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FONTI

UGROFINNI
Estoni

MITI UGROFINNI
Friedrich Reinhold Kreutzwald
KALEVIPOEG
ANTICHI CANTI DEL POPOLO ESTONE
Schema
KALEVIPOEG - Saggio
Appendice
Bibliografia
Titolo Kalevipoeg: Eesti-rahva ennemuistsed jutud
Compilatore Friedrich Reinhold Kreutzwald (Vindri Roin Ristmets) (1803-1882)
Genere Poema epico
Lingua Estone
Epoca 1862
Friedrich Reinhold Kreutzwald
KALEVIPOEG
ANTICHI CANTI DEL POPOLO ESTONE

Il Kalevipoeg

Mentre il Kalevala è universalmente conosciuto come il poema nazionale finnico, assai meno popolare è il suo «fratello» estone, il Kalevipoeg.

Epopea finnica e germanica al tempo stesso, la storia di Kalevipoeg si muove tra il tempo assoluto del mito e quello ben determinato della storia. Esseri soprannaturali, spade maledette e animali parlanti fanno da sfondo – a volte con assoluta naturalezza, a volte in maniera piuttosto stridente – alla tragica crociata dei Cavalieri Teutonici i quali, nel XIII secolo, invasero le terre del Baltico, stabilendo le basi di una serie di dominazioni destinate a durare fin quasi ai nostri giorni.

Popolare nei temi, ma fortemente voluto e praticamente ricostruito a tavolino da due uomini, Friedrich Robert Fählmann e soprattutto Friedrich Reinhold Kreutzwald, il Kalevipoeg rispecchia al meglio l'identità storica dell'Estonia ed è una limpida espressione delle ingiustizie che i popoli «minori» hanno dovuto subire fin dal loro affacciarsi nella storia, e della volontà di riscatto e di libertà che, da sempre, li ha animati.

Il contesto storico

Abitata fin dall'antichità da tribù di ceppo finnico, gli Æstii furono chiamati per la prima volta con questo nome da Tacito nel 98 d.C. (Germania [45]), anche se è probabile che tale nome indicasse in realtà i popoli germanici stanziati sulla via dell'ambra, lungo la costa meridionale del mar Baltico. L'etnonimo, attraverso il norreno Eistr – da cui Eistland – passò in seguito a indicare la popolazione e il territorio stanziato a est del golfo di Finlandia.

Livoniæ nova descriptio
Mappa storica (XV sec.) delle attuali Lettonia ed Estonia

Della storia estone si hanno notizie certe solo a partire dall'XI secolo, quando il paese subì diversi attacchi da parte dei Russi di Novgorod e Polock, i quali però non riuscirono a estendervi il proprio dominio. Nel 1030, Jaroslav I Vladimirovič Mudryj, il «saggio», knjaz' di Kiev, dopo aver sconfitto in battaglia gli Estoni, costruì la fortezza di Jur'ev, nota attualmente come Tartu.

All'inizio del XIII secolo, il popolo estone si presentava suddiviso in dodici «contee» [kihelkonnad] indipendenti, i cui rappresentanti si riunivano per prendere decisioni, di carattere sia economico che militare, che riguardavano tutti gli Estoni. Secondo quanto riportato dal Chronicon Lyvoniæ, di Enrico II il Lettone, gli Estoni, già al tempo dell'invasione tedesca, presentavano un alto grado di civiltà: vivevano in piccole comunità, si dedicavano all'agricoltura, la pesca, l'apicoltura ed erano anche dei marinai eccellenti. Le tribù estoni si distinguevano per la loro peculiare forza bellica, sia nelle incursioni a danno della Scandinavia, sia nelle azioni difensive contro gli aggressori stranieri, principalmente danesi e tedeschi.

Particolarmente feroci furono le «crociate» compiute tra la fine del XII secolo e l'inizio del XIII dai missionari tedeschi sui popoli baltici, ancora pagani. Essi comprendevano, risalendo il baltico da sud-ovest a nord-est:

  • Antichi Prussiani, Jotvindi, Galindi e Scalovici (tra la Polonia orientale e la Lituania inferiore);
  • Lituani (odierna Lituania);
  • Curi, Semigalli, Seloni e Latgalli (odierna Lettonia);
  • Livoni ed Estoni (salendo dalla Lettonia all'Estonia), di lingua ugrofinnica.

Le crociate del nord ebbero ufficialmente inizio con la «chiamata» di papa Celestino III, nel 1193, alla conversione dei pagani del Baltico. I missionari cristiani inviati nella regione vennero uccisi, e con Innocenzo III, si provvide ad elaborare strategie più dirette. Albrecht von Buxhövden, nominato primo vescovo di Livonia nel 1199, sbarcò a Rīga nel 1200 e, nel giro di sei anni, riuscì a convertire i Livoni, dopo averli sottomessi grazie all'ausilio dei Cavalieri Portaspada [Fratres Militiæ Christi], ordine cavalleresco da lui stesso fondato.

Ma la conquista dell'Estonia non fu altrettanto agevole e, nel 1218, il vescovo Albrecht ottenne l'aiuto del re di Danimarca, Valdemar II. Questi, messosi a capo dei Cavalieri Portaspada, attaccò il nord dell'Estonia. L'anno successivo, Valdemar riuscì ad occupare le terre della contea estone di Rävälä e, distrutto il bastione estone di Lindanisa, edificò sulle sue rovine la fortezza di Reval, più nota come Taani Linn, «fortezza dei Dani», poi divenuta Tallinn, attuale capitale dell'Estonia. I Danesi imposero il loro controllo anche nelle contee di Virumaa, Järvamaa e Harjumaa.

Nel 1220, anche gli Svedesi penetrarono nella contea di Läänemaa, ma vennero subito respinti dagli Estoni di Saaremaa, particolarmente tenaci nell'opporre resistenza agli invasori. Nel 1223 Svedesi, Danesi e Tedeschi furono allontanati da tutta l'Estonia, fatta eccezione per la fortezza di Reval, rimasta in mano ai nemici. L'anno successivo gli invasori riuscirono però a sottomettere l'intera Estonia, eccezion fatta per l'isola di Saaremaa, che capitolò solo nel 1227.

Gli Estoni, che nel 1217 avevano perduto il loro capo Lembitu opponendo resistenza ai Tedeschi, mantennero però una certa autonomia: potevano continuare a essere proprietari terrieri ed era loro consentito portare armi. La situazione peggiorò all'arrivo dei Cavalieri Teutonici, ordine fondato da Federico Barbarossa e riconosciuto da Papa Celestino III, che nel 1237 si fuse con i superstiti dell'ordine dei Portaspada e assunse il controllo dell'Estonia meridionale, della Lettonia, della Livonia e della Curlandia.

La battaglia sui ghiacci
Scena dal film Aleksandr Nevskij (1938), di Sergej Ejzenštejn.

Subito dopo la sconfitta nella famosa «battaglia sui ghiacci», subita nel 1242 dai Cavalieri Teutonici sulla superficie congelata del lago Peipus (Pskov), ad opera dei Russi comandati da Aleksandr Nevskij, gli Estoni si ribellarono ai dominatori, ma non ottennero molto, visto che nel 1245 i Cavalieri tornarono a imporre la propria supremazia.

La potenza germanica in Estonia crebbe ulteriormente quando, nel 1246, il re di Danimarca vendette ai Cavalieri Teutonici i territori estoni ancora controllati dai Danesi. Non esisteva tuttavia alcun potere unitario, poiché in Estonia vi erano le proprietà del vescovo di Saaremaa e Läänemaa, quelle del vescovo di Tartu e quelle dei Cavalieri, la cui sede centrale, in cui dimorava il Gran Maestro, era piuttosto lontana, essendo situata a Marienburg (l'odierna Malpork, in Polonia).

Finalmente assoggettate, le terre del Baltico furono chiamate Terra Mariae, in onore della Vergine. Ma il cristianesimo, imposto dai Tedeschi e dai Danesi, era destinato a portare ai popoli conquistati soltanto decimazioni, schiavitù economica e perdita della libertà personale. La servitù della gleba [estone pärisorjus; russo krepostnoe pravo], imposta a Livoni ed Estoni, si sarebbe trascinata, tra alti e bassi, per molti secoli. Per quanto riguarda la popolazione di centri come Tartu, Pärnu o Tallinn, essa era costruita principalmente da soldati e commercianti tedeschi. I porti servivano per il commercio dei prodotti estoni, controllato in gran parte dalla Lega Anseatica, la quale era in mano ai Tedeschi. Essi controllavano anche il traffico che dalla Russia era diretto all'Europa occidentale. Purtroppo non esistevano rapporti commerciali in senso stretto tra le diverse parti dell'Estonia e ciò non favoriva il processo di unificazione del Paese

Nel corso del '400, così come nel '500, vi furono diversi tentativi di occupazione dell'Estonia. Una volta schiacciato il potere dei Tedeschi, dopo la disastrosa Guerra di Livonia del 1558-1583, e terminata la breve e provvisoria ingerenza russa, il territorio estone fu ripartito tra Danimarca, Svezia e Polonia. Nel 1559, Saaremaa e Läänemaa divennero danesi; nel 1561, l'Estonia Settentrionale e Tallinn passarono agli Svedesi e, infine, l'Estonia meridionale passò sotto il controllo dei Polacchi.

