MITI

ELLENI
Greci

MITI ELLENICI
ŌKEANÓS PADRE, TĒTHÝS MADRE
IL MITO OMERICO DELLA CREAZIONE
Il primo racconto sulla nascita dell'universo è implicato in alcuni rapidi accenni presenti in Hómēros, dove Ōkeanós è definito «origine degli dèi». È forse l'eco di un antico mito preellenico, di cui sono sopravvissuti soltanto pochi suggestivi frammenti.
► IL SISTEMA OMERICO E ORFICO
► Ōkeanos padre, Tethýs madre
IL SISTEMA ESIODEO
LE ORIGINI DELLA CIVILTÀ
Indice
MITI
SAGGI
Fonti
Bibliografia

1 - IL CERCHIO DELL'INSTANCABILE ŌKEANÓS

li antichi teologi – assai prima degli odierni mitografi – concepivano, quali autori della creazione, Ōkeanós e Tēthýs, rispettivamente padre e madre degli dèi.

Ōkeanós, dai «gorghi profondi», era il fiume che scorreva intorno al mondo. I suoi vortici tumultuosi circondavano la terra, delimitandone i confini più remoti. Le sue acque alimentavano le fonti e le cupe sorgenti, traboccavano nei fiumi, riempivano i laghi e i mari. In tal modo, Ōkeanós e Tēthýs penetravano all'interno delle terre, rendendole fertili e feconde.

 Era tale il loro potere, che gli dèi stessi, da sempre, prestavano giuramento in loro onore, sulle acque del fiume Stýx.

I signori dell'oceano ( 1996)
Giovanni Caselli (1939-). Illustrazione (Caselli 1996)

2 - IL DISSIDIO DI ŌKEANÓS E TETHÝS

al tempo in cui Zeús sprofondava Krónos sotto la terra, madre Rhéa inviò la giovane Hḗra ai confini del mondo, affinché venisse allevata da Ōkeanós e Tēthýs.

Hḗra manifestò sempre un profondo affetto a Ōkeanós e Tēthýs. E quando le due divinità, opposte da un dissidio, si astennero dall'avvicinarsi l'una all'altra, la stessa Hḗra affermò di voler tentare una riconciliazione:

“Voglio andare ai confini del mondo, a vedere Ōkeanós padre e Tēthýs madre, e cercare di sciogliere il loro litigio interminabile. Già da un pezzo stanno lontani l'uno dall'altra, astenendosi dal letto e dall'amore. Il rancore esacerba il loro animo. Ma se, persuadendo il loro cuore, potrò far sì che salgano al letto e si uniscano in amore, cara e veneranda mi chiameranno per sempre...”

Ma Hḗra parlava così per ingannare Zeús. Ben lo sappiamo: l'orgogliosa signora dagli occhi bovini non aveva alcuna intenzione di recarsi da Ōkeanós e Tēthýs. Come non conosciamo la ragione del loro dissidio, non sappiamo se qualcuno sia mai riuscito a riconciliarli.

Fonti

1

Orphicorum Phragmenta [115K]
Hómēros: Iliás [XIV: - | XXI: -]
Aristotélēs: Metá ta physiká [983 b – 984 a]

2 Hómēros: Iliás [XIV: - | -]

I - HĒSÍODOS E HÓMĒROS: COSMOGONIE A CONFRONTO

Di solito, trattando di cosmogonia ellenica, il pensiero corre subito alla dettagliata Theogonía di Hēsíodos (VIII-VII sec. a.C.). Lo stato primordiale è rappresentato dal Cháos, da cui sorge la dea-terra G. Segue il matrimonio di costei con il dio-cielo Ouranós e la nascita dei dodici Titânes. Dopodiché, dalle nozze di Krónos e Rhéa, ecco discendere Zeús e gli dèi della generazione olimpica. In quanto a Ōkeanós e Tēthýs, Hēsíodos li inserisce in posizione piuttosto avanzata nel percorso teogonico, enumerandoli tra i dodici Titânes.

