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nostra edizione del
Ỻyfr
Taliesin, la raccolta di liriche
medio-gallesi attribuite al semimitico bardo
Taliesin, è stata curata da
Valeria Muscarà con l'entusiastica
collaborazione della Redazione Bifröst.
La resa italiana dei testi è
stata eseguita a partire dalle «classiche» traduzioni inglesi di
William Forbes Skene (1868) e di David William Nash
(1868), che si basavano a sua volta sulla
versione «restaurata» del
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Taliesin
contenuta nella poderosa serie di volumi del
Myvyrian Archaiology of Wales (1801-1807).
Sebbene realizzate con strumenti filologici antiquati,
Skene e Nash si sono sforzati di fornire traduzioni
abbastanza letterali dei testi, a volte virando verso
chiavi di lettura «epiche» o «magiche», secondo la
concezione che all'epoca si aveva delle antichità
celtiche, ma senza troppi eccessi interpretativi. Certamente le traduzioni
di Skene e Nash sono assai più vicine al testo originale di quanto
non sia la più recente ancorché fantasiosa
rielaborazione di
John Gwenogvryn Evans (1915), che non si è fatto
scrupolo di emendare pesantemente il testo originale per
adattarlo alla sua personale ipotesi di datazione
tardiva.
Sottolineiamo il fatto che il testo originale è, da almeno
due secoli, una vexata quaestio presso i maggiori
cimricisti. L'ambiguità delle immagini, la mancanza di
una punteggiatura sintattica, il sospetto di corruttele all'interno
del testo, la difficoltà di identificare nomi e accenni
storici e mitologici, rendono il corpus talgesinianum
uno dei loci più ardui dell'intera letteratura
medio-gallese. Ragion per cui, i tentativi di traduzione da
parte dei più insigni studiosi hanno spesso portato a
letture molto differenti e a interpretazioni
platealmente discordanti. A tutt'oggi
manca una chiave di lettura comunemente accettata e i
più onesti interpreti lavorano per sottrazione: cercando
cioè di riprodurre il senso letterale del testo senza
lasciarsi condizionare dalla propria interpretazione
riguardo al significato. Si veda al riguardo il
magnifico lavoro
di Francesco Benozzo, che nella sua antologia
Poeti della marea, ha cercato di
riprodurre la suggestione delle immagini senza alcun
tentativo di sovrapporvi una propria lettura.
Stante la difficoltà e, anzi, la quasi assoluta
inaccessibilità della materia, l'ottimo e attento lavoro di Valeria Muscarà
va visto come un modesto tentativo di avvicinarsi a questo mondo di
immagini lampeggianti, dove tutto viene evocato e mai
spiegato; di offrire almeno un barlume, oggi
praticamente incomprensibile, di un modo tanto lontano
ed esotico
di fare poesia.
Valeria ha tradotto dall'inglese le
versioni di
Skene, Nash ed Evans e le ha quindi attentamente
confrontate con il testo originale in medio gallese,
nel tentativo di comprendere le ragioni delle scelte dei
traduttori. Questo metodo ha permesso di effettuare una sorta di
decostruzione a posteriori del testo cimrico, alla
luce delle varie traduzioni, e quindi le ha permesso di avanzare un tentativo
di traduzione delle composizioni taliesiniane in
italiano.
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