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UGROFINNI
Finlandesi

MITI UGROFINNI
Elias Lönnrot
KALEVALA
PREFAZIONE AL VANHA KALEVALA. 1835
PREFAZIONE 1835
Note del traduttore
Bibliografia
Elias Lönnrot
KALEVALA
PREFAZIONE AL VANHA KALEVALA. 1835
 

Ora che questi runot sono pronti per la pubblicazione, risultano ancora dolorosamente incompleti. In ogni caso, non mi permetterei di licenziarli prematuramente se, avventurandomi in ulteriori aspetti della ricerca, non temessi di lasciarli per sempre incompiuti È già accaduto che imprese e progetti migliori dei miei si arenassero nello stesso modo.

Considero innanzitutto mio dovere spiegare il metodo di raccolta dei runot. Alcuni sono stati precedentemente inclusi, forse in modo ancor più inadeguato, nei lavori del defunto Christian E. Lencqvist, di Christfrid Ganander, di Enrik Gabriel Porthan e di Zachris Topelius; la maggior parte è tuttavia inedita e li ho raccolti io stesso nel corso del tempo, per lo più nella Karelia russa e finlandese, e in piccola parte nella zona di Kajaani. Alcuni, messi per iscritto in altre regioni, mi sono stati invece inviati. Per lo più i canti sono stati raccolti nelle parrocchie di Kite, Kesälahti, Tohmajärvi, Ilomantsi e Pielinen nella Karelia finlandese (provincia di Oulu), nelle parrocchie di Voukkiniemi (Voknavolockaja russa), Paanajärvi e Repola (Rebola russa) nella Karelia russa (governatorato di Olonec) e nelle comunità di Kuhmo e di Kianta nell'area di Kajaani. In motli dei tanti luoghi da me visitati, non ho trovato nulla che valesse la pena di menzionare. Nel 1828 ho raccolto i canti nelle sovracitate località della Karelia finlandese; nel 1831 e negli anni seguenti nell'area di Muhmo e di Kianta; nel 1832 in quella di Repola; infine, dopo il mio trasferimento a Kajaani, ho visitato per ben quattro volte, ognuna per un periodo di quattro settimane, le parrocchie su territorio russo.
Può darsi che altri canti come quelli da me raccolti rimangano ancora da recuperare dalla memoria popolare; similmente è possibile che nei tempi passati essi fossero ben più numerosi. A Vuokkiniemi, un vecchio contadino allora ottantenne, Arhippa, le cui parole trascrissi come meglio potei per due giorni consecutivi, mi disse al riguardo: «Quand'ero bambino andavo a pescare con mio padre! Avevamo un salariato, un uomo di Lapukka, certo un buon cantore, ma non come mio padre. passavano le notti a cantare, e mai due volte le stesse parole. Quelli erano cantori! Quando ero un ragazzetto tutt'ossa, sedevo ad ascoltarli attorno al bivacco e mi sforzavo di ricordare ciò che sentivo. Ma non riuscivo a trattenere tutto nella mente. Se mio padre fosse ancora vivo, non basterebbero due settimane per trascrivere i suoi canti. Non nascono più cantori del suo stampo, e tutte le vecchie canzoni stanno scomparendo tra il popolo. Oggi la gente mette da parte i beni canti di un tempo e ne compone di nuovi, per lo più contrasti scherzosi tra ragazzi e ragazze con i quali non vorrei sporcarmi la bocca».
Da parte mia ho cercato di dare un certo ordine a questi vecchi canti, un compito di cui devo rendere conto in qualche modo. Dal momento che, a quanto ne so, prima di me nessuno si è cimentato in tale campo, o quanto meno ha sostenuto di averlo fatto, dirò innanzitutto come mi è nata l'idea. Già mentre leggevo le precedenti raccolte, in particolare quelle di Ganander, mi chiedevo spesso se non fosse possibile, con i canti su Väinämöinen, Ilmarinen e Lemminkäinen e altri illustri antenati, creare narrazioni di maggiore respiro, così come avevano fatto i greci, gli islandesi e altri popoli con i canti dei loro antichi. L'idea si stava radicando nella mia mente quando, nel 1826, con l'aiuto di Reinhold von Becker, professore associato di storia all'università di Turku, mi accinsi a scrivere una tesi su Väinämöinen; nel corso della sua stesura mi resi conto che intorno a questo eroe c'era una vera messe di narrazioni. Cominciai anche a chiedermi perché Ganander non vi si fosse cimentato, ma ben presto mi fu chiaro che egli non aveva avuto a disposizione il materiale necessario. Aveva pubblicato i migliori passaggi dei canti che aveva raccolto nella sua Mythologia Fennica (Turku 1798), ma di nessuno possedeva una stesura sufficientemente ampia. In quanto a Zachris Topelius, la morte prematura gli impedì di dedicarsi a questo lavoro.
