1 -
GLI SPIRITI DELLA YURT
na vasta serie di divinità abita
presso gli uomini e veglia sulla yurt. A questa classe appartengono molti
spiriti guardiani.
La dea Ämägän Çalu Şanyop è una dei principali spiriti guardiani della
yurt, nonostante
la sua natura tenebrosa. Veste di seta, e porta un iridescente çägädäk
(parte superiore del vestito delle donne sposate). Invia
agli esseri umani fratture alle gambe, mal di stomaco, lombaggine. In suo onore
viene compiuta un'aspersione di acquavite e tè.
A presiedere la soglia della yurt pensa Äžik Qan. Costui è descritto come un essere gigantesco: per la sua pelliccia non sono sufficienti
nove pelli d'orso. La sua bocca è più grande di una caldaia, la sua groppa si
estende come l'ampia steppa, il suo petto non trova posto sulla terra. Analogo,
o forse identificabile con lui, è Äžik Tängärä «soglia del cielo» (o
Äžik
Saqçïzï «guardiano della soglia»), il quale assolve pure il ruolo di protettore
dello sciamano.
Ürgän Äži (Çartï Salïg) presiede ai pioli e ai pali della
yurt. Nipote di Bay Ülgän, questo semidio balbuziente fu cacciato sulla terra e condannato a vivere
tra gli uomini e a disporsi ai quattro angoli delle loro yurt. L'irriverenza
nei suoi confronti è punita con una malattia alla schiena.
Öï Öyase «signore della casa», venerato dai Tatari del Volga,
ha forma umana,
con lunghi capelli, che sta presso la stufa o sotto la soglia, generalmente
benevolo, ma è anche capace di irritarsi e di procurare malattie, se si trascura
di procurargli l'acqua e le offerte di cibo.
Lo stesso spirito-signore dell'Altai, Altay Qan (Altay
Ǟzi Äkälär), si
dispone all'ingresso della yurt e protegge la famiglia dagli spiriti
maligni, mettendoli in guardia durante il sonno e tramite il nitrito dei
cavalli.
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Nella yurt (✍ ?) |
Azat Şamil'eviç Minnekaev (1958-). Acrilico su tela. |
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Yayq Qan |
Nuray, illustrazione |
2 - GLI SPIRITI DELLA FAMIGLIA
Yayq
Qan (o Ḑayq Qan), è l'intermediario tra gli
uomini e il supremo Bay Ülgän, del quale è figlio.
È pure lo spirito della piena dei corsi d'acqua. Yayq Qan,
che come molti altri spiriti del pántheon altai è allo stesso tempo
maschio e femmina, abita nel nono taptï del cielo, ma suo luogo di dimora
è anche la yurt, dove risiede incarnato in una pelle di lepre (a lui
infatti vengono fatte immagini con una piccola bianca di lepre, un pezzo di
stoffa e un filo d'oro). Yayq è destinatario di un
culto pastorale annuale, tenuto in occasione della prima mungitura delle
giumente, quando si sacrifica in suo onore un montone bianco e viene offerto
latte di giumenta fulva mescolato con farina.
Yayq protegge gli uomini dagli spiriti maligni,
e stando alle invocazioni, sembra che sostenga contro di essi delle lotte
furibonde, cercando di difendere le anime degli uomini e dei bambini. Orlato di
nuvole rosse, usa un arcobaleno come cavalcatura, e per frusta i lampi.
Yayq «dalle quattro trecce», «difensore degli
ombelichi» e «sostenitore della yurt in ordine», cavalca un grigio cavallo e difende dagli spiriti maligni e
dalle malattie le anime dei fanciulli e degli adulti, cingendole con un filo
d'oro.
Paysïn Qan
protegge la yurt e la famiglia.
Yābïr Qan stabilisce l'abbondanza
e la pace nella famiglia, onde per cui così lo invocava lo sciamano:
Tu, dài ascolto a questa mia supplica,
esaudisci questa mia preghiera!
Concedi la pace per lunghi giorni!
Concedi il sonno nelle lunghe notti!
Concedi abbondanza di criniere,
concedi quiete notturna della lunghezza di un braccio,
concedi la pace alle mille yurt,
il sonno ai mille focolari… |
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3 - GLI SPIRITI GUARDIANI DEL FUOCO
u il supremo Bay Ülgän a
creare il fuoco. Egli batté due pietre, una bianca e una nera, e provocò la
prima scintilla che cadde sulla terra e accese l'erba secca.Venerato da
tutti gli Altai con particolare riverenza, Yalqïn Ǟzi (Ot
Ǟzi) è il puro e venerabile spirito-guardiano delle fiamme. Egli abita la nona regione celeste,
protegge la famiglia e il bestiame, ma può uccidere, se adirato, col fulmine. In
suo onore, il qam brucia erica sul fuoco, invocandolo:
Yalqïn Ǟzi dalla freccia di fuoco,
spirito-signore del fuoco della freccia di rame,
tu parli per mezzo del fuoco,
unito con l'ombelico ai nove cieli. |
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Ot Änä |
Nuray, illustrazione |
Ot Änä è la «madre-fuoco», venerata particolarmente
dai Teleuti.
