1 - L'APOLLO GALLICO
l secondo posto tra i cinque principali
dèi gallici, Cesare cita Apollo,
e di lui dice che caccia le malattie.
Possiamo immaginare la perplessità di
Cesare di fronte a questo Apollo
gallico, così simile all'Apollo
che secoli prima i Romani avevano desunto dagli
Etruschi e poi dai Greci, eppure così
inestricabilmente diverso. A Roma, Apollo
non è mai stato un dio molto importante,
invece i Galli lo tengono in altissima
considerazione: il suo culto, assai antico e
radicato, è diffuso fin nelle zone
più periferiche dell'area celtica.
Mentre l'Apollo
greco è noto per spargere morbi e pestilenze
a colpi di freccia, i Galli vedono in Apollo,
divinità legata al chiarore della luce e
alla trasparenza delle acque, un dio guaritore,
dalle grandi capacità curative. A lui
è dedicata la grande festa del primo maggio,
durante la quale i Galli accendono grandi fuochi
per dare il benvenuto all'estate, ma anche per
cacciare le malattie e purificare il bestiame. Ad
Apollo
sono sacri i cavalli, animali tradizionalmente
legati al culto del carro solare.
Ma non si può generalizzare, ché
Apollo
è diventato, dopo la conquista romana, un
nome generico che copre molte divinità
diverse, eppure consimili, generalmente legate alle
sorgenti termali e ai loro poteri curativi. Belenos,
Grannos,
Bormo,
sono solo alcuni di questi dèi dalle
similare sfumature, identificati con Apollo.
Un'infinità di templi sono stati dedicati
a questi «Apolli» in tutta la Gallia, e
per la maggior parte si trovano in
prossimità delle fonti e delle sorgenti
termali. Alcuni di questi templi sono molto grandi
e vi convengono pellegrini da tutte le Gallie. In
questi luoghi Apollo
è adorato con una gran quantità di
nomi e di epiteti, e spesso è affiancato da
una dea consorte con la quale forma una coppia
divina. I pellegrini recano ad Apollo
immagini raffiguranti le parti del corpo malate,
per le quali sperano in una rapida guarigione: mani
e piedi, organi interni, seni e genitali. L'Apollo Vindonnus
dei Lingoni, ad esempio,è specializzato
nella cura degli occhi: a lui vengono recate
immagini di mani che offrono frutta e pane. In
questi templi vi è un abaton o
dormitorio, con molti piccoli cubiculi in cui i
pellegrini si ritirano a dormire, sperando che il
dio compaia loro in sogno per guarirli. Vi operano
abili medici e sacerdoti consacrati al dio. |
2 - NOMI ED EPITETI DELL'APOLLO
GALLICO
olte diverse divinità galliche,
soprattutto se legate alla luce e alle acque
termali, vennero identificate con il dio classico
Apollo.
Tanto che oggi non è facile, analizzando i
molti epiteti che nei paesi gallici sono stati
riferiti Apollo, distinguere quali di questi
nascondano i nomi di piccole divinità locali
in seguito identificate col dio greco-romano, o
quali di essi fossero effettivamente epiteti del
grande Apollo
celtico di cui parlava Cesare.
-
Amarcolitanus
«Dall'ampio sguardo»
-
Anextiomaros
«Gran protettore»
-
Atepomaros
«Gran cavaliere»
-
Belenos
«Luminoso»
-
Bormo
/ Borvo
/ Bormanus
«Ribollente»
-
Cobledulitavus
-
Cunomaglus
«Signore dei cani»
-
Grannos «Solare»
-
Livicus
«Brillante» (?)
-
Maponos
«Figlio»
-
Mogounus
-
Moritasgus
-
Siannus
/ Stiannus
-
Toutiorix
«Re della tribù»
-
Vindonnus
«Bianco»
-
Virotutis
«Protettore degli uomini»
|
3 - GRANNOS, IL SIGNORE DELLE ACQUE
TERMALI
Grannos
è un dio legato al sole e alle sorgenti
termali, a cui si attribuiscono grandi poteri
curativi. Identificato con Apollo, è adorato
nella vasta regione tra la Senna e il Reno,
soprattutto dalle tribù dei Lingoni e dei
Treveri, e poi ancora più a nord, nell'alto
corso del Reno. Tra i vari centri a lui dedicati,
vi è la città termale di Aquæ Granni
[Aquisgrana], in seguito divenuta capitale del
regno dei Franchi. Ma il suo culto si spinge anche
in altre regioni: a nord-ovest, verso l'Armorica e
quindi in Britannia, ed a sud-est, lungo il corso
del Danubio, fino a Brigetio in Ungheria.
Il legame di Grannos
col sole è molto forte. I Treveri lo
chiamano Phœbus e
nelle figurazioni lo mettono alla guida del carro
solare.
Grannos
è molto noto come dio guaritore e la sua
fama si è estesa ben al di là del
mondo celtico. Nei suoi templi e santuari, i
pellegrini possono purificarsi nelle acque sacre, e
dopo aver fatto offerte e pregato il dio, entrano
nei dormitori sperando che il dio appaia loro in
sonno. Nel momento di massima popolarità,
Grannos
è stato adorato persino a Roma. Nel 215
l'imperatore Caracalla, ammalatosi, visitò i
templi del dio gallico Grannos,
del dio greco-romano Æsculapius e del dio
egizio Serapis,
sperando così di guarire dalla sua malattia,
ma nonostante tutti i suoi sforzi non ottenne quel
che sperava.
Sposa di Grannos
è la
Sirona,
la dea delle stelle. Rappresentata generalmente con
della frutta o delle spighe in mano, ma anche con
una mezzaluna in fronte, oppure reggendo al braccio
un serpente simbolo di rigenerazione, essa è
strettamente associata a Grannos.
