LINGUE

INDOIRANICI
Indiani

SANSCRITO
GRAFOFONOLOGIA

 

INDICE
SAṂSKṚTA, LINGUA E LETTERATURA

Nella famiglia delle lingue indoeuropee, un posto di primaria importanza spetta al sanscrito, lingua dotta di un'antica e illustre civiltà quale l'indiana, nonché tramite di una letteratura vastissima, di alta qualità letteraria, profondità filosofica, intensità religiosa. La parola saṃskṛta significa «perfetto» e fino a pochi decenni fa gli studiosi erano addirittura persuasi, vista la perfezione formale del sistema fonetico e la precisione grammaticale, che il sanscrito dovesse essere la lingua che più di ogni altra avesse conservato la struttura dell'originaria parlata proto-indoeuropea. Oggi questo giudizio è alquanto ridimensionato, nondimeno il sanscrito riveste tuttora un'importanza capitale per il linguista, il filologo, lo storico delle religioni, il letterato e il filosofo.

Gli studiosi dividono la storia del sanscrito in varie fasi. La forma più antica è il vedico, la lingua degli inni dei Veda, che risalgono al 1000 a.C. circa. Questa lingua, regolata dall'uso dei brāhmani, raggiunse la forma definitiva nella fase del sanscrito classico, allorché fu codificata dal grammatico Pāṇini (IV sec. a.C.), autore dell'Asthādhyāyī, un trattato di linguistica descrittiva in otto libri, scritto interamente sotto forma di proposizioni logiche che conseguono l'una dalle altre tramite una sapiente applicazione di metaregole, trasformazioni e leggi ricorsive; un lavoro considerato precursore dei linguaggi formali e della moderna grammatica generativa. In sanscrito classico sono redatte le grandi epiche del Mahābhārata e del Rāmāyaṇa (III sec. a.C.), i drammi di Kālidāsa (IV sec.), il Pañcatantra e l'intera letteratura filosofica. Il sanscrito tuttavia non fu mai lingua di un paese o di una regione, ma piuttosto la lingua usata da alcune caste, soprattutto i brāhmani e gli kṣatriya. Quale lingua «perfetta», il sanscrito veniva distinto dal pracrito [prākṛta], l'insieme delle lingue «naturali» parlate dalle caste incolte.

Ancora oggi, il sanscrito è la lingua dotta e letteraria dell'India e continua a produrre una letteratura non indifferente.

Nel corso dei secoli, dai vari dialetti pracriti si svilupparono le lingue volgari dell'india, i cui più antichi documenti epigrafici sono le iscrizioni di re Aśoka (250 a.C.). Il principale di questi dialetti fu la pāli, la lingua in cui venne redatto il canone buddhista della scuola Theravāda nonché lingua della religione jainista. Dal pracrito sono derivate le attuali lingue indiane, anch'esse ricche di letteratura, quali l'hindī, l'urdū, la bengalī, la panjābī, la gujarātī, la sindhī, la marāthī e molte altre.

DEVANĀGARĪ. LA SCRITTURA

La devanāgarī, la scrittura della «città degli dèi», è la più importante delle molte scritture indiane. Come molte altre scritture del subcontinente, la devanāgarī è derivata dalla brāhmī, un adattamento indiano di un alfabeto semitico (forse l'aramaico) penetrato in India attraverso la Mesopotamia, probabilmente intorno al 700 a.C. La scrittura devanāgarī fu usata dapprima per scopi commerciali e solo in seguito applicata alle trascrizioni dei testi sacri, raggiungendo l'attuale aspetto non prima dell'VIII secolo. Scrittura classica del sanscrito, oggi la devanāgarī è ancora utilizzata per la lingua hindī, la marāthī e la nepalī; e, accessoriamente, per diversi altri linguaggi dell'India.

Assai eleganti, splendidamente incurvate, le lettere devanāgarī hanno la singolarità di essere «appese» sotto il rigo, dando alla scrittura sanscrita la sua particolare caratteristica e fisionomia.

अ आ इ ई उ ऊ ऋ ॠ ऌ ॡ
ए ऐ ओ औ
क ख ग घ ङ
च छ ज झ ञ
ट ठ ड ढ ण
त थ द ध न
प फ ब भ म
य र ल व
श ष स

Tecnicamente, la devanāgarī è un alfasillabario: sebbene possano anche apparire separate, consonanti e vocali vengono di regola congiunte in legature grafiche di cui l'unità fondamentale non è il singola fonema, bensì la sillaba [akṣara]. Questa è sempre intesa come accumulo di una o più consonanti terminante in una vocale o in un dittongo.

Al contrario dell'alfabeto latino, in cui consonanti e vocali seguono una successione casuale, l'alfasillabario devanāgarī dispone le lettere secondo precisi criteri fonologici. Inizia con le vocali, seguono i dittonghi, quindi le consonanti. Ogni gruppo è a sua volta ordinato in cinque «posizioni» [sthāna], secondo la successione del punto di articolazione, dalla gola alle labbra:

  • kaṇṭhya, «gutturali», ritenuti prodotti in gola (si tratta in realtà dei suoni velari, articolati all'altezza del velo palatino);
  • tālavya, «palatali» (appunto, i suoni palatali);
  • mūrḍhanya, «cerebrali» (i suoni retroflessi o cacuminali, articolati tra il palato e gli alveoli);
  • dantya, «dentali» (i suoni dentali e alveolari);
  • oṣṭhya, «labiali» (i suoni labiali e labiodentali).

Questa disposizione è chiamata varṇamālā, la «ghirlanda delle lettere», ed ha fornito il modello per la successione dei segni in molte altre scritture asiatiche, non soltanto indiane.

Nel seguito, segnaliamo tra virgolette («») i termini utilizzati nella classificazione tradizionale sanscrita.

SVARA. LE VOCALI

Le vocali sono definite in sanscrito con il termine svara, «suono, tono, accento». I suoni definiti a «sillaba omogenea» [samānākṣara] sono cinque, a i u più e sillabiche. Queste ultime due lettere sono indicate in traslitterazione con un puntino posto sotto il corpo della lettera:

a i u

Le vocali possono essere sia brevi [hrasva] che lunghe [dīrgha]. In traslitterazione, le lunghe sono distinte da un macron:

ā ī ū

La differenza tra i due gruppi sta nella durata: l'emissione delle brevi dura una battuta [mātrā], quelle delle lunghe, due battute. Il vedico conosceva anche una terza classe, quella delle vocali prolungate [pluta], destinate a durare tre o più battute. Rare in sanscrito classico, esse sono contrassegnate, in traslitterazione, da un apice 3. Di esse non si parlerà oltre.

ṛ³ ḷ³

Le vocali definiscono anche le cinque «posizioni» [sthāna] secondo la fonologia tradizionale sanscrita:

kaṇṭhya, «gutturali» a ā
tālavya, «palatali» i ī
oṣṭhya, «labiali» u ū
mūrḍhanya, «cerebrali»
dantya, «dentali»

Nella scrittura devanāgarī, le vocali hanno due forme, una iniziale, più elaborata, e una seconda, più semplice, da usarsi allorché la vocale è articolata a una consonante.

VOCALI (svara)
Forma
iniziale
Forma
articolata
Traslitt. Nome
lettera
Pronuncia

Descrizione

  a a [ʌ] Vocale posteriore medioaperta distesa breve
Inglese "but"
ā ā [aː] Vocale anteriore aperta distesa lunga
Italiano "ballare"
ि i i [i] Vocale anteriore chiusa distesa breve
Italiano "ritiro"
ī ī [iː] Vocale anteriore chiusa distesa lunga
Italiano "ritiro"
u u [u] Vocale posteriore chiusa arrotondata breve
Italiano "futuro"
ū ū [uː] Vocale posteriore chiusa arrotondata lunga
Italiano "futuro"
[r̩] Vibrante alveolare sillabica breve
Ceco "Brno"
[r̩ː] Vibrante alveolare sillabica lunga
 
[l̩] Laterale alveolare sillabica breve
Ceco "vlk"; inglese "little"
[l̩ː] Laterale alveolare sillabica lunga
 


«Sillabe omogenee»
[samānākṣara]

Kaṇṭhya, «gutturale»
   
  a ā  

I grammatici indiani considerano /a(ː)/ come il suono più semplice e fondamentale della fonologia sanscrita, emesso con la gola e la bocca aperte, la lingua rilassata, le corde vocali vibranti. È probabilmente questa la ragione per cui hanno classificato la vocale come una «gutturale», articolata in gola. Ma questo è vero solo a metà in quanto a e ā presentano, in sanscrito, una differenza di colore. Mentre la lunga, ā, è anteriore, e si pronuncia limpida e aperta come la a tonica dell'italiano [aː], la a breve è effettivamente una vocale posteriore, e viene pronunciata chiusa [ʌ], come la u nell'inglese but. Questa perdita di colore è molto arcaica: è già presente all'epoca di Pāṇini, che la definisce saṃvṛta «copertura».

Ancora oggi, in hindī, a breve diviene muta [ə] alla fine della parola e in certune posizioni.

Tālavya, «palatale».
   
  i ī  

Secondo i grammatici sanscriti, la vocale /i(ː)/ si produce da un'alterazione di /a(ː)/, ottenuta sollevando la lingua verso il palato e distendendo gli angoli della bocca verso l'esterno. Essa ha il suono della i italiana [i]. Le lettere i ed ī si distinguono nella durata, pronunciandosi rispettivamente breve [i] e lunga [iː].

