LA
STIRPE
DI PÓNTOS |
NEREIDI E MOSTRI |
Dopo l'evirazione di Ouranós, Gê rivolse le sue
attenzioni a Póntos. Da questo connubio si originano le creature del mare... ma anche alcuni dei più tremendi mostri del mito
ellenico. |
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I figli di Póntos e le Nērēḯdes |
Giovanni Caselli (1939-).
Illustrazione (Caselli 1996) |
1 -
I FIGLI DI PÓNTOS E G
opo l'evirazione di
Ouranós, l'attenzione di
Gê si spostò su Póntos.
Dalle nozze tra la terra dall'ampio
seno e il salso mare, nacque per primo Nēreús,
il vecchio del mare, sincero e benigno, fonte di giustizia e di miti consigli.
Ma da quella unione vennero generate
anche terribili creature: L'immane
Thaûmas,
la meraviglia del mare, e il vigoroso Phórkys, e
Ketṓ dal bel
viso. Ed Eúrybia,
che alberga un cuore più
duro del ferro. |
2 - LE CINQUANTA FIGLIE DI
NĒREÚS
l vecchio Nēreús,
che fu re del mare prima di Poseidn,
prese poi in sposa Dōrís,
figlia di Ōkeanós, ed ella lo
rese padre di tutte le ninfe del mare.
Esse erano: Prōthṓ,
Eukrántē,
Saṓ,
Eudṓra,
Thétis,
Galḗnē,
Glaúkē,
Kymothóē, Speiṓ
veloce, l'amabile Thalía,
Pasithéa,
Eratṓ,
Euníkē
dalle braccia di rosa, la graziosa
Melítē, Euliménē,
Agauḗ,
Dōtṓ,
ancora Prōthṓ,
Férousa,
Dynaménē,
Nēsaía,
Aktaía, Prōtomédeia,
Dōrís,
Panópē, la bella Galáteia,
Hippothóē amabile e
Hipponóē dalle braccia di rosa,
Kymodókē
che placa i flutti sul mare nebbioso e i venti divini,
insieme con Kymatolḗgē
e con Amphitrítē dalle belle caviglie.
E poi Kymṓ,
Ēiónē,
Halimḗdē
dalla bella corona, e Glaukonómē
amica del riso, e Pontopóreia,
e Leiagóra,
Euagóra,
Laomédeia, Poulynóē,
Autonóē,
Lysiánassa, Euárnē dalla
natura amabile e la perfetta figura, e
Psamáthē dal corpo grazioso, la divina
Meníppē,
Nēsṓ,
Eupómpē,
Themistṓ,
Pronóē
e Nēmertḗs,
che ha il cuore simile a quello del suo immortale genitore.
Tali da Nēreús, il dio
senza biasimo, nacquero cinquanta figlie, perfette nelle
opere, le Nērēḯdes. |
3 - LA FIGLIE DI TAÛMAS
'immane
Thaûmas,
la meraviglia marina, sposò Ēléktra,
un'altra figlia di Ōkeanós
dalle profonde correnti, ed ella generò
Îris,
la veloce dea dell'arcobaleno, che unisce la terra al
cielo.
Generò poi le
Hárpyiai, le dee alate dai lunghi capelli
ricciuti, rapitrici di persone. Esse avevano nome
Aellṓ e
Okypétē (ma altri dicono fossero in tre, con
l'aggiunta di Kelainṓ), e
vennero in seguito rappresentate con teste di donna su corpi
rapaci di uccelli. |
4 - LA FIGLIE DI PHÓRKYS
E KETṒ
alle nozze di
Phórkys con sua sorella Ketṓ
nacquero una serie di strane e spaventevoli creature, perlopiù di genere
femminile, chiamate complessivamente Phorkídes.
vennero le tre
terribili Gorgónes, dal corpo
ricoperto di scaglie come quelle dei rettili e serpenti
vivi al posto dei capelli. Chiamate
Sthenṓ,
Euryálē e Médousa,
esse avevano il terribile potere
di pietrificare chiunque avesse la sfortuna di incrociare il
loro sguardo. Ma mentre
Sthenṓ ed Euryálē
avevano il dono dell'immortalità, la sola Médousa poteva essere uccisa.
