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PADRE E FIGLIO. L'EROE RUSSO
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Il'ja Muromec (✍
1969) |
Illustrazione di V.
Lukjanec |
ssai
comune alla tradizione epica internazionale è il soggetto del combattimento tra
padre e figlio, che costituisce uno degli episodi fondamentali nella biografia
di entrambi i nostri eroi. Due possono essere
gli antefatti della vicenda: la partenza dell'eroe dalla propria dimora e il
conseguente abbandono della donna amata in attesa di un figlio o con un figlio
adolescente, oppure il soggiorno dell'eroe in terra straniera, luogo
dell'incontro sentimentale con una donna di un'altra tribù, per lo più
un'amazzone che non seguirà l'eroe al suo ritorno in patria e che, dopo aver
dato alla luce il figlio dell'amante, lo alleverà in solitudine, a sua insaputa.
Sia che il padre ritrovi il figlio legittimo al termine della lunga assenza,
oppure che il figlio illegittimo intraprenda le ricerche del genitore
sconosciuto, l'incontro dei due dà luogo ad un combattimento dovuto
all'incapacità di riconoscersi. Talora durante lo svolgersi della lotta
intercorre fra i due un chiarimento, una sorta di rivelazione, e l'episodio si
conclude con la loro rappacificazione; in altre versioni invece, il legame di
sangue che unisce i due contendenti è scoperto troppo tardi, ossia quando uno di
essi ha già riportato una ferita mortale. È questa la forma tipica della
leggenda sullo scontro fra padre e figlio, e che si ripete quasi immutata in
gran parte delle letterature epiche mondiali.
Il figlio dell'eroe non è un personaggio comune, bensì un giovane le cui
facoltà guerriere sono addirittura superiori a quelle del padre; egli lotta
strenuamente e con valore, e tuttavia non riesce ad avere la meglio. L'eroe
affermerà la propria superiorità anche su di lui, mentre la bylina e la
saga celebreranno la sua vittoria. Nelle tradizioni russa e irlandese, il motivo
è affrontato in modo alquanto simile, e il suo autentico significato viene
apparentemente celato dietro le vicende belliche che tormentano la patria dei
due eroi, ossia i continui scontri fra i bogatyri della Santa Russia e
gli invasori stranieri, e le frequenti lotte fra i campioni dell'Ulster e del
Connacht. Sokol'nik e Connla
sono sconfitti in nome della salvaguardia di Kiev e dell'onore dell'Ulster,
perché identificati dai loro padri con i nemici del popolo cui appartengono;
eppure la motivazione di fondo alla loro soppressione non è la minaccia reale e
manifesta di un'offesa armata, bensì il confronto latente fra due ordinamenti
sociali le cui forme di civiltà sono fondate su princìpi diametralmente opposti,
e che come tali non hanno alcuna possibilità di coesistere. In quanto
rappresentanti di istituzioni sociali obsolete, Sokol'nik
e Connla sono ignare vittime dell'evoluzione
sociale, mentre
Il'ja Muromec e
Cú Chulainn si affermano ancor più in qualità di
portatori della società nuova a cui appartengono.
Esistono ben cinquantaquattro varianti della bylina relativa al combattimento
tra Il'ja
Muromec e il figlio, ma stando alla
versioni in nostro possesso, appare lecito affermare che non vi siano in esse
differenze sostanziali per ciò che concerne lo sviluppo della vicenda. Gran
parte delle byliny analizzate hanno inizio con la descrizione
dell'avamposto militare, nel quale risiedono i bogatyri russi. Ognuno di
loro ha un compito preciso da svolgere, ma al ruolo di capo assoluto è sempre
designato Il'ja
Muromec, il più anziano, saggio e
coraggioso dei guerrieri.
Kaby žili na zastavy bogatyri,
Nedalëko ot goroda – za dvenadcat' vërst,
Kaby žili oni da tut pjatnadcat' let;
Kaby tridcat'-to ich bylo so bogatyrëm;
[...]
Atamanom-to star kazak Il'ja Muromec,
Il'ja Muromec da syn Ivanovič,
Podataman'em Samson da Kolybanovič,
Da Dobrynja-to Mikitič žil vo pisarjach,
Da Alëša-to Popovič žil vo povarach,
Da i Miška Toropaniška žil vo konjuchach... |
I bogatyri vivevano nell'avamposto,
non lontano dalla città – a venti verste,
qui vivevano da quindici anni;
essi erano trenta in tutto;
[...]
Ataman [capo] era il vecchio cosacco
Il'ja Muromec,
Il'ja
Muromec figlio di Ivan,
aiutante in capo era Samson Kolybanovič,
scrivano era Dobrynja Nikitič,
cuoco era Alëša Popovič,
stalliere era Miška Toropaniška… |
Ončukov *: Pečorskie Byliny
> Bogatyri na zastave.
Boj Il'i Muromca s synom |
Appare importante notare che sin dal IX secolo d.C. fu ordinata dal gran principe Vladimir Svjatoslavič la costruzione
di posti di frontiera, soprattutto nella zona della Russia meridionale, al fine
di prevenire le incursioni degli eserciti pečeneghi (Šambinago
1917). Dunque i duelli fra i
guerrieri russi e gli abitanti delle steppe non erano puro frutto della fantasia
popolare, bensì una realtà della vita di confine prolungatasi attraverso i
secoli fino al periodo delle incursioni tartare. Proprio mentre
Il'ja
Muromec è intento ad osservare l'orizzonte
con il cannocchiale [truba podzornaja], si presenta al suo sguardo
l'inattesa visione di un guerriero sconosciuto: il suo aspetto è imponente [na
kone-to sidit budto sil'nyj bugor], talora simile a quello di una belva
feroce; la sua abilità nei giochi d'arme eccelsa, ma ciò che più preoccupa il
bogatyr' sono le minacce rivolte dall'intruso al principe
Vladimir e alla
capitale kieviana:
Nebylimi on slovami pochvaljaetsja:
— Ja zajdu-zaedo v stol'noj Kiev-Grad,
Soborny cerkvi sdelaju konjušnjami,
Čudny obraza ja v grjaz' stopču,
Samomu knjazju golovu srublju,
A samu knjaginjušku s soboj voz'mu. |
Egli si vanta con parole inaudite:
— Penetrerò a piedi, a cavallo, nella città capitale di Kiev,
trasformerò in stalle le cattedrali,
nel fango calpesterò le meravigliose immagini sacre,
al principe stesso mozzerò il capo,
e la stessa principessa farò mia. |
Leont'ev:
Pečorskie byliny i pesni [?]: Pro Sokol'nika |
In qualità di difensore dei confini,
Il'ja non
può permettere allo straniero di oltrepassare l'avamposto senza opporre alcuna
resistenza alla sua forza distruttiva, ma prima di risolversi a scendere in
campo personalmente contro di lui, affida ai compagni più meritevoli l'incarico
di indagare sulla sua identità, sui genitori e sulla sua tribù di appartenenza.
Zachodil tut Il'ja vo beloj šater,
Govoril tut Olëšen'ki Popoviču:
- Poezžaj-ko ty k udalu dobru molodcu,
Sprašivaj-ko ty udala dobra molodca,
Kotorogo on goroda, koej zemli,
Ot kotorogo otca, koej matuški? |
Entrò
Il'ja nella tenda bianca,
disse ad Olëšen'ka Popovič:
— Recati dal valoroso giovane gagliardo,
chiedi al valoroso giovane gagliardo,
di quale città, di quale terra,
di quale padre, di quale madre? |
Leont'ev:
Pečorskie byliny i pesni [6]: Il'ja Muromec i Sokol'nik |
Naganival nevežu vo čisto pole,
Stal vysprašivat' rodu-plemeni:
Ty koego, molodec, da rodu-plemeni?
Ty koego, molodec, da otca-materi?
Kak tja, molodec, da imenëm zovut?
Tut ot neveži otvetu net. |
Raggiunse lo screanzato sul campo aperto.
