MITI

SLAVI
Russi

MITI SLAVI
TROJANŬ
IL SIGNORE DELLA SETTIMA ETÀ
Un imperatore romano divinizzato o il signore di una remota antichità?

 

1 - SUL SENTIERO DI TROJANŬ

Ombre degli antenati dimenticati (2002)
Illustrazione di Boris Michajlovič Ol'šanskij (1956-)
MUSEO: [Ol'šanskij]►

n nome riecheggia a noi dalla più profonda antichità, senza che di lui si sappia dire molto. Si tratta di un dio – o forse di un eroe – chiamato Trojanŭ. Gli antichi poeti lo citavano spesso in ardite metafore, a indicare i tempi più remoti della Rusĭ. Così ecco che si parlava di un «sentiero di Trojanŭ», dei «tempi di Trojanŭ» o della «terra di Trojanŭ».

Alcuni dicono che questi non fosse altro che l'imperatore romano Traiano, il dominatore della Dacia. Eppure, sembra venisse adorato come un dio. E quando la Vergine Maria scese all'Inferno, raccontano, trovò le anime dannate di coloro che lo adorarono.

Fonti

1 Slovo o pŭlku Igorevě [10 | 36 | 48 | 84]
Choždenie bogorodicy po mukam

I - PRESENZA DI TROJANŬ NELLE FONTI ANTICHE

L'enigmatico nome di Trojanŭ compare per ben quattro volte nello Slovo o pŭlku Igorevě, il «Cantare delle gesta di Igorĭ»:

...Рища въ тропу Трояню чресъ поля на горы. Пѣти было пѣснь Игореви, того внуку... ...Riščа vŭ tropu Trojanju črеsŭ polja nа gory. Pěti bylo pěsnĭ Igorеvi, togo vnuku… ...Percorrendo il sentiero di Trojanŭ, attraverso i campi e verso le montagne, così, intoneresti questo canto per suo nipote Igorĭ...
Slovo o pŭlku Igorevě [10]
Были вѣчи Трояни, минула лѣта Ярославля, были плъци Олговы, Ольга Святьславличя. Byli věči Trojani, minulа lětа Jaroslаvlja, byli plŭci Olgovy, Olĭgа Svjatĭslаvličja. Sono lontani i tempi di Trojanŭ, lontani gli anni di Jaroslavŭ: ci furono le imprese di Olegŭ, di Olegŭ figlio di Svjatoslavŭ.
Slovo o pŭlku Igorevě [36]
Въстала обида въ силахъ Дажь-Божа внука, вступила дѣвою на землю Трояню

Vŭstаlа obidа vŭ silаchŭ Dаžĭ-Božа vnukа, vstupilа děvoju nа zеmlju Trojanju.

Perché la sconfitta si è levata sulle le schiere del nipote di Dažĭbogŭ; come una fanciulla è sorta sulla terra di Trojanŭ...
Slovo o pŭlku Igorevě [48]
На седьмомъ вѣцѣ Трояни връже Всеславъ жребій о дѣвицю себѣ любу... Nа sеdĭmomŭ věcě Trojani vrŭžе Vsеslаvŭ žrеbǐj o děvicju sеbě ljubu... Nella settima età di Trojanŭ, gettò Vseslavŭ le sorti per la fanciulla che tanto desiderava...
Slovo o pŭlku Igorevě [84]

Lo troviamo citato poi nella Choždenie bogorodicy po mukam, la «Discesa della Vergine all'Inferno», un apocrifo russo del XII secolo, in cui la Vergine Maria, testimone dei tormenti infernali, intercede presso Dio per ottenere un periodo annuale di sospensione delle pene per i dannati. Qui, Trojanŭ è citato tra i falsi dèi, causa della perdizione dei pagani, insieme a Chorsŭ, Velesŭ e Perunŭ,

Schedario: [Trojanŭ]►

II - TROJANŬ: LE INTERPRETAZIONI

Tempo di Trojanŭ
Illustrazione di Boris Michajlovič Ol'šanskij (1956-)
MUSEO: [Ol'šanskij]►

Enigmatica figura del pantheon antico-russo, su Trojanŭ è stato scritto moltissimo e sono state avanzate le più diverse interpretazioni, senza peraltro arrivare a una conclusione.

