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1 - CREAZIONE DEGLI UOMINI PER MANO DI PROMĒTHEÚS
ei primissimi tempi, quando le stelle, a
lungo rimaste sepolte nelle cieche tenebre, avevano cominciato a scintillare e
palpitare per tutto il cielo, ogni elemento si riempì di forme animate. Alle
onde spettò di ospitare i lucidi pesci, la terra accolse i quadrupedi, l'aria
cedevole si riempì di uccelli.
Ma ancora mancava un essere più nobile di questi, dotato di alto intelletto e
capace di dominare sugli altri. Dicono alcuni che la divina semenza dell'uomo fu
opera del principio del mondo. Altri dicono che furono gli dèi immortali a
creare i primi esseri umani, forgiandoli nelle profondità della terra mescolando
terra e fuoco e altre sostanze. Altri, assai più precisi, dicono che il demiurgo
fu il figlio di Iapetós,
Promētheús.
Questi foggiò creature a immagine degli dèi immortali, impastando la terra
ancora recente con l'acqua piovana, da poco separata dal cielo, della cui natura
conservava ancora un residuo. Questa è la ragione per cui, mentre gli animali
stanno curvi e guardano il suolo, l'uomo ha un viso che guarda verso l'alto: e
Promētheús ordinò che l'uomo fissasse, eretto, il
firmamento.
Ancora oggi, a Panopeús, nella Phōkís, vengono mostrati due grandi macigni,
ciascuno dei quali è così grande da riempire un carretto. Hanno il colore
dell'argilla, ma il loro profumo ricorda la pelle umana. Gli abitanti della zona
dicono che sono quanto rimane dell'argilla utilizzata da
Promētheús per modellare i primi uomini. |
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2 - LA DISTRIBUZIONE DI EPIMĒTHEÚS
econdo quanto Prōtagóras narrò a Sōkrátēs,
una volta creati gli uomini e gli animali, gli dèi diedero incarico ai figli di Iapetós,
Promētheús ed
Epimētheús, di fornire le facoltà a ciascuna specie, come si
conviene. Ma
Epimētheús chiese a
Promētheús di lasciar fare a lui il lavoro. — Quando avrò finito, tu
verrai a controllare.
E dopo aver così persuaso il fratello,
Epimētheús mise mano alla distribuzione. Ad alcuni animali assegnò
una grande forza, ad altri la velocità. Certe specie le provvide di armi di
difesa: corna, zoccoli, zanne, artigli. Altre ancora, che erano inermi, le fornì
della capacità di fuggire con le ali, o di rifugiarsi in tane sotterranee. Ad
alcuni animali diede pelli spesse, ad altri folte pellicce, in modo che si
proteggessero dalla calura e dal gelo. Studiò una catena alimentare, in modo che
specie animale avesse la possibilità di procacciarsi un appropriato nutrimento:
chi si nutrisse di vegetali, chi predando altri animali. E studiò ogni
dettaglio, in modo che fosse rispettato un certo equilibrio e nessun animale
finisse per estinguersi.
Se non ché, nonostante tutta la sua attenzione,
Epimētheús si avvide alla fine di aver speso tutte le facoltà con
gli animali, ma la razza umana rimaneva ancora sprovvista di tutto. Mentre si
trovava impacciato in quest'inghippo, giunse
Promētheús a controllare il risultato della distribuzione, e vide
che tutte le specie animali erano provviste di tutto, ma l'uomo era ancora nudo,
scalzo e inerme.
Era ormai vicino il giorno predestinato in cui bisognava che anche l'uomo
uscisse alla luce, e
Promētheús, trovandosi in difficoltà, penetrò nell'officina che
Athēnâ ed Hḗphaistos
avevano in comune. Qui giunto, rubò il fuoco e, insieme, la sapienza tecnica
necessaria sopravvivere.
Promētheús, com'è noto, fu punito per quel furto. |
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3 - LA SAPIENZA POLITICA
ossedendo, grazie ai doni di
Promētheús, un destino divino, l'uomo imparò presto ad articolare le
parole. Egli inventò dimore, vestiti, calzari e giacigli. Scoprì l'agricoltura e
la pastorizia. Imparò anche – unico tra gli animali – a innalzare statue e
altari agli dèi.
I primi uomini abitavano in insediamenti sparsi, e non esistevano le città.
Perciò morivano uccisi dalle fiere, e l'arte artigiana che essi possedevano
bastava loro a procurarsi il cibo, ma non bastava per creare una qualche forma
di organizzazione. Se cercavano di unirsi in piccole comunità, scoppiavano
subito alterchi e tornavano a dividersi.
Promētheús aveva infatti rubato il fuoco ad
Hḗphaistos e la tecnica ad Athēnâ. Ma non
aveva potuto introdursi sull'Ólympos per rubare a Zeús
la sapienza politica. Fu lo stesso Zeús, allora,
temendo che la specie umana finisse per estinguersi, a mandare
Herms tra gli uomini, affinché portasse le prime
regole ordinatrici e i rudimenti dei legami sociali.
— Giustizia e rispetto, come devo distribuirli? — chiese
Herms. — Devo darne a chi più e a chi meno, come
l'arte, o distribuirne a tutti?
— A tutti, affinché tutti ne siano partecipi — rispose
Zeús. — E anzi, istituisci una legge a mio nome. Chi non è capace, in una
comunità, di partecipare al comune senso di rispetto e giustizia, sia messo a
morte. |
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| Fonti
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Publius Ovidius Naso: Metamorphoseon
[I: 69-88]
Sapphṓ: Fragmenta [207]
Apollódōros: Bibliothḗkē
[I: 45]
Hyginus: Fabulæ [142]
Pausanías:
Periḗgēsis [X: 4] |
| 2-3 |
Plátōn: Prōtagóras [320c-320d] |
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BIBLIOGRAFIA
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| BIBLIOGRAFIA ► |
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