Oṣṭhya, «labiale»
   
  u ū  

Anche la vocale /u(ː)/, secondo i grammatici indiani, si produce da un'alterazione di /a(ː)/, con le labbra che si protrudono e si arrotondano. Questa è la ragione per cui la fonologia sanscrita definisce /u(ː)/ una «labiale», mentre in realtà è una vocale posteriore, seppure labializzata (da pronunciarsi cioè con arrotondamento delle labbra). Detto questo, u e ū vanno pronunciate esattamente come la u italiana, breve [u] e lunga [uː].

Il sistema che si ottiene è il seguente:

  a  
     

u

  i

Le ultime due vocali, ed , sono delle consonanti liquide utilizzate come apice sillabico, cioè come vere e proprie vocali. Suoni di questo tipo sono comuni nelle lingue slave, ad esempio in ceco, dove troviamo parole come vlk [vl̩k] «lupo» e prst [pr̩st] «dito», che portano rispettivamente l'accento sulla l e sulla r. Il nome della città di Brno ['br̩no] sarà più familiare, soprattutto agli appassionati di motocross. Anche la pronuncia inglese della parola little ['litl̩] può dare un'ottima idea di una consonante liquida con funzione di apice sillabico.

Mūrḍhanya «cerebrale»
   
   

I grammatici indiani fanno derivare la vocale /r̩(ː)/ da un'alterazione di /i(ː)/, nella quale la lingua viene portata in avanti, contro la parte superiore degli alveoli e fatta vibrare. Tuttavia, a dispetto della classificazione tradizionale sanscrita, che la considera una «cerebrale», / non è una vibrante retroflessa [ɽ], ma alveolare [r], come nell'italiano rana, con funzione di apice sillabico [r̩]. Oggi viene pronunciata [ɾɪ] nell'hindī, o [ɾu] nella marāthī, e in effetti sembra che l'effettiva pronuncia del sanscrito comprendesse delle lievissime colorazioni in i e u. Ci atteniamo qui, però, alla pronuncia «corretta» [r̩] secondo l'ideale fonologia sanscrita.

Dantya, «dentale»
   
   

In modo analogo, i grammatici indiani fanno derivare /l̩(ː)/ da un'analoga alterazione di /i(ː)/, nella quale la lingua viene portata dal palato verso i denti. Classificata abbastanza correttamente come «dentale», / corrisponde alla laterale alveolare [l] dell'italiano luna, ovviamente impiegata come apice sillabico [l̩]. Suono molto raro, lo ritroviamo unicamente nella radice del verbo kḷp «essere ordinato, essere adatto, avere successo». La variante lunga non è neppure contemplata nella fonologia sanscrita. Inserita nel varṇamālā semplicemente per mantenere una certa simmetria nel rapporto tra vocali brevi e lunghe, compare unicamente nei lavori di alcuni grammatici e lessicografi.

  a      
         

u

  i  
         
   

 

Le vocali , , ed sono specifiche del sanscrito e non sono incluse nel varṇamālā di altri linguaggi.

Lezione Traslitterazione Pronuncia Traduzione
वतार avatāra [ʌʋat̪ʌːɽʌ] incarnazione di una divinità
त्मन् ātman [t̪mʌn̪]

anima, spirito vitale

न्दिरा indirā [ind̪iɽaː] splendore
श्वर īśvara [ʃʋʌɽʌ] signore
ष्ण uṣṇa [uʂɳʌ] calore
र्मि ūrmi [ɽmi] onda
ग्वोद gveda [gʋeːd̪ʌ] veda degli inni
[] montagna
SAṂDHYAKṢARA. I DITTONGHI

Alle vocali seguono, nell'ordine alfabetico, i dittonghi, in numero di quattro, definiti in sanscrito come suoni a «sillaba composta» [saṃdhyakṣara]. Per quanto alcuni testi li suddividano erroneamente in brevi e lunghi, i dittonghi sono tutti lunghi. I grammatici sanscriti li dividono piuttosto in guṇa e vṛddhi, due termini tratti dai registri della filosofia e della religione. In particolare, guṇa indica la corda dell'arco o degli strumenti musicali, ma significa anche «elemento secondario»; vṛddhi vuol dire invece «crescita, avanzamento». Si può dunque parlare di suoni «secondari» o suoni «avanzati».

I dittonghi guṇa sono pronunciati e traslitterati come semplici vocali:

e o

I dittonghi vṛddhi mostrano invece, in traslitterazione e pronuncia, la loro natura:

ai au

Correttamente, i grammatici indiani classificano le loro «posizioni» [sthāna] come composizione di quelle delle singole vocali:

  guṇa vṛddhi
kaṇṭhatālavya, «palato-gutturali» e ai
kaṇṭhoṣṭhya, «labio-gutturali» o au
DITTONGHI
Forma
iniziale
Forma
articolata
Traslitt. Nome
lettera
Pronuncia

Descrizione

e e [eː] Vocale anteriore mediochiusa distesa lunga
Italiano "tenere"
ai ai [aː] Dittongo
Italiano "mai"
o o [oː] Vocale posteriore mediochiusa arrotondata lunga
Italiano "colore"
au au [aː] Dittongo
Italiano "aula"

«Sillabe composte» [saṃdhyakṣara]

I dittonghi guṇa e e o sono da pronunciarsi come [eː] e [oː] lunghe. La ragione per cui in traslitterazione non vengono segnalate col macron, è che, mancando in sanscrito [e] ed [o] brevi, non vi è alcun rischio di ambiguità.

I dittonghi vṛddhi ai e au si pronunciano invece con la prima vocale lunga e la seconda atona: [aː] e [aː], cioè come nelle parole italiane mai e aula.

Ci si può stupire del fatto che in sanscrito le vocali e ed o siano considerate dei dittonghi, alla stregua di ai e au. La ragione risiede in una serie di interessanti interpretazioni effettuate dai grammatici sanscriti nella classificazione dei suoni. Ma vediamo nei dettagli le due coppie guṇa/vṛddhi.

Kaṇṭhatālavya, «palato-gutturali»
   
  e ai  

Abbiamo visto che, nell'interpretazione dei grammatici indiani, la vocale «palatale» /i/ deriva dalla «gutturale» /a/. Tuttavia, nel corso del passaggio da /a/ ad /i/, l'apparato fonatorio si situa un certo punto nella posizione di /e/. Questa è la ragione per cui il dittongo guṇa e [eː] viene considerata una combinazione tra a e i. Il dittongo vṛddhi ai [aː] lo si ritiene invece prodotto dall'incontro di a ed e.

    ai    
     
a e i

Stessa cosa per l'altra coppia guṇa/vṛddhi:

Kaṇṭhoṣṭhya, «labio-gutturali»
   
  o au  

Si ricordi che, nell'interpretazione dei grammatici indiani, la vocale «labiale» /u/ deriva dalla «gutturale» /a/. Anche qui, nel corso del passaggio da /a/ ad /u/, l'apparato fonatorio si situa a un certo nella posizione di /o/. Ecco dunque che il dittongo guṇa o [oː] viene considerato una combinazione tra a e u. Il dittongo vṛddhi au [aː] lo si ritiene prodotto dall'incontro di a ed o.

    au    
     
a o u

Queste teorie fonologiche trovano la loro giustificazione nel fenomeno dell'apofonia, i regolari mutamenti vocalici [ablaut] che ricorrono nelle lingue indoeuropee. Rilevata da Jakob Grimm per le lingue germaniche nel  secolo, l'apofonia era già stata studiata da Pāṇini per il sanscrito più di duemila anni prima. Quest'ultimo definiva appunto come mutazioni guṇa e vṛddhi i regolari e frequenti cambiamenti vocalici che occorrevano nel corso delle inflessioni e delle flessioni delle parole. Sono i due gradi che in linguistica sono oggi chiamati «grado pieno» e «grado lungo».

Un dittongo guṇa differisce dalla corrispondente vocale semplice per la presenza di una vocale a- ad essa prefissa. Un dittongo vṛddhi è invece caratterizzato da un'ulteriore vocale a- prefissa al dittongo guṇa. Così, il corrispondente dittongo guṇa di i/ī , è e (in quanto incontro di a ed i). Invece, il corrispondente vṛddhi è ai (in quanto incontro di a ed e).

Ne sortisce uno schema di questo tipo:

Vocale   guṇa   vṛddhi
ā
e āi
o āu
ar ār
al āl

Schema piuttosto interessante, in quanto riflette questioni di linguistica storica. Si ritiene infatti che le vocali sanscrite e [eː] ed o [oː] siano effettivamente derivate da due antichi dittonghi indoeuropei pronunciati [a] ed [a].

Lezione Traslitterazione Pronuncia Traduzione
eka [kʌ]

uno

aidha [aːd̪ʱʌ]

fiamma

oka [kʌ] casa
दार्य audārya [aːd̪aːɽjʌ] nobiltà
VYAÑJANA. LE CONSONANTI

Il nome sanscrito delle consonanti è vyañjana, «che indicano», «che manifestano», e vengono anch'esse ordinate in un sistema mirabilmente preciso ed elegante. I grammatici indiani le hanno suddivise in tre gruppi, ciascuna delle quali presenta a sua volta distinzioni ricorrenti e simmetriche:

  1. sparśa, «a contatto» (le nostre occlusive e nasali);
  2. antaḥstha, «intermedie» (le nostre approssimanti, o semivocali);
  3. ūṣman, con «fiato», o saṃghashrī, con «sfregamento» (le nostre fricative).

