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ALFABETO IRLANDESE |
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L'irlandese o gaelico [gaeilge], lingua nazionale della Repubblica d'Irlanda, fa parte del ramo celtico delle lingue indoeuropee. Più precisamente, l'irlandese appartiene al gruppo del «celtico-q», mentre gallese e bretone appartengono al «celtico-p». Questa distinzione è basata sul particolare esito nei due gruppi di lingue di un'antica consonante. Queste le fasi principali nell'evoluzione della lingua:
La letteratura irlandese è, insieme alla greca e alla latina, la più antica d'Europa. La quantità e la qualità di materiale prodotto dalla tarda antichità ad oggi è impressionante. Poesie, racconti epici, agiografie, cronache storiche e genealogiche ne comprendono una buona parte. Scampata alla conquista romana, l'Irlanda rimase per secoli in quasi totale isolamento, grazie al quale la civiltà celtica poté svilupparsi pressoché indisturbata. Nel 432, San Patrizio [Naomh Pádraig] portò il Cristianesimo sull'Isola di Smeraldo e la nuova religione si sposò meravigliosamente con lo spirito celtico. Nel corso dei secoli bui, nei monasteri irlandesi si produsse quella che è forse la più splendida e originale letteratura europea dell'alto Medioevo. Questo straordinario periodo si chiuse con l'arrivo dei vichinghi sul finire dell'VIII secolo. Le incursioni durarono fino al 1014, anno in cui re Brian Boromhe sconfisse gli scandinavi nella battaglia di Clontarf. Ne derivò un secolo e mezzo di anarchia, finché, nel 1166, un re del Leinster ebbe la malaugurata idea di chiedere aiuto ai nobili normanni stanziati nel Galles. Costoro esaudirono subito la richiesta e nemmeno cinque anni dopo re Enrico II d'Inghilterra riceveva atto d'omaggio da tutti i capi irlandesi. Iniziava così il dominio inglese sull'isola. Signorotti, avventurieri e coloni inglesi sciamarono a schiere nel nuovo dominio. L'Irlanda fu considerata fin dall'inizio una terra da sfruttare, abitata da una razza inferiore che era necessario anglicizzare. Nel 1367 fu promulgata una legge che vietava l'uso della lingua gaelica. I locali proprietari terrieri vennero eliminati, le terre appartenenti ai clan confiscate, secondo un metodo di spogliazione che venne attuato con implacabile crudeltà per trecento anni. Le sventure dell'Irlanda si accrebbero ancor più allorché alle cause politiche si aggiunsero quelle religiose, quando la cattolicissima isola oppose la propria fede a quella dei dominatori passati al protestantesimo. Il regno della regina Elisabetta (1558-1603) vide più di un'insurrezione, l'ultima delle quali fu seguìta da un decreto che sancì l'annessione dell'Irlanda all'Inghilterra (1602). Altre due insurrezioni furono represse da Cromwell fra orribili massacri. Tra il 1642 e il 1652, su un milione e mezzo di isolani gaelici, seicentomila morirono in battaglia, nelle prigioni o per le carestie. È in questo periodo che Sethrún Céitinn (Geoffrey Keating) scrisse la sua enciclopedia storia d'Irlanda: i Fondamenti della Conoscenza d'Irlanda, a ribadire l'orgoglioso atteggiamento degli Irlandesi nei confronti della propria storia nazionale. Nel 1695, con le ingiuriose Leggi Penali, agli Irlandesi di religione cattolica e di lingua celtica vennero tolti tutti i diritti politici e parte di quelli civili. Ma quando le Leggi Penali furono abrogate, nel 1829, i dominatori dovettero constatare con stupore che il popolo continuava a parlare celtico ed a considerare l'inglese una lingua straniera. La meravigliosa resistenza che la lingua gaelica aveva così a lungo dimostrata crollò tutto d'un tratto nel XIX secolo. Funesta risultò la carestia del 1846-1847 che spopolò l'isola. Il numero dei parlanti irlandese scese nello spazio di pochi decenni da quattro milioni a settecentomila, tanto che nel 1893 fu fondata la Lega Gaelica [Connradh na Gaedhilge] per la conservazione della lingua nazionale. Al risorto interesse per l'irlandese si accompagnò una rinascita letteraria, ma al movimento celtico si sovrappose quello anglo-irlandese che attirò a sé grandi scrittori come John Synge, James Stephens, W. Butler Yeats e James Joyce. Senza dubbio, costoro, esprimendosi in inglese, esplicarono una