SCHEDARIO

ELLENI
Greci
 

MITI ELLENICI
Échidna
Echidna
ÉCHIDNA
Creatura mostruosa, per metà donna e per metà serpente. Generò con Typheús la maggior parte dei mostri della mitologia ellenica.

* * *

 
MITOLOGIA
MITI
  • Figlia di Phórkys e Ketṓ (altri dicono di G e Tártaros).
  • Mezza donna e mezza serpente, dimorava in una grotta profonda, nel paese degli Arímoi.
  • Con il suo sposo Typheús, generò alcuni dei più tremendi mostri del mito greco: Órthros, Kérberos, la Lernaía Hýdra e Chímaira (altri aggiungono anche il serpente Ládōn, l'Aquila del Caucaso [Aetós Kaukasíos], la scrofa Phaía).
  • Unita a Órthros, generò la Sphíŋx e il Leone Nemeo [Léōn tēs Neméas].
  • Assaliva i viandanti lungo la strada. Sorpresa nel sonno, venne uccisa dal mandriano Árgos.
  • Le Erinýes distillavano le loro pozioni utilizzando il veleno di Échidna e la bava di Kérberos.
RELAZIONI
Stirpe:
Genitori:

Sposo:
Figli:










Sposo:
Figli:
Pontídai
Phórkys
~ Ketṓ
Tártaros ~ G
Typhn
Órthros
Kérberos
Lernaía Hýdra
Chímaira
Ládōn
Aetós Kaukasíos
Phaía
Gorgṓ
Skýlla
Drákōn Kolchikós
Sphíŋx
Órthros
Sphíŋx
Léōn tēs Neméas

(Hesíodos)
(Apollódōros)
(Hesíodos | Apollódōros | Lykóphrōn | Kóintos Smyrnaíos | Hyginus)
(Hesíodos | Apollódōros | Kóintos Smyrnaíos)
(Hesíodos | Kallímachos | Bakchylídēs | Kóintos Smyrnaíos | Ovidius)
(Hesíodos  | Ovidius)
(Hesíodos | Apollódōros | Hyginus)
(Apollódōros | Hyginus)
(Apollódōros | Hyginus)
(Apollódōros)
(Hyginus)
(Hyginus)
(Hyginus)
(Apollódōros | Hyginus)
(Hesíodos)
(Hesíodos)
(Hesíodos)
FILOLOGIA
ORTOGRAFIA
 

  ORTOGRAFIA EUCLIDEA ORTOGRAFIA POLITONICA
E TRASLITTERAZIONE
Greco ΕΧΙΔΝΑ Ἔχιδνα | Échidna
  ORTOGRAFIA CAPITALE ORTOGRAFIA NORMALIZZATA
Latino ECHIDNA Ĕchidna

ETIMOLOGIA
 

Dal greco échidna «vipera».

LETTERATURA 

Ascendenza
Discendenza
Dimora
Échidna, serpente velenoso
La fine di Échidna

 


Ascendenza

Mezza fanciulla e mezza serpente, Échidna fa la sua comparsa nella Theogonía di Hēsíodos, e viene dipinta intenta a partorire mostri nel cavo di una grotta sotterranea, in una descrizione vivida e inquietante:

Hḗ d’ étek’ állo pélōron amḗchanon, oudèn eoikòs
thnētoîs anthrṓpois oud’ athanátoisi theoîsin,
en spi éni glaphyrōj theíēn krateróphron’ Échidnan,
hḗmisy mèn nýmphēn helikṓpida kallipárējon,
hḗmisy d’ aûte pélōron óphin deinón te mégan te
aiólon ōmēstḕn zathéēs hypò keúthesi gaíēs...

