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DA UNA SOCIETÀ EGUALITARIA AL DOMINIO PATRIARCALE DELLE ARISTOCRAZIE
Sapere che in determinati luoghi ed epoche l'umanità ha saputo fare a meno di
guerra, divisione in classi e proprietà privata dei mezzi di produzione, pur
vivendo in società sviluppate e funzionanti, è certo un argomento a favore di
chi non ritiene che il capitalismo debba essere per forza il capolinea della
storia. «La guerra è sempre esistita e sempre esisterà», «i ricchi e i poveri ci
sono sempre stati e sempre ci saranno», «homo homini lupus, così va il
mondo dai tempi di Caino», si racconta nei bar e nelle chiese. Ma non è affatto
vero. Qui non si tratta di esaltare il cosiddetto comunismo primitivo, ma di
comprendere che i rapporti sociali fondati sulla disuguaglianza e lo
sfruttamento sono prodotti storici, e non eterne maledizioni legate alla
«natura» più o meno cattiva del genere umano.
L'etnologia e la paleoetnologia, la storiografia antica e le fonti classiche,
l'archeologia e lo studio comparato dei miti e delle religioni, ci parlano di
società in cui vigeva l'uguaglianza sociale e sessuale e di altre in cui la
donna aveva una posizione primaria rispetto all'uomo. Ma ci parlano soprattutto
di conflitti, di scontri durissimi e a volte di guerre, attraverso cui il
maschio ha imposto successivamente il proprio dominio nei confronti dell'altro
sesso, e attraverso cui minoranze di uomini hanno imposto il loro dominio sul
resto della società.
Friedrich
Engels arriva a sostenere che «il rovesciamento del matriarcato segnò la
sconfitta sul piano storico del sesso femminile» (Engels
1884). Ed egli non conosceva nemmeno
le grandi scoperte archeologiche avvenute nel secondo dopoguerra in Europa e in
Medio Oriente, non conosceva le ricche civiltà neolitiche e proto-urbane che, a
giudicare dalle sepolture, dagli abitati e dalla simbologia, non praticavano la
guerra e non attuavano distinzioni gerarchiche né sociali né sessuali. Civiltà
che furono un po' ovunque soppiantate, con ferro e fuoco, da aristocrazie
guerriere maschili.
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LA VITTORIA DI ORESTE
Nicole Chevillard e Sébastien Leconte ritengono che la dominazione
sulle donne abbia preceduto e fornito la base per la comparsa della proprietà
privata e dello stato, in quanto «mezzo per arrivare a un'accumulazione
differenziata tra gli uomini che ha, a sua volta, dato ad alcuni di costoro un
accesso privilegiato al lavoro delle donne e alle loro capacità riproduttive,
così come al lavoro di altri uomini». (Chevillard ~
Leconte 1986)
Dominazione sulle donne, quindi, come base e punto di partenza
della società divisa in classi, una dominazione che, secondo Chevillard e
Leconte, non è il frutto di processi evolutivi continui, ma di trasformazioni
violente che, nel dare vita alle società patriarcali, non hanno certo istituito
l'uguaglianza degli uomini fra loro, poiché «nel momento stesso in cui questi
soverchiano le donne, entrano anche fra loro in relazioni fortemente
gerarchizzate» (Chevillard ~ Leconte 1986). Si ha così
«l'innesco di un processo di dominazione che non
contrappose solo uomo contro donna, ma uomini dominanti contro il resto
dell'umanità. Lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo è cominciato dunque con lo
sfruttamento delle donne da parte di alcuni uomini. Esso conteneva, in nuce,
anche lo sfruttamento degli esseri umani – di entrambi i sessi – da parte di
altri esseri umani dominanti che resteranno, del resto, di sesso maschile».
(Chevillard ~ Leconte 1986)
Partendo dal presupposto che i miti non sono la semplice proiezione delle paure
umane, ma molto più il tentativo di spiegare il mondo quale esso è, dai fenomeni
cosmici alla realtà politica, una delle rappresentazioni più limpide della
sconfitta storica del sesso femminile di cui parla Engels – e della violenza
entro cui tale sconfitta si è consumata – è certamente la vicenda narrata nell'Orestea,
la trilogia di Eschilo che, già presa in esame da Paul Lafargue, esprime il
grande conflitto fra le antiche divinità femminili e tribali da una parte, e le
più recenti divinità patriarcali e guerriere dall'altra, che infine prevarranno.