Nel Slovo o pŭlku Igorevě il nome del dio compare, lo abbiamo visto, ben quattro volte, spesso in contesti che rimandano a un tempo avvertito come un passato ormai remoto, e sempre con un senso di nostalgia più o meno pronunciato: «sentiero di Trojanŭ» [tropu Trojanju], «tempi di Trojanŭ» [věči Trojani], «terra di Trojanŭ» [zemlju Trojanju], «settima età di Trojanŭ» [sеdĭmomŭ věcě Trojani].

Se la «Terra di Trojanŭ» è probabilmente la Rusĭ, è evidente che i «Tempi di Trojanŭ» (Slovo o pŭlku Igorevě [36]) sono i bei tempi passati, quando lo stato era prospero e vi era unità tra i prìncipi russi, e non contese e rivalità interne. In quanto alla «settima età di Trojanŭ» (Slovo o pŭlku Igorevě [84]), in cui il principe-stregone Vseslavŭ Brjačislavovičŭ di Polockŭ avrebbe compiuto le sue discutibili imprese, inutile dire che questa espressione ha dato molto da pensare agli interpreti. Si tratta probabilmente di numeri simbolici. Eridano Bazzarelli pensa che l'espressione indichi gli ultimi tempi del paganesimo e traduce il passo «nell'ultimo tempo di Trojanŭ» (Bazzarelli 1991).

L'interpretazione più semplice potrebbe essere quella di considerare Trojanŭ come il simbolo, o l'eroe della storia più remota della Rusĭ. È quanto pensa Dmitrij Lichačëv che traduce zemlja Trojanju con «terra russa» (Lichačëv 1982 | Bazzarelli 1991).

Ma Trojanŭ è probabilmente un dio slavo (quantunque di possibile origine scitica), il cui nome potrebbe forse essere collegato con il numero tre [tri]. Si tratterebbe dunque di un dio con tre teste o facce. Il pantheon slavo è ricco di figure divine policefale. Trojanŭ, in particolare, forse corrisponderebbe al dio Triglavŭ adorato dagli Slavi dell'isola di Rügen (Bazzarelli 1991).

Che Trojanŭ sia un dio, però, sembra attestato nalla Choždenie bogorodicy po mukam, la «Discesa della Vergine all'Inferno», dove Trojanŭ compare insieme Perun, Chors e Veles, e tutti sono detti essere dèmoni malvagi che la gente malvagia avrebbe adorato come dèi. La semplice presenza del suo nome in una lista di nomi divini ci autorizza a sostenere che Trojanŭ sia stato in origine una vera e propria divinità, oppure un personaggio di grande importanza nell'antica mitologia slava in seguito addirittura divinizzato o comunque confuso con figure divine.

Un'altra teoria vuole la figura di Trojanŭ derivata da quella dell'imperatore romano Traiano, sotto il cui regno furono fondate città e spianate strade in Dacia e in Tracia e che è ancora ricordato in numerose leggende e canti popolari in Romania, Bulgaria e Serbia. L'evoluzione fonetica [a] > [o] dovrebbe essere già avvenuta nell'antichità, prima che gli Slavi cominciassero la loro espansione nei Balcani (Magdearu 2002). «Terra di Trojanŭ» sarebbe dunque in questo caso la Russia sudoccidentale e la Bessarabia, che conservano in molti toponimi il ricordo dell'imperatore romano. Tuttavia, anche se l'ipotesi di Trojanŭ come dio slavo è la più verosimile, non si può escludere l'ampliamento dell'immagine divina al ricordo di Traiano (Bazzarelli 1991 | Campanile 1994).

Si noti che Traiano fu anche un nome di persona nei Balcani. Un principe bulgaro (figlio dell'ultimo zar Ivan Vladislav che ha regnato nel 1015-1018) si chiamava Traian. Il nome Troian è ugualmente attestato dai macedo-romeni durante il XVI secolo.

Tra le altre teorie proposte, alcuni vedono in Trojanŭ una personificazione di tradizioni e canti epici che riflettono la guerra di Troia. Renato Poggioli, nella sua resa del canto igoriano, traduce ogni volta il nome Trojanŭ con l'aggettivo «troiano», giustificando la traduzione con una pretesa confusione tra i Polovesiani, che erano di origine turca, i Teucri dell'epica omerica (Poggioli 1954).

Lo scrittore kazako Olžas Sulejmenov ha proposto invece una lettura del Slovo o pŭlku Igorevě che elimina completamente il nome di Trojanŭ, in quanto questo non sarebbe altro che una contrazione del toponimo Tmutorokanĭ (Sulejmenov 1975). L'ipotesi, seppur interessante, è però giudicata troppo ardita (Bazzarelli 1991).

