I - HĒSÍODOS E HÓMĒROS:
COSMOGONIE A CONFRONTO Di solito, trattando di cosmogonia ellenica,
il pensiero corre subito alla dettagliata
Theogonía di
Hēsíodos (VIII-VII sec.
a.C.). Lo stato primordiale è rappresentato dal Cháos, da cui sorge la dea-terra
G.
Segue il matrimonio di costei con il dio-cielo Ouranós
e
la nascita dei dodici Titânes.
Dopodiché, dalle nozze di Krónos
e Rhéa, ecco
discendere
Zeús e gli dèi della
generazione olimpica. In quanto a
Ōkeanós e Tēthýs,
Hēsíodos li inserisce in posizione
piuttosto avanzata nel percorso teogonico,
enumerandoli tra i dodici Titânes.
...Autàr, épeita
Ouranı eunētheîsa ték' Ōkeanòn
bathydínēn
Koîón te Kreîón th' Hyperíoná t' Iapetón te
Theían te Rheían te Thémin te Mnēmosýnēn te
Phoíbēn te khrysostéphanon Tēthýn t'
erateinḗn,
toùs dè méth' hoplótatos géneto Krónos
aŋkylomḗtēs,
deinótatos paídōn... |
...Dopo, con Ouranós giacendo,
[G]
generò Ōkeanós dai gorghi
profondi,
e Koîos e Kreîos, e
Hyperíōn e Iapetós,
Theía,
Rhéa,
Thémis e Mnēmosýnē,
e Phoíbē dall'aurea
corona, e l'amabile Tēthýs,
e
dopo questi, per ultimo, nacque
Krónos dai torti
pensieri,
il
più tremendo dei figli... |
Hēsíodos:
Theogonía [-] |
Hēsíodos è evidentemente
conscio della statura speciale di
Ōkeanós, che pone come primogenito dei Titânes.
Ma a
Ōkeanós la divisa
titanica sta un po' stretta. A differenza degli altri suoi fratelli
che, pur tradendo una natura elementare, presentano tratti antropomorfi,
Ōkeanós rimane infatti fissato nel suo essere sia
una persona che una realtà cosmologica, identificandosi con
l'oceano che circonda il mondo. I suoi flutti tumultuosi scorrono
intorno alla terra, rifluendo su sé stessi in un
circolo eterno, e delimitano i confini dello
spazio, i limiti del nulla. Detti genitori dei
tremila dèi
fluviali (Potamoí)
e delle altrettante ninfe del mare (Ōkeanínes),
Ōkeanós e Tēthýs sono le sorgenti
donde scaturiscono tutte le acque che scorrevano
sulla terra e il luogo ultimo ove esse tornano a
defluire. Essi penetrano all'interno delle terre
attraverso le acque dei mari e dei fiumi,
garantendo, grazie al dualismo insito
nell'opposizione maschio/femmina, la
pluralità e la
complessità della vita. (Vernant
1989¹)
Ma tratteremo in seguito il mito esiodeo
della creazione: ora conviene porre l'attenzione sul fatto
che tale racconto non
si poneva come un unicum nel panorama ellenico. Al contrario,
la Grecia arcaica
conosceva un cospicuo numero di altri racconti delle origini, e conosciamo i
titoli di opere non molto dissimili, nella struttura generale, da quella di
Hēsíodos, come la
Titanomakhía del semimitico Eúmēlos di Kórinthos (VIII
sec. a.C.), o le Genealogíes di
Akousílaos (VI sec. a.C.). Tutti questi testi sono andati perduti, a parte pochi
frammenti e citazioni tramandati da autori posteriori.
Ma al di sotto di questo gruppo di «teogonie», esistevano altri racconti cosmogonici di origine preellenica,
assai diversi da quello esiodeo, i cui echi sono
rintracciabili nelle opere di alcuni autori posteriori. Ne troviamo traccia in Apollṓnios
Rhódios e in altri scrittori di età classica. Di uno dei racconti
più antichi e interessanti, che vedeva
Ōkeanós e Tēthýs
all'origine degli dèi e di tutte le
cose, ci dà testimonianza
lo stesso Aristotélēs:
Vi
sono alcuni, poi, i quali credono che
anche gli antichissimi e primi teologi,
molto prima dell'attuale generazione,
abbiano avuto una tale opinione
riguardo alla natura primordiale:
concepirono infatti
Ōkeanós e
Tēthýs come autori
della creazione e riferirono il
giuramento degli dèi dell'acqua,
quella chiamata da loro
Stýx. |
Aristotélēs:
Metá ta physiká [983 b27
– 984
a2] |
Questa concezione veniva fatta risalire già
nell'antichità a
Hómēros, in quanto la sua
definizione più autorevole si trovava
nell'Ilías. Perciò si parla di «racconto omerico della creazione».
