MITI

ALTAICI
Altai

MITI ALTAICI
TÄŊÄRÄ
BAY ÜLGÄN E GLI SPIRITI DEL CIELO
Nella tradizione altai, gli strati celesti possono essere addirittura diciassette, e i Payana che dimorano in ciascuno di essi sono sempre più importanti man mano che si sale. In quest'ascesa celeste, ci baseremo su una kamlanie registrata nel 1931 dalla viva voce di uno sciamano teleuta.

1 - GLI STRATI DEL CIELO E GLI DÈI AD ESSI PREPOSTI

l mondo celeste, Täŋärä, è costituito da diciassette strati, o taptï. Gli dèi del cielo, definiti anch'essi col termine Täŋärä, risiedono nei primi sedici di questi strati (escludendo il diciassettesimo, dove risiede il supremo signore Täŋärä Qayra Qan), e la loro importanza cresce man mano che si ascende attraverso i livelli celesti. Per giungere da Bay Ülgän, il signore del cielo, che risiede nel sedicesimo taptï, lo sciamano deve faticosamente scalarli tutti quanti.

Gli dèi preposti ai sedici taptï sono definiti collettivamente col termine Payana. Ecco una lista dei cieli e degli dèi ad essi preposti:

taptï - Yacïl Qan
taptï - il lago di latte Süt-aq-Köl, Ülgän baqqan Bay Ülgän e la dea Poğoş
taptï - Yayuçï Täŋärä
taptï - Kün, il sole
taptï - Ay, la luna
taptï - Märgän Täŋärä
taptï - Pūra Qan
taptï - Abayoş Täŋärä e Qïsuğan Täŋärä
10° taptï - Tumat Täŋärä
11° taptï - Qara Kiş Täŋärä
12° taptï - Yada Täŋärä e Pïrqan Täŋärä
13° e 14° taptï - Totoy Täŋärä
15° e 16° taptï - Bay Ülgän
17° taptï - Täŋärä Qayra Qan

Gli spiriti del cielo ( ?)
Aleksej Leont'evic Ulturgaşev (1955-). Olio su tela.
2 - I PAYANA

ayana è un termine collettivo che indica gli dèi preposti ai diciassette taptï del cielo, nella loro accezione di spiriti creatori.

Stando a una delle molte liste citate dagli sciamani altai, essi sono: Ülgän baqqan Bay Ülgän, Yayuçï Täŋärä, Märgän Täŋärä, Pūra Qan, Abayoş Täŋärä, Qïsuğan Täŋärä, Tumat Täŋärä, Qara Kiş Täŋärä, Yada Täŋärä, Purqan Qan, Totoy Täŋärä, Bay Ülgän, Täŋärä Qayra Qan.

3 - YACIL QATUN

Yacïl Qatun
Nuray, illustrazione.

a dea che abita il secondo taptï è Yacïl Qan (o piuttosto Yacïl Qatun), figlia di Kögö Möŋkö, l'«azzurro eterno», cioè Täŋärä Qayra Qan. A lei vengono offerti secchi di latte di giumenta e vengono sacrificati un cavallo fulvo o grigio (o una giumenta) e un montone bianco dalla testa rossa. Viene rappresentata da alcuni nastri sospesi tra due betulle e da una lepre bianca.

Dea dai caratteri meteorologici, Yacïl Qatun viene invocata in questo modo dallo sciamano:

Creata insieme alla pioggia,
discesa insieme alla grandine,
nei giorni estivi tuo è il temporale,
tu dal colletto di rosse nubi.
Yacïl Qan con i nastrini,
tu che giochi sul bordo infuocato,
che corri sul grande cielo infuocato,
figlia di Kögö Möŋkö !
Tu che ti sei separata dall'azzurro cielo,
che sei stata creata dall'azzurro cielo chiaro,
concedi cavalli affinché noi possiamo cavalcarli!
Imprimi l'anima vitale al bestiame!
Concedi figli da stringere al cuore,
imprimi l'anima vitale ai fanciulli!…
4 - ÜLGÄN BAQQAN BAY ÜLGÄN

el terzo taptï abita il dio Ülgän baqqan Bay Ülgän («Bay Ülgän che obbedisce a Ülgän» cioè al supremo Bay Ülgän, il quale abita invece nel sedicesimo strato celeste).

Un titolo di Ülgän baqqan Bay Ülgän è Bay Ülüp: «che concede in sorte», il ché lo potrebbe forse qualificare come dio del destino subordinato al supremo Bay Ülgän.

Questo dio celeste è figlio, come Yacïl Qatun, di Täŋärä Qayra Qan, ed è definito, nelle preghiere sciamaniche, pūra (cioè «cavalcatura») dei Bay Ülgän. Veste abiti di pelliccia di scoiattolo rosso. Viene celebrato con l'offerta di tre secchi di latte fresco di giumenta, mentre il secondo giorno gli vengono sacrificati un cavallo grigio-chiaro e un montone bianco.

