MITI

AMERINDI
Maya

MITI ALTAICI
CUORE DEL MARE,
CUORE DEL CIELO
TEPEW Q’UKUMATZ E JURAQAN
All'inizio soltanto mare e cielo, nell'oscurità e nel rumore bianco dei primordi. Uk’u’x Palo, il «cuore del mare», incontra Uk’u’x Kaj, il «cuore del cielo»: due gruppi di divinità si uniscono per formare la terra. Ha così inizio il mito cosmogonico k’iche’ narrato nel Popol Wuj.
1 - UK’U’X PALO, IL «CUORE DEL MARE»

Vida y muerte en la cultura de los Mayas (1964)
Raúl Anguiano Valadez (1915-2006), murale (particolare)
Museo Nacional de Antropología, Ciudad de México

uesto è il principio della parola antica.

Qui noi incideremo, qui imprimeremo la parola antica, qui affronteremo la dimostrazione, la rivelazione e il racconto di come le cose furono messe in ombra e portate alla luce dall'Uk’u’x Cho o Uk’u’x Palo (il «cuore del lago» o il «cuore del mare»), anche detto:

Tzaqol e B’itol (il «creatore» e il «formatore»),
Alom e K’ajolom (il «portatore» e il «genitore»),
tepew
Q’ukumatz, il «sovrano serpente piumato».

Vi erano poi i custodi del giorno, i k’ab’awil Junajpu Wuch’, l'«opossum», e Junajpu Utiw, il «coyote», ovvero Saqi Nim Aq e Saqi Nim Tzi’s, il «grande pecari bianco» e il «grande coati bianco», cioè i nonni Xpiyakok e Xmuqane, anche detti ajraxa laq e ajraxa tzel (il «modellatore del piatto» e il «modellatore della ciotola»), matzanel e ch’uqenel (il «difensore» e il «protettore»), o i’yom e mamom (la «levatrice» e il «sensale di matrimoni»), due volte «levatrice» l'una, due volte «sensale di matrimoni» l'altro.

Questi provvidero a completare l'illuminazione di tutto il kaj-ulew, il «cielo-terra»:

il misurare, il porre i quattro pilastri,
il piegare la corda, il tendere la corda
nel cielo, sulla terra,
i quattro lati, i quattro angoli, come viene detto,
dal Tzaqol e dal B’itol,
madre-padre della vita, dell'umanità,
datore del soffio, datore del cuore,
portatore, allevatore nella luce che dura
di quelli nati nella luce, generati nella luce;
colui che si preoccupa, conoscitore di tutte le cose,
qualunque cosa esiste:
kaj-ulew, «cielo-terra», cho-palo «lago-mare».
Vida y muerte en la cultura de los Mayas (1964)
Raúl Anguiano Valadez (1915-2006), murale (particolare)
Museo Nacional de Antropología, Ciudad de México

2 - UN'OSCURITÀ PRIMORDIALE E MORMORANTE

ra il vuoto sotto il cielo. Ondeggiava, mormorava, immerso in un'eterna quiete. Non c'era ancora un uomo, un animale, un uccello, un pesce, un granchio, un albero, e neppure una pietra, una gola o una caverna. La faccia della terra non era ancora comparsa, soltanto il mare era riunito sotto il cielo. Non c'era nulla, assolutamente nulla che fosse incorporato. Tutto era in quiete, nulla si muoveva. Qualunque cosa potesse esistere semplicemente non c'era: solo la massa d'acqua, solo il mare calmo. Solo mormorii, increspature, nell'immensa oscurità della notte primordiale.

Solo Tzaqol e B’itol, tepew Q’ukumatz, cioè l'Alom e il K’ajolom, era in quell'acqua, circondato di luce e adorno  delle piume verdi e turchesi del q’uq’.

