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FONTI

ELLENI
Greci

MITI ELLENICI
HĒSIÓDOU POIḖMATA
AutoreἩσίοδος
Hēsíodos
(VIII sec. a.C. - VII sec. a.C.)
Genere Poemi didascalici
Lingua Greco antico (ionico)
Epoca Forse fine VIII sec. a.C.
HĒSIÓDOU POIḖMATA
Hēsíodos. Frammenti di un'autobiografia
Tradizione dell'agṓn tra Hēsíodos e Hómēros
Tradizione sulla morte di Hēsíodos
Il problema della datazione
La produzione letteraria di Hēsíodos
Le composizioni pseudo-esiodee
Tradizione dei testi esiodei
La lingua
HĒSÍODOS. FRAMMENTI DI UN'AUTOBIOGRAFIA

Hēsíodos (pseudo-Seneca)
Copia romana da un originale ellenistico del II sec. a.C.
British Museum, London (R.U. Gran Bretagna)

Vissuto presumibilmente tra la fine dell'VIII e l'inizio del VII secolo a.C., Hēsíodos è una delle voci più antiche della letteratura ellenica – e quindi occidentale –, nonché il primo poeta in assoluto a fornire notizie sulla sua persona, dando poche ma sicure testimonianze della sua vita e della sua vocazione poetica.

Il padre di Hēsíodos era originario di Kýmē, una città eolica dell'Asia Minore: era un commerciante marittimo, proprietario di alcune navi, ma a causa delle difficoltà economiche legate alla sua attività fu costretto a trasferirsi nel villaggio di Áskrē, in Boiōtía, in quella che forse era la terra dei suoi avi. Ma ad Áskrē, «triste d'inverno, penosa d'estate, piacevole mai», il padre del poeta non trovò maggior fortuna (Érga kaì Hēmérai [-]).

I nomi dei genitori del poeta, Díos e Pykimḗdē, furono stabiliti dai grammatici antichi, i quali provvidero a tracciare una genealogia per giustificare un'immaginaria parentela tra Hēsíodos e Hómēros. Tali dati non hanno, ovviamente, alcun fondamento. Basti pensare che il nome del padre del poeta, Díos, fu ricavato dall'erronea lettura di un verso esiodeo: ergázeu, Pérsē, dîon génos, interpretato come «lavora, Pérsē, progenie di Díos», invece del più semplice e corretto «lavora, Pérsē, progenie divina» (Érga kaì Hēmérai []).

È incerto se Hēsíodos sia nato a Kýmē o ad Áskrē, ma è sicuramente ad Áskrē, sulle pendici nord-orientale del monte Helikṓn, che trascorse quasi tutta la vita. Alla morte del padre, il patrimonio – una modesta eredità terriera – venne diviso tra Hēsíodos e il fratello, Pérsē, il quale però dilapidò la sua parte e gli intentò causa, o forse un arbitrato, mirando a impossessarsi di parte della sua eredità. Hēsíodos allude nei suoi versi all'avvenuta corruzione dei magistrati durante il processo (Érga kaì Hēmérai [-]).

Sembra che Hēsíodos sia vissuto esclusivamente in Boiōtía, senza mai staccarsi dal lavoro dei campi o dall'attività di pastore. Egli si sofferma però, con evidente piacere, sull'unico viaggio per mare compiuto nel corso della sua vita: si recò infatti nell'isola di Eúboia per prendere parte alle feste funebri bandite dai figli di un nobile locale, certo Amphidámas. Hēsíodos partecipò a un agṓn poetico, in cui ottenne la vittoria e, in premio, ricevette un tripode che dedicò alle Moûsai del monte Helikṓn. (Érga kaì Hēmérai [-]).

Si è molto congetturato sulla natura della composizione che meritò a Hēsíodos la vittoria e alcuni studiosi hanno ipotizzato che si fosse trattato proprio della Theogonía. È però probabile che Hēsíodos abbia presentato non un poema, ma un hýmnos, un canto di ispirazione religiosa o eroica, assai più adatto alle gare funebri di un sovrano o di un guerriero.

Poco altro sappiamo sulla vita di Hēsíodos. Leggendarie sono le note biografiche che il bizantino Iōánnēs Tzétzēs (1110-1180) pose a commento delle Érga kaì Hēmérai, e che derivano da notizie ricavate dai grammatici antichi e dal commento di Próklos.