Costei generò un altro mostro invincibile,
in nulla simile agli uomini mortali o agli dèi immortali,
nel cavo d'una grotta, la divina Échidna dal cuore violento,
metà fanciulla dagli occhi splendenti e dalle belle guance
ma metà prodigioso serpente terribile e grande,
astuto, crudele, della divina terra sotto i recessi...
Hēsíodos: Theogonía [295-300]

Chi è la madre di Échidna, al v. [295] della Theogonía? Si ritiene sia Ketṓ, poiché il passo appartiene all'enumerazione della discendenza di Phórkys e Ketṓ. Tuttavia, appena sopra, un inciso [280-294] trattava di Chrisáōr, nato dalla testa troncata di Médousa, e del figlio Gēryṓn che questi aveva avuto da Kalliróē. È dunque possibile che «costei» sia Kalliróē e non Ketṓ.

All'ambiguità del testo esiodeo fa eco Apollódōros, il quale afferma che Échidna fosse figlia di Tártaros e G (Bibliothḗkē [II: 1]). È possibile che Apollódōros si confonda con Typhn, ma non dimentichiamo che Échidna, mezza donna e mezzo serpente, sembra avere poco a che fare con la stirpe marina dei Pontídai; l'ofidomorfismo, nel mito greco, era un chiaro segnale ctonio. Échidna è una creatura appartenente alla terra più che del mare.

 


Discendenza

A Échidna viene attribuita la maternità di quasi tutti i più tremendi mostri del mito greco, anche se le fonti non mostrano un accordo perfetto sui loro nomi. Il loro padre è, nella maggior parte dei casi, Typhn.

Nella Theogonía, Hēsíodos racconta che Échidna si unì in amore a Typhn, il quale la rese madre dei cani Órthros [309] e Kérberos [311], della Lernaía Hýdra [314] e della Chímaira [319]. Successivamente, giacendo con Órthros, Échidna avrebbe generato la Sphíŋx [326] e il leone di Neméas [Léōn tēs Neméas] [327]. Ma anche qui vi è un'ambiguità, in quanto non è chiaro se Hēsíodos stia proseguendo ad elencare la discendenza di Échidna o sia tornato a ricapitolare quella di Ketṓ, e dunque vi è la possibilità che questi ultimi due mostri siano figli di Ketṓ e non di Échidna.

Nella sua Bibliothḗkē, Apollódōros fornisce un'altra lista dei mostri che Échidna avrebbe generato da Typhn, parzialmente diversa da quella di Hēsíodos. Sarebbe stata infatti madre della Chímaira [II: 3], di Órthros [II: 10], del drago che custodiva i pomi delle Hesperídes (Ládōn) [II: 11], dell'aquila del Caucaso [Aetós Kaukasíos] [II: 11], della Sphíŋx [III: 8] e della scrofa Phaía di Krómmyōs [Ep. 1].

Ad esso fa eco un frammento di Kóintos Smyrnaíosa, il quale cita «Kérberos, che Échidna partorì a Typhn nel buio di una dirupata grotta, ai confini della notte eterna» (Tà metà tòn Hómēron [VI: 260]). Sempre Kóintos afferma che Kérberos avesse per fratello Órthros [VI: 249], confermando quindi la discendenza di quest'ultimo da Échidna.

Che Kérberos fosse figlio di Échidna, lo confermano sia Kallímachos (Phragmenta [515]) che Bakchylídēs (Phragmenta [5]).

Publius Ovidius Naso, nelle sue Metamorphoseon, annovera, tra i figli di Échidna, Kérberos [VII: 408] e la Lernaía Hýdra [IX: 69 | IX: 158].