Protettrici di genitori, ospiti e mendicanti, le
Erinni sono le dee che puniscono chi si macchia di
sacrilegio, di spergiuro, di guadagno ingiusto ed eccessivo; ma soprattutto,
come incarnazione divina dell'antica legge tribale, sono le vendicatrici dei
delitti fra consanguinei, e perseguitano Oreste in
quanto uccisore della propria madre Clitemnestra,
la quale, a sua volta, aveva ucciso il marito Agamennone,
colpevole di avere sacrificato la figlia Ifigenia.
Apollo e Atena,
invece, si ergono a difesa del matricida. Durante il processo
Apollo spiega che...
Colei che viene chiamata madre non è genitrice del figlio, bensì soltanto
nutrice del germe appena in lei seminato. È il fecondatore che genera; ella,
come ospite ad ospite, conserva il germoglio, se un dio non lo soffoca prima. |
Eschilo: Orestea [658-661] |
Fra madre e figlio, insomma, non c'è alcun legame di parentela, per cui
Oreste non può essere accusato di avere ucciso un
consanguineo. Apollo indica
Atena come prova di ciò che ha appena sostenuto, poiché la dea, venuta
fuori già formata dalla testa di Zeus, non fu
partorita da nessuna madre. Interviene allora la stessa
Atena, che conferma e rivendica la sua natura maschile:
Non vi è madre che mi abbia generato: esclusi i legami di nozze, prediligo con
tutto l'animo tutto ciò che è maschile, e sono interamente di mio padre. Così
non farò prevalere la morte di una donna che ha ucciso lo sposo custode della
sua casa. Oreste vincerà anche se giudicato a
parità di voti. |
Eschilo: Orestea [736-741] |
Dopo aver lanciato alcune terribili maledizioni, le Erinni si lasciano
abbindolare dalla magia verbale di Atena, che le convince a restare nella città
di Atene per occuparsi della sua prosperità materiale. E così le antiche dee,
che furono per secoli le irriducibili forze nemiche dei nuovi dèi maschili,
diventano ora esattamente l'opposto, ossia «Eumenidi»,
le Benevolenti, divinità protettrici della concordia, e più precisamente della
concordia sociale interna alla città. E in tali vesti fanno voti affinché mai in
Atene...
...frema la discordia insaziabile di mali,
né polvere, bevendo nero sangue di cittadini,
nel furore della vendetta
colga avidamente dalla città
sciagure che sangue con sangue contraccambiano. |
Eschilo: Orestea [979-983] |
Niente più conflitto, dunque. E quali divinità potrebbero tutelare meglio la
concordia sociale di quelle che rappresentano la vecchia tradizione sconfitta?
Sconfitta ma, con ogni probabilità, ancora vivente nei ginecei, e ciò
spiegherebbe la necessità di ribadire di fronte a tutta Atene, donne comprese,
il potere maschile del nuovo ordine olimpico. |
LE GUERRE DI FONDAZIONE
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Guerra contro i Vanir (1905) |
Illustrazione di Emil Doepler der Jüngere (1855-1922) |
MUSEO: [Walhall,
die Götterwelt]► |
Attraverso un'indagine comparativa che ha riguardato prevalentemente, ma non
solamente, la teologia e la letteratura epica degli Indoiranici, la mitologia
dei Germani, la storia arcaica di Roma e le antiche leggende degli Osseti,
George Dumézil ha scoperto la costante presenza di una struttura ideologica
trifunzionale, che egli ha giudicato essere un'eredità comune di tutta la
tradizione indoeuropea arcaica.
Al vertice di tale sistema tripartito e gerarchizzato troviamo la funzione
del sacro (prima funzione), che comprende la magia, la scienza,
l'intelligenza, il diritto e, conseguentemente, l'esercizio legittimo del
potere. Segue poi la funzione della forza fisica (seconda funzione),
utilizzata contro nemici ordinari e soprannaturali, sia nella lotta individuale
che in guerra. Infine, la funzione che potremmo chiamare della sanità
materiale (terza funzione). Essa risulta la meno facile da delineare, in
quanto, dice Dumézil,
«ricopre province numerose fra le quali intercorrono legami evidenti ma la cui
unità non comporta un centro ben definito: fecondità umana, animale e vegetale,
ma, nello stesso tempo, nutrimento e ricchezza, salute e pace (con le gioie e i
vantaggi della pace) e anche voluttà, bellezza e l'importante idea del “gran
numero” applicata non solo ai beni (abbondanza) ma anche agli uomini che
compongono il corpo sociale (massa)». (Dumézil 1958)
Ora, un elemento fondamentale del trifunzionalismo è la solidarietà fra la prima
e la seconda funzione per instaurare e mantenere la propria supremazia
gerarchica nei confronti della terza.