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III - UN IMPERATORE ROMANO NELLA MITOLOGIA DEL SUD-EST EUROPEO?

Sulla presenza di Traiano nel folklore del sud-est europeo ha dedicato un fitto studio il romeno Alexandru Madgearu. Quanto segue riassume i dati da lui forniti, le sue analisi e le sue conclusioni (Magdearu 2002).

Marco Ulpio Nerva Traiano
Statua dell'imperatore nel Foro Traiano, Roma

La mitologia medievale ha fatto dell'imperatore romano Marco Ulpio Nerva Traiano (♔ 98-117) un eroe leggendario, in Occidente come in Oriente. Tale evoluzione, cominciata dalla stessa propaganda imperiale romana, che assimilò l'imperatore a eroi storici e mitici quali Ercole o Alessandro il Grande, trasformò Traiano in una sorta di eroe civilizzatore. La funzione principale del monarca ellenistico e romano era quella di ktístēs o conditor, di costruttore. Da qui questo modello ideale dell'imperatore quale eroe conquistatore [philostratiṓtēs] e fondatore [philópolis], su cui si basa la mitologia dell'attività costruttiva di Traiano, diffusa nel sud-est europeo.

Il ciclo di leggende che si sviluppò, riguardo a Traiano, nell'Occidente latino rivelò inizialmente lo spirito di giustizia dell'imperatore (una fu inserita anche nel Purgatorio di Dante). Durante i secoli VIII e IX fu diffusa la leggenda secondo la quale Papa Gregorio Magno avrebbe pregato Dio per la redenzione dell'anima di Traiano, unico pagano che abbia ricevuto un tal favore (Watley 1984). La letteratura bizantina ha consegnato altre leggende che parlano della giustizia di Traiano.

Nelle tradizioni del sud-est europeo l'immagine di Traiano si caratterizzò sul fatto reale che l'imperatore fu anche un grande costruttore. Diverse città e fortificazioni, molte vie e alcuni ponti, dalla Romania alla Penisola Balcanica, furono erette durante il regno di Traiano, e molte portano ancora oggi il suo nome.

Le città di Tropaeum Traiani e Augusta Traiana furono erette durante il suo regno. Lo stesso dicasi del famoso ponte di Drobeta sul Danubio. Un passo e una città, lungo la via tra Oescus e Philippopolis, nell'attuale Bulgaria, si chiamano ancora oggi chiamano Trojan. L'importante via romana, usata anche nel Medio Evo, che collegava Singidunum [Belgrado] e Costantinopoli è nominata Trojanov put dai bulgari e Trajan jol dai turchi. Questa via passava per una gola presso Ihtiman, dove esisteva la fortificazione romana chiamata Trojanova Vratsa «porta di Traiano», nome che ha continuato ad essere usato anche dopo la distruzione della fortificazione stessa. Sulla stessa via, accanto a Tatar-Pazarcik, il ponte che attraversa il fiume Topolnica è chiamato Trojanov most «ponte di Traiano». Le rovine di Hissar, a nord di Plovdiv, portano il nome di Trojanov-grad. Altre rovine e vie chiamate col nome di Trojan sono attestate a Lomeč, Raz­grad e vicino Sofia. Due città chiamate Trojanovgrad e Trojanskigrad sono attestate in Serbia. A Mostar, in Bosnia, un ponte è considerato opera di Traiano. Anche in Croazia, le rovine della città romana di Burnum [Ivoševci] sono chiamate Trojanski-grad. Secondo Procopio di Caesarea, una fortificazione dei Monti Rodopi era chiamata nel VI secolo toû hagíou Traianoû (Degli Edifici [IV: 11]), anche se non è sicuro se il nome si riferisca all'imperatore o a un santo che sarebbe vissuto in Macedonia nel quarto secolo (Graf 1883).

Alla fine la tradizione popolare finiva per attribuire a Traiano quasi ogni antica costruzione monumentale, tanto che a lui vennero attribuite quasi tutte le vestigia romane diffuse lungo la valle del Danubio.

La cosa curiosa è che, mentre nella tradizione occidentale e bizantina Traiano è un imperatore dalla virtù esemplare, nelle leggende slave e balcaniche compare come un personaggio affatto diverso, dai tratti titanici e demoniaci. Già nell'Ottocento, lo scrittore e storico romeno Bogdan Petriceicu Hasdeu, osservava come gli Slavi avessero trasformato l'Optimus Princeps in un personaggio malvagio (Hasdeu 1973); e Louis Léger puntualizza che nella tradizione popolare le rovine attribuite a Traiano erano popolate da dèmoni e lemuri (Léger 1897).

