MITI

SLAVI
Russi

MITI SLAVI
SVJATOGOR
L'ULTIMO TITANO
Il possente Svjatogor era un antico eroe dalla statura gigantesca, che conduceva una vita nomade vagando per la terra. Il suo smisurato orgoglio era destinato ad infrangersi contro una Volontà superiore.
Svjatogor
Illustrazione di Boris Ol'šanskij

1 - SVJATOGOR

ra, il possente Svjatogor, il più antico e possente dei bogatyri. Veniva, come dice il suo nome, dai Monti Santi. Aveva una statura gigantesca e, in groppa a un cavallo a lui proporzionato, svettava col capo al di sopra delle cime degli alberi più alti.

Svjatogor conduceva una vita nomade ed errabonda, vagando oltre i confini della santa Rus'. Dotato di un orgoglio smisurato quanto la sua statura, si dice che camminasse sulle vette dei monti perché l'umida nera terra non poteva sopportare il suo peso.

Svjatogor (1990)
Illustrazione di Sergej Petrovič Panasenko


2 - IL SACCO DEL VIANDANTE

n giorno Svjatogor sellò il suo cavallo e si diresse nell'aperta ampia steppa. Cavalcando, sentiva la vita fluire vigorosa nelle vene ed avrebbe desiderato poter gareggiare con qualcuno, mettere alla prova la sua forza di bogatyr'. Purtroppo non c'era nessuno in vista ed egli non poté fare a meno di lanciare una sfida orgogliosa:

— Se trovassi un anello conficcato in terra, potrei sollevare il mondo!

Non aveva finito di parlare che vide, lontano davanti a sé, un giovane che procedeva a piedi lungo la strada. Svjatogor pensò di raggiungerlo e spronò il cavallo. Il cavallo accelerò l'andatura, passò al trotto, al galoppo, ma per quanti sforzi facesse, l'uomo era sempre lontano.

Aj, tu! — gridò Svjatogor. — Aspettami! Perché il mio cavallo non riesce a raggiungerti?

Il viaggiatore si volse, si fermò e attese Svjatogor, appoggiando a terra il sacco che portava in spalla.

— Che cos'hai in quel sacco, amico? — chiese Svjatogor non appena fu accanto al giovane viandante.
— Raccoglilo e guarda tu stesso — replicò l'uomo.

Svjatogor scese da cavallo, afferrò il sacco con una mano e fece per sollevarlo. E subito gli sembrò che il braccio si staccasse dalla spalla, ché il sacco non si mosse da terra. Allora Svjatogor lo afferrò con ambedue le mani ma il sacco pareva inchiodato al suolo. Svjatogor tirò con tanta forza che egli stesso affondò nel terreno fino alle ginocchia. Sul viso gli corsero rivoli di sudore e di sangue, ma il sacco si sollevò quel tanto necessario da potervi passar sotto un capello, non di più.

— Che cosa c'è mai qui dentro? — ansimò Svjatogor. — Ho impiegato tutta la mia forza, ma il sacco non si muove da terra.
— In questo sacco c'è il peso del mondo intero — gli spiegò l'altro. — È come se fosse fissato alla terra con un anello.
— Chi sei tu? — chiese allora Svjatogor. — Come ti chiami?
— Mi chiamo Mikula Seljaninovič — rispose il giovane.

Svjatogor e Mikula
Illustrazione di Georgij Nikolaevič (n. 1943)

3 - IL CONSIGLIO DI MIKULA

opo aver fatto amicizia con Mikula Seljaninovič, Svjatogor gli chiese con rispetto: — Mikuljuška, mi sembra che tu conosca molte cose. Sai dirmi come posso sapere quale destino mi è stato riservato da Dio?

— Cavalca diritto fino a che arriverai a un crocevia — rispose Mikula Seljaninovič. — Prendi la biforcazione a sinistra e galoppa a briglia sciolta finché arriverai ai monti del nord. Là, tra le colline, sotto un grande albero c'è una fucina: il fabbro ferraio ti svelerà il tuo destino.

