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ALFABETO GALLESE
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Il gallese o cimrico [cymraeg] appartiene al ramo celtico delle lingue indoeuropee. Parlato attualmente da poche migliaia di persone nel Galles, è tutto quel che rimane delle antiche lingue brittoniche, diffuse in epoca romana in tutta la Britannia a sud del Vallo d'Adriano. Una lingua brittonica parlava il mitico Artù, che intorno al V secolo combatté gli invasori Angli e i Sassoni, i quali, approfittando del vuoto lasciato dalle truppe romane, erano giunti sulle sponde della Britannia. Insediati stabilmente nell'isola, i nuovi venuti imposero la lingua anglosassone, da cui si sarebbe sviluppato l'odierno inglese. Le lingue celtiche, sospinte ad ovest dall'invasione germanica, rimasero confinate per secoli nel territorio del Galles, dando vita a una delle più belle e feconde letterature dell'Europa medievale. I più antichi esempi conosciuti di questa letteratura sono risalgono addirittura al VI secolo, particolare che fa del gallese, insieme al gaelico, la lingua letteraria più antica d'Europa dopo il greco e il latino. E già questi primi esempi sono di altissima poesia: i canti di Taliesin, le profezie di Myrddin [Merlino], le poesie di Llywarch Hên. Alla stessa epoca risale il poema eroico-lirico Y Gododdin, del bardo Aneurin, che narra della sconfitta dei Cimri ad opera dei Nortumbri, avvenuta intorno all'anno 600. La letteratura gallese dei secoli successivi è un susseguirsi di nomi di grandi bardi: Gwalchmai ap Meilyr, Owain Cyfeiliog, Hywel ap Owain e altri. Tra le opere in prosa spicca il codice delle leggi di re Dyfed Hywel Dda (907-948). Segue la Historia Regum Britanniæ (1150) di Goffredo di Monmouth, di cui è incerto se sia stata redatta originariamente in gallese o in latino, opera che influenzerà tutta la letteratura arturiana. Vi è infine la meravigliosa raccolta di leggende conosciuta come Mabinogion (XII secolo), nella quale rieccheggiano antichi motivi dei perduti miti celtici. All'epoca della conquista normanna del Galles (1277-1282) da parte di Enrico III, la cultura gallese vantava una raffinatezza e una profondità superiore a quella inglese, tanto che nei due secoli successivi la letteratura cimrica raggiungerà il suo apice con Dafydd ab Gwilym (1340-1400), il "Petrarca" gallese, cantore dell'amore e della natura. Questo splendido periodo si concluse tra le insurrezioni che chiusero il XIV secolo, finché la Guerra delle Due Rose ricoprì il Galles di rovine. L'avvento al trono d'Inghilterra dei Tudor, oriundi gallesi, con Enrico VIII (1485), fu devastante per la cultura gallese, perché favorì la completa fusione del Galles con l'Inghilterra. Ma anche se nei secoli seguenti il Galles fu parte integrante e fedele del Regno Unito, il piccolo paese seppe conservare la sua cultura forse ancora meglio di come avrebbe fatto l'Irlanda. Dalla fine del '700, con la rinascita della coscienza nazionale, fiorì un'altra generazione di letterati. Ricordiamo il poeta Ceiriog (John Hughes, 1832-1837), paganeggiante e patriottico, e il romanziere Daniel Owen (1836-1895), le cui opere sono ancora molto popolari ai nostri giorni. Oggi soltanto 600.000 persone parlano gallese. Se all'inizio del XX secolo circa metà della popolazione del Galles parlava abitualmente l'antica lingua, questa cifra è scesa ormai al venti per cento degli abitanti, concentrati soprattutto nel nord e nell'ovest del piccolo paese. È anche vero, però, che negli ultimi decenni, di fronte a questa progressiva perdita di terreno del gallese davanti all'avanzata dell'inglese, la lingua nazionale è tornata inaspettatamente alla ribalta. Molti giornali locali sono stampati in gallese, alcuni programmi radiofonici vengono trasmessi in gallese, e c'è addirittura una popolare rete televisiva che usa il gallese nelle sue trasmissioni. In gallese sono altresì popolari gli Eisteddfod, festival di canti e poesie che continuano l'antica tradizione bardica e che si tengono annualmente in varie località del Galles. |
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LESSICO FONDAMENTALE
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ALFABETO
L'alfabeto gallese consta di 28 segni, tra cui otto digrammi, considerati lettere a sé stanti. Un brano scritto in gallese dà al primo approccio un'impressione un po' confusa, con le parole che sembrano prive di vocali, ma questo per la semplice ragione che il gallese usa w come vocale, utilizzando valori particolari per u e y. Il suono di molte lettere è diverso da quello ad esse solitamente attribuito, e il modo in cui le consonanti si combinano tra loro per creare nuovi suoni concorre a rendere peculiare l'ortografia di questa piccola e incantevole lingua. |
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VOCALI
Le vocali del gallese sono sette: a e i o u w y Una delle più evidenti caratteristiche dell'ortografia gallese è il fatto che w è una vera e propria vocale, pronunciata [ʊ] (una u semichiusa, intermedia tra u ed o, come nell'inglese good).