...Autàr, épeita
Ouranı eunētheîsa ték' Ōkeanòn bathydínēn
Koîón te Kreîón th' Hyperíoná t' Iapetón te
Theían te Rheían te Thémin te Mnēmosýnēn te
Phoíbēn te khrysostéphanon Tēthýn t' erateinḗn,
toùs dè méth' hoplótatos géneto Krónos aŋkylomḗtēs,
deinótatos paídōn...
...Dopo, con Ouranós giacendo,
[G] generò Ōkeanós dai gorghi profondi,
e Koîos e Kreîos, e Hyperíōn e Iapetós,
Theía, Rhéa, Thémis e Mnēmosýnē,
e Phoíbē dall'aurea corona, e l'amabile Tēthýs,
e dopo questi, per ultimo, nacque Krónos dai torti pensieri,
il più tremendo dei figli...
Hēsíodos: Theogonía [-]

Hēsíodos è evidentemente conscio della statura speciale di Ōkeanós, che pone come primogenito dei Titânes. Ma a Ōkeanós la divisa titanica sta un po' stretta. A differenza degli altri suoi fratelli che, pur tradendo una natura elementare, presentano tratti antropomorfi, Ōkeanós rimane infatti fissato nel suo essere sia una persona che una realtà cosmologica, identificandosi con l'oceano che circonda il mondo. I suoi flutti tumultuosi scorrono intorno alla terra, rifluendo su sé stessi in un circolo eterno, e delimitano i confini dello spazio, i limiti del nulla. Detti genitori dei tremila dèi fluviali (Potamoí) e delle altrettante ninfe del mare (Ōkeanínes), Ōkeanós e Tēthýs sono le sorgenti donde scaturiscono tutte le acque che scorrevano sulla terra e il luogo ultimo ove esse tornano a defluire. Essi penetrano all'interno delle terre attraverso le acque dei mari e dei fiumi, garantendo, grazie al dualismo insito nell'opposizione maschio/femmina, la pluralità e la complessità della vita. (Vernant 1989¹)

Ma tratteremo in seguito il mito esiodeo della creazione: ora conviene porre l'attenzione sul fatto che tale racconto non si poneva come un unicum nel panorama ellenico. Al contrario, la Grecia arcaica conosceva un cospicuo numero di altri racconti delle origini, e conosciamo i titoli di opere non molto dissimili, nella struttura generale, da quella di Hēsíodos, come la Titanomakhía del semimitico Eúmēlos di Kórinthos (VIII sec. a.C.), o le Genealogíes di Akousílaos (VI sec. a.C.). Tutti questi testi sono andati perduti, a parte pochi frammenti e citazioni tramandati da autori posteriori.

Ma al di sotto di questo gruppo di «teogonie», esistevano altri racconti cosmogonici di origine preellenica, assai diversi da quello esiodeo, i cui echi sono rintracciabili nelle opere di alcuni autori posteriori. Ne troviamo traccia in Apollṓnios Rhódios e in altri scrittori di età classica. Di uno dei racconti più antichi e interessanti, che vedeva Ōkeanós e Tēthýs all'origine degli dèi e di tutte le cose, ci dà testimonianza lo stesso Aristotélēs:

Vi sono alcuni, poi, i quali credono che anche gli antichissimi e primi teologi, molto prima dell'attuale generazione, abbiano avuto una tale opinione riguardo alla natura primordiale: concepirono infatti Ōkeanós e Tēthýs come autori della creazione e riferirono il giuramento degli dèi dell'acqua, quella chiamata da loro Stýx.

Aristotélēs: Metá ta physiká [983 b27 – 984 a2]

Questa concezione veniva fatta risalire già nell'antichità a Hómēros, in quanto la sua definizione più autorevole si trovava nell'Ilías. Perciò si parla di «racconto omerico della creazione».

Nelle cosmogonie accennate da Hómēros e ribadite da Aristotélēs, i progenitori degli dèi non sono Ouranós e Gaîa come in Hēsíodos, ma Ōkeanós e Tēthýs. Pur non negando il suo ruolo di Ōkeanós quale sorgente di tutte le acque (Iliás [XXI: -]), Hómēros lo approfondisce, e definisce Ōkeanós come colui «che a tutti gli dèi fu origine» [hós per génesis pántessi tétyktai] (Iliás [XIV: ]). In Hómēros non sembra infatti esserci traccia del Cháos esiodeo: gli dèi trovano la loro scaturigine dalle acque primordiali di Ōkeanós e Tēthýs. Il primo viene chiamato a più riprese «origine degli dèi» [then génesis], la seconda loro «madre» [mētér].

