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Giacomo Scalfari
QUANDO GLI DÈI
SI FACEVANO LA GUERRA
Riflessi mitologici della «guerra civile» che segnò il passaggio dalla società egualitaria al dominio gerarchico e patriarcale delle aristocrazie
QUANDO GLI DÈI SI FACEVANO LA GUERRA
Da una società egualitaria al dominio patriarcale delle aristocrazie
La vittoria di Oreste
Le guerre di fondazione
Due guerre insieme
I dèmoni incatenati

DA UNA SOCIETÀ EGUALITARIA AL DOMINIO PATRIARCALE DELLE ARISTOCRAZIE

Sapere che in determinati luoghi ed epoche l'umanità ha saputo fare a meno di guerra, divisione in classi e proprietà privata dei mezzi di produzione, pur vivendo in società sviluppate e funzionanti, è certo un argomento a favore di chi non ritiene che il capitalismo debba essere per forza il capolinea della storia. «La guerra è sempre esistita e sempre esisterà», «i ricchi e i poveri ci sono sempre stati e sempre ci saranno», «homo homini lupus, così va il mondo dai tempi di Caino», si racconta nei bar e nelle chiese. Ma non è affatto vero. Qui non si tratta di esaltare il cosiddetto comunismo primitivo, ma di comprendere che i rapporti sociali fondati sulla disuguaglianza e lo sfruttamento sono prodotti storici, e non eterne maledizioni legate alla «natura» più o meno cattiva del genere umano.

L'etnologia e la paleoetnologia, la storiografia antica e le fonti classiche, l'archeologia e lo studio comparato dei miti e delle religioni, ci parlano di società in cui vigeva l'uguaglianza sociale e sessuale e di altre in cui la donna aveva una posizione primaria rispetto all'uomo. Ma ci parlano soprattutto di conflitti, di scontri durissimi e a volte di guerre, attraverso cui il maschio ha imposto successivamente il proprio dominio nei confronti dell'altro sesso, e attraverso cui minoranze di uomini hanno imposto il loro dominio sul resto della società.

Friedrich Engels arriva a sostenere che «il rovesciamento del matriarcato segnò la sconfitta sul piano storico del sesso femminile» (Engels 1884). Ed egli non conosceva nemmeno le grandi scoperte archeologiche avvenute nel secondo dopoguerra in Europa e in Medio Oriente, non conosceva le ricche civiltà neolitiche e proto-urbane che, a giudicare dalle sepolture, dagli abitati e dalla simbologia, non praticavano la guerra e non attuavano distinzioni gerarchiche né sociali né sessuali. Civiltà che furono un po' ovunque soppiantate, con ferro e fuoco, da aristocrazie guerriere maschili.

LA VITTORIA DI ORESTE

Nicole Chevillard e Sébastien Leconte ritengono che la dominazione sulle donne abbia preceduto e fornito la base per la comparsa della proprietà privata e dello stato, in quanto «mezzo per arrivare a un'accumulazione differenziata tra gli uomini che ha, a sua volta, dato ad alcuni di costoro un accesso privilegiato al lavoro delle donne e alle loro capacità riproduttive, così come al lavoro di altri uomini». (Chevillard ~ Leconte 1986)

Dominazione sulle donne, quindi, come base e punto di partenza della società divisa in classi, una dominazione che, secondo Chevillard e Leconte, non è il frutto di processi evolutivi continui, ma di trasformazioni violente che, nel dare vita alle società patriarcali, non hanno certo istituito l'uguaglianza degli uomini fra loro, poiché «nel momento stesso in cui questi soverchiano le donne, entrano anche fra loro in relazioni fortemente gerarchizzate» (Chevillard ~ Leconte 1986). Si ha così «l'innesco di un processo di dominazione che non contrappose solo uomo contro donna, ma uomini dominanti contro il resto dell'umanità. Lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo è cominciato dunque con lo sfruttamento delle donne da parte di alcuni uomini. Esso conteneva, in nuce, anche lo sfruttamento degli esseri umani – di entrambi i sessi – da parte di altri esseri umani dominanti che resteranno, del resto, di sesso maschile». (Chevillard ~ Leconte 1986)

Partendo dal presupposto che i miti non sono la semplice proiezione delle paure umane, ma molto più il tentativo di spiegare il mondo quale esso è, dai fenomeni cosmici alla realtà politica, una delle rappresentazioni più limpide della sconfitta storica del sesso femminile di cui parla Engels – e della violenza entro cui tale sconfitta si è consumata – è certamente la vicenda narrata nell'Orestea, la trilogia di Eschilo che, già presa in esame da Paul Lafargue, esprime il grande conflitto fra le antiche divinità femminili e tribali da una parte, e le più recenti divinità patriarcali e guerriere dall'altra, che infine prevarranno.