Curiosa la figliolanza di Échidna che Hyginus astronomo fornisce, per due volte, nelle sue Fabulæ, senza preoccuparsi neppure di mantenere una coerenza interna:

Ex Typhone et Echidna; Gorgon, Cerberus, draco qui pellem auream arietis Colchis seruabat, Scylla quae superiorem partem feminae, inferiorem canis habuit, [quam Hercules interemit] Chimaera, Sphinx quae fuit in Boeotia, Hydra serpens quae nouem capita habuit, quam Hercules interemit, et draco Hesperidum. Da Typhn ed Échidna nacquero: Gorgṓ, Kérberos, il drago che custodiva il vello d'oro nella Kolchís [Drákōn Kolchikós], Skýlla che aveva corpo di donna nella parte superiore e cane in quella inferiore, e che fu uccisa da Hērakls, la Chímaira, la Sphíŋx che abitava in Boiōtía, il serpente Hýdra, che aveva nove teste e che pure fu ucciso da Hērakls, e il dragone nelle Hesperídes.
Hyginus: Fabulæ [Prologo: 39]
Ex Typhone gigante et Echidna Gorgon, canis Cerberus triceps, draco qui mala Hesperidum trans oceanum seruabat, hydra quam ad fontem Lernaeum Hercules interfecit, draco qui pellem arietis Colchis seruabat, Scylla quae superiorem partem mulieris, inferiorem canis et canes sex ex se natos habebat, Sphinx quae in Boeotia fuit, Chimaera in Lycia quae priorem partem leonis figuram, posteriorem draconis habebat, media ipsa Chimaera. Da Typhn ed Échidna nacquero: Gorgṓ, Kérberos, il cane a tre teste, il drago che custodiva il vello d'oro nella Colchís [Drákōn Kolchikós], Skýlla, che aera donna nella parte superiore del corpo e cane in quella inferiore, e aveva attaccati sei cani nati da lei, la Sphíŋx che abitava in Boiōtía, la Chímaira licia che era leone davanti, serpente dietro e nel mezzo capra (appunto, chimera).
Hyginus: Fabulæ [151]

Nel De Astronomia, Hyginus ci informa che, tra i suoi figli, si è annoverata anche l'aquila del Caucaso [Aetós Kaukasíos], già citata da Apollódōros (e aggiunge che secondi altri tale aquila era invece figlia di Tártaros e G, mentre altri ancora la volevano forgiata da Hḗphaistos allo scopo apposito di tormentare Promētheús) [II: 15].

 


Dimora

Riguardo al luogo dove Échidna aveva la sua dimora, è Hēsíodos a descriverlo per primo, affermando si tratti di una dirupata caverna posta nel sottosuolo, nel paese degli Arímoi.

Éntha dé hoi spéos estì kátō koílēj hypò pétrēj
tēloû ap’ athanátōn te then thnētn t’ anthrṓpōn;
énth’ ára hoi dássanto theoì klyta dṓmata naíein.
Hḗ d’ eryt’ ein Arímoisin hypò chthóna lygrḕ Échidna,
athánatos nýmphē kaì agḗraos ḗmata pánta.

Là essa ha la spelonca, in basso, sotto la cava roccia,
lontano dagli dèi immortali e dagli uomini mortali,
perché là a lei diedero gli dèi di abitare l'illustre dimora,
e sta nel paese degli Arímoi, sotto terra, la lacrimevole Échidna,
immortale fanciulla e ancor giovane, sempre.
Hēsíodos: Theogonía [301-305]

Hómēros afferma che Zeús flagellò la terra sugli Arímoi, colpendola con i suoi fulmini nel corso del suo scontro con Typhn.

Hóte t' amphì Typhōéï gaîan himássēj:
ein Arímois, hóthi phasì Typhōéos émmenai eunás.

...quando intorno a Typhn, [Zeús ] flagellava la terra
sugli Arímoi, dove dicono che sia il giaciglio di Typhn.
Hómēros: Iliás [II: 783]

In un frammento, Lykóphrōn aggiunge un interessante dettaglio: «Le acque di palude dove la sposa di Típhōn si corica nei cavernosi recessi del suo pauroso letto» (Alexándra [1353-1354]).