Hómēros cita questo mito cosmogonico senza, purtroppo, riferirne i particolari. Dobbiamo accettarne semplicemente l'esistenza, senza poterlo sviscerare nei dettargli. Ma questo non ci impedisce di poter tirare fuori interessanti indizi da un lavoro di comparazione, come ora tenteremo di fare.

Ōkeanós e Tēthýs  (II sec. d.C.)
Mosaico romano, a Zeúgma.
Museo Archeologico di Gaziantep [Gaziantep Arkeoloji Müzesi], Turchia.

II - UN'INFLUENZA MEDIO-ORIENTALE?

Quali siano le origini della cosmogonia omerica, non possiamo dirlo con certezza. Una possibile indicazione la fornisce il filosofo Plátōn, il quale fa risalire il mito di Ōkeanós e Tēthýs, origini di tutte le cose, alla dottrina orfica, e riporta un verso attribuito allo stesso Orpheús:

 

Ōkeanós per primo, dalla bella corrente, diede principio alle nozze, lui che sposò la sorella Tēthýs, nata dalla stessa madre.

Plátōn: Kratýlos [402 c]

Ploútarkhos fa invece risalire l'origine della cosmogonia omerica agli egiziani, fornendoci tra l'altro una possibile indicazione delle origini della filosofia presocratica:

 

E credono che Hómēros, e lo stesso si dice di Thalḗs, abbia posto l'acqua come principio e origine di tutte le cose, dopo aver appreso ciò dagli Egizi...
Ploútarkhos: De Iside et Osiride [34]

L'idea di una creazione originata dalle acque sembra provenire in realtà dal Medio Oriente e dalla Mesopotamia, dove l'universo primordiale era concepito come un profondo abisso acqueo. Nella tradizione babilonese, esemplificata dalla grandiosa cosmogonia dell'Enûma elîš (✍ XVIII-XVI sec. a.C.), alle origini di tutto vi erano infatti due entità liquide: Apsū, il principio maschile, l'abisso delle acque sotterranee; e Tiâmat il principio femminile, le salate profondità del mare. Considerati insieme materie acquee, principi cosmologici e personalità divine, Apsū e Tiâmat esordiscono sulla scena cosmogonica, non soltanto accoppiati, ma mescolati e confusi insieme. E forse, proprio per loro natura cosmologica, o magari a causa del loro carattere malvagio, i nomi di Apsū e Tiâmat sono gli unici teonimi che il testo cuneiforme presenta senza il tipico determinativo «».

e-nu-ma e-liš la na-bu-ú šâ-ma-mu
šap-liš am-ma-tum šu-ma la zak-rat
ZUAB ma reš-tu-ú za-ru-šu-un
mu-um-mu ti-amat mu-al-li-da-at gim-ri-šú-un
A-MEŠ-šú-nu iš-te-niš i-ḫi-qu-ú-šú-un
Quando lassù il cielo non aveva ancora nome
e quaggiù la terra non aveva ancora nome,
soli, Apsū, di tutti il progenitore
e la loro madre Tiâmat, di tutti la progenitrice,
mescolavano insieme le loro acque.

Enûma elîš [I: -]

Apsū e Tiâmat non si trovavano semplicemente nell'universo, ma erano essi stessi l'universo. Mescolati in una massa liquida indifferenziata, non lasciavano nulla al di fuori di essi. Apsū e Tiâmat sono all'origine di tutte le successive generazioni divine, benché l'intera teogonia si svolga interamente all'interno dell'abisso liquido da essi costituito:

e-nu-ma DIIR-DIIR la šu-pu-u ma-na-ma
šu-ma la zuk-ku-ru ši-ma-tú la ši-na-ma
ib-ba-nu-ú-ma DIIR-DIIR qê-reb-šú-un
aḫ-mu la-ḫa-mu uš-ta-pu-ú šu-mi iz-zak-ru
a-di ir-bu-ú i ši ḫu
an-šâr ki-šâr ib-ba-nu-u e-li-šu-nu at-ru
ur-ri-ku U-MEŠ us-si-bu MU-MEŠ
a-num a-pil-šu-nu šâ-nin AD-AD-šú.

