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MITI CELTICI
YFR TALIESIN
XL
Marỽnad Ercỽlff
Elegia di Ercỽlff
ỺYFR TALIESIN
Ỻyfr Taliesin. Libro di Taliesin
x. Daronỽy
xxiii. Traỽsganu Cynan Garỽyn
xxvi. «...Y gofeisỽys byd»
xxvii. Ỻurig Alexander
xl. Marỽnad Ercỽlff
xliii. Marỽnad Dylan Eil Ton
xlvi. Marỽnad Cunedda
lv. Canu y byd maỽr
lvi. Canu y byd bychan
Avviso
Saggio introduttivo
Lezione dal ms. del Ỻyfr Taliesin
Testo medio-gallese normalizzato
Traduzione italiana
Traduzioni inglesi
Note
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Bibliografia
YFR TALIESIN
XL
Marỽnad Ercỽlff
Elegia di Ercỽlff
LA COMPOSIZIONE

La presente composizione è un breve poema di 23 versi contenuto nel Ỻyfr Taliesin (nlw Peniarth, ms. 2, prima metà del xiv sec.), ai folius 31 e 31 (pagine 65-66). Nel manoscritto essa introduce una serie di poemi appartenenti al genere del marỽnad, elegie funebri per un personaggio importante, sia esso mitico o storico (sono i testi xl-xlviii). Il titolo della composizione, riportato in inchiostro rosso nello spazio sotto la composizione precedente, sul lato destro del foglio, è <ꟓarỽnat erof.>, Marỽnad Erof, «Elegia di Erof». Costui altri non è che l'evangelico re Hērṓdēs.

In realtà la composizione non cita affatto Erof/Hērṓdēs, ma è incentrata su Ercỽlff/Hērakls. Di Erof si parla nel poema successivo, il Marỽnad Madaỽg, a sua volta giustapposizione di due composizioni separate, di cui la seconda accenna appunto al malvagio re di Giudea, scagliato nel più profondo dell'inferno. Si presume che il titolo di Marỽnad Erof sia dovuto a un lapsus dello scriba. Probabilmente nell'antigrafo era riportato il titolo abbreviato <Marỽnat Er.>, nel senso di Marỽnad Ercỽlff, e il copista ha erroneamente interpretato Marỽnad Erof, attribuendo alla presente composizione il soggetto del testo successivo.

Il personaggio celebrato dal poema, Ercỽlff, altri non è che l'eroe ellenico Hērakls, sebbene l'ambiguità del testo e le numerose corruttele rendano arduo identificare gli elementi tratti dalle biografie classiche o medievali sull'eroe greco. Non molto chiaro è anche il riferimento alle Colofneu Ercỽlff, le «colonne di Hērakls», qui in numero di quattro e di non precisa collocazione. Com'è stato notato, il Marỽnad Ercỽlff è in realtà simile nella forma e nello spirito a un altro poema talgesiniano, il Ryfedaf na chiaỽr [xxviii],  anch'esso di 23 versi e dedicato ad Alexander Maỽr / Mégas Aléxandros. L'affinità tra Hērakls e Aléxandros, due eroi tesi al raggiungimento degli estremi confini del mondo, è stata un'importante chiave di lettura per l'interpretazione della figura dell'eroe macedone sia nel mondo tardo-classico che medievale.

Il testo è spesso ambiguo, di non chiara interpretazione, ed è evidentemente corrotto in molti punti. I tentativi dei traduttori di risolvere alcune di tali corruttele sono spesso rivelatrici dei pregiudizi degli stessi studiosi, più che dell'effettivo senso del poema. Tramontata l'ipotesi di una datazione prococe, si tende oggi ad assegnare il Marỽnad Ercỽlff, almeno nella forma che ci è pervenuta, al xiii secolo (Haycock 2007).

Tra i più agguerriti fautori di una datazione tarda del Marỽnad, John Gwenogvryn Evans ha avanzato l'ipotesi che la composizione, lungi dall'essere un'elegia, sarebbe stata in realtà un peana di lode per la sottomissione di Giovanni Plantageneto a papa Innocenzo iii e la rimozione dell’interdizione (1213). Su tale base, Evans ha anche fornito una sua traduzione del poema, piuttosto personale e divergente, dove peraltro viene regolarmente ristabilito il nome di Erof al posto di quello di Ercỽlff.