Protettrici di genitori, ospiti e mendicanti, le Erinni sono le dee che puniscono chi si macchia di sacrilegio, di spergiuro, di guadagno ingiusto ed eccessivo; ma soprattutto, come incarnazione divina dell'antica legge tribale, sono le vendicatrici dei delitti fra consanguinei, e perseguitano Oreste in quanto uccisore della propria madre Clitemnestra, la quale, a sua volta, aveva ucciso il marito Agamennone, colpevole di avere sacrificato la figlia Ifigenia. Apollo e Atena, invece, si ergono a difesa del matricida. Durante il processo Apollo spiega che...

Colei che viene chiamata madre non è genitrice del figlio, bensì soltanto nutrice del germe appena in lei seminato. È il fecondatore che genera; ella, come ospite ad ospite, conserva il germoglio, se un dio non lo soffoca prima.
Eschilo: Orestea [658-661]

Fra madre e figlio, insomma, non c'è alcun legame di parentela, per cui Oreste non può essere accusato di avere ucciso un consanguineo. Apollo indica Atena come prova di ciò che ha appena sostenuto, poiché la dea, venuta fuori già formata dalla testa di Zeus, non fu partorita da nessuna madre. Interviene allora la stessa Atena, che conferma e rivendica la sua natura maschile:

Non vi è madre che mi abbia generato: esclusi i legami di nozze, prediligo con tutto l'animo tutto ciò che è maschile, e sono interamente di mio padre. Così non farò prevalere la morte di una donna che ha ucciso lo sposo custode della sua casa. Oreste vincerà anche se giudicato a parità di voti.
Eschilo: Orestea [736-741]

Dopo aver lanciato alcune terribili maledizioni, le Erinni si lasciano abbindolare dalla magia verbale di Atena, che le convince a restare nella città di Atene per occuparsi della sua prosperità materiale. E così le antiche dee, che furono per secoli le irriducibili forze nemiche dei nuovi dèi maschili, diventano ora esattamente l'opposto, ossia «Eumenidi», le Benevolenti, divinità protettrici della concordia, e più precisamente della concordia sociale interna alla città. E in tali vesti fanno voti affinché mai in Atene...

...frema la discordia insaziabile di mali,
né polvere, bevendo nero sangue di cittadini,
nel furore della vendetta
colga avidamente dalla città
sciagure che sangue con sangue contraccambiano.
Eschilo: Orestea [979-983]

Niente più conflitto, dunque. E quali divinità potrebbero tutelare meglio la concordia sociale di quelle che rappresentano la vecchia tradizione sconfitta? Sconfitta ma, con ogni probabilità, ancora vivente nei ginecei, e ciò spiegherebbe la necessità di ribadire di fronte a tutta Atene, donne comprese, il potere maschile del nuovo ordine olimpico.

LE GUERRE DI FONDAZIONE

Guerra contro i Vanir (1905)
Illustrazione di Emil Doepler der Jüngere (1855-1922)
MUSEO: [Walhall, die Götterwelt]►

Attraverso un'indagine comparativa che ha riguardato prevalentemente, ma non solamente, la teologia e la letteratura epica degli Indoiranici, la mitologia dei Germani, la storia arcaica di Roma e le antiche leggende degli Osseti, George Dumézil ha scoperto la costante presenza di una struttura ideologica trifunzionale, che egli ha giudicato essere un'eredità comune di tutta la tradizione indoeuropea arcaica.