E sarà uno degli
eroi più amati dai Greci, il valoroso
Perseús, a uccidere la gorgṓ tagliandole la testa: dal collo reciso nacquero il
cavallo alato Pḗgasos, e
Chrysáōr, il guerriero dalla
spada d'oro.
Dalle sciagurate nozze tra le due divinità marine
nacquero anche le Graîai,
le «grigie», il cui
aspetto era forse meno spaventoso di quello delle sorelle
Gorgónes, ma che comunque dovevano costituire uno spettacolo
quanto meno anomalo per chi osasse andare a far loro visita,
ai confini del mondo. Esse erano in due:
Pemphrēdṓ dal
bel peplo ed Enyṓ
dal peplo di croco, ma altri ne aggiungono una terza,
Deinṓ. Esse nacquero già
vecchie e con i capelli bianchi; avevano inoltre un solo
occhio e un solo dente in comune, che si passavano tra di
loro a turno...
Figlia di Phórkys e
Kêtos – anche se altri
forniscono diverse ascendenze – era anche la terribile
Ékhidna dal cuore violento,
metà fanciulla dagli occhi splendenti e metà serpente, la
cui discendenza non fu meno spaventosa delle altre.
Quale ultimo figlio, Kêtos
generò a Phórkys un serpente,
Ládōn, messo a sorvegliare i
pomi d'oro delle Hesperídes.
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5 - LA STIRPE DI ÉCHIDNA E TYPHEÚS
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La stirpe di Ékhidna |
Giovanni Caselli (1939-).
Illustrazione (Caselli 1996) |
a lacrimevole
Ékhidna, che era per metà fanciulla
immortale, dagli occhi splendenti e dalle belle guance, e per metà vipera
terribile e grande, pare fosse figlia anch'essa di
Phórkys e
Kêtos. Ma c'è
anche chi afferma fosse figlia di
Tártaros e Gê.
Si narra che Ékhidna si unì in
matrimonio a Typhn, figlio di Tártaros e di
Gê. Era questi un mostro
iniquo e violento, irrispettoso di ogni legge. I due
dimoravano in una dirupata caverna sotterranea, nel paese degli Arimói, e
qui Ékhidna
diede alla luce una discendenza orribile e dal cuore violento.
Per primo nacque Órthros, il
mostruoso cane di Geryōneús,
figlio di Chrysáōr. Cane e
mandriano sarebbero stati uccisi da Hēraklês.
Per secondo partorì Kérberos,
il cane dalla voce di bronzo, custode del regno dei morti.
Aveva il corpo coperto di dorsi di serpenti e cinquanta
teste (anche se altri dicono solo tre).
Per terza, la Lernaía Hýdra,
spaventevole drago dalle nove teste, che
Hḗra nutrì d'odio insaziabile
contro Hēraklês, ma fu da
questi uccisa.
Poi partorì Chímaira, uno
spaventoso animale a tre teste: una di leone, l'altra di
capra e di serpente la terza. Questi venne combattuto dal prode
Bellerophn.
In seguito, unendosi con il suo stesso figlio, il cane
Órthros,
Ékhidna
generò quindi Sphíŋx, un
essere per metà leone e metà donna, che perseguitava i
passanti ponendo loro degli indovinelli e divorando chi non
era in grado di rispondere.
Poi Ékhidna generò il Leone
di Neméa [Léōn tēs Neméas],
fiera orribile e selvaggia, anch'essa destinata a essere
uccisa da Hēraklês. Padre di
costui era il cane Órthros;
secondo altri era in realtà Typhn. |
6 -
ALTRI FIGLI DI ÉCHIDNA Ma altri figli ancora,
tremendi, vengono attribuiti ad
Ékhidna, con il
concorso di Typhn. Alcuni
dicono fosse lei, la madre di Ládōn,
il drago che custodiva i pomi delle Hesperídes,
o anche del
Drákōn Kolkhikós, che custodiva il vello d'oro.
Altri la vogliono madre dell'Aetós Kaukasíos,
l'aquila che divorava il fegato di
Promētheús (anche se vi
è che afferma che questa fosse figlia di Tártaros e Gê,
o fosse stata appositamente forgiata da
Hḗphaistos.
