MITI

SLAVI
Russi

MITI SLAVI
VOL'GA VSESLAV'EVIČ
GUERRIERO E STREGONE
Tra gli eroi bylinici, Vol'ga Vseslav'evič è quello che presenta i tratti più arcaici e sfuggenti. Capace di incantesimi e di inaudite metamorfosi, Vol'ga si muove in un mondo profondamente intriso di paganesimo e vicino a quella che doveva essere l'originaria epica slava.
GLI ANTICHI DÈI
► I BOGATYRI DEL CICLO ARCAICO
► Vol'ga Veslav'evič
Mikula Seljaninovič
Svjatogor
I BOGATYRI DEL CICLO DI KIEV
Indice
MITI
SAGGI
Fonti
Bibliografia

1 - CONCEPIMENTO E NASCITA DI VOL'GA VSESLAV'EVIČ

a giovane knjažna Marfa Vseslav'evna passeggiava in un verde giardino. D'un tratto da una pietra balzò su un fiero serpente, che s'attorse intorno allo stivaletto di verde marocchino e intorno alla calza di seta. Il serpente batté la coda sulla bianca coscia della fanciulla e d'un tratto Marfa ebbe come un sobbalzo e si scoprì incinta.

Pochi mesi dopo ella partorì un figlio, il giovane eroe Vol'ga Vseslav'evič.

Il sole era tramontato, quando Vol'ga venne al mondo. Era notte, in cielo brillava la luna lucente e si infittivano tutte le stelle. La terra intera tremò: le fiere fuggirono nelle selve, gli uccelli si sparsero in volo sotto le coltri di nubi, uri e cervi varcarono le montagne, lepri e volpi si sparsero nei boschi, lupi ed orsi nelle abetaie, martore e zibellini nelle isole, i pesci si sparsero guizzando nel mare lucente.

2 - ISTRUZIONE DI VOL'GA VSESLAV'EVIČ

Vol'ga e la sua družina
  Illustrazione di Ivan Bilibin (1876-1942)

uando il piccolo Vol'ga Vseslav'evič aveva appena mezz'ora di vita, parlò alla madre, e la sua voce sembrava il rombo di un tuono:

Aj tu, signora, madre mia, o giovane Marfa Vseslav'evna! Non fasciarmi con fasce purpuree, né cingermi con cinte di seta, fasciami invece, madre mia, con una solida corazza di bulat, sul capo impetuoso metti un elmo d'oro, nella mano destra metti una clava, una clava pesante come piombo, pesante la clava trecento pud!

all'età di sette anni Vol'ga Vseslav'evič fu mandato ad imparare a leggere e scrivere, e a Vol'ga lo studio andò a genio.

Quando ebbe dieci anni, Vol'ga cominciò ad apprendere le grandi astuzie. Imparò la prima astuzia: apprese a trasformarsi in chiaro falco. Imparò la seconda astuzia: apprese a trasformarsi in lupo grigio. Imparò la terza astuzia: trasformarsi in un uro baio, corna d'oro. Vol'ga imparò tutte le astuzie e le furbizie, e poi imparò tutte le lingue. E a dodici anni finì il suo apprendistato.

E allora cominciò a radunare per sé una družina. La družina raccolse per tre anni, una družina di settemila prodi. Vol'ga aveva allora quindici anni, e quindici anni avevano tutti i prodi della sua družina. Così egli ebbe grande rinomanza nella grande città di Kiev.

3 - VOL'GA VSESLAV'EVIČ PARTE PER LE INDIE

Vol'ga Vseslav'evič
Illustrazione di Boris Ol'šanskij (1956-)
MUSEO: [Ol'šanskij]►

n giorno, lo car' delle Indie, Saltyk Stavrul'evič, vantando nella propria forza, decise di conquistare Kiev, di sciogliere in fumo le chiese di Dio, di demolire gli onorati monasteri.

Saputo della cosa, senza indugi Vol'ga Vseslav'evič partì con la sua prode družina verso il famoso reame indiano.

Dormiva la družina, ma non dormiva Vol'ga: eccolo trasformarsi in lupo grigio, correre e balzare tra oscuri boschi e abeti, abbattere animali con le corna. Nessuno scampo c'era per l'orso e per il lupo: pantere e zibellini erano le prede più ricercate ma Vol'ga non disdegnava nemmeno lepri e volpi. Così, Vol'ga procurò abiti per la prode družina, calzò, rivestì i bravi giovani. Tutti indossarono pellicce di zibellino e si cambiarono con pellicce di pantera.

Dormiva la družina, ma non dormiva Vol'ga: eccolo trasformarsi in chiaro falco e volare lontano sull'azzurro mare, dove abbatteva oche e bianchi cigni: non c'era scampo per le anatrelle grigie! Così egli abbeverò e nutrì la prode družina. Con Vol'ga al comando i cibi erano sempre variati, variati e prelibati.

4 - VOL'GA VSESLAV'EVIČ VA A SPIARE NEL PALAZZO DEL RE

 disse Vol'ga Vseslav'evič alla sua družina:

Vol'ga Vseslav'evič
Illustrazione di Andrej Klimenko (1956-)
MUSEO: [Klimenko]►

— Voi, prodi e bravi giovani! Non siete molti né pochi: settemila! Ma c'è tra voi, fratelli, uno capace di trasformarsi in un uro baio, che corra nel reame delle Indie, vada a spiare nel reame indiano, vada a spiare lo car' Saltyk Stavruvl'evič, l'impetuoso capo dei Batyevič?

Come foglia che sul prato posa, è tutta la družina che s'inchina. Gli rispondi i prodi bravi giovani: — In mezzo a noi non ce ne è uno capace, fuori che te, Vol'ga Vseslav'evič.

Allora quell'abile Vseslav'evič si trasformò in uro baio, corna d'oro, e corse verso il reame delle Indie. Col primo balzo saltò un'intera versta, al secondo balzo non lo trovarono più. Dopo, Vol'ga si trasformò in chiaro falco e spiccò il volo verso il reame indiano. Ed ecco, giunto nel reame indiano, egli calò sul palazzo di bianca pietra, il palazzo dello car' Saltyk Stavrul'evič.

Vi era nel palazzo un'ampia finestra con stipiti di legno e su quel davanzale si appollaiò il chiaro falco. Venti impetuosi sfioravano il ghiaccio e lo car' conversava con la carica.

Aj, tu, mia regina! Vuoi sapere una cosa ben curiosa? Non come da sempre cresce l'erba nella Rus', non già come da sempre cresce l'erba nella Rus'. Non come prima fiorivano i fiori, si vede che Vol'ga non è più tra i vivi. E allora io muoverò all'attacco della santa Rus'. E io prenderò nove città, che regalerò a nove dei miei figli, e a te porterò una preziosa pelliccia!

E disse la carica, la giovane Elena Aleksandrovna: — Aj, tu, mio glorioso sovrano delle Indie! Io so, conosco ciò che dici, come da sempre cresce l'erba nella Rus' e come prima fiorivano i fiori. Questa notte dormivo e ho sognato che da oriente veniva un piccolo uccellino, ma da occidente volò in picchiata un nero corvo. Vennero in volo nella sgombra pianura e fra loro cominciarono a lottare. Il piccolo uccellino col becco il nero corvo tutto spennò e tutte le penne disperse al vento.