propaganda più efficace quali interpreti della cultura celtica; ciò non toglie però che, se avessero usato la lingua materna, l'Irlanda sarebbe oggi orgogliosa di nomi che adornano invece la letteratura inglese. Nel 1922, dopo anni di lotte, fu proclamato lo Stato Libero d'Irlanda [Saorstát Éireann]. La nuova costituzione confermò la piena sovranità e indipendenza dell'Éire e l'irlandese fu dichiarata lingua nazionale. Nonostante gli sforzi effettuati dal governo, però, l'irlandese ha lentamente perduto piede di fronte all'inarrestabile avanzata dell'inglese. Oggi almeno una metà della popolazione d'Irlanda capisce l'irlandese, ma solo ottantamila persone, nell'estremità occidentale del paese [Gaeltacht], lo parlano come lingua madre. Bisogna anche aggiungere, però, che negli ultimissimi anni, con il rinnovato interesse per la cultura e la musica celtica, l'irlandese sta godendo di una nuova e meritata popolarità, soprattutto tra le giovani generazioni. La grammatica irlandese non è semplice. Si tratta di una lingua flessiva con complesse declinazioni e coniugazioni. Il sistema è meno articolato di quello delle lingue classiche, ma la comprensione è resa difficile da tutta una serie di fenomeni ortografici e grammaticali che modificano continuamente la grafia e la pronuncia delle parole. |
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LESSICO FONDAMENTALE
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ALFABETO
Le lettere tradizionali irlandesi, derivate dalla scrittura onciale dei monaci medievali, hanno una forma particolare, anche se oggi si usano i normali caratteri tipografici da stampa. Per essere una delle lingue più ricche di fonemi, paradossalmente l'irlandese dispone di un alfabeto piuttosto esiguo: appena 13 consonanti e 5 vocali. Ne deriva che l'irlandese presenta un forte divario tra scrittura e pronuncia, cosa che invariabilmente sconcerta chi si avvicina a questa lingua per la prima volta. L'ortografia irlandese, riformata intorno agli anni '40, privilegia in alcuni casi la forma tradizionale della parola a sfavore dell'effettiva pronuncia; questa è la ragione di alcune delle sue irregolarità. Detto questo, però, bisogna notare che l'ortografia irlandese, per quanto complessa, è ancora lontana dall'assoluta irrazionalità dell'inglese. |
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VOCALI
Le vocali dell'alfabeto irlandese moderno sono le cinque fondamentali: a e i o u Possono essere brevi o lunghe. Le vocali lunghe sono contrassegnate da un accento acuto á é í ó ú Fondamentalmente, le vocali irlandesi hanno il suono puro delle vocali italiane [a] [e] [i] [o] [u]. In realtà solo le vocali lunghe esibiscono questa pronuncia aperta e sonora; nel parlato quotidiano, le brevi slittano generalmente a pronunce intermedie: [ʌ] [ɛ] [ɪ] [ɔ] [ʊ]. La a breve, in particolare, può variare tra un certo numero di alloglotti, presentandosi via via come a posteriore [ʌ], e molto aperta [æ] o addirittura come o molto aperta [ɒ]. Ma si tratta di variazioni fonetiche, non distintive di significato, che qui di seguito saranno ignorate. In posizione post-tonica quasi tutte le vocali, ma soprattutto a ed e, tendono a perdere di colore e pronunciarsi come vocale muta schwa [ə]. Poiché l'accento irlandese cade sempre sulla prima sillaba, risulta che soltanto la prima vocale viene pronunciata nettamente; nelle sillabe successive, le vocali brevi sono ridotte a una specie di e francese e soltanto le lunghe conservano il loro colore. Le vocali irlandesi si dividono in «larghe» [caol] e «strette» [leathan]. Sono «larghe» a o u, «strette» e i. Questa suddivisione è molto importante perché, come vedremo, sono proprio le vocali «larghe» o «strette» a definire la pronuncia delle consonanti con le quali vengono a contatto. |
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VOCALE MUTA
La trascrizione della vocale muta è uno dei problemi principali dell'ortografia irlandese. Storicamente la schwa nasce dalla perdita di colore di tutte le vocali in posizione post-tonica e la trascrizione tradizionale ne conserva le origini storiche. L'ortografia moderna utilizza perlopiù a od e. Ma vi sono anche delle eccezioni: ad esempio è u in agus (la congiunzione «e»).