Nelle cosmogonie accennate da
Hómēros
e ribadite da
Aristotélēs,
i progenitori degli dèi non sono Ouranós e Gaîa come in
Hēsíodos, ma
Ōkeanós e Tēthýs.
Pur non negando il suo ruolo
di
Ōkeanós
quale sorgente di tutte le
acque
(Iliás [XXI:
-]), Hómēros lo approfondisce, e definisce
Ōkeanós come colui «che a tutti gli dèi fu
origine» [hós per
génesis pántessi tétyktai]
(Iliás [XIV: ]). In
Hómēros
non
sembra infatti esserci traccia del Cháos esiodeo: gli dèi
trovano la loro scaturigine dalle acque
primordiali di
Ōkeanós e Tēthýs. Il primo viene
chiamato a più riprese «origine degli dèi» [then génesis],
la seconda loro «madre» [mētér].
Hómēros cita questo mito cosmogonico
senza, purtroppo, riferirne i particolari. Dobbiamo
accettarne semplicemente l'esistenza, senza poterlo
sviscerare nei dettargli. Ma questo non ci impedisce di
poter tirare fuori interessanti indizi da un lavoro
di comparazione, come ora tenteremo di fare.
|
Ōkeanós e Tēthýs
(✍ II sec. d.C.) |
Mosaico romano, a Zeúgma.
Museo Archeologico di Gaziantep [Gaziantep Arkeoloji Müzesi],
Turchia. |
|
II -
UN'INFLUENZA MEDIO-ORIENTALE?
Quali siano le origini della cosmogonia omerica,
non possiamo
dirlo con certezza. Una possibile indicazione la fornisce il
filosofo Plátōn, il quale fa risalire
il mito di
Ōkeanós e Tēthýs, origini di tutte le cose, alla dottrina orfica,
e riporta un verso attribuito allo stesso Orpheús:
|
Ōkeanós per primo,
dalla bella corrente, diede principio
alle nozze, lui che sposò la
sorella
Tēthýs, nata
dalla stessa madre. |
Plátōn:
Kratýlos
[402 c] |
Ploútarkhos fa invece risalire l'origine della cosmogonia
omerica agli
egiziani, fornendoci tra l'altro una possibile indicazione delle
origini della filosofia presocratica:
|
E
credono che
Hómēros, e lo stesso si dice
di Thalḗs, abbia posto l'acqua come
principio e origine di tutte le cose,
dopo aver appreso ciò dagli
Egizi... |
Ploútarkhos:
De Iside et Osiride [34] |
L'idea di una creazione originata dalle acque sembra provenire
in realtà dal Medio Oriente e dalla Mesopotamia, dove l'universo primordiale era concepito
come un profondo abisso acqueo. Nella tradizione babilonese,
esemplificata dalla grandiosa cosmogonia dell'Enûma
elîš (✍ XVIII-XVI sec. a.C.),
alle origini di tutto vi erano infatti due entità liquide: Apsū, il
principio maschile, l'abisso delle acque sotterranee; e Tiâmat il principio
femminile, le salate profondità del mare.
Considerati insieme materie acquee, principi
cosmologici e personalità divine, Apsū e Tiâmat esordiscono sulla scena cosmogonica, non soltanto accoppiati,
ma mescolati e
confusi insieme. E forse, proprio per loro natura cosmologica,
o magari a causa del loro carattere malvagio, i nomi di
Apsū e Tiâmat sono gli unici teonimi
che il testo cuneiforme presenta senza il tipico
determinativo «».