Nel terzo taptï abita anche la dea Poğoş.

5 - YAYUÇÏ TÄŊÄRÄ

el quarto taptï dimora Yayuçï Täŋärä, il «celeste creatore», anche chiamato Änäm Yayuçï, la «madre creatrice».

Madre mia Poğoş nel terzo taptï, qayra qan!
Madre mia Yayuçï Täŋärä nel quarto taptï!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo!

Yayuçï Täŋärä è il dio preposto al lago di latte Süt-aq-Köl, che si trova nel terzo taptï. Ha il compito di purificare il lago dalle impurità e soprattutto di attingere da esso, per ordine di Bay Ülgän, la vita dei nascituri. Perciò è anche detto Tapqay «scheggia», con riferimento alla pietra affilata con cui viene effettuato il taglio degli ombelichi dei neonati.

Yayuçï Täŋärä fissa la durata delle vite degli uomini appena nati, scrivendole in un libro che ha con sé. Quando la scrittura impallidisce, l'anima dell'uomo si separa dal corpo e sopravviene la morte.

Il popolo della luna ( 1915)
Dipinto di Nikolaj K. Roerich (1874-1947).

6 - KÜN E AY, IL SOLE E LA LUNA

li spiriti guardiani del sole (femminile) e della luna (maschile) si chiamano rispettivamente Kün e Ay.

Padre Ay nel sesto taptï del cielo!
Madre Kün nel quinto taptï del cielo!

Secondo le tradizioni siberiane, nella stessa zona del cielo vive un mostro a sette teste chiamato Yälbägän, che insegue e tenta di ingoiare il sole e la luna. In tal caso dà origine al fenomeno delle eclissi. È perciò determinante l'intervento degli uomini, che si riuniscono facendo baccano, tirando sassi e frecce verso il cielo, o sparando colpi di fucile, per spaventare Yälbägän e salvare il sole e la luna.

7 - MÄRGÄN TÄŊÄRÄ

Märgän Täŋärä
Nuray, illustrazione.

el settimo taptï risiede Märgän Täŋärä, dio onnisciente considerato, con Bay Ülgän e Qïsuğan Täŋärä, una emanazione del supremo Täŋärä Qayra Qan.

È invocato con immagini di possente bellezza:

Tu che cavalchi sotto il tuono,
che vieni danzando tra i lampi,
nube d'autunno incinta di tuono,
nube di primavera ricca di folgori,
i cui passi risuonano esplodendo…

E raggiungendo il suo cielo, così lo invoca lo sciamano:

Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
I lembi della tua veste sono le nubi a cumulo,
il tuo colletto è una nube verde,
tu che giungi al settimo taptï,
tu che giochi nel settimo taptï,
madre mia Märgän Täŋärä!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo!
8 - PŪRA QAN

ell'ottavo strato celeste risiede Pūra Qan, «signore destriero», anche detto Çağïr Qan. Figlio di Bay Ülgän, Pūra Qan è uno dei sette quday.
 
Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
Tu che giochi nell'ottavo taptï,
tu che giungi all'ottavo taptï,
il tuo volto è l'azzurro del cielo,
i tuoi occhi sono le stelle splendenti,
Çağïr Qan con occhi risplendenti,
Pūra Qan dall'aspetto di nube,
madre mia Pūra Täŋärä!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo!
9 - ABAYOŞ TÄŊÄRÄ

el nono strato celeste dimora Abayoş Täŋärä. Il nostro sciamano declama al suo cospetto:

Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
Tu che giungi al nono taptï,
tu che giochi nel nono taptï,
che hai per taptï un pino dai rami spessi,
un giovane cedro ti fa ombra,
il tuo vestito è un bianco mantello;
tu che cavalchi un pūra bianco-grigio,
padre dei sei cieli,
padre Abayoş Täŋärä dalle sei gobbe!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo!
10 - QÏSUĞAN TÄŊÄRÄ

Qïsuğan Täŋärä
Nuray, illustrazione

nche Qïsuğan Täŋärä (o Qïzïğan Täŋärä) dimora nel nono taptï celeste, insieme ad Abayoş Täŋärä.

Nell'invocarlo, il nostro sciamano sembra avvicinarlo all'arcobaleno [soloŋï].

Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
Tu che giungi al nono taptï,
tu che giochi nel nono taptï,
tu che cavalchi un verde pūra,
che hai una briglia di seta verde,
la tua gobba è una nube verde,
il tuo bastone è il verde arcobaleno;
tu che cavalchi un rosso pūra,
che hai una briglia di seta rossa,
la tua gobba è una nube rossa,
il tuo bastone è il rosso arcobaleno.
Padre mio Qïsuğan Täŋärä!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo!
11 - TUMAT TÄŊÄRÄ

el decimo taptï celeste dimora Tumat Täŋärä.

Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
Tu che giungi al decimo taptï,
tu che giochi nel decimo taptï,
con il colletto di verde nube,
con la gobba di rossa nube,
tu che fendi la chiara nube!
Ricca di risplendenti pūra grigi,
terra del padre mio, bianca Tumat!
Tu che possiedi i grigi pūra,
padre mio, Tumat Täŋärä!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo!
Qara Kiş Täŋärä
Nuray, illustrazione.
12 - QARA QIŞ TÄŊÄRÄ

ell'undicesimo taptï risiede Qara Kiş Täŋärä, il «nero zibellino del cielo».

Lo sciamano lo invoca così:
 

Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
Tu che giungi all'undicesimo taptï,
tu che giochi nell'undicesimo taptï,
che hai il colletto di zibellino nero,
che hai i lembi di castoro verde,
che hai una gobba di nube verde,
padre mio Qara Kiş Täŋärä!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo!
13 - YADA TÄŊÄRÄ

el dodicesimo taptï risiede Yada Täŋärä, dio della pioggia e dei temporali. Il suo nome, yada, indica la pietra della pioggia. I canti sciamanici lo associano alle pietre legate ai temporali e al fulmine:

Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
Tu che giungi al dodicesimo taptï,
tu che giochi nel dodicesimo taptï,
giovane cielo umido,
azzurro cielo opaco,
i rombi del tuono sono il tuo gioco;
pietra argïn del bianco Ülgän,
pietra sïman che alcun cavallo può sollevare,
pietra surgun del bianco Ülgän,
pietra rossa di Ülgän Qan,
pietra verde del creatore,
padre mio Yada Täŋärä!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo!
Pïrqan Täŋärä
Nuray, illustrazione.
14 - PÏRQAN TÄŊÄRÄ

el dodicesimo taptï celeste risiede anche Pïrqan Täŋärä (o Purqan Qan), anche chiamato Äksäy Mäksäy Täŋärä. Egli consiglia lo sciamano durante i sacrifici e benedice attraverso di esso tutti gli abitanti della yurt. Le sue numerose e belle figlie, vergini celesti che girano in vortice nel vento e si nutrono di rossi carboni ardenti, vivono nel quindicesimo e sedicesimo taptï.

Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
Tu che giungi al dodicesimo taptï,
che giochi nel tredicesimo taptï,
che rincorri la luna aggirandola,
che hai attaccato per te una carrozza d'oro,
che scagli il tuono tra il sole e la luna,
che hai attaccato per te una carrozza d'argento,
tu che brilli sul sole e la luna,
Äksäy Mäksäy Täŋärä,
padre mio Purqan Qan!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo!
15 - TOTOY QAN

el tredicesimo e quattordicesimo taptï risiede Totoy Qan, figlio di Musïgan Qan. Come suo padre è lo spirito del gelo e della grandine, Totoy Qan è lo spirito della pioggia, del tuono e della grandine. Grande è il suo potere: può avvolgere la luna e nascondere il sole.

Così lo invoca lo sciamano:

Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
Tu che giungi al tredicesimo taptï,
che giochi nel quattordicesimo taptï,
che ti sei separata dal bianco Pūday,
che ti sei divisa dal bianco Mustay «zio ghiaccio»,
che ti sei separata dal bianco granello di ghiaccio,
duplice vergine Astay Mustay!
Le piante dei tuoi piedi affondano nel latte,
tu vai cacciando nel bianco infuso,
nipote di Mustay!
Tutti gli spiriti celesti non posso nominare!
Padre mio Totoy Täŋärä!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo!
16 - LE FIGLIE DI PÏRQAN TÄŊÄRÄ

el quindicesimo e sedicesimo taptï risiedono le numerose e belle figlie di Pïrqan Täŋärä, vergini celesti che girano in vortice nel vento e si nutrono di rossi carboni ardenti.

Arrivato al loro cielo, lo sciamano le invoca con queste parole:

Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
Tu che giungi al quindicesimo taptï,
che giochi nel sedicesimo taptï,
pure vergini del padre mio Pïrqan,
stolte vergini del padre mio Pïrqan,
voi che vi dondolate su dodici altalene,
che giocate nel sedicesimo taptï,
che vi dondolate su nove altalene,
che giocate su nove pertiche,
che vi dondolate su sette pertiche,
che giocate su sette pertiche;
padre mio, verde puro Pïrqan,
padre mio, giallo puro Pïrqan,
padre mio, aureo puro Pïrqan,
padre mio, puro Pūday Pïrqan,
padre mio, puro pisello Pïrqan!
Voi che girate in vortice come chicchi di frumento,
che vi spargete simili a piselli,
che continuamente gridate e chiamate,
che avete come cibo rossi carboni ardenti,
pure vergini della madre mia!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo!
17 - BAY ÜLGÄN

Bay Ülgän
Nuray, illustrazione

infine vi è Bay Ülgän, il «grande ricco», il signore e padre di tutti gli spiriti del cielo. È insieme a Märgän Täŋärä e Qïsuğan Täŋärä, un'emanazione del supremo signore Täŋärä Qayra Qan.

