MITI

SLAVI
Russi

MITI SLAVI
STRIBOGŬ
I VENTI PER NIPOTI
Il suo idolo si ergeva sulla collina di Kievŭ, accanto al palazzo reale. A parte una vaga connessione con i venti, su Stribogŭ non si può aggiungere molto.

 

Perunŭ
Illustrazione di Viktor Anatol'evič Korol'kov (1958-2004)

1 - STRIBOGŬ, IL VENTO

uando il principe Igorĭ Svjatoslavičŭ raccolse la sua valente družina e marciò nelle steppe del Don, verso l'amara disfatta, si dice che i venti, nipoti di Stribogŭ, portarono dal mare le frecce polovesiane per scagliarle contro le sue schiere.

Di non piccola importanza doveva essere questo dio Stribogŭ per i nostri antenati, se un tempo il suo idolo si levava, insieme con gli altri, sulla collina di Boričevŭ in Kievŭ. Sembra di capire che fosse stato un dio del vento, dell'aria o del cielo. Se i venti erano i suoi nipoti, Stribogŭ doveva essere forse il signore dei turbini e delle tempeste. Non lo sappiamo, ché gli antichi poeti non sono più con noi, la loro sapienza è perduta.

Fonti

1 Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ [6488/980]
Slovo o pŭlku Igorevě [31]

I - PRESENZA DI STRIBOGŬ NELLE FONTI ANTICHE

Stribogŭ è citato soltanto in due fonti. È una delle sei divinità appartenenti al  «Canone di Volodimirŭ», i cui idoli, cioè, erano stati innalzati dal gran principe Volodimirŭ sulla collina di Boričevŭ in Kievŭ, come riportato nel Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ, o «Cronaca degli anni passati»:

И нача княжити Володимеръ въ Киевѣ единъ, и постави кумиры на холму внѣ двора теремнаго: Перуна древяна, а главу его сребрену, а усъ златъ, и Хърса, Дажьбога, и Стрибога и Симарьгла, и Мокошь. I nača knjažiti Volodimerŭ vŭ Kievě edinŭ, i postavi kumiry na cholmu vně dvora teremnago: Peruna drevjana, a glavu ego srebrenu, a usŭ zlatŭ, i Chŭrsa, Dažĭboga, i Striboga i Simarĭgla, i Mokošĭ. E cominciò a regnare Volodimirŭ in Kievŭ, da solo, ed eresse simulacri sulla collina che si trovava dietro il terem: di Perunŭ in legno, con la testa d'argento e i baffi d'oro, e di Chŭrsŭ, di Dažĭbogŭ, e di Stribogŭ, e di Simarĭglŭ, e di Mokošĭ.
Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ [6488/980]

Poi è citato in un verso dello Slovo o pŭlku Igorevě, o «Cantare delle gesta di Igorĭ», dove si aggiunge un'informazione relativa ai venti:

Се вѣтри, Стрибожи внуци, вѣютъ съ моря стрелами на храбрыя полки Игоревы! Se větri, Striboži vnuci, vějutŭ sŭ morja strelami na chrabryja polki Igorevy! Ecco i venti, nipoti di Stribogŭ, soffiano le frecce dal mare contro la schiera valorosa di Igorĭ.
Slovo o pŭlku Igorevě [31]

Vittore Pisani, che traduce «ecco i venti, o nipoti di Stribogŭ, che soffiano le frecce dal mare...», nega quest'associazione di Stribogŭ ai venti e ritiene l'espressione virtualmente identica al «nipoti di Dažĭbogŭ» come metafora per indicare il popolo russo, suggerendo un'identificazione tra Stribogŭ e Dažĭbogŭ. Lo studioso aggiunge tuttavia che tale identificazione potrebbe essere stata fatta secondariamente, forse dal poeta stesso dello Slovo o pŭlku Igorevě (Pisani 1949). L'interpretazione di Pisani non è accettata dalla maggior parte degli esegeti del poema. Se teniamo poi presente che il Se pověsti vremjanĭnichŭ lětŭ cita separatamente le due divinità nel «Canone di Volodimirŭ», difficilmente si può accettare la reciproca identificazione di Stribogŭ e Dažĭbogŭ.

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I nipoti di Stribogŭ
Illustrazione di Viktor Križanovskij

II - ANALISI ETIMOLOGICA

Molte ipotesi sono state avanzate per spiegare il nome di Stribogŭ, a, ma nessuna ha convinto del tutto gli studiosi.

Si è proposta una radice stri- (< *strigo) connessa al greco rhîgos e latino frigus «freddo» (Pisani 1949), che troverebbe una connessione nel lituano styrus «rigido» (Jagić 1920 | Vasmer 1950-1958 | Bazzarelli 1991). Su questa linea è stata anche proposta un'analogia con il norreno strykr «vento».

Sicuramente infondata l'etimologia proposta da Brückner, che farebbe derivare il nome del dio da una radice strib «saltare, danzare», da cui la difficilmente motivabile interpretazione di Stribogŭ quale dio della primavera (Brückner 1918).

