Non est omittenda in hac re et Galliarum admiratio. Nihil
abent Druidae – ita suos appelant magos – visco et arbore, in qua gignatur, si
modo sit robur, sacratius. Iam per se roborum eligunt lucos nec ulla sacra sine
earum fronde conficiunt, ut inde appellati quoque interpretatione Graeca possint
Druidae videri. Enimvero quidquid adgnascatur illis e caelo missum putant
signumque esse electae ab ipso deo arboris. Est autem id rarum admodum inventu
et repertum magna religione peritur
et ante omnia sexta luna, quae
principia mensum annorumque his
facit et saeculi post tricesimum
annum, quia iam virium abunde
habeat nec sit sui dimidia. Omnia
sanantem appellant suo vocabulo. Sacrificio epulisque rite sub arbore conparatis
duos admovent candidi coloris tauros, quorum cornua tum primum vinciantur.
Sacerdos candida veste cultus arborem scandit, falce aurea demetit, candido id
excipitur sago. Tum deinde victimas immolant precantes, suum donum deus
prosperum faciat iis quibus dederit. Fecunditatem eo poto dari cuicumque
animalium sterili arbitantur, contra venena esse omnia remedio. Tanta gentium in
rebus frivolis plerumque religio est. |
Non bisogna
dimenticare a questo
proposito anche
l'ammirazione a cui il
vischio è fatto
oggetto in Gallia. I
Druidi – così si
chiamano i maghi di quei
paesi – non considerano
niente più sacro
del vischio e
dell'albero su cui esso
cresce, purché si
tratti di un rovere.
Già scelgono come
sacri i boschi di rovere
in quanto tali, e non
compiono alcun rito
religioso se non hanno
fronde di questo albero
tanto che il termine di
Druidi può
sembrare di derivazione
greca. In realtà
essi ritengono tutto
ciò che nasce
sulle piante di rovere
come inviato dal cielo,
un segno che l'albero
è stato scelto
dalla divinità
stessa. Peraltro il
vischio di rovere
è molto raro a
trovarsi e quando viene
scoperto lo si raccoglie
con grande devozione:
innanzitutto al sesto
giorno della luna (che
segna per loro l'inizio
del mese e dell'anno e
del secolo, ogni trent'anni), e questo
perché in tale
giorno la luna ha
già abbastanza
forza e non è a
mezzo. Il nome che hanno
dato al vischio
significa «che
guarisce tutto».
Dopo aver apprestato
secondo il rituale il
sacrificio e il
banchetto ai piedi
dell'albero, fanno
avvicinare due tori
bianchi a cui per la
prima volta vengono
legate le corna. Il
sacerdote, vestito di
bianco, sale
sull'albero, taglia il
vischio con un falcetto
d'oro e lo raccoglie in
un panno bianco. Poi
immolano le vittime,
pregando il dio
perché renda il
suo dono propizio a
coloro ai quali lo ha
destinato. Ritengono che
il vischio, preso in
pozione, dia la
capacità di
riprodursi a qualunque
animale sterile, e che
sia un rimedio contro
tutti i veleni:
così grande
è la devozione
che certi popoli
rivolgono a cose per lo
più prive
d'importanza. |
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