E mentre degli dèi, nessuno era ancora apparso,
nessuno aveva nome né era definito da un destino,
dentro [in Apsū e Tiâmat] furono creati:
Laḫmu e Laḫamu apparvero e furono chiamati per nome.
Prima che fossero divenuti grandi e forti
furono creati Anšar e Kišar, che erano loro superiori.
Quando ebbero prolungati i propri giorni, moltiplicati i propri anni,
Anu fu il primo nato, simile ai suoi genitori.

Enûma elîš [I: -]

Ma Apsū derivava, almeno etimologicamente, dall'Abzu sumerico, nome che gli antichi abitanti della Mesopotamia davano all'abisso liquido che sosteneva e circondava la terra, serbatoio cosmico che alimentava tutti i fiumi, i mari e le acque sotterranee. Da un punto di vista prettamente cosmologico, l'Abzu sumerico è identico a Ōkeanós, e peraltro assolve la stessa funzione in alcuni episodi mitologici (trasporta la barca del dio-sole nel suo viaggio notturno; viene attraversato da Gilgameš ed Hērakls in circostanze omologhe, etc.). Ma l'Abzu sumerico, privo di una propria personalità, rimane fissato in una pura concezione cosmologica. È solo nella tradizione accadica che Apsū diviene una persona, per quanto torpida e statica. Apsū e Tiâmat sembrano infatti avere l'immobilità come caratteristica naturale, al contrario gli dèi più giovani, i quali sono dinamici e irrequieti e sconvolgono i loro letargici progenitori.

Come l'Abzu/Apsū mesopotamico, anche Ōkeanós, nel mito ellenico, è tratteggiato come un'entità inamovibile. Quando Zeús radunò tutti gli dèi a consiglio sul monte Ólympos, racconta Hómēros, convenne ogni divinità, non mancò nemmeno il più piccolo degli dèi fluviali. Solo Ōkeanós non obbedì al richiamo, fissato al suo posto ai confini della terra (Iliás [XX: ]).

Se l'origine di Abzu/Apsū risale all'epoca sumerica, Tiâmat appartiene, almeno etimologicamente, al mondo semitico. Questo nome ha sia una forma maschile (< *tihāmu), rappresentata in ugaritico come thm (=tahāmu), in ebraico come ṯǝhôm (a volte usato al femminile) e in siriaco ṯǝhōmā, tutti con il significato di «abisso», sia una forma femminile  (< *tihāmatu), i cui esiti li ritroviamo nell'eblaita ti-a-ma-tum e nell'accadico tiām(a)tu/tâm(a)tu, «mare» (West 1999). Tutte queste espressioni sono impersonali. Un buon esempio viene fornito nel secondo versetto del Bǝrēʾšîṯ:

Wǝ hāʾārẹṣ hāyǝṯāh ṯōhû wā ḇōhû wǝ ḥōšek ˓al-pǝnê ṯǝhôm...

La terra era informe e vuota e le tenebre erano sulla superficie dell'abisso...

Bǝrēʾšîṯ [I : -]

Tutti questi termini derivano da un'antica radice semitica THM che indica il «mare», ma più esattamente, come abbiamo detto, il caotico abisso delle acque primordiali che precede la creazione. Si noti che il termine viene avvicinato dagli interpreti greci alla parola thálassa «mare», come dimostra Aléxandros Polyḯstōr nella sua versione della Babyloniaká del sacerdote caldeo Bḗrōssos.

C'era stato un tempo, quando l'universo non era che tenebre e acqua, nel quale erano giunti alla vita esseri mostruosi e di forme particolari [...]. Comandava questa moltitudine una donna chiamata Omorka [Umma-ḫubur], nome che corrisponde in caldeo a Thalatt e si traduce in greco con «mare» [thálassa].
Bḗrōssos, apud Aléxandros ho Polyḯstōr: Babyloniaká

Da tempo gli studiosi sono convinti che il gruppo Tahāmu/Tǝhôm/Tiâmat, quest'ultima chiamata Thaute da Damáskios (Aporíai kaì lýseis perì tn prṓtōn arkhn), si possa mettere in relazione con il nome di Tēthýs (Burkert 1984). Una parola come *tâmtu o *têmtu, impronunciabile per un greco, può essere diventata inizialmente *tēthu-, forse all'inizio con una vocale nasalizzata nella prima sillaba: in greco, θ thta è un esito ben noto per la ת tāw semitica (con τ taû iniziale per dissimilazione) (West 1999). È dunque perfettamente possibile che, alla base di Ōkeanós e Tēthýs padre e madre degli dèi, vi sia un mito medio-orientale su un caos primordiale acqueo, peraltro posto in doppia configurazione di un elemento liquido maschile e uno femminile (come Apsū e Tiâmat).