In altre situazioni, la vocale muta è epentetica, non segnata nell'ortografia delle parole. Questo accade in gruppi consonantici che contengano r l n da un lato e m b bh g dall'altro.
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Le parole irlandesi sono ricchissime di gruppi formati da due o tre vocali. In realtà, come vedremo, questa abbondanza di accumuli vocalici è il risultato delle complesse regole ortografiche che stabiliscono la corretta pronuncia delle consonanti. I veri dittonghi sono in numero assai più limitato. Abbiamo innanzitutto i due gruppi ao ae che in realtà non sono considerati dittonghi ma vocali a sé stanti. La loro pronuncia originaria è luogo di dispute. Oggi ao è pronunciato come una e aperta e lunga [ɛ:]. Anche ao è pronunciato allo stesso modo, ma solo nel Munster; nel Connacht e nell'Ulster è pronunciato come una i lunga [i:].
Esistono poi altri due dittonghi, specificatamente: ia ua Nella lettura tradizionale, ia e ua si pronunciano con la seconda vocale trasformata in una vocale muta schwa, cioè rispettivamente [iə] e [uə]. Nel parlato, tuttavia, la vocale muta può virare impercettibilmente verso e aperta od o aperta. L'accento cade sulla prima vocale del dittongo.
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CONSONANTI
L'alfabeto irlandese comprende dodici consonanti: b c d f g l m n p r s t Tutte le consonanti hanno il valore delle rispettive italiane, con la sola eccezione di c e g, che sono sempre le occlusive velari [k] e [g], ovvero la c e la g dure dell'italiano. Detto questo, potrebbe sembrare che sia piuttosto semplice leggere in irlandese. Non è così. Come vedremo, l'ortografia di questa lingua presenta tutta una serie di incredibili complicazioni che ne rendono l'apprendimento tanto arduo quanto affascinante. Il sistema consonantico irlandese comprende ben tre assi di opposizione.
Queste peculiarità moltiplicano il numero di fonemi della lingua, rendendone problematica una corretta rappresentazione con le poche lettere rese disponibili dall'alfabeto latino. Il risultato è che nel corso dei secoli i dotti irlandesi hanno escogitato molte curiose soluzioni, che ora vedremo. |
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CONSONANTI GEMINATE
Anche se alcune consonanti, in irlandese, possono capitare in forma geminata, la loro pronuncia - al contrario di quanto succede in italiano - non si rafforza. Si tratta di alcuni gruppi consonantici, quali ll nn rr
Nondimeno ll e nn geminate, anche se non rafforzate, vengono rispettivamente a pronunciarsi come liquida velare [ʟ] (inglese will) e nasale uvulare [ɴ] (una n arretrata, articolata quasi all'altezza dell'ugula). Inoltre, le consonanti geminate ll nn rr, a cui possiamo aggiungere il gruppo rd e la consonante m, hanno l'effetto di rendere lunghe le vocali che le precedono, anche se sono scritte senza accento:
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CONSONANTI LENITE
Il fenomeno della lenizione o «addolcimento» [séimhiú] ha origine dal fatto che l'accento tonico, in irlandese, cade di norma sulla prima sillaba, col risultato che nel parlato i suoni post-tonici tendono a indebolirsi. Questo effetto interessa tutte le consonanti, tranne n l r. Un tempo l'irlandese indicava regolarmente tutte le consonanti lenite diacriticando la lettera con un punto posto sopra di essa. In seguito è invalso l'uso di indicare le lenite facendole seguire dalla lettera h: bh ch dh fh gh mh ph sh th Nella lenizione, le consonanti perdono energia, raddolcendosi e prolungando la loro durata nel tempo. Più tecnicamente, le occlusive diventano fricative, mentre le fricative s'indeboliscono e in qualche caso scompaiono del tutto.