TRADIZIONE DELL'AGṒN TRA HĒSÍODOS E HÓMĒROS

Nell'antichità si è fantasticato sull'episodio dell'agṓn poetico a cui partecipò Hēsíodos e, secondo una tradizione, il poeta di Áskrē avrebbe conteso addirittura con Hómēros. Tale leggenda divenne argomento di una composizione intitolata Agṑn Homḗru kaì Hēsiódou (lat. Certamen Homeri et Hesiodi), forse risalente alla fine del VI secolo a.C. (Aristophánēs ne cita quattro versi nell'Eirḗnē (✍ 421 a.C.)) e probabilmente inclusa dal filosofo Alkidámas nel suo Mouseîon (✍ IV sec. a.C.). Dell'opera di Alkidámas non rimangono che frammenti, ma disponiamo di una tarda rielaborazione dell'Agṓn, risalente con ogni probabilità al II secolo, come si evince dal fatto che nel testo è citato l'imperatore Hadrianus (♔ 76-138).

Nell'Agṓn, Hómēros ed Hēsíodos competono tra loro durante i giochi funebri di Amphidámas; Hēsíodos pone una serie di indovinelli che Hómēros risolve con abilità. I giudici sono concordi nell'assegnare la vittoria a Hómēros, ma Panḗdēs, fratello di Amphidámas, chiede ai due poeti di recitare i passi che ritengono più belli delle loro opere. Hómēros canta una scena di combattimento (Iliás [XIII: -, -]); Hēsíodos esalta invece il lavoro dei campi (Érga kaì Hēmérai [-]). Di nuovo, i giudici sono concordi nel proclamare vincitore Hómēros, ma Panḗdēs decreta invece la vittoria di Hēsíodos, ritenendo giusto premiare chi celebra la pace e non la guerra, il lavoro e non il massacro.

Ricevuto il tripode di bronzo, il poeta vi fa incidere le seguenti parole: «Questo lo dedicò Hēsíodos alle Moûsai dell'Helikṓn, avendo vinto nel canto il divino Hómēros, in Chalkís» (Agṑn Homḗru kaì Hēsiódou). Il periegeta Pausanías, che ebbe modo di ammirare il tripode, afferma che fosse il più antico tra quelli conservati sul monte Helikṓn (Periḗgēsis [IX: 31, ]).

TRADIZIONE SULLA MORTE DI HĒSÍODOS

Altrettanto leggendaria è la tradizione sulla morte del poeta. Secondo l'Agṑn Homḗru kaì Hēsiódou, Hēsíodos fraintese un oracolo che lo invitava a guardarsi da Zeùs Némeios. Ritenendo si riferisse a Neméa nel Pelopónnēsos, Hēsíodos si recò a Oinóē, nella Lokrís, dove venne ospitato da Ganýktōr e Amphiphánēs, figli di Phēgeús, ignorando che quel luogo era anche conosciuto come «santuario di Zeùs Némeios». Sospettandolo di aver sedotto la loro sorella Ktiménē, i due ospiti uccisero Hēsíodos e ne gettarono il corpo in mare. Il cadavere, trascinato dai delfini, si arenò dopo tre giorni nei dintorni di Naúpaktos, nel corso di una festività, e qui fu trovato dalla gente del luogo e sepolto con grandi onori. Per sfuggire alla vendetta, Ganýktōr e Amphiphánēs salparono alla volta di Krḗtē, ma Zeús colpì la loro nave con un fulmine e la affondò. Thukydídēs conferma che il poeta sia stato ucciso presso il santuario di Zeùs Némeios a Oinóē (Perì toû Peloponnēsíou polèmou [3, 96]).

Secondo una variante che l'Agṓn fa risalire a una testimonianza dell'astronomo Eratosthénēs, gli assassini di Hēsíodos furono Ktímenos e Ántiphos, figli di Ganýktōr, i quali gettarono in mare il corpo del poeta e fuggirono a Naúpaktos, dove vennero sacrificati dall'indovino Euryklês in punizione della loro empietà. In questa versione, Hēsíodos era stato accusato ingiustamente: a sedurre Ktiménē – subito impiccatasi per la vergogna – era stato un certo Dēmṓdēs, compagno di viaggio del poeta (Agṑn Homḗru kaì Hēsiódou). Stando all'enciclopedia bizantina Souída (✍ X sec.), i figli di Ganýktōr avevano ucciso Hēsíodos per errore, scambiandolo al buio per il seduttore della sorella (Souída [η 583]). Anche nella variante riferita da Ploútarchos, Hēsíodos era innocente: venne accusato di essere al corrente della tresca e fu ucciso in un alterco con i fratelli della ragazza (Moralia: Tôn heptà sophôn sympósion [162 d-e]). Ma già ai tempi di Pausanías circolavano molte versioni differenti sulla morte del poeta e pareri contrastanti sulla sua colpevolezza (Periḗgēsis [IX: 31, ]).