Le consonanti sparśa «a contatto» sono chiamate così perché i grammatici indiani le ritengono prodotte da un «contatto», cioè da una chiusura, degli organi che le producono. L'analisi è peraltro corretta e anche oggi definiamo queste consonanti come «occlusive». A loro volta, le consonanti sparśa vengono distinte in cinque classi [varga], secondo le cinque «posizioni» [sthāna] riconosciute dalla fonologia sanscrita: «gutturali» [kaṇṭhya], «palatali» [tālavya], «cerebrali» [mūrḍhanya], «dentali» [dantya] e «labiali» [oṣṭhya] (e cioè velari, palatali, retroflesse, dentali/alveolari e labiali/bilabiali).

Ogni singola classe delle sparśa è regolarmente formata da una successione regolare di cinque consonanti: due «atone» [aghoṣa], due «toniche» [ghoṣa o ghoṣavant] e una «nasale» [anunāsika]. Sia la coppia «atona» che la coppia «tonica» sono a sua volta costituite da una consonante «di breve respiro» [alpaprāṇa] e una «di ampio respiro» [mahāprāṇa]. In sintesi, secondo la nostra terminologia, ogni quintetto è formato da una consonante sorda, una sorda aspirata, una sonora, una sonora aspirata e una nasale:

kaṇṭhya, «gutturali» k kh g gh ka-varga
tālavya, «palatali» c ch j jh ñ ca-varga
mūrḍhanya, «cerebrali» ṭh ḍh ṭa-varga
dantya, «dentali» t th d dh n ta-varga
oṣṭhya, «labiali» p ph b bh m pa-varga

I nomi delle cinque classi [varga] derivano dalla prima consonante di ciascuna: ka-varga, ca-varga, etc.

La serie successiva comprende le quattro consonanti «intermedie» [antaḥstha], grossomodo corrispondenti a quelle che noi chiamiamo semivocali o approssimanti:

tālavya, «palatali» y
mūrḍhanya, «cerebrali» r
dantya, «dentali» l
oṣṭhya, «labiali» v

L'ultima serie è quelle delle consonanti definite ūṣman (prodotte con passaggio di «vapore, fiato»), o saṃghashrī (con «attrito» o «frizione»), così definite perché pronunciate facendo passare l'aria attraverso l'apparato fonatorio (al contrario delle sparśa, prodotte invece per contatto completo). L'odierno termine di «fricative» ha lo stesso significato del termine sanscrito. Anch'esse sono ordinate secondo le «posizioni» [sthāna] articolatorie. Sono tre alpaprāṇa, a «breve respiro»:

tālavya, «palatali» ś  
mūrḍhanya, «cerebrali»  
dantya, «dentali» s  

Ed una mahāprāṇa, di «vasto respiro»:

kaṇṭhya, «gutturali» h

Ma ecco uno schema generale del sistema consonantico del sanscrito:

          kaṇṭhya
«gutturali»
tālavya
«palatali»
mūrḍhanya
 «cerebrali»
dantya
«dentali»
oṣṭhya
«labiali»
         
sparśa
«occlusive»
{ aghoṣa
«atone»
{ alpaprāṇa, «breve respiro» k c t p
mahāprāṇa, «vasto respiro» kh ch ṭh th ph
ghoṣa
«toniche»
{ alpaprāṇa, «breve respiro» g j d b
mahāprāṇa, «vasto respiro» gh jh ḍh dh bh
ghoṣa   anunāsika, «nasali» ñ n m
               
antaḥstha
«intermedie»
  ghoṣa
«toniche»
  alpaprāṇa, «breve respiro»   y r l v
                   
saṃghashrī
«fricative»

{

aghoṣa   alpaprāṇa, «breve respiro»   ś s  
ghoṣa   mahāprāṇa, «vasto respiro» h        

Questo il sistema consonantico, così com'è stato regolato e ordinato dai grammatici indiani. Ma vediamo ora la forma grafica delle singole lettere, le quali non si presentano tuttavia come pure consonanti, ma sono sempre vocalizzate in -a [ʌ]. Ciò significa che la lettera, al suo stato fondamentale, non è mai la consonante k, g, p, ma sempre la sillaba ka, ga, pa.

La maggior parte delle consonanti-sillaba devanāgarī è formata da tre elementi:

  1. un elemento distintivo della lettera
  2. un linea verticale
  3. un linea orizzontale
1
Elemento
distintivo
2
Linea
verticale
3
Linea
orizzontale

L'elemento distintivo (1) è ciò che dà la fisionomia e permette di riconoscere la consonante; la linea verticale (2), non sempre presente, richiama in qualche modo la -a [ʌ] inerente in ogni consonante-sillaba; la linea orizzontale (3) è il rigo lungo cui si allinea la scrittura.

Vediamo ora per esteso l'intero sistema consonantico, con traslitterazione e pronuncia.

CONSONANTI
  Forma
iniziale
Traslitt. Nome
lettera
Pronuncia

Descrizione

«Occlusive»
[sparśa]

«Gutturali»
[kaṇṭhya]

ka ka [k] Occlusiva velare sorda
Italiano "cane"
kha kha [kʰ] Occlusiva velare sorda aspirata
 
ga ga [g] Occlusiva velare sonora
Italiano "gatto"
gha gha [gʱ] Occlusiva velare sonora aspirata
 
ṅa ṅa [ŋ] Nasale velare
Inglese "king"; italiano "angolo"
«Occlusive»
[sparśa]

«Palatali»
[tālavya]

ca ca [c] Occlusiva palatale sorda
Italiano "chiave" (≈ Italiano "cena")
cha cha [cʰ] Occlusiva palatale sorda aspirata
 
ja ja [ɟ] Occlusiva palatale sonora
Italiano "ghiaia" (≈ Italiano "gelo")
jha jha [ɟʱ] Occlusiva palatale sonora aspirata
 
ña ña [ɲ] Nasale palatale
Italiano "gnomo"
«Occlusive»
[sparśa]

«Cerebrali»
[mūrdhanya]

ṭa ṭa [ʈ] Occlusiva retroflessa sorda
Siciliano "treno", "motto"
ṭha ṭha [ʈʰ] Occlusiva retroflessa sorda aspirata
 
ḍa ḍa [ɖ] Occlusiva retroflessa sonora
Siciliano "ladro", "cavaddu"
ḍha ḍha [ɖʱ] Occlusiva retroflessa sonora aspirata
 
ṇa ṇa [ɳ] Nasale retroflessa
 
«Occlusive»
[sparśa]

«Dentali»
[dantya]

ta ta [t̪] Occlusiva dentale sorda
Italiano "tana"
tha tha [t̪ʰ] Occlusiva dentale sorda aspirata
Inglese "boathook"
da da [d̪] Occlusiva dentale sonora
Italiano "dono"
dha dha [d̪ʱ] Occlusiva dentale sonora aspirata
 
na na [n̪] Nasale dentale
Italiano "nido"
«Occlusive»
[sparśa]

«Labiali»
[oṣṭhya]

pa pa [p] Occlusiva labiale sorda
Italiano "pane"
pha pha [pʰ] Occlusiva labiale sorda aspirata
Inglese "uphill"
ba ba [b] Occlusiva labiale sonora
Italiano "bene"
bha bha [bʱ] Occlusiva labiale sonora aspirata
 
ma ma [m] Nasale bilabiale
Italiano "mare"
«Intermedie»
[antaḥastha]
ya ya [j] Approssimante palatale
Italiano "ieri"
ra ra [ɽ] Monovibrante retroflessa
Siciliano "treno" (≈ Italiano "rana")
la la [l̪] Laterale alveolare
Italiano "luna"
va va [ʋ] Approssimante labiodentale
Danese "ven" (≈ Italiano "vento")

ARCAICHE

ḻa ḻa [ɭ] Approssimante laterale retroflessa
Usata solo in vedico; sostituita da
ळ्ह ḻha ḻha [ɭʱ] Approssimante laterale retroflessa aspirata
Usata solo in vedico; sostituita da ḍh
«Fricative»
[saṃghashrī]
śa śa [ɕ] Fricativa alveolopatale sorda
Polacco "śruba" (≈ Italiano "scemo")
ṣa ṣa [ʂ] Fricativa retroflessa sorda
Siciliano "strata"
sa sa [s̪] Fricativa dentale sorda
Italiano "sole"
ha ha [ɦ] Fricativa glottale sonora
Fiorentino "casa"

«Occlusive di breve respiro» [sparśa alpaprāṇa]

La serie copre quasi tutte le occlusive rinvenibili negli inventari indoeuropei. Vediamole nei dettagli:

Kaṇṭhya, «gutturali»
   
  ka ga  

Articolate in realtà sul fondo del velo palatino (e non in gola come si evincerebbe dal termine sanscrito), sono le occlusive velari, sorda [k] e sonora [g], e si pronunciano come la c e la g dure dell'italiano cane e gatto.

Tālavya, «palatali»
   
  ca ja  

Articolate all'altezza del palato. Sono le occlusive palatali, sorda [c] e sonora [ɟ], e il loro suono rassomiglia alla consonante iniziale delle parole italiane chiave e ghiaia. In epoca successiva, sono divenute le affricate postalveolari, sorda [ʧ] e sonora [ʤ], ovvero la c(i) e la g(i) dell'italiano cena e gelo, ed è così che vengono normalmente pronunciate in hindī e dagli studenti moderni.

Mūrdhanya, «cerebrali»
   
  ṭa ḍa  

Articolate tra il palato e gli alveoli. Sono le occlusive retroflesse (o cacuminali), sorda [ʈ] e sonora [ɖ]. Corrispondono alla t e alla d del siciliano treno e ladro.