Negli esempi che seguono abbiamo messo a confronto l'imperativo di un verbo con il passato remoto (seconda persona singolare) del medesimo verbo, in quanto è proprio la lenizione nella prima sillaba a distinguere i due tempi. (In realtà tale lenizione è il risultato della formazione di un sintagma del verbo col pronome personale, che per semplicità abbiamo omesso).
In morfologia, le lenizione della consonante iniziale di una parola può essere un importante fattore di distinzione. Nel nostro esempio abbiamo messo a confronto due tempi di uno stesso verbo, ma come vedremo meglio in seguito, alla lenizione fanno capo molte distinzioni grammaticali. |
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CONSONANTI «LARGHE» E «STRETTE»
In irlandese tutte le consonanti, siano esse normali o lenite, possono essere pronunciate in due diverse modalità, anch'esse distintive di significato: possono essere «larghe» [caol] o «strette» [leathan]. La consonante è «stretta» quando preceduta o seguìta dalle vocali «strette» e i; è «larga» quando è preceduta o seguìta dalle vocali «larghe» a o u. In molti casi, la vocale non viene letta, in quanto agisce come un vero e proprio diacritico che modifica il valore della consonante a cui si affianca. Le consonanti «larghe» sono appena labializzate: sono accompagnate cioè da un lieve arrotondamento delle labbra (una sorta di rapida u semiconsonante) che modifica appena il valore della vocale successiva. È tuttavia corretto, a tutti gli effetti, equipararle al loro valore fondamentale. Le consonanti «strette» sono palatilizzate, pronunciate cioè come se fossero seguite da una i semiconsonante: il fenomeno modifica intensamente il suono delle consonante, arretrandone il punto di articolazione verso il palato e rendendola più schiacciata. Negli esempi che seguono diamo la pronuncia delle consonanti «strette»:
Nei seguenti esempi, mettiamo a confronto consonanti «larghe» con «strette», in parole dalla pronuncia molto simile.
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«LARGA CON LARGA E STRETTA CON STRETTA» Nel moderno irlandese le consonanti «strette» si trovano associate solo a vocali «strette» (e i), le consonanti «larghe» solo a vocali «larghe» (a o u), creando tra i due gruppi un'incompatibilità che porta all'esigenza di una particolare forma di armonia vocalica. Questa peculiarità è definita dalla legge «larga con larga e stretta con stretta» [caol le caol agus leathan le leathan]. Per questa legge, una consonante «larga» non può stare accanto a una vocale «stretta» e viceversa. Se dunque vi è necessità di articolare una consonante con una vocale contrastiva, è necessario giustapporre tra le due una seconda vocale in armonia con la consonante. In questo modo si creano complessi accumuli vocalici che bisogna tenere distinti dai veri dittonghi. In irlandese la maggior parte delle sequenze vocaliche sussiste unicamente per assecondare la qualità «stretta» o «larga» della vicina consonante. Facciamo un esempio. In irlandese la parola «passeggiata» si pronuncia [ʃu:l]. Questa parola inizia con una consonante «stretta» [ʃ] articolata con una vocale «larga» [u:]. Poiché una consonante «stretta» non può stare vicino a una vocale «larga», si interpone tra le due una vocale «stretta» in armonia con la consonante: la parola verrà dunque scritta siúl. In questa parola, la