Poiché il suono di u italiana è indicato dalla lettera w, ecco che in gallese la lettera u viene impiegata per indicare la vocale [ɪ] (una i semichiusa, intermedia tra i ed e, come nell'inglese blitz). Altra caratteristica del gallese è la pronuncia della vocale y, che è si pronuncia anch'essa [ɪ], ma solo in sillaba interna. Al contrario, nelle sillabe finali di parola e nelle parole monosillabiche, y ha un suono vicino ad [ə] (la e semimuta del francese petit). La declinazione delle parole può dunque provocare variazioni nella pronuncia di y:
Dunque in gallese, le vocali i u ed y non finale sono praticamente omofone, pronunciandosi [ɪ].
Si noti che vi sono lievi differenze di pronuncia tra il nord-est e il sud-est del Galles, che in questa sede tuttavia non considereremo. |
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In gallese le vocali possono essere sia lunghe che brevi. Le regole per distinguerle non sono sempre agevoli. Generalmente si può dire: Sono lunghe le vocali in parole monosillabiche terminanti per vocale (da «buono», do «sì», du «nero»), ma anche in quelle parole consistenti in un'unica vocale (quali a «e», e «egli», y «il/la»). Le vocali a e i o w sono brevi quando cadono davanti alle consonanti c p t m ng (map «mappa», dim «no», llong «nave») o davanti ad accumuli consonantici (trist «triste», ffordd «strada», bwrdd «tavolo»). Sono lunghe quando cadono davanti alle consonanti g b d ch th ff s f dd (tad «padre», mis «mese», drws «porta»). Dinanzi alle consonanti l n r, possono essere sia brevi (tal «alto», cor «ragno», twr «corona») che lunghe (tân «fuoco», hir «lungo», sôn «parlare»). Le vocali u y sono brevi dinanzi agli accumuli consonantici (punt «libbra», gwynt «vento»), lunghe dinanzi a l n r (llun «lunedì», llyn «lago»). La vocale u è lunga anche dinanzi a g b d ch ff th s f ll. La vocale y è lunga in diverse parole monosillabiche. In alcuni casi, specialmente dove vi siano problemi di ambiguità, la lunghezza viene contrassegnata con un accento circonflesso posto sopra la vocale: â ê î ô û ŵ ŷ
Tra le vocali brevi e le rispettive lunghe non vi è soltanto differenza nel tempo di emissione, ma anche nel colore, essendo le brevi pronunciate più aperte delle lunghe. Così, le vocali ê ed ô sono lunghe e chiuse [e:] [o:], mentre le rispettive e ed o sono brevi ed aperte [ɛ] [ɔ]. Allo stesso modo, mentre la vocale ŵ e le tre vocali î û ŷ portano rispettivamente i suoni lunghi chiusi di [u:] ed [i:] (u ed i italiane), le brevi w ed i u y hanno invece i suoi brevi e semichiusi di [ʊ] ed [ɪ]. Confrontiamo la resa delle vocali brevi con quella delle vocali lunghe:
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Le vocali, in gallese, possono unirsi per formare vari dittonghi.