ERCỼLFF IL GALLESE

La presenza, nel Ỻyfr Taliesin, di un poema dedicato a Ercỽlff/Hērakls, non ha mancato di attirare l'attenzione degli studiosi, soprattutto presso quanti, in passato, hanno attribuito il Marỽnad Ercỽlff ai bardi gallesi del vi secolo o, comunque, dell'alto Medioevo. La particolarità di talune immagini, come l'epiteto di «capo del battesimo» (pen bedydd) attribuito a Ercỽlff, o le «quattro colonne di uguale altezza» che il poema associa all'eroe, hanno acceso l'immaginazione degli entusiasti filologi. Ci si è chiesti quale fosse la concezione che il mondo celtico insulare avesse dell'eroe greco o, se sotto il nome di Ercỽlff, il compositore gallese, o addirittura lo stesso Taliesin, non si riferisse a una divinità celtica. Il Marỽnad Ercỽlff è stato analizzato nel tentativo di ricavarne informazioni sul paganesimo britannico.

Si è pensato naturalmente a un'identità di Ercỽlff con Ógmios, dio gallico dell'eloquenza e della parola fascinatrice che, in un famoso passo, Lūkianós Samosatéus identifica con Hērakls, qui descritto come un vecchio calvo, dalla cui lingua si dipartono catene attaccate alle orecchie di un gruppo di persone che vengono così trascinate da lui (Hērakls [1-7]). A Ógmios corrisponde, almeno su un piano etimologico, il dio irlandese Ogma, che il Cath Maige Tuired descrive però come un forzuto campione armato di spada, ma a cui viene pure attribuita – forse su semplice base paraetimologica – la creazione dell'ogam, la scrittura lapidaria irlandese. Tutti questi elementi sono stati usati per costruire ingegnose ipotesi sulla simbologia dietro tale complesso di figure mitiche, peraltro cercando appigli nelle strofe del Marỽnad Ercỽlff. È il caso del romanziere e poeta Robert Graves (1895-1985) che nel suo saggio The White Goddess (1948) ha finito col sostenere, sulla base delle fantasiose invenzioni degli antiquari del xvii e xviii secolo, che le «quattro colonne» di cui tratta il poema simboleggiassero in realtà le quattro serie, di cinque lettere ciascuna, di cui è composto l'alfabeto ogam, e «che sostengono l'intero edificio della letteratura» (Graves 1948).

Tutto ciò ha ben poco senso, come anche le catene di analogie tracciate su basi tanto fragili. David William Nash, nella sua introduzione al Marỽnad Ercỽlff, notava come molti studiosi fossero rimasti invischiati nell'erronea idea che gli autori del Corpus Talgesinianum avessero una qualche competenza nelle dottrine druidiche o nel paganesimo celtico, e avvertiva che i tópoi contenuti in questi poemi andavano cercati piuttosto nella Bibbia o nelle più comuni conoscenze degli eruditi medievali.

Per analizzare l'immagine di Ercỽlff/Hērakls dipinta dal Marỽnad Ercỽlff bisognerebbe in realtà contestualizzarla con l'idea che si aveva dell'eroe greco nel Medioevo, in particolare con le fonti note negli ambienti eruditi cimrici tra il xii e il xiii secolo. Che l'eroe fosse noto in Galles, con il nome di Ercỽlff gadarn (il «forte»), lo testimonia una delle Trioedd Ynys Prydein, dove Ercỽlff/Hērakls è disposto in triade con Ector/Héktōr e Sompson/Šimšôn, tre eroi ricordati per la loro forza, pari a quella di Adaf/Āḏām:

Tri Dyn a gauas Kedernit Adaf: Ercỽlf Gadarn, ac Ector Gadarn, a Sompson Gadarn. Kyn gadarnet odedynt yll tri. ac Adaf e hun.

Tre uomini che ricettero le qualità di Adaf: Ercỽlff il forte, Ector il forte, e Sompson il forte. E tutti e tre furono forti come lo stesso Adaf.
Trioedd Ynys Prydein > Ỻyfr coch Hergest, 47

Sia Rachel Bronwich sia Marged Haycock ritengono che la diffusione della figura dell'eroe greco, nel Galles, fosse dovuta principalmente al De excidio Troiae historia, un racconto della guerra troiana tradizionalmente attribuito a Dárēs Phrýx, ma risalente in realtà al v secolo. Questo testo, probabile adattamento latino di un originale greco, fu assai popolare nel Medioevo e servì come fonte per i numerosi romances della cosiddetta «materia troiana». Molte citazioni nella letteratura gallese del xii secolo suggeriscono che i poeti dell'epoca (quali Cinddelỽ, Gỽilym Rhyfel, Prydydd y Moch) avessero confidenza con il De excidio, ma fu sicuramente la traduzione del testo in gallese, diffusa ai primi del xiii secolo, a rendere popolare Ercỽlff nel Galles. (Bronwich 1961 | Haycock 2007)