Chiamato anche Ülgän Pi, egli risiede nel sedicesimo taptï, sulla cima della montagna d'oro, sopra un trono d'oro. Egli è il signore degli dèi celesti. Nessuno è più in alto di lui, se si eccettua suo padre, il supremo Täŋärä Qayra Qan, che risiede nel diciassettesimo taptï. Il nostro sciamano, giunto al suo cospetto, alla fine della sua faticosa ascesa celeste, può finalmente invocarlo:

Inoltre, qan padre [vieni anche tu]!
Rispondendo al richiamo, venite!
Rispondendo al grido, scendete!
Tu che giungi al sedicesimo taptï,
che giochi nel sedicesimo taptï,
principio di ogni cosa,
madre mia Bay Ülgän!
La parte del qan raggiunga il qan,
la parte del capo raggiunga il capo!

Figlio (o fratello) di Tasïgan, Bay Ülgän ha sette figli e nove figlie. Sette suoi figli sono chiamati Quday e formano un importante gruppo di divinità.

Una bellissima preghiera di ringraziamento si rivolge a Bay Ülgän in questi termini:

Tu che risiedi in alto, signore del cielo, Abïyaş Qan,
che hai creato il verde della terra
e le foglie degli alberi.
Tu che hai fatto crescere la carne sulla coscia
ed hai creato i capelli sul capo.
Tu, creatore del creato!
Tu, cielo del creato!
Cielo, in cui tu hai creato le stelle!
Voi, sessanta signori, che il padre ha innalzato!
Tu, Ülgän Pi, che la madre ha esaltato!
Tu, creatore del creato!
Tu, cielo del creato!
Cielo, in cui hai creato le stelle!
Possa la divinità concedere bestiame!
Possa la divinità concedere il pane!
Possa la divinità dare alla casa un capo!
Tu, creatore del creato!
Tu, cielo del creato!
Imploro il padre mio!
Concedi la tua benedizione, padre mio!
Aiuta, padre mio, il capo della casa,
il bestiame nella mandria!
Mi prostro dinanzi a te.
Possa la divinità concedere la sua benedizione!
Tu, creatore del creato!
Tu, principe del cielo creato!
18 - I SETTE QUDAY

ome abbiamo detto, Bay Ülgän ha sette figli chiamati complessivamente Quday o «spiriti superiori».

I loro nomi: Yaşïn Qan, Qarşït Qan, Paqtïğ Qan, Qara Kiş Täŋärä, Yayq Qan, Pūra Qan, Pïrçu Qan. Si nominano anche delle figlie, tra le quali possiamo citare Qulay Qan, Qostu Qan, e Tüstü Qan «simile alla luna piena», ma anche qui le liste divergono.

I sette Quday risiedono sul monte Sürö, nei pressi del lago di latte Süt-aq-Köl.

Su Yaşïn Qan e Qarşït Qan non sappiamo dir nulla. Pūra Qan e Qara Kiş Täŋärä li abbiamo già incontrati scalando i sedici cieli. Paqtïğ Qan è considerato lo spirito protettore degli oğus («tribù») altai. Yayq Qan dirige gli Yayuçï nel loro compito di attingere la vita dei neonati nel Süt-aq-Köl, e di lui si parlerà in seguito. Di Pïrçu Qan sappiamo che osò cavalcare a scommessa, fidando sul suo pūra bianco, contro lo stesso Bay Ülgän; a lui e ai suoi discendenti vengono sacrificati cavalli scuri; ha un figlio che si chiama Qïrğiz Qan, patrono dei Tatari Lebedini del fiume Qargysan.

Le cavalcature divine
Aleksej Leont'evic Ulturgaşev (1955-). Olio su tela.
19 – I PŪRA DEGLI DÈI

ol termine pūra si indicano i destrieri sui quali cavalcano Bay Ülgän e gli dèi del cielo.

Qïzïl Pūra, il «cavallo rosso», appartiene a Qïsuğan Täŋärä. Kök Pūra, il «cavallo azzurro», appartiene a Totoy Qan. Vi è anche un Adabïstïŋ Qara Pūra, il «cavallo nero di nostro padre», appartenente a Ärlik Qan, cui fa da stalliere Pörüçi Qan.