Cominciò a chiedergli della stirpe e della tribù:
— Di quale stirpe, di quale tribù sei, ardito giovane?
di quale padre e madre sei, ardito giovane?
con quale nome, o giovane gagliardo, ci si rivolge a te? —
Lo screanzato non dava risposta. |
Leont'ev:
Pečorskie byliny i pesni [?]: Pro Sokol'nika |
Il giovane guerriero non risponde alle domande dei bogatyri, ma le
byliny non forniscono spiegazioni al suo silenzio; il rifiuto di svelare le
proprie origini e soprattutto la propria identità...
A otvečaet udalyj da dobryj molodec;
Ne skazal on rodu svoego plemeni,
Ne skazal on otečestvo-molodečestvo... |
Risponde il valoroso giovane gagliardo;
non rivelò la sua stirpe, la sua tribù,
non rivelò il paese natale, la sua prodezza… |
Grigor'ev:
Archangelskie byliny i istoričeskie pesni sobrannye [III:
308]:
Boj Il'i Muromca s Podsokol'nikom |
...non sembra essere dovuto ad una motivazione inerente alla sua condizione
di figlio illegittimo, e forse potrebbe risalire alla concezione primitiva
riguardante il valore del nome, ritenuto una parte vitale dell'individuo, da
conservare gelosamente al fine di impedire ai nemici di impadronirsi della
propria forza. L'azione procede rapidamente verso il suo culmine, quando gli
inviati di Il'ja falliscono nell'impresa loro
assegnata, e fanno ritorno al posto di frontiera senza aver ottenuto alcun
ragguaglio da colui che ha osato sfidare il loro vigile controllo. I validi
compagni di Il'ja si sono dimostrati incapaci di
affrontare il giovane guerriero; talora hanno subìto passivamente i suoi
affronti, gli insulti e le minacce rivolte anche nei loro confronti,
Prigovarivat udalyj dobryj molodec:
— Voz'mu ja Il'ju k sebe v prikaščiki,
Voz'mu ja Dunaja k sebe v pisari,
A Dobrynju ja voz'mu k sebki-e v konjuchi,
A tebja, Olëšu, - čaški-ložki myt'. |
Dice il valoroso giovane gagliardo:
— Prenderò Il'ja presso di me come fattore,
prenderò Dunaj presso di me come scrivano,
e prenderò Dobrynja presso di me come stalliere,
e te, Olëša, a lavare scodelle e cucchiai. |
Leont'ev:
Pečorskie byliny i pesni [?]: Pro Sokol'nika |
Zakričal Dobrynja vo vsju golovu:
— Čto že ty, Sokol'niček-ochotniček,
Na našu zastavu ne privoračivaeš'?
Zakričal Sokol'niček-ochotniček:
- Ach ty, b... derevenskaja!
Ne za mnoj by tebe ezdit' vo čisto pole:
Pora by ti v derevne sidet', svinej pasti. |
Dobrynja diede un grido a piena voce:
— Allora, Sokol'niček, giovane cacciatore,
non ti volgi verso il nostro avamposto? —
Diede un grido Sokol'niček, il giovane cacciatore:
— Tu, p... di campagna!
Non dovresti seguire me sul campo aperto:
è tempo che tu ti sieda a pascere i porci. |
Rybnikov:
Pěsni sobrannyja II [64]: Il'ja i Sokol'niček |
oppure sono stati malmenati (anche se non a torto, giacché nel caso di
Alëša Popovič sono state le sue ingiurie a
provocare l'ira dello straniero),
Zarevel tut Sokol'nik gromkim golosom –
I padat u Olëši kon' naokoroc'.
Pod'ezžaet tut udalyj dobryj molodec,
Schvatil on tut Olëšu za rusy kudri,
Sbrosil on Olëšu na syru zemlju,
Nachlestal ego po ž… |
Sokol'nik si mise a mugghiare a gran voce:
e cade su un fianco il cavallo di Olëša.
Si avvicina il valoroso giovane gagliardo,
afferrò Olëša per i chiari riccioli castani,
gettò Olëša sull'umida terra,
lo frustò sul c… |
Leont'ev:
Pečorskie byliny i pesni [6]: Il'ja Muromec i Sokol'nik |
Di fronte a simile disfatta, non resta ad
Il'ja che recarsi di persona incontro al giovane guerriero, e scendere il campo aperto
contro di lui sfidandolo a duello. È ormai evidente che nessuno fra i
bogatyri riuscirebbe a sostituire il valoroso
Il'ja e a riportare la vittoria sullo sconosciuto,
Govorit staryj takovy slova:
— Ne kem mne zamenitisja,
Zamenitisja svoej staroj, bujnoj golovoj! |
Pronuncia il vecchio tali parole:
— Non c'è nessuno che mi possa sostituire,
sostituire la mia vecchia testa matta! |
Rybnikov:
Pěsni sobrannyja II [64]: Il'ja i Sokol'niček |
oppure il «vecchio cosacco» non appare desideroso di combattere contro questo
nemico della terra russa:
…Ne ostavil by kon' dak na čistom poli:
— A mne pridëtsja-de s'echatsja na pole s neprijatlem. |
…Non lasciò il cavallo sul campo aperto:
— E toccherà a me incontrare in campo il nemico. |
Grigor'ev:
Archangelskie byliny i istoričeskie pesni sobrannye [III:
308]:
Boj Il'i Muromca s Podsokol'nikom |
La bylina comunque è ben lungi dal descrivere le sensazioni dei suoi
protagonisti, e quali che esse siano, il combattimento fra
Il'ja e colui che si rivelerà essere il suo unico figlio, deve avere
inizio. Assistiamo per la prima volta nella carriera del bogatyr' ad uno
scontro armato carico di tensione e drammaticità, in cui l'antagonista dell'eroe
non subisce inerte una rapida sconfitta, ma lotta alacremente per imporre la
propria forza. La lotta fra i due è descritta con dovizia di particolari, ed è
interessante notare come in gran parte delle varianti il giovane guerriero sia
dotato di una prestanza tale da consentirgli di non cedere ai colpi infertigli
dal padre, e di riuscire addirittura a sopraffarlo, anche se per un breve
istante.
A kak po sčast'icu bylo da Podsokol'nika,
Po zločast'icu bylo Il'i Muromca:
A kak-de pravaja ruka da priokombala,
A kak-de levaja noga ego priokol'zela,
A kak padal staryj kazak na syru zemlju.
Eščë splyl-to Podsokol'niček na belyj grudi;
On ne sprašival ni rodu i ni plemeni,
On ne sprašival otečestvo-molodečestvo;
On rasstëgival laty ego kol'čužnye,
On vymal iz nagališča činžalyj nož;
On chočet porot' ego belyj grudi,
On i chočet smotret' dak retivo serdco. |
La buona sorte era dalla parte di Podsokol'nik,
la sventura dalla parte di
Il'ja Muromec:
il braccio destro si rattrappì,
la gamba sinistra si irrigidì,
cadde il vecchio cosacco sull'umida terra.
Podsokol'niček sedette sul bianco petto;
non si informò sulla stirpe né sulla tribù,
non si informò sul paese natale, sulla prodezza;
slacciò il suo giaco,
cavò il pugnale dal fodero;
vuole squarciare il suo bianco petto,
vuole guardare il cuore ardente. |
Grigor'ev:
Archangelskie byliny i istoričeskie pesni sobrannye [III:
308]:
Boj Il'i Muromca s Podsokol'nikom |
Si tratta di un duello fra pari, fra individui provvisti della stessa
abilità, della stessa esuberante forza fisica, che la bylina non ama
risolvere con la vittoria assoluta e definitiva di uno solo. Il figlio di
Il'ja riesce a prevalere su di lui perché la sorte gli è favorevole, ma
giunge in soccorso al bogatyr' una forza miracolosa, che pervade il suo
corpo e gli deriva dalla fede, o forse da un diretto intervento celeste, quasi a
porre in evidenza la rettitudine della sua opposizione al giovane miscredente,
che ha osato annunciare la propria volontà di profanare le chiese e le icone
sacre.
Togda vzmolilsja Il'ja Muromec:
— Už ty goj esi, spas mnogomilostlivyj,
Presvjata mat' bož'ja bogorodica,
Ja stojal za veru pravoslavnuju,
Ja za russkie cerkvi za sobornye
I za vse monastyri bogomol'nye,
Už ty vydala menja sobake na poruganje!
