MITI

SLAVI
Russi

MITI SLAVI
IL PRIMO VIAGGIO DI
 IL'JA MUROMEC
SCONTRO CON SOLOVEJ RAZBOJNIK
Il vecchio cosacco, Il'ja Ivanovič di Murom, è il principale eroe delle byliny del ciclo kievano.
La sua prima, celeberrima impresa, dopo una miracolosa guarigione, è il combattimento contro Solovej Razbojnik, il «brigante Usignolo»
GLI ANTICHI DÈI
I BOGATYRI DEL CICLO ARCAICO
► I BOGATYRI DEL CICLO DI KIEV
► Il primo viaggio di Il'ja Muromec
Indice
MITI
SAGGI
Fonti
Bibliografia
1 - NASCITA DI IL'JA MUROMEC

Il'ja paralizzato
Illustrazione di Andrej Klimenko

el villaggio di Karačarovo, presso la grande città di Murom, nacque un bambino, ed ebbe nome Il'ja Ivanovič.

Il padre, Ivan Timofeevič, era un contadino che lavorava la terra dall'alba al tramonto. Egli avrebbe davvero avuto bisogno di un paio di braccia che l'aiutassero nel suo lavoro, ma il povero Il'ja non poteva aiutarlo, essendo paralitico. Non poteva camminare, né disporre delle mani, né con i piedi camminare.

Ed era duro per i genitori assistere questo povero ragazzo che trascorreva la sua fanciullezza su un giaciglio all'interno dell'izba, intristito per essere di peso alla sua famiglia, con il rimpianto di un'intera vita di occasioni perdute. E, con l'arrivo dell'estate, quando il padre e la cara madre si recavano a dissodare i campi, il giovane rimaneva solo in casa, immobile in cima alla stufa.

2 - GUARIGIONE DI IL'JA MUROMEC

veva Il'ja trent'anni, quando tre vecchi pellegrini bussarono alla port dell'izba: — Àlzati, Il'ja, Il'ja Muromec. Dacci da bere, ché abbiamo fame. Dacci da mangiare a sazietà!

Non vi era nessuno in casa, e rispose Il'ja dal suo giaciglio: — Vi darei da mangiare a sazietà, vi darei da bere fino a inebriarvi. Ma per trent'anni di lunga vita non seppi camminare sui miei piedi e non seppi disporre delle mani.

Il'ja e i tre pellegrini
Arte popolare russa

E dissero allora i pellegrini: — Àlzati, Il'ja, Il'ja Muromec. Àlzati, dà da bere e dà da mangiare, ché abbiamo sete.

Rispose Il'ja: — Lieto mi alzerei sui bianchi piedi, ma io ho piedi, ho anche mani, eppure i piedi non mi sostengono, eppure le mani non mi si muovono!

La terza volta dissero i vecchi pellegrini: — Àlzati, ormai, Il'ja, Il'ja Muromec. Con i tuoi piedi tu sai camminare, delle tue mani tu sai disporre!

E prodigiosamente Il'ja si alzò sulle bianche gambe e cominciò a camminare, e le travi scricchiolarono e il pavimento si piegò sotto i suoi pesanti passi. Subito Il'ja levò gli occhi verso l'icona. — Oh, gloria al Signore! Iddio mi ha concesso di camminare, ha infuso forza nelle mie mani, il Signore!

E corse Il'ja Ivanovič ad aprire la porta ai vecchi pellegrini. Scese poi di corsa nelle profonde cantine e portò su una coppa piena.

— Bevete, dunque, o vecchi pellegrini.

Ed essi bevvero, i santi pellegrini. — E ora, o Il'ja, scendi di nuovo nelle cantine, porta su una coppa colma fino all'orlo e bevi anche tu alla tua salute!

Il'ja fece come gli era stato detto e bevve. E d'incanto sentì sorgere in sé una forza smisurata.

— Che cosa senti dentro di te, Il'ja?
— Sento una grande forza in tutte le membra. Se sull'umida terra ci fosse un anellino, rovescerei la terra sul fianco!

Dissero allora i vecchi: — O Il'ja, scendi ancora una volta nel famoso, profondo sotterraneo, porta un'altra coppa colma fino all'orlo e bevi ancora!

Il'ja ubbidì e bevve una seconda volta.

— Che cosa senti dentro di te, Il'ja?
— Ora la forza in me è calata fino alla metà.

Allora i vecchi pellegrini lo benedissero e lo salutarono con queste parole: — Vivi, Il'ja, per essere guerriero! In terra morte non t'è destinata, in lotta morte non t'è destinata!

E benedissero Il'ja Muromec e si accomiatarono da lui.

3 - LO SBARRAMENTO DEL FIUME NEPRA

Il'ja sradica le querce
Illustrazione di Georgij Nikolaevič (n. 1943)

ubito, Il'ja corse verso i campi e  i verdi prati, dove erano i suoi amati genitori, e giunse al famoso fiume Nepra. — Iddio vi aiuti, cara madre! Iddio ti aiuti, caro padre!

E il padre e la cara madre si stupirono, nel vedere il figlio arrivare di corsa sulle sue bianche gambe, si stupirono e furono costernati. — Aj, tu, figlio, figlio diletto! Gloria, gloria al Signore! Di camminare t'ha concesso Iddio, il Signore ti ha infuso forza nelle mani!

E per provare la sua energia, Il'ja sradicò una quercia con tutte le radici dalla madre umida terra, e la gettò nelle acque del Nepra. Si accanì poi sulle altre querce: le strappava con la sola forza delle braccia e le lanciava nel fiume, tanto da sbarrarne le correnti.

Disse allora il padre: — Aj, tu, figlio, figlio diletto! Tu non ci darai cibo, non ci aiuterai nel nostro lavoro. Andrai sicuramente in campo aperto, andrai a combattere e non avrai rivali.

E disse la cara madre: — Aj, tu, figlio, figlio diletto! Iddio ti ha dato una grande forza. Ma vedi ugualmente di condurre la tua vita con grande umiltà, e tieni a freno il tuo fervido cuore!

Come furono tornati al villaggio, Il'ja si rivolse ai suoi genitori:

— Tu ormai, padre, e anche tu, cara madre, datemi la vostra benedizione. Io intendo partire per la grande città di Kiev, dal principe Vladimir, il piccolo sole, per mettere la mia forza al suo servizio.

— O figlio, figlio diletto, — si raccomandò la cara madre, — recati pure a Kiev, la famosa città. Ma non insanguinare la tua spada, non rendere orfani i piccoli bimbi, non oltraggiare le giovani donne. Abbi pietà per il contadino, non avere pietà per il tataro pagano.

E allora Il'ja condusse fuori di primo mattino il suo cavallo grigio. — Ora, mio Sivko, bianca criniera, ruzzola un po' nella rugiada del mattino, affinché il pelo si ricambi. Forza aggiungerai alla mia forza. Da oggi galopperai nelle aperte ampie steppe, salterai oltre le mura delle città e servirai il prode Il'ja, Il'ja Ivanovič di Murom!

4 - BATTAGLIA A ČERNIGOV

 Il'jušenka, il prode bravo giovane, portò il cavallo nell'ampio cortile, gli mise sul dorso un manto di feltro e la sottosella e, sopra, una sella circassa trapunta di sete preziose, tempestata di pietre variopinte e recinta d'oro rosso. Sellato il destriero, Il'ja gli balzò in groppa e dal cortile galoppò nell'aperta ampia steppa, lasciando il villaggio di Karačarovo.

Il'ja indossava un semplice abito da viaggio, ma portava con sé una spada affilata, una lunga lancia, un arco solido e flessibile, e molti dardi roventi nel turcasso. Portava inoltre la sua clava di bulat, pesante novanta pud.

All'ora del servizio mattutino, Il'ja già si trovava a Murom, e intendeva essere alla grande città di Kiev per l'ora della messa. Accomiatatosi dal padre e dalla cara madre, aveva fatto loro una grande promessa: di non scontrarsi, non battersi in campo aperto, non fare lotta e zuffa; di non usare l'arco e la lancia, non macchiare di sangue la spada affilata.