Dantya, «dentali» 
   
  ta da  

Articolate all'altezza dei denti. Sono le occlusive dentali, sorda [t̪] e sonora [d̪], ovvero la t e la d dell'italiano tana e dono. In hindī, questi fonemi vengono oggi realizzati come occlusive alveolari, sorda [t] e sonora [d] (rispettivamente, t e d dell'inglese stay e day).

Oṣṭhya, «labiali» 
   
  pa ba  

Articolate all'altezza delle labbra. Sono le occlusive bilabiali, sorda [p] e sonora [b], e corrispondono alla p e b dell'italiano pane e bene.

Negli esempi che seguono il colore rosso contrassegna soltanto il suono consonantico e non la [ʌ] inerente:

Lezione Traslitterazione Pronuncia Traduzione
र्मन् karman [kʌɽmʌn̪]

azione

gaja [gʌɟʌ]

elefante

क्र cakra [cʌkɽʌ] disco
jaya [ɟʌjʌ] vittoria
ङ्क aṅka [ʈʌŋkʌ] spada
म्बर ambara [ɖʌmbʌɽʌ] fracasso
त्त्व tattva [ʌt̪t̪ʋʌ] verità
न्त danta [ʌn̪t̪ʌ] zanna
pada [pʌd̪ʌ] piede
bala [bʌlʌ] forza
«Occlusive di ampio respiro» [sparśa mahāprāṇa]

In sanscrito, ogni consonante occlusiva può presentarsi anche in forma aspirata. Abbiamo allora la serie:

Kaṇṭhya, «gutturali»   Tālavya, «palatali»   Mūrdhanya, «cerebrali»   Dantya, «dentali»   Oṣṭhya, «labiali»
                           
  kha gha       cha jha       ṭha ḍha       tha dha       pha bha  
Ogni consonante viene pronunciata con una simultanea aspirazione.

Qualora la consonante sia sorda (kh- ch- h- th- ph-), l'aspirazione -h corrisponde alla fricativa glottale sorda [h] all'inizio della parola inglese house. Si può pensare alla pronuncia, sempre in inglese, di alcune parole composte in cui un'occlusiva incontra un'aspirata, come boathook o uphill.

Qualora la consonante sia sonora (gh- jh- ḍh- dh- bh-), l'aspirazione -h corrisponde alla fricativa sonora [ɦ] della pronuncia fiorentina di casa. È quindi sbagliato, a rigore, pronunciare dh- o bh- come nelle parole inglesi redhead o clubhouse, dove la h è sempre sorda.

Lezione Traslitterazione Pronuncia Traduzione
khaja [ʌɟʌ]

lotta

ghana [ʌn̪ʌ]

uccisione

न्द chanda [ʌn̪d̪ʌ] piacere
jhaṣa [ɟʱʌʂʌ] grande pesce
क्कुर ṭhakkura [ʈʰʌkkuɽʌ] oggetto di venerazione
क्क ḍhakka [ɖʱʌkkʌ] edificio sacro
tha [t̪ʰʌ] protettore
र्म dharma [d̪ʱʌɽmʌ] legge cosmica
phala [ʌlʌ] frutto
bhaga [ʌgʌ] fortuna
«Occlusive nasali» [sparśa anunāsika]

Se ogni serie di occlusive termina in una nasale, è perché i grammatici indiani hanno distinto le varie pronunce di n e m dal punto di articolazione, disponendole in una sequenza perfettamente articolatoria. Abbiamo così una serie di cinque consonanti nasali:

Kaṇṭhya, «gutturale»   Tālavya, «palatale»   Mūrdhanya, «cerebrale»   Dantya, «dentale»   Oṣṭhya, «labiale»
                           
  ṅa       ña       ṇa       na       ma  

La loro differenziazione dipende – in sanscrito come in italiano – dell'ambiente in cui viene a cadere la consonante nasale. In pratica, la nasale è la velare ṅ- [ŋ] quando precede le consonanti velari k g (dunque la n italiana di manco o mango); è la palatale ñ- [ɲ] quando precede le consonanti palatali c j (la n italiana di mancia o mangia); è la retroflessa ṇ- quando precede le consonanti retroflesse ; è la dentale n- [n] quando precede le consonanti dentali t d (la n italiana di monto o mondo); è la bilabiale m- [m] quando precede le consonanti bilabiali p b (la m italiana di rompo o rombo).

Questi esempi renderanno evidente l'ambito fonetico dei diversi tipi di nasale:

Lezione Traslitterazione Pronuncia Traduzione
ङ्क paka [pʌŋkʌ]

argilla

pañca [pʌɲcʌ]

cinque

kuḍa [kuɳɖʌ] lancia
कु kunta [kun̪t̪ʌ] recipiente
बर ambara mbʌɽʌ] cerchio
«Intermedie» [antaḥastha]

Terminata la successione dei vari ordini di occlusive, il varṇamālā presenta un gruppo di quattro lettere che la fonologia tradizionale sanscrita considera «intermedie» [antaḥastha] tra le occlusive e le fricative, essendo prodotte - secondo l'interpretazione dei grammatici indiani - con «contatto debole» [īṣatspṛṣṭa] o «imperfetto» [duḥspṛṣṭa] degli organi fonatori. Tutte naturalmente «toniche» [ghoṣa], cioè sonore, vengono anch'esse ordinate secondo il punto di articolazione:

Tālavya, «palatale»   Mūrdhanya, «cerebrale»   Dantya, «dentale»   Oṣṭhya, «labiale»
                     
  ya       ra       la       va  

Generalizzando, potremmo definire questo gruppo di consonanti con il vecchio termine di semivocali. Ragione ne è che i grammatici indiani le hanno messe in correlazione con le vocali:

  • la semivocale ya corrisponde alla vocale i
  • la semivocale ra corrisponde alla vocale
  • la semivocale la corrisponde alla vocale
  • la semivocale va corrisponde alla vocale u

Sembra infatti improprio definirle tout-court come delle approssimanti, in quanto, a rigore, solo ya e va appartengono a questa classe.

Più precisamente, y- è l'approssimante palatale [j], cioè la i consonantica dell'italiano ieri.

Stando alla classificazione sanscrita, la semivocale r- andrebbe identificata con una monovibrante retroflessa [ɽ] (la r del siciliano treno). È incerto se l'originaria realizzazione della lettera fosse proprio [ɽ], o se i grammatici indiani abbiano così classificato la ra per mantenere l'ordine tradizionale delle lettere. È tuttavia [ɽ] la pronuncia che segnaliamo nelle nostre indicazioni fonetiche. Non è comunque errato pronunciare r- come la normale vibrante alveolare [r] dell'italiano rana, anche perché non vi è alcun rischio di confusione.

La semivocale l- è la normale laterale alveolare [l] dell'italiano luna.

In quanto a v-, ci si aspetterebbe che abbia il valore di approssimante labiovelare [w] (come nell'italiano uomo), ma Pāṇini ne descrive il suono come ottenuto tra i denti superiori e il labbro inferiore: in pratica una fricativa labiodentale [v] (come nell'italiano vento). I sanscritisti ritengono che la pronuncia di v- sia passata, già in un'epoca piuttosto antica, al valore di approssimante labiodentale [ʋ] (è questa oggi la pronuncia corrente nell'hindī). Si tratta di un suono grossomodo intermedio tra [w] e [v], che si presenta come allofono di w in alcune varianti regionali del tedesco o dell'olandese, e come realizzazione di v iniziale nelle lingue scandinave o in finlandese.

Lezione Traslitterazione Pronuncia Traduzione
क्ष yakṣa [jʌkʂʌ]

spirito semidivino

त्न ratna [ɽʌt̪n̪ʌ]

dono, gioiello

laya [lʌjʌ] distruzione
र्ण varṇa [ʋʌrɳʌ] casta

Alle «intermedie» bisogna aggiungere un'ulteriore coppia di consonanti, utilizzate in vedico, ma espunte dal varṇamālā già all'epoca di Pāṇini.

Mūrdhanya, «cerebrali»
  ळ्ह  
  ḻa ḻha  

Si tratta di un'approssimante laterale retroflessa [ɭ]. Presente solo nei testi vedici in luogo di ḍa e ḍha in posizione intervocalica.

Un esempio tratto da Ṛgveda [1: 1: ]:

Lezione Traslitterazione Pronuncia
अग्निमीळे agnimīe [ʌgn̪imiːɭe]

 

Lezione Traslitterazione Pronuncia Traduzione
अग्निमीडे agnimīe [ʌgn̪imiːɖe] Io lodo Agni

 

«Fricative» [saṃghashrī]

Ultimo ordine di consonanti, prodotte con emissione di «fiato» [ūṣman], o tramite «sfregamento» [saṃghashrī], comprende le nostre fricative, anche descritte dai grammatici indiani come «leggermente aperte» [īṣadvivṛta] o a «semi-contatto» [ardhaspṛṣṭa]. Esse sono quattro in tutto, ripartite in due serie.

La prima serie, di consonanti a «breve respiro» [alpaprāṇa] e «atone» [ghoṣa], cioè non aspirate e sorde, è formata da tre sibilanti:

Tālavya, «palatale»   Mūrdhanya, «cerebrale»   Dantya, «dentale»
               
  śa       ṣa       sa  

A dispetto della classificazione tradizionale sanscrita, la prima, ś-, è più precisamente la fricativa alveolopalatale [ɕ]. Si tratta di una consonante coarticolata [ʃ ʲ], ovvero di una fricativa postalveolare [ʃ] (lo sc(i) italiano di sciocco) fortemente palatilizzata, cioè pronunciata come fosse seguita da una semiconsonante [ʲ]. Il suono è presente in alcune lingue europee, come nel catalano caixa [kaɕə], nel polacco śruba [ɕruba], nello svedese kjol [ɕuːl]. Può venire tuttavia reso agevolmente tramite la fricativa postalveolare sorda [ʃ], ovvero lo sc(i) italiano di sciocco.