Se fossi certo che tutti concordassero nell'ordine in cui ho disposto i vari canti, mi fermerei qui e non aggiungerei parola, ma il fatto è che quel che una persona considera giusto, un'altra ritiene inadeguato. I canti sono ben combinati, secondo il mio parere, nell'ordine che ho loro dato, ma forse si potrebbero combinare anche meglio in un altro ordine. Nell'organizzarli, ho tenuto conto di due circostanze: innanzitutto nella disposizione che avevo osservato presso i migliori cantori: secondo, là dove nessun soccorso mi veniva da loro, ho cercato di trarre l'ordine dai canti stessi, e li ho concatenati di conseguenza.
Il lettore si chiederà se i nostri antenati li cantassero in una qualche successione, oppure singolarmente. A me sono giunti in sequenze singole. I vari canti su Väinämöinen, Ilmarinen e Lemminkäinen devono essere stati composti non da una ma da diverse persone. Un cantore memorizzava una cosa, un secondo un'altra, vale a dire ciò che ognuno aveva osservato o udito. Ma ai giorni nostri è difficile trovare un unico canto che si sia preservato esattamente nelle sue parole originarie. Chiunque volesse provarsi a cantare fino in fondo un qualsiasi argomento familiare, potrà rendersi conto che la composizione poetica, nella sua globalità, sfugge facilmente ai cantori del popolo, e scoprirà che neppure chi è dotato della migliore memoria può preservare parola per parola ciò che ha udito in lunghi canti intonati da altri. Memorizzerà però con più facilità l'argomento della materia passaggio per passaggio, se, ricordandone la maggior parte, lo narrerà in versi a un'altra persona, dimenticando alcuni passi, migliorandone altri. può accadere che la trama di un canto venga gradualmente distorta dal suo carattere originario, così che alla fine sarà narrata in modo del tutto diverso. È ciò che si è verificato, almeno in parte, nel caso dei nomi propri. Quel che un tempo può essere stato narrato di donne e uomini famosi con i loro giusti nomi, potrebbe essersi trasformato col diffondersi del cristianesimo nel paese (1), così che ai protagonisti maschili si sono sostituiti spesso Gesù Cristo, san Pietro, Erode, Giuda e altri, e al posto delle singole donne si trova la Vergine madre Maria.
È facile comprendere che non tutti i soggetti cantati in questi runot sono privi di un certo fondamento, ma è ormai assai arduo distinguere la realtà a essi sottesa... quali temi reali cioè siano presenti nel canto sia pure mascherati in altro modo e quali, invece, siano del tutto di fantasia. Alcuni temi, persino quando si riferiscono a eventi singolari o poco credibili, dovrebbero più o meno chiarirsi se esaminati con attenzione. Nessuno può credere che le tribolazioni di Väinämöinen e Ilmarinen derivino dalla sparizione del sole e della luna; come avrebbe fatto la padrona di Pohjola a nascondere gli astri dentro la rupe? Ma se richiamiamo alla mente quanto si narra dei nostri antenati, di come sarebbero giunti all'estremo nord provenendo da terre del profondo meridione, e quanto sappiamo della scomparsa del sole in inverno alle alte latitudini, allora ci rendiamo conto che, se essi si spinsero tanto a nord, il fenomeno dovette sembrare loro straordinario, al punto da suscitare il profondo terrore che il sole fosse scomparso per sempre. E se poi entrarono in contrasto con i lapponi che già vivevano sul territorio finnico − i lapponi dai quali avevano tutte le ragioni per temere ogni male, e che erano considerati stregoni più potenti − allora capiamo perché la colpa del ratto del sole sia ricaduta proprio sulla padrona di Pohjola. E quello che in prima istanza veniva raccontato solo della sparizione dell'astro, poté in seguito essere riferito anche alla scomparsa della luna e delle stelle.
Fin dalla tradizione più antica, in tutti i canti compaiono due popoli che non vivono in buoni rapporti tra di loro. Uno potremmo chiamarlo il popolo di Pohja o Pohjola, l'altro quello di Kaleva. Nella stessa tradizione Louhi è spesso citata come il personaggio principale tra le genti di Pohjola; ne è anche chiamata la «padrona» e sembra presiedere a tutte le loro azioni. Tra le genti di Kaleva ci sono invece diversi eroi, e i più grandi sono Väinämöinen, Ilmarinen e Lemminkäinen. Tuttavia, per quanto riguarda quest'ultimo, va detto che i runot non forniscono informazione precisa sul fatto che un tempo potesse essere annoverato anche tra le genti di Pohjola. I canti del tipo che ho selezionato per questo libro mostrano chiaramente che in più occasioni egli agì unitamente a Väinämöinen, che altre volte ingaggiò guerra per proprio conto contro Pohjola, che si recò laggiù a corteggiare una fanciulla, e così via, mentre in altri runot si narra che andò a richiedere una fanciulla a Päivälä, il regno del sole, o tra gli Jumaliset, nomi che andrebbero riferiti alla gente di Kaleva...