Il suo culto ha il centro tra il Reno e la Mosella
superiore. |
4 - BORMO, IL RIBOLLENTE
n altro dio identificato con Apollo
e legato alle acque termali è Bormo
(o Borvo),
il Ribollente. Il suo nome è legato ad
antiche città termali, nonché a molti
corsi d'acqua. È adorato soprattutto nella
Gallia centrale, in una fascia che comprende le
tribù degli Arverni, degli Edui, dei Lingoni
e dei Treveri.
Paredra di Bormo
è la dea Ritona,
la dea dei guadi e dei passaggi delle vie d'acqua,
che è adorata soprattutto dai Treveri. I
Lingoni tuttavia gli attribuiscono come sposa la
dea Damona,
che altrove è invece associata ad Apollo Moritasgus
o ad Albius.
Altrove il dio e la sua paredra sono chiamati
Bormanus
e Bormana. |
5 - LE SPOSE DELL'APOLLO
GALLICO
olte delle divinità galliche
identificate con Apollo,
divinità della luce e della acque termali,
sono strettamente associate nel culto e nel mito a
una dea. Abbiamo visto che la sposa di Grannos
è
Sirona,
la dea delle stelle e della rinascita, con le
spighe in mano e la mezzaluna in fronte.
La sposa di Bormo
è invece Ritona,
la dea dei guadi onorata dai Treveri. Ma nel
territorio dei Lingoni a Bormo
viene invece associata un'importante dea
risanatrice, Damona.
Il nome di Damona
vuol dire «mucca divina», forse con
riferimento al suo carattere di dea della
fertilità. Ad Alesia ella è
accoppiata con Apollo Moritasgus.
Qui si trova un tempio a entrambi dedicato. Damona
vi è rappresentata in un'immagine di pietra:
ha spighe sul capo e tiene in una mano un serpente
attorcigliato, che forse simboleggia la rinascita.
Come il serpente perde la pelle e ritorna giovane,
così il pellegrino spera di guarire dalle
infermità e di tornare sano.
In uno dei santuari di Damona
in questa regione si trova una stanza per
l'incubatio: qui i malati trascorrono la
notte sperando che la dea li visiti in sogno e li
guarisca. Sempre nel territorio dei
Lingoni, Damona
viene accoppiata col dio Albius,
il «Bianco», anch'esso una trasparente
forma locale di Apollo.
Qui vi è una fossa votiva dove i pellegrini
gettano ex-voto e altri oggetti in onore della dea,
soprattutto piccole statuine che la raffigurano. |
6 - BELENOS, LO SPLENDENTE
elenos,
lo Splendente, è il dio della luce,
assimilato dai Romani ad Apollo.
È un dio giovane e radioso. Il suo culto
sembra originario di una zona non molto vasta che
ha il suo centro intorno alle Alpi orientali. Pare
che i Norici lo adorino come dio della loro
provincia: un suo centro di culto è
Aquileia.
Di qui, il culto di Belenos
si estende verso sud, sulla costa orientale della
Gallia Cisalpina. Altre ramificazioni portano
invece nella Gallia meridionale, dove è
venerato a Nemausius [Nîmes] e Narbona. Un
suo tempio pare si trovi a Burdigala [Bordeaux]. A
Tivoli, l'imperatore Adriano non poteva chiedere di
meglio che esaltare la bellezza del suo favorito
Antinoo paragonandola al fulgore di Belenos.
Cunobelinos, capo
dei Trinovanti, sembra gli fosse particolarmente
devoto. Ciò è rivelato dal suo stesso
nome, «cane di Belenos».
Fu lui a coniare monete che portano sul recto
l'immagine del dio, circondato da una corona di
raggi fiammeggianti a raffigurare lo splendore del
sole, mentre sul verso compare la figura di un
cinghiale.
A Belenos
è dedicata la festa celtica del 1°
maggio. |
7 - MAPONOS, IL FIGLIO DIVINO
Maponos,
il Figlio Divino, è un dio dei Celti di
Britannia, adorato soprattutto dalla tribù
dei Briganti. Il dio è noto tra l'altro per
la sua abilità nell'arte della musica, onde
per cui è stato identificato con Apollo
citaredo.
Il culto di questo Figlio Divino va forse unito
a quello di una Madre Divina, chiamata Matrona. I Celti dicono
infatti che la dea Latona, madre di Apollo, sia nata in un'isola
di fronte alla Gallia, e quindi in Britannia. E
infatti proprio in Britannia, presso la
città di Verolam [St. Albans
nell'Herefordshire], sorge un grande e famoso
tempio circolare, il Fanum Maponi, che i
Celti hanno consacrato al radioso Figlio Divino. |
Fonti
- Cesare:
La guerra
gallica [VI: 17]
-
Tertulliano:
Apologetico [XXIV: 7]
-
Tertulliano:
Alle
Nazioni [II: 8]
-
Dione Cassio:
Storie [LXXVII: 15: 5]
-
Erodiano:
Storia dell'impero dopo Marco [VIII: 3: 8]
-
Ausonio
-
Ecateo di Abdera
-
Anonimo Ravennate
-
Agiografie cristiane
FONTI EPIGRAFICHE
- Dediche
gallo-romane a Grannos
[ISCRIZIONI]
- Fonti epigrafiche.