La seconda, ṣ-, è la fricativa retroflessa [ʂ], da pronunciarsi in maniera simile a sc(i) ma con la lingua tra gli alveoli e il palato; è la s del siciliano strada [ʂɽada].

La terza, s-, è la fricativa alveolare sorda [s] dell'italiano sole.

Lezione Traslitterazione Pronuncia Traduzione
क्ति śakti [ɕʌkti]

potere

ण्ड्न aṇḍa [ʂʌɳɖʌ]

bosco

sana [sʌn̪ʌ] vecchio
Ultima delle fricative, nonché ultima lettera dell'alfasillabario devanāgarī, è una consonante di «vasto respiro» [mahāprāṇa] e «tonica» [ghoṣa], cioè aspirata e sonora, e fa serie a sé:
Kaṇṭhya, «gutturale»
   
  ha  

Molti testi la assimilano, erroneamente, alla h inglese di house, ma fonologicamente l'aspirazione inglese è una fricativa glottale sorda [h], mentre la h- sanscrita è sonora [ɦ], pronunciata similmente all'aspirazione iniziale della pronuncia fiorentina della parola casa.

Lezione Traslitterazione Pronuncia Traduzione
hava [ɦʌʋʌ] invocazione

Il sanscrito ha infatti conservato la distinzione tra le due fricative glottali, sorda [h] e sonora [ɦ]. La sorda, che cade solo in fin di parola, viene invece indicata con un segno particolare chiamato visarga.

AKṢARA. VOCALIZZAZIONE E FORMAZIONE DELLE SILLABE

Abbiamo visto che le vocali e i dittonghi possiedono due forme: una più elaborata si usa soltanto all'inizio di parola, allorché la vocale fa sillaba a sé. Quando la vocale (o il dittongo) è articolato con una consonante, allora si usa una seconda forma che viene combinata con la consonante per formare la sillaba [akṣara].

In ogni singola consonante, presa singolarmente, è sempre inerente una -a [ʌ] breve. Dunque, una singola consonante, non è mai k o t o p, ma sempre ka o ta o pa. La vocale -a [ʌ] è sempre inerente nella consonante.

ma   (= ma)

La vocalizzazione lunga [aː] si ottiene facendo seguire alla consonante un elemento verticale, in pratica una seconda a breve che raddoppia la durata di quella già inerente.

ma + a = mā

Per le altre vocali, si usano invece particolari diacritici posti sopra o sotto la consonante, oppure combinazioni tra diacritici e la a di prolungamento. Si noti che, nel caso particolare della i breve, la lettera viene posta prima della consonante a cui si riferisce.

Lezione Traslitterazione Lezione Traslitterazione
ma mā
mi mī
mu mū
m m
m m
me mai
mo mau

Si tenga presente che, in molti casi, l'uso ha stilizzato la forma di alcune sillabe, che non sono immediatamente riconoscibili. Ad esempio, l'articolazione di r con la vocale u, nei gruppi ru e si scrive in maniera particolare:

रु ru   रू
VIRĀMA. ASSENZA DI VOCALE

In ogni consonante è sempre presente una vocale inerente -a. Quando è necessario utilizzare una consonante non seguita da vocale, ad esempio alla fine di una parola che termina in consonante, si usa un particolare segno diacritico chiamato virāma a indicare l'assenza di vocale.

DIACRITICO
Lezione Trascriz. Nome
lettera
Pronuncia

Descrizione

  virāma [  ] Indica assenza di vocale
 

Posto in basso a destra rispetto alla consonante, il virāma ne elimina la -a inerente:

Lezione Traslitterazione Pronuncia Traduzione
तात tāta [t̪aːt̪ʌ] padre
तात tāt [t̪aːt̪] così

Una consonante con il virāma è definita halanta, cioè «che termina in consonante». Ad esempio, abbiamo:

halanta ka   क् k
halanta bha   द् d
halanta sa   स् s
SAṂYUKTĀKṢARA. LEGATURE CONSONANTICHE

In sanscrito si chiamano saṃyuktākṣara, «sillabe combinate», dei gruppi ove due o più consonanti sono articolate tra loro. In tal caso si utilizzano delle «legature» [saṃyoga] delle consonanti stesse, graficamente fuse tra loro a creare delle nuove sillabe in -a.

La fusione avviene spesso in sequenza, con l'eliminazione dell'elemento verticale di ogni consonante congiunta alla successiva (quell'elemento, abbiamo detto, rappresenta la vocale inerente -a, donde la logica della sua rimozione).

न् n + va = न्व nva
ब् b + bha = ब्भ bbha
त् t + स् s + ya = त्स्य tsya

In molti casi il nesso può venire stabilito verticalmente:

क् k + la = क्ल kla
ज् j + ja = ज्ज jja
त् t + na = त्न tna
ष् + ṭa = ष्ट ṣṭa

Un nesso verticale può essere indicato quando la prima lettera è priva di elemento verticale:

द् d + la = द्ल dla
ट् + ṭa = ट्ट ṭṭa
ङ् + ka = ङ्क ṅka

Alcuni composti vengono svolti tanto orizzontalmente quanto verticalmente:

द् d + ध् dh + ma = द्ध्म ddhma
ङ् + क् k + ya = ङ्क्य ṅkya
ष् + ठ् ṭh + ya = ष्ठ्य ṣṭhya

Alcuni gruppi presentano delle forme non immediatamente riconducibili alle lettere originali, come:

द् d + da = द्द dda
ट् + ṭa = ट्य ṭya
क् k + ṣa = क्ष kṣa
त् t + ta = त्त tta
ज् c + ña = ज्ञ cña

Particolari sono i nessi consonantici con ra. Qualora r- sia elemento iniziale del nesso, lo si indica con un uncino posto sopra l'ultimo elemento della sillaba.

र् r + ma = rma
र् r + da = rda
र् r + त् t + ya = त्य rtya
Lezione Traslitterazione Pronuncia Traduzione
धम dharma [d̪ʱʌɽmʌ] legge
अद्र ardra ɽd̪ɽʌ] umido
निवा nirvāṇa [n̪iɽʋaːn̪ʌ] cessazione
आषो ārṣeya [aːɽʂejʌ] venerabile
निऋति nirṛti [n̪iɽr̩t̪i] distruzione

Qualora r sia secondo o terzo elemento, allora viene indicato con una barra trasversale sotto la consonante che lo precede.

ta + ra = tra
da + ra = dra
Lezione Traslitterazione Pronuncia Traduzione
तिशूल triśūla [t̪ɽiɕuːlʌ] tridente
krama [kɽʌmʌ] cammino
कृति prakṛti [pɽʌkr̩t̪i] causa, natura, materia
अर्द ardra [ʌɽd̪ɽʌ] umido


La difficoltà di questo sistema è che spesso ci si trova di fronte a qualche complicata legatura di cui bisogna andare a cercare tutti gli elementi, che vanno poi distinti e identificati.

Le legature coinvolgono da due a quattro consonanti (è attestata anche una di cinque consonanti, rtsnya). Quante legature siano possibili, è un problema arduo. Calcolando tutte le possibili disposizioni che si ottengono giustapponendo trentatré consonanti in gruppi da uno a cinque, con possibilità di ripetizione, si ottengono 40˙358˙340 legature matematicamente possibili (33 + 33² + 33³ + 33⁴ + 33⁵). Applicando le limitazioni implicate dalla fonologia sanscrita, in cui non tutte le combinazioni sono effettivamente possibili, si ottiene che soltanto 1˙896˙777 legature sono compatibili con le regole fonetiche della lingua. Il problema è reso però ancor più complesso dal fatto che, nella scrittura tradizionale, non veniva lasciato spazio tra le singole parole, portando quindi alla combinazione quasi casuale tra la consonante finale di una parola e l'iniziale della successiva. Detto questo, le legature effettivamente utilizzate in sanscrito sembra siano 807, a cui si aggiungono altre combinazioni per l'hindī, la palī e altre lingue.

Ecco una panoramica degli 807 nessi consonantici effettivamente utilizzati dalla scrittura devanāgarī. Si tenga tuttavia che è sempre possibile creare altri nessi.