LE QUATTRO COLONNE

Uno dei motivi più curiosi e suggestivi del Marỽnad Ercỽlff consiste nella menzione di quattro colonne, descritte di uguale altezza e ricoperte di oro rosso, ai vv. [11-12]. Il riferimento è naturalmente alle Hērákleioi stlai, le due «colonne di Hērakls», rizzate dall'eroe sui due capi dello stretto di Gibilterra, limite occidentale del mondo allora conosciuto. «Giunto a Tártēssos, [Hērakls] innalzò come segno del suo passaggio due colonne, una di fronte all'altra, ai confini tra Eurṓpē e Libýē» (Apollódōros: Bibliothḗkē [II: 5]). Delle Hērákleioi stlai tratta un gran numero di fonti classiche (Strábōn, Plinius, Seneca, Orosius, etc.) ed erano ben note nel Medioevo.

La caratteristica di avere quattro colonne, nel nostro testo, invece delle canoniche due, è probabilmente dovuto a un'interferenza con l'Epistola Alexandri ad Aristotelem, dove si riporta la tradizione secondo la quale il condottiero macedone avrebbe eretto, una volta giunto ai confini orientali del mondo, delle colonne d'oro, a imitazione di quelle di Hērakls. La mancanza di documenti rende però impossibile tracciare l'eventuale sviluppo di questa possibile tradizione letteraria. Troviamo però il motivo attestato separatamente nel Recueil des histoires de Troyes (1464), del francese Raoul Lefèvre, dove si parla appunto di quattro colonne di uguale lunghezza. Questo testo avrebbe avuto un gran numero di traduzioni e riscritture, nel corso del xv secolo, tra cui una in inglese (Recuyell of the Historyes of Troye) e una in irlandese (Stair Ercuil ocus a Bás).

Cosa simboleggino esattamente le «quattro colonne» nell'ermeneutica del nostro testo non è chiaro. Marged Haucock suggerisce un'interferenza con l'idea delle colonne che sostengono il mondo (si veda in proposito il Canu y byd bychan) (Haycock 2007). Le difficoltà di interpretazione sono rese ancora più ardue dalla difficoltà di interpretare il complesso di versi [9-12]. La mancanza di una punteggiatura sintattica, nel manoscritto, ci impedisce di capire se tali versi vadano letti insieme o se vadano suddivisi, ad esempio, in due distici semanticamente separati. Le corruttele dei primi due versi – su cui lo stesso copista del manoscritto è intervenuto con maldestri tentativi di correzione – non aiutano certo a ricostruire correttamente la frase (o le frasi).

YFR TALIESIN
LX
Marỽnad Ercỽlff
Elegia di Ercỽlff
ꟓarỽnat erof, lezione dal ms. del Ỻyfr Taliesin
Marỽnad Ercỽlff, testo medio-gallese normalizzato
Elegia di Ercỽlff, versione italiana
The Death-song of Erof, traduzione inglese di William Forbes Skene
Elegy on Ercwlf, traduzione inglese di David William Nash
  Lezione dal ms. del Ỻyfr Taliesin
 

65:24
65:25
65:26

                                         arỽnat erof.
cꟌoeles eluyꝺ  val noſ yn ꝺyꝺ. oꝺyfot clot
ryꝺ ercỽlff pen beꝺyꝺ. rcỽlff aꝺyỽeꝺei.
66:1
66:2
66:3
66:4
66:5
66:6
66:7
66:8
  aꟊꟌeu naſ riuei. yscỽyꝺaỽꝛ ymoꝛꝺei arnaỽ atoꝛ
rei. rcỽlf ſyweſſyꝺ ermin lloeͬỵṛ eꟊyꝺ. Peꝺe
ir colofyn kyꟌyt ruꝺeur areu Ꟍyt. Colofneu
ercỽlf nyſ arueiꝺ byꟊỽl. Byꟊỽl nys beiꝺei. Gꝛ
es Ꟍeul nys ꟊaꝺei. Nyt aetꟌ neb is nef Ꟍyt yꝺ
aetꟌ ef. rcỽlf mur ffoſſaỽt. Aſ amꝺut tyỽaỽt.
As roꝺỽy trinꝺaỽ truꟊareꝺ ꝺyꝺbꝛaỽt yn vnꝺa
ỽt Ꟍeb eiſſeu.
Marỽnat [Ercỽlff]
Pagina dal Ỻyfr Taliesin
nlw
Peniarth, ms. 2. folii 31 e 31 (pp. 65-66)
    Marỽnad Ercỽlff Elegia di Ercỽlff
 