U starogo togda sily vdvoe pribylo,
On i sšib-slomil sobaku so belyj grudej. |
Allora implorò
Il'ja Muromec:
— O benevolo salvatore,
Santissima, divina madre di Dio,
io ho difeso la fede ortodossa,
e le cattedrali russe,
e tutti i pii monasteri,
e tu mi hai consegnato agli oltraggi di quel cane!
Allora al vecchio raddoppiò la forza,
scosse il cane dal bianco petto e lo sottomise. |
Leont'ev:
Pečorskie byliny i pesni [7]: Il'ja Muromec i Sokol'nik |
In effetti, prima ancora di scoprire che il guerriero contro cui si sta
combattendo è suo figlio,
Il'ja lo identifica con
l'oppressore del popolo e invasore «pagano» Idolišče,
designato dalle byliny come il qān tartaro che ha messo a ferro e
fuoco la città di Car'grad. Naturalmente non si
tratta dello stesso personaggio, ma l'appellativo attribuito dal bogatyr'
al figlio ha la precisa funzione di accentuarne la parvenza minacciosa e
l'atteggiamento ostile.
Vzmolilsja Il'ja bož'ej materi:
— Stojal ja za veru pravoslavnuju,
A teper' dostavajus' na porugan'e
Idolišču poganomu! |
Implorò
Il'ja la madre divina:
— Ho difeso la fede ortodossa,
e adesso punirò il pagano Idolišče
per la profanazione! |
Leont'ev:
Pečorskie byliny i pesni [6]: Il'ja Muromec i Sokol'nik |
La scena immediatamente successiva alla preghiera di
Il'ja vede la situazione capovolgersi: è l'eroe russo a sedere sul petto
del suo avversario, e ad impedirne ogni mossa nel tentativo di convincerlo a
rivelare la sua identità, oppure già in procinto di giustiziarlo. Nel primo
caso, il giovane cede all'insistenza di
Il'ja e
alla terza richiesta dichiara la propria origine:
I skazal togda sudalo dobryj molodec:
— Ot togo ja ot morja ot cholodnogo,
Ot togo ja ot kameška ot Latyrja,
Ja rodilsja or matuški Zlatygorki,
Ot toj li palenicy preudalye. |
Disse allora il valoroso giovane gagliardo:
— Da quel freddo mare,
dalle montagne di Latyr',
nacqui dalla madre Zlatygorka,
da quella coraggiosa amazzone. |
Leont'ev:
Pečorskie byliny i pesni [7]: Il'ja Muromec i Sokol'nik |
Govorit-to Sokol'nik da takovy reci:
— Ot togo že ja ot kameška ot Latyrja,
Da ot toj že ja devčonki da Zlatygorki;
Ona zla polenica da preudalaja,
Da sama ona byla eščë odinookaja. |
Pronuncia Sokol'nik tali parole:
— Dalle montagne di Latyr',
dalla fanciulla Zlatygorka,
la perfida e valorosa amazzone,
con un occhio solo. |
Ončukov:
Pečorskie Byliny [?]: Bogatyri na zastave.
Boj Il'i Muromca s synom |
Mentre nella variante in cui l'eroe è deciso a dare la morte al figlio, il
riconoscimento avviene dapprima attraverso la vista dell'anello indossato da
Sokol'nik, lo stesso che anni addietro
Il'ja aveva consegnato alla donna amata in terra
straniera.
Smachnul on nevežu so belych grudej,
Sadilsja Sokol'niku na čërny grudi,
Razryval ego pugovki serebrjany,
Vymal kinžališče-bulaten nož,
Ladit porot' ego čërny grudi.
Uvidel u Sokol'nika na pravoj ruke,
Na pravoj ruke starogo imenno kol'co –
Ostajalas' u starogo ruka pravaja… |
Scacciò dal bianco petto lo screanzato,
si sedette sul nero petto di Sokol'nik,
fece a pezzi i bottoni argentei,
sguainò il pugnale damaschino,
intende squarciare il suo petto nero.
Vide alla mano destra di Sokol'nik,
alla mano destra, proprio l'anello del vecchio –
restò immobile la mano destra del vecchio… |
Leont'ev:
Pečorskie byliny i pesni [?]: Pro Sokol'nika |
Da questo particolare momento della narrazione la bylina segue uno
sviluppo del tutto particolare, che comprende in sé entrambi i modelli della
leggenda del combattimento tra padre e figlio. La vicenda procede con la
rappacificazione dei due, o meglio con la reazione entusiastica di
Il'ja al ritrovamento dell'erede: in alcune
versioni il bogatyr' riferisce inoltre il resoconto dell'antefatto, ossia
dell'incontro con l'amazzone e madre di Sokol'nik:
Da skazal-to staroj non' na rezvy nogi,
Prižimal on egoda ko beloj grudi,
Ko beloj-de grudi da k retivu serdcu,
Celoval ego v usta da nyn' sacharnye:
— Už ty, čado le, čado da moë miloe,
Ty ditja le miloe, ditja moë serdečnoe!
Da s'ezžalis' s tvoej da my ved' mater'ju
Da na tom že my ved' na čistom poli,
Da i sila na silu prilučalisja,
Da ne ranilis' my da ne krovavilis'.
Sotvorili my s nej ljubov' telesnuju,
Da telesnuju ljubov, da my serdečnuju,
Da i tut ved', čado, tebja prižili;
Da poed' ty nyn' k svoej materi,
Privezi ej ty nyn' v stol'no Kiev-grad,
Da i budeš u menja ty pervyj bogatyr',
Da ne budet tebe u nas poedinščikov. |
Balzò il vecchio sulle agili gambe,
lo strinse al bianco petto,
al bianco petto, al cuore ardente,
lo baciò sulle labbra zuccherine:
— Figlio, figlio mio adorato,
bambino caro, figlio mio amorevole!
Tua madre e io scendemmo
in quel campo aperto,
per una prova di forza,
ma non ci ferimmo, né ci macchiammo di sangue.
Il nostro fu un amore carnale,
un amore carnale, ma sincero.
E così avemmo te, figlio naturale;
adesso recati da tua madre,
conducila a Kiev città capitale,
presso di me sarai il primo bogatyr'
e fra noi non vi saranno più duelli. |
Ončukov:
Pečorskie Byliny [?]: Bogatyri na zastave.
Boj Il'i Muromca s synom |
Scoperta la propria paternità,
Il'ja Muromec
accoglie il figlio con gioia e benevolenza; poco importa se i primi istanti del
loro incontro sono stati violenti e drammatici; il ricordo della relazione
intercorsa con la madre e la felicità per non aver privato della vita il suo
unico figlio, gli fanno credere nella possibilità di ricostruire la famiglia, e
di coinvolgere il giovane nell'attività difensiva in favore della Russia. Si
direbbe che la bylina volga verso un lieto fine, sancito dall'unione di
Il'ja
e Sokol'nik
negli intenti e nei sentimenti [a i pobratalsja stary kazak sa svoim synom],
e dalla possibilità per la terra russa di trovare un nuovo paladino nel figlio
del suo più devoto eroe. Ma Sokol'nik cela al padre
i suoi più reconditi e malvagi pensieri, che vanno contro alle raccomandazioni
materne e sono volti al desiderio di trovare una soluzione sanguinosa alla sua
condizione di figlio illegittimo, da lui ritenuta ingiuriosa e inaccettabile.
A poechali oni todga vo belyj šater;
Kak na radosti pili da troi sutočki.
Podsokol'nik-to ved' na nego zlo dumaet,
Zlo-to dumaet on, čtoby zlo by delati:
— Ne poslušaju ja matuška nakazan'ica:
Uchožu ja svojego-to rodna batjuška! |
Essi si recarono allora alla bianca tenda;
per la felicità bevvero tre giorni e tre notti.
Podsokol'nik medita di nuocergli,
medita di fargli del male:
— Non presterò ascolto agli ordini di mia madre:
causerò la rovina del mio caro padre! |
Markov:
Belomorskie byliny [4]: Voj Il'i Muromca s synom |
Govoril-de Vasilej svoej materi:
— Gosudarnyi moja ty rodna matuška!