क्क क्क्र क्क्ल क्क्व क्क्श क्ख क्च क्छ क्ण क्त क्त्य क्त्र क्त्र्य क्त्व क्त्व्य
ka kka kkra kkla kkva kkṣa kkha kca kcha kṇa kta ktya ktra ktrya ktva ktvya
क्थ क्थ्न क्थ्य क्न क्न्य क्प क्प्र क्प्ल क्फ क्म क्म्य क्य क्र क्र्य क्ल क्ल्य
ktha kthna kthya kna knya kpa kpra kpla kpha kma kmya kya kra krya kla klya
क्व क्व्य क्श क्श्म क्श्र क्श्ल क्श्व क्श क्श्ण क्श्ण्य क्श्म क्श्म्य क्श्य क्श्र क्श्व क्स
kva kvya kśa kśma kśra kśla kśva kṣa kṣṇa kṣṇya kṣma kṣmya kṣya kṣra kṣva ksa
क्स् क्स्र क्स्थ क्स्न क्स्प क्स्फ क्स्म क्स्य क्स्र क्स्व ख्ख ख्न ख्य ख्र ख्व
ksta kstra kstha ksna kspa kspha ksma ksya ksra ksva kha khkha khna khya khra khva
ग्ग ग्ग्र ग्घ ग्घ्य ग्घ्र ग्ज ग्ज्ञ ग्ज्य ग्ज्व ग्ड ग्ण ग्द ग्द्य ग्द्र ग्द्व
ga gga ggra ggha gghya gghra gja gjña gjya gjva gḍa gṇa gda gdya gdra gdva
ग्द्व्य ग्ध ग्ध्य ग्ध्र ग्ध्र्य ग्ध्व ग्न ग्न्य ग्ब ग्ब्र ग्भ ग्भ्य ग्भ्र ग्म ग्य ग्र
gdvya gdha gdhya gdhra gdhrya gdhva gna gnya gba gbra gbha gbhya gbhra gma gya gra
ग्र्य ग्र्व ग्ल ग्व ग्व्य ग्व्र घ्न घ्न्य घ्म घ्य घ्र घ्र्य घ्व घ्व्य
grya grva gla gva gvya gvra gha ghna ghnya ghma ghya ghra ghrya ghva ghvya ṅa
ङ्क ङ्क्त ङ्क्त्य ङ्क्त्र ङ्क्त्व ङ्क्थ ङ्क्य ङ्क्र ङ्क्ल ङ्क्व ङ्क्ष ङ्क्ष्ण ङ्क्ष्म ङ्क्ष्य ङ्क्ष्व ङ्क्स
ṅka ṅkta ṅktya ṅktra ṅktva ṅktha ṅkya ṅkra ṅkla ṅkva ṅkṣa ṅkṣṇa ṅkṣma ṅkṣya ṅkṣva ṅksa
ङ्ख ङ्ख्य ङ्ग ङ्ग्ध ङ्ग्ध्य ङ्ग्ध्व ङ्ग्य ङ्ग्र ङ्ग्व ङ्घ ङ्घ्न ङ्घ्य ङ्घ्र ङ्घ्र्य ङ्ङ ङ्च
ṅkha ṅkhya ṅga ṅgdha ṅgdhya ṅgdhva ṅgya ṅgra ṅgva ṅgha ṅghna ṅghya ṅghra ṅghrya ṅṅa ṅca
ङ्ज ङ्त ङ्त्र ङ्त्व ङ्द ङ्ध ङ्ध्य ङ्न ङ्न्य ङ्न्र ङ्प ङ्प्र ङ्भ ङ्म ङ्य ङ्र
ṅja ṅta ṅtra ṅtva ṅda ṅdha ṅdhya ṅna ṅnya ṅnra ṅpa ṅpra ṅbha ṅma ṅya ṅra
ङ्व ङ्व्य ङ्व्र ङ्श ङ्स ङ्स्व ङ्ह च्च च्च्य च्छ च्छ्म च्छ्य च्छ्र च्छ्ल च्छ्व
ṅva ṅvya ṅvra ṅśa ṅsa ṅsva ṅha ca cca ccya ccha cchma cchya cchra cchla cchva
च्ञ च्ञ्य च्म च्य च्र च्व छ्य छ्र ज्ज ज्ज्ञ ज्ज्य ज्ज्व ज्झ ज्झ्य
cña cñya cma cya cra cva cha chya chra ja jja jjña jjya jjva jjha jjhya
ज्ञ ज्ञ्य ज्ञ्व ज्म ज्म्य ज्य ज्र ज्र्य ज्व ज्व्य झ्झ ञ्च ञ्च्म ञ्च्य
jña jñya jñva jma jmya jya jra jrya jva jvya jha jhjha ña ñca ñcma ñcya
ञ्च्व ञ्छ ञ्छ्न ञ्छ्य ञ्छ्र ञ्छ्ल ञ्छ्व ञ्ज ञ्ज्ञ ञ्ज्म ञ्ज्य ञ्ज्व ञ्ज्ह ञ्श ञ्श्म ञ्श्य
 ñcva ñcha ñchna ñchya ñchra ñchla ñchva ñja ñjña ñjma ñjya ñjva ñjha ñśa ñśma ñśya
ञ्श्र ञ्श्ल ञ्श्व ट्क ट्क्र ट्क्ष ट्ख ट्च ट्छ ट्ट ट्ट्य ट्ट्र ट्ट्व ट्ण ट्प
ñśra ñśla ñśva ṭa ṭka ṭkra ṭkṣa ṭkha ṭca ṭcha ṭṭa ṭṭya ṭṭra ṭṭva ṭṇa ṭpa
ट्प्र ट्फ ट्म ट्य ट्व ट्व्य ट्श ट्श्र ट्श्ल ट्ष ट्स ट्स्त ट्स्थ ट्स्न ट्स्प ट्स्य
ṭpra ṭpha ṭma ṭya ṭva ṭvya ṭśa ṭśra ṭśla ṭṣa ṭsa ṭsta ṭstha ṭsna ṭspa ṭsya
ट्स्व ठ्य ठ्र ड्ग ड्ग्य ड्ग्र ड्घ ड्घ्र ड्ज ड्ज्न ड्ज्व ड्ड ड्ड्य ड्ढ
ṭsva ṭha ṭhya ṭhra ḍa ḍga ḍgya ḍgra ḍgha ḍghra ḍja ḍjña ḍjva ḍḍa ḍḍya ḍḍha
ड्ढ्य ड्ढ्व ड्द ड्द्र ड्ध ड्ब ड्ब्र ड्भ ड्भ्व ड्भ्र ड्म ड्य ड्र ड्ल ड्व ड्व्य
ḍḍhya ḍḍhva ḍda ḍdra ḍdha ḍba ḍbra ḍbha ḍbhva ḍbhra ḍma ḍya ḍra ḍla ḍva ḍvya
ढ्य ढ्र ढ्व ण्ट ण्ट्य ण्ठ ण्ठ्य ण्ड ण्ड्ढ ण्ड्य ण्ड्र ण्ड्र्य ण्ड्व ण्ढ
ḍha ḍhya ḍhra ḍhva ṇa ṇṭa ṇṭya ṇṭha ṇṭhya ṇḍa ṇḍḍha ṇḍya ṇḍra ṇḍrya ṇḍva ṇḍha
ण्ढ्य ण्ढ्र ण्ण ण्न ण्म ण्य ण्व ण्व्य त्क त्क्य त्क्र त्क्ल त्क्व त्क्ष त्क्ष्म
ṇḍhya ṇḍhra ṇṇa ṇna ṇma ṇya ṇva ṇvya ta tka tkya tkra tkla tkva tkṣa tkṣma
त्क्ष्व त्ख त्ख्य त्त त्त्न त्त्म त्त्य त्त्र त्त्व त्त्स त्त्र्य त्थ त्थ्य त्न त्न्य त्न्व
tkṣva tkha tkhya tta ttna ttma ttya ttra ttva ttsa ttrya ttha tthya tna tnya tnva
त्प त्प्र त्प्ल त्फ त्म त्म्य त्य त्य्व त्र त्र्य त्र्व त्व त्व्य त्ष त्स त्स्क
tpa tpra tpla tpha tma tmya tya tyva tra trya trva tva tvya tṣa tsa tska
त्स्त त्स्त्र त्स्थ त्स्थ्य त्स्न त्स्न्य त्स्प त्स्प्र त्स्फ त्स्फ्य त्स्म त्स्य त्स्र त्स्व थ्
tsta tstra tstha tsthya tsna tsnya tspa tspra tspha tsphya tsma tsya tsra tsva tha thna
थ्न्य थ्य थ्र थ्व थ्व्य द्ग द्घ द्घ्र द्द द्द्य द्ध द्ध्म द्ध्य द्ध्र द्ध्व
thnya thya thra thva thvya da dga dgha dghra dda ddya ddha ddhma ddhya ddhra ddhva
द्न द्ब द्ब्र द्भ द्भ्य द्भ्र द्भ्व द्म द्म्य द्य द्र द्र्य द्र्व द्व द्व्य द्व्र
dna dba dbra dbha dbhya dbhra dbhva dma dmya dya dra drya drva dva dvya dvra
ध्न ध्न्य ध्म ध्य ध्र ध्र्य ध्व ध्व्य ध्व्र न्क न्क्र न्क्ल न्क्व न्क्ष
dha dhna dhnya dhma dhya dhra dhrya dhva dhvya dhvra na nka nkra nkla nkva nkṣa
न्ख न्ख्य न्ग न्ग्र न्ग्ल न्घ न्घ्न न्घ्र न्त न्त्त न्त्त्व न्त्थ न्त्म न्त्य न्त्र न्त्र्य
nkha nkhya nga ngra ngla ngha nghna nghra nta ntta nttva nttha ntma ntya ntra ntrya
न्त्व न्त्व्य न्त्स न्त्स्त न्त्स्थ न्त्स्न न्त्स्प न्त्स्य न्त्स्र न्त्स्व न्थ न्थ्य न्द न्द्ध न्द्ध्य न्द्ध्व
ntva ntvya ntsa ntsta ntstha ntsna ntspa ntsya ntsra ntsva ntha nthya nda nddha nddhya nddhva
न्द्म न्द्य न्द्र न्द्र्य न्द्व न्द्व्य न्ध न्ध्म न्ध्य न्ध्र न्ध्र्य न्ध्व न्न न्न्य न्न्व न्प
ndma ndya ndra ndrya ndva ndvya ndha ndhma ndhya ndhra ndhrya ndhva nna nnya nnva npa
न्प्र न्प्ल न्प्स न्फ न्ब न्ब्र न्भ न्भ्र न्म न्म्य न्म्र्र न्म्ल न्य न्य्व न्र न्व
npra npla npsa npha nba nbra nbha nbhra nma nmya nmra nmla nya nyva nra nva
न्व्य न्व्र न्ष न्स न्स्क न्स्ख न्स्त न्स्र न्स्थ न्स्न न्स्प न्स्फ न्स्फ्य न्स्म न्स्य न्स्र
nvya nvra nṣa nsa nska nskha nsta nstra nstha nsna nspa nspha nsphya nsma nsya nsra
न्स्व न्ह न्ह्य न्ह्र न्ह्व प्क प्क्ष प्ख प्च प्छ प्ट प्ण प्त प्त्य प्त्र
nsva nha nhya nhra nhva pa pka pkṣa pkha pca pcha pṭa pṇa pta ptya ptra
प्त्र्य प्त्व प्न प्न्य प्प प्प्य प्म प्य प्र प्र्य प्ल प्व प्श प्श्य प्स प्स्न
ptrya ptva pna pnya ppa ppra pma pya pra prya pla pva pśa pśya psa psna
प्स्न प्स्य प्स्व ब्ग ब्ग्र ब्घ ब्ज ब्ज्य ब्द ब्द्य ब्ध ब्ध्य ब्ब ब्ब्र ब्भ
psnya psya psva ba bga bgra bgha bja bjya bda bdya bdha bdhya bba bbra bbha
ब्भ्य ब्य ब्र ब्ल ब्व ब्व्य भ्ण भ्न भ्म भ्य भ्र्य भ्र्व भ्ल भ्व भ्व्य
bbhya bya bra bla bva bvya bha bhṇa bhna bhma bhya bhrya bhrva bhla bhva bhvya
म्ण म्न म्न्य म्प म्प्य म्प्र म्प्ल म्प्स म्फ म्ब म्ब्य म्ब्र म्ब्व म्भ म्भ्य
ma mṇa mna mnya mpa mpya mpra mpla mpsa mpha mba mbya mbra mbva mbha mbhya
म्भ्र म्म म्म्य म्म्र म्म्ल म्य म्र म्र्य म्ल म्व य्य य्व र्क र्क्च
mbhra mma mmya mmra mmla mya mra mrya mla mva ya yya yva ra rka rkca
र्क्त र्क्थ र्कप र्क्य र्क्ष र्क्ष्ण र्क्ष्य र्क्स र्क्स्व र्ख र्ख्य र्ग र्ग्ग र्ग्घ र्ग्ज र्ग्भ
rkta rktha rkpa rkya rkṣa rkṣṇa rkṣya rksa rksva rkha rkhya rga rgga rggha rgja rgbha
र्ग्य र्ग्र र्ग्ल र्ग्व र्घ र्घ्न र्घ्य र्घ्र र्ङ्क र्ङ्ख र्ङ्ग र्च र्च्छ र्च्य र्छ र्ज
rgya rgra rgla rgva rgha rghna rghya rghra rṅka rṅkha rṅga rca rccha rcya rcha rja
र्ज्ञ र्ज्म र्ज्म्य र्ज्य र्ज्व र्ज्ह र्ञ् र्ञ्ज र्ट र्ड र्ड्य र्ढ र्ढ्य र्ण र्ण्ग र्ण्ग्व
rjña rjma rjmya rjya rjva rjha rña rñja rṭa rḍa rḍya rḍha rḍhya rṇa rṇga rṇgva
र्ण्ण र्ण्य र्ण्व र्त र्त्त र्त्त्र र्त्न र्त्न्य र्त्म्य र्त्य र्त्र र्त्र्य र्त्व र्त्स र्त्स्न र्त्स्न्य
rṇṇa rṇya rṇva rta rtta rttra rtna rtnya rtma rtya rtra rtrya rtva rtsa rtsna rtsnya
र्त्स्य र्थ र्थ्य र्द र्द्ध र्द्ध्य र्द्म र्द्य र्द्र र्द्र्य र्द्व र्द्व्य र्ध र्ध्न र्ध्न्य र्ध्म
rtsya rtha rthya rda rddha rddhya rdma rdya rdra rdrya rdva rdvya rdha rdhna rdhnya rdhma
र्ध्य र्ध्र र्ध्व र्न र्न्य र्न्व र्प र्प्य र्फ र्ब र्ब्र र्भ र्भ्य र्भ्र र्भ्य र्म
rdhya rdhra rdhva rna rnya rnva rpa rpya rpha rba rbra rbha rbhya rbhra rbhva rma
र्म्य र्म्र र्म्ल र्य र्य्य र्ल र्व र्व्य र्व्र र्व्ल र्श र्श्म र्श्य र्श्व र्श्व्य र्ष
rmya rmra rmla rya ryya rla rva rvya rvra rvla rśa rśma rśya rśva rśvya rṣa
र्ष्ट र्ष्ट्य र्ष्थ र्ष्ण र्ष्ण्य र्ष्म र्ष्य र्ष्व र्स र्स्र र्स्व र्ह र्ह्य र्ह्र र्ह्ल र्ह्व
rṣṭa rṣṭya rṣṭha rṣṇa rṣṇya rṣma rṣya rṣva rsa rsra rsva rha rhya rhra rhla rhva
ल्क ल्क्य ल्ग ल्ग्व ल्ग्व्य ल्द ल्प ल्प्य ल्फ ल्ब ल्ब्य ल्भ ल्भ्य ल्म ल्य
la lka lkya lga lgva lgvya lda lpa lpya lpha lba lbya lbha lbhya lma lya
ल्ल ल्ल्य ल्व ल्व्य ल्श ल्ह व्ण व्न व्न्य व्य व्र व्ल व्व श्च
lla llya lva lvya lśa lha va vṇa vna vnya vya vra vla vva śa śca
श्च्य श्छ श्न श्न्य श्प श्म श्म्य श्य श्र श्र्य श्र्व श्ल श्व श्व्य श्श
ścya ścha śna śnya śpa śma śmya śya śra śrya śrva śla śva śvya śśa ṣa
ष्क ष्क्य ष्क्र ष्क्ल ष्क्व ष्क्ष ष्ख ष्ट ष्ट्य ष्ट्र ष्ट्र्य ष्ट्व ष्ठ ष्ठ्य ष्ठ्व ष्ण
ṣka ṣkya ṣkra ṣkla ṣkva ṣkṣa ṣkha ṣṭa ṣṭya ṣṭra ṣṭrya ṣṭva ṣṭha ṣṭhya ṣṭhva ṣṇa
ष्ण्य ष्ण्व ष्प ष्प्य ष्प्र ष्प्ल ष्फ ष्म ष्म्य ष्य ष्र ष्व ष्ष स्क स्क्र
ṣṇya ṣṇva ṣpa ṣpya ṣpra ṣpla ṣpha ṣma ṣmya ṣya ṣra ṣva ṣṣa sa ska skra
स्ख स्त स्त्म स्त्य स्त्र स्त्र्य स्त्व स्त्स स्थ स्थ्न स्थ्न्य स्थ्य स्न स्न्य स्प स्प्र
skha sta stma stya stra strya stva stsa stha sthna sthnya sthya sna snya spa spra
स्फ स्फ्य स्म स्म्य स्य स्र स्र्य स्व स्व्य स्स स्स्य स्स्व ह्ण ह्न ह्न
spha sphya sma smya sya sra srya sva svya ssa ssya ssva ha hṇa hna hnya
ह्म ह्म् ह् ह्र ह्ल ह्व ह्व्                  
hma hmya hya hra hla hva hvya                  
VISARGA. ASPIRAZIONE FINALE