Epigrafe
di Tivoli dedicata ad Antinoo
FONTI
ICONOGRAFICHE
|
|
I - L'APOLLO GALLICO:
INTRODUZIONE
Le fonti letterarie, prima di
tutte Cesare, trattano di un'importante
divinità gallica, il cui compito è di
cacciare la malattie, che identificano con
Apollo. Ma anche qui, come nel caso di
Mars, le fonti epigrafiche ed iconografiche
non sembrano corrispondere a una grande
divinità specifica, bensì con una
serie di dèi minori, legati alla luce e alle
acque termali, e identificati via via con
Apollo.
|
II - L'APOLLO GALLICO: FONTI
LETTERARIE E ARCHEOLOGICHE
Cesare cita un Apollo che «guarisce dalle malattie» al secondo posto tra
i cinque grandi dèi gallici:
Post hunc Apollinem et
Martem et Iouem et
Minerua. de his eandem
fer quam reliquæ
gentes habent
hopinionem: Apollinem
morbos depellere,
Mineruam operum atque
artificiorum initia
tradere, Iouem imperium
cælestium tenere,
Martem bella
regere. |
Dopo di lui [Mercurius]
[i Galli] adorano
Apollo,
Mars,
Iuppiter e
Minerva.
Essi si fanno di questi dèi
pressappoco la stessa idea degli
altri popoli:
Apollo
guarisce dalle malattie,
Minerva insegna
i princìpi
dei lavori manuali,
Iuppiter
è il signore
degli dèi,
Mars
presiede alla
guerra. |
Caio Giulio Cesare:
La guerra
gallica [VI: 17] |
|
Ma la sua è
un'indicazione troppo sintetica e non favorisce
certo la comprensione della divinità
gallica. Si può solo notare che il
condottiero romano fu colpito dal vasto culto che i
Galli avevano di questo dio, che invece non spicca
particolarmente tra le divinità romane.
Apollo infatti non è un dio che non
appartiene al pantheon romano originario: i Romani
lo avevano desunto dall'Aplu etrusco, e solo dall'epoca di Augusto il
dio romano aveva assunto l'aspetto
dell'Apollōn
greco: una figura legata alla luce e alle arti,
soprattutto musicali, ma allo stesso tempo un dio
armato di frecce, feroce apportatore di pestilenze
ed epidemie.
L'Apollo che in Gallia i Romani identificarono in
varie figure divine locali è quindi un
personaggio quanto mai ambiguo. Esisteva infatti un
ampio spettro di divinità diffuse in tutta
la Gallia che gli autori classici non esitarono ad
associare ad Apollo. Figure legate da un lato alla
luce solare e al fuoco, e dall'altro alla cura
delle malattie, soprattutto a opera delle acque
delle sorgenti termali. Che i Celti avessero un
culto delle acque guaritrici e fecondanti (secondo
una tipologia che trova riscontro nelle religioni
vedica e iranica) è attestato inoltre
dall'epigrafia, dai reperti archeologici, dalla
toponomastica e dalle notizie dei classici.
Che queste figure di
«Apolli» fossero diffuse nel culto
gallico, sembra assicurato anche dalle fonti
agiografiche cristiane. La Vita Sant'Anfibale parla di un
celeberrimum
templum dedicato ad
Apollo nella città britannica di Verolam
[St. Albans nell'Hereforshire]. Rufino cita, nella
Vita di
Gregorio Thaumaturgo, un
fanum
Apollinis posto nelle
Alpi. Gli Atti dei Santi Marcello e
Anastasio riferiscono
che ad Argenton (Lot-et-Garonne) venivano offerti
sacrifici ad Apollo, Hercules e Diana. La Vita
Sant'Eleuterio e la Passione di San Luperco aggiungono notizie sul culto di
Apollo a Tournay ed Euze (Gers).
Presso Hochsheid (Bernkastel)
sono state rinvenute le fondamenta di un tempio
daedicato ad Apollo e risalente al II secolo. Il tempio
consisteva in un ambulacro quasi quadrato con una
fonte in una cella. Intorno sono state trovate
iscrizioni votive ad Apollo e Sirona.
In questo tempio c'è
anche una figura di Apollo, rappresentato
però secondo lo schema classico, con la lira
ed i grifoni.
In Irlanda, un personaggio
analogo all'Apollo gallo-romano sembra fosse stato
Dían
Cécht, il custode
della fonte di Sláine, le cui acque avevano
favolose virtù terapeutiche. Durante la
seconda battaglia di Mag Tuired, egli immergeva i
guerrieri uccisi in battaglia nella sua fonte e
questi risorgevano d'incanto. Dían Cécht
ricompare nell'antico
manoscritto di San Gallo (Svizzera) del VIII sec.,
dove viene invocato in una formula di scongiuro
contro diverse malattie, accanto al dio-fabbro
Gobannicnos.
|
III - NOMI ED EPITETI
DELL'APOLLO GALLICO
Nelle numerose iscrizioni
dedicate ad Apollo si aggiunge assai spesso un epiteto. I
più importanti sono Belenos, Bormo e Grannos, in cui molti studiosi (Duval 1907) hanno pensato si debbano scorgere delle
divinità originariamente autonome, ma
più tardi equiparate ad Apollo, idea che altri (Benoît 1956) hanno però contestato. Per gli
altri nomi minori le cose sono più
difficile, in quanto molti di essi compaiono solo
di rado e localmente, e sono nomi spesso assai
difficili da interpretare.
Apollo
Amarcolitanus
Forse «Dalla vista
acuta» In un'iscrizione a Branges
(Dip. Seine-et-Loire) [CIL xiii
2600].
|
Apollo
Anextiomaros
Forse «grande
protettore». Trovato in un'iscrizione
in South Shields presso Newcastle, e in
una presso Mans [CIL xiii
3190].
|
Apollo
Atepomaros
Dal celtico
epo- «cavallo» (crf. greco
hýppos, latino
equus), generalmente tradotto come
«gran cavaliere» o
«possessore di grandi
cavalli».
Questo epiteto di
Apollo è attestato da un'iscrizione
trovata a Peu-Barland presso
Mauvière (Dip. Indre) [CIL xiii
1318].