Gli altri pūra appartengono a Oyrot Täŋärä, Tumat Täŋärä, Abayoş Täŋärä, Mordoq Qan e allo stesso Bay Ülgän.

Anche lo sciamano, come vedremo, ha un pūra particolare, il tïn-pūra.

Fonti

Passim Cerimonia del tamburo registrata nel 1931 da Nadežda P. Dyrenkova in area teleuta. (Dyrenkova 1949)
1-16

Nadežda Petrovna Dyrenkova: Materialy po šamanstvu u teleutov.

17

Nadežda Petrovna Dyrenkova: Materialy po šamanstvu u teleutov
Vasilij Vasil'evič Radlov: Proben des Volkslitteratur der türkischen Stämme [I: 217-219]

19 Nadežda Petrovna Dyrenkova: Materialy po šamanstvu u teleutov

I - TAPTÏ E PAYANA

Le concezioni cosmologiche altaiche, forse influenzate dalle necessità «scenografiche» imposte dalle kamlanie degli sciamani, hanno finito con il moltiplicare gli strati celesti, portandoli perlopiù a sette o a nove, ma spesso anche a numeri assai maggiori. Nella tradizione degli Altai, i livelli celesti possono essere sette, dodici, sedici o diciassette (com'è il caso dei Teleuti) e sono chiamati taptï, «ostacoli», proprio perché vengono considerati delle tappe che lo sciamano deve superare nella sua difficile ascesa verso Bay Ülgän. ①

Lo sviluppo della cosmografia uranica è probabilmente andato di pari passo insieme alla speculazione teologica sulle divinità che risiedono nell'uno o nell'altro cielo. I signori dei diciassette cieli si chiamano collettivamente Payana, ma nelle diverse varianti non v'è un accordo preciso sui loro nomi e le loro identità, sui loro attributi e sulle loro dimore. Le fonti di cui disponiamo sono perlopiù registrazioni di sedute sciamaniche effettuate dagli etnologi tra l'Ottocento e il Novecento, e ogni singolo qam, o sciamano, mostrava delle idee assai personali sul come disporre l'organigramma divino nella scacchiera celeste, sebbene fossero tutti d'accordo sul fatto che i Payana divenissero sempre più importanti e potenti man mano che si saliva verso la dimora di Bay Ülgän.

II - BAY ÜLGÄN, UN DIO SUPREMO... SECONDARIO

Ülgän «grande» o Bay Ülgän «grande ricco» è una divinità venerata dei popoli dell'Altai e dei monti Saiani, nel sud della Siberia, dove è considerao la più alta divinità del pántheon celeste, sebbene inferiore al supremo dio-cielo Täŋärä Qayra Qan (secondo i Teleuti, Bay Ülgän risiederebbe nel sedicesimo taptï celeste, ma Täŋärä Qayra Qan nel diciassettesimo).

Bay Ülgän governa il Täŋärä, il mondo superiore, regno della luce. È il signore degli spiriti celesti o Payana. Considerato figlio di Täŋärä Qayra Qan, ha una moglie ed è padre di sette divinità maschili, chiamati complessivamente Quday, e di nove divinità femminili. Si contrappone quasi specularmente ad Ärlik Qan, che regna sul Paşka Çär, o mondo ipoctonio. I due spiriti, l'uno dall'alto del cielo, l'altro dal profondo degli inferi, determinano il fato degli esseri umani, i quali abitano il mondo centrale o Pu Çär.

Si ritiene che Bay Ülgän «grande ricco» sia stato, originariamente, un epiteto del dio-cielo Täŋärä Qayra Qan. Man mano che, nel corso della speculazione teologica, quest'ultimo diveniva sempre più alto e inaccessibile, trasformandosi in deus otiosus, le sue caratteristiche attive si coagulavano in una figura distinta, Bay Ülgän. Le due divinità risultano in parte sovrapposte, ma la messa a fuoco della figura di Bay Ülgän ha favorito il definitivo allontanamento di Täŋärä Qayra Qan dal culto e dalla mitologia. È infatti a Bay Ülgän che vengono indirizzate preghiere e tributati sacrifici; a lui lo sciamano si rivolge per chiedergli favori.