Al termine di una lunga guerra incerta, come quella fra
Æsir e
Vanir nella mitologia
germanica o quella fra Romani e Sabini nella storia arcaica di Roma, che vede i
rappresentanti della sovranità magico-religiosa e di quella guerriera combattere
contro gli esponenti della terza funzione, si arriva a una riconciliazione
finale che porterà alla nascita di un ordine in cui ognuno ricoprirà il proprio
ruolo funzionale nel nuovo assetto organico stabilito.
È interessante notare come nel mito le guerre di fondazione siano
risolte molto più dagli esponenti della funzione magico-sacrale, che dai loro
alleati che ricoprono la funzione specificamente guerriera. Questo dato trova
forse una spiegazione logica nel fatto che, se l'obiettivo ultimo non è quello
di annientare l'avversario, ma di piegarlo in futuro alla sottomissione, è
evidente, a lungo termine, il ruolo decisivo della persuasione piuttosto che
della forza.
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DUE GUERRE INSIEME
Se nell'Orestea possiamo leggere la
trasposizione mitica del conflitto di genere che terminò col trionfo del dominio
patriarcale, nel ciclo mitologico irlandese troviamo la motivazione ancestrale
del potere aristocratico (prima e seconda funzione) e la demonizzazione delle
divinità agricole (terza funzione), legate, non a caso, al mondo femminile.
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Duello tra Núada
e Indech |
Illustrazione di Jim Fitzpatrick |
MUSEO: [The
Silver Arm]► |
L'episodio centrale di questo ciclo è la Seconda battaglia di Mag Tuired,
«vicenda bellica paragonabile per importanza mitologica a ciò che per i Greci
era la guerra di Troia» (Brelich 1966). Dotati di
poteri soprannaturali e conoscitori di ogni sapere, il popolo divino delle
Túatha Dé Danann
sbarca un giorno in Irlanda per contendere ai
Fir Bolg la sovranità
dell'isola. Al termine della Prima battaglia di Mag Tuired, i
Fir Bolg sono infine
sconfitti e annientati, ma durante la battaglia viene mozzato un braccio a
Núada, il re delle
Túatha Dé Danann. La
conseguenza di questa menomazione fisica si rivela molto grave: le donne delle
Túatha Dé Danann
sostengono vivamente che, in quelle condizioni,
Núada non è più adatto a
regnare. Per volontà delle donne, dunque,
Núada viene sostituito con
Bress (che significa «bello»: una
caratteristica degli dèi di terza funzione), figlio di una donna delle
Túatha Dé Danann e di
un uomo dei Fomóire,
popolo autoctono il cui nome – stando a una delle possibili etimologie –
significherebbe «demoni sotterranei» (Green 1992).
Ora che Bress è sovrano, i
Fomóire gravano l'Irlanda
di tributi e s'impone di lavorare anche ai guerrieri delle
Túatha Dé Danann: «Non
c'era fumo di focolare che non fosse soggetto alla loro imposta. Persino i
guerrieri più forti furono costretti a servirli.
Ogma portava le fascine di legna da
ardere, il Dagda costruiva le
fortezze».
Viene qui sottolineato che persino
Ogma il campione e Dagda il
sapiente sono obbligati a lavorare: e questo perché essi rappresentano
rispettivamente uno la seconda funzione e l'altro la prima: soggetti divini
trifunzionali che in assoluto dovrebbero essere esenti da mansioni lavorative
che spettano alla terza funzione. Per i capi delle
Túatha Dé Danann,
insomma, la vita va facendosi sempre meno piacevole.