Aj, tu, mia regina! — insistette il sovrano. — Presto io muoverò all'attacco della santa Rus'. E io prenderò nove città, che regalerò a nove dei miei figli, e a te porterò una graziosa pelliccia!

E disse la carica, la giovane Elena Aleksandrovna: — Aj, tu, mio glorioso sovrano delle Indie! Ti appresti a fare guerra contro la Rus', ma tu non sai, non sei informato, che brillò in cielo la luna lucente e nacque a Kiev un potente bogatyr', che di te, o car', sarà avversario!

— Ah diavolaccio! Lei dorme, lei vede cose in sogno! — sbottò Saltyk. E colpì la carica sulla bianca guancia e la scagliò sul pavimento di mattoni. — Ebbene, io muoverò all'attacco della santa Rus'. E io prenderò nove città, che regalerò a nove dei miei figli, e a te porterò una graziosa pelliccia!

Dalla finestra, Vol'ga porse ascolto a quelle parole. Si trasformò in lupo grigio e balzò nel cortile della scuderia e ai buoni destrieri, uno ad uno, lacerò la gola con un morso. Poi si tramutò in ermellino, corse nelle stanze del palazzo, nei sotterranei e nelle segrete, e trovate le armerie, rosicchiò le corde degli archi e le punte dei dardi roventi e al fucile [sic] portò via acciarini e bacchette e tutto sotto terra seppellì.

Tornò allora Vol'ga a trasformarsi in chiaro falco, e si librò alto, al di sotto dei cieli, e volò lontano, verso il campo aperto, verso la sua prode družina.

Le trasformazioni di Vol'ga Vseslav'evič
Illustrazione di Viktor Anatol'evič Korol'kov (1958-2004)

5 - ATTACCO AL REAME INDIANO

Vol'ga all'assalto del reame indiano
Illustrazione di Georgij Nikolaevič (n. 1943)

ornato alla sua prode družina, Vol'ga Vseslav'evič svegliò i suoi prodi bravi ragazzi: — Aj, voi, valorosa družina! Non più dormire, è tempo di levarsi! Andiamo nel reame delle Indie!

E giunse la družina dinanzi al palazzo di Saltyk Stavrul'evič. Ma solido è il muro di bianca pietra, ferree sono le porte cittadine, di rame i chiavistelli e i catenacci, giorno e notte ci sono sentinelle, c'è il portone di preziosa zanna di tricheco scolpito di intricati intagli, tra i quali intagli solo una formica potrebbe passare.

Si rattristarono tutti i bravi giovani, si rattristarono e si rammaricarono, presero a fare questi discorsi: — Dovranno cadere invano le nostre teste: come passare per questo muro?

Il giovane Vol'ga fu perspicace. Egli stesso si trasformò in formica, mutò in formiche tutti i bravi giovani. Passarono così il muro di bianca pietra e subito furono dall'altro lato, nel glorioso reame indiano. E Vol'ga tutti li rimutò in bravi giovani, già pronti per la battaglia.

Ed a tutti Vol'ga diede istruzioni: — Aj, voi, prode družina! Marciate adesso nel reame indiano! Sgozzate il vecchio e il giovane, e non lasciate nel regno anima viva. Soltanto lasciate, non molte né poche, settemila appetitose belle fanciulle, una per ciascuno di voi!

Marciò allora la družina nel regno delle Indie. I bravi giovani sgozzarono il vecchio e il giovane e solo risparmiarono, a loro scelta, settemila appetitose belle fanciulle.

6 - VITTORIA DI VOL'GA VSESLAV'EVIČ

La vittoria di Vol'ga
Illustrazione di Boris Ol'šanskij (1956-)
MUSEO: [Ol'šanskij]►

entre la družina metteva a ferro a fuoco il reame indiano, Vol'ga corse verso il palazzo dello car' delle Indie. Aveva, il palazzo, la porta di ferro: lucchetti e ganci di bulat dorati. Parlò allora Vol'ga:

— Si spezzino pure le gambe, la porta va aperta!

Prese a calci la porta di ferro, spaccò tutti i ganci di bulat.

E afferrato lo car' per le sue bianche mani, il glorioso sovrano delle Indie, Saltyk Stavrul'evič, Vol'ga gli disse in volto: — Nessuno mai picchia o punisce voi, maestà!

E lo prese e lo sbatté sul pavimento di mattoni, riducendolo in briciole di sterco.

Poi Vol'ga stesso s'insediò come nel palazzo. Si autonominò car' delle Indie e prese in moglie la bella carica Elena Aleksandrovna. I prodi della sua družina sposarono settemila appetitose belle fanciulle e divennero artigiani e mercanti. Per loro Vol'ga procacciò oro e argento e distribuì mandrie di mucche e splendidi cavalli, ed a ogni fratello ne dette centomila.

Fonti
1-6 Kirša Danilov: Drevnie rossijskie [6]: Volch Vseslav'evič
P.I. Rybnikov: Pěsni sobrannyja [1]: O Vol'gě Buslaevičě

I - VOL'GA/VOLCH VSESLAV'EVIČ

Vol'ga Vseslav'evič
Illustrazione di Konstantin Alekseevič Vasil'ev (1942-1976)

Il nome dell'eroe è, in tutte le fonti, Vol'ga [Вольга]. Fa eccezione, il testo settecentesco di Kirša Danilov, di fatto la versione più antica della bylina, dove il nome dell'eroe compare nella lezione Volch [Волхъ] (Drevnie rossijskie [6]). Il collegamento di questa forma con la parola paleorussa volchvŭ «stregone» è abbastanza evidente (tanto che, in alcune edizioni, il nome dell'eroe viene fornito al genitivo proprio nella lezione Volchva).

Degli eroi conosciuti alle byliny, Vol'ga Vseslav'evič è quello che più di ogni altro esibisce caratteri arcaici, riflettenti un mondo di paganesimo e sciamanesimo altrimenti scomparso. Figlio di un serpente [změj], Vol'ga Vseslav'evič è soprattutto un abile stregone, capace delle più inaudite metamorfosi, conoscitore del linguaggio degli animali. Certo, è un anche abile guerriero, ma lo vediamo combattere con la magia piuttosto che con la forza e il valore. Insieme a Svjatogor e a Mikula Seljaninovič, è una figura molto antica che ha trovato posto in epoca più tarda nelle byliny russe. È molto diverso dai bogatyri del ciclo kievano, come si può notare per la brama di ricchezza e per la sete di sangue che lo contraddistingue, oltre che per le sue «astuzie»: la capacità di trasformarsi a suo piacimento in qualsiasi animale. Già Dumézil lo associa, a causa del suo carattere magico e sciamanico, col dio norreno Óðinn.