"Svjatogor e il fabbro del destino" - Illustrazione di Andrej Klimenko
Svjatogor e il fabbro del destino
Illustrazione di Andrej Klimenko (1956-)

4 - IL FABBRO DEL DESTINO

 Svjatogor si congedò da Mikula e cavalcò fino a che non giunse a un crocevia; prese la biforcazione di sinistra e galoppò in direzione delle montagne del nord. Il suo destriero attraversò mari e fiumi, divorò verste su verste, e finalmente, dopo tre giorni, Svjatogor giunse alle montagne del nord.

Là, in una fucina posta sotto un grande albero, Kuznec sud'by, il fabbro del destino, stava forgiando due lunghissimi e sottili capelli d'oro.

— Che cosa fai, fabbro? — chiese Svjatogor.
— Sto forgiando i destini di coloro che si sposeranno — rispose il fabbro.
— E io chi sposerò?
— La tua sposa abita nel Regno Oltre il Mare, nella Città Reale, e per trent'anni ha dormito sopra un letamaio.
— Io non prenderò mai la mia sposa da un letamaio! — gridò Svjatogor.

E, spronato il cavallo, si diresse nel Regno Oltre il Mare, nella Città Reale. Prima di varcare le porte della città, decise di trovare un posto per riposarsi e vide una povera, umile casupola. Entrò, si guardò intorno e, coricata su un mucchio di letame, scorse una fanciulla con la pelle scura e screpolata come la corteccia di un abete. Allora prese cinquecento rubli, li posò sul tavolo, poi afferrò la sua affilatissima spada e la conficcò nel petto della fanciulla. Fatto questo, balzò a cavallo e ripartì.

5 - LA SPOSA DI SVJATOGOR

ualche minuto più tardi, la fanciulla si risvegliò e si alzò dal letamaio. La corteccia nera scivolò via dal suo corpo ed essa diventò bella come nessun'altra fanciulla al mondo. Prese il denaro sul tavolo, si recò al mercato e cominciò a commerciare. Quando ebbe ammassato un incalcolabile tesoro, si costruì una flotta di navi, le caricò con ogni sorta di merci preziose e salpò verso terre lontane. Giunta alla grande città sui Monti Santi cominciò a vendere la sua mercanzia, e la fama della sua straordinaria bellezza si sparse per tutto il paese. Anche Svjatogor volle conoscerla, si innamorò di lei, la corteggiò e riuscì a sposarla.

Quando la sera si coricò accanto a lei, notò una cicatrice sul suo petto. — Cos'è mai questa cicatrice, moglie mia? — le chiese.

E la fanciulla rispose: — Nel Regno Oltre il Mare, nella Città Reale, arrivò un giorno uno straniero. Giunto nell'umile capanna dove per incantesimo io dormivo un lungo sonno sdraiata su un mucchio di letame da ben trent'anni, posò cinquecento rubli sul tavolo e se ne andò. Quando mi svegliai, avevo questa cicatrice sul petto e dal mio corpo era caduta la dura scorza che lo ricopriva, ruvida come corteccia d'abete.

E così Svjatogor, il grande eroe, si rese conto che nessuno può sfuggire al suo destino.

6 - LA MORTE DI SVJATOGOR

olte storie si intrecciano su Svjatogor, in molte versioni, ed alcune vogliono che egli sia morto a causa del suo orgoglio smisurato e della sua tracotanza. Altri narrano infatti in maniera tragicamente diversa la leggenda del sacco che conteneva il «peso del mondo intero».

Secondo questa versione, Svjatogor cavalcava un giorno nella nuda pianura. La sua forza di bogatyr' gli scorreva nelle membra con rapidi battiti ed egli la avvertiva, penosa come una gravidanza. Ma nessuno, ahimé, vi era, che potesse metterla alla prova con la sua.