lettera i non viene pronunciata: essa non solo funge da interposizione tra una consonante «stretta» e una vocale «larga», ma funge da diacritico indicando che la consonante s deve essere pronunciata «stretta» [ʃ] e non «larga» [s]. Ciò vuol dire che, a volte, le lettere a e i o u sono vocali piene, mentre altre volte si tratta di vocali interposte. È normale che il neofita non sappia riconoscere, in una sequenza di vocali, quali siano da pronunciare e quali invece fungono da vocali interposte modificando il valore delle consonanti, anche considerando che molto spesso gli accumuli presentano pronunce particolari e in questo la lingua irlandese non è sempre coerente. |
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ACCUMULI VOCALICI (FALSI DITTONGHI) L'incontro tra una vocale piena e una vocale interposta forma un accumulo vocalico. In irlandese sono attestate quasi tutte le possibili combinazioni vocaliche. Mettiamo dunque un po' d'ordine. Tolti i veri dittonghi (ao ae ia ua), gli accumuli più frequenti di due vocali brevi sono: ai ea ei eo eu io iu oi ui La pronuncia ovviamente cambia a seconda di quale delle due vocali sia la piena o la interposta; quando la vocale interposta è «stretta», la pronuncia di questa viene completamente assorbita dalla vicina consonante, che diventa a sua volta «stretta».
Per pronunciare correttamente un accumulo vocalico non serve però definire delle regole, ma è necessario sviluppare l'orecchio e l'intuito. La mutazione nella pronuncia di molti accumuli vocalici è spesso provocata dalla vicinanza di certe consonanti (m ng nn) o di taluni gruppi consonantici (ll rd rl rn rr). Bisogna inoltre tener presente che l'irlandese pronuncia nettamente soltanto le vocali toniche, dunque anche le vocali piene dei gruppi in posizione post-tonica tendono ad essere pronunciate come schwa [ǝ]. Nello schema generale vedremo di distinguere accuratamente la casistica. Gli esempi che seguono sono solo indicativi:
In altri casi può formarsi accumulo tra una vocale piena lunga (á é í ó ú) e una vocale contrastiva interposta. I più frequenti di tali gruppi sono: ái aí éa eá éi ío iú ói oí úi uí In questo caso, è ovvio che la vocale interposta è quella breve. Nella pronuncia è dunque la vocale lunga a farsi carico del suono, mentre la vocale interposta si limita a scomparire, non senza aver reso «larga» o «stretta» la consonante con cui è a contatto.
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ACCUMULI TRIPLICI (FALSI TRITTONGHI) I dittonghi irlandesi (ao ae ia ua), ma anche alcuni accumuli vocalici (ea eo), possono a loro volta essere seguiti da una i «stretta» interposta, per formare gruppi di tre vocali. Alcuni testi definiscono questi accumuli «trittonghi», ma è termine improprio, in quanto questi gruppi sono formati da una o due vocali interposte. I più comuni triplici accumuli sono: aei aoi eai eoi iai uai Vediamo ora la loro pronuncia.
Anche gli accumuli vocalici con vocale lunga possono formare, con ulteriore aggiunta di vocale interposta, un accumulo triplice in cui la vocale lunga è la centrale. I più comuni in irlandese sono: aío eái iúi oío uío Com'è prevedibile, il valore della pronuncia è generalmente a carico della vocale lunga. Così aío si pronuncia come una i aperta lunga [ɪ:], iúi è u lunga [u:], oío ed uío si leggono i lunga [i:]; eái tende a pronunciarsi [ai̯].