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  Ymchoeles elfydd
fal nos yn dydd,
o dyfod clodrydd
Ercỽlff pen bedydd.
Ercỽlff adyỽedei
angheu nas rhifei.
Ysgỽydaỽr y mordei
arnaỽ atorrei.
Ercỽlff syỽedydd,
ermin ỻoer egydd.
Pedeir colofneu cyhyd
rhuddeur areu hyd.
Colofneu ercỽlff
nys arueid bygỽl.
Bygỽl nys beidei:
gỽres heul nys gadei.
Nyt yd aeth neb is nef
hyt yd aeth ef.
Ercỽlff mur ffosaỽd
as amdudd tyỽaỽd.
As rodỽy trindaỽd
trugaredd dyddbraỽd,
yn undaỽd heb eisseu.
La terra si è capovolta
come la notte nel giorno,
quando apparve il celebrato
Ercỽlff, signore del mondo.
Ercỽlff diceva
di non aver considerato la morte.
Gli scudi dei palazzi
si rompevano su di lui.
Ercỽlff il sapiente
va rivolto alla luna. (?)
Quattro colonne di uguale altezza
ricoperte d'oro rosso.
Le colonne di Ercỽlff
nessuna codardia dovrebbe sfidarle.
La codardia non le sfiderà:
il calore del sole non lo permetterebbe.
Nessuno giunse sotto il cielo
finché non vi arrivò lui.
Ercỽlff, bastione di battaglia,
la sabbia [ora] lo copre.
Che la Trinità conceda
misericordia nel giorno del Giudizio,
in unità senza bisogno.
         
YFR TALIESIN
LX
The Death-song of Erof [Ercwlf]
English Translations
 
The Death-song of Erof
Translation of William Forbes Skene
Elegy on Ercwlf
Translation of David William Nash

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  Were changed the elements
like night into day,
when came the gloriously-free,
Ercwlf chief of baptism.
Ercwlf said,
that he valued not death.
Shield of the Mordei
upon him it broke.
Ercwlf the arranger,
determined, frantic.
Four columns of equal length;
ruddy gold along them.
The columns of Ercwlf
will not dare a threatening,
a threatening will not dare.
The heat of the sun did not leave him.
No one went to heaven
until went he,
Ercwlf the wall-piercer.
May the sand be my covering,
may the Trinity grant me
mercy on the day of judgment,
in unity without want.
The earth turns,
so night follows day.
When lived the renowned
Ercwlf, chief of baptism?
Ercwlf said
he did not take account of death.
The shield of Mordei
by him was broken.
Ercwlf place in order,
impetuous, frantic,
four columns of equal height,
red gold upon them,

a work not easily to be believed,
easily believed it will not be.
The heat of the sun did not vex him;
none went nearer heaven
than he went.
Ercwlf the wall-breaker,
thou art beneath the sand;
may the Trinity give thee
a merciful day of judgement.
      Traduzioni: [Download]▼

NOTE

1     <ỾcꟌoeles eluyꝺ> | Ymchoeles elfydd | «La terra si è capovolta»

  • Questo primo verso è apparentemente piuttosto semplice. Il verbo ymchỽelaf copre i significati di «fare avanti e indietro, capovolgersi, girarsi, trasformarsi». Il sostantivo elfydd vuol dire «mondo, terra, paese».
  • David William Nash traduce nel modo più semplice, «The Earth turns» (Nash 1868), inconsciamente interpretando il nostro testo secondo una cosmologia copernicana. La struttura della Terra adombrata nelle composizioni del Ỻyfr Taliesin (si veda in proposito Canu y byd maỽr) è quella tipicamente medievale: sembra quella di un disco immobile al centro dell'universo. William Forbes Skene rende in maniera più sottile e più vaga: «were changed the elements» (Skene 1868). In tempi più recenti, Marged Haycock cerca un'ambiguità rispettosa del testo: «The Earth turned over» (Haycock 2007), lezione che seguiamo volentieri.

    <val noſ yn ꝺyꝺ> | fal nos yn dydd, | «come la notte nel giorno,»

    <oꝺyfot clotryꝺ> | o dyfod clodrydd | «quando apparve il celebrato»

  • l'aggettivo clodrydd è glossato, dalla Haycock, come «colui la cui fama è liberamente celebrata» (Haycock 2007). Traduzioni storiche: «when came the gloriously-free» (Skene 1868); «when lived the renowed» (Nash 1868). La Haycock emenda dyfod (voce del verbo deuaf, «arrivare») con il sostantivo difod, «non esistenza, eliminazione, scomparsa», e traduce, un po' macchinosamente, «on account of the death of the famous one» (Haycock 2007).