Da ne choču-de ja slyt' zaugol'nikom,
Da emu žit'. A libo mne-ka žit'. |
Disse Vasilej a sua madre:
— Mia signora, cara madre mia!
Non voglio avere fama di figlio illegittimo,
che egli viva, oppure che sia io a vivere. |
Hilferding [Gil'ferding]:
Onežskie byliny [219]: Il'ja Muromec i
syn ėgo |
A proposito dei precetti ricevuti da Sokol'nik
prima della partenza alla ricerca di
Il'ja Muromec,
occorre rammentare che la madre non lo aveva istigato alla vendetta, né a
compiere azioni violente a discapito del bogatyr'.
Latygorka lo aveva invece consigliato per il meglio, imponendogli di
mostrarsi rispettoso nei confronti dell'anziano guerriero:
I stala togda emu nakazyvat':
— Už ty oj esi, moë čado miloe,
Ty kogda poedeš po čistu polju,
Ty uvidiš kogda starogo sedatogo,
Ne doechav k staromu, s knja vstavaj,
Klanjajsja staromu ponižešen'ko,
Ponižešen'ko staromu niže pojasa,
Niže pojasa staromu, do syroj zemli,
Do syroj zempli staromu, v nogu pravuju. |
Allora ella si diede ad impartirgli ordini:
— O mio figlio caro,
andrai per il campo aperto,
e quando vedrai il vecchio canuto,
prima di giungere al suo cospetto, alzati dal cavallo,
inchìnati profondamente al vecchio,
profondamente al vecchio, più in basso della cintura,
più in basso della cintura al vecchio, fino all'umida terra,
fino all'umida terra al vecchio, sulla gamba destra. |
Leont'ev:
Pečorskie byliny i pesni [7]: Il'ja Muromec i Sokol'nik |
Ma il disagio e la rabbia suscitati in Sokol'nik
dall'illegalità della sua nascita non gli consentono di discernere il bene dal
male, o forse egli è il solo ad avere coscienza della natura inconciliabile
della sua relazione con il padre. L'unico modo per affermare la propria
personalità risiede nella sua imposizione dirompente: la coesistenza con il
padre è impossibile, ma al tempo stesso la semplice presenza materna non gli
garantisce più alcun riconoscimento da parte del gruppo sociale cui appartiene,
pertanto la sua reazione violenta non si riversa solo su
Il'ja, ma prima ancora colpisce Latygorka,
che in più varianti il figlio uccide senza pietà, dopo aver mentito sulla
condotta tenuta dal padre nei suoi confronti, esprimendo non il reale sentimento
dimostrato dal bogatyr', bensì la propria incapacità di accettare il
ruolo indegno di figlio illegittimo.
A i tut-de Sokol'niku za bedu stalo,
Za velikuju dosadu pokazalosja,
Da chvatal on matušku za čërny kudri,
Da i vyznjal on ej vyše mogučich pleč,
Opustil on ej da o kirpiščat pol,
Da I tut-de staruche da smert' slučilasja. |
A Sokol'nik parve una sciagura,
e fu pervaso da un profondo risentimento,
afferrò la madre per i riccioli neri,
e la alzò più in alto delle possenti spalle,
la gettò contro il pavimento di mattoni,
e la vecchia fu colta dalla morte. |
Ončukov:
Pečorskie Byliny [?]: Bogatyri na zastave.
Boj Il'i Muromca s synom |
Otvet deržit sudalo dobroj molodec:
— Už ja videl starogo-sedatogo,
Staroj nazyvat tebja b…,
A menja obzyvat on vyb…
Berët on vo svoju ruku pravuju,
Berët svoju sablju vostruju,
Novuju sablju, beonovlenu,
I ssëk u nej so pleč bujnu golovu. |
Risponde il valoroso giovane gagliardo:
— Ho visto il vecchio canuto,
il vecchio ti chiama p…,
e chiama me f… —
Nella mano destra afferra,
afferra la sua sciabola aguzza,
la sciabola nuova,
e le mozzò la testa matta dalle spalle. |
Leont'ev:
Pečorskie byliny i pesni [7]: Il'ja Muromec i Sokol'nik |
La bylina è ormai giunta al termine: dopo l'uccisione scellerata della madre,
Sokol'nik fa ritorno alla zastava degli eroi
russi, e dall'esterno della tenda in cui riposa
Il'ja,
lo incita a combattere nuovamente contro di lui in un duello all'ultimo sangue:
Da Il'ja Muromec, gde bilsja, tut i opočiv deržat'.
Da razdërgivan byl evo bel šatër,
Da zakričal-de Vas'ka zyčnym golosom:
— Da ty staraja sobaka, sedatoj pës!
Da vychodi-tko ty a iz bela šatra,
Tebe ved' žit', libo mne-ka žit'. |
Dove
Il'ja Muromec combatteva, lì dormiva.
Era piantata la sua bianca tenda,
Vas'ka diede un grido con voce stentorea:
— Tu, vecchio cane, cagnaccio canuto!
Esci dalla bianca tenda,
a te la vita, oppure a me! |
Hilferding [Gil'ferding]:
Onežskie byliny [219]: Il'ja Muromec i
syn ėgo |
...oppure assale il bogatyr' di sorpresa mentre questi giace
addormentato. L'esito della lotta è comunque uno solo: in men che non si dica
Il'ja riesce a sopraffare il feroce avversario, a
liberarsi della sua presa e a dargli la morte, questa volta senza la minima
esitazione.
…On spit, satryj, chrapit,
Kak telega ordynskaja gremit.
I sadilsja Sokol'nik na belyj grudi,
Vynimal nožiše-kinžališče
I udaril ego v bely grudi:
Ne sderžali laty kol'čužnye,
Ne sderžalo cvetno plat'ice,
Sderžal čuden krest,
Vesom krest vo tri puda, -
Ot kresta nožišče pogibaetsja.
Probuždaetsja staryj ot krepka sna
I vidit: sidit Sokol'nik na bely grudi
Udaril Sokol'nika v bely grudi
I vyšib vyše lesu stojačego,
Niže oblaka chodjačego:
Upadal Sokol'nik na syru zemlju,
Vybival golovoj, kak pivnoj kotël.
Vyskočil Il'ja iz bela šatra,
Chvatil za nogu. Na drugu nastupil,
Na poly Sokol'nik razorval. |
…Il vecchio dorme, russa,
rumoreggia come il carro dell'orda.
Si sedette Sokol'nik sul bianco petto,
sguainò il pugnale
e lo colpì sul bianco petto:
non resisté il giaco,
non resisté l'abitino colorato,
resisté la croce prodigiosa,
del peso di tre pud,
il pugnale è distrutto dalla croce.
Si risveglia il vecchio dal sonno profondo
e vede: siede Sokol'nik sul bianco petto.
Colpì Sokol'nik sul bianco petto
e lo sospinse più in alto del bosco ritto,
più in basso della nuvola vagante;
cadde Sokol'nik sull'umida terra,
si ruppe il capo, simile ad una caldaia di birra.
Il'ja balzò fuori dalla bianca tenda,
afferrò una gamba, calpestò l'altra,
e lacerò Sokol'nik a metà. |
Rybnikov:
Pěsni sobrannyja II [64]: Il'ja i Sokol'niček |
Il trattamento riservato dall'eroe al figlio che non ha saputo apprezzare la
sua prova d'affetto e ha subdolamente attentato alla sua vita, è tutt'altro che
amorevole; forse non esiste nella biografia di
Il'ja
un episodio altrettanto cruento e brutale, che veda il bogatyr' uccidere
l'avversario e poi indulgere nella recisione dei suoi arti, con i quali cibare
gli animali selvatici che vagano nei pressi dell'avamposto:
Da i vytaščil staroj ego von na ulicu,
Da i ruki i nogi ego on otorval,
Rassvistal on ego da vo čistu polju,
Da i tulovo svjazal da ko dorbu konju,
Da sorokam, corona da na rasklevan'ë,
Da serym-de volkam da na rastarzan'ë. |
Il vecchio lo trascinò fuori nella strada.