Quand'ecco, arrivato alla città di Černigov, vide un esercito radunato sotto le mura . Neri come nera cornacchia, i pagani volevano prendere la città, decapitare tutti gli uomini e mandare in fumo le chiese di Dio. In preda al terrore, tutti gli abitanti, dal primo all'ultimo, correvano in chiesa a confessarsi e comunicarsi, prendendo congedo dalla terra.

S'infiammò il cuore del bogatyr', del vecchio cosacco Il'ja Muromec. — Tutti gli uomini tengono fede ai loro voti, ma non tutti i voti vanno celebrati! — E implorando l'aiuto del Signore e della santa Vergine, lanciò il suo destriero contro il grande esercito. Infilzò con la lancia e scagliò dardi, tirò frecce, tagliò con l'aspra spada, calpestò tutti i barbari pagani.

S'aprì allora la porta della città di Černigov, e davanti a lui i cittadini fecero un profondo inchino. — Aj, tu, robusto bravo giovane! Rimani con noi, difendici dai pagani! Vivi nella città come nostro voevod, giudica tutti secondo la legge, e noi ti ubbidiremo.

E disse il vecchio cosacco Il'ja Muromec: — Aj, voi, gente di Černigov! Come voevod con voi non resterò. Mostratemi invece la via diretta, la via diretta per Kiev capitale.

E rispose la gente di Černigov: — La via diretta per Kiev ha solo cinquanta verste, la via più lunga ne conta mille. Da trent'anni, però, nessuno transita più per la strada diretta, che è ormai impraticabile. Infatti, nei boschi di Brjansk, lungo il fiume Smorodina e la palude di Černoja, presso la betulla inclinata, presso la croce di Leonid, sta Solovej Razbojnik, figlio di Dichmant. Il brigante ha fatto il nido su sette querce, su nove rami. Trilla, Solovej, come usignolo, latra come cane, sibila come serpente. Si intrecciano allora le erbe dei prati, si sparpagliano i fiori azzurri, gli alberi si chinano verso terra, trema la terra, si intorbida l'acqua, e quanti sono nei pressi, cadono morti al suolo.

Battaglia tra Slavi e Sciti
Dipinto di Viktor Vasnecov (1848-1926)
MUSEO: [Vasnecov]►

5 - SOLOVEJ RAZBOJNIK

Il'ja Muromec e Solovej
  Illustrazione di Ivan Bilibin (1876-1942)

l'ja Muromec, il vecchio cosacco, implorò allora l'aiuto del Signore, e lanciò il destriero bogatyrico lungo la via diretta per Kiev capitale.

La strada era resa impraticabile dalla vegetazione, ma Il'ja, avanzando sul bravo cavallo, reggeva le briglie con la mano sinistra, e con la destra strappava le querce. Sui fiumi e sulle paludi gettò ponti roventi, spianando la strada.

Cavalcò così al fiumiciattolo Smorodina, fino alla palude di Černoja, alla betulla inclinata, alla croce di Leonid. Appena lo scorse, Solovej Razbojnik volò su una grande quercia, e prese a trillare come usignolo, a latrare come cane, a sibilare come serpente. Si intrecciarono allora le erbe dei prati, si sparpagliarono i fiori azzurri, gli alberi si chinarono verso terra, tremava la terra, si intorbidava l'acqua, e quanti erano nei pressi, cadevano morti al suolo.

Al vecchio cosacco Il'ja Muromec, incespicò il cavallo tra le sterpaglie. Allora prese Il'ja la frusta di seta, colpì il cavallo sui grassi fianchi, tra le zampe posteriori. — Aj, tu, cibo da lupi, sacco d'erba! Non hai mai sentito un trillo di usignolo? mai il latrato di un cane? mai il sibilo di un serpente? Non puoi portarmi, o non vuoi andare?

Sganciò allora l'arco solido e flessibile, trasse dal turcasso una freccia e, incoccandola, gli parlò: — Parti fischiando, dardo rovente, come lama affilata di coltello. Colpisci Solovej Razbojnik, fallo cadere dalla verde quercia, dalla verde quercia sulla madre umida terra.

Partì fischiando il dardo rovente e colpì Solovej Razbojnik in un occhio, e gli uscì dall'orecchio. Lo fece cadere dalla verde quercia, dalla verde quercia sulla madre umida terra. Il'ja Muromec, il vecchio cosacco, afferrò Solovej per i gialli riccioli, gli incatenò le svelte gambe, gli legò le bianche mani. E assicuratolo alla staffa di bulat, cavalcò poi per la via diretta, alla volta della grande città di Kiev.

Nelle byliny, la «croce di Leonid» (o di Levanid) è frequentemente indicata come il luogo dove si dànno convegno o sostano i bogatyri.

6 - LA FAMIGLIA DI SOLOVEJ

entre Il'ja Muromec, il vecchio cosacco, cavalcava alla volta di Kiev, si trovò a passare presso il nido di Solovej Razbojnik.

In quel nido, il brigante aveva tre dilette figlie.

Guardò dalla finestra la maggiore: — Su un bravo cavallo sta nostro padre, e si trascina appresso un mužik che ha legato alla staffa destra.
Guardò dalla finestra la mediana: — Su un bravo cavallo sta nostro padre, e si trascina appresso un mužik che ha legato alla staffa destra.
Guardò dalla finestra la minore: — O mie amate sorelline! I vostri occhietti sono un po' ottusi, senno e intelletto sono in voi spenti. Chi sta a cavallo è proprio il mužik ed è nostro padre legato alla staffa!

Gridarono allora le figlie di Solovej: — Mariti nostri, sposi diletti! Prendete gli spiedi, correte in campo aperto e uccidete quel mužik!

E i mariti, gli sposi diletti, presero gli spiedi e corsero in campo aperto. Quando li scorse, Solovej Razbojnik così si mise a gridare: — Aj, voi, generi miei amati! Gettate da parte gli spiedi, accorrete vicino al bravo giovane, afferratelo per le bianche mani, afferratelo per gli anelli d'oro, portatelo nel nido di Solovej, offritegli cibi prelibati, porgetegli dolci bevande, donategli doni preziosi!

Allora quei generi gettarono da parte gli spiedi, accorsero verso Il'ja, cercarono di prenderlo per le bianche mani, di afferrarlo per gli anelli d'oro, di portarlo nel nido di Solovej. Ma Il'ja Muromec, il vecchio cosacco, sguainò allora la spada affilata e tagliò loro il capo impetuoso. Ne gettò metà ai lupi grigi, l'altra metà ai corvi neri, e tenne tra sé e sé questo discorso:

— Non era boccone per voi, non roba per voi da mangiare, non potevate uccidere Il'ja Muromec, il vecchio cosacco.

Il'ja Muromec e Solovej Razbojnik (1985)
Illustrazione di Aleksandr Koškin (1950-)

7 - L'ARRIVO DI IL'JA ALLA CORTE DI VLADIMIR KNJAZ'

Solovej Razbojnik
Illustrazione di autore sconosciuto

egnava a quel tempo, sulla Santa Rus', lo knjaz' Vladimir, il bel solicello. Giunse allora per la strada diritta, Il'ja Muromec alla città di Kiev. Fermò il destriero nell'ampio cortile, entrò nell'edificio di bianca pietra e con un colpo spalancò la porta.

Era appena tornato Vladimir dalla messa, e sedeva al tavolo di quercia. A tutti fece Il'ja Muromec, un profondo inchino. Al principe in particolare, e a tutto il suo seguito, ai bojari e agli altri dignitari. Disse Vladimir queste parole: — Di dove vieni, robusto bravo giovane, da quale paese, da quale orda? Chi è tuo padre, chi tua madre, qual è la tua stirpe? Con quale nome vieni chiamato, qual è il tuo patronimico? Secondo il nome, ti assegneremo un posto, per tuo padre ti daremo il bevenuto.

Rispose Il'ja Muromec, il vecchio cosacco: — Io provengo dalla città di Murom, del villaggio di Karačarovo sono originario. Sono Il'ja Ivanovič Muromec, e sono appena giunto alla grande città di Kiev per servirti in fede e verità, per difendere la Santa Rus' e la  nostra fede ortodossa.