e-nu-ma e-liš la na-bu-ú šâ-ma-mu
šap-liš am-ma-tum šu-ma la zak-rat
ZUAB ma reš-tu-ú za-ru-šu-un
mu-um-mu ti-amat mu-al-li-da-at
gim-ri-šú-un
A-MEŠ-šú-nu iš-te-niš i-ḫi-qu-ú-šú-un
|
Quando lassù il
cielo non aveva ancora nome
e
quaggiù la terra non aveva
ancora nome,
soli, Apsū, di tutti il
progenitore
e
la loro madre Tiâmat, di tutti la
progenitrice,
mescolavano insieme le
loro acque. |
Enûma
elîš
[I: -] |
Apsū e Tiâmat non si
trovavano semplicemente nell'universo, ma erano essi
stessi l'universo. Mescolati in una
massa liquida indifferenziata, non lasciavano nulla al di fuori
di essi. Apsū e Tiâmat sono all'origine di tutte
le successive generazioni divine, benché l'intera teogonia
si svolga interamente all'interno dell'abisso liquido da
essi costituito:
e-nu-ma DIIR-DIIR la
šu-pu-u ma-na-ma
šu-ma la zuk-ku-ru ši-ma-tú la ši-na-ma
ib-ba-nu-ú-ma DIIR-DIIR qê-reb-šú-un
aḫ-mu la-ḫa-mu
uš-ta-pu-ú šu-mi iz-zak-ru
a-di ir-bu-ú i ši ḫu
an-šâr ki-šâr ib-ba-nu-u e-li-šu-nu at-ru
ur-ri-ku U-MEŠ us-si-bu MU-MEŠ
a-num a-pil-šu-nu šâ-nin AD-AD-šú. |
E
mentre degli dèi, nessuno era
ancora apparso,
nessuno aveva nome
né era definito da un
destino,
dentro [in Apsū e Tiâmat] furono
creati:
Laḫmu e Laḫamu apparvero e
furono chiamati per nome.
Prima che fossero
divenuti grandi e forti
furono creati Anšar e Kišar, che erano loro
superiori.
Quando ebbero
prolungati i propri giorni,
moltiplicati i propri anni,
Anu fu il primo
nato, simile ai suoi genitori. |
Enûma
elîš
[I: -] |
Ma Apsū
derivava, almeno etimologicamente, dall'Abzu
sumerico, nome che gli antichi abitanti della Mesopotamia davano
all'abisso liquido che sosteneva e circondava la terra, serbatoio cosmico
che alimentava tutti i fiumi, i mari e le acque sotterranee. Da un
punto di vista prettamente cosmologico, l'Abzu
sumerico
è identico a
Ōkeanós, e peraltro assolve la
stessa funzione in alcuni episodi mitologici (trasporta la
barca del dio-sole nel suo viaggio notturno; viene
attraversato da Gilgameš ed
Hērakls in circostanze
omologhe, etc.). Ma l'Abzu
sumerico, privo di una propria personalità, rimane fissato in una
pura concezione cosmologica. È solo nella tradizione accadica che
Apsū
diviene una persona, per quanto torpida
e statica. Apsū e Tiâmat sembrano infatti avere
l'immobilità come caratteristica naturale, al contrario gli
dèi più giovani, i quali sono dinamici e irrequieti e
sconvolgono i loro letargici progenitori.
Come l'Abzu/Apsū
mesopotamico, anche
Ōkeanós, nel mito ellenico,
è tratteggiato come un'entità inamovibile. Quando
Zeús
radunò tutti gli dèi a consiglio sul
monte Ólympos, racconta Hómēros, convenne ogni divinità, non
mancò nemmeno il più piccolo degli
dèi fluviali. Solo
Ōkeanós non obbedì al richiamo, fissato al suo posto ai confini della
terra
(Iliás [XX: ]).
Se l'origine di Abzu/Apsū
risale all'epoca sumerica, Tiâmat appartiene, almeno
etimologicamente, al mondo semitico. Questo nome ha sia una forma maschile (<
*tihāmu), rappresentata in ugaritico come thm (=tahāmu),
in ebraico come ṯǝhôm (a volte usato al femminile) e in siriaco ṯǝhōmā,
tutti con il significato di «abisso», sia una forma femminile (< *tihāmatu),
i cui esiti li ritroviamo nell'eblaita ti-a-ma-tum e nell'accadico tiām(a)tu/tâm(a)tu,
«mare» (West 1999). Tutte queste espressioni sono
impersonali. Un buon esempio viene fornito nel secondo versetto del
Bǝrēʾšîṯ:
Wǝ hāʾārẹṣ hāyǝṯāh ṯōhû wā
ḇōhû wǝ ḥōšek
˓al-pǝnê
ṯǝhôm... |
La terra era informe e vuota e le tenebre erano sulla superficie dell'abisso...
|
Bǝrēʾšîṯ
[I : -] |
Tutti questi termini derivano da un'antica radice semitica THM
che indica il «mare», ma più esattamente, come abbiamo
detto, il
caotico abisso delle acque primordiali che precede
la creazione. Si noti che il termine viene avvicinato dagli interpreti
greci alla parola thálassa «mare», come dimostra
Aléxandros Polyḯstōr nella sua versione della
Babyloniaká del
sacerdote caldeo
Bḗrōssos.