Quest'associazione tra il dio del sole ed
i cavalli, era probabilmente dovuto al
fatto che tra i Celti i cavalli erano
tradizionalmente legati al culto solare
(Green 1998). In alcuni santuari del dio
Apollo (come a Sainte-Sabine in
Borgogna), gli venivano dedicate figurine
di cavalli. Questo è anche il nome di uno dei due
mitici fondatori della città di Lugdunum [Lione]. |
Apollo Belenos
«Splendente».
Diffuso soprattutto nell'area alpina
orientale. [VEDI] |
Apollo Borvo
/
Bormo /
Bormanos
«Ribollente».
[VEDI] |
Apollo
Cobledulitavus
Significato
sconosciuto. Trovato in un'iscrizione
presso Périgueux [CIL xiii
939]. |
Apollo
Cunomaglos
«Signore dei cani»,
dal celtico
cunos «cane» (cfr. gaelico
cú).
Un tempio in Britannia,
sito a Nettleton Shrub (Wiltshire), era
dedicato ad Apollo Cunomaglus, il quale vi era venerato
insieme a Diana e Silvanus. Questo tempio, che già
esisteva intorno al 69 d.C., era divenuto
in seguito un grande luogo di culto. A
metà del III secolo vi era sorto un
grande santuario poligonale, con ampi
locali adibiti ai riti e all'accoglienza,
negozi e l'alloggio del sacerdote.
L'associazione di questo Apollo «signore dei cani»
con Diana dea della caccia e Silvanus dio delle selve, fa pensare che
Apollo fosse venerato nel tempio in
qualità di dio cacciatore.
Tuttavia, la vicinanza del santuario
all'acqua fa pensare che in questo tempio
si tenessero riti di guarigione, onde
l'iterpretazione romana del dio
Cunomaglus con Apollo. Ritrovamenti di pinzette e
spilli nel sito del tempio potrebbero
confermare tale ipotesi (Wedlake 1982, Green 1998). |
Apollo Grannos
«Solare».
Diffuso nel territorio dei Lingoni e lungo
il Reno, ma conosciuto anche altrove.
[VEDI] |
Apollo Livicus
Forse col significato
di «brillante», se è da
ricollegarsi (ma non è affatto
sicuro) con il gaelico
lé «colore». Epiteto
attestato in un'iscrizione trovata a
Dietkirchen (presso Bonn) [CIL xiiii
8006]. |
Apollo
Maponos
«Figlio
giovane», conosciuto in Britannia.
[VEDI] |
Apollo
Mogounus
Forse da avvicinarsi al
gaelico
mug «servo» (come
l'epiteto Mogetius attribuito a Mars e il nome proprio Magurix). In Horburg (Alsazia)
[CIL xiii
5315]. |
Apollo
Moritasgus
Il significato di
questo epiteto non è chiaro;
secondo alcuni studiosi avrebbe un
riferimento all'«acqua
marina» (Green 1998). Apollo Moritasgus era il dio guaritore ad Alesia
(Borgogna), dove operava assieme alla sua
divina consorte Damona. Una dedica alla coppia allude
a un santuario presso la sorgente
curativa, nelle cui acque si bagnavano gli
ammalati. L'imponente edificio aveva bagni
termali e un tempio poligonale, oltre a
logge che servivano probabilmente per la
pratica dell'incubatio, il sonno risanatore dal quale
gli infermi speravano di ottenere la
visione del dio e la guarigione. Nella
zona sono state trovate offerte votive,
perlopiù figurine di pellegrini e
miniature delle parti del corpo ammalate:
arti, occhi, organi interni, seni e
genitali. La presenza di strumenti
chirurgici attesta l'attività
medica dei sacerdoti.
(LeGall 1963, Green
1998).
[CIL xiii 11240
11241]. |
Apollo Siannus
/
Stiannus
Epiteto trovato presso
Lione, di significato incerto. Secondo
alcuni tale dio era legato alla fonte
d'acqua minerale di Mont Dore.
[CIL xiii
1669].
|
Apollo
Toutiorix
«Re della
tribù». Epiteto trovato a
Wiesbaden [CIL xiii
7564], che richiama
il nome di Teutates / Toutatis, dio con caratteristiche non
conformi a quelle di Apollo. Si può presumere,
tuttavia, che presso una determinata
tribù il dio sia stato elevato a
tale rango. Secondo un'altra etimologia,
più recente, il nome Toutiorix significherebbe invece
«Guaritore». |
Apollo
Vindonnus
Da ricollegare al
termine gallico
vindos «bianco, luminoso»
(cfr. gaelico
finn, gallese
gwynn), termine conciliabile con il
nome Belenos.
Con questo nome
Apollo era venerato dai Lingoni, i
quali gli avevano dedicato un tempio ad
Essarois, presso Châtillon-sur-Seine
(Dip. Côte-d'Or). Il tempio era
legato a una sorgente curativa. Una parte
del frontone del tempio è
sopravvissuta e reca una dedica al dio e
allo spirito della sorgente, sovrastata
dalla testa di una divinità solare
emanante raggi di luce. I pellegrini vi
portavano numerose figure votive in legno
di quercia o in pietra. Alcune
raffiguravano delle mani che offrivano
frutta o pane, altre le parti del corpo
ammalate che necessitavano dell'intervento
del dio, come testimoniato dai modellini
in legno raffiguranti arti o organi
interni che venivano dedicati come offerte
votive evidentemente nella speranza della
guarigione. Sembra che i devoti di
Vindonnus soffrissero in particolare di
disturbi agli occhi, come rappresentato su
alcune lamine di bronzo. È naturale
che la cura di malattie di questo tipo
fosse affidata a una divinità il
cui nome e iconografia simboleggiavano il
fulgore della luce e la chiarezza della
visione, più l'idea di un'acqua
pura e trasparente (Thevenot 1968, Green 1998). Il legame
tra sole, luce, acqua e salute degli occhi
era presente anche in altri santuari, come
ad esempio a Luxeuil. [CIL xiii 5644
5646]. |
Apollo
Virotutis
«Salvatore degli
uomini» (cfr. irlandese
fir, latino
vir).