Ed ecco che gonfio di orgoglio Svjatogor esclamò: — Trovatemi i tiranti, solleverò la terra!

Cavalcava per la steppa quando, di traverso sulla via, vide una piccola bisaccia.
Svjatogor fermò il cavallo e, senza scendere di sella, brandì la frusta e la urtò, ma la bisaccia non si mosse.
Allora si chinò da cavallo e la sfiorò col dito: quella non si rivoltò.
La afferrò con la mano: non riuscì a sollevarla!

E disse Svjatogor: — Molti anni cavalcai per le vie del mondo, e mai trovai simile prodigio, mai vidi uguale portento. Una piccola bisaccia, di traverso sulla via che non si lascia smuovere, né rivoltare, né sollevare!

Allora scese Svjatogor dal buon cavallo, afferrò la bisaccia con due mani e la sollevò con tutte le sue forze. La sollevò fino al ginocchio... ma fino al ginocchio egli era affondato nella terra. Sul bianco volto non scorsero lacrime, ma sangue. Dove Svjatogor affondò, là non restò in piedi. E per lui giunse la fine.

La fine di Svjatogor (1917)
Illustrazione di Ivan Vasil'evič Simakov
Fonti

1 P.I. Rybnikov: Pesni sobrannie [51 | 86]
2-5 P.I. Rybnikov: Pesni sobrannie [51]
6 P.I. Rybnikov: Pesni sobrannie [86]

Svjatogor
Illustrazione di Aleksandr Koškin

I - SVJATOGOR, L'ULTIMO DEI TITANI

Tra gli eroi bylinici, Svjatogor si staglia d'un canto, isolato. Egli è, come Volch Vseslav'evič e Mikula Seljaninovič, un personaggio che non fa parte del ciclo di Kiev. Le stesse byliny ne sottolineano l'antichità. Svjatogor è una figura che appartiene a un tempo passato e, anzi, a un passato che si allontana sempre di più. È un avanzo dei tempi precristiani, l'ultimo eroe di una remota generazione titanica. È l'ultimo di una schiatta di giganti presuntuosi, orgogliosi, carichi di hýbris, in lotta con il destino e con Dio. È una figura ingombrante, a disagio nel mondo ormai convertito alla fede di Cristo.

Tutti i bogatyri compiono imprese ai confini dell'umano, ma Svjatogor non è un personaggio di dimensioni umane. È un essere imponente, un gigante che cavalca un cavallo a lui proporzionato e conduce una vita nomade vagando per la terra. Egli cammina sulle vette dei monti perché il suolo non può sopportare il suo peso. La sua statura è indice di primordialità: Svjatogor non appartiene semplicemente al passato, quando a un ciclo precedente.

II – SVJATOGOR, INCARNAZIONE DELLE MONTAGNE

Il primo punto da sottolineare è etimologico. Il nome di Svjatogor significa «monte santo». Il personaggio appare infatti intimamente legato all'elemento montano, a quelle montagne sulle cui cime cavalcava per evitare alla terra di sprofondare sotto il suo peso.

Ma detto questo, bisogna riconoscere che le località chiamate Svjatye Gory sono, in Russia, numerosissime e Svjatogor non pare avere alcuna connessione con qualche luogo in particolare. Secondo Mazon, che cita una vasta serie di dati toponomastici, Svjatogor altro non è che la personificazione delle montagne stesse: è un gigantesco uomo-montagna che, nell'ingenua fantasia contadina, è stato immaginato come un individuo disteso, il cui corpo forma l'ossatura dei monti (nella bylina Svjatogor e la bara, Svjatogor si sdraia in un avello di pietra, tra le montagne, dove rimane rinchiuso) (Mazon 1932).