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Un tipo particolare di dittongo, in irlandese, è il dittongo misto, formato dall'incontro di una vocale a i o con le consonanti lenite dh gh e bh mh. Ma vediamo meglio le varie combinazioni. Per quanto riguarda dh gh, abbiamo: adh idh odh
Ma anche i dittonghi ai ea ei oi possono essere combinati con dh e gh, formando i gruppi: aidh eadh eidh
oidh
Per quanto riguarda bh mh, abbiamo: abh amh obh omh La pronuncia è abbastanza regolare:
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MUTAZIONI INIZIALI
Caratteristici dell'irlandese sono i curiosi mutamenti fonetici che vengono inflitti alla lettera iniziale delle parole. La ragione di tali mutamenti va cercata nel fatto che le lingue celtiche sentono come unità minima del discorso non tanto la singola parola, quanto il sintagma, sistemi di parole strettamente congiunte come possono essere articolo e sostantivo, sostantivo e aggettivo, e così via. Ora l'irlandese ha una forte intonazione discendente: tende cioè ad anticipare il più possibile l'accento tonico. Può così capitare, nell'ambito di un sintagma, che un sostantivo abbia l'accento... sull'articolo, rimanendo completamente in posizione post-tonica. Poiché, come abbiamo visto, le consonanti post-toniche tendono a subire il fenomeno della lenizione, ecco che, in un sistema congiunto, le consonanti iniziali delle parole mutano di conseguenza. Per tali ragioni la declinazione irlandese risulta ardua per il forestiero, mentre il più incolto contadino del Donegal, guidato dall'intuito della lingua materna, domina con esattezza infallibile ogni schema. Facciamo un esempio: an bhó dubh «la mucca nera», e mostriamo quali mutamenti, un sostantivo preceduto dall'articolo e seguito da un aggettivo qualificativo, produrrà nel corso della declinazione.
Il primo di questi mutamenti fonetici è proprio la lenizione, di cui già abbiamo visto gli effetti. La consonante iniziale di un sostantivo viene lenita dopo l'articolo se il sostantivo è femminile o se il sostantivo maschile è in caso genitivo. I nomi propri femminili vengono invece leniti al genitivo. Un genitivo che segua un sostantivo femminile è lenito a sua volta, così alcune classi di pronomi possessivi leniscono il sostantivo a cui si riferiscono. Nello stesso modo agiscono alcune preposizioni, e via dicendo. Le regole insomma sono piuttosto complicate, ma sono anche utili, una volta che si sia fatto l'orecchio per la lingua, a captare alcune sottili distinzioni. Per esempio, «suo» in irlandese si dice a e, come in italiano, non specifica se il possessore sia uomo o donna. Tuttavia, qualora il possessore sia uomo, si produce una lenizione nell'oggetto posseduto, cosa che non succede se il possessore è donna. Ad esempio, «sua madre» in irlandese si dice a máthair (senza lenizione) se è la madre di lei, ma a mháthair (con lenizione) se si tratta della madre di lui. |
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H NUDA
Abbiamo visto che in irlandese moderno tutte le consonanti hanno un suono specifico, tranne
h Questa lettera, in irlandese, non si trova mai da sola, servendo come diacritico per indicare la lenizione di un'altra consonante. In realtà, h ha ancora un altro uso, che i grammatici chiamano «spogliamento» [lomadh]. In questa funzione, h viene posta dinanzi a un'altra vocale per impedire la liaison. Accade spesso che, nella declinazione di un sistema congiunto, due vocali finiscano col trovarsi vicine: allora viene interposta una h «nuda» per impedire il legame. Ad esempio, l'espressione an Éire «l'Irlanda» si declina al genitivo na hÉireann «dell'Irlanda». Questa seconda forma produrrebbe appunto un legame tra la vocale finale dell'articolo e quella iniziale del sostantivo, e per questo si inserisce tra l'una e l'altra una h eufonica, perfettamente muta. Tecnicamente lo «spogliamento» è una forma di lenizione della vocale. Riprendendo l'esempio fatto precedentemente, possiamo dire che «suo padre» in irlandese si dice a áthair (senza lenizione) se si tratta del padre di lei, ma a háthair (con h nuda lenitiva) se indichiamo il padre di lui. Il fenomeno dello spogliamento presenta tuttavia alcune eccezioni. In alcuni casi, è una t a venire prefissa ai nomi maschili inizianti per vocale. In altri casi, t viene prefissa ai nomi maschili inizianti per s. Quest'ultimo fenomeno, dapprima limitato alla lenizione tra articolo determinativo e sostantivo, si è in seguito esteso, almeno nel discorso parlato, ad altre combinazioni morfologiche. |
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ECLISSI
In irlandese esiste un altro tipo di mutazione consonantica detto «eclissi», in quanto un suono si sostituisce a un altro, di fatto eclissandolo. La grafia irlandese usa scrivere entrambi i suoni, quello che copre posto prima di quello coperto. Le parole che iniziano con un suono sordo (c t f p) mutano trasformandolo in sonoro (g d bh f); graficamente la consonante sonora viene fatta precedere alla corrispondente sorda.