Hēsíodos fu dunque sepolto in terra straniera, ma le sue spoglie erano destinate a tornare in Boiōtía, sebbene non ad Áskrē, ma a Orchomenós; la sua tomba venne collocata nell'agorá, proprio accanto a quella di Minýas, mitico fondatore della città e antenato della tribù dei Minýes. Ciò accadde quando una pestilenza si abbatté sulla terra dei Minýes e la Pythía disse che si sarebbe placata solo quando le ossa del poeta fossero tornate a riposare in patria. E poiché gli abitanti di Naúpaktos non avevano voluto rivelare a nessuno dove avevano sepolto Hēsíodos, la Pythía disse ai Minýes che una cornacchia avrebbe indicato loro la tomba del poeta. Giunti a Naúpaktos, gli uomini di Orchomenós videro infatti una cornacchia posarsi su una pietra. Sotto di essa, come la Pythía aveva profetizzato, trovarono le ossa di Hēsíodos. (Pausanías: Periḗgēsis [IX: 38, -]; Ploútarchos: Moralia [162 e-f]; Aristotélēs: Phragmenta [565 R]; Agṑn Homḗru kaì Hēsiódou).

Gli uomini di Orchomenós riportarono in Boiōtía i resti del poeta e posero questa iscrizione sulla sua tomba:

Áskrē mèn patrìs polylḗios, allà thanóntos
ostéa plēxíppōn gê Minyôn katéchei
Hēsiódou, toû pleîston en Helládi kŷdos oreîtai
andrôn krinoménōn en basánōi sophíēs.
Áskrē ricca di messi fu la sua patria, ma del morto [Hēsíodos]
le ossa trattiene la terra dei Minýes domatori di cavalli;
di Hēsíodos, la cui gloria in Hellás si leverà come la più grande
quando gli uomini saranno giudicati secondo il metro della sapienza.
Agṑn Homḗru kaì Hēsiódou
Pausanías: Periḗgēsis [IX: 38, 4]
IL PROBLEMA DELLA DATAZIONE

Non è possibile dare una precisa collocazione temporale della vita e dell'attività di Hēsíodos, e gli stessi antichi erano incerti se considerarlo contemporaneo dello stesso Hómēros. Secondo Hēródotos (484-425 a.C.), Hómēros ed Hēsíodos erano vissuti quattrocento anni prima della sua epoca (Historíai [II: 53]), nel IX secolo a.C. L'enciclopedia Souída sintetizza così la questione: «Secondo alcuni, [Hēsíodos] era più vecchio di Hómēros, secondo altri era suo contemporaneo. Porphýrios [di Týros] e molti altri ritengono invece che fosse più giovane di un centinaio di anni e ne stabiliscono la nascita trentadue anni prima della prima Olimpiade [776 a.C.]» (Souída [η 583]). Quest'ultima datazione collocherebbe la nascita di Hēsíodos nell'anno 808 a.C.

Anche gli studiosi moderni hanno tentato a lungo di raffrontare la cronologia omerica e quella esiodea, ma con esiti incerti. Secondo Martin Litchfield West, uno dei più importanti conoscitori dell'opera di Hēsíodos, la composizione della Theogonía avrebbe addirittura preceduto i poemi di Hómēros (West 1966). L'ipotesi di West si scontra però con i numerosi loci esiodei che mostrano reminiscenze omeriche, molti dei quali evidenziati e raccolti dal tedesco Fritz Krafft (Krafft 1963). D'altra parte, prescindendo dal dato prettamente cronologico, Hēsíodos sarebbe da considerare più recente di Hómēros semplicemente perché la sua poesia si colloca in una fase più individualizzata e personale, rispetto all'anonimo laboratorio rapsodico dell'epica omerica (Monaco ~ Casertano ~ Nuzzo 1997).