Su questa linea, Vladimir Propp ha proposto una contrapposizione tra le Svjatye Gory e la Svjataja Rus', vale a dire le sacre montagne opposte alle sacra terra russa: mentre le montagne sono assegnate a Svjatogor, le steppe sarebbero dominio dei bogatyri (Propp 1958). In effetti sembra esservi una contrapposizione tra la titanica, isolata figura di Svjatogor da una parte, e il gruppo dei bogatyri kievani dall'altra. Svjatogor non compie imprese epiche, non compie podvigi. Si limita ad esistere ai confini dello spazio, relitto di una mitologia perduta.

La figura di Svjatogor è intrisa di motivi antichissimi. È un eco di arcaiche figure mitologiche, una personificazione delle forze della natura. Meriggi notava che in slavo comune *svętŭ significava più precisamente «carico di potenza numinosa» (cfr. latino sacer e greco ágios). Questa parola era un vox media, dato che tale «potenza» poteva essere rivolta tanto al bene che al male: tutto quello che era *svętŭ incuteva timore, veniva evitato o avvicinato con cautela. Questa parola acquistò il senso positivo di «santo» soltanto dopo l'introduzione di concetti cristiani, allorché l'originaria ambivalenza della parola venne eliminata e si verificò una scelta semantica, grazie alla quale l'aggettivo *svętŭ assunse un significato specializzato, dapprima nella traduzione della Bibbia e nei testi ecclesiastici, poi nell'uso comune. Poiché Svjatogor non ha alcun tratto che lo avvicini a un «santo» nel senso cristiano, ed è invece dotato di una forza magica, pagana, bisogna riconoscere nella prima parte del suo nome l'originario significato. (Meriggi 1974)

Questa natura pagana di Svjatogor è forse la ragione per cui, a livello popolare, sono stati tentati alcuni tentativi di «recupero» del personaggio in senso biblico-cristiano. Ad esempio, in alcune byliny, Svjatogor viene chiamato Sanson, confondendo così la figura del bogatyr' con quello dell'eroe biblico. E sotto questo nome, il titanico eroe è protagonista di una vicenda, tratta di peso dalla leggenda biblica di Sansone e Dalila, in cui egli finisce per perdere tutta la sua forza, grazie alle arti seduttive esercitate ai suoi danni da un'affascinante maliarda. Speranskij ha anche ipotizzato che alcuni motivi della bylina Svjatogor e la bara siano proprio ispirati alle rappresentazioni cristiane di Sansone (Speranskij 1917). Parallelamente, l'etimologia popolare, trasformando Svjatyj Gor in Svjatyj Egor, è finita con l'identificare Svjatogor con San Gregorio, confondendo così i due personaggi in un unico Egor Svjatogor.

Per la definizione della figura di Svjatogor sono stati tentati raffronti con molti miti, anche se senza un risultato definitivo. Sia il particolare dei monti, estranei alla natura russa, sia quello della corporatura eccezionale, hanno fatto supporre per l'eroe un'origine caucasica. Il foklorista Ivan Nikolaevič Ždanov ha suggerito paralleli biblici e fatto raffronti con testi apocrifi, citando tra l'altro Osiride e Aronne (Ždanov 1884). Si è anche ipotizzato che Svjatogor altro non sia che l'eroe estone Kalevipoeg russizzato (Šambinago 1958). André Mazon, nel suo poderoso studio, ha stabilito una serie di confronti con miti dell'antico Egitto, apocrifi medievali ebraici, arcaiche leggende musulmane e tradizioni popolari greche, serbe, casciubiche ed italiane. (Mazon 1932 | Meriggi 1974)

III — IL MOTIVO DELLA «TRAZIONE DELLA TERRA»

La leggenda per cui Svjatogor è giustamente famoso, quella che è generalmente riportata nei libri di divulgazione, è quella della tjaga zemnaja, espressione che Edgardo Saronne traduce con «trazione della terra». (Saronne ~ Danil'čenko 1997)

Svjatogor e la trazione della terra è una bylina di cui si conoscono una decina di versioni differenti, di cui nove provenienti dalla regione dell'Onega e una da Mezen. Formalmente, ciò darebbe diritto di affermare che tale bylina sia a carattere locale, ma gli studiosi sono persuasi – vista la sua atmosfera arcaica – che essa non si sia conservata altrove proprio a causa della sua antichità (Propp 1958).