    <ercỽlff pen beꝺyꝺ> | Ercỽlff pen bedydd. | «Ercỽlff, signore del mondo.»

  • bedydd è letteralmente «battesimo», ma anche, per estensione, «cristianità», «mondo cristiano». La traduzione nel primo senso, proposta ad esempio da Skene, «Ercwlf chief of baptism» (Skene 1868), ha dato l'avvio a molti ingegnosi tentativi di individuare la ragioni di un possibile allineamento tra l'eroe ellenico Hērakls e la figura evangelica di Iōánnēs o Pródromos / Ioannes Baptista. Si veda, per curiosità, il lavoro di Robert Graves il quale, ricordando che i fuochi del giorno di mezza estate erano dedicati al Battista, identificava tout court Hērakls con Iōánnēs, senza però giustificare la sua interpretazione in alcun modo (Graves 1948).
  • La Haycock, più ragionevolmente, interpreta nel secondo senso: «Hercules, the lord of the World» (Haycock 2007).

    <rcỽlff aꝺyỽeꝺei.> | Ercỽlff adyỽedei | «Ercỽlff diceva»

    <aꟊꟌeu naſ riuei.> | angheu nas rhifei. | «di non aver considerato la morte.»

    <yscỽyꝺaỽꝛ ymoꝛꝺei> | Ysgỽydaỽr y mordei | «Gli scudi dei palazzi»

  • ysgỽydaỽr/ysgỽydeu è plurale di ysgỽyd, «scudo, protezione». mordei è «corte, palazzo, dimora», termine di etimologia controversa, per la quale sono stati proposti anche complicati costrutti effettuati su nomi personali germanici. Non mancano traduzioni che vedono in mordei un nome proprio, come quella di Skene: «shield of the Mordei» (Skene 1868). Secondo Robert Graves, che utilizza la traduzione di Skene, questo termine alluderebbe a una battaglia combattuta presso Catterick Bridge (North Yorkshire) nel vi secolo. In proposito Graves cita un verso bardico, di cui non fornisce la provenienza, <ym Mordei ystyngeo dyledawr>, e che traduce come «a Mordei umiliò i possenti» (Graves 1948). Il verso è tratto dal poema gallese Yr Gododdin [139], contenuto nel Ỻyfr Aneirin, di cui riportiamo la strofa che contiene il passo citato da Graves nella traduzione di Francesco Benozzo (Benozzo 2000):

    Gỽr a aeth gatraeth gan ỽaỽr
    ỽyneb udyn ysgorva ysgỽydaỽr
    crei kyrchynt kynnuỻynt reiaỽr
    en gynnan mal taran tỽryf aessaỽr
    gỽr gorvynt gỽr etvynt gỽr ỻaỽr
    ef rỽygei a chethrei a chethraỽr
    od uch ỻed ỻadei a ỻavnaỽr
    en gystud heyrn dur arbennaỽr
    e mordei ystyngei adyledaỽr
    rac Erthgi erthychei vydinaỽr.

    Un uomo giunse a Catraeth mentre albeggiava,
    sulla sua terra scudi schierati,
    ruvido attacco, saccheggio di bottino,
    profondo tuono il rumore delle armi.
    uomo valoroso, uomo capace, uomo vasto,
    si abbatteva e disperdeva con la lancia,
    sangue sparso, tagli della lama,
    nella contesa del ferro temprato, sopra le teste.
    Nella sala si inchinava di fronte ai capi,
    al cospetto di Erthgi le schiere acclamavano.
    Yr Gododdin [XV: 131-140]

    Quest'interpretazione di Mordei come toponimo è in realtà un risultato del malvezzo di interpretare termini sconosciuti come nomi propri. Si noti che, Graves seguendo la sua linea interpretativa, fatta di vaghe analogie, ritiene anche che questo Erthgi qui citato non sia altro che una «reincarnazione» di Ercỽlff. (Graves 1948)

  • Più lineare la Haycock: «shields in halls» (Haycock 2007).

    <arnaỽ atoꝛrei> | arnaỽ atorrei. | «si rompevano su di lui.»