Ho chiamato figli o discendenti di Kaleva le genti cui appartengono, in questi runot, Väinämöinen, Ilmarinen e Lemminkäinen. Ma, per non essere accusato di avere operato una designazione errata − giacché il nome di Kaleva è in più casi considerato l'esatto corrispondente di Hiisi, il demonio, di Lempo, il diavolo − mi sia permesso esprimere il mio pensiero con maggiore chiarezza. Credo che Kaleva sia il più antico eroe finnico, di cui oggi non sappiamo nulla. Potrebbe essere stato colui che per primo si stabilì sulla penisola finlandese e la cui tribù dilagò poi verso l'interno. I luoghi in cui abitano Väinämöinen e gli altri sono spesso chiamati Kalevala; altrove si fa menzione di terre di Kaleva, radure disboscate col fuoco, sorgenti, cani, cuculi e simili, come ad esempio in un antico canto della Karelia in cui una fanciulla chiede al fidanzato appena giunto: «Sei stato a Kalevala?». Il fidanzato: «Sì, ho visitato Kalevala». La fanciulla: «I cani di Kaleva abbaiano a Kalevala?». Il fidanzato: «Certo che abbaiano ,etc.». La fanciulla: «I cuculi di Kaleva cantano sul sentiero [anche nelle radure] di Kalevala?». Il fidanzato: «Certo che cantano, etc.». La fanciulla: «Le ragazze di Kaleva si affacciano alle finestre di Kalevala?». Il fidanzato: «Certo che si affacciano, etc.». E laddove argomenti dilettevoli come schermaglie di corteggiamento tra giovanotti e fanciulle menzionano Kalevala, io non lo considererei l'equivalente di Hiitola, la terra di Hiisi o di Lempo. Perché quando mai ci si riferisce in questi termini a Manala o Tuonela, il regno della morte?
Il motivo per cui si è giunti a dare una connotazione negativa al nome «Kaleva» potrebbe derivare dal fatto che esso risultava temibile alla gente di Pohjola, che per questa ragione lo considerava negativo, proprio come noi abbiamo visto i turchi, i cinocefali e, ancor prima, Punaparta/Barbarossa, il diavolo: non esattamente esseri umani, ma creature malefiche con poteri appena maggiori. E non solo! Per i nostri antenati il papa non si identificava forse direttamente con Dio? Perché allora il suo nome e la sua buona reputazione sono poi mutati? (2) Non giungiamo dunque a una conclusione su un soggetto ben più antico sulla base di presupposti moderni prima di approfondire la questione. Come abbiamo detto, è probabile che il nome di Kaleva fosse temuto dalla gente di Pohjola. Tuttavia, nel corso del tempo, i lapponi cominciarono in parte a mescolarsi con i finni e anche, come schiavi e salariati, a percorrere il paese. E proprio attraverso di essi, il nome Kaleva, quando lo stesso Kaleva non era più perfettamente ricordato, perse la sua originaria buona fama anche in Finlandia. E là dove i lapponi non esercitarono alcuna influenza, vi supplì la diffusione della nuova fede.
È singolare invece che i nomi di Väinämöinen e Ilmarinen abbiano conservato la loro buona reputazione originaria. La rapidità con cui si verifica un mutamento di questo tipo può essere illustrata in altro contesto. Non prevale forse nelle campagne la convinzione che le prime chiese finlandesi siano state costruite da giganti? Nel corso dei miei viaggi è raro chi mi sia imbattuto in una antica chiesa di pietra di cui in zona non si raccontasse un'origine del genere. Quale ne è il motivo? A me sembra questo. Mentre in Finlandia si diffondeva il cristianesimo, nelle foreste e nei luoghi più selvaggi si trovavano ancora lapponi pagani ostili alla nuova dottrina. Quale conseguenza del cristianesimo, i finni divennero più civilizzati, e può darsi che i lapponi, pur non riuscendo a valutarne appieno il processo, pensassero tuttavia che la nuova dottrina ricevuta dai finni avesse una qualche influenza, e che per questo fosse da odiare più che mai. Mentre si costruivano le chiese, i lapponi stimarono forse vantaggioso distruggerle, e può darsi sia spesso accaduto che, durante la notte, spaccassero e abbattessero le strutture che i finni avevano eretto durante il giorno. Ma poiché le loro azioni non approdavano a nulla, e i finni erano fisicamente molto più forti, essi finirono per considerare i costruttori di quegli edifici dei giganti, diffondendo a poco a poco questa loro convinzione per tutta la Finlandia. Per questo ancora oggi i finni ritengono che i primi costruttori di chiese siano stati giganti, senza sapere che quei giganti sarebbero loro stessi...