Disse Vladimir knjaz': — Aj, tu, vecchio cosacco, Il'ja Muromec, quale strada hai percorso per giungere alla grande città di Kiev? La strada diretta, oppure la più lunga?

Rispose Il'ja Muromec, il vecchio cosacco: — Aj, tu, Vladimir knjaz'! Dalla città di Murom sono venuto, per la strada diretta, alla grande città di Kiev.

Disse Vladimir knjaz': — Di me, villano, ti vuoi prendere gioco. Da trent'anni, nessuno transita più per la strada diretta, bloccata da cespugli ed erbacce. Infatti, nei boschi di Brjansk, lungo il fiume Smorodina e la palude di Černoja, presso la betulla inclinata, presso la croce di Leonid, sta Solovej Razbojnik, figlio di Dichmant. Trilla, Solovej, come usignolo, latra come cane, sibila come serpente. Si intrecciano allora le erbe dei prati, si sparpagliano i fiori azzurri, gli alberi si chinano verso terra, trema la terra, si intorbida l'acqua, e quanti sono nei pressi, cadono morti al suolo.

Rispose Il'ja Muromec, il vecchio cosacco: — Aj, tu, Vladimir knjaz'! Nel tuo cortile è Solovej Razbojnik, nel tuo cortile, sul mio cavallo, incatenato alla staffa destra.

Il termine slavo knjaz', titolo nobiliare della Rus' kievana, viene tradotto come «principe». O «gran principe», nel caso del sovrano di Kiev, a cui erano sottomessi i principi di tutta la Rus'. Il termine deriva da un paleoslavo kŭnędzĭ, a sua volta dal norreno kuningr «re». In seguito, soppiantato da car' «imperatore, zar». Le forme slave occidentali (cèco kněz, polacco ksiądz) sono di solito tradotte con «duca».

8 - MORTE DI SOLOVEJ RAZBOJNIK

llora Vladimir, knjaz' della grande città di Kiev, uscì celermente nell'ampio cortile, con i suoi dignitari e bojari, per vedere Solovej Razbojnik. Come scorse Solovej, disse Vladimir: — Aj, tu, Solovej Razbojnik, figlio di Dichmant! Trilla, Solovej, come usignolo, latra come cane, sibila come serpente!

Il'ja giunge a Kiev con Solovej prigioniero
  Illustrazione di Andrej Petrovič Rjabuškin (1861-1904), dal libro Russkie bylinnye bogatyri (1895).

Rispose Solovej Razbojnik: — Aj, tu, Vladimir knjaz'! Non da te, oggi, ho mangiato o bevuto. Non ti darò ascolto! Io mangerò con il vecchio cosacco Il'ja Muromec, e obbedirò solo a lui.

Disse allora Il'ja Muromec, il vecchio cosacco: — Aj, tu, Solovej Razbojnik, figlio di Dichmant! Trilla, Solovej, ma solo un mezzo trillo. Latra, ma solo un mezzo latrato. Sibila, ma solo un mezzo sibilo!

Rispose a lui Solovej: — Aj, tu, Il'ja Muromec, vecchio cosacco! Mi si son chiuse le ferite insanguinate e ho secche le labbra. Versami prima una coppa di vino novello.

Gli portarono una coppa di vino novello, un boccale non piccolo, da un secchio e mezzo. E Solovej Razbojnik, figlio di Dichmant, bevve la coppa di vino novello e comprese che la sua fine era vicina. Trillò allora, Solovej, a pieno trillo, latrò a pieno latrato, sibilò a pieno sibilo. Si intrecciarono allora le erbe dei prati, si sparpagliarono i fiori azzurri, gli alberi si chinarono verso terra,  tremò la terra, si intorbidò l'acqua. Si scoperchiarono i tetti del grande palazzo e volarono già le tegole, dalle alte stanze del principe crollarono giù le finestre di cristallo. Vladimir, knjaz' della grande città di Kiev, corse a nascondersi in una pelliccia di martora. I dignitari e i bojari, e quanti erano nei pressi, caddero morti al suolo.

Disse allora Il'ja Muromec, il vecchio cosacco: — Aj, tu, Solovej Razbojnik, figlio di Dichmant! Perché hai trillato a pieno trillo, latrato a pieno latrato, sibilato a pieno sibilo?

Rispose Solovej: — Aj, tu, Il'ja Muromec, vecchio cosacco! Ho compreso che la mia fine è vicina. Per questo ho trillato a pieno trillo, latrato a pieno latrato, sibilato a pieno sibilo.

Allora Il'ja  Muromec, il vecchio cosacco, afferrò Solovej per le bianche mani e lo portò nel campo di Kulikovo, lo mise sul patibolo di quercia e gli staccò il capo impetuoso. Ne gettò metà ai lupi grigi, metà ai corvi neri. E da quel momento in poi, non ci fu più Solovej Razbojnik sulla strada per la grande città di Kiev.

Nelle byliny, solitamente, il campo di Kulikovo viene menzionato come il luogo dove vengono eseguite le condanne a morte. In una piana così chiamata si svolse, nel 1380, la memorabile battaglia nella quale i Russi batterono per la prima volta i tatari, argomento di un ciclo interessante di ballate popolari.
Fonti

1-2 Sokolov ~ Čičerov:  Onežskie byliny [70]
3 Sokolov ~ Čičerov:  Onežskie byliny [70]
Ončunov: Pečorskie byliny [19]
Grigorev: Archangelskie byliny i istoriceskie pesni sobrannye [III: 50]
4 Rjabinin-Andreev: Byliny Petra Ivanoviča Rjabinina-Andreeva  [2]
Rybnikov: Pěsni sobrannyja P.I. Rybnikovym [127 | 170 | 189]
5 Rjabinin-Andreev: Byliny Petra Ivanoviča Rjabinina-Andreeva  [2]
Rybnikov: Pěsni sobrannyja P.I. Rybnikovym [127]
6-7 Rjabinin-Andreev: Byliny Petra Ivanoviča Rjabinina-Andreeva  [2]
8 Rjabinin-Andreev: Byliny Petra Ivanoviča Rjabinina-Andreeva  [2]
Rybnikov: Pěsni sobrannyja P.I. Rybnikovym [4 | 5]

I - IL CICLO DI KIEV E I SUOI EROI

Il ciclo di Kiev, si incentra sulle gesta dei bogatyri che circondano Vladimir krasnoe solniško, «bel solicello», knjaz' della grande città di Kiev e della Santa Rus'. I principali eroi di questo secondo ciclo bylinico sono Il'ja Muromec, Dobrynia Nikitič e Alëša Popovič.

Il'ja Muromec è figlio di contadini: è un eroe dalla forza erculea, ma generoso e leale, sempre dalla parte dei poveri e dei deboli. Dobrynja Nikitič di Rjazan' è il prototipo del guerriero aristocratico, a suo agio tanto con le armi quanto con la diplomazia. Alëša Popovič, figlio di un pope della città di Rostov, è un guerriero giovane e astuto, a tratti sleale, e gran seduttore. Tutti e tre, presi nel loro complesso, individuano un microcosmo che rappresenta in qualche modo l'intero popolo russo: il contadino onesto e generoso, il nobile intelligente e valoroso, e il religioso dal carattere ironicamente ambivalente.

Vi sono poi molti altri personaggi, e bogatyri. Nelle prossime pagine, assisteremo alle loro avventure.

II – IL'JA MUROMEC, COLUI CHE APRE LE STRADE

Il'ja Muromec (1999)
  Scultura di V. Klykov, a Murom

Il'ja Muromec è forse l'eroe più caro al popolo russo, certamente il più amato. E non soltanto per la sua forza erculea, che lo porta a scendere in campo, spesso da solo, contro eserciti sterminati, o trionfare in duelli contro nemici più simili a mostri che a esseri umani, ma soprattutto per la sua generosità e la sua saldezza morale.