C'era stato un tempo,
quando l'universo non era che tenebre e
acqua, nel quale erano giunti alla vita
esseri mostruosi e di forme particolari
[...]. Comandava questa moltitudine una
donna chiamata
Omorka [Umma-ḫubur], nome che
corrisponde in caldeo a
Thalatt e si traduce
in greco con «mare» [thálassa].
|
Bḗrōssos, apud Aléxandros ho Polyḯstōr:
Babyloniaká |
Da tempo gli studiosi sono convinti che il gruppo
Tahāmu/Tǝhôm/Tiâmat,
quest'ultima chiamata Thaute da Damáskios
(Aporíai kaì lýseis perì tn prṓtōn
arkhn),
si possa mettere in relazione con
il nome di
Tēthýs
(Burkert 1984). Una parola come
*tâmtu o *têmtu, impronunciabile per un greco,
può essere diventata inizialmente *tēthu-, forse
all'inizio con una vocale nasalizzata nella prima sillaba:
in greco, θ thta è un esito ben noto per la
ת tāw
semitica (con τ taû iniziale per dissimilazione)
(West 1999). È dunque
perfettamente possibile che, alla base di
Ōkeanós e Tēthýs padre e madre degli dèi, vi
sia un mito medio-orientale su un caos primordiale acqueo,
peraltro posto in doppia configurazione di un elemento
liquido maschile e uno femminile (come
Apsū
e Tiâmat).
C'è da capire come la vicenda sia arrivata in Grecia, tanto più che, almeno in
questo caso, sembra non esservi una mediazione anatolica. Ma a rendere ancora
più stretta la relazione, vi sono anche alcune considerazioni formali. Ad
esempio, due versi del poema accadico, «Apsū, di
tutti il progenitore, e la loro madre Tiâmat, di
tutti la generatrice» [apsū-ma rêštū zârûšun mummu tiâmat mu(w)allidat
gimrišun] (Enûma elîš
[I: -]),
mostrano un perfetto parallelismo con il verso omerico: «a
Ōkeanós, origine degli dèi, e a madre Tēthýs»
[Ōkeanón te then génesin kaì mētéra Tēthýn],
verso la cui natura formulare è confermata dalla sua ripetizione
(Iliás [XIV:
| ]).
Ma, come vedremo anche in seguito, le relazioni tra
mitologia greca e mitologia mesopotamica sono, a volte,
piuttosto strette.
|
III - LA SEPARAZIONE
DELLE ACQUE E IL «DIVORZIO» DI ŌKEANÓS E TĒTHÝS
È sempre Hómēros ad
accennare, sia
pure in punta di penna, il mito del divorzio di Ōkeanós e Tēthýs. Un annoso dissidio
oppone e divide, a quanto pare, Ōkeanós e Tēthýs, i quali rifiutano
di unirsi l'uno all'altra. Veniamo a sapere dell'episodio dalla bocca stessa di Hḗra, in un passo in cui la
dea – peraltro mentendo – si offre di andare a riconciliarli:
Eîmi
gàr opsoménē polyphórbou peírata gaíēs,
Ōkeanón te then génesin kaì mētéra Tēthýn,
hoí m' en sphoîsi dómoisin eǘ́ tréphon ēd'
atítallon
dexámenoi Rheías, hóte te Krónon eurúopa
Zeùs
gaíēs nérthe katheîse kaì atrygétoio thalássēs.
Toùs eîm' opsoménē, kaí sph' ákrita neíkea
lúsō:
ḗdē gàr dēròn khrónon allḗlōn apékhontai
euns kaì philótētos, epeì khólos émpese
thymōı. |
Io vado a vedere i confini della terra feconda,
a Ōkeanós, origine degli
dèi, e a madre Tēthýs,
che
nelle loro case mi nutrirono e crebbero,
affidata da Rheía nei giorni
che Zeús vasta
voce
scoscese Krónos sotto la
terra e il mare infecondo.
Loro vado a trovare, ché scioglierò un dissidio infinito:
ché ormai d'amore e di letto sono divisi da tempo,
ché avvampano d'ira nel
seno. |
Hómēros:
Iliás [XIV:
-] |
Hómēros non riferisce le
ragioni del litigio. Sembra ovvio che, chiusa la fase cosmogonica, Ōkeanós e Tēthýs abbiano esaurito il loro
ruolo generativo, e il loro dissidio giustifichi
mitologicamente la fine dell'attività creativa. Ci chiediamo
tuttavia se il tema del divorzio non sia ancora più antico e
se non abbia un significato più profondo.