Le guerre che si erano succedute, via via, tra Svedesi e Polacchi, tra Svedesi e Danesi, tra Polacchi e Russi, tra Svedesi e Russi per ottenere la supremazia in Estonia, con il loro strascico di pestilenze e carestie, avevano messo a dura prova il popolo estone, la cui popolazione era ormai ridotta a una frazione del numero originale. Lo stesso re di Polonia, István Báthory (♔ 1576-1586), di origini ungheresi, denunciò il feroce sfruttamento dei contadini estoni da parte dei grandi proprietari terrieri balto-tedeschi, discendenti degli antichi Cavalieri Teutonici, e denunciò le loro miserrime condizioni di vita, talmente precarie che non potevano ritrovarsi nemmeno tra i pagani e i barbari.

Il braccio di ferro tra le varie potenze si concluse nel 1611, con la supremazia di Polonia e Danimarca: la prima estese il proprio dominio all'intera Livonia, la seconda mantenne Saaremaa. Il primo territorio venne però annesso nel 1629 al regno svedese; il secondo fu ceduto, sempre agli Svedesi, nel 1645.

La dominazione svedese fu meno feroce rispetto a quella tedesca. Essa non portò però ad alcun progresso dal punto di vista economico al popolo estone, straziato dalla guerra, pur migliorando notevolmente le condizioni dei contadini, a cui venne riconosciuto il diritto di denunciare presso i tribunali i soprusi subiti da parte dei proprietari terrieri. Per iniziativa del sovrano Gustav II Adolf Vasa (♔ 1611-1632), fu distribuita terra ai contadini a danno dei signori, ai quali venne tolto il diritto di giustizia sui braccianti. Inoltre, sotto il suo dominio, venne fondato un liceo a Tallinn nel 1631, l'università di Tartu nel 1632 e una stamperia a Tallinn nel 1634, anche se l'opposizione dei balto-tedeschi rese quasi impossibile agli Estoni di accedere a qualche forma di istruzione. Nonostante questo, il controllo da parte della Corona svedese riuscì a innalzare, seppure di poco, il livello socio-culturale degli Estoni tanto che, in seguito alla cessione dell'Estonia alla Russia, i contadini estoni e livoni cominciarono a riferirsi al periodo precedente come al «buon vecchio tempo svedese» [vana hea Rootsi aeg] (Kelertas 2006).

Le riforme attuate dal re svedese Karl XI (♔ 1660-1697) contro l'abuso di potere dei grandi proprietari terrieri vennero infatti soppresse al termine della Guerra del Nord, nel 1721, quando, con la pace di Nystad (Uusikaupunki), l'Estonia venne venduta all'impero russo. Le condizioni di vita della popolazione estone, stremata dai massacri seguiti alla guerra russo-svedese, peggiorarono rapidamente. Il dominio russo restaurò il potere della classe dominante balto-tedesca, lasciando inalterate le condizioni sociali degli Estoni. I proprietari terrieri poterono arrogarsi il diritto di vita e di morte sugli sventurati dipendenti e sulle loro famiglie e la situazione precipitò a tal punto che gli stessi proprietari terrieri si trovarono a dover affrontare serie difficoltà.

La servitù della gleba fu ufficialmente abolita nel governatorato d'Estonia il 23 marzo 1816 e in quello di Livonia il 26 marzo 1819. Con le leggi dello zar Aleksandr I Pavlovič Romanov (♔ 1801-1825), che restituirono ai contadini il diritto di proprietà, i coloni estoni divennero per lo più affittuari, ma i loro contratti prevedevano affitti così cari – e obblighi di corvées talmente pesanti – che nessuno aveva la possibilità di acquistare nuovi terreni; per mostrare il proprio dissenso nei confronti dei proprietari terrieri, che erano di fede luterana, la popolazione si convertì all'ortodossia russa. La situazione si esasperò sotto il governo reazionario di Nikolaj I Pavlovič (R. 1825-1855), che parve ostacolare le speranze degli Estoni. La nobiltà balto-tedesca, di nuovo sicura nelle sue posizioni, indulgeva a tremendi abusi di potere, usurpando la terra ai fittavoli ed effettuando espulsioni in massa. Le rivolte venivano represse spietatamente. La borghesia reagiva rifugiandosi nel conformismo e, per la gente colta, germanizzarsi sembrava la sola via d'uscita. Paradossalmente, questo è anche il periodo della nascita letteraria estone. Un piccolo gruppo di letterati – Petersen, Fählmann, Kreutzwald – , ispirati dalla fede romantica nell'esistenza di un genio nazionale, ridiedero al popolo estone la fierezza delle proprie origini e del proprio paese, dando inizio al «risveglio» [Ärkamisaeg] dell'Estonia.

Nel 1838 nacque l'Õpetatud Eesti Selts, la «Società Erudita Estone», la quale attirò non solamente gli studiosi estoni ma anche molti intellettuali germanofoni che operavano presso l'Università Imperiale di Tartu. Nacquero società, associazioni culturali e professionali estoni, e il principale mezzo di espressione del movimento nazionalista fu il settimanale Eesti Postimees, il «Postino Estone», pubblicato dal 1857 a Pärnu e poi trasferito a Tartu nel 1863; esso era sostenuto sia dai contadini proprietari, che dagli insegnanti estoni. Sono proprio questi gli anni in cui vengono approntate e pubblicate le due versioni del Kalevipoeg (la prima nel 1853 e la seconda nel 1862), opera d'importanza capitale per la rinascita della coscienza nazionale estone.

La situazione cambiò quando, con la sua ascesa al trono, Aleksandr II Nikolaevič (♔ 1855-1881) si adoperò a smuovere, con riforme a volte radicali, la cristallizzata società russa, adoperandosi in particolar modo nel compito di risollevare la pesante situazione delle province baltiche. Nel 1861, lo zar abolì la servitù della gleba in tutto l'impero. Nel 1866 accettò la richiesta di autonomia da parte delle parrocchie contadine e due anni dopo proibì gli affitti particolarmente costosi.

La reazione in Estonia fu immediata. Nel 1869 venne organizzato il primo festival nazionale dei canti popolari estoni, con lo scopo di celebrare l'amore per l'antica tradizione popolare. Successivamente venne fondata la prima scuola di istruzione secondaria, che prese nome proprio dallo zar Aleksandr II, in cui le lezioni si svolgevano in lingua estone, e nel 1871 fu istituita la Eesti Kirjameeste Selts, la «Società letteraria estone», la quale aveva anche interessi artistici e musicali, oltre che letterari. Tutti gli strati della popolazione erano d'accordo sull'introduzione, a ogni livello scolastico, dell'estone come prima lingua, al posto del tedesco.

Sul finire del secolo, pur continuando il processo di russificazione dei territori baltici, ad opera dello zar Aleksandr III Aleksandrovič (♔ 1881-1894), la cultura e l'economia estone si svilupparono notevolmente, gettando così le basi della futura nazione. Le vicende russe del 1905 determinarono anche in Estonia insurrezioni da parte di operai e contadini. Il 12 aprile 1917 il Paese ottenne dal governo una sorta di autonomia e in luglio, dopo elezioni regolari, si venne a formare il primo governo estone. In seguito alla rivoluzione russa d'ottobre, in Estonia si formarono i sovet, ma, una volta terminata l'avanzata delle truppe germaniche, l'11 novembre 1918, a Tallinn riacquistò il potere il Governo Provvisorio Estone. Solo con il trattato di pace concluso con la Russia il 2 febbraio 1920, l'Estonia divenne uno stato indipendente. Gli anni a seguire furono particolarmente vivaci, poiché caratterizzati da una parte da progressi economici, dall'altra da crisi politiche, senza dimenticare l'ascesa di un movimento politico di destra che, nel 1934, sfociò nella dittatura di Konstantin Päts e nello scioglimento di tutti i partiti. Questi anni (1934-1940), pure caratterizzati da un ingente sforzo edilizio e industriale e di notevoli successi economici, sono noti anche come «periodo del silenzio» e, chi ne aveva la possibilità, non esitava a emigrare dall'Estonia.

Il breve sogno di libertà che il paese aveva accarezzato dal 1918 ebbe fine prematura durante la Seconda Guerra Mondiale, quando, con il patto segreto Molotov-Ribbentrop, siglato nel 1939 tra la Germania nazista e l'Unione Sovietica, Estonia e Lettonia vennero assegnati alla «sfera d'influenza sovietica». Una delle condizioni poste da Hitler a Stalin nell'agosto dello stesso anno fu il trasferimento di tutti gli abitanti di lingua tedesca del Baltico, nei territori controllati dai Tedeschi. Tra il '39 e il '40, quasi 70.000 persone vennero costrette ad abbandonare le loro case e forzatamente trasferite nel Reichsgau Wartheland polacco, mentre tutte le istituzioni culturali, educative e religiose tedesche nel Baltico venivano sbrigativamente liquidate. Quanti rifiutarono di andarsene, divennero in seguito vittime delle deportazioni staliniste, nel '41. Monumenti, cimiteri e documenti della presenza tedesca vennero distrutti o alterati. Aveva così fine l'etnia balto-tedesca che, dai tempi dei Cavalieri Teutonici, aveva contribuito – nel bene come nel male – a forgiare la storia e la cultura estone e lettone.