Diverse e contrastanti sono le opinioni degli studiosi per quanto concerne l'interpretazione della figura di Vol'ga. I più numerosi, lo collegano a personaggi storici o semi-storici, come il reggente Olegŭ Veščij di Kiev o il principe-stregone Vseslavŭ Brjačislavovičŭ di Polock. Altri, pur non escludendo relazioni con personaggi storici, hanno cercato in Vol'ga e nella sua bylina tratti ancora più antichi, perdendosi in teorie riguardo a culti panslavi del lupo o simili (Jakobson 1949 | Jakobson 1966). Altri ancora hanno negato la validità degli argomenti addotti dagli «storicisti», sostenendo che i parallelismi tra la figura di Vol'ga e quelle dei personaggi storici siano puramente formali e causali (Propp 1978) e hanno voluto vedere in Vol'ga il riflesso di un'epoca in cui gli Slavi erano ancora organizzati in società tribali che vivevano di caccia e di bottino.

In realtà sono i personaggi storici che, nella rielaborazione posteriore, «attirano» su di sé aspetti o particolari di antichissimi mitemi. Nell'area indoeuropea, non è difficile trovare analoghi personaggi. Il gallese Gwydion è un ottimo esempio di mago-sciamano capace di ardite metamorfosi. In tutti i casi abbiamo un personaggio dallo spiccato carattere odinico: un guerriero reso invincibile non dal proprio valore, bensì dalla magia e dalle incredibili astuzie di cui è capace.

II — LE FONTI E LE VARIANTI

La bylina su Vol'ga Vseslav'evič è assai diversa da quelle del ciclo di Kiev, e non solo per lo stile e l'atmosfera. Vol'ga non è l'eroe solitario che vaga a cavallo per i confini della Rus', come saranno in seguito un Il'ja Muromec o un Dobrynja Nikitič. È piuttosto il giovane capo di un esercito di giovani prodi che parte a piedi per attaccare un paese straniero, ne massacra spietatamente gli abitanti e lo conquista; uccide il re nemico e ne sposa la regina vedova (dotata di capacità profetiche) per poi regnare al suo posto.

È stato forse proprio a causa dell'atmosfera paganeggiante e della ricchezza di motivi precristiani, che la bylina di Vol'ga Vseslav'evič non ha goduto di molta popolarità. Rispetto ad altre byliny di cui conosciamo centinaia di versioni, della bylina di Vol'ga ne sono state infatti registrate solo undici; anche se poi, a conti fatti, si riassumono in cinque varianti autonome (Propp 1978).

  1. Kirša Danilov: Drevnie rossijskie [6]
  2. Rybnikov: Pěsni sobrannyja [1 | 2]
  3. Hilferding: Onežskie byliny [15 | 91]
  4. Guljaev: Byliny i istoričeskie pesni [35]
  5. Ončunov: Pečorskie byliny [84]
  6. Markov: Belomorskie byliny [51]
  7. Krjukova: Byliny [I: 39]
  8. Sokolov: Onežskie byliny [48]
  9. Konaškov: Skazitel [12]

Le uniche due conservate integralmente sono quella presente della raccolta di Kirša Danilov (Drevnie rossijskie [6]: Volch Veslav'evič), e quella che apre la raccolta di P.I. Rybnikov (Pěsni sobrannyja [1]: O Vol'gě Buslaevičě). Una trascrizione di quest'ultima è presente nella raccolta di Aleksandr F. Hilferding (Onežskie byliny [91]: Vol'ga).

Rybnikov registra un'ulteriore variante (Pěsni sobrannyja [2]: O Vol'gě Veslav'evičě), di cui tuttavia rimane però solo la parte centrale. Essa è molto simile a una breve versione registrata da Aleksandr F. Hilferding (Onežskie byliny [15]: Vol'ga).

Frammentarie sono anche la versione di Guljaev e quella di Ončunov. La versione di Konaškov, anch'essa frammentaria, è identica alla versione di Sokolov. La versione della Krjukova risulta essere una rielaborazione del testo di Danilov.

Le due versioni complete della bylina (Danilov [6] e Rybnikov [1] = Hilferding [91]) presentano un'identica trama. Le poche differenze riguardano solo dettagli minori; alcuni particolari sono più o meno sviluppati nell'una o nell'altra versione. La differenza più importante è il nome stesso del protagonista, che è Volch Vseslav'evič nella versione di Danilov ma Vol'ga Buslaevič in quella di Rybnikov. I due nomi, per quanto simili, sembrano avere differente origine ed etimologia, ma il protagonista è evidentemente lo stesso: un individuo fornito di poteri soprannaturali, dedito alla caccia e alla guerra, il quale ha compiuto una vittoriosa spedizione contro un sovrano straniero.

Entrambe le versioni della bylina iniziano con la nascita di Volch/Vol'ga ma, mentre in quella di Danilov si narra la storia del concepimento miracoloso della principessa Marfa, nella versione di Rybnikov la principessa non è nemmeno nominata, né si fa riferimento al giardino o al serpente: ci si limita a dire che Vol'ga nacque dopo il tramonto del sole. Tuttavia, mentre la versione di Danilov ci informa che Volch fu istruito in tutte le «astuzie», la versione di Rybnikov aggiunge l'interessante particolare che Vol'ga fu istruito anche nella conoscenza di ogni sorta di «linguaggio».

Nella terza versione della bylina (Rybnikov [2] ≈ Hilferding [15]), l'eroe ha nome Vol'ga Vseslav'evič: qui i dettagli della nascita non sono narrati e il testo si apre con Vol'ga già in viaggio con la sua družina.

Diversa è la destinazione della spedizione. In Danilov [6] la družina si reca in India, dove risiede lo car' Saltyk Stavruvl'evič, insieme alla sua bella sposa Elena Aleksandrovna. In Rybnikov [1] = Hilferding [91], è diretta alla volta della Turchia, il cui sovrano è chiamato semplicemente «sultano turco» [turec-santal], ma la sposa è conosciuta col patronimico di Pantalovna. In Rybnikov [2] ≈ Hilferding [15], si parla invece del Mar Caspio e dell'Orda d'Oro; il sovrano ha nome Saltan Beketovič, mentre la principessa viene chiamata Davyd'evna.

Il viaggio di Volch/Vol'ga e del suo esercito verso il reame straniero è affine nelle varie versioni e, in tutte, il testo si dilunga sulle trasformazioni del protagonista e sul suo ruolo nella caccia di animali selvatici onde nutrire e vestire la družina, anche se nel testo di Danilov questo avviene nel corpo della spedizione e in quello Rybnikov prima della partenza della družina.

Assai interessante il colloquio tra il re e la regina, a cui Vol'ga, trasformato in falco, assiste dalla finestra della reggia. La versione di Rybnikov presenta un dialogo molto più elaborato e ricco di particolari. Qui, il sultano turco afferma che intende invadere la Rus' e conquistare nove città da donare ad altrettanti dei suoi figli. La regina Pantalovna ha avuto però un sogno premonitore, nel quale ha visto un uccellino strappare le penne a un nero corvo, ed è ovvio che il corvo simboleggia il sultano turco, che è in procinto di attaccare la Rus' (il colore nero nella simbologia bylinica significa «non russo, non ortodosso, straniero» ed è colore tradizionalmente legato agli invasori pagani), mentre l'uccellino altri non è che lo stesso Vol'ga, campione della santa Rus', destinato a sconfiggere il corvo. Per tre volte, in Rybnikov [1], il sultano accenna al suo progetto di attaccare la Rus' e ogni volta la regina Pantalovna lo avverte che andrà incontro a una disfatta. Infuriato, il sultano la colpisce in volto e la scaglia al suolo.