Oggi, nella tradizione popolare i figli di Kaleva hanno due diversi tipi di reputazione. Alcuni li considerano giganti malvagi, altri li chiamano Väinämöinen, Ilmarinen, Lemminkäinen, Joukahainen, Kihavanskoinen, Liekkiö, Kullervo e così via, nessuno dei quali è considerato particolarmente malvagio, salvo l'ultimo, Kullervo, che per questo stesso motivo fu addirittura esiliato da casa... Ben poco si sa con precisione riguardo ai nomi dei figli di Kaleva. La tradizione vuole che essi fossero in numero di dodici. Ora, non siamo in grado di giudicare se Väinämöinen fosse un figlio di Kaleva di prima generazione o di una generazione successiva. Tuttavia io penserei che appartenesse a una qualche generazione posteriore, perché se fosse stato della prima, egli stesso e Ilmarinen sarebbero stati fratelli. E non sembra sia questo il caso, anche se di tanto in tanto Väinämöinen chiama Ilmarinen fratello o figlio di sua madre. Analogamente, anche Lemminkäinen diventerebbe fratello di Väinämöinen, ma questi non lo chiama mai così, limitandosi a rivolgersi occasionalmente a lui come al suo migliore amico. Anche se appartengono a diverse generazioni, si possono chiamare a buon ragione «figli di Kaleva»; del resto ancora oggi gli ebrei vengono chiamati «figli» di Abramo e di Israele. Da ciò si comprenderebbe inoltre come Kullervo, che è specificatamente un «figlio», cioè «discendente», di Kaleva, possa venire venduto a Ilmarinen, altro «figlio» di Kaleva...
Benché non sia possibile trarre ulteriori deduzioni, è mia convinzione che Kaleva sia molto più antico di Väinämöinen, di Ilmarinen e degli altri eroi summenzionati e che forse, come ho già accennato, non sia altro che colui che per primo condusse i finni in queste regioni. Le località in cui si stabilirono i suoi successori sarebbero state chiamate Kalevala, «terra di Kaleva», e a tale nome corrisponderebbero altre denominazioni particolari, come Väinöla, «terra di Väinämöinen», Ilma, «aria», ma anche il nome della terra di Ilmarinen, Suomi, «Finlandia», etc. Proprio per questo ho intitolato questa raccolta di canti Kalevala: bisognava darle un titolo e gran parte dell'azione, secondo questa interpretazione, si svolge appunto nella terra di Kaleva.
La mitologia finnica è stata in parte già studiata da Lencqvist, Ganader e Porthan, tra gli altri; ma indubbiamente vi sono ancora errori  e fraintendimenti. A parte il poco che è stato scritto di Kaleva e dei suoi figli, ci si potrebbe chiedere su quale base si sia cominciato a considerare Ilmarinen un dio del vento, dell'aria, e anche del fuoco. Difficilmente si troverebbe nei canti un solo passaggio a comprovare anche in minima parte tale nozione. Sembra sia divenuto un dio del vento e dell'aria sulla base del suo stesso nome, e del fuoco, in virtù della sua attività di fabbro; oppure quest'ultimo attribuito gli deriva dal fatto che, quale compagno di Väinämöinen, una volta accese il fuoco nel cielo? Nei runot non ha tali caratteristiche divine. Per il fuoco si invoca sempre Ukko il quale, tra altri attribuiti, aveva quello di essere il signore del fuoco. Il fatto è che, mentre forgia il Sampo, Ilmarinen deve soffiare sulle fiamme richiama indubbiamente un altro genere di spiegazioni, e la circostanza non fa necessariamente di lui un dio del fuoco. In balia del vento, mentre fugge da Pohjola, Ilmarinen si spaventa più degli altri; inoltre, se fosse stato una divinità dell'aria, Väinämöinen non sarebbe riuscito a inviarlo contro la sua volontà a Pohjola sulle vie del vento; ed è di nuovo Väinämöinen, e non Ilmarinen, a incantare la padrona di Pohjola allorché questa minaccia di provocare pioggia, grandine e gelo per distruggere i prodotti del Sampo. Secondo i runot, Ilmarinen non è altro che un eccellente artigiano del ferro, del rame, dell'argento e dell'oro e, sotto altri aspetti, un uomo leale, sincero e onesto; almeno quando lo si incontra tutto preso dal suo lavoro è raramente richiesto d'altro.
Oggi si può cantare di Väinämöinen ciò che un tempo veniva chiamato col nome di altri: e chi potrebbe arrestare questa tendenza? Quello che gli viene attribuito riguardo alla creazione del mondo, della luna, del sole e delle stelle, un tempo poté essere riferito a un qualunque dio, e poi, una volta dimenticato il nome della divinità, attribuito a Väinämöinen...
Da tempo immemorabile ci siamo perciò abituati a reputare Väinämöinen una divinità dei nostri antenati, fama che a quanto pare essi non gli riconoscevano, dato che lo consideravano piuttosto un eroe forte e molto sapiente. Egli stesso invoca più volte l'aiuto del dio supremo Ukko, di cui ammette esplicitamente la divinità. In realtà Väinämöinen gode di onore e fama anche senza attribuiti divini... Ancor oggi, se chiediamo ai contadini delle regioni in cui il ricordo di Väinämöinen è particolarmente vivo chi egli fosse, rispondono di slancio: «Un eroe memorabile dei nostri primissimi antenati e un famoso cantore». Ma se si chiede chi sia il loro dio, in molti casi risponderanno che pregano Ukko, creatore del cielo e della terra. Non dubito affatto che già prima dell'avvento del cristianesimo i nostri antenati riconoscessero un'unica divinità cui a volte attribuivano il nome attuale di Dio [Jumala], a volte quello di Ukko o Creatore, né li accuso di ingenuità se non furono in grado di costruirsi un pantheon come molti altri popoli dell'antichità. In genere nei runot si parla di Väinämöinen solo come di un uomo intrepido, saggio, profetico, provvido per il bene delle generazioni future, un essere umano di profonde conoscenze, molto abile nel canto e nella musica, in breve l'eroe della Finlandia. Inoltre è sempre e invariabilmente chiamato «vecchio»; forse l'età non gli fu di grande disturbo nei suoi corteggiamenti.