Il 6 agosto 1940, l'Estonia entrò a far parte dell'Unione Sovietica. Nel momento dell'ingresso nell'URSS, il governo provvisorio estone decise di disfarsi dei simboli nazionali e di sostituirli con un simbolismo sovietico creato allo scopo, tanto forte era l'avversione nei confronti della classe politica del periodo precedente. La decisione provocò grande malcontento in gran parte della popolazione che, nel corso degli anni, finì col rimpiangere la dittatura di Päts. Dopo l'ingresso nell'URSS, il governo locale era composto da estoni, ma ciò non impedì che il popolo fosse vittima di violente misure repressive, e ciò spense l'entusiasmo iniziale con cui gli Estoni avevano accolto l'entrata del loro Paese nell'URSS.

Nel luglio 1941 iniziò l'occupazione tedesca. Molti furono costretti ad arruolarsi nelle truppe naziste; altri ne entrarono a far parte volontariamente, sperando di far carriera, in quanto imparentati con i Tedeschi dai tempi del loro dominio. Vennero istituite le Waffen SS estoni, i cui membri si resero colpevoli di efferati crimini nei confronti del proprio popolo. Nel novembre 1944, in seguito alla progressiva ritirata tedesca e alla trionfale avanzata russa, l'Estonia tornò in seno all'Unione Sovietica.

Sotto l'URSS il popolo estone conobbe un notevole sviluppo in un gran numero di ambiti, tanto che il tenore di vita della popolazione finì con l'essere paragonato a quello dei cittadini danesi; anche le scuole e le università estoni conseguirono enormi successi. Ma c'erano anche dei lati negativi: la «mano di Mosca» si faceva sempre più pressante e il popolo subiva il controllo della burocrazia sovietica. Nemmeno dopo il crollo dell'URSS il popolo estone è riuscito a raggiungere la piena autonomia, com'è attestato dall'ingombrante presenza di politici stranieri al governo del Paese. Nonostante le avversità, tuttavia, la piccola Estonia tutt'oggi lotta per salvaguardare la propria identità e cultura.

Il contesto letterario

In un paese che aveva il tedesco come lingua ufficiale e culturale, l'espressione in lingua estone rimase appannaggio dei ceti popolari, ridotti a un regime di semi-schiavitù dai proprietari terrieri balto-tedeschi e poi confluiti nel sistema della servitù della gleba [cholopy] imposto dall'impero russo. Per lunghi secoli, gli Estoni furono impossibilitati ad accedere a qualsiasi forma di istruzione e la lingua estone (allora definita semplicemente maakel, «lingua del paese») rimase limitata all'uso quotidiano del popolo.

Questo naturalmente non significa che, nel corso del tempo, non si sviluppasse una fiorente e ricchissima poesia popolare. Si trattava di una poesia immediata, vivace, animista nel carattere, ma anche capace di rude realismo. Il metro in cui era elaborata, il regivärss, nella sua rigida struttura a ottonari, veniva variato abilissimamente nel ritmo, intrecciando parallelismi con frequenti e pittoresche metafore (Oras 1969). Rispetto ai generi, i canti [rahvalaulud] si distinguevano in tundeluule (di sentimento, lirici) e jutustavaid (narrativi). Al perfetto contrario dei runot finlandesi, la canzone epica era assai rara in Estonia, anche se era in parte sopravvissuta nel Setumaa (la terra dei Setu o Setukesi, a est del lago Peipus). Gli spunti derivavano dalla vita quotidiana, dalle feste e dalle cerimonie, dall'amore e dalla morte, dalla gioia e dal dolore; il concetto centrale era l'ilo (bellezza, gioia, dramma, tutto in una parola), che non di rado dava a questi canti in una nota profondamente malinconica. Temi speciali erano la triste sorte di orfani e vedove, la dura vita del contadino, l'odio verso il signore feudale. (Prampolini 1953)

Ecco un frammento di elegia, col testo della tipica lingua arcaica:

Oh, sa surma, musta-sukka,
taudi, tahmane kasukas!
Viisid isada, emada,
viisid kalliid kalmule.
Hakkasin ema hüüdemaie,
kallikesta kaebamaie:
emakene, hellakene,
miks nii vara ära surid,
enne muida mulda läksid?
Arvasid haua hõbesta,
koopa kullasta olevat?
Oh, tu, Morte, calza-nera,
malanno, pelliccia sporca!
Mi prendesti babbo e mamma,
i miei cari nella tomba.
Presi a chiamar la mamma,
a compianger la diletta:
mammina, cara mia,
perché moristi così presto,
perché sotterra prima degli altri?
D'argento credevi la tomba,
d'oro forse la fossa?

Risuonati attraverso secoli di vita estone, questi canti non furono quasi mai registrati, se non in tempi piuttosto recenti. A fornire un'immagine della ricchezza della letteratura popolare estone, basteranno le cifre relative al lavoro compiuto da un solo folklorista, nella seconda metà dell'Ottocento, il pastore Jakob Hurt (1839-1906): nello spazio di sedici anni, egli raccolse quarantacinquemila canti, diecimila racconti, cinquantaduemila proverbi, quarantamila indovinelli. Il materiale a disposizione nello sterminato Archivio della Letteratura Popolare Estone, di cui solo una minima parte è stata pubblicata, comprende complessivamente 842.000 testi, di cui 264.000 canti e 199.000 fra racconti e leggende. (Prampolini 1953)

Le autorità tedesche cominciarono a interessarsi alla lingua estone soltanto in vista della propaganda religiosa. I primi documenti stampati in estone furono infatti un catechismo cattolico (1517) e uno luterano (1535), i quali aprirono la strada a uno stillicidio di libelli religiosi, scritti per lo più nel goffo estone dei catechisti tedeschi. Il pastore Georg Müller afferma, in uno dei suoi trentanove sermoni (ca. 1600-1606), di essere quasi morto di vergogna perché le «stupide pecore» della sua congregazione erano incapaci di cantare decorosamente le rozze traduzioni degli inni protestanti. Nel 1693, Johann Hornung produsse una chiara e geniale Grammatica estonica. Il Nuovo Testamento apparve nel 1686 nel dialetto meridionale e nel 1715 in quello settentrionale. Ma solo la Bibbia di Anton Thor-Helle (1683-1748), in estone settentrionale, stabilì la supremazia di quest'ultima parlata, destinata a fornire la base della futura lingua nazionale. (Prampolini 1953 | Oras 1969)

Kristjan Jaak Peterson
Monumento sulla collina di Toomemägi, Tartu.

La fine del XVII e l'inizio del XVIII secolo videro anche deboli tentativi di sostituire il metro tradizionale regivärss con una prosodia tedesca, usata dapprima in deboli tentativi dai maestri di scuola di Tallinn per il divertimento dei ricchi borghesi, poi in un innario pubblicato nel 1656. Nello stesso metro, Kasü Hans, sagrestano della chiesa di Puhja, vicino a Tartu, compose nel 1708 una semplice ma commovente elegia sulla distruzione di Tartu e la deportazione dei suoi abitanti. Si tratta del primo componimento poetico in lingua estone di un autore il cui nome sia giunto fino a noi.

Ma nonostante la fondazione, nel 1632, dell'Academia Gustaviana (primo nucleo della futura università di Tartu), l'opposizione dei balto-tedeschi rese quasi impossibile agli Estoni di ricevere una qualche istruzione. Solo pochi pastori e intellettuali, nonché i religiosi appartenenti al movimento dei Fratelli Moravi, che credevano sinceramente nell'uguaglianza degli uomini davanti a Dio, diffusero qualche rudimento d'istruzione e produssero opere a carattere didattico e religioso, stimolando così l'attività letteraria, copiosa ma di scarsa levatura artistica, di alcuni estoni come Michael Ignatius (1713-1777) e Mango Hans (n. 1720). Sermoni e preghiere, almanacchi con consigli pratici, e rozze novelle moraleggianti che dovevano insegnare ai popolani ad obbedire alle autorità, rappresentavano tutto il nutrimento spirituale di cui potevano disporre gli estoni che conoscessero soltanto la lingua materna. Si calcola che, alla fine del Settecento, solo metà degli estofoni avesse qualche rudimento del leggere e scrivere.

Tra i primi germanofoni affascinati dalla cultura estone, è da annoverare August Wilhelm Hupel (1739-1819). Attento osservatore delle condizioni sociali delle province rurali, egli raccolse proverbi, fiabe e indovinelli; scrisse un manualetto medico in estone (1771) e una grammatica estone in tedesco (1780), con un dizionario di diciassettemila parole. Fu proprio Hupel a fornire al filosofo Johann Gottfried Herder (1744-1803) – il quale era pastore e insegnante a Rīga – i canti popolari estoni poi inclusi nel primo volume degli Stimmen der Völker in ihren Liedern («Voci dei popoli nei loro canti», 1778), rendendoli per la prima volta accessibili al mondo della cultura.