Al vertice di tale sistema tripartito e gerarchizzato troviamo la funzione del sacro (prima funzione), che comprende la magia, la scienza, l'intelligenza, il diritto e, conseguentemente, l'esercizio legittimo del potere. Segue poi la funzione della forza fisica (seconda funzione), utilizzata contro nemici ordinari e soprannaturali, sia nella lotta individuale che in guerra. Infine, la funzione che potremmo chiamare della sanità materiale (terza funzione). Essa risulta la meno facile da delineare, in quanto, dice Dumézil, «ricopre province numerose fra le quali intercorrono legami evidenti ma la cui unità non comporta un centro ben definito: fecondità umana, animale e vegetale, ma, nello stesso tempo, nutrimento e ricchezza, salute e pace (con le gioie e i vantaggi della pace) e anche voluttà, bellezza e l'importante idea del “gran numero” applicata non solo ai beni (abbondanza) ma anche agli uomini che compongono il corpo sociale (massa)». (Dumézil 1958)

Ora, un elemento fondamentale del trifunzionalismo è la solidarietà fra la prima e la seconda funzione per instaurare e mantenere la propria supremazia gerarchica nei confronti della terza.

Al termine di una lunga guerra incerta, come quella fra Æsir e Vanir nella mitologia germanica o quella fra Romani e Sabini nella storia arcaica di Roma, che vede i rappresentanti della sovranità magico-religiosa e di quella guerriera combattere contro gli esponenti della terza funzione, si arriva a una riconciliazione finale che porterà alla nascita di un ordine in cui ognuno ricoprirà il proprio ruolo funzionale nel nuovo assetto organico stabilito.

È interessante notare come nel mito le guerre di fondazione siano risolte molto più dagli esponenti della funzione magico-sacrale, che dai loro alleati che ricoprono la funzione specificamente guerriera. Questo dato trova forse una spiegazione logica nel fatto che, se l'obiettivo ultimo non è quello di annientare l'avversario, ma di piegarlo in futuro alla sottomissione, è evidente, a lungo termine, il ruolo decisivo della persuasione piuttosto che della forza.

DUE GUERRE INSIEME

Se nell'Orestea possiamo leggere la trasposizione mitica del conflitto di genere che terminò col trionfo del dominio patriarcale, nel ciclo mitologico irlandese troviamo la motivazione ancestrale del potere aristocratico (prima e seconda funzione) e la demonizzazione delle divinità agricole (terza funzione), legate, non a caso, al mondo femminile.

Duello tra Núada e Indech
Illustrazione di Jim Fitzpatrick
MUSEO: [The Silver Arm]►

L'episodio centrale di questo ciclo è la Seconda battaglia di Mag Tuired, «vicenda bellica paragonabile per importanza mitologica a ciò che per i Greci era la guerra di Troia» (Brelich 1966). Dotati di poteri soprannaturali e conoscitori di ogni sapere, il popolo divino delle Túatha Dé Danann sbarca un giorno in Irlanda per contendere ai Fir Bolg la sovranità dell'isola. Al termine della Prima battaglia di Mag Tuired, i Fir Bolg sono infine sconfitti e annientati, ma durante la battaglia viene mozzato un braccio a Núada, il re delle Túatha Dé Danann. La conseguenza di questa menomazione fisica si rivela molto grave: le donne delle Túatha Dé Danann sostengono vivamente che, in quelle condizioni, Núada non è più adatto a regnare. Per volontà delle donne, dunque, Núada viene sostituito con Bress (che significa «bello»: una caratteristica degli dèi di terza funzione), figlio di una donna delle Túatha Dé Danann e di un uomo dei Fomóire, popolo autoctono il cui nome – stando a una delle possibili etimologie – significherebbe «demoni sotterranei» (Green 1992).

Ora che Bress è sovrano, i Fomóire gravano l'Irlanda di tributi e s'impone di lavorare anche ai guerrieri delle Túatha Dé Danann: «Non c'era fumo di focolare che non fosse soggetto alla loro imposta. Persino i guerrieri più forti furono costretti a servirli. Ogma portava le fascine di legna da ardere, il Dagda costruiva le fortezze».

Viene qui sottolineato che persino Ogma il campione e Dagda il sapiente sono obbligati a lavorare: e questo perché essi rappresentano rispettivamente uno la seconda funzione e l'altro la prima: soggetti divini trifunzionali che in assoluto dovrebbero essere esenti da mansioni lavorative che spettano alla terza funzione. Per i capi delle Túatha Dé Danann, insomma, la vita va facendosi sempre meno piacevole.