Queste le versioni conosciute:

  1. Hilferding: [1 | 118 | 119 | 185 | 265 | 270 | 273]
  2. Rybnikov I: [7 | 8] Rybnikov III: [1 | 2]
  3. Grigorev: [III: 114]
  4. Parilova ~ Sojmonov: [4]
  5. Sokolov: [159 | 269]
  6. Kirevskij [I]

"Svjatogor e la trazione della terra" - Illustrazione di autore sconosciutoLe varie composizioni iniziano con Svjatogor a cavalca senza scopo per i confini della Santa Rus'. A volte egli è solo; in altri casi, ha un compagno di viaggio, oppure lo incontra per via. Questo può essere un giovane, un viandante, un vecchietto. In alcune varianti, l'eroe incontra Il'ja Muromec (Hilferding [1 | 265 | 270 | 273] | Rybnikov [I: 8 | III: 2]); in un'altra, Mikula Seljaninovič (Sokolov [159]). In un'occasione, Svjatogor incontra Dobrynja Nikitič (Hilferding [118]), in un'altra il mercante Sadko (Hilferding [119]), ma poco sappiamo dire sull'effettivo contenuto di queste versioni. A volte, egli è solo (Rybnikov [I: 7] | Parilova ~ Sojmonov [4]), ed è probabilmente questa la forma originaria della bylina (Propp 1958).

A volte, l'eroe è conosciuto con nomi diversi. Si chiama ad esempio Kolyvan (Hilferding [185]), versione russificata del Kaleva finnico; oppure Samson (Rybnikov [III: 1]), o Samson Svjatogor (Hilferding [270]), con evidente riferimento all'eroe biblico Šimšôn.

Svjatogor si sente colmo di forza e di vigore e, non avendo nessuno con cui provare la propria potenza, si vanta di poter rovesciare la terra sul fianco, se solo questa avesse un anello. Mentre così ragiona, Svjatogor vede davanti a sé un piccolo sacco. Per tre volte prova a sollevarlo ma, per quanti sforzi egli faccia, non vi riesce. In alcune versioni, Svjatogor si allontana riconoscendo la propria sconfitta; in altre, in un ultimo tentativo di sollevare il sacco, sprofonda nella terra e muore.

La comparsa della bisaccia è la risposta diretta alla vanteria di Svjatogor. A seconda delle varianti, essa può essere semplicemente trovata in terra, oppure l'eroe vi inciampa sopra. A volte, a porla su una pietra, sono un giovane viandante o dei vecchi pellegrini che subito dopo scompaiono misteriosamente (Hilferding [119]). In una versione, è il Signore stesso che invia i suoi angeli a porre il sacco sulla strada percorsa da Svjatogor. Oppure è un vecchio che invita Svjatogor a sollevarla (Grigorev [III: 114]). Nelle versioni dove è presente Mikula Seljaninovič, la bisaccia appartiene a lui. Questa versione è la più densa di significato, anche se probabilmente è anche la più elaborata dal punto di vista letterario e quindi la più lontana dal soggetto originale. È tra l'altro la versione disposta da Lev Tolstoj nel primo dei suoi Quattro libri di lettura (Tolstoj 1875).

L'antichità del mitema sembra dimostrata dalla sua ampia diffusione nell'area slava. Lo ritroviamo ad esempio nei racconti popolari jugoslavi, nei quali si narra come l'eroe Marko Kraljević, malgrado tutti gli sforzi compiuti, non riesca a sollevare da terra una bisaccia, proprio come in Russia capita a Svjatogor.

In questo motivo, Bruno Meriggi ha voluto vedere il ricordo di antichi tabù legati alla terra, la presenza di prescrizioni, attestate nel mondo slavo, che vietavano di battere la terra o di conficcarvi qualcosa, specialmente in primavera, quando essa era gravida. Oppure, secondo credenze altrettanto diffuse, dei divieti di sollevare dal suolo certe pietre, per non incorrere in qualche disgrazia (Meriggi 1975).