L'epiteto con cui Il'ja è conosciuto, Muromec, lo associa alla città russa di Murom, che però non compare mai nelle byliny. Secondo Vladimir Propp, l'eroe sarebbe stato, sì, originario di Murom, ma i cantori avrebbero successivamente sostituito la grande città con il piccolo villaggio di Karačarovo, forse per sottolineare le sue origini contadine. Attribuendogli questa origine, il popolo avrebbe accostato l'immagine di Il'ja alla propria, esprimendo una comunanza di origini (Astachova 1948 | Propp 1958).

Il'ja appartiene, sia di provenienza che di cuore, ai ceti più umili, e anche se compie le sue imprese [podvigi] al servizio di Vladimir knjaz', i cantori non trascurano mai di accennare alla sottile diffidenza che corre tra lui e il gran principe di Kiev. I nobili e bojari sono spesso sprezzanti nei suoi confronti, considerandolo un semplice mužik. Salvo però rivolgersi a Il'ja ogni volta che un'orda nemica arriva alle porte di Kiev, minacciando di tagliare la testa a tutti i suoi abitanti, distruggere le case e «sciogliere in fumo» le chiese. Il'ja accorre puntualmente, e sbaraglia il nemico, ma è evidente che la sua forza sia al servizio non tanto di Vladimir e del suo nobile seguito, ma di ciò che essi in qualche modo essi rappresentano: il popolo russo e la religione ortodossa.

Fiero delle sue origini, Il'ja non ambisce a elevarsi socialmente. Rifiuta regolarmente i titoli e gli onori che Vladimir gli offre per i suoi innumerevoli servigi; i tesori e i bottini che conquista sul campo di battaglia, li devolve sempre ai poveri e agli orfani. E quando gli abitanti di Černigov, riconoscenti per essere stati salvati dai nemici, offrono a Il'ja di diventare loro voevod, in modo che possa continuare a proteggerli, l'eroe sdegnosamente rifiuta.

Il'ja Muromec ha un'altra importante caratteristica: è «vecchio». Il suo epiteto principale, «vecchio cosacco» [staryi kazak], esprime un'immagine di forza mitigata dall'esperienza, dalla calma, dal necessario distacco nei confronti delle lusinghe e delle trappole della vita. E non bisogna qui lasciarsi ingannare dall'altro intercalare bylinico, quel «robusto bravo giovane» [dorodnyj dobryj molodec] che viene riferito indistintamente a tutti i bogatyri. Questa «gioventù» non è l'età anagrafica, ma il vigore che accomuna tutti i guerrieri kievani. Nonostante si muova con l'energia e l'ardore di un giovanotto, Il'ja è sempre immaginato vecchio.

Il compito principale di Il'ja, nell'epica, sembra essere l'apertura delle strade. Appena guarito dalla paralisi che lo ha costretto al letto per i primi trent'anni della sua vita, egli sradica enormi querce con la sola forza delle braccia e le getta nel fiume Nepra. Non è soltanto l'ovvio aiuto ai genitori che stanno dissodando il bosco per trarne terreno da semina: sbarrando il fiume, Il'ja sta gettando un ponte che permetta di transitare dall'una all'altra parte. L'operazione già prelude all'apertura della strada diretta che conduce a Kiev. Impraticabile da trent'anni, essa è sbarrata dal terribile brigante Solovej. Ma Il'ja non devia la sua rotta: si reca alla grande città di Kiev passando per la via più breve, abbattendo tutti gli ostacoli. Anche se l'epica si accentra unicamente sull'eliminazione di Solovej, diverse versioni della bylina mostrano infatti Il'ja abbattere gli alberi con una mano per gettare ponti sulla palude e sul fiume. Il suo compito è ancora una volta quello di abbattere la barriera che divide la grande città di Kiev dalla Santa Rus', rispecchiando un'aspirazione di carattere politico-ideologico: l'intento di unificare tutte le terre russe intorno al centro politico rappresentato da Kiev. (Propp 1958 | Meriggi 1974).

Può dunque Il'ja ben vantarsi: «Io ho aperto la strada per Kiev, che porta al caro principe Vladimir» (Hilferding [120]).

Anche se la maggior parte delle avventure di Il'ja Muromec sono perfettamente leggendarie, si ritiene che la figura dell'eroe si sia formata dalla fusione di leggende di diversa origine e provenienza, ma anche dalla convergenza di alcuni personaggi storici. Si pensa, tra gli altri, anche a un certo Sant'Il'ja Pečorskij, un guerriero del XII secolo, famoso per la sua forza, che divenne monaco nella sua vecchiaia. Canonizzato dalla Chiesa Ortodossa nel 1643, i suoi resti sono ancora oggi conservati nel Monastero delle Grotte [Pečers'ka-Lavra] in Kiev.

III - LA GUARIGIONE DI IL'JA MUROMEC: UN RACCONTO INIZIATICO?

La bylina Iscelenie Il'ji Muromca, «La guarigione di Il'ja Muromec», è una vicenda essenzialmente fiabesca, conosciuta in una quarantina di varianti, ma anche attraverso testi prosastici diffusi su un'area che oltrepassa i limiti della diffusione della tradizione bylinica. Tra le versioni conosciute, contempliamo:

  1. Rybnikov: [51 | 139]
  2. Grigorev: [III: 50]
  3. Kirevskij [I: 1]
  4. Markov [42 | 67]
  5. Ončunov [19]
  6. Sokolov ~ Čičerov [70]

In effetti, la povera izba nella quale Il'ja trascorre i primi trent'anni della sua vita è un'ambientazione assai rara nell'epica, ma comune nelle fiabe, il ché potrebbe spiegare perché questa bylina venga spesso raccontata più che cantata, anche per via del suo ritmo zoppicante (Propp 1958).

Orest Fëdorovič Miller riteneva che questa bylina fosse molto antica e che i suoi versi fossero andati disgregandosi nel corso del tempo (Miller 1869). Secondo gli studiosi successivi, si tratterebbe invece di una composizione recente, come dimostrerebbe il contenuto che poco ha a che vedere con l'epica. Secondo Anna Astachova, questa bylina sarebbe stata creata posteriormente, rispetto al resto del patrimonio bylinico, seguendo il desiderio del popolo di completare e aggiornare la biografia poetica di Il'ja Muromec, introducendo l'episodio della nascita dell'eroe, ma anche per rispondere all'aspirazione popolare che voleva fare «del bogatyr' più amato, il portatore di profonde qualità democratiche che rispecchiassero gli ideali popolari [...], nonché il rappresentante delle grandi masse contadine» (Astachova 1948 | Propp 1958).

Dunque, secondo la scuola sovietica, la bylina sarebbe stata creata ad hoc per fare del maggior campione dell'epica bylinica un eroe di origine contadina. Il nostro Bruno Meriggi prende però le distanze e avverte che «tale concezione conserva la sua validità indipendentemente dal fatto che nella bylina appaiano anche elementi risalenti alla più remota antichità» (Meriggi 1974).

La bylina fa nascere solitamente Il'ja nel villaggio di Karačarovo, anche possono essere indicate altre località. In tutti i casi, si dice che Il'ja sia rimasto paralizzato fino all'età di trent'anni. L'eroe trascorre questo tempo sdraiato sulla stufa di mattoni, all'interno dell'izba. Si tratta di un quadro familiare tipico delle famiglie contadine russe: durante l'estate i genitori di Il'ja si recano ad abbattere i boschi per ricavarne aree da semina; gli alberi vengono bruciati e tagliati, la terra dissodata. Il figlio rimane a casa da solo, allorché dei misteriosi viandanti bussano alla porta dell'izba.

Le versioni descrivono in maniera molto diversa questi misteriosi visitatori. Possono essere uno, due, o tre vecchi pellegrini, due kalik ambulanti, un orfanello, due giovanotti. Chiedono da bere, da mangiare, oppure l'elemosina. Il'ja risponde dapprima che non può alzarsi ma, alle insistenze dei nuovi arrivati, avviene il miracolo: le gambe dell'eroe si distendono, ed egli corre ad aprire la porta e offre subito da bere.