L'Università Imperiale di Tartu tornò ad aprire i battenti nel 1802 e, per la prima volta nella storia, piccoli gruppi di giovani estoni poterono accedere a una forma di istruzione superiore. Si formò un movimento di «estofili» [Philestonen o Estonophiles] fra quanti credevano alla possibilità di una cultura indigena. Il tedesco Johann Heinrich Rosenplänter (1782-1846) pubblicò a Rīga un importante periodico in lingua tedesca, il Beiträge zur genauern Kenntniß der ehstnischen Sprache (20 volumi, 1813-1832), nel quale raccoglieva interessantissimi studi sulla lingua, la cultura e le tradizioni popolari dell'Estonia e della Livonia.

Vanemuine
Scultura di August Weizenberg (1837-1931).
Museo: [August Weizenberg]►

Nello stesso periodo, il pastore Otto Wilhelm Masing (1763-1832), avvocato dei diritti dei contadini, pubblicò un periodico in lingua estone, il Marahva Näddalaleht (il «settimanale del campagnolo», 1821-1823), nel quale riuscì a dimostrare con successo la possibilità di una lingua letteraria. Si deve tra l'altro a Masing la prima codifica di un alfabeto estone, nel libro ABD (1795). Si ritiene tra l'altro che a Masing vada attribuita l'introduzione della lettera õ, a indicare la particolarissima vocale [ɤ] della lingua estone.

Ma il primo vero autore della nascente letteratura fu Kristjan Jaak Peterson (1801-1822), il figlio di un povero campanaro che andò a studiare lingue classiche a Tartu e morì di tubercolosi, a ventun anni, prima ancora di finire gli studi. La sua traduzione in tedesco del Mythologia Fennica di Christfried Ganander fu pubblicata nel numero 14 dei Beiträge del Rosenplänter, nel 1822 (stesso anno della sua morte). Peterson intendeva mostrare ai suoi connazionali le strette affinità che intercorrevano tra tradizioni estoni e finlandesi, e non esitò ad evocare un pittoresco ma posticcio pantheon nazionale, modellato su quello finlandese (ad esempio, ipotizzò un cantore Vanemuine, posticcia versione estone del Väinämöinen finlandese, etc.), fornendo ai successivi mitografi del proprio Paese molti spunti su cui riflettere.

Peterson fu il primo intellettuale a riconoscere ufficialmente sé stesso come estone ed esibiva con fierezza la tradizionale giacca scura del suo popolo. Fervido poeta, Peterson non solo non disdegnò di scrivere le sue infiammate liriche in estone, ma difese strenuamente la lingua nazionale, tanto che il suo genetliaco, il 14 marzo, è oggi festeggiato in Estonia come «Giorno della lingua madre» [Emakeelepäev]. La maggior parte delle sue composizioni, raccolte in due quaderni, non furono rese note se non quasi un secolo dopo la sua morte, ma nei suoi più famosi versi risuona già il futuro risveglio nazionale [Ärkamisaeg] dell'Estonia:

Kas siis selle maa keel
aulutuules ei või
taevani tõustes üles
igavikku omale otsida?
Non può la lingua di questa terra
nel vento del canto
salire al cielo
cercando l'eternità?
Kristjan Jaak Peterson

La strada era aperta. Nel 1838, presso l'università di Tartu, alcuni intellettuali fondarono la Società Erudita Estone [Gelehrte Estnische Gesellschaft | Õpetatud Eesti Selts], al fine promuovere lo studio della cultura nazionale, con particolare interesse alla lingua, le tradizioni e il folklore locali. Tra i fondatori della società, vi era Friedrich Robert Fählmann (1798-1850).

Friedrich Robert Fählmann

 
Koit e Hämarik
Sculture (1890) di August Weizenberg (1837-1931).
Museo: [August Weizenberg]►

Oltre ad esercitare la professione di medico e insegnare presso l'Università di Tartu, Fählmann nutriva un profondo interesse per il folklore estone, di cui era un appassionato ricercatore. Aveva pubblicato una serie di opere basate sulle leggende raccolte dalla viva voce del popolo, che aveva però piegato alle sue personali concezioni sulla natura del genio del popolo estone. È il caso di Emajõe sünd («La nascita della Madre-fiume»), Keelte keetmine («La cottura delle lingue»), Endla järv ja Juta («Il lago di Endla e Juta») e, naturalmente, degli Eesti muistendid («Miti estoni»). In Loomine («La creazione»), Fählmann aveva proposto una ricostruzione dell'antica cosmogonia estone, che sotto le sue mani era però divenuto una sorta di genesi monoteista, sviluppata in modo assolutamente poetico.

In Vanemuise laul («Il canto di Vanemuine»), Vanemuise kosjaskäikVanemuine cerca una sposa»), Vanemuise lahkumine («La partenza di Vanemuine»), Laena mu kannelt, Vanemuine («Prestami il kannel, Vanemuine», verso che poi diverrà l'incipit del Kalevipoeg) e nel postumo Muistend Vanemuisest («La saga di Vanemuine»), Fählmann aveva rievocato la figura del mitico cantore finnico, reinventato da Peterson. In Koit ja Hämarik («Alba e Tramonto»), Fählmann aveva invece messo in scena una casta storia d'amore in cui i due amanti si incontravano nelle bianche notti di mezz'estate: l'opera gli era valsa fama internazione e aveva ispirato poeti in varie lingue.

Infine, Fählmann coltivava una speciale passione per le leggende incentrate su Kalevipoeg, il «figlio di Kalev», mitica figura di cui trattavano racconti e frammentari canti popolari che si tramandavano nei villaggi dell'Estonia. Egli descrisse il suo interesse per il personaggio in una lettera del 1833, inviata al suo amico e collaboratore Friedrich Reinhold Kreutzwald.

Ma Kalevipoeg non era nuovo agli studiosi di folklore. I figli di Kaleva [Caleuanpoiat] erano stati menzionati per la prima volta addirittura nel 1551 da Mikael Agricola, primo vescovo della Riforma in Finlandia, il quale li aveva descritti come possenti giganti dei tempi antichi, causa dell'infertilità di vasti territori (Laugaste 1990). In Estonia, il nome di Kalev [ninck ux Kalliweh] era citato per la prima volta nel sermone estone-tedesco Leyen Spiegel di Heinrich Stahl (1641), per poi comparire come mitico gigante nelle opere di Johann Gustlaff, Anton Thor-Helle, August Wilhelm Hupel e Salomo Heinrich Vestring. Nel suo Mythologia Fennica, Christfried Ganander scrive che i dodici figli di Kaleva dissodavano i campi, spostavano i massi e innalzavano imponenti rupi e costruzioni di pietra. (Ganander 1789)

Nella sua traduzione del Mythologia Fennica (1822), Kristjan Jaak Peterson aveva aggiunto delle annotazioni in cui Kalevipoeg era stato presentato come un mitico gigante ai cui prodigiosi lanci si attribuiva la presenza di macigni erratici sparsi nelle campagne. «Gli Estoni narrano che uno dei figli di Kalevi arò le pianure erbose con un aratro di legno, dopodiché non crebbe più un filo d'erba», scrive Peterson, e aggiunge: «Il malevolo gigante era anche solito molestare le donne». Più o meno la stessa cosa era stata riferita da A. Knüpffer in un articolo pubblicato da Rosenplänter nel 1817: «Col suo aratro di legno, Kalevipoeg arò la terra fino a farla diventare infruttuosa. Il malvagio gigante continuò a infastidire le donne finché non venne convertito da Cristo». Infine, nel 1836, Gustav Heinrich Schüdlöffel (1798-1859), pastore nella chiesa di Jõelähtme, aveva pubblicato, sul giornale Das Inland, dei racconti popolari incentrati sul figlio di Kalev [Kaaleew's Sohn], descritto ancora una volta come un possente aratore con una spiccata propensione a molestare donne e fanciulle. (Schüdlöffel 1832 | Laugaste 1990 | Puhvel 2003)

Il 4 gennaio 1839, Friedrich Fählmann, in una storica conferenza tenuta di fronte alla Società Erudita Estone, Die Sage vom Kallewi poeg, espose le leggende più significative incentrate sul figlio di Kalev, classificate per soggetto. A dispetto del carattere malvagio che gli veniva attribuito dalle leggende popolari estoni, Fählmann presentò il personaggio come un re di origine semidivina e lo definì come il principale eroe degli Estoni, paladino della libertà del proprio paese.

