 1949)
Al medesimo tempio si riferiscono altre fonti, che però confondono il nome della
divinità con quello della città. Adamo di Brema chiama infatti la città con il
suo nome latino, Rethra, e il dio con l'endonimo slavo della medesima
città, Redigast.
Sunt et alii Slavorum populi, qui inter Albiam et
Oderam degunt, sicut Heveldi qui iuxta Haliolam fluvium, et Doxani, Liubuzzi,
Wilini et Stoderani cum multis aliis. Inter quos medii et potentissimi omnium
sunt Retharii, civitas eorum vulgatissima Rethre, sedes idololatriae. Templum
ibi constructum est daemonibus magnum, quorum princeps Redigast. Simulacrum eius
auro, lectus ostro paratus. Civitas ipsa novem portas habet, undique lacu
profundo inclusa, pons ligneus transitum praebet, per quem tantum
sacrificantibus aut responsa petentibus via conceditur. |
Ci sono altri popoli slavi, che vivono tra l'Elba e l'Oder,
come gli Heveldi, stanziati presso il fiume Havel, e i Doxani, i Liubuzi, i
Wilini e gli Stoderani, con molti altri. In mezzo a questi, ancora più potenti,
stanno i Redarii, la cui città di Rethra è sede di idolatria. Vi sorge un grande
tempio, costruito dai demoni, il cui principe è Redigast. Il suo
simulacro è d'oro, il suo letto ornato di porpora. La stessa città ha nove
porte, ed è circondata da ogni parte da un lago profondo. Lo solcano ponti di
legno, attraverso i quali è concesso passare solo a chi intende fare sacrifici o
chiedere responsi. |
Adamo di Brema:
Gesta Hammaburgensis Ecclesiae Pontificum [II:
18] |
Anche la Chronica
Slavorum di Helmond di Bosau (1120-1177) si riferisce al dio
slavo col nome di Radigast, in due occasioni. Nella prima, torna a ripetere
quanto già era stato detto sulla città dei Redarii:
Siquidem Riaduri sive Tholenzi propter antiquissimam
urbem et celeberrimum illud fanum, in quo simulachrum Radigast ostenditur,
regnare volebant, asscribentes sibi singularem nobilitatis honorem, eo quod ab
omnibus populis Slavorum frequentarentur propter responsa et annuas
sacrificiorum impensiones. |
I Redarii e i Tholenzi aspirano a regnare [sulle tribù
circostanti], per via
dell'antichità della loro fortezza e del celeberrimo tempio che vi si trova, nel
quale si erge la statua di Radigast. Essi pretendono per sé questo
singolare titolo di nobiltà, per via dell'oracolo e dei sacrifici annuali che
tutti i popoli slavi tributano in quel luogo nel corso delle loro visite. |
Helmond
di Bosau: Chronica
Slavorum [I: 21] |
Il secondo passo, di importanza capitale per la nostra conoscenza della religione
degli Slavi del Baltico, cita Radigast come dio della terra degli
Obotriti, insieme a diverse altre divinità tribali:
Postquam igitur mortuus est Kanutus cognomento
Lawardus rex Obotritorum, successerunt in locum eius Pribizlaus atque Niclotus,
bipartito scilicet principatu, uno scilicet Wairensium atque Polaborum, altero
Obotritorum provinciam gubernante. Fueruntque hii duo truculentae bestiae,
Christianis valde infesti. Invaluitque in diebus illis per universam Slaviam
multiplex ydolorum cultura errorque supersticionum. Nam preter lucos atque
penates, quibus agri et opida redundabant, primi et precipui erant Prove deus
Aldenburgensis terrae, Siwa dea Polaborum, Radigast deus terrae Obotritorum. His
dicati erant flamines et sacrificiorum libamenta multiplexque religionis cultus. |
Dopo la morte di Kanutus, soprannominato Lawardus, re
degli Obotriti, gli succedettero, una volta diviso il regno, Pribizlaus e
Niclotus: il primo governava la provincia dei Wagri e dei Polabi, l'altro degli
Obotriti. E in verità, furono due bestie assetate di sangue cristiano, e durante
il loro regno tutte le terre slave si riempirono d'ogni sorta di idoli, errori e
superstizioni. Oltre ai boschi sacri e ai penati che riempivano le campagne e
i villaggi, essi avevano, quali principali divinità, Prove,
dio delle terre degli Aldenburgensi, Siwa, dea dei
Polabi, Radigast, dio delle terre degli Obotriti. E
tutti questi dèi avevano i loro sacerdoti, i loro sacrifici e il loro culto
specifico. |
Porro sollempnitates diis dicandas sacerdos iuxta
sortium nutum denuntiat, conveniuntque viri et mulieres cum parvulis mactantque