La versione di Danilov non riferisce alcun dialogo tra i due sovrani indiani, e la carica Elena Aleksandrovna non sembra aver avuto alcun sogno premonitore. Ella semplicemente avverte lo car' Saltyk Stavruvl'evič che i suoi sogni di invadere la Rus' andranno incontro a una disfatta: il testo non riferisce la reazione del sovrano né fa intendere che la carica venga percossa. Tuttavia, alla fine del racconto di Danilov, quando Volch ha catturato lo car', gli sibila in volto: «Nessuno mai picchia o punisce voi, maestà!» [A i vas-to, carei, ne ne byot, ne kaznjat] e lo sbatte al suolo, uccidendolo. Questo dettaglio, presente soltanto in Danilov, acquista un senso solo se teniamo conto del racconto di Rybnikov, in cui Vol'ga aveva visto lo car' colpire la carica, spiegando la ragione per cui Volch riservi a Saltyk lo stesso brutale trattamento. Se non conoscessimo la versione di Rybnikov, la battuta di Volch nella versione di Danilov sarebbe del tutto incomprensibile.

Aggiungiamo, a puro titolo di curiosità, che Lev Nikolaevič Tolstoj, nel terzo dei suoi Russkie knigi dlja čtenija, «Quattro libri di lettura» (✍ 1875), fornisce una versione personale di questa bylina, ottenuta combinando la versione di Danilov con le due presenti nella raccolta di Rybnikov (Tolstoj 1875).

III — IDENTIFICAZIONI STORICHE

Molti i personaggi storici o semi-storici che gli studiosi hanno associato con successo a Vol'ga Vseslav'evič.

Olegŭ appende lo scudo alle porte di Costantinopoli
Illustrazione di Fedor Antonovič Bruni (1799-1875)
1839

Vi è innanzitutto il voevoda Olegŭ († 912), che fu il tutore del futuro gran principe Igorĭ Rjurikovičŭ e, in seguito, fu principe-reggente a Kiev e sferrò un attacco a Costantinopoli. Non sfugge che il nome dell'eroe bylinico, Vol'ga, altro non sia che una versione del nome russo Oleg, il quale al femminile dà infatti Ol'ga. Questo nome è a sua volta derivato da un norreno Helgi «consacrato». Inoltre, Olegŭ era chiamato věščij, cioè «saggio, detentore di poteri occulti» (Se pověsti vremjan ĭnichŭ lětŭ [6387]), e morì a causa del morso di un serpente.

Tutti questi elementi furono, fin dai primi studi, messi a confronto con quelli presenti nella vicenda bylinica di Volch/Vol'ga. Vladimir Propp riporta che «la maggioranza degli studiosi fa ascendere la figura di Volch a quella di Olegŭ. Le argomentazioni a favore di questa affermazione sono le seguenti: la somiglianza del nome, e la fama di Olegŭ quale saggio, che corrisponderebbe alla saggezza di Volch che sa trasformarsi in animale. La leggendaria campagna di Olegŭ contro Costantinopoli viene messa a confronto con la campagna epica di Volch in India. La morte di Olegŭ ad opera del serpente viene confrontata con la nascita di Volch da un drago» (Propp 1978).

Anche se indubbiamente vi sono molti punti di contatto tra la vicenda semi-storica di Olegŭ e quella mitica di Volch, l'attinenza non ci sembra così rigorosa. Il personaggio storico morì a causa del morso di un serpente e quello mitico nacque grazie all'intervento di un serpente: ci si può chiedere quanto questi due episodi siano tra loro confrontabili. A rigore, non basta la presenza di un serpente per creare un'omologia tra due eventi dissimili e opposti tra loro quali una morte e una nascita. Inoltre, è da rilevare che un episodio romanzesco come la morte di Olegŭ non abbia avuto alcun riscontro nella bylina, dove si narra unicamente della vittoria di Volch.

È vero invece che il trionfo di Olegŭ su Costantinopoli ebbe grande risonanza nella memoria collettiva: la cronaca di Nestore, Se pověsti vremjan ĭnichŭ lětŭ, c'informa che, dopo quella vittoria, le genti russe, pagane e ignare della vere fede, chiamarono «mago» il loro condottiero Olegŭ. Questi aveva appeso il proprio scudo sopra le porte dell'inespugnabile Costantinopoli, laddove Volch aveva tramutato la propria družina in formiche ed era penetrato con esse nell'inespugnabile reame indiano. Fermo restando che l'attacco di Olegŭ a Costantinopoli possa aver ispirato quello di Volch contro il reame indiano, ci si può chiedere quanto la sapienza e la fama di mago di Olegŭ possano giustificare le inaudite trasformazioni di Volch.

A questo proposito, c'è un altro personaggio storico (o piuttosto semi-storico) col quale è possibile stabilire interessanti paralleli con la figura di Volch/Vol'ga, compreso il motivo stesso delle metamorfosi. Si tratta del principe Vseslavŭ Brjačislavovičŭ di Polock, di cui tratta il Codice Laurenziano della Se pověsti vremjan ĭnichŭ lětŭ. Costui fu generato dalla madre per magia e nacque con la membrana amniotica che aderiva al capo: su consiglio degli stregoni, quella membrana gli fu attaccata al collo: «la porta ancora oggi Vseslavŭ su di sé: ed è per questo che è così spietato nello spargere il sangue» (Se pověsti vremjan ĭnichŭ lětŭ [Codice Laurenziano: 6552]). Vseslavŭ combatté a lungo contro i principi di Kiev ed era in grado, secondo un passo assai suggestivo dello Slovo o pŭlku Igorevě, di trasformarsi lui stesso in lupo:

Всеславъ князь людемъ судяше, княземъ грады рядяше, а самъ въ ночь влъкомъ рыскаше: изъ Кыєва дорискаше до куръ Тмутороканя, великому Хръсови влъкомъ путь прерыскаше. Vseslavŭ knjazĭ ljudemŭ sudjaše knjazemŭ grady rjadjaše, a samŭ vŭ nočĭ vlŭkomŭ ruskaše: izŭ Kyėva doriskaše do kurŭ Tmutorokanja, velikomu Chrŭsovi vlŭkomŭ putŭ preryskaše. Il principe Vseslavŭ amministrava la giustizia, e governava i principi delle città, nella notte però galoppava come lupo, prima del canto del gallo correva da Kiev fino a Tmutorokan' e tagliava la strada al grande Chrŭsŭ.
Slovo o pŭlku Igorevě [88]

Non vi sono, nella biografia guerresca e sanguinosa di Vseslavŭ Brjačislavovičŭ, invasioni e battaglie che ricordino direttamente l'invasione di Volch al reame indiano: a essere confrontabili sono piuttosto gli stessi personaggi. Come il mitico Volch/Vol'ga, anche Vseslavŭ è un condottiero assetato di sangue, nato per via di arti stregonesche e in grado di tramutarsi in animale. Se questo non bastasse, si noti come il patronimico Vseslav'evič faccia diretto riferimento allo stesso Vseslavŭ quale padre o antenato di Volch/Vol'ga (segnalare un personaggio con un patronimico è un modo col quale nella tradizione popolare si vuole sottolineare una particolare affinità).