L'aspirazione sonora [ɦ], trascritta con la lettera h, càpita generalmente all'inizio o al centro della parola. L'aspirazione sorda [h], che cade invece in fin di parola, è invece contrassegnata con un particolare simbolo chiamato visarga o visarjanīya, consistente in due puntini verticali.

DIACRITICO
Lezione Traslitt. Nome
lettera
Pronuncia

Descrizione

: visarga [h] Fricativa glottale sorda
Inglese "house"
Solo in fin di parola

In realtà il visarga non è un carattere originario, ma solo un sostituto per la s o r finale.

Lezione Traslitteraz. Pronuncia
स् kas [kʌs]
पुनर् punar [pun̪ʌɽ]

 

Lezione Traslitteraz. Pronuncia Traduzione
: ka [kʌh] chi?
पुन: puna [pun̪ʌh] di nuovo

 

La pronuncia classica consiste in una fricativa glottale sorda [h] (come nell'inglese house). Nell'uso, tuttavia, il visarga viene pronunciato in diversi modi, spesso come una fricativa palatale [ç] o velare [x] (rispettivamente il ch tedesco di ich o il ch tedesco di Bach). Molti studenti fanno seguire al visarga un'eco appena accennata della vocale immediatamente precedente.

Vi sono dunque diverse possibili pronunce:

Lezione Traslitterazione Pronuncia Traduzione
राज: rāja [ɽaːɟʌh]
[ɽaːɟʌç]
[ɽaːɟʌx]
re
ANUSVĀRA E ANUNĀSIKA. NASALIZZAZIONE

Vi sono in sanscrito due distinti simboli di nasalizzazione: l'anusvāra e l'anunāsika.

DIACRITICO
Lezione Trascriz. Nome
lettera
Pronuncia

Descrizione

anusvāra [nasale] Nasale
È la consonante nasale (ṅ ñ ṇ n m) corrispondente all'ambito consonantico
anunāsika [˜] Nasalizzazione
Nasalizza la a precedente
Francese "tant"

L'anusvāra, che consiste in un punto posto al di sopra della vocale e viene indicata in traslitterazione come , fa sì che quella vocale sia seguita da una consonante nasale. Tale consonante è [m] in fin di parola e davanti alle fricative ś ṣ s e h. In altri ambiti consonantici può invece mutare lungo tutto lo spettro delle nasali:

ñ n m

Insomma, se la consonante seguente è una «dentale», allora l'anusvāra assume il timbro della nasale «dentale» n; se la consonante è una palatale, allora si pronuncia come la nasale palatale ñ, e così via.