diis suis hostias de bobus et ovibus, plerique etiam de hominibus Christianis,
quorum sanguine deos suos oblectari iactitant. Post cesam hostiam sacerdos de
cruore libat, ut sit efficacior oraculis capescendis. Nam demonia sanguine
facilius invitari multorum opinio est. Consummatis iuxta morem sacrificiis
populus ad epulas et plausus convertitur. Est autem Slavorum mirabilis error;
nam in conviviis et compotacionibus suis pateram circumferunt, in quam conferunt,
non dicam consecracionis, sed execracionis verba sub nomine deorum, boni
scilicet atque mali, omnem prosperam fortunam a bono deo, adversam a malo dirigi
profitentes. Unde etiam malum deum lingua sua Diabol sive Zcerneboch, id est
nigrum deum, appellant. |
I sacerdoti gettano le sorti e così fissano
le date delle solennità. Si radunano gli uomini, le donne e i fanciulli; sacrificano
buoni e pecore, e qualche volta dei cristiani, poiché credono che il loro sangue
sia assai gradito agli dèi. Il sacerdote, dopo aver ucciso la vittima, compie
libagioni con il suo sangue, affinché gli oracoli risultino più efficaci. È infatti
opinione comune che il sangue attiri i dèmoni. Quando sono conclusi i
sacrifici, le persone si dànno ai banchetti e ai divertimenti, perché gli Slavi
hanno una singolare superstizione quando bevono insieme: fanno girare tra loro
una patera nella quale sussurrano parole, non dico di consacrazione, ma di
esecrazione, in nome delle loro divinità del bene e del male. Dicono infatti che
la buona fortuna provenga dal dio buono e i cattivi eventi dal dio malvagio. Questo è
chiamato Diavolo o Czerneboch, cioè «dio nero». |
Inter multiformia autem Slavorum numina prepollet
Zuantevith, deus terrae Rugianorum, utpote efficacior in responsis, cuius
intuitu ceteros quasi semideos estimabant. Unde etiam in peculium honoris
annuatim hominem Christicolam, quem sors acceptaverit, eidem litare consueverunt.
Quin et de omnibus Slavorum provinciis statutas sacrificiorum impensas illo
transmittebant. Mira autem reverentia circa fani diligentiam affecti sunt; nam
neque iuramentis facile indulgent neque ambitum fani vel in hostibus temerari
paciuntur. |
Tra le molteplici divinità degli Slavi, la più illustre
è Zuantevith, dio della terra dei Rugii, ritenuto il più efficace nei responsi. Al suo confronto,
[gli Slavi] guardano agli altri
dèi come fossero dei semidei. Anche per tributargli un onore speciale, ogni anno
scelgono a sorte un cristiano, e lo sacrificano a lui. Tutte le province slave
contribuiscono alle spese per il sacrificio. Gli Slavi hanno un singolare rispetto di questo tempio, tanto che non vi accettano facili
giuramenti, né permettono che il suo perimetro sia violati fosse anche dallo sguardo di un nemico. |
Fuit preterea Slavorum genti crudelitas ingenita,
saturari nescia, inpaciens otii, vexans regionum adiacentia terra marique.
Quanta enim mortium genera Christicolis intulerint, relatu difficile est, cum
his quidem viscera extorserint palo circumducentes, hos cruci affixerint,
irridentes signum redemptionis nostrae. Sceleratissimos enim cruci subfigendos
autumant. Eos autem, quos custodiae mancipant pecunia redimendos, tantis
torturis et vinculorum nodis plectunt, ut ignoranti vix opinabile sit. |
Gli Slavi sono gente di congenita crudeltà, incapaci di
vivere in pace, e non smettono mai di tormentare i loro vicini per terra e
per mare. Non possiamo neppure immaginare tutti i tipi di morte che hanno
inventato per uccidere i cristiani. A volte, strappati gli intestini, li
costringono a camminare tutto intorno a un palo. Altre volte li appendono alle
croci, beffando così il simbolo della nostra redenzione, perché credono che solo
i più malvagi meritino la crocifissione. Coloro che sono destinati a essere
riscattati con il denaro, vengono afflitti da tornenti e serrati tra le corde, in modo
[così crudele] che
nessuno potrebbe crederci. |
Helmond
di Bosau: Chronica
Slavorum [I: 52] |
Ma Svarožičĭ
è presente anche in Russia, dov'è citato nei testi ecclesiastici.
È infatti l'unica divinità attestata sia tra gli Slavi settentrionali che presso gli Slavi
orientali. Qui
però sembra appartenere al livello inferiore del pantheon:
|
FONTI
|
BIBLIOGRAFIA
► |
|