L'opera conclusiva su Vol'ga Vseslav'evič, in questo senso, è quella di Roman Jakobson, che all'eroe bylinico ha dedicato un saggio magistrale di cui analizzeremo alcune conclusioni. Jakobson parte dall'ipotesi che le tre opere che trattano di questo personaggio (il Codice Laurenziano della Se pověsti vremjan ĭnichŭ lětŭ, lo Slovo o pŭlku Igorevě e la bylina Vol'ga Vseslav'evič) si possano ricondurre a un archetipo comune, forse un poema epico andato perduto o una bylina non tramandata per intero. Jakobson non ha dubbi che alla base della figura di Vol'ga Vseslav'evič vi sia Vseslavŭ Brjačislavovičŭ, principe di Polock, e fa di questa convinzione un'ipotesi di lavoro che riesce a supportare con una serie di argomenti assai convincenti (Jakobson 1949). L'archetipo supposto da Jakobson avrebbe lasciato la propria traccia anche nel Codice Laurenziano, nella quale al di là dei fatti qui narrati con normale stile annalistico egli riscontra degli inconfutabili tratti epici. Così Jakobson ricostruisce l'archetipo del mito:

«Il figlio di una principessa e di un serpente nasce con un cappuccio di amnio, che egli porta poi indosso per indicazione degli indovini. Si profetizzano il suo potere sovrannaturale e il suo bisogno di sangue e ciò fa tremare sia la madre naturale di Vseslavŭ che la madre-terra. Vseslavŭ cresce con un ritmo miracoloso e la stessa velocità magica contrassegna tutte le sue imprese. Possedendo il dono dell'ambivalenza, Vseslavŭ domina l'arte della metamorfosi e conduce la doppia vita di principe e di lupo mannaro. È onnipresente, estremamente abile e prodigioso: la fortuna del cacciatore accompagna la sua rapace e avventurosa smania di potere sul regno animale e su quello dell'uomo. Invano le sue vittime predestinate tentano di sfuggirgli. Strettamente alleato con le forze delle tenebre, Vseslavŭ minaccia lo stesso sole. Dove egli giunge, correndo in forma di lupo, la terra si macchia di sangue e fantasmi vampireschi aleggiano sulla sua dimora. Gloria e dolore sono inseparabilmente fuse nel corso della sua vita di lupo mannaro, cacciatore e preda, persecutore e perseguitato ad un tempo.» (Jakobson 1949 | Saronne ~ Danil'čenko 1997).

La ricostruzione del mito operata da Jakobson pecca forse di eccesso di fantasia: molti dettagli derivano da interpretazioni di passi assai laconici del Codice Laurenziano della Se pověsti vremjan ĭnichŭ lětŭ e dello Slovo o pŭlku Igorevě, ma la teoria di Jakobson rimane a tutt'oggi la migliore: il mito perduto di un sanguinario principe-stregone, capace di tramutarsi in lupo, alla base tanto della sinistra figura di Vseslavŭ Brjačislavovičŭ quanto di quella dell'eroe bylinico Vol'ga Vseslav'evič.

IV — IL CONCEPIMENTO SOPRANNATURALE DELL'EROE

Prendiamo ora in esame l'episodio della nascita di Volch Vseslav'evič, nella versione di Danilov. Egli è il frutto di un concepimento soprannaturale. La knjažna Marfa Vseslav'evna passeggiava in un verde giardino – così racconta la bylina – quando da una pietra balzò su un serpente che s'attorcigliò intorno alla gamba della fanciulla e le batté la coda sulla coscia. In tal modo la knjažna concepì un figlio.

La scena del concepimento di Volch, presente unicamente nella versione della bylina contenuta nella raccolta di Kirša Danilov, è pervasa da un'atmosfera magica e sensuale. Merita di essere esaminata nei dettagli:

По саду, саду зеленому,
ходила-гуляла молода княжна
Марфа Всеславьевна,
она съ каменю скочила на лютова змѣя;
обвивается лютой змѣй
около чебота зеленъ сафьянъ,
около чулочика шелкова,
хоботомъ бьетъ по бѣлу стегну.
А втапоры княгиня поносъ понесла,
а поносъ понесла и дитя родила.

Po sadu, sadu zelenomu,
chodila-guljala moloda knjažna
Marfa Vseslav'evna,
ona s kamenju skočila na ljutova změja;
obvivaetsja ljutoj změj
okolo čebota zelen saf'jan,
okolo čuločika šelkova,
chobotom b'et po běly stegny.
A vtapory knjaginja ponos ponesla,
a ponos ponesla i ditja podila.

In un giardino, in un verde giardino,
passeggiava una principessa,
la principessa Marfa Vseslav'evna;
da una pietra saltò su un fiero serpe,
in spire s'attorce il fiero serpe
allo stivale di verde marocchino,
tutt'intorno alla calza di seta,
con la coda sferza la sua bianca coscia.
A quel punto concepì la principessa
s'ingravidò e die' alla luce un figlio.

Kirša Danilov: Drevnie rossijskie [6] > Volch Vseslav'evič [1-10]

Già la presenza di un serpente in un giardino dovrebbe farci rizzare le orecchie. In effetti non si può dubitare che gli elementi presenti in questa scena siano antichissimi. Il serpente, di per sé, è uno dei più complessi ed elusivi simboli in assoluto. E, se è difficile dire cosa rappresenti il serpente in generale, più ancora lo è nel dettaglio del concepimento soprannaturale della principessa Marfa. Che il serpente sia un simbolo fallico è ovvio, ma nel nostro lavoro non aiuta molto vedere il serpente semplicemente quale sostituto dell'elemento maschile. D'altra parte, il serpente è anche un essere legato al tema della rinascita. Il serpente non muore, ma abbandona la sua pelle e risorge giovane: un concetto antichissimo, presente già nell'epopea di Gilgameš. Per questa ragione, forse, il serpente rappresentava, per diversi popoli indoeuropei, l'antenato clanico della famiglia; molti autori ci parlano dell'uso dei Balti di allevare in casa dei serpenti domestici («quasi dei Penati» dice Lasicki), uso che aveva delle corrispondenze anche nel mondo romano. Se così è, il mito della nascita di Volch può essere avvicinato a quello romano della nascita di re Servius Tullius, che fu generato dall'antenato della stirpe tramite un grosso fallo che sorse su dal larario.

Nelle leggende e nelle favole russe, la parola změj viene utilizzata sia nell'accezione di «serpente» che in quella di «drago». Le due accezioni vengono a confondersi nella figura indeterminata di un essere malvagio e in odore di paganesimo. In molti racconti slavi (ad esempio nella bylina di Michajlo Potyk), lo změj è una creatura ipoctonia che possiede le acque della vita e della morte,e dunque il segreto dell'immortalità.