Alcuni studiosi ritengono, al contrario, che Bay Ülgän sia stato originariamente un dio appartenente a una sfera più bassa, in seguito cresciuto di importanza fino a usurpare alcune caratteristiche e prerogative di Täŋärä Qayra Qan. Come possibile traccia di questa trasformazione viene solitamente indicata la presenza, al terzo taptï, di un dio Ülgän baqqan Bay Ülgän «Bay Ülgän che obbedisce a Ülgän», cioè al supremo Bay Ülgän; come se, promosso alla posizione di sovrano supremo del Täŋärä, Bay Ülgän abbia lasciato dietro di sé una sorta di clone, un secondo Bay Ülgän definito, fin nel nome, come sottoposto al Bay Ülgän di grado superiore. Naturalmente questa duplicazione potrebbe anche essere spiegata tenendo conto che ülgän «grande» o bay ülgän «grande ricco» erano originariamente degli epiteti, e come tali li troviamo spesso applicati a divinità differenti (così come termini quali qan, quday, täŋärä, payana).

Altri ritengono che originariamente dei Bay Ülgän dovesse essere un dio dell'uragano, oppure della fecondità, in quanto ha una paredra, numerosi figli e presiede alla fecondità delle greggi e all'opulenza dei raccolti. Secondo Klaus Sagaster, Bay Ülgän sarebbe stato, in una fase molto arcaica del culto altaico, una divinità ctonia. Sagaster fa notare come presso i Burjati siano attestati alcuni relitti linguistici di questa fase, quali una dea della terra chiamata Ülgen Exe «madre Ülgän», controparte femminile del dio Ündär Täŋri «alto cielo». Anche l'espressione ülgän delxei, «ampia terra», ricondurrebbe l'aggettivo ülgän a una sfera ctonia. (Sagaster 1987). L'ipotesi tuttavia sembra poco rigorosa, essendo basato su due usi particolari di un aggettivo assai generico.

Le fonti non forniscono una descrizione uniforme del carattere di Bay Ülgän. La figura del dio, così come è stata rilevata dagli etnografi russi, mostra influenze dovute sia ai missionari ortodossi, sia ai secolari contatti con il buddhismo mongolo e tibetano. Bay Ülgän è considerato, in alcuni miti, il creatore della terraferma e degli uomini, sovrapponendosi ancora una volta a Täŋärä Qayra Qan. Gli si sacrificavano pecore, o cavalli nel caso di celebrazioni solenni, spesso ma non necessariamente con l'officio di uno sciamano. Il resoconto che l'etnologo Vasilij Vasil'evič Radlov (1837-1918) dà del sacrificio [tayilğa] di un cavallo presso gli Altai è un classico della letteratura sciamanica: il qam uccide la bestia spezzandogli la colonna vertebrale, dopodiché accompagna la sua anima attraverso i sedici cieli, fino alla dimora di Bay Ülgän. A questo punto Ülgän informa lo sciamano se l'offerta è stata accettata favorevolmente e fornisce allo sciamano notizie sulla stabilità e la mutevolezza del tempo, sul buono o cattivo raccolto, e via dicendo. Infine il dio informa il qam di quali altri sacrifici si aspetta di ricevere, e a volte designa questo o quel vicino perché offici il rito e specifica anche il tipo e il colore di animale da sacrificare. (Radlov 1893 | Marazzi 1984)

È incerto se il culto di Bay Ülgän sia sopravvissuto fino ai nostri giorni.

III - ORIGINE E IDENTITÀ DEI SETTE QUDAY

I Quday, i sette figli del supremo Bay Ülgän, erano all'inizio, probabilmente, gli spiriti guardiani dei sette cieli, in una fase nella speculazione cosmologica altaica in cui il numero dei cieli corrispondeva a quello delle sfere planetarie: una concezione desunta probabilmente dalle cosmologie dell'antico Vicino Oriente. Il termine quday, «spirito superiore», è di derivazione iranica (cfr. antico persiano odā «dio»).

Presso i popoli della Mesopotamia, il sole, la luna e i cinque pianeti erano concepiti come divinità abitanti i sette cieli planetari: i cieli costituivano una tavola del destino [ṭupšîmtu] di cui i pianeti erano gli «interpreti». Come ha mostrato Uno Harva, questa concezione si ritrova in quasi tutta l'area uralica e altaica. Secondo i Xanty, alla nascita di un bambino gli ausiliari del dio celeste leggono il suo avvenire in un Libro del Destino; e secondo i Tatari della Siberia sette dèi scrivono la sorte dei neonati in un Libro della Vita che si trova in cielo. In seguito, con la moltiplicazione degli strati celesti [taptï], e a seconda delle diverse e contrastanti versioni, molti di essi persero la loro qualità di payana (dio addetto agli strati del cielo) e vennero variamente collocati nell'organizzazione del pantheon siberiano.