    <rcỽlf ſyweſſyꝺ> | Ercỽlf syỽedydd | «Ercỽlff il sapiente»

  • I vv. [9-10] sono i più corrotti del poema, sottoposti dagli studiosi a molteplici tentativi di restauro. Il termine <ſyweſſyꝺ> potrebbe essere emendato in syỽedydd, «astronomo, sapiente, indovino, erudito», espressione che però è stata vista in contrasto con la tradizionale immagine di Hērakls, sebbene è anche vero che l'eroe greco sia stato a volte interpretato, nel Medioevo, come un mago. A partire da questa lettura, Skene interpreta «Ercwlf the arranger» (Skene 1868). Nash emenda invece syỽessydd (che è pure la lezione riportata dal Myvyrian Archaiology of Wales) in cyỽeirydd, presente indicativo, terza persona singolare, del verbo cyeiriaf, «disporre, ordinare», e traduce «Ercwlf placed in order», intendendo le colonne di cui al v. [11] (Nash 1868). La Haycock fa presente due altre possibili correzioni: in syr gỽesyd, «collocò le stelle», e in ry gỽesyd, «collocò al [loro] posto», sempre intendendo le «colonne» di cui si parla al v. [11], e proponendo quest'ultima lettura nella sua traduzione (Haycock 2007).

10     <ermin lloeͬỵṛ eꟊyꝺ.> | erbyn ỻoer egydd. | «va rivolto alla luna.» (?)

  • La prima parola, <ermin>, ermin/ermyn, significa «ermellino». L'espressione ermin ỻoer, «ermellino della luna», non sembra avere significato, a meno che non si voglia intendere – con interpretazione piuttosto macchinosa – il colore del disco lunare, bianco screziato, a somiglianza del manto dell'ermellino. Si ritiene che la parola <ermin> sia corrotta e gli studiosi hanno proposto molte possibili alternative, quali ermid («onorevole, famoso»), eurin («dorato»), erỽyn («bianco, puro, splendido», o «ardente, affilato»), eỽnin («intrepido, coraggioso»)
  • La seconda parola del verso, <lloeͬỵṛ>, presenta una correzione scribale. Lo scriba ha dapprima erroneamente vergato  <lloegyr> (Ỻoegyr, qui scritto con y epentetica, è il nome gallese dell'Inghilterra propriamente detta); accorgendosi dell'errore, ha quindi espunto le tre lettere <g>, <y> ed <r>, diacriticandole con un punctum delens sotto il corpo di ciascuna lettera, e ha aggiunto una <> in esponente sopra la <e>. Il fatto che lo scriba abbia tanto cancellato quanto ristabilito una <r> può essere indice di un'incertezza nel corso della trascrizione dell'antigrafo. La parola è dunque divenuta ỻoer, «luna».
  • La terza parola, <eꟊyꝺ>, viene di solito interpretata come egydd, una forma arcaica di ëydd, indicativo presente, terza personale singolare, del verbo myned, «andare».
  • La mancanza di una punteggiatura sintattica, nel testo, rende arduo capire se i vv. [9-10] presentino una continuità con i vv. [11-12]. La necessità di ottenere frasi di senso compiuto influenza la scelta delle varianti interpretative. Come sempre, la punteggiatura imposta dai traduttori al testo è puramente di comodo.
  • Nel Myvyrian archaiology of Wales la prima parola viene corretta in <ewnin> (cfr. eỽn, forma contratta di eofn, «intrepido, coraggioso»), ed è questa la lezione perlopiù utilizzata dai traduttori ottocenteschi, i quali leggono la seguente espressione ỻoer egyd nel senso di «che va con la luna», «lunatico, irrequieto». Da qui le traduzioni del verso [10] come successione di due aggettivi: «determined, frantic» (Skene 1868) e «impetuous, frantic» (Nash 1868).
  • La Haycock rende il verso nella lezione <eurin lloer egyt> e traduce «the entire golden moon» (Haycock 2007). Si noti che la grafia <egyt> (che presuppone una problematica normalizzazione in *egyd), serve unicamente a giustificare la rima con il <ry wessyt> (ry gỽesyd) con cui l'autrice ha corretto il verso [9]. Ci sembra inoltre che la traduzione proposta dalla Haycock abbia senso solo se l'ultima parola fosse intesa come <cỽit>, cỽid, «intero, completo».
  • Se presumiamo erronea la correzione del copista e ritorniamo alla lezione Ỻoegyr, basterebbe suddividere <ermin> in er min per restituire un senso al verso: <er min lloegyr eꟊyꝺ>, «va attraverso il confine del Ỻoegyr». Questa possibilità potrebbe permettere di interpretare il passo in chiave politica. La dicitura non plus ultra che, secondo il mito greco, era incisa sulle Hērákleioi stlai, contrassegnava il confine invalicabile del mondo. Delle analoghe colonne poste sul confine tra il Ỻoegyr e il Cymru potrebbero indicare l'inviolabilità dei confini del Galles da parte delle mire espansionistiche della corona d'Inghilterra.
  • Proponiamo qui una correzione di <ermin> in erbyn, «contro, di fronte, dinanzi», giustificando una traduzione del verso come «va rivolto alla luna»; tale emendamento presume che l'antigrafo portasse una lezione <ervyn> o <ervin>, dove il suono [b], come a volte accade nei manoscritti gallesi, veniva reso con <v>.