Nella tradizione popolare russa, inoltre, lo změj è impiegato come simbolo delle forze anti-cristiane e rappresenta la tentazione al peccato, il pericolo di un ritorno del paganesimo attraverso la stregoneria o altre pratiche occulte legate al passato. Da un punto di vista cristiano, il concepimento per opera dello změj (serpente o drago) è l'opposto del concepimento verginale ed è probabilmente metafora poetica per indicare il frutto di un amore illegittimo. Nelle cronache storiche, il principe Svjatopolk Vladimirevič era considerato maledetto soprattutto per essere figlio del peccato. La lotta del bogatyr' contro il serpente/drago va dunque considerata come una lotta contro il peccato della carne o, più genericamente, contro il paganesimo che tale peccato autorizzava (Saronne ~ Danil'čenko 1997).

Essendo figlio di una principessa e di uno změj, Volch si muove in bilico tra due mondi. Il suo sangue è sangue pagano, stregonesco, magico. Egli ha poteri sciamanici, parla il linguaggio degli animali, è una sorta di lupo mannaro capace di inaudite trasformazioni. È un eroe che il popolo può ammirare... ma certo non amare.

Ma proseguiamo con la bylina. Così prosegue la versione di Danilov:

А и на небѣ просвѣтя свѣтелъ мѣсяцъ,
а в Кіевѣ родился могучъ богатырь,
какъ бы молоды Вольхъ Всеславьевичь.

A i na nebě prosvětja světel měsjac,
a v Kǐevě rodilsja moguč bogatyr',
kak by molody Vol'ch Vseslav'evič'.

E in cielo risplendé la luce della luna
e nacque a Kiev un possente bogatyr'
e fu quegli il giovane Volch Veslav'evič

Kirša Danilov: Drevnie rossijskie [6]: Volch Vseslav'evič [8-10]

La nascita dell'eroe è accompagnata dallo splendore della luna nel cielo. Secondo l'interpretazione di Bruno Meriggi, la luna (mesjac: maschile nelle lingue slave) che presiede alla nascita del bogatyr' potrebbe essere l'avo lunare in quanto, secondo lo studioso, nell'astro notturno si soleva scorgere una raffigurazione dell'antenato clanico (Meriggi 1974). Ma a ben guardare, nulla nel testo fa pensare che Volch guardasse alla luna come proprio antenato: la teoria di Meriggi è probabilmente viziata dalle vecchie interpretazioni astrali. Tanto più che nella versione di Rybnikov, che inizia con la nascita dell'eroe, non vi è alcun riferimento alla luna:

Закатилось красное солнышко
за горушки высорія, за моря за широкǐя,
разсаждалися звѣзды
     частыя по свѣтлу небу:
порождался Вольга сударь Буславлевичь
на матушка на святой Руси

Zakatilos' krasnoe solnyško
za goruški vysorija, za morja za širokǐe,
razsaždalisja zvězdy 
     častyja po světlu nebu:
poroždalsja Vol'ga sudar' Buslavlevič'
na matuška na svjatoj Rusi.

Tramontò il bel solicello
dietro gli alti monti, dietro i vasti mari,
fitte si spargevano le stelle
     a sedere per il limpido cielo
e nasceva ser Vol'ga Buslavlevič
nella santa madre Rus'.

P.I. Rybnikov: Pěsni sobrannyja [1]: Vol'ga Buslavl'evič [1-5]

Ciò che è comune ai due testi è piuttosto il fatto che Volch/Vol'ga venga alla luce dopo il tramonto del sole, di notte. Si tratta probabilmente di un'indicazione della natura eversiva e stregonesca dell'eroe. Se d'altra parte il sole è simbolo visibile del monoteismo cristiano sembra ovvio che il paganesimo sia sotto gli auspici della notte lunare e stellata. Anche di Vseslavŭ Brjačislavovičŭ si diceva si muovesse col favore delle tenebre: balzava via da Belgorod a mezzanotte e nella notte vagava come lupo «prima che cantassero i galli» (Slovo o pŭlku Igorevě [84-91]). Nel Codice Laurenziano della Se pověsti vremjan ĭnichŭ lětŭ, l'intera scena che riguarda il principe-stregone di Polock è avvolta da una luce sinistra: «in quel periodo anche il sole era mutato, non era luminoso, ma era come la luna; gli ignoranti dicevano che era stato divorato». Questo sinistro presagio fa il paio con l'eclisse di cui tratta lo Slovo o pŭlku Igorevě, ma questo non ci autorizza a intendere – come hanno invece suggerito Saronne e la Danil'čenko – la scena lunare della bylina di Volch/Vol'ga come indicazione di un'eclisse.

Subito dopo, in entrambe le versioni, accade qualcosa:

Подрожала сыра земля,
стряслося славно царство Индѣйское,
а и синея моря сколыбалося
для-ради рожденія богатырскова,
молода Вольха Всеславьевича;
рыба пошла въ морскую глубину,
птица полетѣла высоко въ небеса,
туры да олени за горы пошли,
зайцы, лисицы по чащицамъ,
а волки, медвѣди по ельникамъ,
соболи, куницы по островамъ.

Podrožala syra zemlja,
strjaslosja slavno carstvo Indějskoe,
a i sineja morja skolybalosja
dlja-radi roždenǐja bogatyrskova,
moloda Vol'cha Vseslav'eviča;
ryba pošla v morskuju glubinu,
ptica poletěla vysoko v nebesa,
tury da oleni za gory pošli,
zajcy, lisicy po čaščicam,
a volki, medvědi po el'nikam,
soboli, kunicy po ostrovam.

Sussultò la feconda madre terra
si scosse dell'India il glorioso reame,
nel mare azzurro si levaron l'onde
poiché era nato un grande bogatyr'
il giovin Volch Veslav'evič;
si sprofondò il pesce nel fondo del mare
trasvolò l'uccello nell'alto del cielo
migrarono oltremonte cervi ed uri
per le macchie si sparser lepri e volpi
si sparser per le selve lupi ed orsi
e per l'isole zibellini e martore.

Kirša Danilov: Drevnie rossijskie [6]: Volch Vseslav'evič [11-13]

La nascita dell'eroe, descritta qui con particolare enfasi, è accompagnata da scene di terrore su tutta la terra e, subito dopo la venuta al mondo del futuro mago, la terra ha un tremito, il mare comincia ad ondeggiare, i pesci fuggono negli abissi, gli uccelli si ritirano nell'alto dei cieli, gli animali terrestri si nascondono oltre i monti, nei boschi, nelle isole. Simili sconvolgimenti non sono inusuali alla nascita di un eroe, ma preludono più ad un evento che condurrà il mondo attraverso un mutamento epocale.

Che cosa vi sia alla base della leggenda, è difficile dirlo. Antichissimi elementi sono rimasti incagliati nella bylina di Volch/Vol'ga: possiamo indicarne i passaggi più suggestivi, ma è arduo districarne il significato originale.