Epiteto attestato a
Fins d'Annecy (Dip. Haute-Savoie)
[CIL xii 2525] ed a Jublains (Dip.
Marne-et-Loire) [CIL xiii
3185]. |
|
IV - GRANNOS
Per il nome Grannos non è stata ancora proposta
un'etimologia soddisfacente. Lo si è voluto
ritrovare nel gaelico
grían <
*grēn «sole»; ma l'etimologia rimane
controversa. A sua volta lo si è voluto far
derivare da un celtico
*guhrena, proveniente a sua volta
dall'indoeuropeo *GUHER
«bollente», parola presente anche
nell'irlandese
fogeir
«riscaldato». In entrambi i casi il nome Grannos esiterebbe tra «luce del sole»
e «acqua bollente», entrambi caratteri
riferibili all'Apollo gallico. Da scartare il nesso
proposto con l'irlandese
gren
«barba» (Drioux
1934), che condurrebbe alla traduzione del
nome del dio quale «barbuto»,
informazione che purtroppo non è ci di alcun
aiuto tantopiù che tutti gli dèi
celtici veri e propri avevano la barba. Un'ultima
teoria, giudicata oggi convincente da molti autori
(Green 1998), vorrebbe invece
associare il nome di Grannos alla città di Grand, dove al dio
era dedicato un importante tempio.
Il dio Grannos era innanzitutto legato alle acque
termali, tanto che il suo nome è rimasto in
quello della città di Aquisgrana
[Aquæ Granni] (francese Aix-la-Chapelle, tedesco
Aachen), in seguito capitale del regno dei Franchi
e residenza di Carlo Magno, dove è attestato
da due iscrizioni.
La venerazione di Grannos era largamente diffusa: la maggior parte
delle iscrizioni sono state rinvenute nella Gallia
centrale (presso i Lingoni), e in quella di
nord-ovest, fino in Bretagna. Una è stata
ritrovata in Olanda, nell'alto corso del Reno
(presso Arnheim). Altre iscrizioni sono state
accessoriamente rinvenute a Roma, dove comunque
sembra a Grannos fosse stato dedicato un tempio, in
Scozia (a Musselburgh presso Edimburgo) e
addirittura in Ungheria (a Brigetio), dove il dio
era venerato accanto alla sua sposa Sirona. Notevole è pure un vaso di
bronzo che è venuto alla luce a Vestmanlund,
in Svezia, dove arrivò probabilmente a
seguito di un saccheggio o di scambi commerciali.
Vi è una dedica a Grannos da parte di un addetto romano al tempio
chiamato Ammilius Constans per l'adempimento di un voto:
APOLLONI
GRANNO DONVM AMMILIVS
CONSTANS
PRÆF TEMPLI ISPIVS
V S L L M |
|
[ISCRIZIONE] |
|
|
V - BORMO / BORVO /
BORMANUS
Il nome Bormo, con la variante Borvo (secondo la lenizione celtica [m] >
[v]) è forse da ricollegarsi al gaelico
berbaim
«cuocere» (cfr. latino
fervere)
(Rhŷs
1888). Da notare che il nome compare anche
nella duplice forma maschile e femminile di
Bormanus e Bormana.
Il nome divino Bormo, epiteto attribuito all'Apollo celtico in diverse località,
è conservato in alcune iscrizioni dedicate
quali ex voto, sia nella forma principale
[CIL xii
2443], sia nella variante di
Bormanus [CIL xii 2444].
M
LICIN RUSO
BORVO V
S L M |
|
Marcus
Licinius Ruso
Borvo voverat
Solvit
Libens Merito |
|
[CIL xii 2443] [ISCRIZIONE] |
Q VETTIVS
GVTICVS
BORMANVS
L M |
|
Quintus Vettius Guticus
Bormanus
Libens Merito
|
[CIL xii 2444] [MUSEO] |
|
Il teonimo si è
conservato in numerosi toponimi, perlopiù
nomi di corsi d'acqua, dei quali Bourbon è
il più noto. Le località di
Bourbonne-Lancy, Bourbon-l'Archambault,
Bourbonne-les-Bains e La-Bourboule derivano da tale
archetipo. Lo stesso dicasi per i fiumi chiamati
Bourbouilloux, e, finalmente, per l'intera regione
del Bourbonnais, che è uno dei luoghi
più ricchi di sorgenti termali della
Francia. Forse anche il nome della città di
Worms può essere fatto risalire a quello del
dio.
Si tratta in ogni caso di una
divinità legata alle antiche città
termali. In tutti questi casi sembrerebbe che un
«Apollo» fosse venerato quale dio
guaritore. Nel territorio dei Lingoni, nelle
iscrizioni, accanto al suo nome si trova quello
della dea Damona (a Bourbonne-les-Bains e
Bourbonne-Lancy), il cui carattere non è
stato ancora chiarito. Difficile dire se
Bormo sia una semplice aggiunta al nome di
Apollo, o se davvero ci sia stato un antico dio
gallico con questo nome, il quale poi, in seguito,
si confuse con Apollo. Ma Bormo può essere semplicemente
un'aggiunta esplicativa.
|
VI - SIRONA
Il nome Sirona iniziava con un suono [ʦ]
caratteristico del celtico (da cui le molte trascrizioni
discordanti
rinvenute nell'epigrafia:
Θirona, Θθirona, Dirona, Ddirona,
Đirona,
Đđirona, Stirona, Tsirona, Thirona, Sdirona, Dsirona,
Sirona o
Ssirona),
risalendo a una radice indoeuropeo della parola per
«stella» (cfr. gallese
ser/syr,
cornico
steyr/steren,
bretone
ster,
latino
stella,
inglese
star,
tedesco
Sterne).