Un dettaglio importante, ai fini della datazione, sembra essere la testimonianza dello stesso Hēsíodos riguardo al suo viaggio in Eúboia in occasione delle gare funebri per Amphidámas. Secondo Ploútarchos, costui sarebbe stato un guerriero calcidese caduto nel corso di una delle battaglie tra le póleis eubee di Chalkís ed Erétria per il possesso della pianura di Lḗlantos (Moralia: Tôn heptà sophôn sympósion [153 f]). Questa notizia, sebbene possa apparire a prima vista risolutiva, non ci è molto d'aiuto. Il nome Amphidámas dovette essere piuttosto comune nella Grecia arcaica (ben sei omonimi sono attestati nel mito greco) e l'identificazione dell'eroe di Ploútarchos con il campione onorato da Hēsíodos rimane dubbia. Inoltre, è difficile definire l'epoca in cui sarebbe stata combattuta la battaglia lelantina, vagamente collocabile tra 730 e e il 650 a.C.

Il 650 a.C. rappresenta anche il limite superiore dell'attività di Hēsíodos, come dimostrano le reminiscenze della Theogonía e delle Érga kaì Hēmérai presenti nei frammenti di Sēmōnídes di Amorgós, poeta fiorito appunto nella seconda metà del VII secolo a.C.

Ultimo elemento avanzato ai fini di stabilire la cronologia esiodea è fornito dai dati astronomici presenti nelle Érga kaì Hēmérai:

Eût' àn d' hexḗkonta metà tropàs ēelíoio
cheiméri' ektelésēi Zeùs ḗmata, dḗ rha tót' astḕr
Arktoûros prolipṑn hieròn rhóon Ōkeanoîo
prôton pamphaínōn epitélletai akroknéphaios.
Quando Zeús abbia fatto passare
sessanta giorni invernali dopo il solstizio,
l'astro di Arturo, lasciata la sacra corrente di Ōkeanós,
tutto splendente si innalza al far della sera...
Érga kaì Hēmérai [-]

Il sorgere di Arturo (α Boötis) alla fine di febbraio può essere collocato in un'epoca non anteriore all'850 a.C. e non posteriore al 750. Avremo così la prima metà circa del secolo VIII a.C. come l'epoca più probabile per collocare la probabile epoca di composizione delle opere di Hēsíodos. Aristide Colonna, nel suo importante lavoro di curatela dell'opera esiodea, colloca la nascita di Hēsíodos intorno al 750 a.C.. La Theogonía e il Gynaikôn katálogon sarebbero stati scritti dopo il 720 a.C.; le Érga kaì Hēmérai di ritorno delle gare funebri per Amphidámas, quindi tra il 710 e il 700 a.C. (Colonna 1977)

LA PRODUZIONE LETTERARIA DI HĒSÍODOS

Nel corso della sua descrizione del monte Helikṓn, Pausanías riferisce che i Beoti attribuivano a Hēsíodos un'unica opera, le Érga kaì Hēmérai, dalla quale espuntavano però i primi dieci versi (probabilmente perché vi si invocavano le Moûsai della Piería, non quelle dell'Helikṓn). Pausanías testimonia anche di aver veduto il poema esiodeo inciso su una lastra di piombo, resa ormai illeggibile dal tempo, deposta presso la sacra sorgente dell'Hippokrḗnē. (Periḗgēsis [IX: 31, ])

La posizione dei Beoti, che concedevano a Hēsíodos la sola paternità della Érga kaì Hēmérai, si scontra con il fatto che nella Theogonía il poeta nomina esplicitamente sé stesso. Lo stesso Pausanías prende le distanze da una posizione tanto rigida e ricorda che a Hēsíodos erano attribuite molte altre composizioni, tra cui ovviamente la Theogonía e le Ēoîai (Periḗgēsis [IX: 31, ]). Detto questo, la questione dell'autenticità del corpus esiodeo è stata dibattuta fin dall'antichità. La critica moderna attribuisce con certezza a Hēsíodos solo tre opere:

  • Theogonía (la «teogonia»). Rapida e serrata esposizione cosmo-teogonica, con elencazione delle genealogie primordiali, titaniche e divine; vi si raccontano i miti di Promētheús e di Pandṓra, nonché le tradizioni relative alla titanomachia e alla tifonomachia.
  • Gynaikôn katálogon (il «catalogo delle donne»), anche conosciuto come Ēoîai (dall'espressione ḕ hoíē «o quale», ḕ oîai «o quali», che introduce di volta in volta la sezione dedicata a una nuova eroina). Enciclopedia mitologica a cui attinsero ampiamente i mitografi antichi. Quest'opera, che i grammatici alessandrini avevano diviso in cinque libri, ci è pervenuta in forma frammentaria: si conservano circa 260 frammenti di tradizione indiretta e papiracea.
  • Érga kaì Hēmérai («le opere e i giorni»). Poema d'impronta assai personale, nel cui si discute il sistema di valori della civiltà contadina arcaica: il lavoro, le relazioni sociali, la giustizia, le tecniche agricole e le stagioni dell'anno. Contiene un nuovo resoconto del mito di Pandṓra e l'importante esposizione delle cinque età dell'uomo.

In particolare, la Theogonía e il Katálogon sembrano formare un dittico coerente e compatto: la ricapitolazione cosmogonica e teogonica, le lotte titaniche e le complesse genealogie divine, che sono l'argomento della Theogonía, si completano idealmente, nel Gynaikôn katálogon, con il lungo catalogo delle donne concupite dagli dèi, attraverso le quali la progenie divina si perpetua sulla terra con la nascita degli innumerevoli sovrani ed eroi dell'épos ellenico.

Il passaggio da questa vastissima architettura mitologica all'Érga kaì Hēmérai, dal mondo degli dèi al duro lavoro dei campi, non è facile da giustificare. Gli esegeti hanno voluto vedervi un complesso discorso sulla caduta dell'uomo, dal tempo in cui immortali e mortali vivevano insieme in un quadro di letizia, fino al mondo presente in cui gli uomini combattono tra loro e la terra è un'interminabile successione di tumulti e discordie. Il tutto, visto alla luce di una personale teodicea, dove l'onnipotenza e l'onniveggenza di Zeús vengono cantate e invocate a garanzia del trionfo della giustizia, la Díkē, nel mondo.

LE COMPOSIZIONI PSEUDO-ESIODEE

Pausanías ci informa che i suoi contemporanei attribuivano a Hēsíodos un gran numero di composizioni, tra cui le Ēoîai e le Megálai Ēoîai, la Theogonía, la Melampodía, la Peiríthou katábasis, i Cheírōnos hypothêkai, oltre alle Érga kaì Hēmérai, l'unico poema che i Beoti assegnavano al poeta di Áskrē (Periḗgēsis [IX: 31, ]).

Secondo l'enciclopedia bizantina Souída, invece, Hēsíodos avrebbe scritto la Theogonía, il Gynaikôn katálogon, le Érga kaì Hēmérai, l'Aspìs Hērakléous, l'Epikḗdeion eis Bátrachon, gli Idaîoi Dáktyloi e «molte altre opere» (Souída [η 583]).

A queste composizioni possiamo aggiungerne diverse altre, variamente attribuite a Hēsíodos nell'antichità, quali il Kḗykos gámos, il Káminos, l'Aigímos, l'Ornithomantía, l'Astronomía e i Mégala Érga. Si assegnava generalmente al corpus esiodeo la definizione di «poesia didascalica», così come a Hómēros venivano attribuiti i canti epici nel loro complesso. Tra le composizioni attribuite al poeta nell'antichità, e oggi considerate apocrife, l'Aspìs Hērakléous è l'unica conservata integralmente. Le altre sono frammentarie o perdute.