Alcuni dicono che
Ékhidna
fosse madre di Skýlla, che era
metà fanciulla e metà cane, e poi fu uccisa da
Hēraklês. Altri ancora che
avesse generato la scrofa Phaía,
la quale sarebbe stata uccisa da
Thēseús.
Altri ancora, affermano che
Ékhidna abbia
generato un certo Gorgō,
padre delle Gorgṓnes. |
7 - MORTE DI ÉCHIDNA
i narra che la terribile
Ékhidna usasse
aggredire e depredare i viandanti. Ma la sorprese nel sonno
Árgos, il mandriano dai cento occhi, e la uccise,
liberando il mondo della sua presenza. |
Fonti
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I - I PONTÍDAI:
CREATURE MARINE E MOSTRI Alla stirpe di
Póntos, il «mare», il mito greco assegna un gran numero di esseri e
creature mitologiche, tra loro eterogenee. Da un lato vi sono, com'è ovvio,
molte divinità marine, anche di una certa importanza, come Nēreús,
il «vecchio del mare», e le sue cinquanta figlie, le Nērēḯdes,
alcune delle quali sono dee di importanza non trascurabile (come Amphitrítē, sposa di
Poseidn).
Anche Phórkys e
Ketṓ sono esseri legati al mare. In una
tarda figurazione ellenistico-romana, Phórkys viene
raffigurato mezzo uomo e mezzo pesce; la parte umana è rossa, coriacea, simile a
quella di un crostaceo; ha due antenne sul capo e dai fianchi si protendono due
chele. Nella stessa figurazione, Ketṓ ha
un aspetto più aggraziato, ma il suo nome, legato al greco kêtos «balena,
cetaceo», sembra suggerire un'idea affatto diversa. D'altra parte tale immagine
è probabilmente solo una tarda fantasia: non esistono descrizioni letterarie dei
due personaggi.
Tra gli altri membri della stirpe di Póntos,
soprattutto per quanto riguarda i Phorkídes,
i figli e discendenti di Phórkys e
Ketṓ, in particolare quelli di
Ékhidna, raccolgono, in un gruppo eterogeneo, gran
parte dei principali mostri malvagi del mito greco. Il testo di Hēsíodos elenca
tali creature con una cascata selvaggia e affascinante
(Theogonía
[-]),
fungendo da fonte per tutti i successivi lavori genealogici. Per quanti le fonti
successive riportino a volte versioni alternative delle genealogie dei vari
personaggi, e spesso ne aggiungano altri affatto nuovi, vi è nel complesso una
buona coerenza. Per i dettagli, saranno presto disponibili le schede relative ai
vari nomi.
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II - ÉCHIDNA E TYPHN: UNA MOSTRUOSA
DISCENDENZA Alla discendenza di
Ékhidna
e Typhn, gli Elleni facevano risalire quasi i
mostri più terribili e tremendi delle loro leggende. Al riguardo, tuttavia, le
fonti sono piuttosto eterogenee, spesso ambigue, e si fa fatica a trarne dei
dati precisi. Riguardo a Typhn parleremo altrove,
per concentrarci ora sulla «lacrimosa»
Ékhidna.
Essa compare in letteratura con Hēsíodos, il quale
scrive
Hḗ d' étek' állo pélōron amḗkhanon, oudèn eoikòs
thnētoîs anthrṓpois oud' athanátoisi theoîsin, en spêi éni glaphyrōı theíēn krateróphron'
Ékhidnan, hḗmisy mèn nýmphēn helikṓpida kallipárēıon, hḗmisy d'
aûte pélōron óphin deinón te mégan te aiólon ōmēstḕn zathéēs hypò keúthesi gaíēs. |
Costei generò un altro mostro invincibile, per nulla
simile agli uomini o agli dèi immortali,
nel cavo di una gotta: la divina Ékhidna
dal cuore violento,
metà fanciulla dagli occhi splendenti e dalle belle guance,
per metà serpente, terribile e grande,
astuto e crudele, al di sotto dei recessi della terra. |
Hēsíodos:
Theogonía [-] |
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Ékhidna |
Illustrazione di autore sconosciuto |
Chi è la madre di Ékhidna, la
«costei» di cui si parla al v. [] della
Theogonía? Si ritiene sia Ketṓ,
poiché il passo appartiene all'enumerazione della discendenza di
Phórkys e
Ketṓ. Tuttavia, appena sopra, un inciso
[-] parlava di Chrisáōr,
nato dalla testa troncata di Médousa, e del figlio
Gēryṓn che questi aveva avuto da
Kalliróē. È dunque possibile che «costei» sia
Kalliróē e non Ketṓ,
e questa è la ragione per cui molti atlanti di mitologia riportano, alla voce
Ékhidna, «figlia di
Phórkys e
Ketō, o di
Chrisáōr e Kalliróē».