Di tutt'altro genere è Lemminkäinen: spensierato, giovane, arrogante, vanaglorioso della sua stessa forza e sapienza, poco preoccupato del futuro, per quanto eroico e coraggioso. I compiti che come pretendente gli vengono assegnati a Pohjola non trovano un'appropriata spiegazione dal momento che in un'altra occasione gli stessi identici compiti vengono assegnati a Ilmarinen. Io ho scelto perciò i runot che li differenziano almeno un poco.
Non farò qui menzione dei molti altri nomi che si possono ritrovare nei canti e che potrebbero permettere di correggere precedenti errori o incrementare le nostre conoscenze di mitologia... Non intendo neppure indugiare sui passi che potrebbero fornire spunti per spiegare gli antichi costumi anche se, ovviamente, potrei trarre degli esempi dal Kalevala, se vi fosse il tempo per riflettervi. Il runo XIII (3) ci mostra come anticamente si cucinasse con pietre arroventate versandovi sopra dell'acqua. In molti altri passaggi troviamo che i genitori erano tenuti in grande onore, benché Lemminkäinen in un empito di zelo virile si contrapponga ai voleri della madre. Allo stesso modo vediamo che in quei giorni si usava assegnare determinati compiti ai pretendenti.
Tuttavia si potrebbe pensare che nei runot si parli troppo di faccende di corteggiamento, tanto che l'intero libro − e perché no? − potrebbe essere riscritto sotto forma di romanzo moderno. Se è così, ebbene lo sia! Ma non dimentichiamo che per i nostri antenati, che non godevano come oggi di rapporti molteplici e d'argomenti di cui parlare nella loro vita solitaria, le attività più memorabili erano i progetti di corteggiamento, la guerra, la caccia e la pesca. Per questo tali temi sono continuamente presenti nei loro canti.
In questi runot la lingua e la poetica finniche sono espresse in una forma forse più pura che in ogni altro testo. Molte parole e frasi compaiono qua e là nella loro forma originaria o in quella stessa in cui sono pronunciate dalla bocca dei contadini...
È stato accennato che i canti finnici sono di due diverse specie: canti narrativi e canti magici. Probabilmente si è già accennato come inizialmente gli incantesimi non fossero altro che canti narrativi, e che più tardi si sono man mano trasformati in qualcosa d'altro. I runot compresi in questo libro sono per lo più narrativi. Di questi, la versione da me giudicata principale, non è più valida, ai fini di uno studio degli antichi temi, di quella che si potrebbe sentir narrare in altro modo. Ho ricavato alcuni singoli canti da molti cantori, e in forme così diverse che rimane aperta la questione di quale sia la variante migliore. Per altri, la vera difficoltà è stata di raccoglierli in una forma abbastanza completa da un cantore o da un altro...
Il lavoro non mi è stato di peso e non ha richiesto un grande impiego di denaro, così che c'è poco da dilungarsi sull'argomento. Ciò che uno fa di propria volontà e non sotto costrizione deve, a dir poco, essere considerato un piacere; e poiché nessuno mi ha costretto, io ho raccolto e adattato questi runot per mia libera decisione. Un'ulteriore gratificazione è stata notare che molti hanno apprezzato i miei sforzi. Sono loro grato per le parole di amicizia e di incoraggiamento.
Altri traggono altrimenti sprone per la propria attività: il loro punto di partenza è la speranza di realizzare un'opera valida e compiuta. Nel mio caso, tale speranza è mancata totalmente. Incerto quanto meno sulla mia capacità di produrre qualcosa di adeguato, sono stato ripetutamente assillato dal dubbio, e in tale misura da trovarmi spesso sul punto di gettare tutto quanto nelle fiamme. La tentazione nasceva dal fatto che mi credevo incapace di dare alle stampe questi runot nella forma che avrei desiderato; inoltre non ritenevo giusto essere soggetto a critiche sulla base di un'opera non finita. Comunque, andate ora per la vostra strada, runot di Kalevala, anche se dopo essere stati a lungo tra le mie mani non siete del tutto completi. Forse che il fuoco potrebbe rendervi più compiuti?