Dopo che i viandanti hanno bevuto, chiedono a Il'ja di bere a sua volta. In tutte le versioni, la potenza di Il'ja cresce smisuratamente alla prima bevuta; a volte Il'ja beve due volte. Sia come sia, il risultato è lo stesso: il contadino è ora divenuto un bogatyr' e la sua forza è talmente grande che, se la terra avesse un anellino, egli potrebbe rovesciarla su un fianco. È la stessa formula che utilizza Svjatogor quando si vanta della sua potenza. I viandanti chiedono tuttavia a Il'ja di bere un'ultima volta e, a questo punto, la forza dell'eroe scende della metà. Il suo vigore fisico, per quanto prodigioso, non supera ora i limiti imposti dalla natura, e può essere utilizzato per imprese eroiche, ma non sovrumane.

Meriggi sottolinea il fatto che Il'ja impari a camminare e a servirsi degli arti soltanto a trent'anni, come se solo a quell'età – il «mezzo del cammin» di vita umana – egli sia divenuto un uomo, e sottolinea il carattere iniziatico della visita dei misteriosi viandanti che lo guariscono dalla malattia. Lo stesso motivo ricomparirà nella bylina Il'ja Muromec i Svjatogor, dov'è l'antico bogatyr' Svjatogor, in punto di morte, a insufflare la sua forza a Il'ja Muromec. In entrambi i casi, vi è una sorta di iniziazione cavalleresca, attraverso la quale Il'ja si carica di quell'energia prodigiosa che farà di lui un bogatyr'.

A questo punto i viandanti lasciano Il'ja, ma in alcune varianti pronunciano una profezia, del tipo: «non morirai in combattimento»:

А ведь и живи, Ильа, да будешь воином!
А на земли тебе ведь смерть буде не писана,
А во боях тебе ли смерти буде не писана.

A bed' i živi, Il'ja, da budeš' voinom!
A na zemli tebe bed' smert' bude ne pisana,
a na bojach tebe li smerti bude ne pisana.

Vivi, Il'ja, per esser guerriero!
In terra morte non t'è destinata,
in lotta morte non t'è destinata.

Rjabinin-Andreev: Byliny Petra Ivanoviča Rjabinina-Andreeva  [2]: Iscelenie Il'ji Muromca [67-69]
(Traduzione di Bruno Meriggi) 

Si chiede Propp in cosa consista allora l'eroismo di Il'ja se egli sa in anticipo che non morirà in battaglia, e tenta una spiegazione: «Le parole dei viandanti non sono uno scongiuro magico: esse significano che Il'ja non si porrà mai il problema della propria morte. [...]. Questa completa mancanza di paura della morte, la completa esclusione di questo problema dalla sua coscienza, lo rende immortale agli occhi del popolo. Il'ja si lancerà sempre  nei combattimenti più terribili e non cadrà mai, proprio perché non teme la morte; perché la morte per lui, semplicemente, non esiste» (Propp 1958).

L'impressione è che Propp razionalizzi troppo. Nell'epica, l'eroismo è indipendente dal fatto che il destino dell'eroe sia già segnato in principio. Il coraggio di Il'ja sussiste avviene nonostante la profezia, non a causa di essa. Lui e tutti i bogatyri, infatti, termineranno i loro giorni non in battaglia, contro il nemico, ma trasformati in pietra da Dio.

Subito Il'ja, fuori di sé dalla gioia, corre nel luogo dove i genitori stanno lavorando. Ma la felicità del padre e della madre diventa sorpresa, e anche paura, quando vedono il figlio sradicare una quercia con le mani, procedendo a liberare i campi con la sola forza delle braccia. In alcune versioni, Il'ja getta i tronchi nel fiume Nepra. I genitori capiscono che il figlio non li avrebbe aiutati nel loro duro lavoro, ma sarebbe andato a combattere, mettendo la sua forza di bogatyr' al servizio della Santa Rus'. In alcune versioni è il padre stesso a consigliare a Il'ja di partire per Kiev. Le benedizioni e raccomandazioni dei genitori sono diverse nelle varie versioni, ma in genere esortano il figlio a non inorgoglirsi della sua forza, né a utilizzarla contro i contadini e gli innocenti, ma solo per colpire i pagani e i nemici della Santa Rus'.

IV - IL PRIMO VIAGGIO DI IL'JA, NELLE SUE VARIANTI

La bylina Il'ja Muromec i Solovej Razbojnik «Il'ja Muromec e Solovej Razbojnik», anche conosciuta come Pervye podvigi Il'i Muromca «Il primo viaggio di Il'ja Muromec», è una delle più note dell'intero repertorio epico russo. Ne sono state registrate più di cento varianti (pare, più di 130). Questa bylina la si ritiene, al contrario della precedente, una delle più antiche in assoluto. Nonostante lo scarto temporale e stilistico, però, i due soggetti appaiono strettamente legati tra loro, tanto che spesso i cantori eseguivano insieme le due byliny, a volte passando dalla prosa al canto, e così infatti sono state talvolta registrate (cfr. Rjabinin-Andreev  [2]).

Tra le molte versioni conosciute, contempliamo:

  1. Danilov [49]
  2. Hilferding: [3 | 16 | 56 | 74 | 104 | 112 | 120 | 171 | 210 | 212 | 274]
  3. Rybnikov I [9 | 10 | 11]; Rybnikov II [2 | 3]; Rybnikov III [4 | 5 | 6]
  4. Astachova [1 | 32]
  5. Kirevskij [I: 34 | I: 77 | IV: 1]
  6. Tichonravov ~ Miller [1 | 5]
  7. Miller [1]
  8. Markov [68]
  9. Ončunov [53]
  10. Rjabinin-Andreev [2]
  11. Sokolov ~ Čičerov [70]
Il'ja Muromec cattura Solovej
 
Il'ja Muromec arriva a Kiev
Acquarelli di autore sconosciuto

La bylina prende l'avvia con  con la partenza di Il'ja dal villaggio natio di Karačarovo, diretto alla grande città di Kiev. Non in tutte le versioni egli intende mettersi al servizio dello knjaz' Vladimir; in certi casi, vuole semplicemente assistere al mattutino a Murom e alla prima messa a Kiev. Secondo alcune varianti, Il'ja si reca a Kiev per celebrare la Pasqua e, per tale ragione, fa voto di non versare sangue lungo la strada, di non usare l'arco, di non insanguinare la spada.

L'episodio della battaglia sotto le mura di una città assediata è presente solo accessoriamente, per quanto appaia necessario alla completezza del racconto. Nella maggior parte delle versioni la città è appunto Černigov, ma sono attestati anche altri nomi (Běžegov, Beketovec, Turgov, Orechov, Obalchov, Didoša, Ciženec, Smoljagin, etc.; in alcune versioni prosastiche è Černigov o Sebež). In quanto ai nemici, non sono mai ben definiti. Talvolta sono definiti semplicemente pagani, altre volte tatari, a volte ancora lituani (o lituani e tatari insieme).

A quella vista, il cuore di Il'ja si infiamma. Ma l'eroe è legato al voto pasquale di non insanguinare le armi, voto che è costretto a infrangere per la salvezza della città. «Perdonami, signore, di questa colpa, | non terrò fede al grande giuramento» (Markov [68]), o, con maggiore ironia, «Tutti gli uomini tengono fede ai patti | ma non tutti i patti vanno celebrati» (Rybnikov [?]). Il combattimento è descritto rapidamente: Il'ja sbaraglia i nemici e non ne lascia in vita nemmeno uno.

A questo punto, Il'ja entra in città. In certe versioni non trova nessuno: tutti i cittadini sono in chiesa a confessarsi e comunicarsi, e non si sono nemmeno accorti che la città è già stata salvata (Rybnikov [?]). Propp ha sicuramente ragione quando definisce ironico il contrasto tra i cittadini terrorizzati, che nel momento del pericolo non trovano niente di meglio che mettersi a pregare, e il prode Il'ja che si scioglie dal proprio voto allorché subentra un impegno etico più elevato: quello di salvare la città (Propp 1958). Alla proposta degli abitanti, di rimanere presso di loro come voevod, principe o governatore, Il'ja rifiuta: l'eroe ama la sua libertà ed è fedele alle sue origini contadine per ambire a un diverso status sociale. «Fa, o Signore, che non divenga da padrone servo, | da padrone servo e da servo nobile, | da nobile servo, da pope carnefice, | e anche da bogatyr' non divenga voevod» (Rybnikov [?]).