  • Megálai Ēoîai (le «grandi Ēoîai»). Apparentemente, una versione ampliata del Gynaikôn katálogon o Ēoîai. Non ben distinte, già nell'antichità, con il Katálogon, di cui dovevano costituire una sorta di appendici, le Megálai Ēoîai sono arrivate a noi in maniera estremamente frammentaria. Tentativi di fondere i due poemi in uno, attribuendo la diversità del titolo a qualche artificiosa distinzione degli antichi grammatici, si è scontrata con la constatazione che gli stessi miti vengono a volte trattati in maniera diversa nelle due opere.
  • Aspìs Hērakléous (lo «scudo di Hēraklês»). Poemetto di 480 versi, di cui i primi 56 tratti dall'ēoîa di Alkmḗnē, da cui l'attribuzione a Hēsíodos. Pervenutoci integralmente, narra lo scontro tra Hēraklês e Kýknos.
  • Kḗykos gámos (il «matrimonio di Kḗüx»), anch'esso incentrato su Hēraklês. Frammentario.
  • Melampodía. Poema epico-genealogico d'ampio respiro (almeno tre libri), nel quale si narravano le gesta del mántis Melámpous, capostipite di una stirpe di indovini. Frammentario.
  • Peiríthou katábasis (la «catabasi di Peiríthoos»). Poema epico incentrato sulla discesa negli inferi di Thēseús e Peiríthoos. Frammentario.
  • Cheírōnos hypothêkai (i «precetti di Cheírōn»). Poemetto didattico-morale consistente negli ammaestramenti morali, religiosi e pratici elargiti dal saggio centauro Cheírōn nell'educazione di Achilleús. Frammentario.
  • Astronomía (l'«astronomia»). Poema di argomento astronomico, noto nell'antichità e nel medioevo, sopravvive anch'esso in forma frammentaria. Tzétzēs lo intitola Bíblos astrikḗ («libro stellare»). I versi arrivati fino a noi sono incentrati soprattutto sulle Pleiadi e sulle Iadi.
  • Idaîoi Dáktyloi (i «dattili idei»). Poema attribuito a Hēsíodos dall'enciclopedia bizantina Souída. Oggi perduto, trattava dei demoni-fabbri che inventarono la metallurgia, come si evince da una citazione di Klḗmēs Alexandreús: «Kelmis e Damnameneus, gli Idaîoi Dáktyloi, furono i primi a scoprire il ferro in Kýpros; Delas, un altro idaîos, scoprì la lega del bronzo; invece, secondo Hēsíodos, fu Scythes» (Strṓmata [I: 16, 75]).
  • Mégala Érga (le «grandi opere»). Poema didattico-morale, simile per argomento agli Érga kaì Hēmérai, se non una sua versione ampliata. Oggi perduto, ne sopravvivono solo due versi attribuibili con certezza.
  • Aigímos. Poema attribuito anticamente a Hēsíodos o a Kérkōps di Mílētos. Era probabilmente incentrato su Aigímos, figlio di Dôros, sebbene nessuno dei frammenti a noi pervenuti si riferisca all'eroe del titolo e nulla si possa dire sulla sua trama o sulla sua struttura.
  • Káminos (la «fornace») o Kerameîs (i «vasai»). Breve poemetto di 23 versi; si prega la dea Athēnâ di concedere successo a un anonimo vasaio. Attribuito variamente nell'antichità a Hēsíodos o a Hómēros, non è ascrivibile a nessuno dei due.
  • Ornithomantía. Poema didattico sull'arte di divinare a partire dal volo degli uccelli; sembra dovesse seguire le Érga kaì Hēmérai.
  • Epikḗdeion eis Bátrachon (il «lutto per le rane»). Titolo citato nel Souída come l'opera che Hēsíodos «prediligeva sopra ogni altra». Al riguardo non vi è nessuna testimonianza.
TRADIZIONE DEI TESTI ESIODEI

Hēsíodos e la moûsa (1870)
Gustave Moreau (1826-1898), dipinto.

Hēsíodos è stato, dopo Hómēros, l'autore più letto e più citato da poeti e prosatori greci di tutti i tempi. Basti dire che, se avessimo perduto le Érga kaì Hēmérai, potremmo ricostruirne il testo quasi integralmente sulla base dei versi citati da altri scrittori (Colonna 1977). Le informazioni cosmogoniche e teologiche presenti nella Theogonía sono stati una sicura base per i mitografi successivi, sia ellenici che romani; ma anche un importante stimolo per le prime speculazioni filosofiche, come mostra, ad esempio, la nozione dell'ápeiron di Anaxímandros, derivata dal Cháos esiodeo. Analogamente, la teodicea esiodea, con il suo concetto di Díkē, è ben presente nelle concezioni etiche e sociali degli autori attici, da Sólōn ad Aischýlos, ma anche in Plátōn (Solmsen 1949 | Solmsen 1962). Aristotélēs considerava Hēsíodos il primo dei filosofi, sulla base della considerazione che la Theogonía si volgeva alla ricerca dell'archḗ, l'origine di tutte le cose, autore del primo tentativo di dare un ordine al caotico sistema di racconti e personaggi divini rappresentati dal mito (Metá ta physiká [984 b]), seppure poco curante di risultare «credibile» ai posteri (Metá ta physiká [1000 a]). Infinite sono le citazioni di passi esiodei presenti nei poeti greci, quali Alkaîos, Píndaros, Kallímachos, Áratos Soleús, etc. Analogamente, l'influenza di Hēsíodos sulla letteratura romana, e in particolare sulla poesia di Vergilius, costituisce l'argomento di innumerevoli saggi e articoli.