All'ambiguità del testo esiodeo fa eco
Apollódōros, il quale afferma che
Ékhidna fosse
figlia di Tártaros e Gê
(Bibliothḗkē [II: 1]).
È possibile che
Apollódōros si confonda con Typhn,
figlio appunto di Tártaros e Gê.
Ma non dimentichiamo che Ékhidna, mezza
donna e mezzo serpente, sembra avere poco a che fare con la stirpe marina dei
Pontídai; l'ofidomorfismo, nel mito greco, era un segnale ctonio.
Ékhidna è una creatura della terra più
che del mare.
Riguardo alla sua mostruosa discendenza c'è l'imbarazzo della scelta. Hēsíodos
afferma che Typhn rese
Ékhidna madre dei cani
Órthros e Kérberos,
della
Lernaía Hýdra e della
Chímaira
(Theogonía
[-]). Successivamente, giacendo con
Órthros,
Ékhidna avrebbe generato la
Sphíŋx e il
leone di Neméas [Léōn tēs Neméas]
(Theogonía
[-]). Ma anche qui vi è
un'ambiguità, in quanto non è chiaro se Hēsíodos stia
proseguendo ad elencare la discendenza di
Ékhidna o sia tornato a
ricapitolare quella di Ketṓ, e dunque vi
è la possibilità che questi ultimi
due mostri siano figli di Ketṓ e non di
Ékhidna.
Apollódōros fornisce una lista dei mostri che
Ékhidna avrebbe generato da Typhn,
parzialmente diversa da quella di Hēsíodos. Sarebbe stata infatti madre
della
Chímaira, di
Órthros, del
drago che custodiva i pomi delle Hesperídes (Ládōn), dell'aquila del Caucaso [Aetós Kaukasíos], della
Sphíŋx, e della scrofa Phaía.
(Bibliothḗkē [II: 1 | II: 3 | II: 10 | II: 11 | III: 8 |
Ep. 1]).
Hyginus scrive invece che
Ékhidna avrebbe generato da Typhn:
Gorgṓ
(detto padre delle Gorgṓnes), Kérberos,
il
Drákōn Kolkhikós (il drago che custodiva il vello
d'oro), Skýlla, la Chímaira, la
Sphíŋx, la
Lernaía Hýdra e il drago che custodiva i pomi delle
Hesperídes (Ládōn)
(Fabulae [Prologo | 151]). Sempre Hyginus
afferma che l'aquila del Caucaso [Aetós Kaukasíos]
fosse figlia di Ékhidna
e Typhn, anche se per altri era invece
figlia di Tártaros e Gê,
mentre altri ancora la volevano forgiata da Hḗphaistos
appositamente per tormentare Promētheús
(De Astronomia [II: 15]).
Hēsíodos
aggiunge poi che Ékhidna abitava
sotto terra, in una grotta nel paese degli Arímoi:
Éntha dé hoi spéos estì kátō koílēı hypò pétrēı tēloû ap' athanátōn te then thnētn t' anthrṓpōn; énth' ára hoi dássanto theoì klyta dṓmata naíein. Hḗ d' eryt' ein Arímoisin hypò
khthóna lygrḕ Ékhidna, athánatos nýmphē kaì agḗraos ḗmata pánta. |
Ha dimora in una spelonca, sotto la roccia concava, lontano dagli
dèi immortali e dagli uomini mortali: le imposero i numi di riparare in quell'illustre dimora. Sta nel paese degli Arímoi, sotto terra, la lacrimevole
Ékhidna, la nýmphē che non invecchia e che non muore. |
Hēsíodos:
Theogonía [-] |
Hómēros afferma che Zeús flagellò la terra
sugli Arímoi, colpendola con i suoi fulmini nel corso del suo scontro con Typhn.