Nell'ottobre o novembre dello stesso anno, l'estofilo Georg Julius von Schultz (1808-1875), conosciuto con lo pseudonimo di Dr. Bertram, esibì alla Società Erudita una copia della prima edizione (1835) del Kalevala, senza nascondere il fatto che l'opera veniva salutata, nella vicina Finlandia, come un poema nazionale. Ma quale opera poteva ridare agli Estoni la fierezza delle proprie origini? Il Dr. Bertram ipotizzò l'esistenza di un antico epos estone, incentrato proprio sul figlio di Kalev, e mise in evidenza come la leggenda della morte del personaggio, ucciso dalla propria spada, potesse essere messa in relazione con la vicenda dell'assassinio del fabbro finlandese che l'aveva forgiata. Kalevipoeg, disse, sarebbe potuto essere per gli Estoni ciò che Ercole o Sigfrido erano per gli altri popoli europei. (Laugaste 1990)

Kreutzwald al capezzale di Fählmann
Disegno di Ants Viidalepp (1921-2012)

Il discorso suscitò una grande impressione sugli studiosi, in particolare sullo stesso Fählmann. Ma erano anni difficili, in cui l'Estonia si dibatteva in gravi problemi sociali e politici; la povertà e la fame provocavano frequenti movimenti di protesta, causando l'inasprimento del partito balto-tedesco (Puhvel 2003). In una situazione del genere, il nascente entusiasmo per la poesia popolare non era certo visto di buon occhio dalle autorità. Il governatore dello zar, conte Peter Ludwig von der Pahlen, arrivò addirittura ad incolpare Fählmann di aver alimentato l'insurrezione dei contadini nel 1841. L'entusiasmo declinò in breve tempo, né riuscì a ravvivarlo l'arrivo di Elias Lönnrot in Estonia, nel 1844. L'autore del Kalevala sbarcò a Kuusalu e si spostò poi a Koeru e Tartu, deciso a imparare la lingua estone ed a studiare la letteratura popolare locale. Incontrò Fählmann a Tartu e Kreutzwald a Võru. Fu una splendida occasione, per gli studiosi estoni, di conoscere l'autore del Kalevala, tantopiù che, dopo lo storico intervento del Dr. Bertram, il poema finlandese era stato l'argomento di non meno di dieci dibattiti presso la Società Erudita (Laugaste 1990).

Vi erano insomma tutte le premesse per il lavoro che Fählmann stava accarezzando: mettere insieme il materiale incentrato su Kalevipoeg e costruire, a partire da esso, un poema nazionale. Nonostante ciò, gli anni '40 trascorsero senza che nulla accadesse. Fählmann era impegnatissimo a produrre rielaborazioni letterarie di leggende e canti popolari, e intanto lavorava sia come medico che come lettore di lingua estone all'università. Su Kalevipoeg scrisse, a titolo di esperimento, un certo numero di versi in tedesco (Laugaste 1990). Ma ben presto la sua salute peggiorò e la morte interruppe bruscamente il suo lavoro, nel 1850, a soli cinquantun anni d'età.

L'opera fu affidata a Friedrich Renhold Kreutzwald (1803-1882), amico, collega e collaboratore di Fählmann.

Friedrich Reinhold Kreutzwald
Friedrich Reinhold Kreutzwald
Ritratto di Johann Köler (1826-1899)

Vindri Roin Ristmets nacque il 26 dicembre 1803 nel piccolo villaggio di Jõepere, nei pressi di Kadrina, nella contea di Lääne-Virumaa, da una famiglia di umili origini. Il padre, Kingisepp Juhan, era ciabattino, la madre, Ann, governante. La famiglia venne liberata dalla servitù della gleba nel 1815 – un anno prima che il decreto dello zar l'abolisse in tutta l'Estonia – e solo allora il giovane poté accedere alla scuola di Kadrina, dove il suo nome venne germanizzato in Friedrich Reinhold Kreutzwald, secondo le regole imposte dalla burocrazia tedesca allora vigente nel governatorato. (Il cognome Kreutzwald altro non era che la resa tedesca dell'estone Ristmets, «bosco delle croci».)

Ottenuta a Tallinn, nel 1820, la licenza media, Kreutzwald iniziò a lavorare come insegnante di scuola elementare. La sua vocazione letteraria, unita all'amore per la propria terra e la lingua materna, cominciò a manifestarsi in questi anni, insieme a uno spiccato interesse per le leggende e i canti popolari, con i quali Kreutzwald era stato a contatto fin dall'infanzia. Egli tradusse in estone il dramma giovanile di Friedrich Schiller, Die Räuber («I masnadieri», 1781), le cui passioni rivoluzionarie e l'impeto polemico contro le istituzioni politiche e sociali, non avevano mancato di far breccia nel suo animo. (Talvet 2003)

Nel 1824, Kreutzwald lavorò come insegnante privato a San Pietroburgo, dove tentò di entrare all'Accademia Medica Militare, ma venne scartato per via delle sue umili origini. L'anno successivo tornò in Estonia, dove venne ammesso all'Università Imperiale di Tartu. Iscrittosi alla facoltà di medicina, conobbe Friedrich Robert Fählmann, come lui, appassionato di poesia popolare.

Kreutzwald venne a conoscenza del materiale incentrato su Kalevipoeg proprio da una lettera inviatagli da Fählmann nel 1833, in cui erano citate le narrazioni relative alla figura del figlio di Kalev. Nello stesso anno, Kreutzwald si laureò in medicina, si sposò con Marie Elisabeth Saedleriga (1805-1888) e si trasferì a Võru, nel sud dell'Estonia, dove avrebbe praticato la professione di medico fino al 1877. Dal matrimonio avrebbe avuto tre figli: Adelheid Anette, Marie Ottilie e Friedrich Alexis.

Negli anni successivi, Kreutzwald pubblicò un gran numero di raccolte di fiabe e poesie, perlopiù basate sulla rielaborazione del materiale popolare. Nel 1850, alla prematura morte di Fählmann, la Società Culturale Estone lo incaricò di dedicarsi al poema su Kalevipoeg. La prima versione dell'opera, di 14.180 versi, che fu completata da Kreutzwald solo nel 1853. Ma colpito dalla censura, il Proto-Kalevipoeg non vide mai le stampe (Laugaste 1990). Il manoscritto di questa prima versione dell'epopea è oggi custodito negli archivi del Museo della Cultura Estone.

Kreutzwald ascolta i canti popolari
Dipinto di Ants Viidalepp (1921-2012)

Negli anni successivi, Kreutzwald rielaborò il poema, completandolo solo nel settembre del 1855. La versione definitiva constava di 19.000 versi in 20 canti, e Kreutzwald le appose un titolo che esprimesse al meglio il carattere e la natura dell'opera. Kalewipoeg, Eesti-rahva ennemuistsed jutud, «Kalevipoeg, antichi canti del popolo estone».

La nuova edizione del Kalevipoeg venne pubblicata in sei fascicoli, a cura della Società Erudita, di cui il primo uscì il 10 aprile 1857 e il sesto il 16 agosto 1861. Il testo estone era affiancato dalla traduzione tedesca di Carl Reinthal, a vantaggio degli studiosi balto-tedeschi che non conoscevano la lingua nazionale (Talvet 2003).

L'opera suscitò dapprima scarso interesse, ma già nel 1860, prima che venissero pubblicati gli ultimi fascicoli, il Kalevipoeg godette di un improvviso quanto entusiastico sostegno da parte degli studiosi russi, e Kreutzwald venne insignito del prestigioso premio Demidov dall'Accademia delle Scienze di San Pietroburgo.

La versione tedesca, Kalewipoeg, eine Estnische Sage, venne stampata in volume a Tartu nel 1861. Quella estone fu pubblicata a spese dello stesso Kreutzwald, ma solo un anno dopo (1862), a Kuopio, in Finlandia.

Intanto, la popolarità di Kreutzwald cresceva sia in campo medico, dove nel 1855 ottenne un importante riconoscimento a livello internazionale, sia nel campo della letteratura popolare. Nel 1854 aveva dato alle stampe i Mytische und magische Lieder der Ehsten («Canti magici e mitologici estoni») e nel 1860 era uscito il primo volume della trilogia Eesti-rahva ennemuistsed jutud ja Vanad laulud, noore põlvele mälestuseks korjatud ja kirja pandud («Antichi canti e detti del popolo estone, raccolti e trascritti per le giovani generazioni»). Nel 1865 uscirono i Viru lauliku laulud («Canti del poeta di Viru»); nel 1866 furono pubblicati, a Helsinki, gli Eesti-rahva ennemuistsed jutud («Antichi canti del popolo estone»).

Kreutzwald ritornò al Kalevipoeg nel 1869, con la pubblicazione del Lühikene seletus Kalevipoja laulude sisust («Breve spiegazione del contenuto dei canti del Kalevipoeg»), allo scopo di illustrare in modo sintetico e riduttivo al popolo il contenuto del poema, ancora non disponibile in Estonia. Nello stesso anno, Gustav Blumberg pubblicò l'importante saggio Quellen und Realien des Kalewipoeg («Fonti e realtà del Kalevipoeg»), in cui difendeva il valore dell'opera. Nel 1873 uscì il riassunto in lingua tedesca del poema. La versione estone del Kalevipoeg fu pubblicata per la prima volta in Estonia solo nel 1875, a Tartu. E fu qui che Kreutzwald si trasferì da Võru, nel 1877.