Fatica lavorativa e scarsezza materiale: ecco cosa offre alle Túatha Dé Danann la sovranità di Bress. Un giorno, però, il regno di Bress viene colpito da una terribile maledizione, e egli allora riconosce di fronte alle Túatha Dé Danann che la sua sovranità deve essere restituita. Chiede però una dilazione di sette anni e le Túatha gliela concedono. Bress ha così il tempo di radunare un potente esercito di Fomóire con cui cercare di sottomettere nuovamente le Túatha Dé Danann. È allora che Núada torna ad essere il re. Ma un giorno, alla sua corte, si presenta un certo Lúg, uno strano uomo che dichiara e dimostra la sua capacità di fare tutto in modo eccezionale. Così, essendo l'esercito fomóir ormai alle porte, Núada decide di lasciare il trono a Lúg in vista della guerra.

Nella seconda battaglia che si combatte a Mag Tuired, Núada cade presto ucciso, mentre Lúg conduce le Túatha Dé Danann alla vittoria finale. I Fomóire vengono massacrati e respinti fino al mare. Bress il Bello, invece, caduto nelle mani delle Túatha, tenta di convincerli di quanto sarebbe conveniente per loro lasciarlo vivere: «Il latte non mancherebbe mai alle mucche d'Irlanda», dice. Ma le Túatha rispondono che questa non è una buona ragione, perché «se è vero che [Bress] può assicurarne il latte, non ha alcun potere sul termine della loro vita e sulla loro fertilità». Bress allora replica sostenendo che grazie a lui le Túatha Dé Danann «mieteranno un raccolto ogni quarto di anno». Ma nemmeno questa è una buona ragione per non ucciderlo. Infatti «finora è andata bene così: la primavera per arare e seminare, perché il grano sia forte all'inizio dell'estate, completi la maturazione e sia mietuto all'inizio dell'autunno, e sia consumato nell'inverno». Lúg allora gli riferisce l'unico modo che ha per trovare scampo:

«Co conebrad, co silfad, co chobibsad fir Erenn? Is iar fis an trede siu manad anustar». «Come devono arare, come seminare, come mietere, gli uomini di Ériu? Una volta che avrai fatto conoscere queste tre cose sarai risparmiato.»
«Abair friu, Mairt a n-ar, Mairt hi corad sil a ngurt, Mairt a n-imbochdt». «Di' loro questo. Martedì per arare, martedì per spandere i semi nel campo, martedì per mietere.»
Roleccad ass didiu Bress triasan celgsin. Con questo stratagemma, Bress fu lasciato libero.
Cath Maige Tuired

Dumézil ha efficacemente dimostrato che la storia di questa battaglia debba essere interpretata come la versione celtica di due importantissimi miti indoeuropei che, però, in questo racconto irlandese, vengono sovrapposti l'uno all'altro. Ci riferiamo al mito della guerra di fondazione e al mito della guerra contro i nemici del mondo. Ora, mentre nella mitologia e nella pseudostoria di altri popoli indoeuropei queste due guerre si ritrovano nettamente distinte, nella battaglia di Mag Tuired le troviamo insieme, mescolate.

Come abbiamo detto, la guerra di fondazione è quella guerra che vede gli esponenti della prima e della seconda funzione combattere contro chi personifica la terza. Il conflitto termina con un accordo, che produce l'inquadramento degli esponenti di terza funzione nella società tripartita, quali patroni dell'abbondanza, della fecondità, della fertilità agricola e/o di altre attività produttive. Secondo Dumézil anche nella guerra fra Romani e Sabini bisogna vedere una proiezione pseudostorica della guerra di fondazione indoeuropea.

Dopo aver dimostrato come, in tale contesto, Romulus e la tribù dei Ramni rappresentino la prima funzione, i Luceri e l'etrusco Lucumone la seconda, i Sabini con il loro capo Titus Tatius la terza, Dumézil mette in luce quali analogie e corrispondenze vi siano fra la guerra che oppone Ramni e Luceri ai Sabini di Tatius, e la guerra fra gli Æsir e i Vanir della mitologia nordica. (Dumézil 1955)

Dumézil rileva inoltre che le analogie esistenti fra queste due guerre non riguardano solo il loro senso generale, ma anche l'insieme dei meccanismi che le compongono. C'è ad esempio un chiaro parallelismo fra le vicende della Gullveig («ebbrezza dell'oro») nordica e la Tarpeia romana:

«Da una parte i ricchi e voluttuosi Vanir che corrompono dall'interno la società (le donne!) degli Æsir, inviando loro la donna chiamata Ebbrezza dell'Oro; dall'altra parte Óðinn che lancia il suo famoso giavellotto di cui è noto l'irresistibile effetto magico e di panico. Allo stesso modo i ricchi Sabini, da una parte, ottengono quasi la vittoria occupando la posizione-chiave dell'avversario, non col combattimento, ma acquistando con l'oro Tarpeia […]; dall'altra parte Romolo, grazie a un'invocazione a Iuppiter ottiene dal dio che l'armata nemica vittoriosa venga improvvisamente e senza motivo invasa dal panico». (Dumézil 1958)

Týr e Fenrir (1911)
Illustrazione di John Bauer

La guerra contro i nemici del mondo, invece, è il conflitto che vede scontrarsi coloro che si pongono a difesa del cosmo contro quelle forze demoniache, caotiche, infernali che lo vogliono distruggere. Nella mitologia nordica e nella pseudostoria romana i nemici del mondo sono contrastati da una coppia di salvatori: il Monocolo e il Monco.

Óðinn rinuncia ad un occhio in cambio del sapere magico che permette agli Æsir di fabbricare un filo capace di immobilizzare il gigantesco lupo Fenrir – minaccia del mondo – fino al ragnarök, ossia il destino ultimo degli dèi. Fenrir, vista la sottigliezza del filo, si fa legare per gioco, ma come garanzia pretende che uno degli Æsir gli ficchi una mano in gola. Si trova un solo volontario: Týr. Il lupo, accorgendosi dell'inganno, strappa la mano a Týr, ma per il momento il mondo è salvo.

L'esercito etrusco di Porsenna si accinge ad assalire Roma (che nel quadro della trasformazione romana del mito in pseudostoria, equivale all'intero mondo). I Romani stanno demolendo il ponte d'entrata, quando alla testa di esso si pone Oratius Cocles, il cieco da un occhio, che col suo unico occhio lancia occhiate truci agli Etruschi, sfidandoli al combattimento. Tutte le lance che gli vengono scagliate addosso finiscono prodigiosamente o in mare o intorno a lui; infine il ponte crolla proprio quando lo stavano per prendere. L'attacco fallisce, ma il pericolo che incombe sull'Urbe resta mortale.

È dunque il momento di Mucius Scævola, il «mancino», che penetra nel campo di Porsenna per ucciderlo, ma, non riuscendoci, di fronte al re nemico mette la mano destra dentro un braciere, giurando che altri trecento giovani romani sono pronti a tentare l'impresa che lui ha fallito. Il timore e l'ammirazione per quel gesto e quelle parole, inducono Porsenna a concludere la pace che salva Roma.

Il meccanismo è lo stesso: Óðinn «[…] usa il sapere trascendente acquisito con la sua antica mutilazione, così come Cocles, che era già guercio, terrorizza gli Etruschi con i suoi truces oculi […], Týr e Scævola sacrificano il braccio come pegno della veracità di una dichiarazione falsa, che induce il nemico, in un caso a lasciarsi legare, nell'altro a rinunciare a una vittoria sicura». (Dumézil 1969)

Mucius Scaevola in presenza di Lars Porsenna (ca. 1645)
Dipinto di Matthias Stomer (ca. 1600 - 1650>)

Ora, la battaglia di Mag Tuired è guerra di fondazione e guerra contro i nemici del mondo insieme: vi si trovano cioè, sovrapposti, elementi sia dell'una che dell'altra. Se è vero infatti che nella battaglia di Mag Tuired non agisce una coppia salvatrice Monocolo-Monco come quella sopra descritta, è anche vero che Lúg, per compiere gli incantesimi che daranno una svolta alla battaglia, chiude un occhio e spalanca l'altro, e le Túatha Dé Danann avranno definitivamente in pugno la battaglia solo dopo che Lúg avrà atterrato Balor dall'occhio penetrante, chiamato così perché «i guerrieri guardati da quell'occhio, quand'anche fossero stati migliaia, non potevano resistere al nemico». Lúg, dunque, salverà l'Irlanda lanciando incantesimi con un occhio chiuso e puntando contro i Fomóire il trux oculus di Balor: si pensi al mago Óðinn che rinuncia all'occhio per immobilizzare Fenrir con un laccio incantato, e ad Oratius Cocles che minaccia gli Etruschi con il truce sguardo per salvare Roma. E non dimentichiamoci che, proprio come Týr e Mucius Scævola, anche Núada ha perso una mano per contrastare il nemico.