Secondo certe tradizioni bulgare, serbe e macedoni, Traiano aveva orecchie di becco o di asino, come il re Mídas della leggenda greca. Ne ebbe sentore anche lo scrittore bizantino Iōánnēs Tzétzēs (XII secolo), che scrisse: «si dice che Traiano avesse avuto un orecchio di caprone, un fatto che io non ho trovato nei libri» (Ho bíblos historíôn). Nel 1433 il viaggiatore Bertrandon de la Broquière riferisce una leggenda secondo la quale la città di Traianopolis fu fondata da un imperatore «che aveva, come dicono i greci, un orecchio di ariete» (Léger 1897). È possibile che questa tradizione sia sorta per accostamento paraetimologico tra il nome Traiano e la parola greca trágos «caprone».

Secondo una leggenda bosniaca, nella cittadella di Troja­novgrad, vicino al fiume di Sava, regnava nei tempi passati uno zar Trojan, descritto come un tricefalo (in serbo troje significa «tre») che ogni notte andava dalla sua amante a Sirmium [Mitrovica]. Non sopportando la luce del sole, egli fu annientato quando ritornò troppo tardi a casa (Léger 1897). La narrazione assomiglia a certe leggende romene sul cosiddetto Domnul de Rouă, il «principe della rugiada» (Magdearu 2002).

Bulgari e Serbi ereditarono probabilmente le tradizioni su Traiano dai Daci romanizzati della regione nord-danubiana. La documentazione romena è vastissima. Le leggende e le fiabe popolari romene tramandano una ricca tradizione riguardo la figura di Traiano, di cui lo studio di Madgearu è costretto necessariamente a scegliere solo alcuni degli aspetti più interessanti.

Nelle leggende romene, l'imperatore Traiano, che qui assume il nome di Trăian o Troian, compare come un personaggio puramente mitico, una sorta di grande condottiero ed eroe dei tempi passati, vincitore di draghi e giganti; si diceva cavalcasse un destriero con gli zoccoli grandi come la testa e ferri di cavallo d'argento, capace di varcare il Danubio con un balzo, tant'è vero che si usava indicare il segno degli zoccoli sulle rive del fiume. In un primo ciclo di leggende, raccolte nelle regioni di Brăila, Galați, Neamț ed Argeș, a Trăian viene attribuita la distruzione di una razza di giganti che, agli albori del tempo, infestavano il mondo. Tali giganti erano descritti come esseri la cui statura non era meno poderosa della loro malvagità, legati agli elementi naturali e all'antico mondo pagano. Sconfiggendo il popolo titanico, Trăian inaugurò l'età degli uomini. (Magdearu 2002)

Alcune varianti ricordano come Trăian vinse non i giganti, ma i tartari, i cinocefali o altre popolazioni pagane. Per citare alcune tradizioni orali raccolte nel territorio romeno: «Gli anziani sanno che qui abitavano i cinocefali, i tartari e i giganti e che l'imperatore Trăian li ha vinti e li ha cacciati via» (regione di Neamț); «Trăian ha cacciato via gli uomini cattivi da tutto il paese ed anche i tartari» (regione di Vâlcea). Molto interessante è una testimonianza secondo la quale Trăian lottò contro i tartari: «I soldati di Trăian avevano cavalli con ferri messi al contrario per ingannare i nemici sulla loro direzione» (regione di Prahova). Questo motivo dei ferri messi al contrario è tipico delle leggende su Negru Vodă, il semi-mitico nazionale di Valacchia, che trattano anche esse delle lotte contro i tartari. È evidente che le tradizioni di Trăian e Negru Vodă derivano da qualche archetipo comune. D'altra parte la mitologia popolare li dipinge entrambi come eroi fondatori del territorio. (Magdearu 2002).