Ella abita in cielo, presso Yalqïn Ǟzi, il puro venerabile
spirito-guardiano della fiamma, ma ha anche dimora nelle yurt degli uomini, e
presiede a ogni focolare. Ha corna di montone sulla testa e usa come frusta le
bianche fiamme. I suoi appellativi consueti vogliono che sia dotata di trenta o quaranta
teste (le lingue di fuoco), ma anche di trenta vene o quaranta denti.
Ot Änä è detta talvolta figlia minore di
Bay Ülgän. Prima di bere il primo sorso
di una qualsiasi bevanda viene compiuta un'aspersione in onore di
Ot Änä, di Yayq
Qan e degli altri spiriti che abitano la yurt. A lei viene
regolarmente offerto burro. Un'invocazione sciamanica:
Ot Änä, madre-fuoco dalle trenta teste,
Vergine madre dalle quaranta teste,
che cuoci ciò che è crudo,
che fondi il ghiaccio,
che ti rallegri con la verde fiamma cangiante,
che indossi un abito di seta verde,
che ti rallegri con la fiamma rossa…
Signora delle tre pietre del focolare,
qan dalle corna di salice intrecciato.
Che possiedi un focolare di pietra,
che stendi sotto di te la cenere come un cuscino,
che fai risuonare il bordo del fuoco,
madre-fuoco dalle trenta teste,
che hai orecchie di canna piegata.
Vergine madre dalle quaranta teste,
che hai orecchie in salice tagliato di sbieco…
Distendi la fiamma bianca!
Cingi con sei giri!
Distendi la fiamma blu!
Avvolgi come padre!
Circonda come madre! |
Gli spiriti del fuoco erano tuttavia numerosi, presso i Tatari e i Teleuti, e
in generale presso i siberiani. Oymoq Arü, «puro focolare», era uno di essi.
Qïz Änä,
«vergine madre», era invece raffigurata come una bianca e luminosa fanciulla.
Oqtu Qan era lo spirito-guardiano del focolare.
Üç Oçoqtïng Ürüm Qan, «Signore Ürüm dei tre
focolari», risiedeva nei tumuli delle pietre focaie. |
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Gli spiriti dei cavalli |
Aleksej Leont'evic Ulturgaşev (1955-). Olio su tela. |
4 - GLI SPIRITI DEI CAVALLI
l « signore della scuderia» dei Tatari,
Abzar Öyase, è una divinità domestica che
capricciosamente protegge alcuni cavalli, curandoli personalmente e intrecciando
loro le criniere, mentre ne perseguita altri con incubi notturni.
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Fonti
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I - DENTRO L'AYÏL
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Yurt altai |
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Interno della yurt |
(Radlov 1893) |
L'ayïl è la tradizionale, rudimentale
capanna degli Altai, un vero e proprio universo in miniatura. Conica, è
sorretta un palo centrale, così come l'albero cosmico
Altï Bürlü Bay Täräk sorregge la volta celeste e il
firmamento. L'intelaiatura è costituita da assi di legno che si riuniscono alla
sommità del tetto. Questo può essere a punta, oppure a forma di cupola, con un anello centrale
da dove esce il fumo. Il foro corrisponde alla stella polare, ed è il
passaggio da dove lo sciamano compie la sua ascesa celeste. Le pareti sono di
scorza di larice, oppure di pelli sovrapposte, così come il cielo è formato da
molti taptï. La sua base è circolare, come l'orizzonte. Quando l'ayïl
è fatto di legno, la sua forma ottagonale ricorda le quattro direzioni e i punti
intermedi.
Lo spazio interno, nella sua geometria e nelle sue relazioni, viene ad essere
un microcosmo ordinato e ben disposto. La porta è generalmente voltata verso
sud, nella direzione del sole, e il focolare si trova al centro dell'ayïl.
Il lato orientale è femminile, quello occidentale maschile. Il padrone e la
padrona di casa vi accoglieranno dal lato opposto del focolare, con la donna
seduta alla sinistra dell'uomo. I membri della famiglia sono ai loro lati, e gli
ospiti si siedono di fronte a loro, le spalle alla porta. Sul lato nord vi sono
i letti, a nord-ovest lo spazio dedicato alle immagini degli dèi. A ovest
vengono deposti gli oggetti posseduti dalla famiglia, a est gli arnesi di
cucina.