Lacerò le sue braccia e gambe,
e li gettò qua e là per il campo aperto,
legò il suo tronco al fedele destriero,
lo diede alle gazze e ai corvi come becchime,
lo diede in pasto ai lupi grigi. |
Ončukov:
Pečorskie Byliny [?]: Bogatyri na zastave.
Boj Il'i Muromca s synom |
Non sembra neanche essere nella natura di
Il'ja
una simile reazione, e tuttavia se l'affermazione di Jeffrey Gantz a proposito
della leggenda irlandese può risultare valida anche per la bylina russa,
l'elemento sanguinoso della vicenda non sarebbe che una prova della sua
antichità, annunciata peraltro anche dai folkloristi russi, secondo i quali
l'elaborazione bylinica del soggetto della lotta fra padre e figlio sarebbe più
remota e drammaticamente compiuta delle versioni fornite dalle tradizioni di
altri popoli, fra i quali quello irlandese. |
PADRE E FIGLIO. L'EROE IRLANDESE
 |
Cú Chulainn avanza in battaglia (✍
1916) |
Joseph Christian Leyendecker (1874-1951), illustrazione. |
a leggenda
dedicata al combattimento tra padre e figlio che ha per protagonista l'eroe
irlandese, non fa parte di quella che è solitamente riconosciuta come la sua
epopea, ossia il lungo episodio della guerra per il Toro Bruno di Cuailnge,
bensì è annoverata fra i remscéla, sarebbe a dire i racconti che
preludono alle vicende in essa narrate, e che sono ritenuti fondamentali al loro
sviluppo, perché in molti casi descrivono le origini, i corteggiamenti o le
avventure di re ed eroi del ciclo dell'Ulster. Diversamente dalla bylina
russa, che talora assegna all'eroe stesso il compito di introdurre a sorpresa
nella narrazione il motivo dell'incontro con l'amazzone, l'episodio della lotta
fra Cú Chulainn e Conla
ha il suo antefatto in un altro racconto, il cui
duplice soggetto è il corteggiamento della futura moglie Emer da parte di
Cú Chulainn e il suo addestramento all'arte guerriera.
Informato della conversazione intercorsa tra la figlia Emer e
Cú Chulainn,
Forgall Manach (Forgall l'«astuto») si reca ad Emain, determinato ad impedire la
loro unione, e per attuare il suo piano senza palesare la meschinità dei suoi
intenti, consiglia all'eroe di recarsi ad Alba, presso l'amazzone
Scáthach, dove
potrà perfezionarsi nell'uso delle armi e nelle facoltà belliche, fino a
diventare il più abile guerriero d'Europa. Cú Chulainn non indugia, e il giorno
seguente il suo colloquio con Forgall, parte per Alba, non senza prima essersi
congedato dalla promessa sposa, e averle giurato fedeltà per la vita.
Luid ierum
Forcold dia tig ⁊ atregad in laith gali ara
baruch ⁊ debertad die n-óidh techt frisna
gnimo ro gellsad. Luidset comboi Cu Chulaind
iarum ⁊ LogaireBuadach ⁊ Concupor ⁊ airmid
foirind Conoll Cernach do techt aræn ru. Is
ed luid Cú Chulaind 'diu dar Bregu de adald
na h-ingeni. At-glatustar som iarum Emiur
ria techt ina noi. [...]. Tincellaid cach
dib da céile comed a n-genaiss , acht mana
fagbaud nechtar dip bas foi, co comristis
dorisse. Timnaiss cauch dib celiubrad di
alaili ⁊ imdisoat go Alpi. |
I guerrieri si alzarono presto, al mattino, e si prepararono ad adempiere la
loro promessa. Ad andare furono Cú Chulainn,
Loegaire Buadach, Conchobar e
Conall Cernach; e Cú Chulainn attraversò la piana di Breg per vedere la
fanciulla. Parlò con Emer prima di salpare [...]. Ognuno di loro promise
all'altro di mantenersi fedele fino al nuovo incontro, salvo che l'altro non
morisse. Dopo essersi salutati, [Cú Chulainn] partì verso Alba. |
Tochmarc Emire |
Nel corso del suo soggiorno in Alba, Cú Chulainn costringe
Scáthach a
garantirgli un allenamento completo nell'arte della guerra, ma allo stesso tempo
si rende utile all'amazzone, accorrendo in suo aiuto nel combattimento provocato
dalla sua acerrima avversaria Aife, la più feroce guerriera in assoluto. Facendo
ricorso all'astuzia egli riesce ad atterrare la donna, ma non è nelle sue
intenzioni darle la morte, bensì ottenere da lei l'impegno a realizzare tre
desideri:
Asbert Aifi:
— Anmoin in anmain, a Cu Chulaind! — al si.
— Mo trí drinnruisc dam-sa! — ol se.
— Ro-t-biad amoil no tistais lat anail, — or
si.
— It e tri drinnroisc, — ol sé, — giallnæi
do Scathaig cen nach frithorgain fria iarum,
muinterus frium d'adaig ar belaibh di
dunaicch fen ⁊ co rucai mac dam. |
— Una vita per una vita, Cú Chulainn! — disse
Aife.
— Concedimi tre desideri — disse lui.
— Potrai avere ciò che chiederai d'un sol fiato — disse lei.
— I miei tre desideri — disse lui, — sono: ostaggi per Scáthach e che tu non
l'attacchi mai più; la tua compagnia questa notte al tuo forte; e partoriscimi
un figlio. |
Tochmarc Emire |
Aife acconsente a soddisfare le richieste di
Cú Chulainn, e al momento della
partenza si accorda con l'eroe sul destino del figlio, che compiuti i sette anni
dovrà partire alla ricerca del padre.
Luid didiu Cu
Chulaind la h-Aeifi ⁊ fæidiss lee in aidqi
sin.
Asbert iarum inti Aiffe ba torruch ⁊ mac
nu-s-berad.
— Cuirfed-sai 'diu dia secht m-bliadan co
h-Érin h-e, — ol si, — ⁊ facaib-se ainm do.
Facbaiss Cu Chulaind dornnaisc n-oir n-do ⁊
ispert frie gon tissad dia cuingid-seum co
h-Érinn in tan bud lan in dornnaisc dia meor
⁊ ispert co m-bad é a ainm do bretha n-dou
Conlui ⁊ aspert frie nacha slonnad d'oinfir
⁊ nacha m-beurad oinfer dia sligid ⁊ na
rodobad comlonn ainfir.
Ataninntai Cu Culaind coa muindtir n-iarum
fessne... |
Cú Chulainn andò e trascorse la notte con
Aife.
Presto Aife disse che aspettava un bambino e che avrebbe partorito un maschio.
— Fra sette anni da questo giorno lo manderò in Irlanda — disse. — Ma lasciami
un nome da dargli.
Cú Chulainn gli lasciò un anello d'oro da pollice e le disse che il bambino
avrebbe dovuto andare a cercarlo in Ériu quando il suo dito fosse cresciuto
fino a poter indossare l'anello. Il nome che gli diede fu Connla. Disse che
Connla non doveva rivelare il proprio nome ad alcuno, che non doveva concedere
la strada ad alcuno, e a nessuno doveva rifiutare il combattimento.
Poi Cú Chulainn fece ritorno alla sua terra... |
Tochmarc Emire |
Il campione non solo sceglie il nome del nascituro, ma gli impone anche tre
tabù la cui funzione è quella di determinare la sua condotta di intrepido
guerriero, gli stessi che saranno causa della sua tragica fine. L'episodio del
soggiorno di Cú Chulainn in terra straniera è concluso, anche se la leggenda
procede con la descrizione del suo ritorno in patria, della sua vendetta nei
confronti di Forgall, e del breve rito che segna il riconoscimento sociale del
vincolo d'amore stretto con Emer.