La forma originale era probabilmente
Stirona (Pedersen).
Il nome della dea gallica Sirona è conosciuto grazie a molte
iscrizioni, nelle molte forme di cui si è
detto. Il fatto che fosse legata (almeno
etimologicamente) al cielo stellato, fa forse
capire perché fosse considerata sposa di
Apollo Grannos, un dio legato alla luce solare. Essa
era venerata e conosciuta in un territorio molto
vasto, anche se il suo culto sembrava accentrarsi
in particolar modo nella regione della Mosella
superiore. Qui, i Treveri la invocavano, assieme al
suo sposo Apollo, in una serie di importanti santuari
curativi: a Hochscheid, a Niedaltdorf, a Bitburg e
a Sainte-Fontaine presso Freyming (Dip. Moselle).
Nell'adiacente territorio dei Mediomatrici,
Apollo e Sirona erano erano oggetto di culto in un
santuario edificato nella capitale tribale di Metz.
Ma la dea era presente in altri importanti santuari
curativi, come a Wiesbaden e a Luxeuil (Dip.
Haute-Saône). Il suo nome è attestato
in regioni molto lontane tra loro: lo ritroviamo a
Roma, a Corseul (Bretagna), e addirittura nel
tempio di Brigetio (Ungheria) dove col nome di Sirona era venerata assieme ad Apollo Grannos.
Tra le
molte iscrizioni a lei dedicate, ce n'è una
da Bordeaux, dedicata quasi certamente da un
immigrato. L'iscrizione del monumento di
Sainte-Fontaine, del quale possediamo purtroppo
soltanto un calco al museo di St. Germain, è
dedicata a una dea Đirona.
L'aspetto di Sirona, nelle figurazioni, non presenta
caratteri particolari, piuttosto riflette
costantemente una funzione di fertilità e
rigenerazione. Nel bassorilievo del santuario di
Sainte-Fontaine, la dea porta del grano e nella
frutta. A Magonza ed a Baumburg (Norico), anche
spighe di grano; in quest'ultimo sito compare, in
aggiunta, dell'uva. Questo potrebbe renderla una
dea della fecondità, sebbene sia da tener
presente che questo è una tipica
raffigurazione di molte divinità femminili
(De Vries 1961).
Un piccolo e bellissimo gruppo
scultoreo in bronzo rinvenuto a Mâlan (Dip.
Côte-d'Or), ritrae Sirona e Apollo che si rivolgono l'uno all'altra come in
una conversazione intima [MUSEO]. Qui Apollo è ritratto secondo
l'iconografia classica, nudo e con la lira, mentre Sirona porta un drappeggio sui fianchi che le
scopre il busto e reca un serpente avvolto attorno
al braccio destro, simbolo di rigenerazione e di
rinascita. Sulla base si trova una dedica alla
coppia. Il nome della dea qui è nella forma Thirona.
Il santuario di Apollo e Sirona che conosciamo meglio è
però quello di Hochscheid, nel territorio
dei Treveri. Monete ritrovate nel sito suggeriscono
che il tempio principale sia stata costruito nel II
secolo, al posto di una struttura in legno
più antica, di epoca pre-romana. Il tempio
era stato eretto attorno a una sorgente, le cui
acque alimentavano una piccola cisterna. Il
santuario sembrava relativamente ricco e complesso,
piuttosto romanizzato, fatto singolare per una
regione così ramota, ragione per cui si
crede venisse sovvenzionato dal ricco proprietario
di una villa dei dintorni. Molte figurine in
argilla provenienti dal sito rappresentanti una dea
(ma non necessariamente Sirona) con un piccolo cane tra le braccia o in
grembo. Nel tempio di Hochscheid, le principali
immagini delle due divinità tutelari
dànno l'idea di un culto raffinato: anche
qui Sirona è raffigurato secondo lo schema
classico, ma la celtica Sirona è ritratta con un simbolismo
più interessante: prota un diadema simile a
una mezzaluna, porta tre uova e un serpente che,
avvolto anche qui attorno al braccio, volge la
testa verso le uova. Entrambi i simboli riflettono
il medesimo simbolismo acquatico e rigenerativo
(Green 1998).
Tuttavia, nonostante Sirona sia ritratta più frequentemente
in compagnia di
Apollo, la sua indipendenza dal compagno
è indicata dal fatto che a volte la dea
compare da sola, come a Baumburg (Norico) e a
Corseul (Bretagna). Si crede che la dea esistesse
probabilmente come divinità legata alla
fertilità e alla guarigione molto prima
della romanizzazione della Gallia, e il suo
matrimonio con Apollo rispecchiò forse la fusione tra
cultura celtica e cultura romana (Green 1998).
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VII - DAMONA
Damona, la «mucca divina», era forse
una specie di dea celtica della salute. Era adorata
in Borgogna e dalle iscrizioni si evince il suo
legame con Apollo Moritasgus e con Bormo, entrambi dèi connessi alle
sorgenti curative. Tuttavia sono state trovate (a
Bourbonne-les-Bains e nella regione del Charente)
delle iscrizioni dove la dea Damona era invocata da sola, segno della sua
relativa indipendenza dal compagno divino.
Con Apollo, Damona era adorata ad Alesia, dove si trovava
un santuario associato a una sorgente e dedicato
alla coppia divina; i malati s'immergevano in una
piccola piscina naturale nella speranza di venire
guariti. Tutto ciò che è rimasto
dell'immagine di Damona è una testa di pietra coronata di
spighe di grano e una mano avvolta da un serpente.
La presenza della spiga suggerisce che Damona fosse stata una dea della
fertilità, mentre il serpente (che compare
in contesto assai simile di quello legato a Sirona) rispecchia forse il ruolo di
Damona come dea guaritrice e della rinascita,
dal momento che la muta del serpente era
considerata un'allegoria della rinascita
(Green 1998).