11     <Peꝺeir colofyn kyꟌyt> | Pedeir colofneu cyhyd | «Quattro colonne di uguale altezza»

12     <uꝺeur areu Ꟍyt.> | rhuddeur areu hyd. | «ricoperte d'oro rosso.»

  • rhuddeur (rhudd + aur) è «oro rosso», luogo medievale che indica assai probabilmente l'oro zecchino, dove «rosso» è un cromatismo da intendere forse con «brillante». Marged Haycock nota che la parola, pur presente ben tredici volte nel Corpus Talgesinianum, non compare mai, in realtà, nei documenti poetici precedenti al 1283 (Haycock 2007).

13     <Colofneu ercỽlf> | Colofneu ercỽlf. | «Le colonne di Ercỽlff»

  • Verso ignorato nella traduzione di Nash (Nash 1868).

14     <nyſ arueiꝺ byꟊỽl.> | nys aerfeidd bygỽl. | «nessuna codardia dovrebbe sfidarle.»

  • <arueiꝺ> viene solitamente normalizzato in aerfeidd, «sfida in battaglia», costrutto formato da aer, «battaglia», + beiddiaf, «sfidare»; bygỽl, bỽgỽl, è «codardia, paura», pure nel senso di «minaccia». Piuttosto divergenti le traduzioni storiche: «will not dare a threatening» (Skene 1868); «a work not easily to be believed» (Nash 1868); «no coward shall challenge them» (Haycock 2007).

15     <Byꟊỽl nys beiꝺei.> | Bygỽl nys beidei: | «La codardia non le sfiderà:»

16     <Gꝛes Ꟍeul nys ꟊaꝺei> | gỽres heul nys gadei. | «il calore del sole non lo permetterebbe.»

  • gadei è voce del verbo gadaf, «permettere, lasciare». Traduzioni storiche: «the heat of the sun did not leave him» (Skene 1868); «the heat of the sun did not vex him» (Nash 1868); «the heat of the sun would not allow him (to do so)» (Haycock 2007). Forse è un riferimento al mito ellenico in cui Hērakls, durante la lunga marcia attraverso il deserto africano, aveva puntato minacciosamente l'arco contro Hḗlios, costringendolo a desistere dall'arrostirgli la schiena con i suoi raggi.

17     <Nyt aetꟌ neb is nef> | Nyt yd aeth neb is nef | «Nessuno giunse sotto il cielo»

18     <Ꟍyt yꝺ aetꟌ ef> | hyd ydd aeth ef. | «finché non vi arrivò lui.»

  • Il significato dei vv. [17-18] è, letteralmente, «nessuno giunse sotto il cielo prima che vi giunse lui». Il riferimento è forse al mito ellenico in cui Hērakls, durante la ricerca del giardino delle Hesperídes, giunse nel luogo in cui Átlas sosteneva il cielo e prese temporaneamente il suo posto, mentre il títan andava a cogliere i frutti d'oro nel giardino in sua vece.
  • Tra i traduttori storici, Skene e Nash ignorano, nella loro resa del v. [17], la particella is, «sotto», dando quindi alla coppia di versi un'interpretazione sottilmente diversa: «no one went to heaven / until went he» (Skene 1868); «none went nearer heaven / than he went» (Nash 1868). Essi pensano, forse, al mito della catasterizzazione di Hērakls, che dopo essere stato arso sulla pira venne accolto in Ólympos come dio.
  • Sebbene Marged Haycock non avanzi interpretazioni classiche, la sua traduzione è invece letterale: «no one beneath the heavens / went as far as he did» (Haycock 2007).

19     <rcỽlf mur ffoſſaỽt> | Ercỽlff mur ffosaỽd, | «Ercỽlff, bastione di battaglia,»

  • ffosaỽd significa tanto «scontro, battaglia», ma anche «colpo» e soprattutto «spaccatura, ferita, varco, rovina». Da qui, mur ffosaỽd, inteso come epiteto di Ercỽlff, è stato tradotto nel senso di «abbattitore di mura», ovvero «wall-piercer» (Skene 1868) e «wall-breaker» (Nash 1868), probabilmente sulla scolta dell'epiteto omerico Teikhesiplḗtēs, «Colui che assalta le mura», attribuito però ad Árēs. In gallese, tuttavia, il complemento di specificazione segue di solito il termine a cui si riferisce: più rigorosa la Haycock che traduce: «the rampart of battle» (Haycock 2007).