ae ai au aw ei eu ew ey oe oi ou uw wy Generalmente la loro pronuncia rispecchia la successione vocalica, ma non sempre. Dunque, ae e ai si pronunciano [aI̯]; au si pronuncia [ɛ] nel sud-ovest del Galles ma è [a] nel nordovest; aw è naturalmente [aʊ̯]. In tutti questi casi vi è intonazione discendente e dunque apice sillabico sulla prima vocale. Nei dittonghi ei eu ew ey una [ə] precede la vocale successiva, che è pronunciata conformemente alla fonetica cimrica. Anche in questi casi vi è intonazione discendente e dunque apice sillabico sulla prima vocale. Fanno eccezione i pronomi possessivi ei «suo» ed eu «loro» che si pronunciano [i:]. Nei dittonghi ia ie io iw, i- è la semiconsonante [i̯] (come in ieri). Qui l'intonazione è ascendente (apice sillabico sulla seconda vocale). Quando tali vocali non formano dittongo, cioè quando l'intonazione è discendente, la i viene diacriticata con una dieresi (come in ïe «sì»). I dittonghi oe oi ou si pronunciano [ɔI̯]. Anche qui abbiamo intonazione discendente e dunque apice sillabico sulla prima vocale. Il dittongo uw si pronuncia [ɪ̯ʊ] (all'incirca come nella parola italiana iuta), dunque con intonazione ascendente. Il dittongo wy, tenuto conto della variazione della pronuncia di y, si pronuncia [ʊɪ̯], dunque con intonazione discendente e apice sillabico sulla prima vocale, all'incirca come nella parola italiana sui). |
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Piuttosto complesso il sistema consonantico gallese, che comprende lettere singole e un certo numero di digrammi. Le consonanti singole sono 13: b c d f g h l m n p r s t Si leggono come in italiano, con la differenza di c che ha sempre il valore di occlusiva velare sorda [k] e di f che corrisponde invece alla fricativa labiodentale sonora [v]. La r gallese è vibrante come r italiana o spagnola [r]. L'assenza di k nell'alfabeto gallese, e la sua sostituzione con c anche dinanzi ad e i y, è una delle caratteristiche più visibili del gallese moderno. Si tratta in realtà di un'innovazione piuttosto recente: il gallese medievale utilizzava infatti k assai più spesso che non c. Ad abbandonare l'uso di k - come spiega J.R.R. Tolkien in un suo articolo - fu un certo William Salesbury (ca. 1520-1584), il primo scrittore a stampare libri in gallese. Nell'edizione della sua traduzione cimrica del Nuovo Testamento (1567), egli sostituì la lettera k con la c, ed a chi non apprezzò quel rozzo arbitrio ortografico, replicò che i tipografi non avevano sufficienti lettere K per le necessità del gallese. |
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DIGRAMMI PER RADDOPPIAMENTO
Il gallese presenta tutta una serie di digrammi, i quali, essendo suoni a sé stanti, possono capitare in qualsiasi posizione, anche all'inizio di parola. Caratteristica dell'ortografia gallese, la formazione di nuovi suoni tramite il raddoppiamento di alcune consonanti: dd ff ll Non si ottengono però, come in italiano, delle pronunce rafforzate delle singole lettere, ma dei suoni del tutto diversi. Nell'alfabeto gallese le geminate sono infatti trattate come vere e proprie lettere e nella successione alfabetica seguono le lettere singole. Mentre f singola, come abbiamo visto, si pronuncia [v], il suono [f] è reso con il raddoppiamento ff. Allo stesso modo dd rappresenta la fricativa interdentale sonora [ð] (th dell'inglese that). Infine ll è la liquida laterale sorda [ɬ], consonante tipica del gallese, ostica allo straniero. Per pronunciarla è necessario mettere la lingua nella posizione di l ed emettere un suono laterale simile a sh.
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DIGRAMMA NG
Ma esistono altri tipi di digrammi, come: ng Il gruppo ng rappresenta la nasale velare [ŋ] (ng nell'inglese king), e quando cade all'inizio di parola deriva dalla mutazione nasale di g. Si noti che nella successione alfabetica, ng viene subito dopo g.
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DIGRAMMI CON H
Altri digrammi sono formati in gallese con l'aggiunta di una h diacritica. I principali, compresi nella successione alfabetica, sono:
ch ph th Più esattamente, ch ph th sono le fricative sorde [x] [f] [θ] corrispondenti alle occlusive sorde c p t [k] [p] [t]. Dunque ch è la fricativa velare sorda [x] (tedesco Bach), ph è la labiodentale [f] (càpita soltanto come mutazione aspirata di p), th è l'interdentale sorda [θ] (inglese thing).
Vi è poi il digramma, tipico del gallese: rh Che corrisponde a una rara vibrante alveolare [r̊], simile ad r italiana ma sorda e non sonora (cioè pronunciata senza lasciar vibrare le corde vocali). Anche il gruppo rh è considerato lettera a sé stante nella successione alfabetica.