La leggenda che vede Cú Chulainn opporsi al suo unico figlio in duello e
provocarne la morte, presenta tratti molto simili all'episodio descritto dalla
bylina. Come annunciato da Aife, sette anni dopo il suo incontro con il
campione, il giovane Connla parte alla ricerca del padre. Egli viaggia per mare,
giacché il suo luogo di origine è a nord della Britannia, e mentre la sua
imbarcazione si avvicina alle coste dell'Irlanda orientale, viene avvistato
dagli uomini dell'Ulster. Egli è intento a compiere semplici giochi d'arme, che
agli occhi dei paladini di Conchobor appaiono la prova evidente di una
eccezionale personalità guerriera. Il giovane stesso, insuperbito dalle proprie
prodezze, incita gli eroi ad incontrarlo e ad impedirne lo sbarco.
— Maith tra,
— ol Conchobar,
— mairg thír i táet in gillae ucut,
— ol sé.
— Matis fir móra na hindsi asa táet donístis,
conmeltis ar grian, in tan is mac bec dogní
in airbert ucut. Eirged nech ara chend.
Nacha telged i tír eter. |
Conchobor disse:
— Provo pietà per la terra verso la quale si
sta dirigendo quel ragazzo. Non so da quale isola egli giunga, ma gli uomini di
quella terra possono ridurci in polvere se uno dei suoi ragazzini è capace di
tanto. Qualcuno vada ad incontrarlo. Non lasciatelo sbarcare. |
Aided Óenfir Aífe |
e a turno scendono in campo due fra i migliori campioni, il primo dei quali,
Condere mac Echach è scelto dal re per il suo buonsenso e la sua eloquenza, doti
indispensabili a convincere Connla a non sfidare gli uomini dell'Ulster e a
rivelare la sua identità.
— Ní hansae,
— ol Conchobar,
— cid cíall ⁊ erlabrae immabera, is Condere
as chóir and.
— Regadsa ar a chend,
— ol Condere.
Luid Condere íarom ⁊ is and ro gab in mac
tráig in tan sin.
— Is lóor dothéig, a macáin,
— ol Condere,
— co fessamar cid no théig ⁊ can do chenél.
— Ním sloindim do óenfiur,
— ol in gillae,
— ⁊ ní imgabaim óenfer.
— Ní tergae i tír,
— ol Condere,
— corot sloindi.
— Regad a leith dia tuidched,
— ol in gillae. |
— Non è difficile,
— disse Conchobor,
— laddove ci sia bisogno di buon senso ed
eloquenza, Condere è la persona giusta.
— Andrò ad incontrarlo,
— disse Condere.
Condere si diresse verso il ragazzo, proprio mentre
raggiungeva la riva.
— Sei giunto abbastanza oltre, giovanotto,
— disse Condere,
— a meno che non scopriamo da dove vieni e
chi è la tua gente.
— Non consegnerò il mio nome ad alcun uomo,
— disse il ragazzo,
— e a nessun uomo cederò il passo.
— Non puoi sbarcare,
— disse Condere,
— se non dài il tuo nome.
— Vado dove sto andando,
— disse il ragazzo. |
Aided Óenfir Aífe |
Condere dà sfogo alle sue migliori doti dialettiche, e in un lungo monologo
esalta il giovane per le sue gesta e perché in possesso di un onore pari a
quello degli Ulaid. Gli offre la protezione del sovrano, e dichiara che i
personaggi più eminenti di tutta la provincia sarebbero ben fieri di riservargli
una degna accoglienza. Connla apprezza le parole del campione, ma non può
accettare la sua proposta perché ha fatto voto di rispondere con le armi a
chiunque si frapponga alla sua persona e all'intento che ha deciso di
perseguire. Il dialogo tra i due procede pacatamente, nel rispetto reciproco
delle proprie inconciliabili posizioni, fino a che il giovane congeda il suo
interlocutore, determinato, se necessario, ad affrontare tutti gli eroi di
Conchobor in duello o in battaglia.
Conall Cernach che ha udito il resoconto di
Condere, non può consentire ad un fanciullo imberbe di mettere in ridicolo
l'Ulster, ma il suo nobile tentativo di ergersi a difensore dell'onore della
razza fallisce miseramente, giacché egli stesso viene giocato dalla rapidità di
azione del suo avversario.
— Níba fír,
— ol Conall Cernach,
— enech Ulad do breith céin am beósa.
Luidseom didiu do saigid in maic.
— Is álaind do chluiche, a macáin,
— ol Conall.
— Níba frit bas étchiu,
— ol in gillae.
Ro lá in gillae cloich ina thabaill.
Dosléici isind áer .i. táthbéimm, co riacht
a bressim ⁊ a torann ac techt súas co Conall.
Foceird Conall tar a chend. Riasiu atracht,
dobert in gillae scíathraig a scéith fora
láma.
— Nech aile friss!
— ol Conall. Dorat tra gen forsin slúag fon
indus sin. |
— Nessuno sminuirà l'onore dell'Ulster
finché sarò in vita,
— disse Conall Cernach.
— Non lo permetterò.
Si recò incontro al ragazzo.
— Quelli erano bei giochi, ragazzo,
— disse Conall.
— Funzioneranno altrettanto bene su di te,
— disse il ragazzo.
Mise una pietra nella sua fionda e la scagliò nel cielo con un colpo assordante.
Mentre si alzava, il rombo del suo tuono raggiunse Conall
e lo precipitò a terra. Prima che potesse risollevarsi, il ragazzo aveva legato
la cinghia dello scudo intorno alle braccia di Conall.
— Mandate avanti qualcun altro!
— disse Conall,
ma l'intero esercito fu coperto di vergogna. |
Aided Óenfir Aífe |
Come Il'ja
Muromec è costretto ad affrontare il figlio per via
dell'incapacità dimostrata dai compagni di ostacolare la sua forza distruttiva,
così è giunto il momento per Cú Chulainn di scendere in campo contro colui che
minaccia l'onore dell'Ulster, e al quale nessun campione ha più il coraggio di
impedire l'accesso in terra irlandese.
Le parole pronunciate da Condere sembravano alludere ad un possibile legame
fra il fanciullo e gli Ulaid (The pride of the warriors of Ulaid is in you /
‘L'orgoglio dei guerrieri dell'Ulster è in te'), ma se ancora non appariva
chiara la sua origine, ora che il supremo campione dell'Ulster si avvia verso di
lui, la somiglianza fra i due è evidente: non nel sembiante, ma nell'arroganza
esibita da entrambi nel compiere i giochi d'arme appresi da
Scáthach, e che li
distinguono da coloro che assistono al loro incontro. Tuttavia è solo
Emer,
moglie di Cú Chulainn, a riconoscere nel giovane straniero l'unico erede del
consorte; e invece di tacere la propria intuizione e reagire con giustificata
ostilità lasciando che il peggio avvenga, ella supllica il campione affinché si
ravveda e non si precipiti in un'impresa ingiusta a danno della sua stessa
progenie.
Boí Cú Chulainn immurgu oca chluichiu oc dul
dochum in gillai, ⁊ lám Emire ingine
Forgaill tara brágaid. |
Poi Cú Chulainn si fece avanti verso il ragazzo,
compiendo le sue prodezze.
Emer, la figlia di Forgall, gli teneva il
braccio intorno al collo. |
— Ná téig sís!
— ol sí.
— Mac duit fil tís.
Ná fer fingail immot óenmac,
co sechnam, a maic saigthig soailti.
Ní soáig ná soairle
coméirge frit
mac mórgnímach
mór ... n-esiut.
Artai o ríag cnis fochlóc ót biliu,
ba cotat fri Scáithchi scél.
Mad Conlae céssad clár clé,
comad fortamail taidbecht.
Tinta frim!
Cluinte mo chlois!
Fó mo chosc!
Bad Cú Chulainn cloadar!
Atgénsa cid ainm asind ón,
maso Conlae
óenmac Aífe
in mac fil tís,
— ol in ben. |
Ella disse:
— Non andare!
Quello laggiù è tuo figlio,
non uccidere tuo figlio
il figlio selvaggio e dai nobili natali
lascialo vivere
è forse buono o saggio
per te scagliarti
sul tuo meraviglioso figlio
dalle potenti gesta
ricorda il severo monito
di Scáthach e scaccia
da questa agonia di carne
questo ramoscello del tuo albero
se Connla ci ha sfidati
lo ha giustificato!