C'è da capire come la vicenda sia arrivata in Grecia, tanto più che, almeno in questo caso, sembra non esservi una mediazione anatolica. Ma a rendere ancora più stretta la relazione, vi sono anche alcune considerazioni formali. Ad esempio, due versi del poema accadico, «Apsū, di tutti il progenitore, e la loro madre Tiâmat, di tutti la generatrice» [apsū-ma rêštū zârûšun mummu tiâmat mu(w)allidat gimrišun] (Enûma elîš [I: -]), mostrano un perfetto parallelismo con il verso omerico: «a Ōkeanós, origine degli dèi, e a madre Tēthýs» [Ōkeanón te then génesin kaì mētéra Tēthýn], verso la cui natura formulare è confermata dalla sua ripetizione (Iliás [XIV:  | ]).

Ma, come vedremo anche in seguito, le relazioni tra mitologia greca e mitologia mesopotamica sono, a volte, piuttosto strette.

III - LA SEPARAZIONE DELLE ACQUE E IL «DIVORZIO» DI ŌKEANÓS E TĒTHÝS

È sempre Hómēros ad accennare, sia pure in punta di penna, il mito del divorzio di Ōkeanós e Tēthýs. Un annoso dissidio oppone e divide, a quanto pare, Ōkeanós e Tēthýs, i quali rifiutano di unirsi l'uno all'altra. Veniamo a sapere dell'episodio dalla bocca stessa di Hḗra, in un passo in cui la dea – peraltro mentendo – si offre di andare a riconciliarli:

Eîmi gàr opsoménē polyphórbou peírata gaíēs,
Ōkeanón te then génesin kaì mētéra Tēthýn,
hoí m' en sphoîsi dómoisin eǘ́ tréphon ēd' atítallon
dexámenoi Rheías, hóte te Krónon eurúopa Zeùs
gaíēs nérthe katheîse kaì atrygétoio thalássēs.
Toùs eîm' opsoménē, kaí sph' ákrita neíkea lúsō:
ḗdē gàr dēròn khrónon allḗlōn apékhontai
euns kaì philótētos, epeì khólos émpese thymōı.

Io vado a vedere i confini della terra feconda,
a Ōkeanós, origine degli dèi, e a madre Tēthýs,
che nelle loro case mi nutrirono e crebbero,
affidata da Rheía nei giorni che Zeús vasta voce
scoscese Krónos sotto la terra e il mare infecondo.
Loro vado a trovare, ché scioglierò un dissidio infinito:
ché ormai d'amore e di letto sono divisi da tempo,
ché avvampano d'ira nel seno.

Hómēros: Iliás [XIV: -]

Hómēros non riferisce le ragioni del litigio. Sembra ovvio che, chiusa la fase cosmogonica, Ōkeanós e Tēthýs abbiano esaurito il loro ruolo generativo, e il loro dissidio giustifichi mitologicamente la fine dell'attività creativa. Ci chiediamo tuttavia se il tema del divorzio non sia ancora più antico e se non abbia un significato più profondo.

Ritorniamo ancora una volta ai miti semitici della creazione, dove alle origini del mondo si poneva una coppia di creature acquee, esemplificata nel mito babilonese da Apsū e Tiâmat. Nel proseguo della narrazione, l'Enûma elîš narra di come Apsū e Tiâmat abbiano tentato di eliminare le divinità più giovani, nate nell'abisso liquido costituito dal loro stesso essere, al fine di ricondurre l'universo alla quiete e alla staticità primordiali. Ma gli dèi si ribellarono ed Ea uccise dapprima Apsū, trasformandolo da persona a luogo, tant'è vero che subito vi pose la propria dimora (il dio Ea risiede tradizionalmente  nelle acque cosmiche sotterranee). Sconfiggere Tiâmat non fu altrettanto facile, e solo Marduk vi riuscì, alla fine di una stregua lotta che è l'argomento del poema. Vincitore dello scontro, e nuovo signore dell'universo, Marduk divise in due parti il corpo di Tiâmat, come un pesce da seccare: una metà la spinse in alto, per costruire il cielo; l'altra la spinse in basso, edificando la terra.