Tra le ultime opere di Kreutzwald, ricordiamo il poema epico-esoterico Lembitu, incentrato sull'omonimo condottiero estone caduto nel 1217 nella lotta contro i Cavalieri Portaspada. L'opera venne pubblicato postuma nel 1885. Il «padre dei canti estoni» si era infatti spento il 25 agosto del 1882 a Tartu, dove tuttora vi è un monumento in suo onore.

Trama del Kalevipoeg

Protagonista del Kalevipoeg di Kreutzwald è il mitico personaggio del figlio di Kalev che, secondo la credenza, un giorno sarebbe tornato definitivamente dagli inferi per donare all'Estonia la sua indipendenza e quindi un'epoca di rinascita nazionale.

Questi, i venti canti [lugu] che compongono il poema (Pieretto 2009):

  1. Nascita di Kalev. Salme e Linda. Le nozze.
  2. Malattia e morte del vecchio Kalev. Infanzia di Kalevipoeg.
  3. Battuta di caccia dei figli di Kalev. Rapimento di Linda. Rientro dei figli di Kalev.
  4. Kalevipoeg parte in cerca della madre. La fanciulla dell'isola. Il canto del mare.
  5. Kalevipoeg in Finlandia. La grande quercia. Vendetta contro il mago del vento finlandese.
  6. Acquisto della spada. Combattimento tra il figlio di Kalev e i figli del fabbro.
  7. Kalevipoeg ritorna in Estonia. Racconti di viaggio dei fratelli. Sulla tomba della madre e su quella del padre.
  8. Gara fra i tre fratelli. Kalevipoeg è fatto re. La semina. Morte del cavallo di Kalevipoeg.
  9. Vendetta dei lupi. Messaggeri di guerra. Il consigliere notturno.
  10. La palude di Kikerpära. Lo spirito delle acque. Pagamento del debito per la spada acquistata in Finlandia. L'anello di Ilmatar, vergine dell'aria.
  11. Kalevipoeg trasporta assi dall'altra sponda del lago Peipus. Furto e maledizione della spada.
  12. Il combattimento e il porcospino. Il lungo sonno. Il sogno. L'agnello dell'orfano. Costruzione di un ponte.
  13. Kalevipoeg va a prendere altre assi. Discesa nel Põrgu, l'inferno. Le ancelle del Põrgu.
  14. Viaggio nel Põrgu. Primo combattimento contro Sarvik, il diavolo. Ritorno dal Põrgu.
  15. Gli inseguitori. La giovane di Randoja. Il figlio di Olev e la costruzione di una città. Il destino delle ancelle.
  16. La costruzione della nave Lennuk e l'inizio del viaggio in capo al mondo. Il viaggio in lapponia e Varrak.
  17. La spedizione militare. Battaglia di Assamalla. Accanto alle pentole dell'inferno. Festa delle figlie della fata dell'erba.
  18. Seconda discesa al Põrgu. Combattimento contro le creature del Põrgu. Duello tra Kalevipoeg e Sarvik.
  19. Sarvik incatenato. Tempi felici dell'Estonia. Durante una festa, Varrak viene a prendersi un libro. Voci di guerra.
  20. Preparativi bellici. Combattimenti. I messaggeri del nemico. Morte di Kalevipoeg. Alle porte del Põrgu.
Morte di Kalevipoeg ( 1964)
Disegno di Ants Viidalepp (1921-2012)
Museo: [Ants Viidalepp]►

Il poema prende l'avvio da Kalev, figlio del dio Taara, il quale viene posato su una roccia della costa estone dalla grande aquila del nord:

See, kes sõitis kotka seljas,
põhjakotka tiiva peale,
lendas palju, liuges palju,
lendas tüki lõune poole,
teise tüki tõusu poole,
sõitis üle Soome mere,
liugles üle Lääne mere,
veeres üle Viru mere,
kunni õnne kohendusel,
Jumalikul juhatusel
kotkas kõrge kalju peale
viskas mehe Viru randa.
Quei che montò dell'aquila sul dorso,
sull'ala dell'uccello boreale,
volò a lungo, planò distanze immense
volò per primo verso meridione,
poi si volse e volò verso levante,
sorvolò tutto il mare di Finlandia,
sorvolò tutto il mare d'occidente,
ed il mare di Viru sorvolò,
finché, seguendo l'ordine del fato,
obbedendo a un ordine divino,
su un'alta roccia, l'aquila quell'uomo
sulle rive di Viru abbandonò...
Friedrich R. Kreutzwald: Kalevipoeg [I: 97-108]

Linda
Scultura di August Weizenberg (1837-1931).
Museo: [August Weizenberg]►

Kalev diviene poi re del paese di Viru (l'Estonia), prende in moglie la bellissima Linda, nata da un uovo di urogallo, ed ha da lei numerosi figli, tra cui il più piccolo Kalevipoeg, nato postumo dopo la morte del padre. Il figlio di Kalev, forte, robusto e impulsivo, si distingue da adulto per l'amore nei confronti della madre e del suo popolo, per il suo altruismo e per il coraggio.

Inaspettatamente Linda viene rapita da un mago finlandese, Tuuslar, e Kalevipoeg parte alla sua ricerca, non mostrando alcuna esitazione ad attraversare, a nuoto, il mare. Durante il tragitto ha un incontro amoroso con la «fanciulla dell'isola» [saarepiiga]. Ma quando la ragazza, anch'essa figlia di Kalev, viene a scoprire di essersi unita con il proprio fratello, si toglie la vita. Una volta giunto in Finlandia, Kalevipoeg viene a sapere che la madre è stata trasformata in un colle di granito.

Lendva kiirusega loodi
kalevite karske leski
kõrgeks kaljukivi-pakuks,
kivisambaks Iru mäele.
Elupaelukesed pääsid
lahti pikast leinapiinast,
laiast mure lepikusta,
kurvastuse kuusikusta
Ega saanud lese sängi
soome tuuslar solkimaie.
E la vedova casta trasformarono
ratti, gli dèi pietosi, in alto masso,
in macigno saldissimo di roccia,
colonna a dominare la collina.
I lacci della vita le si sciolsero,
i tormenti del lutto la lasciarono,
partì dall'ontaneta della pena,
dall'abetaia della sofferenza.
Tuuslar non ebbe a insudiciare
il letto della vedova di Kalev.
Friedrich R. Kreutzwald: Kalevipoeg [III: 373-382]

Kalevipoeg uccide Tuuslar e compra la spada più bella di un famoso fabbro finlandese. In seguito, ubriacatosi nel corso di un banchetto, Kalevipoeg uccide il figlio maggiore del fabbro, che lo maledice. Tornato in Estonia, dopo essersi esibito nel lancio delle pietre, Kalevipoeg viene riconosciuto sovrano dai suoi due fratelli e governa nell'interesse del popolo: progetta la costruzione di fortezza e di un ponte tra le due rive del lago Peipus, provocando un grande malcontento tra i maghi che non tollerano le sue iniziative. Mentre Kalevipoeg riposa sulla riva del lago Peipus, ne derubato della spada da un mago che, a sua volta, la smarrisce. L'eroe, dopo esser sceso agli inferi (Põrgu) per lottare contro Sarvik, il diavolo, ricomparve con tre splendide fanciulle che offre come mogli ai suoi amici Olev, Sulev e Alev.

Successivamente Kalevipoeg, salito a bordo di una veloce nave d'argento costruita da Olev, chiamata Lennuk «uccellino», parte con l'intenzione di arrivare ai confini del mondo ma, dopo aver costeggiato la Finlandia, incontra in Lapponia il saggio Varrak, che gli sconsiglia di proseguire nell'impresa, poiché ai margini del mondo non vi era altro che la tomba per gli esseri umani. L'eroe, assalito dalla nostalgia, ritorna in Estonia.

Omal maal õitseb õnni,
kodus kasvab kasu parem!
Kodus tundvad õuekoerad,
tuleb tuttav teretama,
sugulane soovimaie;
paistab lahkelt päikene,
paistvad taevatähekesed.
Nella patria fiorisce la felicità,
cresce la gioia nella propria casa!
Fanno festa i cani da guardia,
gli amici salutano con gioia,
i parenti attestano affetto;
più amico splende il sole,
più liete splendon le stelle.
Friedrich R. Kreutzwald: Kalevipoeg [XVI: 1120-1126]

Kalevipoeg fa la guardia al Põrgu ( 1935)
Kristjan Raud (1865-1943), disegno
Museo: [Kristjan Raud]►

A questo punto, il figlio di Kalev scende nuovamente agli inferi, questa volta risalendo con un tesoro ma trovando la sua terra invasa dai nemici e, preso dalla disperazione, passa lo scettro al figlio di Olev. Kalevipoeg girovaga per il paese e, mentre cerca di guadare il fiume Kääpa, trova la morte che gli era stata augurata dal fabbro finlandese nella sua maledizione: la spada, caduta nel fiume dalle mani del mago che se ne era appropriato, si drizza e mozza le gambe dell'eroe che, così, muore dissanguato.