Hēsíodos era ammirato e citato anche tra i padri della Chiesa. La conoscenza di Klḗmēs Alexandreús (150-215) delle Érga kaì Hēmérai sembra fosse piuttosto profonda, a giudicare dalle numerose citazioni presenti nelle sue opere. E Ōrigénēs (185-254) arrivò a definire Hēsíodos «poeta ispirato da Dio» (Contra Celsum [IV: 38]).

È probabile che, sul finire del I secolo e l'inizio del successivo, con la fondazione della Biblioteca di Athênai e il fiorire degli studi classici in Grecia, si crearono le condizioni favorevoli alla costituzione di edizioni più o meno complete dell'opera di Hēsíodos. Si crede esistessero diverse selezioni dei poemi esiodei, e quella che ebbe maggior fortuna conteneva probabilmente la Theogonía, le Érga kaì Hēmérai e l'Aspìs Hērakléous. In quanto al Gynaikôn katálogon, dai frammenti papiracei risulta che la sua conoscenza, già nel III e nel IV secolo, cominciava a essere limitata al primo libro; in seguito, il poema andò perduto.

A partire dall'814, per ordine dell'imperatore bizantino Léōn V Arménios (♔ 813-820) e per iniziativa di Iōánnēs VII Grammatikós, in seguito patriarca di Kōnstantinoúpolis (♗ 837-843), si diede l'avvio a una monumentale raccolta di libri, i quali venivano requisiti dalle biblioteche monastiche e fatti affluire nelle biblioteche di Kōnstantinoúpolis, dove venivano editati e trascritti in minuscola (operazione definita metacharaktērismós). Scopo della raccolta era la ricerca di passi patristici e teologici che potessero servire di appoggio all'iconoclastia, dal punto di vista dottrinale, per la preparazione del concilio dell'815. Il risultato fu una sorta di risveglio culturale, un improvviso e duraturo interesse per i libri che, in breve, si estese anche a testi profani e antichi (Impellizzeri 1975). Documenti papiracei contenenti la Theogonía, le Érga e l'Aspís furono parimenti ricopiati e integrati tra loro, permettendone la sopravvivenza fino ai giorni nostri.

LA LINGUA

Lingua di Hómēros e di Hēsíodos è lo ionico, dialetto appartenente al gruppo linguistico ionico-attico; rispetto all'épos omerico, tuttavia, la lingua esiodea presenta echi del dialetto eolico (tipici della regione beotica). Incerta la questione se Hēsíodos abbia redatto per iscritto i suoi poemi. Comunque sia, essi si muovono ancora nell'ambito della poesia orale quanto a tecnica compositiva e destinazione, essendo certamente rivolti a essere recitati dinanzi a un pubblico di ascoltatori.

Il metro è l'esametro dattilico. È il verso eroico per eccellenza, forse di origine micenea, comune tanto ai poemi omerici che a quelli esiodei, solitamente utilizzato nella poesia epica e didascalica, ma anche nei responsi oracolari di Delfi. Esso è formato da una sequenza di sei métra dattilici (⏐⏑⏑), di cui l'ultimo catalettico, cioè mancante di una sillaba, quindi sostituibile da un trocheo (⏐⏑) o da uno spondeo (⏐⏐).

⏑⏑ ⏑⏑ ⏑⏑ ⏑⏑ ⏑⏑ 

Bibliografia
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BIBLIOGRAFIA ►
Archivio: Biblioteca - Guglielmo da Baskerville
Sezione: Fonti - Nabū-kudurri-uṣur
Area: Ellenica - Odysseús
Traduzione di Daniele Bello.
Pubblicato su licenza Edizioni PerSempre.
Creazione pagina: 22.09.2013
Ultima modifica: 28.07.2015
 
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