Hóte t' amphì Typhōéï gaîan himássēı:
ein Arímois, hóthi phasì Typhōéos émmenai eunás. |
...quando intorno a Typhn,
[Zeús ] flagellava la terra
sugli Arímoi, dove dicono che sia il giaciglio di Typhn. |
Hómēros: Iliás [II: -] |
Gli studiosi hanno cercato di identificare questo «giaciglio di Typhn»,
spostandosi presso località dal nome simile ad Arímoi, dalla Grecia alla
Cilicia alla Siria (dove si trova il paese gli Aramei, trascritti nelle forme
A-ri-me o A-ri-mi nelle iscrizioni assire). Si è anche pensato al
popolo mitico degli Arimaspes, che Hēródotos poneva in Scizia
(Historíai
[IV: 13]). In realtà, il luogo in
questione è situato in Cilicia, presso l'antica città di Kṓrykos (attuale Kız
Kalesi, Turchia). Il cosiddetto «Antro Coricio» (turco Cennet ve Cehennem,
«cielo e inferno») si trova non lontano dalla città ed è descritto da Strábōn:
E qui collocano il racconto dei supplizi di Typhn
e gli Arímoi, e dicono che si tratta della Katakekauménē, la «terra
bruciata»; non esitano a supporre che le zone tra il fiume Maíandros [il Büyük
Menderes Irmağı] e la Lydia siano tutte di queste genere, sia a causa del gran
numero di laghi e fiumi, sia per le cavità sotterranee che si trovano in molti
luoghi. Il lago tra Laodikeía e Apámeia, che è come un mare chiuso, produce una
esalazione melmosa e di cloaca. |
Strábōn: Geōgraphiká [XII: viii: 19] |
Di questi laghi paludosi, tratta il poeta Lykóphrōn che così descrive il luogo dove dimorava
Ékhidna: «Le
acque del lago, dove la sposa di
Típhōn si corica nei reconditi recessi del suo pauroso letto»
(Alexándra [f. 1351]).
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Bibliografia
- AA.VV. Storia e civiltà dei greci. Vol.
1: Origini e sviluppo della città. Il Medioevo greco.
Milano 2000.
- ARRIGHETTI Graziano [cura]. Esiodo: Teogonia.
Rizzoli, Milano 1984.
- CASELLI Giovanni. Atlante di mitologia. I figli del
Cielo e della Terra. Giunti, Firenze 1996.
- CINGANO Ettore ~ VASTA Eleonora [cura]. Esiodo:
Teogonia. Mondadori, Milano 2004.
- COLONNA Aristide [cura]: Esiodo: Opere.
Utet, Torino 1977.
- FERRARI Anna. Dizionario di mitologia classica.
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- GRAVES Robert. Greek Myths. 1955.
→ ID. I miti greci. Longanesi, Milano 1979.
- KERÉNYI Károly: Die Mythologie der Griechen I-II.
1951-1958. → ID.
Gli dèi e gli eroi della Grecia. Il Saggiatore, Milano 1963.
Mondadori, Milano 1997-1998.
- LATACZ Joachim: Homer. Der erste Dichter des
Abendland. 1985. → ID.
Omero. Il primo poeta dell'occidente.
Laterza, Bari 1998.
- MORPURGO Giuseppe. Le favole antiche. Notizie e
racconti di mitologia greca e romana. Petrini, Torino 1953.
- STAPLETON Michael ~ SERVAN-SCHREIBER Elizabeth. Il
grande libro della mitologia greca e romana. Mondadori, Milano 1979.
- VERNANT Jean-Pierre. L'univers, les Dieux, les
Hommes. Récits grecs des origines. 1999.
→ ID. L'universo,
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BIBLIOGRAFIA ► |
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Intersezione: Aree -
Holger Danske
Sezione: Miti -
Asteríōn
Area: Ellenica -
Odysseús |
Testi di Daniele Bello.
Ricerche di Daniele Bello e
Dario Giansanti.
Theogonía: traduzione di Daniele Bello. |
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Creazione pagina:03.07.2011
Ultima modifica:
16.10.2015 |
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