Damona era adorata insieme a Bormo (un altro dio legato alle sorgenti
curative) a Borbunne-les-Bains e Bourbonne-Lancy;
qui un'iscrizione collega la dea in modo specifico
alla pratica dell'incubatio,
ovvero del «sonno risanatore»; i malati
passavano la notte in una stanza apposita del
tempio dove si sperava di essere nottetempo
visitati dal dio o dalla dea che li avrebbe
risanati.
Ad Arnay-le-Duc (dip.
Côte-d'Or) Damona era invece invocata insieme a un dio
Albius, il cui nome, a giudicare
all'etimologia, non sarebbe altro che un epiteto
assai trasparente dell'Apollo celtico. Nella fossa votiva contenente
l'iscrizione a lei relativa, è stata
rinvenuta una grande varietà di oggetti,
comprese alcune sculture; una di queste raffigura
la testa di un serpente e un braccio umano avvolti
dalle spire del rettile, in un'immagine che evoca
la statua di Damona ad Alesia.
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VIII - RITONA / PRITONA
Il nome di Ritona o Pritona indica il «passaggio» o
l'«attraversamento», dal che si è
dedotto che fosse stata una sorta di dea dei guadi,
con possibile interpretazione nel senso di legame
tra il mondo terreno e l'aldilà (Green 1998). Venerata dai Treviri, era considerata
paredra di Bormo (anche se i Lingoni associavano
piuttosto a Bormo la dea Damona).
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IX - BELENOS
Il nome Belenos deriva probabilmente dal celtico
bel
«fuoco, splendore», a sua volta derivante
dalla radice indoeuropea *GUEL
«splendere»
(De Jubainville 1873). Cfr. irlandese
beltaine
«fuochi di Beíl», nome gaelico
della festa del 1° maggio
(Vendryes 1948).
Tertulliano ricorda in due
occasioni che ogni comunità aveva il loro
dio e che nel Norico si adorava Belenos:
Unicuique
etiam provinciæ et civitati suus
deus est, ut Syriæ Atargatis, ut
Arabiæ Dusares, ut Noricius
Belenus, ut Africæ Cælestis, ut
Mauritaniæ reguli sui. |
Non c'è provincia,
non c'è comunità che non abbia il
suo dio: la Siria ha il suo
Atargatis,
l'Arabia
Dusares, il Norico
Belenos, l'Africa la dea
Cælestis,
la Mauritania i suoi regoli.
|
Quinto
Settimio Fiorente Tertulliano:
Apologetico [XXIV: 7] |
Quanti
sunt qui norint uisu uel
auditu Atargatim
Syrorum, Caelestem
Afrorum, Varsutinam
Maurorum, Obodan et
Dusarem Arabum, Belenum
Noricum...? |
Quanti hanno visto o
sentito della
Atargatis
dei Siriani, della dea
Cælestis
degli Africani, della
Varsutina
dei Mauritani, del
Dusares
degli Arabi o del
Belenos
dei Norici...? |
Quinto Settimio Fiorente
Tertulliano:
Alle Nazioni [II: 8] |
|
Erodiano,
che visse nello stesso periodo, narra che ad
Aquileia godeva di grande stima un dio Belen che là veniva fatto passare per
Apollo (Têsmetà Márkou
basileías históriai [VIII: 3-8]).
In effetti molte iscrizioni
confermano che Apollo Belenos avesse i suoi adoratori soprattutto nei
paesi alpini orientali [CIL iii 4774; v 732-755 8212
8250]. Altre iscrizioni sono
state rinvenute nell'Italia settentrionale, a
Venezia [CIL
v 2144-2146] ed a Rimini
[CIL xi
353]) altre nella Gallia
meridionale, a Nîmes [CIL xii 5693] ed a Narbona [CIL xii 5958]. Secondo una discussa informazione di
Ausonio ci sarebbe stato un santuario di
Belenos a Bordeaux.
L'equivalenza tra Belenos e Apollo, confermata da un gran numero di
iscrizioni dedicate ad Apollini Beleno, è confermata anche dalla
descrizione che del dio fa un'epigrafe metrica
trovata a Tivoli, dove Belenos è descritto uguale in età
e bellezza ad Antinoo, il quale, come ben sanno i
lettori di Marguerite Yourcenar, fu il favorito
dell'imperatore Claudio.
Non esistono immagini del dio, a
meno di non considerare tali, come è stato
tradizionalmente fatto dai numismatici, il volto
che compare sulle monete di bronzo coniate intorno
al I secolo da Cunobelinos,
capo dei Trinovanti [MUSEO]. Sull'altro lato è presente
l'immagine di un cinghiale. L'unica ragione per cui
si pensa che il volto in questione sia di Belenos è la corona di raggi che la circonda, forse a
indicare un'assimilazione con il sole. Inoltre il nome Cunobelinos
significa «cane di Belenos», con
associazione non solo al dio, ma anche ai cani che
spesso gli sono associati nell'area celtica.
Derivando il nome del dio dal
celtico
bel
«splendore», si crede che Belenos non fosse un dio guaritore legato alle
sorgenti termali, ma un dio solare. Secondo De
Vries, Belenos è un dio perfettamente distinto
dai vari Grannos e Borvo: l'interpretatio romana avrebbe
associato l'uno e gli altri ad Apollo per caratteristiche contrastanti:
Belenos in quanto dio solare, Grannos e Bormo in quanto dèi guaritori
(De Vries 1961). [NOTA]
La limitazione del culto di
Belenos a una zona situata intorno alle Alpi ha
fatto anche sorgere l'idea che Belenos sia stato una divinità ligure
(Benoît) la zona del Norico non è mai stata abitata da
Liguri (De Vries 1961). Il nome del dio, poi, può essere
chiarito soddisfacentemente con la lingua celtica,
come appare chiaro dall'etimologia. [NOTA]
Altri studiosi hanno cercato di
dimostrare che il culto di Belenos fosse diffuso in tutta l'area celtica.