A questo punto, Il'ja chiede quale sia la strada più diretta per arrivare a Kiev e gli abitanti della città lo informano che ve ne sono due: una molto lunga e l'altra breve, solo che quest'ultima non viene più praticata da trent'anni, perché vi risiede Solovej Razbojnik. «Siede su tre volte nove querce, e sta lì da trent'anni, | non lascia passare nessuno, né a cavallo né a piedi» (Kireevskij [I: 34]); «ha sbarrato la strada diritta | ha sbarrato la strada e l'ha murata; | non può passare il lupo grigio, | non può sorvolare il corvo nero» (Rybnikov [4]).

Il'ja si mette ovviamente in cammino per la strada diretta. Mentre alcune varianti giungono subito all'incontro con Solovej, altre presentano Il'ja spianare la strada man mano che avanza, abbattendo gli alberi e costruendo passaggi sui fiumi (Rybnikov [?]).

La lotta con Solovej è più o meno simile in tutte le versioni. Il'ja resiste al suo terribile fischio e abbatte il brigante con una freccia, senza ucciderlo. Lo lega e lo appende alla staffa, o al pomo della sella. In alcune varianti lo infila in una rete, come si fa con la selvaggina. In altre ancora, Solovej è costretto a correre accanto al cavallo di Il'ja (Miller [1]).

L'episodio del passaggio di Il'ja presso la casa di Solovej non si trova in tutte le versioni e, comunque, si presenta in un gran numero di varianti. L'abitazione di Solovej può essere descritta come una casa, un cortile, una foresteria, un terem; altre volte invece è un nido. Anche la famiglia di Solovej presenta una composizione diversa. Si parla talora di tre figlie con i mariti (Rjabinin-Adreev [2]), altrove di una moglie, nove figli e nove figlie, questi ultimi addirittura sposati tra loro (Kireevskij [I: 34]). Il'ja li uccide tutti.

In alcune versioni della bylina, la famiglia di Solovej tenta di allettare l'eroe e gli offre ricchezze come riscatto per la liberazione del bandito. Solitamente Il'ja non accetta e, quando lo fa, conduce ugualmente Solovej a Kiev e consegna il denaro a Vladimir. In una versione, la figlia di Solovej invita Il'ja in casa, ma i battenti della porta sono costruiti in modo tale che, al passaggio di un ospite, l'architrave gli piombi addosso, uccidendolo. Il'ja si accorge del trabocchetto e, con un calcio, fa volare la perfida donna per tutta la casa. Nella versione di Kirša Danilov, i figli di Solovej si trasformano in corvi con il becco giallo e attaccano Il'ja (Danilov 1742).

Quando Il'ja giunge finalmente a Kiev, l'ascoltatore si aspetta che venga accolto da Vladimir come un eroe, e in realtà vi sono versioni dove il knjaz' apprezza la liberazione di Černigov, l'abbattimento di Solovej, l'apertura della strada per Kiev, ma sono le meno riuscite (Propp 1958). Nella maggior parte delle byliny, Vladimir è diffidente. Non crede al racconto di Il'ja. «Il ragazzo evidentemente le racconta grosse, | il ragazzo si gloria di sciocchezze» (Astachova [1]); in un caso, addirittura, insinua sia ubriaco: «Evidentemente, robusto bravo giovane, | sei stato nella grande osteria reale | e ti sei ubriacato di vino bianco?» (Rybnikov [?]). A volte, Vladimir offende Il'ja definendolo «paesano, cafone, mužik». Il'ja propone allora di scendere nel cortile, in modo che possa mostrar loro Solovej legato presso il cavallo. Vladimir e i suoi dignitari vanno a vedere e, infatti, trovano il brigante prigioniero.

Vladimir ordina al bandito di fischiare, ma questi rifiuta di ubbidirgli, in quanto non è stato sottomesso da lui, ma da Il'ja:

Ай же князь Владимир столно-кневский!
Не у тя сегодня я ведь ел и пил,
Не тебя я буду слушаться.

A j že knjaz' Vladimir stolno-knevskij!
Ne u tja segodnja ja bed' el i pil,
ne tebja ja budu slušat'sja.

Aj, tu, Vladimir knjaz' della grande città di Kiev!
Non da te, oggi, ho mangiato o bevuto,
non darò io ascolto a te!

Rjabinin-Andreev: Byliny Petra Ivanoviča Rjabinina-Andreeva  [2]: Iscelenie Il'ji Muromca [264-266]
(Traduzione di Bruno Meriggi) 

Oppure: «Io non mangerò con voi oggi, | io non voglio ascoltarvi, | io mangerò con il vecchio cosacco Il'ja  Muromec | e voglio ascoltare soltanto lui» (Rybnikov [I: 10]). Propp ci assicura che questa risposta, presente nella maggior parte delle versioni, è molto amata dal popolo. La Astachova riferisce che, quando Smenov, un cantore di Mezen, cantava la bylina, interrompeva a questo punto il canto e assicurava: «rispose proprio così» (Astachova [1]).

Il'ja chiede a Solovej di emettere il suo terribile fischio ma, conscio del pericolo, ordina al bandito di fischiare a mezza voce. In alcune versioni, invita Vladimir e la sua sposa Apraksija a coprirsi con delle pellicce. In un'altra, stringe lo knjaz' e la knjaginja sotto le proprie ascelle. Solovej fischia con tutta la sua forza e, a questo punto, le varie byliny si divertono a descrivere gli effetti del fischio, con voluti effetti comici: salta il tetto del palazzo, volano via le tegole, si spaccano le finestre. I palazzi nuovi tremano, quelli vecchi crollano, si rovesciano le cupole delle chiese. I bojari fuggono spaventati, stramazzano al suolo, o muoiono sul colpo. Vladimir e Apraksija restano illesi, anche se rimangono assordati o cadono al suolo privi di sensi.

In tutte le versioni, Solovej viene portato da Il'ja in campo aperto e giustiziato.

Il'ja Muromec e Solovej Razbojnik
Illustrazione di Aleksandr Koškin (n. 1950)
(Warner 1985)
V - VARIANTI PROSASTICHE

Nel patrimonio delle skazki, le fiabe russe di magia, sono state registrate diverse versioni prosastiche del «Primo viaggio di Il'ja Muromec». La famosa raccolta di Aleksandr Nikolaevič Afanas'ev, Narodnye russkie skazki, comprende ben due rielaborazioni della bylina.

La prima, Istorija o slavnom i chabrom bogatyre Il'e Muromce i Solovye-razbojnike «Storia del famoso e possente bogatyr' Il'ja Muromec e di Solovej Razbojnik» [308-309], segue da vicino la bylina Il'ja Muromec i Solovej-razbojnik. L'unica variante di un certo rilievo è il combattimento di Il'ja contro una masnada di briganti, che precede la vittoria sui «musulmani» che assediano Černigov. L'incontro con Solovej non presenta variazioni di sorta. Giunto a Kiev, Il'ja riceve il plauso del principe Vladimir e si unisce agli altri campioni, Dobrynia Nikitič e Alëša Popovič. La vicenda continua con la lotta tra Il'ja e Idolišče, che appartiene in realtà a un'altra bylina.

Assai più interessante, la seconda skazka, Il'ja Muromec i zmej, «Il'ja Muromec e il drago» [310], che comprende entrambe le vicende byliniche qui trattate, ma le svolge in maniera fiabesca. A dispetto del titolo, che è stato probabilmente inserito dal redattore, l'eroe del racconto è chiamato sempre Il'ja Ivanovič, e mai con l'epiteto di Muromec. D'altra parte, mentre la bylina collocava la nascita di Il'ja in un luogo preciso (il villaggio di Karačarovo), questa skazka elimina qualsiasi riferimento geografico e ci proietta fin dall'inizio nello spazio indeterminato delle fiabe...