Iovan Iorgovan
Scultura su legno di Romul Ladea (1901-1970)
Muzeul Național de Artă, Cluj-napoca (Romania)

Altre leggende romene palesano aspetti particolari dell'immagine di Traiano. Per esempio, quella raccolta da Constantin Rădulescu-Codin all'inizio del XX secolo nella regione di Mehedinți: Trăian lottò con un drago che lasciò nella terra una grande traccia, chiamata Brazda lui Trăian. L'eroe riuscì a mozzare la testa del drago, ma dalla testa uscirono fuori certe mosche, chiamate in romeno mustele columbace, che presero a infestare le mandrie di bestiame facendo morire le bestie (Rădulescu-Codin 1910). Questa leggenda può essere fatta derivare dal ciclo degli eroi romeni Novac e Iovan Iorgovan, i quali pure combatterono contro un drago. Novac e Iovan Iorgovan erano eroi civilizzatori. A loro venne anche attribuita la vittoria sui giganti o sui tartari. Inoltre, secondo le tradizioni, l'invenzione dell'agricoltura è prima di tutto l'opera di Novac il quale, scavando fossati, insegnò agli uomini come arare e dissodare i campi (Fochi 1982). Tuttavia, benché Trăian fosse considerato l'autore di vari fossati in tutta la Romania, sembra non abbia ricevuto caratteristiche di primo agricoltore se non nelle rielaborazioni letterarie ottocentesche dei canti popolari.

In un altro ciclo di leggende romene, Trăian fu colpevole d'incesto. Secondo una leggenda attestata nelle regioni di Gorj, Mehedinți e Vâlcea, Trăian sposò sua figlia: questo gli permise di costruire un ponte attraverso il Danubio. Ma dopo la costruzione, la fanciulla si gettò nel fiume. D'altronde, esistono anche tradizioni romene dove Trăian è un personaggio demoniaco. Nelle regioni vicine al Danubio si può ammettere un'influenza bulgara, nelle regioni vicine al Danubio, come in una leggenda raccolta nella regione di Teleorman, dove Trăian è descritto come una sorta di tiranno malvagio, i cui talloni emettevano fumo. Egli fece lastricare di mattoni una lunga strada e le donne incinte trasportavano anche loro tre mattoni per il bimbo che portavano in grembo. Questa via è quella che si chiama ancora oggi Drumul lui Trăian (è il Limes Transalutanus romano). (Magdearu 2002)

Schedario: [Trojanŭ]►

IV - POSSIBILE CONCLUSIONE

Da questi dati sembra possibile che, nello sviluppo del folklore romeno, la figura dell'imperatore Traiano dovette sovrapporsi a quella di qualche eroe locale, il quale probabilmente affondava le sue radici nell'antica tradizione dacia. Pochissimo sappiamo della mitologia dei Daci, se non che anch'essa traeva la sua origine dal comune fondo indoeuropeo. È assai poco per decifrare i pochi nomi che sono stati tramandati e per comprendere la natura degli antichi eroi che intravediamo in controluce attraverso i canti popolari romeni.

È un po' anche questo il caso di Trăian. Com'è noto, certi personaggi storici che colpiscono l'immaginazione popolare tendono, col tempo, ad attrarre su di sé motivi mitici preesistenti, fino a divenire il nucleo di importanti cicli epici. Possiamo ricordare i racconti medievali su Alessandro il Grande, nei quali confluirono addirittura miti e tradizioni le cui prime formulazioni ci arrivano addirittura dal Gilgameš; oppure la figura storica alla base del mito Arthur, qualche oscuro condottiero britanno-romano che ottenne qualche vittoria contro gli invasori sassoni, ma che, nella rielaborazione epica, finì per attrarre su di sé una serie enorme di elementi originariamente indipendenti (la spada nella roccia, Myrddin/Merlino, la tavola rotonda, il Sangrail, etc.) fino a divenire il fulcro di un immenso ciclo leggendario.

Difficile capire quale fosse l'antico personaggio mitico che fu messo in ombra dall'imperatore Traiano. Forse una sorta di Hēraklês o Θraētaōna dacio, che sgombrò la terra da giganti e mostri, inaugurando una nuova età del mondo. Questo potrebbe forse spiegare certe espressioni presenti nel Slovo o pŭlku Igorevě, quali «Sentiero di Trojanŭ», «Tempi di Trojanŭ», «Terra di Trojanŭ», «Settima età di Trojanŭ». Un rimando a un tempo primordiale in cui si stava appunto elaborando il passaggio da un'età dominata dai titani al mondo presente, il tempo degli esseri umani.

Ma è davvero così? Impossibile dirlo. Rimane il fascino di una bella ipotesi.

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BIBLIOGRAFIA
Intersezione: Aree - Holger Danske
Sezione: Miti - Asteríōn
Area: Slava - Koščej Vessmertij
Ricerche e testi di Dario Giansanti.
Creazione pagina:26.10.2004
Ultima modifica: 25.08.2014
 
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