Fatica lavorativa e scarsezza materiale: ecco cosa offre alle
Túatha Dé Danann la
sovranità di Bress. Un giorno,
però, il regno di Bress viene
colpito da una terribile maledizione, e egli allora riconosce di fronte alle
Túatha Dé Danann che
la sua sovranità deve essere restituita. Chiede però una dilazione di sette anni
e le Túatha gliela
concedono. Bress ha così il tempo
di radunare un potente esercito di
Fomóire con cui cercare di
sottomettere nuovamente le
Túatha Dé Danann. È allora che
Núada torna ad essere il
re. Ma un giorno, alla sua corte, si presenta un certo
Lúg, uno strano uomo che dichiara e
dimostra la sua capacità di fare tutto in modo eccezionale. Così, essendo
l'esercito fomóir ormai alle porte,
Núada decide di lasciare
il trono a Lúg in vista della guerra.
Nella seconda battaglia che si combatte a Mag Tuired,
Núada cade presto ucciso,
mentre Lúg conduce le
Túatha Dé Danann alla
vittoria finale. I Fomóire
vengono massacrati e respinti fino al mare.
Bress il Bello, invece, caduto
nelle mani delle Túatha,
tenta di convincerli di quanto sarebbe conveniente per loro lasciarlo vivere:
«Il latte non mancherebbe mai alle mucche d'Irlanda», dice. Ma le
Túatha rispondono che
questa non è una buona ragione, perché «se è vero che [Bress]
può assicurarne il latte, non ha alcun potere sul termine della loro vita e
sulla loro fertilità». Bress allora
replica sostenendo che grazie a lui le
Túatha Dé Danann
«mieteranno un raccolto ogni quarto di anno». Ma nemmeno questa è una buona
ragione per non ucciderlo. Infatti «finora è andata bene così: la primavera per
arare e seminare, perché il grano sia forte all'inizio dell'estate, completi la
maturazione e sia mietuto all'inizio dell'autunno, e sia consumato
nell'inverno». Lúg allora gli
riferisce l'unico modo che ha per trovare scampo:
«Co conebrad, co silfad, co chobibsad fir Erenn? Is iar fis an trede siu
manad anustar». |
«Come devono arare, come seminare, come mietere, gli uomini di Ériu? Una volta
che avrai fatto conoscere queste tre cose sarai risparmiato.» |
«Abair friu, Mairt a n-ar, Mairt hi corad sil a ngurt, Mairt a n-imbochdt». |
«Di' loro questo. Martedì per arare, martedì per spandere i semi nel campo,
martedì per mietere.» |
Roleccad ass didiu Bress triasan celgsin. |
Con questo stratagemma, Bress fu
lasciato libero. |
Cath Maige Tuired |
Dumézil ha efficacemente dimostrato che la storia di questa battaglia debba
essere interpretata come la versione celtica di due importantissimi miti
indoeuropei che, però, in questo racconto irlandese, vengono sovrapposti l'uno
all'altro. Ci riferiamo al mito della guerra di fondazione e al mito
della guerra contro i nemici del mondo. Ora, mentre nella mitologia e
nella pseudostoria di altri popoli indoeuropei queste due guerre si ritrovano
nettamente distinte, nella battaglia di Mag Tuired le troviamo insieme,
mescolate.
Come abbiamo detto, la guerra di fondazione è quella guerra che vede gli
esponenti della prima e della seconda funzione combattere contro chi personifica
la terza. Il conflitto termina con un accordo, che produce l'inquadramento degli
esponenti di terza funzione nella società tripartita, quali patroni
dell'abbondanza, della fecondità, della fertilità agricola e/o di altre attività
produttive. Secondo Dumézil anche nella guerra fra Romani e Sabini bisogna
vedere una proiezione pseudostorica della guerra di fondazione indoeuropea.
Dopo aver dimostrato come, in tale contesto, Romulus
e la tribù dei Ramni rappresentino la prima funzione, i Luceri e l'etrusco
Lucumone la seconda, i Sabini con il loro capo
Titus Tatius la terza, Dumézil mette in luce quali
analogie e corrispondenze vi siano fra la guerra che oppone Ramni e Luceri ai
Sabini di Tatius, e la guerra fra gli
Æsir e i
Vanir della mitologia nordica.