Si venne a compiere così una giustizia divina, cui nessuno ha scampo, neanche il figlio di Kalev, che unicamente attraverso la propria morte può riscattarsi. Nell'aldilà gli dèi gli riservarono un ruolo speciale: fare da custode alle porte del Põrgu. Nonostante questo suo compito privilegiato, egli diviene immediatamente prigioniero del regno dei morti, in quanto, avendo cercato di spaccare una rupe di granito, quest'ultima si chiude intorno alla sua mano, imprigionandolo per sempre.

La storia di Kalevipoeg, unico protagonista dell'epopea, affascinò subito gli Estoni: essi vedevano in lui, che pur essendo un re di origine semidivina, arava, seminava, faticava per il bene della propria terra, i desideri di un popolo oppresso, qual era per l'appunto quello estone.

Per un riassunto più dettagliato, si veda: Sintesi: [Kalevipoeg]►

Analisi critica

Quando fu pubblicato, il Kalevipoeg suscitò non solo ammirazione, ma venne anche giudicato negativamente da parte della critica, che non apprezzò né l'unità del contenuto, né tanto meno la modernizzazione dell'ideologia espressa dal poema. Kreutzwald si vide rimproverare la mancanza di autenticità folkloristica dell'opera e la scorrettezza della forma poetica. Altri critici sottovalutarono il Kalevipoeg, ritenendolo troppo derivativo rispetto al Kalevala.

Kalevipoeg trasporta il legname in Estonia ( 1915)
Oskar Kallis (1892-1918), disegno
Museo: [Oskar Kallis]►

Riguardo alle fonti di partenza utilizzate da Kreutzwald, non c'è molta chiarezza. Canti e leggende popolari furono sicuramente utilizzati come materia prima per la compilazione del poema, ma cercare di stabilire una linea di demarcazione tra il materiale originale e gli interventi di Kreutzwald, non è affatto facile. Addirittura, stando a quanto affermava Domenico Comparetti nel suo storico saggio sulla poesia popolare finnica, Kreutzwald avrebbe distrutto i quaderni contenenti i canti popolari raccolti dalla viva voce del popolo, rendendo impossibile una valutazione del valore folkloristico del poema (Comparetti 1891).

Il materiale popolare su Kalevipoeg, secondo i rilievi di Laugaste, si dividerebbe in due generi letterari affatto diversi: leggende prosastiche in cui il personaggio è descritto come un malvagio gigante, e ballate in cui è invece un nobile guerriero (Laugaste 1990). Kreutzwald avrebbe attinto ad entrambi i generi, vertendo in regivärss le parti in prosa e cucendole insieme a un certo numero di canti di argomento lirico. Dovunque si presentassero discontinuità, Kreutzwald aveva interpolato brani da lui composti ex novo, con lo stesso metro e nello stesso stile, per conferire al tutto un carattere omogeneo e coerente.

Gli studi effettuati da August Annist (1899-1972), uno dei primi studiosi ad analizzare criticamente l'opera di Kreutzwald, hanno messo in luce che il contenuto del Kalevipoeg consisterebbe per tre quarti di racconti o frammenti di racconti tratti dal folklore estone, di cui appena una metà in connessione con il personaggio di Kalevipoeg. Analisi di questo tipo finirono per riconoscere come autenticamente popolari non più di 7600 versi sui 19.000 di cui si compone il poema (Prampolini 1953). Uno studio più recente, risalente agli anni Sessanta, ha ulteriormente ridotto il computo, affermando che solo 2500 versi (il tredici per cento dell’intera epopea) proverrebbero dalla tradizione orale. (Pieretto 2009).

Come giustamente ha notato Jüri Talvet, la maggior parte del contenuto del Kalevipoeg ha ben poco di «popolare», né riflette in alcun modo un folklore autentico. Il Kalevipoeg, non può essere considerato a nessun titolo un poema mitologico. Al contrario, esso è, in tutto e per tutto, un'opera letteraria, costruita a tavolino da Kreutzwald. Piuttosto che ai poemi omerici, andrebbe paragonato all'Æneis di Vergilius: un poema prodotto da un unico autore, al fine di glorificare i fasti di una nazione; oppure ad Os Lusiades («I Lusiadi»), il poema col quale Luís de Camões (1524-1580) tentò di trasformare in mitologia le glorie marittime del Portogallo. Il Kalevipoeg, dunque, non ha celebrato un mito, ma piuttosto ne ha creato uno posticcio, a supporto della neonata coscienza nazionale dell'Estonia. (Talvet 2003)

Sia ben chiaro che, l'essere un'opera letteraria e non mitologica, non è un difetto del Kalevipoeg, ma piuttosto una sua definizione. Qualsiasi giudizio si debba muovere al poema deve partire necessariamente da questa considerazione. Kreutzwald era uno scrittore dotato di una buona coscienza letteraria, e produsse esattamente quello che la Società Erudita Estone aveva vagheggiato: un poema nazionale estone, costruito sulla base dell'idea romantica del mito quale distillato del genio e della fierezza di un popolo. La forza del protagonista principale, Kalevipoeg, nonché quella delle altre figure presenti nel poema, sta nel conservare costantemente la propria umanità e spontaneità, richiamando a tratti lo spirito dell'infanzia. L'eroe, che ha bisogno di denaro per costruire fortezze e fabbricare armi per difendere il suo popolo, che lotta con fate e maghi, con diavoli e streghe, che scende due volte agli inferi, mostra tuttavia le stesse caratteristiche di ogni essere umano. Ha bisogno di dormire tre giorni dopo la seconda discesa nell'aldilà; non trascura mai di mangiare, se non posto di fronte a gravi avversità; si adira e impreca quando perde il cavallo, sbranato dalle bestie feroci.

L'effetto totale del Kalevipoeg è comunque potentissimo, e non sono mancati critici che hanno salutato l'opera di Kreutzwald come un capolavoro, in grado di esaltare al massimo grado lo spirito nazionale estone. Nel Kalevipoeg è presente un forte senso di riscossa politica e culturale: Kalevipoeg rappresenta lo spirito invitto degli Estoni e i Cavalieri Teutonici contro cui egli si leva sono una trasparente metafora contro tutti gli invasori che nel corso della storia hanno calpestato i diritti del piccolo Paese. Il sentimento patriottico di cui il Kalevipoeg è letteralmente imbevuto, non ha mai mancato di suscitare consenso nel cuore degli Estoni.

Ma non si può fare a meno di notare che tutto questo patriottismo, per quanto legittimo e perfettamente condivisibile, contribuisce a soffocare l'afflato «mitologico» dell'opera. Ciò comunque non toglie nulla all'immenso valore che il Kalevipoeg ebbe per l'Estonia, anche perché richiamò l'attenzione dell'Europa colta sull'ignorata nazione del Baltico. Per usare le parole di Georg Julius von Schultz, con la pubblicazione del Kalevipoeg, «la mendica Estonia scoperse di essere in realtà una regina».

Kalevipoeg e Kalevala

Un raffronto tra Kalevala e Kalevipoeg è d'obbligo, tantopiù che il poema estone fu compilato sull'esempio di quello finlandese. Le due opere, seppure incentrate su una medesima base mitologica, sono però assai diverse. Nel Kalevipoeg, rispetto al Kalevala, la tradizione popolare è meno facilmente identificabile, ma è pure vero che il poema estone è più unitario, rispetto al finnico, proprio grazie agli interventi di Kreutzwald. Quest'ultimo, infatti, lasciò il suo segno nel Kalevipoeg molto più di quanto non fece Lönnrot nel suo Kalevala.

Se Lönnrot era stato molto attento a rispettare lo spirito e lo stile dei canti popolari finlandesi, scrivendo di suo soltanto una minima parte dell'immenso poema, Kreutzwald intervenne in maniera massiccia nel materiale a sua disposizione. La sua retorica neoclassica e le sue nebbie ossianiche si distinguono chiaramente dalle parti autentiche. Il suo metro è assai meno flessibile di quello del Lönnrot, e infine gli manca una completa assimilazione dell'animismo della poesia popolare finnica, nonostante non manchi l'onnipresenza degli elementi naturali e i personaggi siano in grado di comprendere il linguaggio degli oggetti e degli animali. Infine, il Kalevala è un poema libero, fantasioso, intriso di un profondo senso della natura e del motivo onnipresente della parola fascinatrice, laddove il Kalevipoeg è maggiormente radicato nella tragicità della materia. Si ha l'impressione, probabilmente non falsa, che il Kalevipoeg risenta dell'influsso dell'epica germanica, assai più convulsa e cruenta di quanto non sia la rarefatta epica finlandese, che invece è epica di magia e non di spada.