Не в котором царстве, не в котором государстве жил-был мужичок и с хозяюшкою. Живет он богатой рукой, всего у него довольно, капитал хороший имеет. И говорят они промеж собой, сидя с хозяйкою: Вот, хозяйка, довольно всего у нас, только у нас детей нету; станем просить бога, авось господь нам создаст детище хотя бы напоследях, при старости. - Стали просить бога, и забрюхатела она, и время пришло - родила детище. Прошел год, и два, и три года прошли, ноги у него не ходят, а должно б ему ходить; восемнадцать годов прошло - все без ног сидит. Ne v kotorom carstve, ne v kotorom rosudarstve, žil-byl mužičok i s chozjajuškoju. Živet on bogatoj rukojm vsego u nego dovol'no, kapital chorošij imeet. I govotjat oni promež soboj, sidja s chozjajkoju: "Vot, chozjajka, dovol'no vsego u nas, tol'ko u nas detej netu; stanem prosit' boga, abos' gospod' nam sozdast detišče chotja by naposledjach, pri starosti». Stali prosit' boga, i zabrjuchatela ona, i vremja prišlo – rodila detišče. Prošel god, i dva, i tri goda prošli, nogi u nego ne chodjat, a dolžno b emu chodit', vosemnadcat' godov prošlo – vse bez nog sidit. In un certo reame, in terre lontane, c'era una volta un contadino con la moglie. Vive agiatamente, ha tutto in quantità, ha un buon capitale. E dicono tra loro, seduti lui e la moglie: «Ecco, cara, abbiamo tutto in quantità, ma non abbiamo figli; se pregheremo Dio, forse il signore ci darà una creatura anche se alla fine, in vecchiaia». Si misero a pregare Dio, e lei rimase incinta e, arrivato il momento, partorì una creatura. Passò un anno, e due, e tre anni passarono, non riesce a camminare, e avrebbe dovuto; passarono diciotto anni: continua a restare senza gambe.
Aleksandr Afanas'ev: Narodnye russkie skazki [310]

In questa versione, è un vecchio viandante a chiedere da bere al giovane paralitico. Miracolosamente guarito e colmato di forza prodigiosa, Il'ja corre fuori di casa e comincia a saggiare la sua forza. I genitori, di ritorno dalla falciatura, si stupiscono nel trovare il bosco «tutto rivoltato». La notizia della forza di Il'ja si sparge per la contrada, cosicché il re convoca il giovane e, fattolo rivestire con abiti suntuosi, lo prende al suo seguito.

Nel frattempo un altro sovrano chiede l'aiuto di Il'ja per sconfiggere uno zmej («drago, serpente») a dodici teste il quale, nottetempo, insidia la figlia del re. Il'ja accetta l'incarico e prova tutti i puledri della scuderia, prima di trovarne uno abbastanza robusto da trasportarlo.

Messosi in marcia, Il'ja arriva in cima a una montagna e, dopo aver lungo cavalcato per fitti boschi, giunge a un'izba. Bussa, e la Baba Jaga, armata di falce, tenta di ucciderlo. Il'ja non si lascia sorprendere e sconfigge la vecchia strega. Ella, ammansita, lo accoglie nella sua dimora, gli offre ricche vivande e un caldo bagno di vapore. Ripartito, Il'ja trova presto un'altra izba, e dentro vi è un'altra strega, sorella della precedente. Costei lo avverte che lungo la strada incontrerà Solovej Razbojnik.

L'incontro con Solovej è ancora una volta simile a quello raccontato nella bylina. Il'ja lo abbatte con una freccia, lo caccia nella bisaccia e prosegue il suo viaggio. Quando poi arriva alla reggia del nuovo sovrano, sono tutti stupiti del fatto che Il'ja abbia vinto il tremendo brigante, e gli chiedono di poter udire il suo famoso fischio.

Вот и говорит король Илье Ивановичу: Велите Соловью-разбойнику засвистать. - А Соловей-разбойник говорит: Вы бы накормили и напоили Соловья-разбойничка: у меня уста запеклися. - Вот и принесли ему винца, а он говорит: Что мне штофик! Вы бы бочоночек принесли мне порядочный. - Принесли ему бочонок вина, вылили в ведро. Он выпил зараз и говорит: Еще бы Соловью-разбойничку две ведерочки, так выпил бы! - да уж не дали ему. И просит король: Ну, прикажи, - говорит, - ему засвистать. - Илья велел ему засвистать, а короля и всю его фамилию поставил к себе под руки, под мышки: А то, - говорит, - он оглушит вас! - Как засвистал Соловей-разбойник, насилу остановил его Илья Иванович, ударил его жезлом - он и перестал свистать, а то было попадали все! Vot i govorit korol' Il'e Ivanoviču: «Velite Solov'ju-razbojniku zasvistat'». A Solovej-razbojnik govorit: «Vy by nakormili i napoili Solov'ja-razbojnička: u menja usta zapeklisja». Vot i prinesli emu vinca, a on govorit: «Čto mne štofik! Vy by bočonoček prinesli mne porjadočnyj». Prinesli emu bočonok vina, vylili v vedro. On vypil zaraz i govorit: «Ešče by Solov'ju-razbojničku dve vederočki, tak vypil by!» da už ne dali emu. I prosit korol': «Nu, prikaži» govorit, «emu zasvistat'». Il'ja velel emu zasvistat', a korolja i vsju ego familiju postavil k sebe pod ruki, pod myški: «A to» govorit, «on oglušit vas!» Kak zasvistal Solovej-razbojnik, nasilu ostanovil ego Il'ja Ivanovič, udaril ego žezlom – on i perestal svistat', a to bylo popadali vse! Allora dice il re a Il'ja Ivanovič: «Ordinate a Solovej Razbojnik di mettersi a fischiare». Ma Solovej Razbojnik dice: «Dovreste prima dar da mangiare e da bere a Solovej Razbojnik: mi si sono screpolate la labbra». Allora gli portarono un po' di vino, e lui dice: «Che me ne faccio di un fiaschetto! Dovete portarmi un bel bariletto». Gli portarono un bariletto di vino, lo versarono in un secchio. Quello bevve d'un fiato e dice: «Solovej Razbojnik se ne berrebbe ancora un paio di secchielli!», ma non gliene diedero. E chiede il re: «Be', ordinagli di mettersi a fischiare». Il'ja gli ordinò di mettersi a fischiare, ma si mise il re e la sua famiglia sottobraccio, sotto le ascelle: «Altrimenti vi assorderà!» dice. Come Solovej Razbojnik si mise a fischiare, lo fermò con la forza Il'ja Ivanovič, lo colpì con un bastone: quello smise di fischiare, perché tutti stavano per stramazzare!
Aleksandr Afanas'ev: Narodnye russkie skazki [310]

La skazka si concluda con il racconto – svolto in maniera piuttosto affrettata – della lotta di Il'ja Ivanovič contro la zmej. Il'ja affronta il mostro nella camera da letto della principessa e gli stacca tutt'e dodici le teste. Dopodiché torna dal primo sovrano e, come in ogni fiaba che si rispetti, ne sposa la figlia.

VI - SOLOVEJ RAZBOJNIK, IL BRIGANTE USIGNOLO

Solovej Razbojnik, il «Brigante Usignolo», è uno dei personaggi più bizzarri e particolari dell'epica russa. È anche uno dei più difficili da analizzare, privo com'è di riscontri diretti con altre figure mitologiche. Gli studiosi si sono accaniti, cercando di comprendere le origini e la natura di questo personaggio. Si è cercato di dare alla figura di Solovej interpretazioni mitologiche o simboliche; si è cercato parallelismi con motivi fiabeschi, biblici, orientali, siberiani, ma senza raggiungere nulla di determinante. (Meriggi 1974)

Nell'interpretazione meteorologica di Orest Fëdorovič Miller, il fischio di Solovej rappresenterebbe il vento e la tempesta, e la sua casa-nido le nuvole; tutto il racconto sarebbe dunque da vedere come allegoria della tempesta che offusca il sole, qui da identificare con Vladimir «bel solicello», liberato e tornato a far splendere da Il'ja Muromec (Miller 1869). Fëdor Ivanovič Buslaev rimprovera tuttavia a Miller di essere andato troppo lontano nella sua interpretazione, e spiega che Solovej altro non è che un operaio che lavora il rame grezzo (Buslaev 1887).