Perciò hanno voluto ritrovare il nome del
dio in certi toponimi, quali Beaune (che
deriverebbe da un antico
*Belenate) (dip. Côte-d'Or). Si è
anche pensato alla Fontana di Barentone, nella
foresta di Brocéliande in Bretagna, che un
tempo aveva nome
Bélenton (che si pensa derivato da
*Bel-Nemeton «bosco sacro di Bel») (Markale
1985). La maggior parte degli studiosi
considera tuttavia tali etimologie assai
discutibili (De Vries 1961).
In ogni caso, che il culto di
Belenos fosse diffuso ben oltre la piccola zona
donde vengono le testimonianze archeologiche,
sembra dimostrato dal folklore dei Celti insulari.
La festa irlandese di beltain
«fuoco di Bel», che si svolgeva il
1° maggio, era probabilmente associata a
Belenos, che in Irlanda doveva avere il nome di
Bél (almeno a giudicare da una notizia di
Keating, secondo cui imperatore del mondo, dopo la caduta
della torre di Babele, era un certo Nin
mac Béil). Alla medesima radice sono da ricollocare
anche alcuni personaggi della mitologia celtica
più recente: il re di Britannia Beli il Grande (che Geoffrey di Monmouth ha
ripreso nella forma Belinus), il
quale riappare nei romanzi arturiani nella veste
del cavaliere Balin.
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Da scartare
come priva di senso l'idea di
ricollegare il nome del dio al
babilonese
Bêl «Signore» e
quindi di farlo diventare una
derivazione del dio fenicio
Ba´al
(Reynaud). |
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X - MAPONOS
«Figlio», dalla radice
celtica map (cfr. gallese
map/ap,
gaelico
mac «figlio»).
Il dio Maponos, il «Figlio», sembra esclusivo
della Britannia settentrionale.
In Britannia, Maponos fu reputato abile nell'arte della musica
(poiché almeno una volta è stato
rapportato ad Apollo citaredo), secondo una concezione della
divinità come poeta o musicista non insolita
tra i Celti insulari. Sembra che sia stato venerato
in modo particolare dai Briganti (con le iscrizioni
di Rebchester [CIL vii 218], Ainstable nel Cumberland [CIL vii 332]
e Hexham nel Northumberland
[CIL vii
1345]). A Carlisle gli fu
dedicata un'iscrizione da alcuni germani. Sorprende
quindi un'iscrizione trovata in Gallia, e
precisamente a Bourbonne-les-Bains [CIL xii
5924].
Riportando il nome del dio alla
parola celtica per «figlio», alcuni
autori (Van
Hamel 1934), a partire da un
passo di Cesare (La
guerra gallica [VI: 18]) secondo cui i ragazzi non idonei alle
armi non potevano presentarsi in pubblico dai loro
genitori, hanno dedotto che Maponos fosse un dio della protettore dei
ragazzi. Ma questa è un'ipotesi assai
improbabile.
Assai più probabile, e
suffragata da molte indicazioni, l'ipotesi che
Apollo Maponos fosse una sorta di dio-fanciullo adorato
soprattutto in Britannia, il cui culto era a sua
volta legato a quello di una dea-madre. È
Ecateo di Abdera a riferirci, già nel 300
a.C., di un'isola situata di fronte alla Gallia,
cioè la Britannia, dove era nata
Latona e
sulla quale, in un gran tempio circolare, veniva
adorato Apollo. Questo tempio è forse il luogo
chiamato Maponi
(forse da integrare in Maponi fanum) di cui parla l'Anonimo Ravennate. Si
può forse pensare al celeberrimum templum dedicato ad Apollo che sorgeva nella
città britannica di Verolam [St. Albans
nell'Herefordshire] di cui si parla nelle
agiografie cristiane (Vita Sant'Anfibalo).
Un eco di questo mito eccheggia
nella tradizione medievale gallese. Maponos ricompare infatti nei Mabinogion come
Mabon vab
Modron «Figlio figlio
di Madre»; questa Modron è forse la
forma gallese di una dea Matrona, che con Maponos
forma una coppia «madre divina» e
«figlio divino». Nel mito gallese, l'eroe
Kulhwch deve
combattere il cinghiale Twrch Trwyth, e per questo ha bisogno del cane
Drudwyn. Ma
l'unico cacciatore che può cacciare con
questo cane è Mabon, che fu rapito alla
madre all'età di tre giorni e da allora
è tenuto prigionero in una caverna a Caer
Loyw. Mabon viene liberato da Cei e Gwrhyr, e
così Kulhwch
può cominciare la caccia al cinghiale. Ma
vedremo il mito nei particolari quando si
tratterà della mitologia gallese.
Si noti che il nome di questa
divinità sopravvivrà nei romanzi
arturiani come Mabonagrain.
In Irlanda, la figura omologa va cercata forse nel
dio Óengus Óc, il «Figlio giovane».
Il mito
gallese ci è pervenuto in
una versione romanzata e non
è più possibile
risalire alla sua forma
originale. Tuttavia c'è
stato chi ha tentato l'impresa.
Secondo Gruffydd, il giovane
Maponos fu rapito e tenuto
prigioniero dalle potenze del
regno di morti: a causa di tale
fatto il mondo si spopolò,
e la madre partì alla sua
ricerca
(Gruffydd
1931). Si
notino le somiglianze della
ricostruzione di Gruffydd con il
mito greco di
Dēmḗtēr, e si tenga presente
che tale ricostruzione è
del tutto ipotetica. |
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