V - MAGIA E SCIAMANESIMO NELLA BYLINA DI VOL'GA

Secondo le credenze degli Slavi si diveniva maghi, nella maggior parte dei casi, apprendendo i segreti di un vecchio koldun «stregone». Il testo di Danilov, sotto questo riguardo, non dice niente di esplicito. Se tuttavia confrontiamo i versi che si riferiscono all'istruzione di Volch/Vol'ga con quelli mediante i quali, nella stessa raccolta, viene descritta l'educazione di un altro eroe, Dobrynja Nikitič, possiamo notare dei particolari interessanti.

Innanzitutto l'istruzione di Dobrynja avviene in una sola fase: all'età di sette anni egli impara a leggere e a scrivere, poi, a venti anni, comincia già a girare con la sua družina. Quella di Volch/Vol'ga si svolge invece in due tempi distinti: a sette anni anch'egli apprende a leggere e scrivere; ma a dieci impara le «astuzie», cioè a trasformarsi in falco, in lupo, in uro: questo è appunto il periodo iniziatico. Bruno Meriggi osserva a questo riguardo che, mentre nel caso di Dobrynja è detto che «lo mise sua madre ad imparare a leggere e scrivere» [prisadila ego matuška gramote učit'sja], a proposito di Volch/Vol'ga si dice che «lo affidò sua madre a imparare a leggere e scrivere» [otdavala ego matuška gramote učit'sja]. Sembra che il cantore desideri sottolineare il fatto che l'eroe sia stato «affidato» a qualcuno, affinché venisse istruito (Meriggi 1974). Una conferma a questa interpretazione viene fornita in Rybnikov [1], dove l'istruzione dell'eroe ha luogo fuori casa.

И пошелъ Вольга сударь Буслаевич
обучаться всякихъ хитростей-мудростей,
и всякихъ языковъ разныихъ;
задался Вольга сударь Буслаевичь
     на семь годъ,
а прожилъ двенадцать лѣтъ,
обучался хитростямъ, мудростямъ,
всякихъ языковъ разныимъ.

I pošel Vol'ga sudar' Buslaevič ,
obučat'sja vsjakich chitrostej-mudrostej,
vsjakich jazykov on raznyich;
zadalsja Vol'ga sudar' Buslaevič'
     na sem' god,
a prožil dvenadcat' lět,
obučalsja chitrostjam, mudrostjam,
vsjakich jazykov raznyim.

E se n'andò ser Vol'ga Buslaevič
ad apprendere ogni astuzia e sapienza
e anche ogni sorta di linguaggio.
E andò come apprendista
     ser Vol'ga Buslaevič a sette anni
e visse dodici anni
apprendendo ogni astuzia e sapienza
e ogni sorta di linguaggio.

P.I. Rybnikov: Pěsni sobrannyja [1]: Vol'ga Buslavl'evič [12-18]

«E andò come apprendista ser Vol'ga Buslavlevič a sette anni» [zadalsja Vol'ga sudar' Buslaevič' na sem' god]. Zadal'sja è un verbo tecnico che significa appunto «andare come apprendista presso qualcuno» (Meriggi 1974).

Da sottolineare un altro importante dettaglio rammentato dal testo di Rybnikov: qui Vol'ga apprende non soltanto tutte le possibile astuzie, ma anche varie lingue, e il particolare, come abbiamo visto, è riferito due volte. Ora, poiché il resto del racconto ci parla del potere esercitato dall'eroe sulla natura, le «lingue» da lui apprese sono presumibilmente quelle degli animali, i quali saranno sottoposti alla sua volontà. Questo particolare ci porta in una sfera di precisi poteri soprannaturali e avvalora l'ipotesi che l'istruzione di Volch/Vol'ga descriva in sostanza, benché i cantori non se ne rendano più conto, una vera e propria iniziazione magica e sciamanica.

Se si accetta quest'interpretazione, i particolari della spedizione esplorativa compiuta dal bogatyr' alla corte nemica acquistano un improvviso valore simbolico. Secondo Rybnikov [1], Vol'ga si tramuta in uccello e vola verso il palazzo del sultano turco; secondo Danilov [6], Volch si trasforma in uro, poi in falco e, come falco, va a sentire i discorsi dello car' indiano con la propria moglie. I piani del nemico vengono pertanto scoperti dall'eroe tramutato in uccello. Ora bisogna considerare che è diffusa in tutto il mondo la credenza secondo la quale chi riesce ad apprendere il linguaggio degli animali (e in primo luogo degli uccelli) viene automaticamente a conoscenza dei segreti della natura e risulta dotato di capacità profetiche. Per tre volte, in tre momenti particolarmente rilevanti, il testo di Danilov chiama Volch con l'aggettivo dogadliv. Quest'aggettivo (rendibile con «perspicace») indica la facoltà di penetrare col pensiero nella sostanza delle cose, di intenderne l'essenza, di trovare una soluzione a qualche problema. Avendo appreso il linguaggio degli uccelli e la capacità di trasformarsi egli stesso in uccello, il bogatyr' avrebbe dunque potuto acquistare una coscienza soprannaturale e la sua scoperta dei progetti dell'avversario avverrebbe pertanto in un clima magico (Meriggi 1974).

Nella nostra bylina c'è però un'altra persona, la moglie del sovrano indiano/turco, che la versione di Danilov chiama Elena Aleksandrovna, capace di conoscere gli avvenimenti a distanza: è lei che avverte il marito che a Kiev è nato un potente bogatyr'. Nella versione di Rybnikov ella si chiama Pantalovna e ha sognato un'imminente sciagura: un nero corvo si è scontrato con un uccellino e ne è stato sconfitto. La facoltà di spedire la propria anima attraverso lo spazio e il tempo è conosciuta agli sciamani siberiani; la moglie del sovrano avversario potrebbe pertanto essere considerata una maga che combatte a distanza un duello con Volch/Vol'ga, e questo duello può essere stato uno degli elementi essenziali della bylina nella sua forma originaria. In seguito la bylina potrebbe essersi adattata ad un ambiente che non comprendeva più episodi di iniziazione magica o di lotta mediante il ricorso a tecniche sciamaniche, che tuttavia avrebbero lasciato tracce, anche se sbiadite, nelle versioni che ci sono pervenute.

VI - UN ARCHETIPO DIVINO?

Potere sugli animali: magia e sciamanesimo. Jakobson aveva già sostenuto, con successo, che la figura di Volch/Vol'ga è quanto rimane di un archetipo più antico, il quale parallelamente avrebbe anche influenzato la figura del principe-stregone Vseslav Brjačislavovič di Polock (Jakobson 1949). A nostra volta vogliamo tentare di fare ancora un passo indietro: e se si fosse trattato di una figura divina?

Ma quale dio potrebbe trovarsi alla base della figura di Volch/Vol'ga? Secondo noi, si tratta di Veles, l'antico dio slavo citato dal «Canone di Vladimir», il quale era detto «signore degli animali», ma i cui accostamenti etimologici (col paleorusso vlŭchvŭ «vate» e vlŭšĭba «magia») lo portano più vicino alla sfera magica ①. Dunque, la leggenda di Volch/Vol'ga, potrebbe fornirci il ricordo di un antico mito sul dio Veles, anche se non è più possibile ricostruirlo in maniera chiara ed evidente.