Il'ja Muromec e Solovej
  Arte popolare russa

Altri hanno voluto scorgere in Solovej un vero e proprio brigante, e non sono mancate connessioni con avvenimenti storici. Secondo il folklorista Vsevolod Fëdorovič Miller, il prototipo storico di Solovej sarebbe stato un certo brigante Moguta, ricordato nelle cronache, che fu fatto prigioniero e portato presso lo knjaz' Vladimir, dove «pianse a lungo e le lacrime gli colarono abbondanti dagli occhi» e giurò di redimersi. Il fischio di Solovej sarebbe stato appunto il lamento di Moguta. In quanto al nome Solovej, «usignolo», sarebbe stato un soprannome del brigante (più o meno simile al nostro «uccel di bosco»). Secondo Miller, uno dei patronimici che l'epica fornisce a Solovej, ovvero Rachmantevič, deriverebbe da un vor Achmatovič, «ladro Achmatovič», con questa volta riferimento a un certo Achmat, brigante attivo presso di Mosca intorno al 1480, sconfitto presso il fiume Ugra, poi fuggito. (Miller 1924)

Ipotesi di questo tipo, tuttavia, non hanno avuto seguito. Infatti, nonostante sia chiamato razbojnik, Solovej non sembra un brigante, se non in senso molto generico. Solovej non rapina nessuno: si limita a bloccare la strada per Kiev con la sua presenza e i suoi terribili fischi. D'altra parte, nelle byliny dove Il'ja Muromec si batte con bande di malfattori, costoro sono sempre definiti staničniki (letteralmente, «abitanti della stanica», il villaggio cosacco). Sembra dunque esserci una differenza sostanziale tra gli staničniki (veri e propri briganti da strada) e il razbojnik. (Propp 1954)

L'aspetto di Solovej non è mai descritto con precisione. Ha attributi umani, ma sono indefiniti e sfocati: quando Il'ja lo abbatte, lo afferra per i riccioli gialli, gli lega le gambe e le braccia. E quando al palazzo di Vladimir gli offrono da bere, Solovej afferra la coppa con le mani. Ma alternativamente, sembra che Solovej abbia aspetto di uccello: lo vediamo svolazzare in cima a una quercia, o sul tetto del palazzo reale, e in certe byliny, Il'ja lo colpisce a un'ala (Kirienskij [I: 21]). È detto aver fatto un nido «su sette querce, su nove rami», e, in certi casi, la casa dove abita è anch'essa un nido. Nelle incisioni popolari, Solovej è a volte rappresentato con aspetto umano, a volte è un ibrido tra uomo e uccello.

Le rare byliny che descrivono Solovej con aspetto umano sono delle eccezioni: Propp ne cita una dove Solovej è un cavaliere e combatte contro Il'ja stando a cavallo. (Propp 1958)

Solovej non ha armi, né zanne, né artigli. Il suo unico mezzo di offesa è il suo soffio, il suo tremendo fischio. Questo viene emesso con tale forza che l'erba si attorciglia nei prati, gli alberi si spezzano, le montagne tremano, la terra sussulta, l'acqua si intorbida, e tutti gli esseri umani presenti nelle vicinanze muoiono. Il fischio stesso è descritto nelle byliny con gusto dei dettagli: rassomiglia al grido dei draghi, al ringhio dei cani, al ruggito dei leoni, al sibilare dei serpenti. Il'ja è in grado di resistere, grazie alla sua forza bogatyrica, mentre il suo cavallo cede, attirandosi la sprezzante rampogna del padrone: «non hai mai sentito il mugghiare di una mucca, il pigolio di un merlo?» (Kirienskij [I: 77]).

Bruno Meriggi ha cercato di spiegare il fischio di Solovej con i rumori che, nel corso dei riti di passaggio, si odono provenire dalle foreste, e che sono prodotti da rombi, pietre, o legni fatti vorticare intorno a una cordicelli. Agli iniziandi viene fatto credere che si tratti della voce dell'essere che uccide, inghiotte e rivomita i novizi. Le donne e i bambini, cui è interdetto di assistere ai riti, ne hanno un terrore panico. «Può darsi che l'antagonismo tra Il'ja Muromec e Solovej Razbojnik debba essere considerato alla luce della connessione di Il'ja con situazioni di cerimonie iniziatiche», scrive Meriggi, con riferimento al racconto della miracolosa guarigione di Il'ja. Ammette tuttavia che «il brigante Solovej non svolge certamente la funzione di un essere iniziatico, e la sua contrapposizione ad Il'ja riveste tutt'altro carattere». (Meriggi 1974)

Difficile comprendere le origini mitologiche di un personaggio bizzarro come Solovej Razbojnik. L'unica attinenza sembra ritrovarsi in due passi dello Slovo o pŭlku Igorevě, il «Cantare delle gesta di Igor'», dove, tra i presagi che sbarrano la strada alla sfortunata spedizione del principe Igor', vi è l'apparizione di un misterioso essere, Divŭ, che in forma di uccello lo guata dall'alto di un albero, e le cui grida – mescolate a quelle degli animali selvaggi – si odono per tutta la terra russa:

Солнце єму тъмою путь заступаше; нощь стонущи єму грозою птичь убуди; свистъ звѣринъ въста; збися дивъ, кличетъ връху древа: Велитъ послушати земли незнаємѣ, Влъзѣ, и Поморію, и Посулїю, и Сурожу, и Корсуню, и тебѣ Тьмутораканьскый блъванъ! Solnce ėmu tŭmoju putĭ zаstupаše; noštĭ stonušti ėmu grozoju ptičĭ ubudi; svistŭ zvěrinŭ vŭstа; zbisja divŭ, kličetŭ vrŭchu drevа: Velitŭ poslušаti zemli neznаėmě, Vlŭzě, i Pomoriju, i Posulïju, i Surožu, i Korsunju, i tebě Tĭmutorаkаnĭskyj blŭvаnŭ! Il sole gli sbarrò il cammino di tenebra. La notte gemette tempesta, risvegliando gli uccelli. Si levò l'ululato ferino delle belve. Gridò Divŭ dall'alto di un albero, affinché lo udisse la terra straniera: la Vol'ga e il litorale di Crimea, e Surož, e la terra oltre la Sula, e il Chersoneso, e te, grande idolo di Tmutorokan'!
Slovo o pŭlku Igorevě [19]
Уже снесеся хула на хвалу; уже тресну нужда на волю; уже връжеса дивь на землю. Се бо готскїя красныя дѣвы въспѣша на брезѣ синему морю... Uže snesesja chulа nа chvаlu; uže tresnu nuždа nа volju; uže vrŭžesа divĭ nа zemlju. Se bo gotskïja krаsnyja děvy vŭspěšа nа brezě sinemu morju... Già il disonore ha sommerso la gloria, la schiavitù ha schiacciato la libertà, già Divŭ è piombato sulla terra di Rus' e le belle fanciulle dei Goti cantano sulle rive del mare...
Slovo o pŭlku Igorevě [65]

Difficile dire chi sia questo Divŭ. Il nome ricorda i daēvā iranici, i dèmoni malvagi della religione mazdea (ma il termine, prima della riforma religiosa di Zaraθuštra, indicava piuttsto gli dèi). Quale fosse l'aspetto e il ruolo di Divŭ nell'antica mitologia slava non ci è dato di sapere – esso compare soltanto nello Slovo – ma la sua rassomiglianza con Solovej Razbojnik sembra molto accentuata. In entrambi i casi si tratta di una creatura eversiva, dall'aspetto ornitomorfo, che dall'alto di una quercia emette grida apportatrici di sventura.

Il'ja Muromec e Solovej Razbojnik
Stampa popolare russa (Rovinskij 1881)
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BIBLIOGRAFIA
Intersezione: Aree - Holger Danske
Sezione: Miti - Asteríōn
Area: Slava - Koščej Vessmertij
Ricerche e testi di Dario Giansanti e Gustav Streich.
  SVJATOGOR
L'ultimo titano
  MITI SLAVI   Capitolo non disponibile  
Creazione pagina:10.03.2011
Ultima modifica: 22.07.2016
 
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