20     <Aſ amꝺut tyỽaỽt> | as amddud tyỽaỽd. | «la sabbia [ora] lo copre.»

  • tyỽaỽd (> tyỽod), «sabbia», è un termine frequentemente utilizzato nella lirica gallese con significato sepolcrale (Haycock 2007). Quest'immagine di una sepoltura di Ercỽlff/Hērakls è piuttosto ardua da spiegare, se cerchiamo di mantenere una coerenza con il mito greco, dove l'eroe è in realtà destinato all'apoteosi e quindi all'immortalità nel consesso degli dèi. Il compositore del poema non sembra conoscere o considerare un'idea dell'immortalità di Ercỽlff/Hērakls. Infatti, i vv. [5-6] Ercỽlff diceva di non aver considerato la morte») si possono agevolmente da intendere nel senso che Ercỽlff agiva senza alcuna paura della morte. In quanto ai vv. [17-18], la traduzione di Skene e Nash («nessuno era arrivato in cielo prima di lui»), oltre che scorretta, è sicuramente viziata da un'interpretazione del testo costruita sul mito classico dell'apoteosi. Non è infine inutile constatare che la composizione fa parte del gruppo dei marỽnadau, delle elegie in morte di un personaggio famoso. Al riguardo, Marged Haycock ricorda il raro mito, peraltro di origine libica o numidica, riportato da Isidorus Hispalensis, sulla morte di Hērakls in Iberia (Etymologiae [IX, ii, 120]). La stessa mitologia greca distingueva un Hērakls mortale dalla sua essenza divina, destinata all'immortalità. Infatti, quando Odysseús scende in Aḯdēs incontra l'ombra di Hērakls: ma l'eroe era contemporaneamente presente in Ólympos, dove aveva sposato Hḗbē, la coppiera degli dèi.

21     <As roꝺỽy trinꝺaỽ> | As rodỽy trindaỽd | «Possa la Trinità concedere»

  • È curioso come le varie traduzioni abbiano diversamente inteso l'oggetto della concessione della Trinità: «may the Trinity grant me» (Skene 1868); «may the Trinity give thee» (Nash 1868); «may the Trinity grant him» (Haycock 2007).

22     <truꟊareꝺ ꝺyꝺbꝛaỽt> | trugaredd dyddbraỽd, | «misericordia nel giorno del Giudizio,»

23     <yn vnꝺaỽt Ꟍeb eiſſeu.> | yn undaỽd heb eisseu. | «unità senza bisogno.»

  • Verso dispari, privo di rima. Il termine undaỽd (> undod) vuol dire letteralmente «unità». Skene traduce «in unity without want»  (Skene 1868) e la Haycock specifica «in (God’s) unity, without need» (Haycock 2007).
  • Nash ignora questo verso nella sua traduzione.
Llyfr Taliesin
by W.F. Skene.
±500 kb
Llyfr Taliesin
by D.W. Nash.
±500 kb
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Il Ỻyfr Taliesin, tradotto in italiano da Valeria Muscarà sulle versioni inglesi di William Forbes Skene (1868) e David William Nash (1868). I due files verranno aggiornati man mano che verranno aggiunte altre composizioni del Corpus Talgesinianum.

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Bibliografia
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  • EVANS 1915. Poems from the Book of Taliessin, cura e traduzione di John Gwenogvryn Evans. Tremban, Llanbedrog 1915.
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  • HAYCOCK 2007. Legendary Poems from the Book of Taliesin, a cura di Marged Haycock. CMCS, Aberystwyth 2007.
  • HAYCOCK 2013. Prophecies from the Book of Taliesin, a cura di Marged Haycock. CMCS, Aberystwyth 2013.
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LXVII - ỺURYG ALEXANDER
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LXIII - MARỼNAD DYLAN EIL TON
 
Biblioteca - Guglielmo da Baskerville.
Area Celtica - Óengus Óc.
Traduzioni dall'inglese di Valeria Muscarà.
Confronto sul testo gallese di Valeria Muscarà, in collaborazione con Dario Giansanti.
Si ringrazia Colin Parmar per i preziosi suggerimenti.
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Creazione pagina: 20.05.2015
Ultima modifica: 20.01.2019
 
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