3 - L'UK’U’X KAJ, IL «CUORE DEL CIELO»

i stendeva in alto kaj, il «cielo», e qui era l'Uk’u’x Kaj, il «cuore del cielo», ovvero i tre kaqulja o «fulmini». Kaqulja Juraqan, «fulmine una-gamba» (cioè «uragano»), veniva per primo. Il secondo era Ch’i’pi Kaqulja, «fulmine neonato». Il terzo Raxa Kaqulja, «fulmine improvviso». E tutti insieme compongono l'Uk’u’x Kaj.

Los dioses de la creación del universo
Diego Rivera (1886-1957), dipinto

4 - IL «CUORE DEL CIELO» INCONTRA IL «CUORE DEL MARE»

Q’ukumatz
Balam Tzibtah, illustrazione

cco venne la parola dell'Uk’u’x Kaj e, nell'oscurità, iniziò a discutere con tepew Q’ukumatz. Grande saggio e pensatore era tepew Q’ukumatz.  Parlarono, deliberarono, raggiunsero un accordo e unirono i loro pensieri. Furono in tre, come Uk’u’x Kaj, a venire presso tepew Q’ukumatz, e discussero della vita e della luce, su come avrebbero agito per far sorgere l'alba e su chi avrebbe provveduto al sostentamento. Decisero di procedere alla creazione, alla crescita degli alberi e alla nascita della vita e dell'uomo. Così venne disposto nella notte dall'Uk’u’x Kaj, ovvero Kaqulja Juraqan, Ch’i’pi Kaqulja e Raxa Kaqulja.

— Come dovrebbe essere la semina e l'albeggiare? — chiese l'Uk’u’x Kaj. — Chi deve essere colui che provvede, il nutritore?

— Fa' che sia così: si colmi il vuoto! — proclamò tepew Q’ukumatz. — Che le acque si ritirino e che compaia la solida piattaforma della terra. Poi dovrebbe venire la semina, lo schiarirsi del cielo, l'alba nel kaj-ulew, il cielo-terra. Non ci sarà gloria né grandezza nella nostra opera di creazione fino al sorgere del lavoro umano, del disegno umano.

5 - IL «CUORE DEL CIELO» DIVIENE IL «CUORE DELLA TERRA»

osì avvenne. All'ordine degli dèi — Ulew, terra! — essa sorse all'istante. La creazione fu come una nebbiolina, una nuvola di polvere, nella quale le montagne emersero dall'acqua, s'ingrandirono e la vegetazione crebbe sulla superficie della terra.

Si rallegrò tepew Q’ukumatz, che disse — La tua venuta è stata feconda, Uk’u’x Kaj, e anche la vostra, Kaqulja Juraqan, Ch’ipi Kaqulja e Raxa Kaqulja!

— La nostra opera, la nostra creazione sarà conclusa — risposero costoro all'unisono.

Per prime si formarono la terra, le montagne e le valli; si divisero poi tutte le correnti d'acqua, si formarono i ruscelli che scorrono tra i monti.

In questo modo avvenne la creazione dell'ulew, la terra, per opera dell'Uk’u’x Kaj, il «cuore del cielo», ora divenuto l'Uk’u’x Ulew, il «cuore della terra», all'epoca in cui il cielo era fermo e la terra era immersa nell'acqua. Così gli dèi perfezionarono la loro opera, quando la realizzarono dopo averla pensata e meditata.

La creación de los montes
Diego Rivera (1886-1957), dipinto
Fonti

1

Popol Wuj [preambolo]

2-5 Popol Wuj [1]

I - IL PROBLEMA DELLA DISTINZIONE DELLE DIVINITÀ «CUORE DEL MARE»