D'altra parte, il materiale di partenza estone era in buona parte prosastico e dovette essere messo in poesia dallo stesso Kreutzwald. Lönnrot aveva a disposizione una gran quantità di canti epici e magici – e molti presenti in più di una variante – su cui operare la sua scelta. Per tale ragione, nonostante l'uno e l'altro epopea furono, in fin dei conti, la costruzione del genio di due grandi scrittori, Lönnrot e Kreutzwald, il Kalevala è anche un grande poema popolare, mentre il Kalevipoeg è un'opera essenzialmente letteraria. (Talvet 2003)

Metrica

Tutta la poesia popolare estone – che è soprattutto lirica – è in un unico metro, il regivärss (plur. regivärsid), il quale è il medesimo del Kalevipoeg. È un metro quasi identico a quello dei runot finlandesi: un ottonario semiquantitativo. I quattro piedi sono sempre costituiti da una sillaba lunga seguita da una sillaba breve, ragion per cui la maggior parte dei versi sono ottosillabi:

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Ma taluni piedi possono avere fino a quattro sillabe e produrre versi più lunghi, a volte fino a dodici sillabe. Altri versi sono più corti e uno o più piedi sono occupati da un’unica sillaba lunga, cantata allora su due note.

La coesione musicale dell'opera è assicurata da un abbondanza ricorso all'allitterazione e all'assonanza. Vi è infine un uso discreto del parallelismo: il concetto espresso in un verso viene ripetuto nel successivo, formulato con parole diverse ma il più delle volte secondo la stessa struttura sintattica. I versi paralleli non sono quasi mai identici, ma di solito comportano variazioni di senso per il quale ogni nuovo verso completa o modifica l'idea iniziale cosicché la narrazione procede insieme con lo scorrere e l'accavallarsi delle continue variazioni del testo. Le continue formulazioni comportano un largo uso di sinonimi o metafore (Pieretto 2009). Si noti che tali formalismi sono tipici di buona parte della poesia finnica: anche nei runot del Kalevala troviamo un analogo uso delle allitterazioni; il parallelismo risulta però più diluito nel poema estone di quanto non sia in quello finnico.

Cantato, tuttavia, il Kalevipoeg risulta più musicale e affascinante di quanto non sia il monotono ripetersi di ottonari del Kalevala. Ragione ne è che al regolare accento tonico sempre presente sulla prima sillaba, il regivärsid associa un accento musicale che ne rende i versi trocaici. Il contrasto ben regolato tra i due ritmi conferisce al poema estone un fascino particolarissimo. (Oras 1969)

Traduzioni

Prima traduzione del Kalevipoeg fu quella in tedesco, opera di Carl Reinthal, che uscì affiancando il testo estone già nella prima edizione, per poi essere pubblicata in volume, singolarmente, ancor prima che uscisse l'edizione estone. Una seconda traduzione in tedesco vide la luce nel 1900, dopodiché il Kalevipoeg venne tradotto in russo, lettone, ungherese, finlandese, cèco, lituano, rumeno, ucraino, inglese, svedese e finalmente, nel 2004, in francese.

Una versione prosastica italiana, tratta da una riduzione francese del 1930, è uscita nel '35. Contiene molte lacune e riadattamenti, quando non vere e proprie eliminazioni di dettagli ed interi episodi (vi manca ad esempio l'episodio della fanciulla dell'isola, forse censurato per il suo contenuto «scabroso») (Raudsep ~ De Stœcklin 1930). Solo ultimamente, Giorgio Pieretto ha fornito una traduzione di ampi stralci del poema (Pieretto 2009). Manca ancora, però, una traduzione integrale dell'opera.

APPENDICE

OPERE DI F.R. KREUTZWALD

1840 — Viinakatk [Wina-katk], «L'alcolismo» (lett. «La peste dell'acquavite»)
1843 — Sippelgas I, «La formica» (prima parte)
1842 — Wagga Jenowewa ajalik elloaeg
1846-1874 — Kasulise Kalendri lisa toimetamine
1848-1849 — Ma-ilm ja mõnda, mis seal sees leida on
1850 — Reinovadder Rebbane, «La volpe Renard»
1850 — Ma ja Merrepiltid I
1851 — Ristisõitjad
1851 — Lenora
1852 — Teejuhhataja Ämma-kooliliste öppetuse jures
1852 — Tarto Alma Materile
1853 — Paar sammokest rändamise-teed
1854 — Lühhikenne öppetus terwisse hoidmissest
1854 — Mytische und magische Lieder der Ehsten [Eestlaste müütilised ja maagilised laulud], «Canti magici e mitici degli Estoni»
1854 — Poeem Sõda, «La guerra»
1857-1861 — Tõlge ka saksa keelde: Kalewipoeg, eine Estnische Sage, pubblicazione in fascicoli presso la ÕES.
1857 — Kilplaste imevärklikud jutud ja teud
1857 — Ma ja Merrepiltid II
1860 — Eesti-rahwa ennemuistsed jutud ja wanad laulud, noore põlwe mälestuseks korjatud ja kirja pandud I, «Antichi canti e detti del popolo estone, raccolti e trascritti per le giovani generazioni» (prima parte)
1861 — Angervaksad, «Le ormarie»
1861 — Ma ja Merrepiltid III
1861 — Sippelgas II, «La formica» (seconda parte)
1862 — Häda- ja Abi-raamatukene, ehk Lahearu küla õpetlik röömu ja kurvastuse juttustus
1862 — Kalevi poeg: üks ennemuistene Eesti jut kaheskümnes laulus, «Kalevipoeg, Antichi canti del popolo estone»
1863 — Uus Tallinna maa-keele ABD ja lugemise raamat lastele
1864 — Eesti-rahwa ennemuistsed jutud ja wanad laulud, noore põlwe mälestuseks korjatud ja kirja pandud II, «Antichi canti e detti del popolo estone, raccolti e trascritti per le giovani generazioni» (seconda parte)
1865 — Eesti-rahwa ennemuistsed jutud ja wanad laulud, noore põlwe mälestuseks korjatud ja kirja pandud III, «Antichi canti e detti del popolo estone, raccolti e trascritti per le giovani generazioni» (terza parte)
1865 — Viru lauliku laulud, «Canti del poeta di Viru»
1866 — Eestirahva ennemuistsed jutud, «Antichi canti del popolo estone».
1869 — Lühikene seletus Kalevipoja laulude sisust, «Breve spiegazione del contenuto dei canti del Kalevipoeg»
1871 — Näidend Tuletorn
1871 — Rahunurme lilled pääva töö ja palavuse jahutuseks I
1875 — Rahunurme lilled pääva töö ja palavuse jahutuseks II
1875 — Näidend Vanne ja õnnistus
1879 — Kodutohter, «Il medico di famiglia»
1885 — Poeem Lembitu, «Lembitu»

Bibliografia
  • BLUMBERG Gustav, Quellen und Realien des Kalewipoeg [Kalevipoja allikad ja reaalid]. Tartu, 1869.
  • BUGIANI Piero (cura): ENRICO di Lettonia, Chronicon Livoniæ. La crociata del nord. Books & Company, Livorno 2005.
  • COMPARETTI Domenico, Il Kalevala o la poesia tradizionale dei Finni. Roma, 1891. → Ristampa anastatica con premessa di Giovanni Pugliese Caratelli. Guerini, Milano 1989.
  • CORRADI MUSI Carla, I Baltofinni del sud-est. Palatina, Parma 1990.
  • DI LUZIO Flavia ~ GIANSANTI Dario, Kreutzwald e il Kalevipoeg. LiberIter, La Spezia 2010.
  • GANANDER Christfried, Mythologia Fennica. 1789.
  • KELERTAS Violeta, Baltic Postcolonialism. 2006.
  • LAUGASTE Eduard, The Kalevala and Kalevipoeg. In: HONKO Lauri, Religion, Myth and Folklore in the World's Epic: The Kalevala and its Predecessor. Monton de Gruyter, Berlino 1990.
  • ORAS Ants, La letteratura estone. In: DEVOTO Giacomo (cura), Le letterature dei paesi baltici. Sansoni, Firenze / Accademia, Milano 1969.
  • PIERETTO Giorgio, La sparuta progenie di Kalev. In: «In forma di parole», 2. Bologna 2009.
  • PRAMPOLINI Giacomo, La letteratura finnica, estone, ungherese. In: ID., Storia universale della letteratura. UTET, Torino 1953.
  • PUHVEL Jaan, Finnish kalevala and Estonian Kalevipoeg. In: «Estonian Literary Magazine», 17. 2003.
  • RAUDSEP Nora ~ DE STŒCKLIN Paul [cura]: Le Kalewipoëg. Légende épique estonienne. Presses Universitaires de France, Parigi 1930. → ID., Kalewipoeg. La leggenda nazionale del popolo estone. Ausonia 1935.
  • SCHÜDLÖFFEL Gustav Heinrich, Kaallew's Sohn. In: «Das Inland», 32. 1836.
  • TALVET Jüri, Kalevipoeg, a great European epic. In: «Estonian Literary Magazine», 17. 2003.
Intersezione: Sezioni - Alianora
Sezione: Fonti - Nabū-kudurri-uṣur
Area: Finnica - Vaka Vanha Väinö
Ricerche e testo di Flavia Di Luzio e Dario Giansanti.
Si ringrazia Ol'ga Babenko per il materiale e gli interessanti argomenti di conversazione.
Pagina originale: 08.03.2004
Revisione pagina: 30.04.2010
Ultima modifica: 18.01.2014
 
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