L'azione decisiva dell'occhio e la mutilazione della mano, dunque, riguardano i due capi delle Túatha Dé Danann, proprio come nella mitologia nordica riguardano i grandi dèi degli Æsir: e se da una parte Týr viene completamente eclissato da Óðinn, dall'altra Lúg sostituisce Núada sul trono e sul campo di battaglia. Inoltre, fra le Túatha e i Fomóire (il cui nome, lo ricordiamo, significa forse «demoni sotterranei») il conflitto è totale. Non si arriva pertanto a nessun accordo, e, ad eccezione di Bress, tutti gli altri Fomóire vengono massacrati o respinti fino al mare. Ecco gli elementi della guerra contro i nemici del mondo.

La guerra di fondazione si scorge invece dietro al conflitto – che si risolve con un patto – fra le Túatha Dé Danann e Bress, il nemico capace di influire sulla prosperità delle vacche e dei campi, e risparmiato dalle Túatha in quanto conoscitore dei lavori agricoli. Bress, quindi, che è bello proprio come Freyr, il dio nordico della fertilità, rappresenta l'aspetto contadino e pastorale della terza funzione. È infatti inverosimile che l'agricoltura e l'allevamento «[…] non abbiano un loro corrispondente mitico. Essi lo hanno, in effetti, ma, come il sabino Tatius a Roma, come i vanir Njörðr e Freyr presso gli Æsir, questo corrispondente è, presso le Túatha Dé Danann, un “allogeno assimilato”, e il servizio di abbondanza e di fecondità che egli rende alle Túatha è l'effetto di un accordo stipulato in seguito a una guerra terribile» (Dumézil 1941).

I DÈMONI INCATENATI

La classe dominante dei Celti d'Irlanda ha insomma identificato gli esponenti divini della funzione agricola e pastorale con le forze demoniache. L'agricoltura e la pastorizia erano però attività fondamentali anche nella società celtica, e la ricerca archeologica ci dice che fra i lavoratori delle campagne era molto diffusa la venerazione di divinità, soprattutto femminili, legate agli animali e alla fertilità della terra. I dati mitici e archeologici, dunque, lasciano pensare che nel mondo celtico vi fosse una netta frattura – per un certo periodo anche etnica – fra la classe sacerdotale e guerriera da una parte, e la classe produttiva dall'altra. Una frattura così tanto ribadita che, evidentemente, generava spesso dure lotte civili.

Altri due meccanismi collegano la Seconda battaglia di Mag Tuired alle guerre di fondazione germanica e romana. Uno è il ruolo fondamentale che le donne giocano nella salita al potere di Bress, episodio che richiama quello di Tarpeia quanto quello di Gullveig. L'altro è il ruolo marginale di Ogma, l'esponente della funzione guerriera, durante la battaglia. È invece Lúg, esponente della prima funzione, che determina la vittoria delle Túatha Dé Danann. Questa dinamica corrisponde esattamente alla «[…] parte irrilevante (Þórr) o molto secondaria (Lucumone) che i rappresentanti della seconda funzione sociale, dei «forti», hanno in questa guerra sui generis che oppone principalmente la prima e la terza funzione, i «maghi» (Óðinn, Romolo) ai «prosperi» (Njörðr e Freyr, Titus Tatius(Dumézil 1941).

La guerra di fondazione, infatti, getta le basi del futuro ordine tripartito, in cui la prima e la seconda funzione, più o meno solidali, domineranno la terza. Ma questo ordine dovrà essere il più possibile armonico, senza conflitto. Ecco perché la funzione magico-regale è molto più coinvolta di quella strettamente guerriera: perché il fine ultimo non è la distruzione del «prospero», ma il suo inquadramento – in veste di subalterno – nella gerarchia trifunzionale.