Nel presentare nomi e attributi delle divinità coinvolte nell'opera di creazione, il testo del Popol Wuj presenta delle ambiguità pressoché insormontabili, almeno per chi è abituato alle ben più rigide e schematiche caratterizzazioni dei pánthea indoeuropei. Nel preambolo vengono elencati molti nomina divina, ripartiti a coppie, a cui viene attribuita l'opera creatrice. La prima colonna mostra qui la trascrizione del manoscritto originale del Popol Wuj, oggi custodito alla Newberry Library di Chicago (USA) con la segnatura ms C. 1701; la seconda è la moderna normalizzazione ortografica del k’iche’ (Christenson 2004); la traduzione italiana dipende da Dennis Tedlock (Tedlock 1985).

vcutunizaxic,
vcalahobizaxic
vtzihoxic puch
euaxibal
zaquiribal
rumal tzacol bitol
alom qaholom quibi
hun ahpu vuch, hun ahpu vtiu,
zaquinimac tzÿz,
tepeu, qucumatz
vqux cho,
   vqux palo,
ah raxalaɛ,
   ah raxatzel
chu qhaxic,
rachbixic, rachtzihoxic rÿ
iyom, mamom
xpiyacoc, xmucane vbi,
matzanel chuquenel
camul yiom,
   camul mamom
chuqhaxic pa quiche tzih.
U k’utunisaxik,
u q’alajob’isaxik,
u tzijoxik puch,
awaxib’al,
saqirib’al,
rumal tz’aqol, b’itol,
alom k’ajolom, ki b’i’,
junajpu wuch’, junajpu utiw,
saqi nim aq, sis,
tepew, q’ukumatz,
u k’u’x cho,
   u k’u’x palo,
aj raxa laq,
   aj raxa sel,
chuchaxik,
rach b’i’xik, rach tzijoxik ri’,
i’yom, mamom,
xpiyakok, xmuqane u b’i’,
matzanel, chuqenel,
kamul i’yom,
   kamul mamom,
chuchaxik pa k’iche’ tzij.
La dimostrazione,
la rivelazione,
il racconto,
di come [le cose] furono messe in ombra,
furono portate alla luce
dal «creatore» [tz’aqol], dal «formatore» [b’itol],
dal «portatore» [alom], dal «genitore» [k’ajolom].
Junajpu «opossum» [wuch’], Junajpu «coyote» [utiw],
«gran pecari bianco» [saqi nim aq], «coati» [sis],
«sovrano» [tepew], «serpente piumato» [q’ukumatz],
«cuore del lago» [uk’u’x cho],
   «cuore del mare» [u k’u’x palo],
«modellatore del piatto» [aj raxa laq],
   «modellatore della ciotola» [aj raxa sel],
erano chiamati,
detti anche, descritti anche
«levatrice» [i’yom], «sensale di matrimoni» [mamom],
detto Xpiyakok, Xmuqane,
«difensore» [matzanel], «protettore» [chuqenel],
due volte «levatrice» [i’yom],
   due volte «sensale di matrimoni» [mamom],
come viene detto nelle parole dei K’iche’.
Popol Wuj [-]

Un successivo episodio, in Popol Wuj [-], ci permette di identificare gli epiteti delle due divinità Xpiyakok e Xmuqane, che costituiscono un gruppo distinto. I nomi rimanenti possono essere raccolti, provvisoriamente, sotto le definizioni di Uk’u’x Cho «cuore del lago» o Uk’u’x Palo «cuore del mare». Essi sono elencati in una scena successiva, dove leggiamo:

xa vtuquel ritzacol, bitol,
tepeu, qucumatz
e alom, e qaholom
qo pa ha zactetoh e qovi
e mucutal pa cuc, pa raxon
are vbinaam viri qucumatz
e nimac etamanel,
e nimac ahnaoh chiqui qoheic...
Xa u tukel ri tz’aqol, b’itol,
tepew, q’ukumatz,
e alom, e k’ajolom,
k’o pa ja’, saqtetoj e k’o wi,
e muqutal pa q’uq’, pa raxon,
are’ u b’i’nam wi ri q’ukumatz,
e nima’q eta’manel,
e nima’q aj na’oj chi ki k’oje’ik...
Solo il «creatore» [tz’aqol], il «formatore» [b’itol],
il «sovrano» [tepew], «serpente piumato» [q’ukumatz],
i «portatori» [e alom], i «genitori» [e k’ajolom]
sono nell’acqua, luce scintillante,
avvolti in piume di q’uq’, in piume blu-verdi,
e perciò il nome di «serpente piumato» [q’ukumatz],
grandi saggi,
grandi conoscitori nel loro essere.
Popol Wuj [-]