Interessante l'etimologia avanzata da Enrico Campanile, che proporrebbe una derivazione di Stribogŭ da un iranico *Srībaγa «dio alto» (Campanile 1994).

Si è pure ipotizzato una derivazione dallo slavo stĭrti «spargere, dispensare», per la quale Stribogŭ diverebbe un dio dispensatore di ricchezza, esattamente come Dažĭbogŭ (Vyncke 1970 | Boyer 1981). Il suffisso bogŭ «dio», che Stribogŭ ha in comune con Dažĭbogŭ, aveva infatti, all'origine, il significato di «ricchezza» (cfr. avestico baγa).

È stata anche avanzata – lo aggiungiamo per curiosità – una discutibile derivazione da staryj bogŭ «vecchio dio», giustificata dal fatto che le antiche forme cirilliche spesso abbreviavano le parole non scrivendo le vocali.

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III - STRIBOGŬ: POSSIBILE ESITO SLAVO DEL DIO-CIELO INDOEUROPEO

Stribogŭ
Illustrazione di Viktor Križanovskij

Se il nome Stribogŭ deriva, secondo l'etimologia fornita da Enrico Campanile, dall'iranico Srībaγa «dio alto» (Campanile 1994), potrebbe darsi che questo dio possa essere considerato un esito russo dell'antico dio-cielo indoeuropeo. La nostra è soltanto un'ipotesi di lavoro che poggia su una dubbia etimologia, vale comunque la pena di spenderci sopra due parole.

Gli esiti del dio-cielo del mondo indoeuropeo non mostrano molti dettagli che permettano di costruire una figura ben delineata. Si tratta di una divinità alta, lontana dagli affari umani, una sorta di deus otiosus caratterizzato da una sovranità distaccata, celeste, che non ha nulla a che vedere con la regalità legata alla seconda funzione del dio-tuono.

Ciò che ci permette di mettere in correlazione gli esiti del dio-cielo indoeuropeo è l'etimologia del loro nome, che deriva in molti casi da un antico *DʲĒW- «cielo» indoeuropeo, spesso accompagnato dalla specificazione *PHTER «padre». Abbiamo così Dyauṣ Pitār in India, Zeús Patḗr in Grecia, Iūppiter a Roma. Ma tali esiti sono parecchio diversi gli uni dagli altri: Dyauṣ Pitār è quasi scomparso dalla mitologia, Zeús ha assorbito i tratti temporaleschi delle divinità semitiche, Iūppiter ha mantenuto un carattere celeste, pur assorbendo la mitologia del suo omologo greco. Dalla medesima radice, tramite la formazione aggettivale *DEJW- «celeste», è invece derivato il termine per «dio» in molte lingue indoeuropee (cfr. sanscrito deva, iranico daēva, latino deus, norreno pl. tívar). Questo termine si è ipostasizzato, a volte, nel nome di specifiche divinità: il Tīwaz/Týr germanico, o il baltico Diēvs. Ma in questi ultimi casi, trattandosi di individuazioni particolari di un sostantivo generale, non si tratta necessariamente di figure omologhe al mitema del dio-cielo.

La nostra ipotesi di un'omologia Stribogŭ con gli dèi-cielo del gruppo *DʲĒW-, è piuttosto fragile, anche in mancanza della corradicalità del nome. Non vi sono d'altra parte elementi per sostenerla, a parte la ipotetica etimologia di campanile e l'idea, anch'essa piuttosto vaga, dei venti che soffiano sotto la volta del cielo. C'è anche da spiegare perché il dio non abbia conservato la radice *DʲĒW-  visto la tenacia che essa ha dimostrato nei vari esiti indoeuropei del dio cielo. Il problema può forse essere risolto col fatto che in Russia la stessa radice indoeuropea *DEJW- «dio» sua stata soppiantata dal termine bogŭ, di origine iranica. Inoltre, alcune caratteristiche dell'antico *DʲĒW-, quale la sua sovranità celeste, potrebbero essersi diluite in Stribogŭ per esaltare la regalità guerriera del dio-tuono Perunŭ.

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Bibliografia
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  • BOYER Régis, Slavi e Germani: Due mitologie a confronto. In BONNEFOY Yves [cura], Dictionnaire des Mythologies. Parigi 1981. → I., Dizionario delle mitologie e delle religioni, 3. Milano 1989.
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  • MIRCEA Eliade, Il paganesimo slavo. In MIRCEA Eliade, Histoire des croyances et des idées religieuses. → I., Storia delle credenze e delle idee religiose. Firenze 1990.
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BIBLIOGRAFIA
Intersezione: Aree - Holger Danske
Sezione: Miti - Asteríōn
Area: Slava - Koščej Vessmertij
Ricerche e testi di Dario Giansanti.
Creazione pagina:26.10.2004
Ultima modifica: 25.08.2014
 
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