(Dumézil 1955)
Dumézil rileva inoltre che le analogie esistenti fra queste due guerre non
riguardano solo il loro senso generale, ma anche l'insieme dei meccanismi che le
compongono. C'è ad esempio un chiaro parallelismo fra le vicende della
Gullveig («ebbrezza dell'oro»)
nordica e la Tarpeia romana:
«Da una parte i ricchi e voluttuosi
Vanir che corrompono
dall'interno la società (le donne!) degli
Æsir, inviando loro la donna
chiamata Ebbrezza dell'Oro; dall'altra parte
Óðinn che lancia il suo famoso
giavellotto di cui è noto l'irresistibile effetto magico e di panico. Allo
stesso modo i ricchi Sabini, da una parte, ottengono quasi la vittoria occupando
la posizione-chiave dell'avversario, non col combattimento, ma acquistando con
l'oro Tarpeia […]; dall'altra parte
Romolo, grazie a un'invocazione a
Iuppiter ottiene dal dio che l'armata nemica
vittoriosa venga improvvisamente e senza motivo invasa dal panico».
(Dumézil 1958)
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Týr e Fenrir
(1911) |
Illustrazione di John Bauer |
La guerra contro i nemici del mondo, invece, è il conflitto che vede
scontrarsi coloro che si pongono a difesa del cosmo contro quelle forze
demoniache, caotiche, infernali che lo vogliono distruggere. Nella mitologia
nordica e nella pseudostoria romana i nemici del mondo sono contrastati da una
coppia di salvatori: il Monocolo e il Monco.
Óðinn rinuncia ad un occhio in
cambio del sapere magico che permette agli
Æsir di fabbricare un filo
capace di immobilizzare il gigantesco lupo
Fenrir – minaccia del mondo –
fino al ragnarök, ossia
il destino ultimo degli dèi. Fenrir,
vista la sottigliezza del filo, si fa legare per gioco, ma come garanzia
pretende che uno degli Æsir
gli ficchi una mano in gola. Si trova un solo volontario:
Týr. Il lupo, accorgendosi
dell'inganno, strappa la mano a Týr,
ma per il momento il mondo è salvo.
L'esercito etrusco di Porsenna si accinge ad
assalire Roma (che nel quadro della trasformazione romana del mito in
pseudostoria, equivale all'intero mondo). I Romani stanno demolendo il ponte
d'entrata, quando alla testa di esso si pone Oratius
Cocles, il cieco da un occhio, che col suo unico occhio lancia occhiate
truci agli Etruschi, sfidandoli al combattimento. Tutte le lance che gli vengono
scagliate addosso finiscono prodigiosamente o in mare o intorno a lui; infine il
ponte crolla proprio quando lo stavano per prendere. L'attacco fallisce, ma il
pericolo che incombe sull'Urbe resta mortale.
È dunque il momento di Mucius Scævola, il
«mancino», che penetra nel campo di Porsenna per ucciderlo, ma, non riuscendoci,
di fronte al re nemico mette la mano destra dentro un braciere, giurando che
altri trecento giovani romani sono pronti a tentare l'impresa che lui ha
fallito. Il timore e l'ammirazione per quel gesto e quelle parole, inducono
Porsenna a concludere la pace che salva Roma.
Il meccanismo è lo stesso: Óðinn
«[…] usa il sapere trascendente acquisito con la sua antica mutilazione, così
come Cocles, che era già guercio, terrorizza gli
Etruschi con i suoi truces oculi […],
Týr e Scævola
sacrificano il braccio come pegno della veracità di una dichiarazione
falsa, che induce il nemico, in un caso a lasciarsi legare, nell'altro a
rinunciare a una vittoria sicura». (Dumézil 1969)
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Mucius Scaevola in presenza di Lars Porsenna (ca.
1645) |
Dipinto di Matthias Stomer
(ca. 1600 - 1650>) |
Ora, la battaglia di Mag Tuired è guerra di fondazione e guerra
contro i nemici del mondo insieme: vi si trovano cioè, sovrapposti, elementi
sia dell'una che dell'altra. Se è vero infatti che nella battaglia di Mag Tuired
non agisce una coppia salvatrice Monocolo-Monco come quella sopra descritta, è
anche vero che Lúg, per compiere gli
incantesimi che daranno una svolta alla battaglia, chiude un occhio e spalanca
l'altro, e le Túatha Dé
Danann avranno definitivamente in pugno la battaglia solo dopo che
Lúg avrà atterrato
Balor dall'occhio penetrante,
chiamato così perché «i guerrieri guardati da quell'occhio, quand'anche fossero
stati migliaia, non potevano resistere al nemico».