Gli studiosi hanno cercato di identificare questo «giaciglio di Typhn», spostandosi presso località dal nome simile ad Arímoi, dalla Grecia alla Cilicia alla Siria (dove si trova il paese gli Aramei, nome trascritto nelle forme A-ri-me o A-ri-mi nelle iscrizioni assire). Si è anche pensato al popolo mitico degli Arimáspēs, che Hēródotos colloca in Scizia (Historíai [IV: 13]). In realtà, il luogo in questione è situato in Cilicia, presso l'antica città di Kṓrykos (attuale Kız Kalesi, in Turchia), ed è una caverna chiamata «Antro Coricio» (turco Cennet ve Cehennem, «cielo e inferno»). Strábōn lo descrive come un luogo brullo, quasi bruciato dai fulmini, e situato nei pressi di vasti laghi d'acqua stagnante:

E qui collocano il racconto dei supplizi di Typhn e gli Arímoi, e dicono che si tratta della Katakekauménē, la «terra bruciata»; non esitano a supporre che le zone tra il fiume Maíandros [il Büyük Menderes Irmağı] e la Lydia siano tutte di queste genere, sia a causa del gran numero di laghi e fiumi, sia per le cavità sotterranee che si trovano in molti luoghi. Il lago tra Laodikeía e Apámeia, che è come un mare chiuso, produce una esalazione melmosa e di cloaca.
Strábōn: Geōgraphiká [XII: viii: 19]

 


Échidna, serpente velenoso

In un brillante passo delle Metamorphoseon, Ovidius s'inventa un «filtro mostruoso» [monstra veneni] posseduto da una delle Erinýes e composto con la bava di Kérberos e il veleno di Échidna [IV: 501]. D'altra parte, in un altro punto della sua opera, egli descrive le Erinýes con torce dello Styx e serpenti [echidnis] gonfi di veleno [X: 313].

 


La fine di Échidna

Apollódōros aggiunge che Échidna depredava i viandanti lungo le strade. Aggiunge che a ucciderla, sorprendendola nel sonno, sia stato Árgos, il guardiano dai cento occhi.

  Si dice anche che [Árgos] abbia sorpreso nel sonno e ucciso Échidna, figlia di Tártaros e G, che soleva depredare i viandanti.
Apollódōros: Bibliothḗkē [II. 1]

Ricordiamo infine che Pausanías, nella sua guida dell'Ellade, illustrando i bassorilievi di una statua di Apollon ad Amýklai, in Lakōnía, afferma portassero scolpiti sulla sinistra Typhn ed Échidna, mentre sulla destra si stagliava Trítōnos, in modo che le code di serpente dei primi bilanciassero la coda di pesce del secondo. (Periḗgēsis [III: 18]).

FONTI

Hēsíodos: Theogonía [295-332]
Apollódōros: Bibliothḗkē [II: 1 | II: 3 | II: 10 | II: 11 | III: 8 | Ep. 1].
Kallímachos: Phragmenta [515]
Bakchylídēs: Phragmenta [5]
Lykóphrōn: Alexándra [1353]
Kóintos Smyrnaíos: Tà metà tòn Hómēron [VI: f. 260]
Pausanías: Periḗgēsis [III: 18]
Nónnos ho Panopolítēs: Dionysiaká [XVIII: 274]
Publius Ovidius Naso: Metamorphoseon [IV: 501 | VII: 408 | IX: 69 | IX: 158]; cfr. [X: 313].
Hyginus: Fabulæ [Prologo | 151]
Hyginus:
De Astronomia [II: 15]

BIBLIOGRAFIA
 | RIFERIMENTI
IMMAGINI
 
Échidna
Autore non identificato
Échidna
Autore non identificato
Échidna
Autore non identificato
Typhn ed Échidna
Giovanni Caselli
(1996)
 
PAGINE
La stirpe di Póntos - Nereidi e mostri

Creazione pagina: 06.07.2011
Ultima modifica: 02.03.2016

 
POSTA
© BIFRÖST
Tutti i diritti riservati