La lista degli Uk’u’x Cho / Uk’u’x Palo è dunque la seguente:

  • Tzaqol «creatore», B’itol «formatore»;
  • Alom «portatore», K’ajolom «genitore»;
  • Tepew «sovrano», Q’ukumatz, «serpente piumato».

E qui iniziano le difficoltà, in quanto non sappiamo che valore dare a questi nomi. L'unica divinità caratterizzata in qualche modo, l'unica che vediamo agire direttamente, è Q’ukumatz, il «serpente piumato». Ma come dobbiamo intendere gli altri nomi? Si tratta di divinità distinte o di epiteti/sinonimi? Il testo sembra trattarli in modo pressoché interscambiabile, associandoli a coppie. Ad esempio Tzaqol e B’itol vengono sempre citati insieme, così come Alom e K’ajolom; ma si tratta di coppie i cui due membri agiscono come fossero un'unità, oppure dobbiamo intenderli come epiteti di un unico personaggio? Tra l'altro, in alcuni luoghi del testo (come nel citato Popol Wuj []), si parla addirittura di e alom ed e k'ajolom, «portatori» e «genitori», al plurale, forse intendendo l'insieme di tutte le divinità.

Da un lato abbiamo quindi posizioni «divisioniste», quali ad esempio l'interpretazione esoterica di Raphaël Girard, che distingue un «settemvirato teogonico» formato da Tzaqol, B’itol, Alom, K’ajolom, Tepew, Q’ukumatz, a cui associa l'Uk’u’x Kaj, il «cuore del cielo», dando a questa eptade un significato astronomico e calendariale. I primi quattro nomi  corrisponderebbero, secondo Girard, alle divinità che presiedono ai quattro angoli della terra, delimitati dai punti solstiziali; i rimanenti tre sarebbero da associare allo zenith, al nadir e al centro. (Girard 1972). Altri autori, come Michela Craveri, pongono invece l'accento sull'unità complessiva del pántheon, una sorta di monismo dove tutte le divinità agiscono di concerto fin quasi a rendersi indistinguibili (Craveri 2006). D'altra parte bisogna ancora sottolineare la nostra ignoranza in materia: quelli che per noi sono semplici nomi, per gli autori del Popol Wuj, o per i loro predecessori, potevano rivestire ricchi significati e contenere una variegata mitologia. Giustamente Dennis Tedlock si limita a tradurre alla lettera senza sovrapporre interpretazioni. (Tedlock 1998)

Il primo traduttore del Popol Wuj, padre Francisco Ximénez (1666-1729), rese Tzaqol e B’itol rispettivamente con «criador» e «formador», ma Alom e K’ajolom con «madres» e «padres» (o viceversa), assegnando a questi ultimi una connotazione di genere che non sembra presente nel testo k’iche’. Adrián Récinos, nella sua ormai classica traduzione spagnola, fonde Alom e K’ajolom in un'unica dizione: «los progenitores» (Récinos 1947). Raffaele Pettazzoni, nella traduzione italiana, che a sua volta dipende da Récinos, rende Alom e K’ajolom come gli «antenati», ma impone a sorpresa una distinzione di sesso allo Tzaqol e al B’itol, che non sono più semplicemente il «criador» e il «formador», ma, per qualche ragione, la «creatrice» e il «creatore» (Pettazzoni 1959). Insomma, ciascun autore finisce per sovrapporre al testo una propria interpretazione. D'altra parte è proprio l'ambiguità del testo originale a imporre delle scelte.