Lúg, dunque, salverà l'Irlanda
lanciando incantesimi con un occhio chiuso e puntando contro i
Fomóire il trux oculus
di Balor: si pensi al mago
Óðinn che rinuncia all'occhio per
immobilizzare Fenrir con un
laccio incantato, e ad Oratius Cocles che minaccia
gli Etruschi con il truce sguardo per salvare Roma. E non dimentichiamoci che,
proprio come Týr e
Mucius Scævola, anche
Núada ha perso una mano
per contrastare il nemico.
L'azione decisiva dell'occhio e la mutilazione della mano, dunque, riguardano
i due capi delle Túatha Dé
Danann, proprio come nella mitologia nordica riguardano i grandi dèi
degli Æsir: e se da una
parte Týr viene completamente
eclissato da Óðinn, dall'altra
Lúg sostituisce
Núada sul trono e sul
campo di battaglia. Inoltre, fra le
Túatha e i
Fomóire (il cui nome, lo
ricordiamo, significa forse «demoni sotterranei») il conflitto è totale. Non si arriva pertanto a
nessun accordo, e, ad eccezione di
Bress, tutti gli altri
Fomóire vengono massacrati o respinti fino al mare. Ecco gli elementi
della guerra contro i nemici del mondo.
La guerra di fondazione si scorge invece dietro al conflitto – che si
risolve con un patto – fra le
Túatha Dé Danann e
Bress, il nemico capace di influire
sulla prosperità delle vacche e dei campi, e risparmiato dalle
Túatha in quanto
conoscitore dei lavori agricoli. Bress,
quindi, che è bello proprio come Freyr,
il dio nordico della fertilità, rappresenta l'aspetto contadino e pastorale
della terza funzione. È infatti inverosimile che l'agricoltura e l'allevamento
«[…] non abbiano un loro corrispondente mitico. Essi lo hanno, in effetti, ma,
come il sabino Tatius a Roma, come i vanir
Njörðr e
Freyr presso gli
Æsir, questo corrispondente è,
presso le Túatha Dé Danann,
un “allogeno assimilato”, e il servizio di abbondanza e di fecondità che egli
rende alle Túatha è
l'effetto di un accordo stipulato in seguito a una guerra terribile»
(Dumézil 1941).
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I DÈMONI INCATENATI
La classe dominante dei Celti d'Irlanda ha insomma identificato gli esponenti
divini della funzione agricola e pastorale con le forze demoniache.
L'agricoltura e la pastorizia erano però attività fondamentali anche nella
società celtica, e la ricerca archeologica ci dice che fra i lavoratori delle
campagne era molto diffusa la venerazione di divinità, soprattutto femminili,
legate agli animali e alla fertilità della terra. I dati mitici e archeologici,
dunque, lasciano pensare che nel mondo celtico vi fosse una netta frattura – per
un certo periodo anche etnica – fra la classe sacerdotale e guerriera da una
parte, e la classe produttiva dall'altra. Una frattura così tanto ribadita che,
evidentemente, generava spesso dure lotte civili.
Altri due meccanismi collegano la Seconda battaglia di Mag Tuired alle guerre
di fondazione germanica e romana. Uno è il ruolo fondamentale che le donne
giocano nella salita al potere di Bress,
episodio che richiama quello di Tarpeia quanto
quello di Gullveig. L'altro è
il ruolo marginale di Ogma,
l'esponente della funzione guerriera, durante la battaglia. È invece
Lúg, esponente della prima funzione,
che determina la vittoria delle
Túatha Dé Danann.
Questa dinamica corrisponde esattamente alla «[…] parte irrilevante (Þórr)
o molto secondaria (Lucumone) che i rappresentanti
della seconda funzione sociale, dei «forti», hanno in questa guerra sui
generis che oppone principalmente la prima e la terza funzione, i «maghi» (Óðinn,
Romolo) ai «prosperi» (Njörðr
e Freyr,
Titus Tatius)» (Dumézil 1941).
La guerra di fondazione, infatti, getta le basi del futuro ordine tripartito,
in cui la prima e la seconda funzione, più o meno solidali, domineranno la
terza. Ma questo ordine dovrà essere il più possibile armonico, senza conflitto.
Ecco perché la funzione magico-regale è molto più coinvolta di quella
strettamente guerriera: perché il fine ultimo non è la distruzione del
«prospero», ma il suo inquadramento – in veste di subalterno – nella gerarchia
trifunzionale.
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