Lezione Traslitterazione Pronuncia Traduzione
अलकार alakāra [ʌlʌŋkaːɽʌ] ornamento
kaja [kʌɲɟʌ] capello
वसुधरा vasudharā [ʋʌsud̪ʱʌɽaː] datrice di ricchezza [la terra]
नलप्रति nalaprati [nʌlʌmpɽʌt̪i] verso Nala
hasa [ɦʌmsʌ] cigno

L'anunāsika, anche detta candrabindu, «punto-luna», consiste in una mezzaluna posta al di sopra della vocale (generalmente a) o della semivocale (ya ra la va). Indicata in traslitterazione con una , fa sì che quella vocale o semivocali sia nasalizzata, analogamente come avviene in francese.

Lezione Traslitterazione Pronuncia Traduzione
au [au͂] sillaba sacra

 
DAṆḌA. LA PUNTEGGIATURA

La scrittura devanāgarī conosce, quale unico segno di punteggiatura, una linea verticale chiamata daṇḍa «bastoncino», paragonabile al nostro punto. Nella metrica, vi sono due tipi di daṇḍa, semplice e doppio: il primo indica la chiusura di una semistrofa, il secondo di una strofa.

PUNTEGGIATURA
Lezione Nome

Descrizione

daṇḍa Chiude una semistrofa
Chiude una strofa
SVARA. GLI ACCENTI

La parola sanscrita per indicare l'accento è svara. Il termine copre infatti un ampio campo semantico: dal significato generico di «voce, suono, rumore», è anche – come abbiamo visto – il termine utilizzato per «vocale» o «nota musicale».

In vedico l'accento era libero, cioè non determinato dal numero delle sillabe, e musicale, la sillaba accentata pronunciata in tono più alto. L'accento musicale sopravvisse almeno fino all'epoca di Pāṇini, ma in seguito fu sostituito dall'accento intensivo.

Gli accenti sono segnati solo nei Veda e nei testi coevi dei Brāhmaṇa, mentre nelle scuole europee si prese a leggere il sanscrito con accettatura più o meno fittizia, similmente a quella latina. In altre parole, è invalso l'uso di lasciar cadere l'accento sulla penultima sillaba se è lunga; se la penultima è breve, sulla terzultima; se anche la terzultima è breve, sulla quartultima.

I grammatici indiani distinguono vari tipi di svara.

Vi è l'udātta «elevato», che indica un'intonazione ascendente. La sua negazione è appunto l'anudātta «inelevato», cioè intonazione discendente. Lo svarita «quasi accento» è un accento misto dei due, che segue l'udātta. Si dice anudāttara «più che inelevato», l'anudātta che precede la sillaba udātta.

Le regole prosodiche sono molto complesse e vi è, al riguardo, una sofisticata nomenclatura sui modi e sui tempi di regolare l'accento nella recitazione. Le notazioni dei manoscritti sono a loro volta diversissime. Il Ṛgveda, ad esempio, non contrassegna la sillaba udātta, ma contrassegna l'anudātta e lo svarita rispettivamente con una barra sottoposta alla sillaba o con una lineetta posta in alto.

In altri casi, si nota con una lineetta orizzontale sottoposta l'anudāttara che precede l'udātta, e con una lineetta verticale sovrapposta lo svarita che segue l'udātta, così che la sillaba accentata si trova tra le due che la chiudono.

Nella traslitterazione occidentale, l'udātta viene contrassegnato da un accento acuto, lo svarita da un accento grave.

ACCENTO
Lezione Traslitt. Nome
accento

Descrizione

  anudātta Accento pretonico
Cade nella sillaba precedente la sillaba tonica
  ´ udātta Accento tonico
Cade sulla sillaba tonica
ˋ svarita Accento post-tonico
Cade sulla sillaba seguente la tonica o la successiva

Si noti tuttavia che o si usa l'udātta, o si usano l'anudāttara e lo svarita. Vediamo come funzionano questi due criteri di accentazione, prendendo ad esempio i versi iniziali del Ṛgveda [1: 1: -]:

Lezione Traslitterazione Traduzione

अ॒ग्निमी॑ळे पु॒रोहि॑तं

य॒ज्ञस्य॑ दे॒वमृ॒त्विज॑म् ।

 होता॑रं रत्न॒धात॑मम् ।।
 

agnímḻe puróhìtaṃ
yajñásyà devám ṛtvíjàm
hótraṃ ratnadhtàmam
Ad Agni rivolgo le mie lodi,
al sacerdote domestico del sacrificio,
all'invocatore che porta molte ricchezze.

Altri testi, utilizzano altri criteri. Ad esempio, nel Samadeva, gli accenti sono segnati con dei numerali: udātta, svarita e anudātta sono contrassegnati rispettivamente dai numeri 1, 2, 3 scritti sopra la lettera. Esiste una dozzina, almeno, di diversi modi di segnalare la prosodia.

Di norma, però, gli accenti non vengono segnati.

SĀṂKHYA. I NUMERALI

Il sistema di numerazione sanscrito è molto semplice, per la semplice ragione che è identico al nostro. Furono infatti i matematici indiani ad inventare il concetto di zero e la numerazione posizionale, che poi gli arabi adottarono e trasmisero in Europa.

NUMERALI
Lezione Equivalente Nome
numerale
0 śūnya
1 eka
2 dva
3 tri
4 catur
5 pañca
6 ṣaṣ
7 sapta
8 aṣṭa
9 nava
१० 10 daśa

Si noti la rassomiglianza dei nomi dei numerali indiani a quelli latini o italiani, essendo il sanscrito una lingua indoeuropea.

Il numero 2 viene usato nella scrittura per indicare iterazione o ripetizione di un termine:

Lezione Traslitterazione Pronuncia Traduzione
अहो aho aho [ʌɦo ʌɦo] oh oh!
AVAGRAHA. SEPARAZIONE

Un simbolo chiamato avagraha, «inelevato», serve a indicare, all'inizio di parola, la scomparsa (prodelisione) di una a breve iniziale.

DIACRITICO
Lezione Traslitt. Nome
accento

Descrizione

avagraha Separazione
Sostituisce la a breve iniziale

L'avagraha viene indicato in trascrizione con un apostrofo . Alcuni usano il segno . Ad esempio:

Lezione Traslitterazione Pronuncia Traduzione
सो वग्रहः so vagrahaḥ
so vagrahaḥ
[soʋʌgrʌɦʌh] quella separazione
LAGHAVA CIHNA. ABBREVIAZIONE

Un piccolo circolo all'altezza della linea, chiamato laghava cihna, «segno di brevità», indica un'abbreviazione. Si trova in genere in un contesto dove un nome viene ripetuto. Ad esempio, citando l'eroina dell'omonimo dramma di Kālidāsa o l'arcinoto grammatico indiano Pāṇini, si può trovare:

Lezione Traslitteraz.
शकु Śaku.
पा .

 

Lezione Traslitterazione Pronuncia
शकुन्तला Śakuntalā [ɕʌkunt̺ʌlaː]
पाणिनि Pāṇini [paːɳin̪i]

 

Tali abbreviazioni sono anche usate nelle declinazioni e coniugazioni, per non ripetere il tema della radice.

ALCUNE DIFFERENZE GRAFICHE

Alcune lettere possono presentarsi in due forme grafiche, una più antica, tipica del sanscrito classico, detta settentrionale o di Kalikātā (Calcutta); l'altra moderna, detta meridionale o di Mumbai (Bombay). La prima viene ancora utilizzata nel nord dell'India, mentre la seconda, più diffusa al sud, ha fornito lo standard moderno della scrittura.

In questa pagina abbiamo utilizzato la grafia moderna. Ma diamo ora uno sguardo alle sillabe graficamente differenti:

Forma classica     
Forma moderna क्ष
Traslitterazione a ā o au kṣa jha ṇa la

Anche alcuni numeri possono comparire nella forma più antica, come qui vediamo:

Forma classica    
Forma moderna
Traslitterazione 1 4 5 6 8 9
Bibliografia

  • AKLUJKAR Ashok. Corso di sanscrito. Hoepli, Milano 1992.
  • CARACCHI Pinuccia. Grammatica hindī. Magnanelli, Torino 1992.
  • COULSON Michael. Sanskrit. «Teach Yourself Books». Hodder and Stoughton, Sevenoaks 1976.
  • MASICA Colin. The Indo-Aryan Languages. Cambridge University Press, Cambridge 1991.
  • PIZZAGALLI Angelo Maria. Elementi di grammatica sanscrita. Hoepli, Milano 1935 [1995].
  • PONTILLO Tiziana. Sanscrito. Vallardi, 1993.
  • WHITNEY William Dwight. Sanskrit Grammar. Dover Publications, Dover 2003.
  • WIKNER Charles. A Practical Sanskrit Introductory. 1996. @EbookBrowse, 1196.
Sezione: Rubriche - Galiana.
Rubrica: Lingue - Turris Babel.
Materia
: Indologia - Sarasvatī.
Compilato da: Dario Giansanti e Oliviero Canetti.
Si ringraziano Alessandro Passi e Dario Chioli per i consigli e le correzioni.

Creazione pagina: 10.07.2005
Ristrutturazione pagina: 16.04.2012
Ultima modifica: 27.07.2024

 
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