In questo spazio tutto è sacro, e vi è armonia tra gli uomini e gli
spiriti guardiani che lo controllano. Ogni atto che offende la sacralità dell'ayïl
minaccia l'equilibrio e la felicità della famiglia, e il fuoco che arde al
centro rappresenta la continuità e il succedersi delle generazioni, il legame
tra gli antenati e i discendenti. |
II - MITOLOGIA DEL FUOCO
PRESSO GLI ALTAICI
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Interno di una yurt altai |
(Radlov 1893) |
A. Posto della famiglia
B. Letto
C. Lato femminile
D. Posto delle armi e dei servitori
E. Lato maschile
Ep. Posto d'onore
F. Borse in pelle con effetti personali
Fg. Focolare
G. Altare delle divinità |
Gb. Posto degli ospiti (uomini)
Hf. Posto della padrona di casa
Hh. Posto del padrone di casa
JV. Vitelli
K. Bambini
KG. Utensili da cucina
T. Porta d'ingresso
V. Parenti, familiari
WB. Posto delle ospiti (donne) |
Uno dei complessi mitico-rituali più ricchi si
accentra intorno al fuoco e alle varie forme che esso assume nella vita dei
nomadi altaici. Miti di origine dei fuochi celesti, leggende eziologiche che
riguardano l'invenzione del fuoco, riti per il focolare domestico, simbolo
dell'unità del gruppo familiare, norme di evitazione sacrale connesse al fuoco
indicano, nell'abbondanza dei documenti, la caratteristica decisamente teofanica
che i popoli altaici attribuiscono al fuoco.I miti di origine fanno risalire
il fuoco a un'originaria sede celeste. Esso è stato portato sulla terra
dall'uccello-tuono, secondo gli Ǝvenk/Tungusi dello Enisej. Nella leggenda dei
Saxa/Jakuti è stato inviato sulla terra dal dio supremo,
Ürüŋ Ay Toyon, a mezzo del corvo di ferro,
personificazione del fulmine. I Burjati conoscono Galta
Ulan Tengri, lo spirito che porta il fuoco, sebbene il fenomeno sia
attribuito anche allo spirito-guardiano del tuono Sügä
Toyon. Per gli Altai, è Bay Ülgän a donare
il fuoco agli uomini, dopo aver battuto due pietre, una bianca e una nera, e
fatta cadere sulla terra una scintilla. Le spiegazioni mitologiche del fuoco
generato dal fulmine tendono a confondersi con i miti eziologici dell'invenzione
del fuoco inventato per frizione da un eroe culturale. In una leggenda burjata a
scoprire la tecnica della frizione è un riccio, il quale prima era stato un
essere umano; il riccio intende tenere per sé la propria scoperta, ma un falco
la carpisce e la comunica agli uomini e agli dèi. In un'altra leggenda altai, è
una rana a rivelare agli dèi che il fuoco possa essere creato battendo pietre
che si trovano nelle montagne su esche di betulla. Una tradizione dei Teleuti
vuole che sia stato un uccello korbolko a insegnare agli uomini il
sistema di accensione. Per i Saxa/Jakuti un'aquila produce involontariamente la
prima scintilla battendo due pietre tra loro. Per i Burjati, una rondine porta
agli uomini un fuoco sottratto al focolare degli dèi. I popoli altaici
conoscono diversi spiriti guardiani del fuoco, i quali si identificano, in certa
misura, con la fiamma stessa. Ben note sono le figurazioni presso gli Altai: i
Teleuti, ad esempio, adorano uno spirito igneo maschile, Ot
Ǟzi, lo «spirito-guardiano del fuoco» (pure conosciuto come
Yalqïn Ǟzi), sebbene sia ancora più popolare la sua
controparte femminile,
Ot Änä, la «madre-fuoco», pure conosciuta
«madre-fuoco dalle trenta teste» o «madre-vergine dalle quaranta teste» (dove la
policefalia rappresenta evidentemente le molteplici lingue di fiamma del fuoco).
Una madre-fuoco sembra attestata anche presso i Çăvaši, mentre i Saxa/Jakuti
conoscono un uot iççitä, lo «spirito-guardiano del fuoco», sebbene non
siamo in grado di dire il suo nome. Tra i Burjati, di lingua mongolica, è
attestato Gali Eǰen, con il medesimo significato.
Tra i Nanai/Goldi, di lingua tungusica, vi è parimenti una
Fadzya-mama o «madre-fuoco». Simili figurazioni sono presenti anche
presso i popoli uralici. Molti tabù sono legati al fuoco presso le genti
altaiche. Per i Mongoli, ad esempio, era peccato tritare la carne o toccarla con
un cucchiaio in prossimità del fuoco acceso. Era peccato ancora più grave
colpire il fuoco con il coltello, provocandone il ferimento. Giovanni da Pian
del Carpine riferisce anche che non si potevano gettare nel fuoco oggetti sudici
o maleodoranti, oppure spegnerlo con l'acqua. Presso i Saxa/Jakuti, gli Altai e
gli Ǝvenki/Tungusi il fuoco era considerato una creatura vivente. Non lo si
poteva rimuovere con utensili taglienti, né calpestarlo, né spegnerlo con
l'acqua. Si riteneva comprendesse la lingua degli uomini e quindi ci si asteneva
dal rimproverarlo o ingiuriarlo. In ambito uralico, i Samoiedi e alcuni popoli
finnici evitavano di gettare oggetti sudici nel fuoco. Tale uso era anche
diffuso presso gli antichi russi, dove il fuoco veniva venerato sotto
l'attizzatoio, con il nome di
Svarožičĭ, quasi fosse uno spirito, e gli si rivolgevano brevi
preghiere: «batjuška, zar Fuoco, brucia tutte le mie preoccupazioni e
miei dolori». |
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