Le parole che iniziano con un suono sonoro (g d b) mutano invece trasformandolo in nasale (ng n m); graficamente la consonante nasale viene fatta precedere alla corrispondente sonora.
Ne risultano delle parole inizianti per gruppi consonantici apparentemente complessi, in cui tuttavia la seconda consonante non si pronuncia essendo stata «eclissata» dalla prima.
Nel caso di parole inizianti con vocale, l'eclissi antepone una n- dinanzi alla parola stessa.
Gli esempi sono ovvi:
Un sostantivo può subire l'eclisse della consonante iniziale per molte ragioni. Quando essa viene a cadere dopo alcune proposizioni, come i «in», o dopo i pronomi possessivi plurali. Anche i numerali da sette a dieci causano il medesimo effetto. L'articolo produce eclissi in un sostantivo al genitivo plurale. Alcune forme verbali subiscono eclissi in particolari condizioni. Tutte queste difficoltà, di cui è irta la fonetica irlandese, rendono forse arduo l'apprendimento di questa lingua, ma contribuiscono moltissimo a crearne il fascino e la bellezza. |
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SCHEMA GENERALE
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APPENDICE: NOTE SULL'ANTICO
IRLANDESE
Le regole ortografiche qui date riguardano l'irlandese moderno, la cui ortografia riconosciamo già nell'opera di Sethrún Céitinn (Geoffrey Keating). Ma si tratta solo del punto di arrivo di una lunga ricerca ortografica, che oltretutto segnò di pari passo un lento mutamento nella pronuncia. Chiunque si avvicini a dei testi scritti in antico irlandese, troverà delle grosse differenze rispetto alle regole dell'attuale ortografia. L'attuale parola irlandese per «libro», che è correttamente scritta leabhar, corrisponde in antico irlandese una forma lebor. È subito evidente che questa parola, così com'è scritta, non rispetta la regola del «larga con larga e stretta con stretta». L'opposizione tra consonanti «larghe» e «strette» era distintiva di significato già in irlandese antico e fin d'allora era invalso l'uso di contrassegnare le «strette» ponendole a contatto con una delle due vocali «strette» e o i, ma il sistema lasciava un certo grado di ambiguità, segnando comunque soltanto quelle vocali che venivano pronunciate, senza preoccuparsi di utilizzare vocali aggiuntive per separare una consonante da una vocale contrastiva. Dunque in irlandese antico non esistevano falsi dittonghi, ma soltanto vocali e dittonghi che andavano regolarmente pronunciati. C'è da dire che le vocali avevano una pronuncia più aperta e netta in irlandese antico di quanto non sia in irlandese moderno, ed anche se sussisteva una certa ambiguità nel modo di scrivere i dittonghi, questi erano soltanto cinque, pronunciati: [ai̥] [ui̥] [au̥] [eu̥] [iu̥]. A seconda delle parole, [ai̥] si poteva scrivere aí, áe, oí, óe, e nei testi più recenti anche aoi; [au̥] si scriveva áu o áo; [eu̥] éu, éo, e via dicendo. Assai diverso il sistema in cui l'antico irlandese segnava le consonanti lenite. In antico irlandese, come nel moderno, l'accento cadeva di regola sulla prima sillaba e le consonanti post-toniche risultavano indebolite. Questo fenomeno, allora come oggi, doveva interessare tutte le consonanti tranne l n r, tuttavia esso non veniva di regola indicato, lasciandolo implicito nella parola. Questa è la ragione per cui la forma antica lebar ha una semplice b laddove la moderna leabhar ha invece bh. Nella pronuncia, tuttavia, l'irlandese