Ritorniamo ancora una volta ai miti semitici della creazione,
dove alle origini del mondo si poneva una coppia di creature acquee,
esemplificata nel mito babilonese da Apsū
e Tiâmat. Nel proseguo della
narrazione, l'Enûma elîš
narra di come Apsū
e Tiâmat abbiano tentato di
eliminare le divinità più giovani, nate nell'abisso liquido costituito dal loro
stesso essere, al fine di ricondurre l'universo alla quiete e alla staticità
primordiali. Ma gli dèi si ribellarono ed Ea uccise dapprima
Apsū,
trasformandolo da persona a luogo, tant'è vero che subito vi pose la
propria dimora (il dio Ea risiede tradizionalmente nelle acque cosmiche
sotterranee). Sconfiggere
Tiâmat non fu altrettanto facile, e solo
Marduk vi riuscì, alla fine di una stregua lotta
che è l'argomento del poema. Vincitore dello scontro, e nuovo signore
dell'universo,
Marduk divise in
due parti il corpo di Tiâmat, come un pesce da seccare: una metà la spinse in alto, per costruire
il cielo; l'altra la spinse in basso, edificando la terra.
Il mito è omologo a quello ebraico dove
Yahweh, separa il
tǝhôm in due parti, creando
uno spazio per la successiva creazione, e tra le due masse d'acqua interpone
nientemeno che l'intero cielo stellato:
Wayyōʾmer Ĕlōhîm yǝhî rāqîʿa bǝtôk
hammāyim
wîhî
mabǝdîl
bên mayim lāmāyim. |
E Dio disse: «Ci sia un firmamento in mezzo alle acque che divida le acque dalle
acque».
|
Wayyaʿaś Ĕlōhîm et-hārāqîʿa wayyabǝdēl
bên hammāyim
āšer
mitaḥat
lārāqîʿa ûbên
hammāyim
āšer mēʿal lārāqîʿa wayǝhî-kēn. |
E Dio fece il firmamento, separando le acque che sono sotto il
firmamento e le acque che sono sopra il firmamento.
|
Bǝrēʾšîṯ
[1: -] |
Le acque sotto il firmamento, vengono quindi sospinte ai
confini del mondo in modo da fare emergere la terra,
tracciando una configurazione cosmologica assai simile alla
nozione mesopotamica di Abzu/Apsū. Si noti che la parola è stata
ereditata in ebraico nel concetto,
ancora una volta impersonale, di asayîm o
asê ereṣ,
«confini della terra» (cfr. Zǝkaryā [9:
]).
Quale possibile etimologia del nome Ōkeanós è stata proposta
una derivazione sumerico uginna «anello» (forse
attraverso la lezione Ogēnos attestata in Pherekýdēs di
Sŷros), richiamando così la
funzione del fiume che circonda la terra
(Cingano
~ Vasta 2004); tuttavia tale parola non sembra
esistere; West propone un accadico agannu (cfr.
ugaritico ẚgn < *ẚgānu, ebraico aggān,
aramaico aggānā, passato in ḫittita come aganni-)
(West 1999). Anche interessante
è l'oscuro aggettivo omerico apsōrrhóos, applicato
unicamente a Ōkeanós; il poeta lo
interpreta come «che scorre all'indietro», ma al di là dal
fatto che l'espressione non sembra avere senso, la
formazione è anomala, in quanto áps «scorrere» non
dovrebbe dare ápso- in un composto. E poiché
l'espressione compare unicamente al genitivo apsōrrhóou Ōkeanoîo
(Ilías [XVIII: ]),
West si chiede se non possa essere interpretato come ápsō
rhóou Ōkeanoîo, «Apsū,
la corrente di Ōkeanós»
(West 1999).
I vari esiti semitici ci permettono di ricostruire, seppure con molta
prudenza, un antico mito cosmogonico in cui l'universo primordiale è costituito
da una massa acquea in doppia configurazione, maschile e femminile. In questo
abisso liquido nascono le divinità, che poi provvedono a separare i loro
genitori. Le acque femminili vengono spinte in cielo, per formare la volta delle acque superiori, quelle
che, secondo la cosmologia semitica, «sono sopra il
firmamento» e si rivelano attraverso la pioggia; le acque maschili vengono
invece respinte ai confini della terra, dove formano l'oceano esterno che circonda il
mondo.
Il «divorzio» di Ōkeanós
e Tēthýs sembra
dunque riecheggiare la divisione delle acque primordiali presente
nei miti semitici. In Grecia, perduto il senso cosmologico
del racconto, tale divisione si è trasformata in un litigio che
tiene i due coniugi separati l'uno dall'altra; ma in origine,
quella separazione doveva avere un significato cosmogonico e
cosmogonico. ①
|
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