Torna indietro, ascoltami!
Il mio riserbo è sensato
Cú Chulainn ascolta
conosciamo il suo nome
se è davvero Connla
il ragazzo è il solo
figlio di Aife. |
Aided Óenfir Aífe |
Ma Cú Chulainn è irremovibile, e anche se il giovane guerriero che si erge
fiero di fronte a lui fosse suo figlio, egli non potrebbe mancare al suo
compito. Eppure, nonostante il pericolo avvertito da Conchobor alla vista di
Connla, non si può certo paragonare l'intervento difensivo del campione
all'azione punitiva intrapresa da
Il'ja Muromec nei confronti di
Sokol'nik: ciò
che urge il bogatyr' alla lotta è l'atteggiamento dissacrante del figlio, privo
di umiltà e rispetto nei confronti della fede e dello stato, e soprattutto, le
violente minacce che il giovane rivolge al principe e agli stessi guerrieri
russi. Connla non è mosso da una simile brutalità
di intenti, e il fatto che sia disposto a combattere contro chiunque voglia
impedirgli di portare a compimento il proprio «dovere» non lo rende simile a
Sokol'nik, la cui furia appare
ingiustificata, ma dimostra semplicemente che sono i tabù impostigli dal padre
subito dopo il suo concepimento, a determinare la sua condotta temeraria. Il
pericolo costituito da Sokol'nik appare reale, e reso perentoriamente manifesto
dalle vanterie del giovane stesso, mentre assai meno minacciosa è la presenza di
Connla, il cui comportamento ostile è motivato e compreso da Emer, che pure
viene tacciata dal marito di non saper intendere le ragioni dei guerrieri.
Is and sin
asbert Cú Chulainn:
— Coisc, a ben! Ní cosc mná admoiniur
mórgnímaib asa coscur glé. Ní gníther do
banchobrae. Bam gnímbúadach. Buidig ruisc
ruirech. Dé fola form chnis crú cuirp Conlai.
Caín súgfet gaí in cleitine cain. Cid é no
beth and, a ben,
— ol sé,
— na ngénainnse ar inchaib Ulad. |
Ma Cú Chulainn rispose
— Taci donna! Non è il consiglio di una
donna che cerco su gesta di luminoso splendore. Tali gesta non si compiono con
l'aiuto di una donna. Lasciaci essere trionfanti nelle nostre imprese. Siano
appagati gli occhi di un grande re. Il sangue coagulato dal corpo di
Connla sarà come un velo sulla mia pelle.
Meravigliosamente le lance succhieranno il preciso giavellotto. Qualunque cosa
ci fosse laggiù, donna, ci andrei per il bene degli Ulaid. |
Aided Óenfir Aífe |
Cú Chulainn e Connla si salutano, e il campione offre al fanciullo un'altra
possibilità di evitare il combattimento, acconsentendo a rivelare la propria
identità. Connla rifiuta ancora una volta, e poiché dichiara di preferire la
morte all'omissione del proprio tabù, la lotta fra i due ha inizio. Anche nella
leggenda irlandese il figlio riesce a prevalere sul padre, ma come per
Sokol'nik,
la vittoria non gli è predestinata, e ben presto Cú Chulainn gli infligge il
colpo mortale. Degna di nota è l'affermazione di Connla, che ha appreso le
migliori tecniche belliche da Scáthach, come il padre, ma che non possiede la
sua fedele arma da guerra, il gae bolga, senza l'ausilio della quale forse il
conflitto non avrebbe avuto un vincitore. Il destino del giovane guerriero è
compiuto, e Cú Chulainn annuncia di aver sacrificato il proprio figlio per la
gloria dell'Ulster:
— Is ed ón
tra,
— ol sé,
— náro múin Scáthach dom- sa! Mairg nom
chréchtnaigis!
— ol in mac.
— Is fír,
— ol Cú Chulainn.
Gaibid in mac íarom eter a dí láim, ⁊ nos
ucca co tall ass ⁊ na mbeir co tarlaic de ar
bélaib Ulad.
— Aso mo macsa dúib, a Ultu,— ol sé.
— Fé amai,
— ol Ulaid. |
— C'è qualcosa che
Scáthach non mi ha insegnato,
— disse il ragazzo.
— Mi hai ferito dolorosamente.
— L'ho fatto,
— disse Cú Chulainn.
Prese il ragazzo fra le braccia e lo condusse via da quel posto e lo adagiò
davanti alla gente dell'Ulster.
— Ecco a voi mio figlio, uomini dell'Ulster,
— disse.
— Ahimè, ahimè!
— disse tutta l'Ulster. |
Aided Óenfir Aífe |
Gli Ulaid si rammaricano della sventura che si è abbattuta sul giovane e sul
loro campione, mentre in un'ultima scena carica di tensione drammatica,
Connla chiede di potersi congedare dai valorosi guerrieri, fra i quali si sarebbe
degnamente distinto in battaglia.
— ⁊ is fír,
— ol in mac. — Dia mbeinnsea etraib co cend cóic mblíadan,
no silsinnse firu in betha remib for cach
leith ⁊ congébthe ríge co Róim. Inid ed so
file and, inchoisc domsa na firu amrai fil
isin bailiu, corom chelebra dóib. |
— È il vero,
— disse il ragazzo.
— Se solo trascorressi cinque anni fra voi,
sterminerei i guerrieri del mondo per voi. Voi governereste fino a Roma. Ma
poiché è così che va, mostratemi gli uomini famosi intorno a me. Vorrei rendere
loro gli onori. |
Aided Óenfir Aífe |
Il suo è un gesto di rispetto nei confronti dei membri della tribù paterna,
dai quali prende commiato in pace e in amicizia, e dal canto loro gli uomini
dell'Ulster gli tributeranno l'onore di cui è degno, celebrando con solennità la
sua sepoltura.
Dobeir íarom
a dí láim im brágaid cach fir ar úair ⁊
celebraid dia athair ⁊ atbail fo chétóir. Ro
lád tra a gáir gubai ⁊ a fert ⁊ a liae ocus
co cend trí tráth nícon reilcthea loíg dia
mbuaib la h-Ultu in diaid. |
A turno, con le braccia cinse il collo di ogni uomo, rese gli onori al proprio
padre, e morì. Per lui fu allora pronunciato un lamento a gran voce. Fu
allestita la sua tomba e posizionata la lapide. A causa della sua morte, durante
tre giorni e tre notti gli uomini dell'Ulster non permisero a nessun vitello fu
permesso di avvicinarsi alla propria vacca. |
Aided Óenfir Aífe |
|
RELAZIONI E CONFRONTI
ultima scena descritta dalla bylina, con
Il'ja Muromec intento a dilaniare il corpo
del figlio, appariva piuttosto raccapricciante, ma era in completa armonia con
il resto della narrazione, che dopo aver visto il continuo contrapporsi del bogatyr' al guerriero straniero non poteva concludersi con la felice
rappacificazione dei due.