Il mito è omologo a quello ebraico dove Yahweh, separa il tǝhôm in due parti, creando uno spazio per la successiva creazione, e tra le due masse d'acqua interpone nientemeno che l'intero cielo stellato:

Wayyōʾmer Ĕlōhîm yǝhî rāqîʿa bǝtôk hammāyim wîhî mabǝdîl bên mayim lāmāyim. E Dio disse: «Ci sia un firmamento in mezzo alle acque che divida le acque dalle acque».
Wayyaʿaś Ĕlōhîm et-hārāqîʿa wayyabǝdēl bên hammāyim āšer mitaḥat lārāqîʿa ûbên hammāyim āšer mēʿal lārāqîʿa wayǝhî-kēn.

E Dio fece il firmamento, separando le acque che sono sotto il firmamento e le acque che sono sopra il firmamento.

Bǝrēʾšîṯ [1: -]

Le acque sotto il firmamento, vengono quindi sospinte ai confini del mondo in modo da fare emergere la terra, tracciando una configurazione cosmologica assai simile alla nozione mesopotamica di Abzu/Apsū. Si noti che la parola è stata ereditata in ebraico nel concetto, ancora una volta impersonale, di asayîm o asê ereṣ, «confini della terra» (cfr. karyā [9: ]). Quale possibile etimologia del nome Ōkeanós è stata proposta una derivazione sumerico uginna «anello» (forse attraverso la lezione Ogēnos attestata in Pherekýdēs di Sŷros), richiamando così la funzione del fiume che circonda la terra (Cingano ~ Vasta 2004); tuttavia tale parola non sembra esistere; West propone un accadico agannu (cfr. ugaritico ẚgn < *ẚgānu, ebraico aggān, aramaico aggānā, passato in ḫittita come aganni-) (West 1999). Anche interessante è l'oscuro aggettivo omerico apsōrrhóos, applicato unicamente a Ōkeanós; il poeta lo interpreta come «che scorre all'indietro», ma al di là dal fatto che l'espressione non sembra avere senso, la formazione è anomala, in quanto áps «scorrere» non dovrebbe dare ápso- in un composto. E poiché l'espressione compare unicamente al genitivo apsōrrhóou Ōkeanoîo (Ilías [XVIII: ]), West si chiede se non possa essere interpretato come ápsō rhóou Ōkeanoîo, «Apsū, la corrente di Ōkeanós» (West 1999).

I vari esiti semitici ci permettono di ricostruire, seppure con molta prudenza, un antico mito cosmogonico in cui l'universo primordiale è costituito da una massa acquea in doppia configurazione, maschile e femminile. In questo abisso liquido nascono le divinità, che poi provvedono a separare i loro genitori. Le acque femminili vengono spinte in cielo, per formare la volta delle acque superiori, quelle  che, secondo la cosmologia semitica, «sono sopra il firmamento» e si rivelano attraverso la pioggia; le acque maschili vengono invece respinte ai confini della terra, dove formano l'oceano esterno che circonda il mondo.

Il «divorzio» di Ōkeanós e Tēthýs sembra dunque riecheggiare la divisione delle acque primordiali presente nei miti semitici. In Grecia, perduto il senso cosmologico del racconto, tale divisione si è trasformata in un litigio che tiene i due coniugi separati l'uno dall'altra; ma in origine, quella separazione doveva avere un significato cosmogonico e cosmogonico. ①

Bibliografia
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  • VERNANT Jean-Pierre. Miti cosmogonici. Grecia. In: BONNEFOY Yves [cura]: Dictionnaire des Mythologies. Parigi 1981¹. → ID. [cura]. Dizionario delle mitologie e delle religioni, vol. 1. Milano 1989².
  • WEST Martin Lichtfield. The East face of Helicon. West Asiatic Elements in Greek Poetry and Myth. Oxford University Press, Oxford 1999.
BIBLIOGRAFIA
Intersezione: Aree - Holger Danske
Sezione: Miti - Asteríōn
Area: Ellenica - Odysseús
Testi di Daniele Bello.
Ricerche di Daniele Bello e Dario Giansanti.
Theogonía: traduzione di Daniele Bello.
Creazione pagina:03.07.2011
Ultima modifica: 21.11.2015
 
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