Altrettanto caratteristiche del gallese sono le tre nasali ngh mh nh
Con questi gruppi l'ortografia gallese indica delle nasali sorde [ŋ̊] [m̊] [n̊], pronunciate cioè senza vibrazione delle corde vocali, tipiche del gallese, equivalenti alle normali nasali ng m n, che sono naturalmente sonore [ŋ] [m] [n]. Queste particolarissime nasali sorde ngh mh nh vengono a formarsi soltanto in caso di mutazione nasale a partire da una trasformazione delle occlusive sorde c p t iniziali di parola e non sono comprese nella successione alfabetica. |
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CONSONANTI STRANIERE
Le consonanti j k v x z non sono comprese nell'alfabeto gallese. Di queste, k e v sarebbero pleonastiche, in quanto le lettere c ed f le sostituiscono nell'indicare i suoni [k] e [v]. Anche x non ha alcun riscontro in gallese, e il suono [z] non esiste affatto. Soltanto j è stata naturalizzata in gallese e usata in parole provenienti dall'inglese per indicare l'affricata palatale sonora [ʤ] (la g(i) dolce italiana), suono estraneo infatti alla fonetica cimrica.
Tra i suoni originariamente assenti nella fonetica cimrica, consideriamo anche il gruppo si Questa digramma, vero e proprio accumulo, non compreso nella successione alfabetica, rappresenta la fricativa postalveolare sorda [ʃ] (la sc(i) italiana) e viene utilizzato in parole di provenienza straniera assimilate nel gallese.
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MUTAZIONI
Come nelle altre lingue celtiche (irlandese e bretone), anche il gallese può presentare all'inizio di una parola una serie di complesse mutazioni consonantiche indotte dalla parola precedente. Mentre in irlandese ciò portava alla formazione di consonanti «eclissate», in cui la consonante originaria veniva graficamente preceduta da quella che la sostituisce, in gallese la sostituzione grafica è totale. Ad esempio, la parola gallese per «Galles» è Cymru, ma in varie espressioni il suono iniziale [k] viene sonorizzato in [g] e la sostituzione viene indicata graficamente:
La mutazione lene, corrispondente alla lenizione irlandese, occorre quanto un sostantivo femminile singolare cade dopo l'articolo, oppure quando un aggettivo segue un sostantivo femminile (ad esempio merch «ragazza» ma y ferch «la ragazza»; pert «carino» ma y ferch bert «la ragazza carina»). Troviamo la medesima mutazione dopo aggettivi possessivi o dopo pronomi personali o interrogativi, e in molti altri casi. Nella mutazione lene le occlusive sorde [k] [p] [t] si trasformano nelle loro corrispondenti sonore [g] [b] [d], mentre le occlusive sonore [g] [b] [d] prolungano la loro emissione nel tempo e diventano fricative [ ] [v] [ð] (l'occlusiva velare sonora [g] si riduce a zero in quanto nella fonetica gallese non esiste la corrispondente fricativa velare sonora [ɣ]). La nasale [m] passa a [v], esattamente come avveniva in irlandese, mentre le liquide sorde [ɬ] e [r̊] diventano sonore in [l] e [r].
La mutazione nasale si produce invece dopo la proposizione yn «in» (si dirà Caerdydd «Cardiff» ma yng Nghaerdydd «in Cardiff»). Questo tipo di mutazione interessa le occlusive sorde e sonore, che si trasformano nelle corrispondenti nasali. Ma mentre le occlusive sonore [g] [b] [d], diventano le corrispondenti nasali [ŋ] [m] [n] (naturalmente sonore), le occlusive sorde [k] [p] [t] formano la serie delle nasali sorde [ŋ̊] [m̊] [n̊] (pronunciate cioè senza lasciar vibrare le corde vocali) tipica del gallese.
Infine la mutazione aspirata si produce, ma non sempre, dopo proposizioni o avverbi come â «con», gyda «insieme a» o tua «verso» (si dirà dunque cyllell «coltello» ma â chyllell «con un coltello»), oppure dopo gli aggettivi dimostrativi. Non è sempre tale mutazione osservata nella pronuncia ma la grafia la segna regolarmente. Questo tipo di mutazione interessa solo le occlusive sorde [k] [p] [t], scritte c p t, che si trasformano nelle rispettive fricative [x] [f] [θ], scritte ch ph th.
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SCHEMA GENERALE
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APPENDICE: INNO NAZIONALE GALLESE
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BIBLIOGRAFIA E LETTURE CONSIGLIATE
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Creazione pagina:
10.07.2005
Ultima modifica:
16.11.2005
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