Elias Lönnrot
Kajaani, 28 febbraio 1835

NOTE DEL TRADUTTORE

(1) Circa 1150. RITORNA

(2) Lönnrot si riferisce qui al passaggio tra cattolicesimo e luteranesimo. RITORNA

(3) È il runo XX dell'edizione definitiva. RITORNA

BIBLIOGRAFIA

  • AGRATI Gabriella & MAGINI Maria Letizia [introduzione]: Kalévala: Miti incantesimi eroi. Mondadori, Milano 1988.
  • LÖNNROT Elias: (Vanha) Kalevala. Helsinki 1835.
  • LÖNNROT Elias: (Uusi) Kalevala. Helsinki, 1849, 1887.
  • PAVOLINI Paolo Emilio [traduzione italiana e note]: Kalevala: Poema nazionale finnico. Remo Sandron, Milano 1910.
  • PAVOLINI Paolo Emilio [traduzione italiana e note]: Kalevala: Poema nazionale finnico (Ed. ridotta). Sansoni, Milano 1935.
Biblioteca - Guglielmo da Baskerville.
Area Finnica - Vaka Vanha Väinö.
Prefazione di Elias Lönnrot alla prima edizione del Kalevala (1835).
Traduzione a cura di Gabriella Agrati e Maria Letizia Magini (Mondadori, 1988).
Pagina originale: 14.12.2007
Ultima modifica: 28.02.2017
 
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