Le liste dei sette Quday, figli di Bay Ülgän (per non parlare di altri figli e figlie), divergono le une dalle altre. In mancanza di un quadro unificatore, non vi è una concezione di base a cui far riferimento, e quindi dovremmo procedere a tentoni. Standoa quanto sappiamo, Bay Ülgän avrebbe nove figlie di nome ignoto e sette figli, una cui prima lista è stata fornita dall'esploratore Grigorij Nikolaevič Potanin (1835-1920): Jažigan, Karšyt, Bachtagan, Kara Kuškān, Kānym, Jayk (manca il settimo nome). Un secondo elenco è quella rilevata dall'etnografo Andrej Viktorovič Anochin (1869-1931): Karšit, Pūra-kān, Jašyl-kān, Burča-kān, Kara Kuš, Pakty-kān, Ärkānym. Una lista assai divergente è però quella di Radlov: Puršak-kān, Tös-kān, Kara-kān, Suilap (dove Suilap ha per figlio Sary-kān e Puršak-kān ha per figlio Kyrgis-kān). Confrontando le liste diviene ovvio che diversi nomina non sono altro che trascrizioni differenti del nome di uno stesso personaggio:

    Lista di Potanin   Lista di Anochin   Lista di Radlov
             
Yašïn Qan   Jažigan   Jašyl-kān    
Qaršït Qan   Karšyt   Karšit    
Paqtïğ Qan   Bachtagan   Pakty-kān    
Qara Kiš Täŋärä   Kara Kuškān   Kara Kuš   Kara-kān
Ärkäy Qan   Kānym   Ärkānym    
Yayq Qan   Jayk        
Pūra Qan       Pūra-kān    
Pïrçu Qan       Burča-kān   Puršak-kān
Suïla           Suilap

I nostri raffronti non sono però sicuri al cento per cento. Ad esempio il Kara Kuš (Kān) che appare in questi elenchi è da identificare con il Qara Kiş Täŋärä figlio di Bay Ülgän, o con Qara Quş figlio di Ärlik Qan (o addirittura con Täŋärä Qayra Qan?). Vi troviamo poi lo spirito Suïla, che solo difficilmente può essere posto tra i Quday. E infine è ipotetica l'identificazione di Ärkäy Qan con l'Ärkānym della lista di Anochin.

 IV - IL SOLE E LA LUNA: FIGURAZIONI, MITI E LORO DIVORATORI

Le concezioni mitologiche sul sole e sulla luna sono piuttosto vaste e varie, nell'area altaica, anch'essi difficili da ricondurre a schemi unitari e coerenti. La concezione forse più arcaica sembra raffigurare i due luminari appaiono come semplici oggetti che gli dèi possono prendere, passarsi e, all'occorrenza, nascondere. Quest'idea è solitamente collegata al mito secondo il quale sole e luna sarebbero apparsi soltanto dopo la caduta dell'uomo dal suo stato di perfezione originaria.

Secondo una leggenda altai, gli uomini emanavano originariamente luce e calore, ma quando si diffusero le malattie, Täŋärä Qayra Qan pose nello spazio due specchi metallici per integrare la luce e il calore che erano venuti meno, e questi sono appunto il sole e la luna. Un'analoga versione di questo mito si ritrova anche presso i Calmucchi.

In una leggenda burjata, il dio della terra va in visita dal dio del cielo e riceve in dono il sole e la luna. Li chiude però in uno scrigno, provocando il totale oscuramento del mondo. Il dio del cielo spedisce allora un riccio presso il signore della terra; l'animale, con uno stratagemma, ottiene di nuovo in dono il sole e la luna e può così liberarli. (Di Nola 1970). Questo ciclo di leggende ha probabilmente un legame con il racconto finlandese del furto del sole e della luna da parte di Louhi, signora di Pohjola, la quale li nasconde in una caverna e fa piombare il mondo nel buio; il fabbro Ilmarinen forgia col metallo un nuovo sole e una nuova luna, ma senza che questi brillino come gli astri originali. È l'eroe Väinämöinen, con un sotterfugio, a spaventare Louhi, la quale torna a liberare il sole e la luna (Kalevala [XLVII-XLIX]). In Giappone è invece assai popolare il mito della dea-sole Amaterasu-ō-mi-kami che, offesa, si rinchiude in una caverna sprofondando il mondo nelle tenebre; viene tosto attirata dalle risate delle divinità, eccitate dalla licenziosa danza della dea Uma-no-Uzume, e ingannata con uno specchio posto davanti a una fessura della caverna, la quale le fa credere che un nuovo sole stia brillando sul mondo, viene fatta uscire dalla caverna (Kojiki [I]). Finlandia e Giappone, alle due opposte estremità dell'Eurasia, segnano forse i limiti geografici di un mito preistorico diffuso in tutta la fascia settentrionale del continente, dove il sole e la luna vengono rubati, nascosti, inutilmente sostituiti con specchi o placche di metallo. I temi sono però piuttosto confusi tra loro ed è difficile trarne schemi rigorosi.