Naturalmente è soltanto un'idea: la proponiamo come possibile ipotesi di lavoro.

Miti: [Il canone di Vladimir]

VII - LA CONQUISTA DEL «REAME INDIANO»: INTRECCIO DI FAVOLA E REALISMO

Il «reame indiano» invaso da Volch Vseslav'evič nella bylina di Danilov, corrisponde forse a un paese reale? O è semplicemente un termine astratto atto a indicare un «altro» geografico, un luogo lontano e misterioso dove l'eroe può condurre vittoriosamente la sua družina? È questa una domanda che non ha una risposta univoca: o meglio, vi sono molti livelli di lettura possibili, che gli studiosi hanno via via mostrato.

I primi studiosi, prendendo alla lettera quest'India favolosa di cui tratta la nostra bylina, ritennero che la spedizione di Volch riecheggiasse quella ben più antica di Alessandro Magno, da cui in effetti erano derivate tante leggende iraniche e caucasiche. L'ipotesi non è impossibile,e sta forse a suffragarla la stessa carica indiana, Elena Aleksandrovna, il cui patronimico, «figlia di Alessandro», potrebbe contenere un riferimento al condottiero macedone. Tuttavia, a parte il motivo della spedizione di Volch verso questo vago «reame indiano», non vi sono attinenze più rigorose tra le leggende su Alessandro e la bylina russa.

Al contrario, è più che evidente che il «reame indiano» presentato nella bylina non ha nulla dell'India reale, se non come paese lontano e misterioso, teatro di incantesimi e di magie, quindi ben adatto all'invasione da parte di un guerriero-stregone come Volch. D'altronde, si parla di India soltanto nella versione della bylina presente nella raccolta di Danilov; Rybnikov [1] devia la spedizione di Vol'ga verso la Turchia, Rybnikov [2] verso il mar Caspio e l'Orda d'Oro. Sembra dunque ovvio che «reame indiano» altro non sia che un termine generico per indicare un tópos geografico esotico e favolistico, comunque lontano dall'esperienza russa, non dissimile dal famoso «paese lontano lontano» conosciuto alle fiabe di tutto il mondo.

Questo tuttavia non ci esime dal considerare un altro aspetto dell'esperienza russa che, per secoli, vide il nemico mongolo giungere proprio da oriente per portare «pianto e afflizione» sulla terra di Rus'. In Danilov [6], Volch partiva per l'«India» in una sorta di attacco preventivo, in quanto lo car' di quel regno aveva intenzione di attaccare la Rus' e dare alle fiamme chiese e monasteri. Per molti anni i critici hanno considerato questo motivo aggiunto posteriormente alla bylina originaria, nella quale l'attacco di Volch all'«India» non aveva altre ragioni che la conquista di quel lontano territorio. Ciò vuol dire tuttavia negare l'esperienza storica dei Russi, la cui epica popolare è una continua serie di battaglie contro gli invasori orientali. Se il nome del sovrano indiano, Saltyk Stavrul'evič, non ha un significato comprensibile (Jakobson lo interpreta, anche se in modo non convincente, come «colui che [a torto] viene preso per un falco», intendendo tale lambiccata etimologia come una metafora per «corvo»), è anche vero che, nella bylina, viene detto appartenere alla stirpe dei Batyevič. E il riferimento qui va a Batū Qān, nipote di Čïŋγïz Qān, che conquistò e distrusse Kiev nel 1240. D'altronde Tavrul, poi confuso col popolare nome russo Stavr, era un nome comune tra i guerrieri di Batū. Tavrul era anche il nome del primo tataro fatto prigioniero dai russi. (Saronne ~ Danil'čenko 1997). Anche il patronimico di Saltan Beketovič potrebbe rimandare, per deformazione, a Batū Qān.

L'attacco di Volch all'«India» viene dunque visto come un movimento nell'ambito della secolare guerra della Rus' contro gli invasori orientali. D'altronde anche lo Slovo o pŭlku Igorevě riporta la cronaca di un attacco mosso dai russi ai Polovesiani. A cercare dei possibili archetipi, nella complessa e tumultuosa storia russa, se ne troverebbero fin troppi... e senza scomodare Alessandro Magno.

Secondo Jakobson, il reame indiano o turco che, nella bylina, è teatro della spedizione di guerra di Volch, andrebbe da identificarsi con la stessa città di Kiev. Abbiamo visto che, secondo Jakobson, la figura di Vol'ga Vseslav'evič sarebbe derivata da quella del principe-stregone Vseslavŭ Brjačislavovičŭ di Polock. Vseslavŭ discendeva da un ramo cadetto della stirpe di Vladimir il Santo al quale era stata assegnata la periferica città di Polock; per tale ragione, egli era in lotta perenne con il ramo principale della famiglia, al quale era invece andata la città di Kiev. Nel sogno di gloria e di potenza di Vseslavŭ, Kiev era una meta ambita quanto apparentemente irraggiungibile, come appunto il mitico «reame indiano» della bylina. Ma in seguito ad una serie di vicende, in parte fortuite e imprevedibili, Vseslavŭ divenne, anche se per un breve periodo, principe di Kiev, riuscendo così a conquistare una città considerata fino ad allora inespugnabile. (Jakobson 1949 | Saronne ~ Danil'čenko 1997)

In effetti l'aver conquistato una città inespugnabile è ciò che accomuna questa straordinaria galleria di personaggi. Olegŭ Veščij aveva espugnato Costantinopoli, Vseslavŭ Brjačislavovičŭ aveva conquistato Kiev, Volch/Vol'ga Vseslav'evič il suo indefinito reame indiano o turco. Non è da escludere che il motivo della spedizione di conquista, Volch/Vol'ga l'abbia ereditato dalle figure storiche che lo avevano preceduto.

Come si vede vi è un'infinità di piccoli dettagli che rimandano in molte direzioni ma nessuno di essi è abbastanza solido da risolverne l'ambiguità. Rimane insoluto anche il motivo della trasformazione dei soldati in formiche, presente nella versione di Danilov. Sono stati suggeriti accostamenti col mito greco dei Mirmidoni e anche con la singolare scena degli Indra reincarnati in formiche (Ṛgveda [I: 51]), ma anche qui senza che una scena ci illumini sull'altra o viceversa. D'altronde il motivo della trasformazione in formica allo scopo di penetrare in un luogo inaccessibile è attestato nelle skazki russe: si veda la fiaba in cui lo carevič Ivan assume l'aspetto di una formica per penetrare in una montagna di cristallo allo scopo di salvare la carevna che poi diverrà sua sposa.

Bibliografia

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BIBLIOGRAFIA
Intersezione: Aree - Holger Danske
Sezione: Miti - Asteríōn
Area: Slava - Koščej Vessmertij
Ricerche e testi di Dario Giansanti e Gustav Streich.
Creazione pagina:26.10.2004
Ultima modifica: 25.08.2014
 
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