Un caso a parte riguarda Q’ukumatz, il «serpente piumato», che è l'unico personaggio dotato di una sua personalità, l'unico che spicchi e agisca singolarmente nell'insieme dell'Uk’u’x Cho / Uk’u’x Palo. È anche l'unico personaggio di cui possiamo ricostruire un pedigree mesoamericano: è infatti l'equivalente k’iche’ del K’uk’ulkan yucateco e del Quetzalcōātl azteco. Anch'esso però presenta un problema non da poco: compare infatti associato al termine o nome tepew, nella formula «tepew q’ukumatz». Si tratta di due divinità distinte? Il manoscritto originale del Popol Wuj pone una virgola tra tepew e q’ukumatz, sebbene potrebbe averla inserita lo stesso Ximénez. Récinos distingue dunque i due nomi in una diade: «Tepeu y Gucumatz» (Récinos 1947), uso seguito da molti altri traduttori. Ma come nota Dennis Tedlock, il nome Q’ukumatz viene a volte citato separatamente, mentre tepew compare sempre davanti a Q’ukumatz. Il termine tepew proviene dal nāhuatl tepeuani «conquistatore, vincitore», e la forma aggettivale k’iche’ tepewal viene glossata come «maestà, dignità»; dunque la formula «tepew Q’ukumatz», eliminando la virgola, viene interpretata da Tedlock come «sovrano serpente piumato» (Tedlock 1998). L'edizione italiana curata da Michela Craveri, che si basa sulla versione di Tedlock, mantiene questa scelta (Craveri 1998).

Bibliografia
  • CHISTENSON Allen J. Popol Vuh: Literal Translation. Mesoweb, 2007. [LINK]
  • CRAVERI Michela, Miti e leggende del Popol Vuh. Bompiani, Milano 1998.
  • CRAVERI Michela, Voci e canti della civiltà maya. Jaca Book, Bologna 2006.
  • COE Michael D., Reading the Maya Glyphs. Thames and Hudson, London. → ID. Gli ideogrammi maya. I principi fondamentali della scrittura dell'antica civiltà precolombiana. Vallardi, Milano 2003.
  • GIRARD Raphaël, Le popol-vuh. Histoire culturelles du Maya-Quichés. Payot, Paris 1972. → ID. La bibbia maya. Il Popol-Vuh: storia culturale di un popolo. Jaca Book, Milano 1998.
  • GONZÁLEZ Federico, Los símbolos precolombinos, Obelisco, Barcelona 1989. → ID. I simboli precolombiani. Mediterranee, Roma 1993.
  • LONGHENA Maria. Scrittura maya. Ritratto di una civiltà attraverso i suoi segni. Mondadori, Milano 1998.
  • MORALES Vinicio E. Mitología maya y azteca. → ID. Miti maya e aztechi. Xenia, Milano 1993.
  • PETTAZZONI Raffaele, Miti e leggende, IV. America centrale e meridionale. UTET, Torino 1959.
  • RÉCINOS, Adrián (a cura), Popol Vuh. Las antiguas historias del Quiché. Fondo de Cultura Económica, Ciudad de Mexico 1947.
  • TEDLOCK Dennis (a cura), Popol Vuh. The Mayan Book of The Dawn of Life. Touchstone, New York 1985. → ID. (a cura), Popol Vuh. Rizzoli, Milano 1998.
  • TENTORI Tullio (a cura), Popol Vuh. Il libro sacro dei Quiché. Tea, Milano 1988.
BIBLIOGRAFIA ►
Intersezione: Aree - Holger Danske
Sezione: Miti - Asteríōn
Area: Amerindia - Hutzilopochtli
Ricerche e testi di Greta Fogliani
Cura di A. Laura Perugini.
Creazione pagina: 01.05.2014
Ultima modifica: 25.09.2017
 
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