Hòu Yì ( ?)
Autore non identificato

È anche attestato, in area altaica, il mito di una pluralità primordiale di soli e di lune che, rischiando di ardere il mondo, devono essere eliminati. L'eroe burjato Erxe Mergen abbatte con le sue frecce i molti soli primordiali che disseccavano la terra, lasciandone uno soltanto nel cielo. Nel mito torɣūto, i tre soli sono figli di Šulma, il diavolo: Teŋri li spazza via causando una diluviale inondazione, salvandone uno solo. (Di Nola 1970). Presso i Nani, i tre soli primordiali espongono la terra al rischio di essere bruciata, e le tre lune riempiono talmente la notte con la loro luce che tolgono il sonno agli uomini: così l'eroe Xoday, invitato dalla sorella Myamendi, abbatte con il suo arco due soli e due lune: secondo i tungusi il carbon fossile è infatti la traccia lasciata dai soli abbattuti e affondati nella terra (Lopatin 1922 | Di Nola 1970 | Marazzi 1984). Questo ciclo di leggende ha la sua origine forse nel mito cinese dell'arciere Hòu Yì, che abbatté a colpi di freccia nove dei dieci soli, salvando la terra dal rischio di essere consunta. Questo racconto è forse, a sua volta, l'esito di una tradizione ancora più antica, di cui si trovano esiti addirittura in Grecia, come cercheremo di dimostrare in un lavoro di prossima pubblicazione.

In altri miti, sole e luna vengono invece personificati. Per il suo potere creativo, il sole è generalmente visto come un essere femminile, e di conseguenza la luna, nella maggior parte dei casi, è maschile. Ancora oggi, in Turchia, il nostro satellite viene chiamato Ay Dede, «nonno luna». Secondo una tradizione turcica riportata da fonti arabe (XIV sec.), agli inizi del mondo una grotta del Qara Tag viene inondata dalle acque; quando queste si ritirano, il fango si secca al calore del sole e si forma il primo uomo, Ay Ata «padre luna»; quarant'anni più tardi, una nuova inondazione porta alla nascita di Aywa, sua moglie (Boratav 1954). In una tradizione qipçaq il primo uomo formatosi dalla creta riscaldata dal sole aveva nome Ay Atam «mio padre luna». Sebbene tali leggende non abbiano forse valore cosmologico, attestano il ruolo maschile della luna nei miti turcici. (Roux 1984)

Il culto reso ai due astri è ben attestato in tutto il mondo altaico: soprattutto tra i Mongoli, al sole venivano rivolte preghiere all'alba, a mezzogiorno e al tramonto. Quando Čiŋɣis Qan ascese il Burqan Qaldun, si prosternò nove volte in direzione del sole. I Nanai, in caso di malattia, ricorrevano a un rito familiare (cioè senza intervento dello sciamano) nel corso del quale si rivolgeva, la mattina, una preghiera al sole per ottenere la guarigione; e nel caso questa fosse effettivamente avvenuta, gli si sacrificava un gallo, un'anatra o un maiale, e il sangue dell'animale ucciso veniva lanciato in direzione dell'astro. (Di Nola 1970 | Roux 1989)

Numerosi sono anche i miti eziologici che intendono spiegare le eclissi come conseguenza di un dramma cosmico in cui dei mostri divoratori cercano di ingoiare il sole e la luna. Lupi e orsi, secondo i Saxa, divorano periodicamente i due astri. Per i Nani, la luna fugge, dopo essere stata morsa dal cane del dio celeste Ǝndurī (Ǝkšǝrī), si ricovera in un angolo del cielo e si cura con delle erbe. Anche i Nivxi attribuiscono l'eclissi lunare alla morsicatura di un cane. Per gli Altai e i Tatari il divoratore del sole e della luna è un mostro dotato di sette teste, Yälbägän. Secondo una complessa leggenda burjata, le eclissi sono provocate da una bestia mitica, Alxa, che gli dèi riuscirono a vincere e a tagliare a metà. Nonostante ciò, essa continua a ingoiare il sole e la luna, ma i due sfuggono dal suo corpo incompleto. (Di Nola 1970)

In tutti questi casi l'intervento rituale umano è indispensabile per spaventare i mostri divoratori: rumori, grida, lancio di pietre e spari sono gli strumenti rituali con il quale le creature cosmiche vengono fatte fuggire dal cielo, permettendo ai due astri di tornare a splendere sul mondo.

BIBLIOGRAFIA
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BIBLIOGRAFIA ►
Intersezione: Aree - Holger Danske
Sezione: Miti - Asteríōn
Area: Altaica - Dede Qorqut
Ricerche e testi di Oliviero Canetti.
Cura di Dario Giansanti.
Creazione pagina: 01.11.2013
Ultima modifica: 25.02.2017
 
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