Ma di nuovo, quella di Meriggi, è l'interpretazione storicistica-folkloristica cara alla scuola di Vladimir Propp. Non si tratta certo dell'infrazione di un costume popolare se Svjatogor viene umiliato e/o sprofondato nella terra. Vi è, in effetti, qualcosa di beffardo, nel vedere un gigante possente come Svjatogor trovare la morte in maniera talmente antieroica. Se gli eroi bylinici muoiono di rado, e se la loro morte è di solito vista come una tragica ingiustizia, la fine di Svjatogor è invece recepita come inevitabile e necessaria (Propp 1958 | Saronne ~ Danil'čenko 1997). Il punto è che Svjatogor appartiene ad una generazione sorpassata di eroi precristiani, sui quali pesa il destino (o la volontà divina) di svanire, per lasciare il posto a una nuova generazione di bogatyri fedeli ai nuovi valori.

Come dice la bylina, il sacco conteneva bsju zemlju «la terra intera». È dunque Mat-syra-zemlja, la «madre umida terra», a opporsi agli sforzi del bogatyr'. Nella visione russa, non si può contrastare la «madre umida terra», la quale fa germogliare la vita, nutre e disseta le sue creature, le accoglie e le protegge. La spacconata di Svjatogor di poter rivoltare la terra non è semplicemente presuntuosa, ma è sacrilega, in quanto diretta contro la santità della terra stessa (Saronne ~ Danil'čenko 1997).

Per tale ragione Vladimir Propp considera molto significativa – per quanto indubbiamente posteriore – la vicenda in cui è Mikula Seljaninovič, il prodigioso aratore, a contrastare Svjatogor. La bylina Vol'ga i Mikula ha molti punti in comune con Svjatogor e la trazione della terra. In quella bylina, il cavallo di Vol'ga lanciato al galoppo non riesce a raggiungere la giumenta di Mikula che procede al passo; in questa, pur essendo a cavallo, Svjatogor non riesce a raggiungere Mikula che cammina a piedi. Analogamente, il sacco che Mikula porta disinvoltamente in spalla e che Svjatogor non riesce nemmeno a sollevare, appartiene allo stesso ordine di idee dell'aratro dello stesso Mikula, che i trenta guerrieri della družina di Vol'ga non riescono nemmeno a smuovere dal solco, mentre Mikula vi riesce senza sforzo.

Mikula Seljaninovič è, in un certo senso, l'amico della terra, il guardiano della sacralità del santo suolo russo. Come abbiamo già detto al riguardo di Vol'ga e Mikula, non si tratta di forza fisica, quanto di virtù. La stessa terra che benedice l'alacre Mikula, si oppone al presuntuoso Vol'ga e punisce l'empio Svjatogor.

Lo scrittore Gleb Ivanovič Uspenskij, che doveva avere una conoscenza orale di Svjatogor e la trazione della terra, sottolinea il contrasto tra Svjatogor, che vaga senza meta sui monti selvaggi, e il contadino Mikula che personifica un rapporto forte e significativo tra l'uomo e la terra. «Il popolo conserva tuttora la potenza e la mansuetudine della sua personalità, poiché regna su di lui l'autorità della terra. Alla radice della sua esistenza c'è l'impossibilità di disobbedire ai suoi comandi, che dominano la sua mente e la sua coscienza, poiché essi riempiono tutta la sua vita» (Uspenskij 1883). La bylina viene citata da Uspenskij proprio a dimostrazione di questa sua idea. Com'è ovvio, Vladimir Propp si dissocia dall'interpretazione di Uspenskij, esaltando un'etica attiva del lavoro, laddove è piuttosto il contadino (Mikula) a dominare la terra, ragion per cui egli porta sulle sue spalle il peso del lavoro sostenuto dall'intera classe contadina, laddove l'autarchico Svjatogor, pur con tutta la sua potenza, è letteralmente incapace di assumersi quel peso e sprofonda nella terra (Propp 1958).