ANNOTAZIONI

Pubblico con grande piacere questo splendido articolo di Giacomo Scalfari, già uscito con il titolo La guerra degli dèi. Lotte e gerarchie sociali nei miti dell'antica Irlanda, sul numero di maggio-agosto 2006 della rivista Zapruder. Articolo che – con l'imprescindibile aiuto di Georges Dumézil – mette ordine nel complesso intreccio delle guerre combattute dagli dèi. Noto anche, con soddisfazione, che molte delle conclusioni di Scalfari concordano con quelle da noi evidenziate trattando della Seconda battaglia di Mag Tuired. [PAGINA]

Scalfari definisce «guerra contro i nemici del mondo» e «guerra di fondazione» gli scontri che in Bifröst avevamo definito «conflitto verticale» e «conflitto orizzontale», intendendo nel primo caso una titanomachia (guerra degli dèi contro la precedente generazione divina) e nel secondo una teomachia (guerra degli dèi di prima e seconda funzione contro quelli di terza funzione e successiva riconciliazione). Terminologia a parte, le conclusioni sono le medesime, compresa l'analisi che vede, nel mito della Seconda battaglia di Mag Tuired, una confusione tra motivi tratti dall'uno e l'altro conflitto mitologico. Scalfari ha anche il pregio di allargare il discorso dal mondo celto-germanico a quello romano, fornendo una interessantissima visione d'insieme di questi esiti di un perduto mito indoeuropeo.

Indubbiamente, però, Scalfari fa molto di più. Riconduce il motivo della «guerra di fondazione» al passaggio da una società matriarcale, pacifica, ed egualitaria, ad una patriarcale, bellicosa e fortemente gerarchica. Questo imponente sconvolgimento sociale viene di solito collegato, a partire dagli studi di Robert Graves e Marija Gimbutas, all'invasione indoeuropea. I problemi sollevati da tale ricostruzioni sono piuttosto difficili da definire e da risolvere, come sempre accade quando si cerca di «storicizzare» il mito o di giustificare, tramite il mito, delle ipotesi storiche o antropologiche. I fautori hanno cercato di identificare una classe divina con il pantheon degli autoctoni e l'altra con quello degli invasori; oppure hanno affidato ai diversi schieramenti divini le esigenze delle due culture, antico-europea ed indoeuropea, che si sono scontrate e compenetrate agli albori della storia del nostro continente. Il lavoro di Scalfari illustra tale ipotesi in maniera molto personale e dettagliata.

BIBLIOGRAFIA
  • BRELICH Angelo: Introduzione alla storia delle religioni. Edizioni dell’Ateneo, 1966.
  • CHEVILLARD Friedrich Nicole ~ LECONTE Sébastien: Travail des femmes, pouvoir des hommes. Aux origines de l'oppression des femmes. La Brêche, Parigi 1986. → ID.: Lavoro delle donne, potere degli uomini. Erre Emme, Bolsena 1996.
  • DUMÉZIL Georges: Jupiter, Mars, Quirinus. Gallimard, Parigi 1941. → ID.: Jupiter, Mars, Quirinus. Einaudi, Torino 1955.
  • DUMÉZIL Georges: L'idéologie tripartite des Indo-Européens. In Collection Latomus, vol. XXXI. Bruxelles 1958. L’ideologia tripartita degli Indoeuropei. Il Cerchio, Rimini. 1988.
  • DUMÉZIL Georges: Heur et malheur du guerrier, aspects de la fonction guerrière chez les Indo-Européens. Presse Universitaire de France, Parigi 1969. → ID.: Le sorti del guerriero. Adelphi, Milano 1985.
  • ENGELS Friedrich: Der Ursprung der Familie, des Privateigentums und des Staats, 1884. → ID.: Origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato. Editori Riuniti, Roma 1993.
  • GREEN Miranda Jane: Dictionary of Celtic Myth and Legend. Londra 1992. → ID.: Dizionario di mitologia celtica. Rusconi, Rimini 1999.
  • SCALFARI Giacomo: La guerra degli dèi. Lotte e gerarchie sociali nei miti dell'antica Irlanda. In «Zapruder», 10. Bologna 2006.
Rubrica: Articoli - Alonso Quijano
Area Celtica: Óengus Óc
Area: Germanica - Brynhilldr
Articolo di Giacomo Scalfari.
Annotazioni finali di Dario Giansanti.

Creazione pagina: 26.07.2010
Ultima modifica: 22.02.2017

 
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