antico presentava alcune differenze rispetto al moderno. Foneticamente, la forma lenita delle consonanti occlusive, le sorde [k] [p] [t] e le sonore [g] [b] [d], era il regolare risultato di un passaggio alla rispettiva pronuncia fricativa, sicché le consonanti finivano col pronunciarsi rispettivamente [x] [Φ] [θ] e [ɣ] [β] [ð]. L'ortografia venuta a segnalare un tale sistema, tuttavia, era un pochino più complessa. Nel sistema grafico sviluppato dall'antico irlandese, le consonanti occlusive c p t si leggevano sorde [k] [p] [t] in posizione pre-tonica, ma sonore [g] [b] [d] in posizione post-tonica e intervocalica; le consonanti occlusive g b d si leggevano sonore [g] [b] [d] in posizione pre-tonica, ma cessavano di essere occlusive e diventavano fricative [ɣ] [β] [ð] in posizione post-tonica e intervocalica. Soltanto fricative sorde [x] [Φ] [θ] erano segnalate con la presenza di una h, venendo scritte appunto ch th ph. (Di contro si sviluppò un'altra notazione, tutto sommato più coerente, in cui le occlusive sorde [k] [p] [t] in posizione post-tonica si scrivevano cc pp tt, e le sonore [g] [b] [d] si scrivevano gg bb dd.) Riassumendo, così funzionava la grafia delle occlusive nell'antico irlandese:
Le regole qui date sono poi complicate dalla scarsa coerenza dell'ortografia. La parola mac [mak] «figlio» secondo le regole date si dovrebbe leggere [mag]; invece si comportava come se fosse scritto macc e così in effetti si trova a volte nei manoscritti. I grammatici irlandesi avevano escogitato tali soluzioni dagli esempi attestati dalla letteratura classica, di cui erano buoni conoscitori. Ad esempio, l'uso di contrassegnare le fricative sorde [x] [Φ] [θ] con i gruppi ch th ph derivava dal fatto che così i romani trascrivevano le lettere greche χ θ φ. Ma l'irlandese leniva anche altre consonanti e fin dal medioevo i grammatici dovettero escogitare altre soluzioni. Ad esempio, per indicare s e f lenite, che nella pronuncia venivano praticamente a scomparire, si cominciò ad utilizzare un puntino posto sopra il corpo della lettera: anche questa soluzione era stata tratta dalla filologia classica: infatti i latini usavano segnalare con un punctum delens quelle lettere erroneamente vergate nei manoscritti, indicando così che tale lettere andavano espunte in fase di lettura. In questo modo, i copisti irlandesi cercavano di indicare che la pronuncia di quella s e di quella f andava lenita fin quasi a scomparire. In seguito, entrambi i modi di rendere la lenizione (con h o col punctum delens) vennero estesi a tutte le consonanti lenite e si crearono due grafie contrastanti, le quali, non di rado, si trovavano a convivere l'una accanto all'altra negli stessi manoscritti. Solo agli inizi del XX secolo la grafia in h ha preso definitivamente il sopravvento su quella col punctum delens, anche se, vuoi per vezzo o per gusto di arcaismo, non è difficile vedere ancora oggi iscrizioni gaeliche in alfabeto onciale con il punctum delens a indicare le consonanti lenite. Il problema è che, trattandosi di una lingua morta, l'ortografia dell'antico irlandese non può più essere riformata e resa coerente come quella delle lingue vive. |
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BIBLIOGRAFIA E LETTURE CONSIGLIATE
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Creazione pagina:
10.07.2005
Ultima modifica:
13.07.2006
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