IV - IL MATRIMONIO DI SVJATOGOR

La storia del matrimonio di Svjatogor è attestata in una sola versione, dove è la continuazione della bylina Svjatogor e la trazione della terra, in una delle due versioni raccolte da Rybnikov (Rybnikov [51]). La vicenda non esiste dunque come bylina a sé stante, ma come episodio accessorio di una bylina che, in tutti gli altri casi conosciuti, è completa in sé stessa. Che l'episodio sia stato aggiunto successivamente, e non è originale, lo si evince innanzitutto dal fatto che, in questa versione, Svjatogor non muore nell'impresa della trazione della terra, di fatto rendendo meno efficace il finale e il significato della vicenda. Inoltre, la presenza di Mikula Seljaninovič, che funge da collante tra la storia della trazione della terra e quella del viaggio di Svjatogor alla ricerca della sua sposa, è a sua volta un elemento non necessario della bylina stessa, presente solo in un'altra versione e dunque aggiunto posteriormente.

L'episodio del matrimonio di Svjatogor è assai lontano dallo stile e dall'atmosfera tipici delle byliny, e lo si ritiene estraneo. Esso risalirebbe al patrimonio fiabesco e sarebbe pervenuto solo in un secondo tempo in quello bylinico. Secondo Ivan Ždanov, a cui risale uno dei più dettagliati studi su Svjatogor, soltanto le byliny Svjatogor e la trazione della terra e Svjatogor e la bara sarebbero temi originali. Le altre vicende aventi Svjatogor come protagonista, proverrebbero dalle fiabe. (Ždanov 1881 | Propp 1958)

Propp confronta la leggenda del matrimonio di Svjatogor con una bylina presente nella raccolta della Krjukova (Krjukova [II: 91]).

Bibliografia

  • BAZZARELLI Eridano [cura]: Il canto dell'impresa di Igor'. Milano 1991.

  • GOR'KIJ Maksim: Distruzione della personalità.

  • HILFERDING [GIL'FERDING] Aleksandr F.: Onežskie byliny zapisannye letom 1871. 1873. San Pietroburgo 1894-1900.
  • MAZON André: Les bylines russes. In: Revue des Cours et Conférences, 3. 1932.
  • MERIGGI Bruno: Le byline: Canti popolari russi. Milano 1974.
  • PROPP Vladimir Jakovlevič: Russkij geroičeskij ėpos. San Pietroburgo 1958. ID.: L'epos eroico russo. Newton Compton, Roma 1978.
  • SARONNE Edgardo • DANIL'ČENKO Kamilla [cura]: Giganti, incantatori e draghi. Luni, Parma 1997.
  • SPERANSKIJ M.: Russkaja ustnaja slovesnost'. Mosca 1917.
  • RYBNIKOV P.I. Pesni sobrannye P.I. Rybnikovym. Mosca 1909.
  • SOKOLOV B.M.: Russkij folklor. 1931.
  • TOLSTOJ Lev: Russkie knigi dlja čtenija. 1875. ID.: I quattro libri di lettura. Einaudi, Torino 1964, 1994.
  • USPENSKIJ Gleb Ivanovič. Vlast' Zemli. 1883.
  • VÁŇA Zdeněk: Svět slovanských bohů a demonů. Praga 1990.
  • ŽDANOV Ivan Nikolaevič: Russkij bylinnyj épos. San Pietroburgo 1884.
BIBLIOGRAFIA
Intersezione: Aree - Holger Danske
Sezione: Miti - Asteríōn
Area: Slava - Koščej Vessmertij
Ricerche e testi di Dario Giansanti e Gustav Streich.
Creazione pagina:13.12.2004
Ultima modifica: 25.08.2014
 
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