Al contrario, la soluzione offerta dal racconto epico
irlandese,
caratterizzata dall'improvviso e apparentemente inspiegabile riconoscimento del
figlio da parte del campione, e soprattutto dal mancato dominio delle emozioni,
appare meno credibile, o quantomeno più indoeuropea che irlandese, nei
sentimenti. Tuttavia, ciò non sarebbe dovuto ad un prestito del soggetto dalla
tradizione epica di altri popoli, bensì dalla recente composizione della
leggenda, che risalendo al IX o X secolo, sarebbe stata testimone di una
spontanea attenuazione dell'elemento brutale tipico dell'antica letteratura
irlandese. La stessa somiglianza fra gli episodi che riportano il conflitto fra
il padre e il figlio sarebbe dovuta, secondo la folkloristica internazionale,
non alla natura «errante» del soggetto, bensì alla partecipazione dei popoli che
lo hanno inserito nella loro tradizione letteraria, a simili vicende storiche e
sociali, inconsciamente riprodotte nei canti epici. (Alekseev
1974)
Il combattimento tra
padre e figlio, e ancor più il loro incontro funesto, è un avvenimento non solo
possibile, ma consueto ad ogni società, e lo era soprattutto alle antiche
civilizzazioni, fondate su attività guerriere o di commercio, il cui adempimento
richiedeva agli uomini un'intensa vita di viaggi e di avventure. La bylina russa
e la leggenda irlandese contengono temi universali presenti anche in letterature
epiche di altre nazioni, considerati fondamentali allo sviluppo della vicenda, e
ancor più alla determinazione della realtà sociale cui essa fa riferimento. Il
viaggio dell'eroe in terra straniera fornisce una precisa indicazione
sull'ambiente sociale dei due eroi, militare e feudale, di tipo barbaro o
comunque non pienamente civilizzato. (Van Gennep 1910)
L'accettazione di un rapporto non
socialmente riconosciuto da parte di Latigorka e
Aife, dimostra inoltre che la
giovane donna è libera di offrirsi all'uomo o di sceglierlo a suo piacimento,
senza per questo contravvenire ad alcuna imposizione stabilita dal suo gruppo
umano o dalla sua tribù. In realtà l'atteggiamento delle due amazzoni appare
giustificato dallo stesso stato sociale cui appartengono: se la loro relazione
con gli eroi non è pubblicamente condannata, e il figlio viene allevato in
assenza del padre, ciò significa che in entrambi i casi si è in presenza di una
civiltà fondata sul matriarcato, o quantomeno sull'istituzione della filiazione
uterina (Van Gennep 249), per la quale la discendenza di ogni individuo è computata secondo la
linea materna, l'unica atta a garantirgli il riconoscimento della società di cui
è membro. Dunque, il fatto che la partenza dell'eroe non susciti alcun
risentimento nella donna, la quale non tenta di trattenerlo né di raggiungerlo
nel paese di origine, non è attribuibile alla finzione poetica, bensì
all'esistenza di un'usanza anticamente diffusa presso gran parte delle
popolazioni ai primi stadi di civilizzazione, usanza alla quale si attiene anche
il figlio, che non riconosce alcun vincolo di parentela con il padre.
Ma
nella tradizione epica subentra a questo punto un altro tema fondamentale,
ovvero quello della partenza del figlio alla ricerca del genitore lontano;
improvvisamente appare di vitale importanza la scoperta del legame con il padre,
e soprattutto nel caso di Sokol'nik, la motivazione evidente è l'esigenza di
porre fine alla propria condizione di figlio illegittimo, divenuta
inaccettabile. Egli è talora mosso da collera e disprezzo anche nei confronti
della madre, e ciò non sarebbe ammissibile se non fosse subentrato un mutamento
nell'ordinamento sociale, avviatosi verso una struttura familiare fondata sul
patriarcato, nella quale i figli ereditano dal padre il nome e i diritti propri
degli ascendenti in linea maschile. La peculiarità della bylina e della
leggenda non consiste nel descrivere l'assoluto predominio di un'istituzione
sull'altra, giacché non vi sarebbe contrasto fra padre e figlio qualora si
ritenesse il sistema patriarcale saldamente consolidato. Si tratta invece della
messa in opera di un conflitto ancora irrisolto tra istituzioni antiche non
definitivamente decadute, ed altre più recenti, in via di integrazione in ambito
sociale e nella sensibilità generale dei popoli russo e irlandese, in un
determinato periodo della loro storia [nota].
Al di là di questi tratti comuni ad entrambe le letterature epiche, e ad altre
ancora, ci pare rilevante fornire alcune brevi considerazioni relative
all'originalità delle due tradizioni.
Benché nella lotta fra padre e figlio la maggior parte delle byliny attribuisca
il ruolo dell'antagonista ad un personaggio maschile, esistono varianti in cui
l'erede di
Il'ja non è
Sokol'nik, bensì una figura femminile senza nome, una
polenica, o amazzone, il cui ruolo nella vicenda è del tutto identico a quello
svolto dal giovane guerriero. Nella versione in nostro possesso
(Hilferding 1873), l'azione
procede secondo il modello già descritto, salvo per una più precisa definizione
del motivo che urge la giovane alla ricerca del padre:
...U menja est' rodna matuška čestna vdova
Da čestna vdova ona kolačnica,
Kolači pekla da tym menja vospitala
A j da polnago da ved' do vozrastu;
Togda stala ja imet' v plečach da silušku velikuju,
Izbirala mne-ka matuška dobra konja,
A j dobra konja da bogatyrskogo,
J otpustila menja echat' na svjatuju Rus'
Poiskat' sobi da rodna batjuška,
Pootvedat' mne da rodu-plemeni. |
Mia madre carnale è un'onesta vedova,
un'onesta vedova ciambellaia.
Cuoceva ciambelle e con esse mi ha cresciuto
sino ad età completa;
Allora cominciai ad avere una grande forza nelle spalle,
La madre scelse per me un fedele destriero
un fedele destriero eroico,
e mi congedò affinché mi recassi nella santa Russia,
a cercare mio padre carnale
e a conoscere la mia stirpe e la mia tribù. |
Hilferding [Gil'ferding]:
Onežskie byliny [77]: Il'ja Muromec i doc' ėgo |
E tuttavia la sostituzione di Sokol'nik con un suo
alter ego femminile non
è meccanica, ma sembra avere il preciso compito di confermare la storicità di
amazzoni di origine straniera (probabilmente sarmata) con le quali i guerrieri
russi sarebbero stati in costante conflitto non solo nell'épos ma nella realtà
(Kalugin 1987).
Al contrasto fra
Il'ja e l'erede, maschio o femmina che sia, esisterebbe poi
un'ultima implicazione, peculiare alla particolare condizione dell'antica Rus'
dilaniata dal giogo tartaro: secondo Kalugin si tratterebbe di una descrizione
realistica di episodi di lotta che i guerrieri russi si erano sicuramente
trovati ad affrontare, quando intenti a difendere la patria dalle incursioni
tartare, scendevano in campo contro il loro stessi figli, sconosciuti perché
rapiti in età infantile dagli invasori. (Kalugin 1983) E infine, per quanto riguarda la leggenda irlandese, ci paiono indispensabili
due precisazioni in riferimento non alla figura del figlio, bensì al rapporto
fra il campione, la moglie Emer e l'amazzone
Aife. In primo luogo occorre
ricordare il voto di castità fatto da Cú Chulainn alla promessa sposa prima
della partenza per Alba: egli non mantiene la parola giacché non solo concepisce
il suo unicogenito con Aife, ma prima ancora di incontrarla accetta la
convivenza della figlia di Scáthach, offertagli in segno di ospitalità. La
condotta di Cú Chulainn non sembra essere affatto cavalleresca, eppure la
società irlandese con il suo profondo concetto dell'onore pubblico e sociale
fornisce ancora una volta una motivazione valida alle azioni dell'eroe. La
promessa è stata fatta in privato tra Emer e il campione, e allo stesso modo
l'infedeltà di Cú Chulainn avviene lontano da casa, e dal luogo stesso del voto.
In breve si tratta della trasgressione non testimoniata di una parola data in
assenza di testimoni: una menzogna privata, e quindi non una menzogna.
(O'Leary 1986) È vero che
Cú Chulainn non è ancora unito in matrimonio ad
Emer al momento del
suo viaggio oltremare, e che Aife non può essere considerata una sua reale
concubina, tuttavia nel corso degli eventi descritti dal ciclo dell'Ulster,
compaiono sovente nella sua vita altre donne, la cui presenza al fianco
dell'eroe non è affatto condannata dalla società. Ricordiamo inoltre
l'atteggiamento benevolo della moglie legittima nei confronti di
Connla, frutto
dell'incontro del marito con Aife. Anche in questo caso si tratta di una
rappresentazione reale delle usanze o delle leggi irlandesi, secondo i cui
trattati non solo era consentito il concubinaggio, presumibilmente al fine di
garantire la progenie nel caso in cui la prima moglie fosse sterile, ma erano
addirittura riconosciuti ben dieci tipi di unione, che andavano da matrimonio
permanente alle relazioni sessuali temporanee. (Dillon ~
Chadwik 1968) |
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